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Viridiana di Luis Buñuel ( Grazzini Giovanni , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Grazie alla censura Viridiana era divenuto un mito , e sventolato come una bandiera . Ora che anche in Italia lo possiamo vedere in edizione integrale si può dire che su quel vessillo ci sono molti segni , ma non tutti riconducibili a un ' interpretazione anticlericale e antifranchista di comodo . È vero che tutto fa brodo , agli occhi dei fanatici , ma Buñuel non è un uomo di cinema che si lasci facilmente utilizzare come strumento di polemica politica : cercare nella sua opera troppi significati moralistici equivale , anzi , a ridurne di molto la personalità artistica . L ' ha detto chiaro : Viridiana non vuole dimostrare nulla , soltanto esprimere , con i modi dell ' umor nero , ossessioni erotiche e religiose . Le stesse che da molti decenni devastano l ' animo inquieto di questo spagnolo uscito da una facoltosa famiglia di terrieri cattolici , educato dai gesuiti , passato attraverso l ' esperienza del surrealismo come attraverso una scuola di eversione di ogni valore conformistico ; infine , esule dalla patria con tutto il bagaglio di stimoli spirituali e di suggestioni culturali che hanno esasperato una naturale vocazione tragica . Se dunque , invece , si vuole anatomizzare il film per cercarvi il messaggio , non rischiamo di trovarci i cascami di un picarismo letterario e di un anarchismo ottocentesco , se non addirittura di un terribilismo alla Sade inserito con qualche snobismo nel filone dell ' irrazionalismo novecentesco ? Senza dire che L ' Angelo sterminatore , il film successivo a Viridiana , e che si vide l ' anno scorso a Cannes , non avrebbe portato avanti il discorso , anzi avrebbe ribadito quella che sembra l ' unica costante delle cupe invenzioni di Buñuel : l ' insofferenza per le convenzioni , la malinconia per la condizione di schiavitù propria degli uomini . Buñuel resta , a nostro avviso , un nichilista la cui forza poetica è data proprio dalla coerenza con cui esprime la sua disperazione di non poter sostituire nulla all ' ordine che vuol distruggere . Chi ne fa un profeta della rivoluzione dovrebbe chiedersi di quali valori positivi si fa apportatore Buñuel con un film come Viridiana . L ' immagine finale che egli ci offre del mondo , dopo la sconfitta del bene e del male , è perplessa e sarcastica . È una partita a carte in cui tutti sono coinvolti . Egli esprime , semplicemente , la vanità degli sforzi dell ' individuo senza proporci con convinzione l ' alternativa collettivistica . Se egli irride , oggi , la carità di quanti percorrono le strade del Novecento puntellandosi a un ' emblematica medievale ( tale gli sembrano la croce , il martello , i chiodi e la corona di spine ai quali Viridiana s ' aggrappa ) , non perciò mostra di aver maggiore fiducia in chi lavora di zappa e calcina . Questi avranno più meriti agli occhi del mondo , ma anche la loro esistenza è presa nel gran gioco di un destino di falsità . Si vuoi dire che , con virulenza di visionario e il gusto del ripugnante che gli deriva dalla tradizione artistica spagnola , Buñuel grida troppo forte perché la vena di rimpianto , l ' ansia di purezza assoluta che forse gli serpeggia nel corpo gonfio di sdegni non si secchi nello stagno dello scetticismo . Proprio per questo , come non abbiamo un tribuno , così abbiamo un fortissimo artista ( e anche un maestro di cinema ) , che spezza ogni mito ideologico con la potenza fantastica e figurativa ; che ci propone un universo poetico compatto nel delirio del sentimento , e lo esprime con un linguaggio che risolve tutti i contenuti in una forma grondante di incisività . Viridiana è un esempio calzante della assunzione di tutti i valori nello stile . Se ha modi , e tecnica , di vecchio stampo , ivi compreso il sovrabbondante ricorso alla simbologia , è perché Buñuel appartiene a una generazione artistica di estrazione naturalistica che non lasciava i margini dei libri troppo bianchi , perché i lettori proseguissero l ' opera per proprio conto . Un romanzo era un romanzo , non una proposta di romanzo ; e un film un racconto in cui l ' autore realizzava tutto se stesso . O prendere o lasciare . La storia di Viridiana ( Silvia Pinal ) è quella di una novizia che si perde . Comincia sulle note di Mozart e di Händel , e finisce sui ritmi del jazz . Alla vigilia di prendere i voti , Viridiana va a far visita a un vecchio zio ( Fernando Rey ) che abita in una villa di campagna , ossessionato dalla memoria della moglie mortagli trent ' anni prima , la sera stessa delle nozze , e che egli custodisce attraverso il culto feticista per i suoi abiti da sposa . Identificando Viridiana con la moglie , lo zio le chiede di sposarlo , e al suo rifiuto la droga , con la complicità di una serva , dopo averle chiesto , come ultimo favore , di indossare il bianco abito di nozze che egli ha conservato per tutti quegli anni . Priva di conoscenza , la novizia subirebbe l ' oltraggio del vecchio , se questi non fosse all ' ultimo momento trattenuto dalla speranza di possederla legittimamente con una menzogna : facendole credere , l ' indomani mattina , che nella notte egli le ha fatto violenza . Inorridita , Viridiana lascia la casa per tornare al convento , senza perdonare lo zio , ma quando sta per partire viene avvertita che il vecchio si è impiccato e l ' ha lasciata erede , insieme a un cugino , della fattoria . La ragazza si considera responsabile del gesto dello zio : per espiare rinunzierà a farsi suora , ma si darà a opere di bene , accogliendo nella fattoria quanti mendicanti , ladri , vagabondi , troverà nel paese : il suo peccato d ' orgoglio confina con l ' ingenuità . Arriva intanto il cugino Jorge ( Francisco Rabal ) , che vuol riorganizzare la proprietà e appoderare i campi abbandonati . È un bell ' uomo , e ha con sé un ' amante , ma se ne libera presto perché ha messo gli occhi su Viridiana , benché la consideri una « bigotta marcia » e intanto si gode la serva . La cugina , ritiratasi in una misera stanzetta , è intenta soltanto alla preghiera e alla beneficienza , tutta circondata di speranze mistiche e di fiducia nell ' avvenire . Mentre i suoi vagabondi recitano l ' Angelus , i muratori di Jorge lavorano e sudano . Due modi di affrontare la vita , dopotutto . Un giorno , assenti i padroni , i poveri invadono la villa e la mettono a soqquadro , insozzano le stanze , profanano ogni simbolo di purezza , finalmente si siedono a banchetto facendosi « fotografare » lubricamente nell ' atteggiamento dell ' Ultima Cena . Sorpresi dai padroni , uno dei mendicanti tenta di violentare Viridiana , ma il cugino la salva convincendo uno di loro ad uccidere , per denaro , l ' amico . Tramontata la sua illusione di poter fare del bene , Viridiana tenta ancora di resistere all ' istinto della femminilità che si è svegliato in lei ; ma è fatale che cada : il male del vivere è più forte , ormai , della sua fede . La corona di spine brucia in un falò , la donna va a sedersi al tavolo dove il cugino e la serva giocano a carte : ora , sul grammofono , gira un disco di cha - cha - cha . La realtà vince il sogno . E il disprezzo di Buñuel ha coinvolto tanto la superstizione religiosa quanto l ' erotismo dei vecchi , la corruzione dell ' infanzia e le buone intenzioni di Viridiana . La sua « corte dei miracoli » ha corroso , con il vieto concetto di beneficenza , l ' ipotesi stessa del bene . Non è certo da un laido sottoproletariato che viene la speranza : esso è servito a inserire Viridiana in una società filistea , ma non a proporre un ricambio sociale . Se vogliamo restare fedeli alle intenzioni di Buñuel , il suo film è un grottesco che non a caso ebbe , oltre alla palma d ' oro di Cannes nel 1961 , il premio dell ' humour noir . Non . come anche è stato detto , soltanto una serie di gags , ma certamente il frutto di una fantasia lugubre , che si esercita su alcuni mali della società contemporanea con gusto autodistruttivo , riscattato soltanto da una assoluta libertà morale . Se nel film c ' è qualcosa di blasfemo è questo incrudelire sull ' uomo a vantaggio dell ' artista , che si getta con voluttà in una ricostruzione tendenziosa della realtà , e riesce a dipingerla con tinte così forti e cupe da mettere i brividi . Se il mondo fosse questo , meglio spararsi . È raro che il cinema riesca a dare una così dura impressione . Quando lo fa , vuol dire che le scene , così pregnanti , sono uscite dalle mani di un vero creatore , il quale si assume molte responsabilità purché gli si riconosca sincerità con se stesso . Triviale , cinico , truculento , tutto si potrà dire di Buñuel tranne che non sia un autentico spagnolo ossessionato dalla cecità degli uomini e dalla nostalgia della pietà .