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GIOVANNI CENA ( PIRANDELLO LUIGI , 1918 )
StampaQuotidiana ,
Volle concludere in bontà . A un certo punto non scrisse più , ma visse la sua poesia . La visse , non forse perché non poteva più scriverla , ma perché l ' animo con cui l ' aveva scritta , a poco a poco , dalla sua stessa espressione e dai modi conclusivi del suo esprimersi doveva esser condotto a stimare men superfluo , ormai , e più naturale dare esempio di vita alla sua voce , prova di fatto alla sua parola , spogliandosi dell ' ultimo interesse della bellezza per entrare nell ' assoluto disinteresse della bontà . Il nucleo chiuso della sua dura e travagliosa individualità artistica , pur senza aprirsi , pur senza allargarsi , s ' era a mano a mano stemperato di quegli egoismi personali , che avrebbero potuto dare ancora valore espressivo e rilievi caratteristici alla sua poesia : non era più un dolore , era il dolore ; non era più una vita , era la vita ; e quello stesso amore , mal posto , era ai suoi occhi buoni l ' amore , il premio dolce e supremo . L ' ultimo suo libro Homo è tutto composto infatti di ultime e nude parole per lui essenziali , nella forma poetica più essenziale : il sonetto : cento sonetti che han l ' aria di cento iscrizioni lapidarie su cose e sentimenti eterni : la vita , la morte , il mistero , la natura , l ' umanità . Non gli restava più , oramai , che ritornare con le parole che aveva dette a coloro dai quali era uscito : ai contadini , per insegnar loro a scriverle e anche a viverle , com ' egli le aveva scritte e vissute , le parole che aveva dette . Ed ha veramente il valore di sacra fatica , che ha una goccia di sudore su la fronte d ' un contadino , ognuno dei quattordici versi di quei cento sonetti : fatica feconda e fecondatrice . Parecchi di essi attingono una bellezza assoluta e imperitura .