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Gente in fuga ( Montale Eugenio , 1953 )
StampaQuotidiana ,
Non so se molti fra coloro che hanno scritto saggi o tesi di laurea sul Carducci si siano dati la pena di visitare l ' umile , quasi inabitabile casa di Valdicastello in cui il poeta nacque , nel 1835 . Di là all ' università il volo fu breve : a venticinque anni il Carducci era già in cattedra . Viaggi veri e propri il poeta non compì mai ; non vide mai Parigi , meta immancabile di ogni intellettuale moderno . Le vie di comunicazione , in quel tempo , non dovevano esser molto diverse da quelle che permisero all ' Alfieri di trasferirsi da Asti a Firenze . Non esistevano radio , cinema , giornali illustrati , edizioni « della notte » ; le lingue straniere bisognava studiarsele da sé , a lume di candela . Il ritmo della vira era sicuramente au ralenti . Probabilmente anche le stagioni avevano un altro peso e un altro senso . Aggiungete a queste condizioni di vita la natura stessa della terra di Toscana , satura di storia e di civiltà , e i buoni studi umanistici condotti sotto la guida dei preti d ' allora ; e avrete tutti gli addendi che sommati insieme ( non dimenticando il talento individuale ) potevano portare al risultato ultimo : una poesia insieme culturale e ingenua . Una poesia , in ogni modo , che par fatta apposta per permettere alla critica di tirar fuori i ferri del mestiere . Quando di un artista si sa tutto o quasi tutto : vita , opere , amicizie , ambiente ; quando insomma è relativamente facile fare un salto indietro e ripercorrere le tracce di una vita che ha lasciato reliquie numerose e ancora recenti ; allora è fatica abbastanza agevole quella che ci propongono i critici storicisti , di rifarci mentalmente contemporanei di un uomo che non esiste più ; e di ripensare un ' opera alla stregua delle premesse che l ' hanno resa non solo possibile ma necessaria e irripetibile . L ' impresa che ho rudimentalmente descritto ( e che consiste nello « storicizzare » un ' opera e un autore ) diventa quanto mai ardua nei casi in cui opere e uomini si allontanino nel tempo e nello spazio . Dalla storia si passa , qui , nella metastoria . Si lavora su qualcosa che è esistito ma che , strada facendo , si è arricchito d ' incrostazioni d ' ogni genere ; rimuovendo le quali ( fosse possibile ) l ' oggetto in esame diverrebbe non già più chiaro ma presumibilmente oscurissimo . Non allontaniamoci troppo : Medio Evo e Rinascimento ( pochi secoli , un batter d ' occhio nella vita dell ' umanità ) sono già termini in discussione , origini di dibattiti e di ipotesi inconciliabili ; e se dietro a queste etichette passiamo alle opere ( opere controverse , inattribuite o inattribuibili , opere scomparse o falsificate , opere gergali di cui abbiamo perduto la chiave , manufatti di cui non sapremo mai se si tratti di arte o di industria , ecc . ) ci convinceremo di quanto sia breve il raggio d ' illuminazione che è consentito all ' indagine storica . L ' Ottocento è il paradiso di tale indagine : tempo di crescenza , diverso di decennio in decennio , tempo vicino a noi , pienamente comprensibile e ricostruibile . Ma se questa crescenza un giorno finisse ? Se la velocità della vita moderna ingenerasse secoli e secoli di apparente stasi ? Suppongo che una macchina lanciatissima dia quasi il senso di esser ferma ; ed è possibile immaginare un ' umanità futura in cui il progresso , sceso per li rami a particolari minutissimi , sembri in qualche modo immobile , non più in divenire . È possibile pensare un tempo in cui non solo da un decennio all ' altro ma da un secolo all ' altro non avvengano più mutazioni apparenti , e in cui il figlio sembri eguale al padre e al nonno . Anche in un simile caso si avrà la trasformazione della storia in metastoria : e la professione di critico ( storico ) di arte o di letteratura non sarà delle più invidiabili . L ' uomo che nasce oggi non può più permettersi il lusso - o la perdita di tempo - che fu concesso a un Carducci . A vent ' anni non sa nulla ma in certo modo sa tutto , ha vissuto esperienze che farebbero strabiliare i nostri antenati . Ma le ha vissute svuotandole , rendendole inutili . Rendersene conto , strabiliarne vorrebbe dire essere per metà antichi e per metà moderni , e il risultato non potrebbe essere che la pazzia . È probabile che lo stato di collasso nervoso in cui vivono giovani e vecchi del nostro inoltrato Novecento sia il prodotto di un inadattamento , di uno scompenso . L ' uomo nuovo nasce , per eredità , ancora troppo vecchio per poter sopportare il nuovo mondo ; le attuali condizioni di vita non hanno ancora fatto tabula rasa del passato , si corre troppo ma si sta ancora troppo fermi . L ' uomo nuovo è , in altre parole , tuttora in fase sperimentale . O decide di tornare indietro ( cosa forse impossibile ) o deve correre di più , per avere il beneficio di un ' apparente stasi : quella dell ' ultravelocità . Correre di più vuol dire alleggerire il bagaglio della propria cultura , gettar via la zavorra dei propri legami col mondo antico . Vuol dire diventare un essere di cui non abbiamo la più vaga nozione . Qui mi fermo perché sento di essere in errore . Mi basta guardare oltre i cancelli della pineta da cui scrivo per convincermi che già esistono numerosi campioni di un ' umanità divisa fra lavoro e loisirs , fra lavoro più o meno meccanicizzato e ozi più o meno pianificati , non forse ingrati ma infecondi . Oggi come ieri l ' uomo lavora e si diverte ; ma il lavoro è quello che compie la parte di un ingranaggio e gli ozi sono laboriosi , faticosi e talvolta abbrutenti . Sono in ozio gli uomini e le donne che vedo sbarcare da macchine di lusso dinanzi alla « Grande Chaumière » che monopolizza i divertimenti di qui ? Donne dalle pettinature faraoniche e dai calzoncini attillati , a tubo , fino a metà del polpaccio ; uomini che hanno brache cascanti e maglie arrotolate e annodate sul ventre si avviano a finire nel can - can una giornata di canasta e di bridge . Non sono pochi , sono milioni in tutto il mondo , sono in qualche modo la parte più progredita dell ' umanità . Certo il progresso ad essi deve moltissimo . Non è gente in ozio questa : è gente veloce , in fuga dal tempo , dalle responsabilità e dalla storia . È gente che smesso il lavoro non può restare in compagnia di se stessa ed ha bisogno - in qualsiasi modo - di « far qualcosa » per riempire il vuoto dal quale deve difendersi . Non sono villeggianti , in una villa morirebbero di noia , in uno di questi orti non saprebbero accorgersi del lavoro che i ragni , i beccafichi e le cetonie compiono sulla più zuccherina frutta del mondo , sulla pesca noce , sull ' uva erbarola e sui grappoli dell ' aleatico . Sono estivants , gente che cerca la città e « fa città » dovunque arriva . Ed ora sono giunti in Versilia che fino a pochi anni fa ne era immune . Li accoglie qui un collare di perle , la delicata illuminazione notturna che dal Cinquale a Fiumetto distingue questa spiaggia dalle altre ; ed è tutto , perché all ' alba essi non sentono certo il ronzio dei maggiolini sulle zinnie , lo schiocco dei superstiti merli delle pinete . Le loro camere si aprono sull ' asfalto e quando scendono sulla spiaggia ( quasi asfaltata ) coi loro costumi a due pezzi , mezzogiorno è suonato e sulle loro teste non passa che un aeroplano che sparge manifestini e piccoli paracadute réclame . Il giorno che tutti avranno lavoro e loisirs a sufficienza e siano scomparsi quegli improduttivi otia che permettevano la maturazione della grande poesia non è detto che anche l ' arte venga meno sulla faccia della terra . Una totale trasformazione dell ' uomo in macchina non è immaginabile . Ma si accentuerà nell ' arte futura quel carattere preistorico che già colpisce nelle odierne manifestazioni . Avremo « pezzi » d ' arte pura , e perciò assolutamente inspiegabile ; pezzi da mettersi accanto ai migliori dell ' arte sumera , egiziana , maya , ecc . ; e che nessuno vorrà affaticarsi a porre in rapporto con una figura , con una personalità d ' autore ; pezzi o , se si vuole , opere che non sarà possibile inserire in una storia individuale . Ridotta a bocconi anche la poesia figurerà nel museo immaginario di domani . E forse allora nessuno ricorderà che un grande filosofo umanista - il nostro Croce - non ammise che possa darsi storia della poesia . O solo qualche erudito ne saprà qualcosa e vedrà in questa teoria uno dei più singolari aspetti della lotta del nostro tempo contro il Tempo .