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Tornare nella strada ( Montale Eugenio , 1949 )
StampaQuotidiana ,
Il cosiddetto divorzio fra l ' arte odierna e il pubblico non è un fatto di questi giorni . Anche cinquanta , anche cento anni fa - e si potrebbe risalire ben più addietro - esisteva un ' arte per pochi , un ' arte per iniziati . Leopardi e Baudelaire non ebbero in vita entusiastici consensi e Manet dovette schiaffeggiare un suo denigratore per trasformarlo in un suo devoto famulo e mecenate . Tuttavia , nel secolo scorso , il pubblico degli iniziati era ancora un pubblico , non una pattuglia di artisti falliti . Coloro che , alla fine dell ' Ottocento , si accostavano al Parsifal e alla Tetralogia , erudendosi su ponderose « guide tematiche » e seguendo col dito i temi conduttori , erano avvocati , medici , commercianti , non sempre musicisti o poeti mancati . Oggi le cose non vanno più così . Solo l ' uomo del mestiere ( fallito o no ) , solo « l ' addetto ai lavori » può sperare di trarre non dico ricreazione , ma minor spavento da certe forme d ' arte che rifiutano categoricamente di incarnarsi in modo troppo visibile e sensibile . Andate ad ascoltare l ' Ode a Napoleone di Arnold Schönberg : un uomo recita versi di Byron ( brutti ) a voce stentorea . Il suo grido riesce e non riesce a sormontare un mare di borborigmi e di dissonanze che non ingenerano sorpresa bensì noia , perché l ' orecchio è pronto ad assuefarsi ai nuovi timbri , alle nuove stonature . Il pezzo dura a lungo , non vive durante l ' esecuzione né può sperare di vivere dopo , perché non incide in nulla che sia veramente vivo in noi . Se l ' esempio non basta , provatevi a leggere una poesia « ininterrotta » di Eluard o , peggio , di un suo seguace : vi troverete pagine composte di filze di aggettivi ( centinaia di aggettivi ) senz ' alcuno sostantivo : vi troverete liriche in cui ogni verso cammina per conto suo , ha un senso in sé , ma non lega con gli altri . La sintassi non c ' è o è respinta su un piano non pure extra - logico , ma anche extra - intuitivo . È sostenuta , tutt ' al più , da una meccanica associazione di idee . Chi legge deve fabbricarsi la poesia per conto proprio ; l ' autore non ha scelto per lui , non ha voluto qualcosa per lui , si è limitato a fornirgli una possibilità di poesia . È molto , ma è troppo poco per durare dopo la lettura . Un ' arte che distrugge la forma pretendendo di affinarla si preclude la sua seconda e maggiore vita : quella della memoria e della circolazione spicciola . E cercherò di spiegare qual è questa seconda vita dell ' arte , per non essere frainteso . È vero : l ' opera d ' arte non creata , il libro non scritto , il capolavoro che poteva nascere e non nacque sono mere astrazioni e illusioni . Un frammento di musica o di poesia , una pagina , un quadro cominciano a vivere nell ' atto della loro creazione ma compiono la loro esistenza quando vengono ricevuti , intesi o fraintesi da qualcuno : dal pubblico . Compiono la loro vita quando circolano , e non importa se la circolazione sia vasta o ristretta ; a rigore , il pubblico può essere formato da una sola persona , purché questa persona non sia l ' autore stesso . Tutti d ' accordo su questo punto , non bisogna però cader nell ' errore di credere che l ' appercezione , o consumazione , di un particolare momento o frammento espressivo debba essere necessariamente quasi sincrona al suo presentarsi a noi con un immediato rapporto di causa a effetto . Se così fosse la musica sarebbe goduta soltanto al momento dell ' esecuzione , la poesia e la pittura soltanto nel momento in cui l ' occhio si posa sul foglio stampato o sulla tela dipinta . Finita la causa , finito il narcotico , tutto cesserebbe ; si charta cadit dovrà svanire nel nulla ogni bagliore di musica o di commozione poetica . Io non dico che tale sia , consapevolmente , l ' abbaglio estetico di molti artisti moderni : ma rilevo che , conscia o no , una grossolana materializzazione del fatto artistico è alla radice di molte esperienze d ' oggi . Per essa viene del tutto misconosciuta quella che è la seconda vita dell ' arte , il suo oscuro pellegrinaggio attraverso la coscienza e la memoria degli uomini , il suo totale riflusso alla vita donde l ' arte stessa ha tratto il suo primo alimento . Sono pienamente convinto che un arabesco musicale che non è un motivo , non è un ' « idea » perché l ' orecchio non l ' avverte come tale , un tenia che non è un tema perché non sarà mai riconoscibile , un verso o una serie di versi , una situazione o una figura di romanzo che non potranno tornare mai a noi , magari alterati e contaminati , non appartengono veramente al mondo della forma , al mondo dell ' arte espressa . È questo secondo momento , di consumazione minuta e magari di fraintendimento , quello che in arte m ' interessa di più . Paradossalmente si potrebbe dire che musica pittura e poesia nascono alla comprensione quando vengono presentate , ma non vivono veramente se non hanno il potere di continuare ad agire con le loro forze al di là di tale momento , sciogliendosi , rispecchiandosi in quella particolare situazione di vita che le ha rese possibili . Godere un ' opera d ' arte o un suo momento è insomma un ritrovarla fuori sede ; solo in quell ' istante il circolo della comprensione è perfetto e l ' arte si salda con la vita come tutti i romantici hanno sognato . Io non posso vedere un codazzo d ' indifferenti a un funerale né posso sentir soffiare la bora senza ricordarmi dello Zeno di Italo Svevo ; non posso guardare alcune merveilleuses d ' oggi senza pensare a Modigliani e a Matisse ; non posso contemplare certi figli di portinaia o di mendicante senza che mi torni dinanzi il bambino ebreo di Medardo Rosso ; non posso pensare a qualche strano animale - zebra o zebù - senza che si apra in me lo Zoo di Paul Klee ; non posso incontrare chi so io - Clizia o Angela oppure ... omissis omissis - senza rivedere arcani volti di Piero e del Mantegna e senza che un verso manzoniano ( « era folgore l ' aspetto » ) mi avvampi la memoria ; e neppure posso - se scendo di qualche gradino - individuare alcuni episodi dell ' eterna lotta fra il diavolo e l ' acqua santa senza sentirmi in cuore ( con la voce di Rosina Storchio ) l ' avvolgente , felino miagolio dell ' aria di San Sulpizio . Fin qui ho dato esempi chiari ma forse troppo ovvi di ciò che io intendo per circolazione di un momento espressivo o di un ' intera figura d ' artista , riassunta in suo atteggiamento ; ma non occorre pensare a nomi grossi per spiegare l ' intensità del fenomeno . Non c ' è frase musicale o poetica , figura dipinta o raccontata che non abbiano fatto presa , che non abbiano inciso su una vita , modificato un destino , alleviato o aggravato un dolore . Infiniti amori sono sorti fra le spire di un motivuccio volgare , infinite tragedie si sono suggellate con le battute di una canzonetta , di uno spiritual negro o con un verso di cui nessun altro ( forse nemmeno l ' autore ) si ricordava più . Si badi ; io non dico che l ' arte e particolarmente la musica e la poesia debbano essere facilmente mnemoniche , ricordabili . È un ' opinione che , in fatto di poesia , ho visto attribuire , in una intervista , all ' onorevole Palmiro Togliatti , e quando l ' ho letta mi sono rallegrato di non figurare tra gli zelatori di quell ' esteta ( e di quell ' uomo ) . Se essa fosse giusta , il Chiabrera batterebbe il Petrarca . Metastasio rivenderebbe Shakespeare e le poesie di Alice nel paese delle meraviglie metterebbero nel sacco tutte le odi di John Keats . Ma dico che ha adempiuto il suo fine e ha raggiunto la Forma qualsiasi espressione che abbia avuto , presso qualcuno , un effetto taumaturgico , liberatore : un effetto di liberazione e di comprensione del mondo . Ripeto che tali effetti si raggiungono a distanza e soo imprevedibili . Talora un grande artista , come Proust ossessionato dalla « petite phrase » di Vinteuil ( Franck o Gabriel Fauré ? ) , può costruire tutto un mondo su una reminiscenza , può organizzarla , riportarla a un suo modo particolare di vivere ; ma non è necessario ' giungere a tanto perché l ' arte s ' intruda in noi e continui nel nostro petto un ' esistenza assurda e incalcolabile . E non direi nemmeno che la seconda vita dell ' arte sia in relazione a un ' obiettiva vitalità e importanza dell ' arte stessa . Si può affrontare la morte per una nobilissima causa fischiettando « Funiculì funiculà » : si può ricordare un verso di Catullo entrando in un ' austera cattedrale ; si può seguire un profano desiderio anche associandolo a un ' aria di Haendel piena d ' unzione religiosa ; si può essere fulminati da una cariatide dell ' Erettèion facendo coda allo sportello delle tasse ; ci si può ricordare un verso del Poliziano persino in giorni di follie e di carneficina . Tutto è malcerto , nulla è necessario nel mondo delle rifrazioni artistiche ; l ' unica necessità è che tale rifrazione prima o poi sia resa possibile . Gli artisti moderni ( non parlo di tutti ) che per naturale impotenza o per il terrore di entrare in strade già battute o per un malinteso rispetto all ' ineffabilità della vita si rifiutano di darle una forma ; coloro che respingono deliberatamente ogni piacevolezza dal suono , ogni figuratività dalla pittura , ogni progressione sintattica dall ' arte della parola , si condannano semplicemente a questo : a non circolare , a non esistere per nessuno . Venuta meno la possibilità delle grandi comunioni fra pubblico e artisti , essi respingono anche quell ' ultima ipotesi di socialità che ha sempre un ' arte nata dalla vita : di tornare alla vita , di servire all ' uomo , di contare qualcosa per l ' uomo . Lavorano come i castori , traforando il visibile e l ' invisibile , spinti da un impulso automatico o da un ' oscura urgenza di sfogo o dal bisogno di costruirsi un riparo buio , sempre più buio , sempre più nascosto . Ma non si salveranno mai se non avranno il coraggio di tornare alla luce e di fissare in volto gli altri uomini ; non si salveranno se , usciti dalla strada e non dai musei , non avranno il coraggio di dir parole che possano tornare nella strada .