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Partono per la Luna ( Montanelli Indro , 1969 )
StampaQuotidiana ,
Oggi prende il via il volo verso la Luna , la più grande avventura umana di tutti i tempi . Così grande che ogni tentativo di magnificarla ci sembrerebbe retorico e vuoto . Ci limiteremo a dire che la coscienza - per chi ce l ' ha - di appartenere a una società e a una generazione capaci di realizzare simili imprese ci procura qualche prurito di orgoglio . Con buona pace dei contestatori . Vorremmo solo fare due piccole osservazioni . La prima è di ordine , diciamo così , cautelativo . Forse in tutto il mondo , ma certamente in Italia , ci sembra che il pubblico si disponga a seguire sul video questa straordinaria vicenda con una fiducia quasi assoluta nella sua riuscita . È abbastanza naturale , dato il successo dei voli precedenti . Gli americani ci hanno male abituati . A parte il tragico incidente dei tre astronauti carbonizzati , che tuttavia si verificò prima del lancio , in sede di collaudo delle apparecchiature , l ' Ente spaziale americano non ha registrato sconfitte . Né c ' è nemmeno da sospettare che ne abbia tenuta nascosta qualcuna . Gli americani accettano di farsi torchiare dal fisco per finanziare la conquista del cielo . Ma esigono che essa si svolga sotto gli occhi loro e di tutti , senza segreti . Il fatto che fin qui ogni tappa sia stata puntualmente raggiunta secondo la tabella di marcia non deve tuttavia trarci in inganno . Von Braun , il grande architetto di questi voli , ha parlato chiaro : confido , ha detto , nella vittoria , ma un margine d ' incertezza c ' è . E del resto , se non ci fosse , la più grande avventura umana non sarebbe né avventura né umana : che sono i due attributi per i quali tanto ci esalta . Il secondo punto riguarda lo sforzo organizzativo di cui essa è il risultato . Per arrivare a questo traguardo , l ' America ha speso ventiquattro miliardi di dollari , qualcosa come sedici o diciassettemila miliardi di lire . Ma non lasciamoci ipnotizzare dalla macroscopicità di queste cifre . Ventiquattro miliardi di dollari non rappresentano che lo 0.50 per cento del reddito nazionale americano , una briciola dunque . E infatti quello del finanziamento è stato , per il governo di Washington , il problema meno arduo da risolvere . Molto più complesso dev ' essere stato quello del coordinamento . L ' economia americana non è un ' economia di Stato , che lo Stato possa orientare a sua volontà , concentrandone le capacità inventive e produttive nel campo che più gli convenga . Deve fare i conti coi privati , e deve farli senza polizia e campi di concentramento ( o , come oggi si dice con soave eufemismo , di " rieducazione " ) . Ecco perché , all ' inizio della sfida spaziale fra America e Russia , tutti o quasi tutti puntavano piuttosto sulla Russia , che oltre a godere di un notevole margine di anticipo , poteva impegnarvi tutto il suo potenziale tecnologico e industriale . Trattandosi di una " programmazione " di gigantesche dimensioni , ci pareva che i sovietici fossero in grado di attuarla con maggiore rapidità ed efficienza . Non è stato così , e il fatto dovrebbe indurci a qualche riflessione . All ' approntamento dell ' Apollo 11 hanno collaborato - ci dicono - trecentomila tecnici , che non sono impiegati di Stato , e ventimila imprese , che non sono imprese di Stato . Sono dati sommari e grossolani . Ma bastano a farci capire quale chiarezza e reciproca fiducia , in America , debbano improntare i rapporti fra il settore pubblico e quello privato . Evidentemente fra l ' uno e l ' altro c ' è dialogo aperto . E in un caso come questo , non è difficile capire come si è svolto , anche perché la stampa americana ce ne ha fornito parecchie indicazioni . Lo stato non si è limitato a delle " commesse " . Ha convocato i singoli imprenditori , i loro stati maggiori tecnici , i dirigenti dei grandi istituti di studio e di ricerca , e ha discusso con loro l ' opportunità di una vasta mobilitazione di mezzi e di energie per la conquista dello spazio . Ci sono stati dissensi e opposizioni . Ce ne sono ancora . Non tutti gli americani sono persuasi di ciò che l ' America fa in cielo : qualcuno dice che farebbe meglio a occuparsi un po ' più della terra e che la conquista della Luna rappresenta per essa ciò che la costruzione delle piramidi rappresentò per l ' Egitto : un inutile e rovinoso scialo . Ma alla fine ha prevalso la tesi politica : che la conquista della Luna costituisce non soltanto un primato cui il paese non può rinunciare , ma anche il pretesto e l ' occasione di un balzo avanti tecnologico , di cui tutta la produzione , e quindi tutta la società , risentiranno i benefici effetti . Non vogliamo entrare nel merito di questa polemica , fuori portata delle nostre modestissime competenze . Vogliamo soltanto rilevare che anche una democrazia , quando p efficiente , può programmare senza punto rinnegarsi , cioè nel pieno rispetto delle libertà del cittadino . Certo , occorre uno Stato che non si atteggi a persecutore del privato e dei privati che non si atteggino a vittime dello Stato . Ma l ' efficienza di un sistema politico consiste proprio in questo . E l ' impresa dell ' Apollo 11 ne rappresenta per l ' appunto il magnifico frutto . Essa è figlia di una mobilitazione , ma senza cartolina - precetto , per arruolamento volontario . La più grande avventura umana di tutti i tempi è grande anche per questo : perché dimostra che perfino nelle " pianificazioni " in cui sembrerebbe per sua natura sfavorita , la libertà paga più e meglio del totalitarismo .