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UTOPIE ( PARETO VILFREDO , 1920 )
StampaQuotidiana ,
L ' instabilità economica sociale e politica opera fortemente per accrescere i guai della vita presente , ed in parte , sia pure non grande , ha origine da quell ' ordinamento che , sotto il nome di Società delle Nazioni , vuolsi imporre al mondo come recante un migliore assetto degli Stati , e che invece è solo una forma dell ' imperialismo di certi Stati vincitori . Dell ' indole intrinseca della Società delle Nazioni qui non vo ’ dire di proposito , e mi limito ad alcune osservazioni per mostrare come poco alla volta vanno svelandosi le utopie che in essa si appiattano , e di cui ha dovizia al pari dei molti disegni che l ' hanno preceduta , col lodevole scopo di procacciare alle Nazioni pace se non perpetua , duratura . Già molto si scrisse di una delle vane speranze suscitate dal nuovo disegno , cioè di quella che , mercé il supposto principio di nazionalità , a cui il Wilson infondeva rinnovata gioventù si aveva di porre termine a parte almeno dei gravissimi conflitti internazionali . Sino dal suo apparire ne fu prevista la fallacia , confermata poi , ogni giorno , dai fatti . Esso , lungi dall ' appianare i passati conflitti , ne fa sorgere di nuovi ; ed è appunto per ciò che il partito detto repubblicano negli Stati Uniti , respinge la Società delle Nazioni , secondo la formula wilsoniana , non volendo impacciarsi in quel semenzaio di litigi . In Italia , la quistione di Fiume trascende interamente dalle ideologie wilsoniane , che meglio non valgono per l ' Irlanda , l ' Egitto , la Turchia , la Russia , né , per dir breve , pel rimanente del globo . René Johannet , in un volume denso di fatti e di idee , ha fatto vedere che quel bel principio di nazionalità somiglia ad una bolla di sapone , e finisce la sua prefazione dicendo essere prossimo il tempo in cui esso avrà un posto d ' onore nel museo delle ideologie smesse . Egli ben s ' appone circa al merito intrinseco , ma erra forse circa il tempo che ancora avrà credito il principio . Tali ideologie hanno vita lunga , e quando si credono spente , tosto risuscitano sotto altre vesti . Così ora , nella domanda fatta dagli alleati alla Olanda , per la estradizione del Kaiser , abbiamo visto redivivo l ’ « universale consenso » che in realtà è molto parziale considerato come fonte di indirizzo che si sovrappone ai diritti positivi e li signoreggia ; tantoché « i difensori del diritto e della giustizia » buttano via i primi , e si danno sol cura del secondo ... sinché a loro torna comodo . La Svizzera esita a far parte della Società delle Nazioni , temendo che sia insidiata la sua neutralità . È vero che questa rimane malsicura in ogni modo , e il prof . André Mercier la dice un mito . Le considerazioni che egli svolge in proposito sono importanti e vanno molto al di là del caso particolare e fugace da cui hanno origine . Egli principia ricordando i fatti storici , i quali mostrano che la neutralità della Svizzera non l ' ha salvata da parecchie invasioni . È questo un capitolo particolare del quesito generale , il quale investiga l ' effetto reale dei trattati , spesso diverso , talvolta diversissimo dal contenuto formale . La conclusione sperimentale è che i trattati non sono né interamente efficaci né interamente inefficaci ; valgono sino ma non oltre un certo punto . Seguita il nostro autore mostrando che il nome di « neutralità » corrisponde ad un concetto non rigoroso né ben determinato . Egli ha interamente ragione . Anche questo è un capitolo particolare di un quesito generale . Tutti i termini dei generi di quello di « neutralità » patiscono difetto di precisione e di rigore . Di ciò lungamente scrissi nella Sociologia e la conclusione è che non possono fare parte di un ragionamento rigorosamente sperimentale . Non mi fermo sulla parte pratica dello studio del prof . Mercier , perché trascende dall ' argomento generale che qui espongo . Su tale argomento ancora ho da ricordare un autore . Yves Guyot , valoroso capo del partito della libertà economica in Europa , e degno successore del Cobden , ha scritto una trilogia , che principia con un volume sulle cause e sulle conseguenze della guerra , e seguita poi due volumi dell ' opera selle guarentigie della pace ; nel primo dei quali si raccolgono , mirabilmente compendiati , gli ammaestramenti del passato , nel secondo si passa all ' esame critico , e si conclude mostrando quanto poco di reale sia contenuto nella Società delle Nazioni , in cui l ' autore vede « la risurrezione di un vecchio mito » . La paragona alla Santa Alleanza , e scrive : « Ho studiato in modo oggettivo i risultamenti negativi ottenuti dalla Santa Alleanza e dal trattato che la confermò . Vi è ora , tra gli Alleati , coerenza maggiore di quella che c ' era tra l ' imperatore di Russia , il re di Prussia , l ' imperatore d ' Austria , i ministri d ' Inghilterra e il re Luigi XVIII » ? La risposta è negativa suffragata da infiniti fatti , ed appare evidente la vanità della Società delle Nazioni , per recare pace al mondo . Nel volume sulle cause e le conseguenze della guerra l ' autore , nel luglio 1915 , scriveva : « I tedeschi paiono proporsi di eccitare e di meritare un odio profondo . Tale odio è un fattore di guerra che è utile mentre questa dura ; poiché reca la necessità di una vittoria decisiva , senza la quale la pace potrebbe essere solo provvisoria e fallace . Ma né gli individui né i popoli vivono di odio ; esso non è un genere alimentare : colui che lo pasce ne è divorato » . Ciò è ora più che mai vero e non è certo coi sentimenti di odio , od altri di tal fatta che si potranno sciogliere i gravi problemi economici e sociali che premono sul mondo . Non è col gridare morte a questi o a quelli che si farà crescere la produzione ; e non è neppure coi predicozzi morali che si farà scemare il consumo ; questi possono forse avere effetto su pochi imbecilli borghesi , non mai sul grandissimo numero di individui i quali costituiscono il rimanente della popolazione , né specialmente su coloro che sanno conquistare e godersi la roba degli imbelli . Il sapere quale somma si ha « diritto » di togliere al vinto nemico preme assai meno che il conoscere quale somma esso « potrà » pagare . Lo avere confuse queste due cose non è estraneo alle prodigalità degli Stati vincitori ed al conseguente loro dissesto finanziario . Se poi dalle contese internazionali passiamo alle civili , ripeteremo che il sapere quale somma la plutocrazia - demagogica ha il « diritto » di estorcere ai risparmiatori , preme assai meno che il conoscere quale somma « può » ad essi togliere senza ferire o rovinare la produzione . Il padrone della gallina dalle uova d ' oro aveva certo il « diritto » di ucciderla , ma ha operato pel proprio vantaggio così facendo ? Può darsi benissimo che la viltà borghese non assegni verun limite alle richieste di certi salariati e dei pescicani loro capi , ma non c ' è alcun altro limite imposto dalle stesse condizioni della produzione ? Ogni diminuzione delle ore di lavoro , ogni aumento di salario conseguiti oggi sono solo scala a nuove richieste domani . Ci sono ora minatori che vogliono giornate di sei ore con , naturalmente , un aumento di paga . Si può seguitare indefinitamente a percorrere tale via ? Si può giungere , per esempio , ad un ' ora di lavoro con mille lire ( oro ) di paga giornaliera ? Evidentemente no . Dunque vi è un certo limite oltre al quale non conviene andare , e non si può trascurare tale considerazione . Pare a molti che si può trovare una ricetta esclusivamente economica e finanziaria per risanare i guai economici e finanziari , ma è vana speranza . Questi guai dipendono in gran parte dall ' ordinamento sociale e politico , e non si possono studiare indipendentemente dal caso . « Fatevi buona politica e vi farò buone finanze » , diceva un ministro ; e tale sentenza è vera in ogni paese e in ogni tempo .