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UTILITARISMO VECCHIO E NUOVO ( Abbagnano Nicola , 1966 )
StampaQuotidiana ,
Alle domande : « Come devo agire ? Quale deve essere la guida delle mie azioni ? » , Si possono dare due risposte diverse . Si può dire : « Agisci secondo la voce della tua coscienza che è quella stessa della ragione o dell ' ordine cosmico o della volontà divina » . O si può dire : « Agisci in modo che la tua azione tenda ad accrescere la somma del benessere o della felicità comune » . Quest ' ultima è la risposta data al problema morale dall ' utilitarismo . Questa dottrina ( di cui si possono scorgere le prime tracce nei Sofisti e nello stesso Platone ) fu difesa , oltreché dagli Illuministi , da economisti e filosofi inglesi nella prima metà dell ' '800 ed è rimasta una delle alternative fondamentali della filosofia morale nel mondo moderno . Secondo l ' utilitarismo , un ' azione è buona o cattiva a seconda che tende ad accrescere o a diminuire il benessere pubblico . L ' azione morale dev ' essere la risultanza di un calcolo : bisogna pesare l ' entità rispettiva del piacere attuale e del piacere futuro e mai sacrificare il piacere maggiore al piacere minore . « L ' uomo virtuoso » diceva Bentham « accumula per l ' avvenire un tesoro di felicità ; l ' uomo vizioso è un prodigo che dissipa senza calcolo il suo reddito di felicità . » Chi resiste alla tentazione di un piacere presente in vista del danno che esso procurerà a sé o agli altri , si comporta moralmente ; chi soggiace a quella tentazione senza pensare a ciò che accadrà domani , si comporta immoralmente . Il benessere privato coincide con il benessere pubblico : l ' azione apparentemente disinteressata dell ' individuo che sacrifica il suo piacere al benessere comune , risponde all ' autentico interesse dell ' individuo ed è frutto di un calcolo intelligente che considera entrambi i piatti della bilancia . Bentham ( che dette la prima sistemazione rigorosa all ' utilitarismo ) riteneva che solo per questa via la morale può diventare una scienza esatta e sottrarsi alla saggezza decorativa , alle parole sacramentali , alle distinzioni casistiche e ai dogmi dell ' intolleranza . L ' utilitarismo ( egli diceva ) rende di facile uso la regola del dovere e ne fa un aiuto efficace per il benessere quotidiano degli uomini . La critica che Alessandro Manzoni rivolse all ' utilitarismo nell ' appendice al capitolo terzo della Morale cattolica ( 1855 ) è rimasta decisiva per la filosofia italiana . Manzoni opponeva all ' utilitarismo che ciò che è moralmente giusto non si può confondere con ciò che è utile all ' individuo e alla società , che l ' azione morale autentica è ispirata non dall ' interesse , ma da una norma che obbliga la coscienza e che il concetto stesso di obbligazione non nascerebbe se la morale fosse fondata sull ' utilità perché seguire l ' interesse non è un obbligo ma una tendenza . Manzoni riconosceva che ciò che è giusto è anche utile , nel senso che chi agisce giustamente può attendersi una ricompensa e chi agisce ingiustamente un castigo ; ma riteneva che questo legame tra giustizia e utilità non indicasse l ' identità dei due termini ma piuttosto la loro distinzione . E negava che il criterio dell ' utilità servisse a rendere più facile la scelta dell ' azione da compiere . Infatti , prevedere tutti gli effetti che una azione determinata avrà nel futuro su noi stessi e sugli altri , per determinarne il grado di utilità , è un compito difficile e quasi impossibile sulla scorta delle indicazioni che l ' esperienza passata può dare : tanto più che l ' esperienza può farci prevedere il corso probabile delle cose , non quello certo . Dopo la critica manzoniana , l ' utilitarismo ( che era stata la premessa filosofica dell ' opera di Beccaria , Dei delitti e delle pene ) non ha suscitato in Italia che un blando interesse storico ma non è stato assunto , neppure da pensatori positivisti , come punto di partenza dell ' indagine della vita morale . Nella filosofia anglo - americana invece esso è rimasto , con poche eccezioni , l ' indirizzo dominante , pur essendo sottoposto a critiche minute , e continua ad essere l ' unica alternativa all ' interpretazione metafisica o teologica del mondo morale . Dopo la guerra , esso ha assunto una nuova forma ed è stato chiamato utilitarismo « modificato » , « ristretto » , o « indiretto » , perché non si applica più alle azioni ma solo alle regole da cui esse sono dirette . Secondo il vecchio utilitarismo , un ' azione è buona o cattiva a seconda che contribuisce o no al benessere o alla felicità comune . Secondo il nuovo utilitarismo , un ' azione è buona o cattiva se si conforma o no a una regola ; ma una regola è buona o cattiva a seconda che contribuisce o no al benessere comune . Secondo il vecchio utilitarismo , il calcolo dei piaceri o dei dolori che possono derivare da un ' azione determinata deve essere fatto da chiunque si appresta a compiere l ' azione stessa ; secondo il nuovo utilitarismo , questo calcolo dev ' essere fatto solo da coloro che si accingono a dare un giudizio sulle regole della morale e vogliono saggiarne o determinarne il valore . Da questo punto di vista , mentre la vita morale consiste ( proprio come crede il comune buon senso ) nell ' obbedienza alle leggi e non ha bisogno di appellarsi al criterio utilitario , l ' indagine morale , al livello della riflessione filosofica , deve fare appello a quel criterio nella valutazione e nella critica delle norme morali , delle leggi giuridiche e delle istituzioni sociali . Si tratta , certamente , di un punto di vista assai più scaltrito che si sottrae in buona parte alle critiche cui andava soggetto l ' utilitarismo classico . Rimane da vedere se esso si sottrae veramente a tutte le critiche decisive , cioè se dà conto di tutti gli aspetti della vita morale . E su questo punto i pareri sono ancora discordi . Un libro recente di David Lyons ( Forms and Limits of Utilitarianism , Oxford , 1965 ) giunge su questo punto a conclusioni negative . L ' utilitarismo nuovo , come il vecchio , non risolve tutti i problemi della morale . Soprattutto non dà conto dei diritti , dei doveri , delle obbligazioni nel loro carattere assoluto e incondizionato : in quanto non ammettono le limitazioni cui la clausola delle utilità li sottoporrebbe . Una promessa , ad esempio , è un impegno che è giusto sia mantenuto ad ogni costo , anche se il suo mantenimento cessa di essere utile per uno dei contraenti . Ancora una volta , il criterio dell ' utilità non risponde ( pare ) a tutte le esigenze della giustizia ed è dichiarato insufficiente a spiegare la vita morale . In un passo de La Repubblica , Platone diceva che neppure una banda di briganti o di ladri potrebbe mettersi insieme e portare a termine una malefatta qualsiasi , se non rispettasse , nel suo interno , le regole della giustizia . Non si potrebbe esprimere meglio il carattere funzionale delle regole che costituiscono la giustizia o , in generale , la vita morale . Queste regole tendono a far sì che gli uomini , invece di ammazzarsi e nuocersi a vicenda , possano vivere insieme e progettare e coordinare le attività da cui dipende la loro vita nel mondo . Tendono altresì a eliminare i conflitti o a diminuirli o a stabilire criteri per la loro soluzione pacifica ; nonché a favorire e dirigere certe trasformazioni dei moduli cui si conforma la vita associata o a escluderne altre . Si può discutere all ' infinito sul fondamento trascendente o immanente delle regole morali , sulle vie in cui sono manifestate o rivelate all ' uomo , sulla loro assolutezza o relatività e via dicendo . Ma sul fatto fondamentale della funzione che esse assolvono o debbono assolvere nella vita associata , cioè di rendere possibile questa vita e di non votarla alla distruzione ( che sarebbe la distruzione degli stessi individui che la compongono ) , si trovano d ' accordo i più disparati sistemi di etica . Ora proprio su questa funzione delle regole morali ha fatto leva l ' utilitarismo antico e moderno e fanno leva soprattutto le nuove forme di utilitarismo indiretto . Forse il termine stesso di « utilità » ( e quindi anche di « utilitarismo » ) è troppo ristretto per indicare la molteplicità delle funzioni che le norme morali devono assolvere nel contesto sociale , perché sembra riferirsi all ' interesse ristretto dell ' individuo che va in cerca del suo utile particolare . E certo avevano ragione i critici del vecchio utilitarismo ( Manzoni compreso ) di dubitare che l ' utile individuale coincidesse sempre con l ' utile comune . Ma il concetto di funzionalità delle regole morali ( come di quelle giuridiche ) non soggiace a queste critiche , perché si situa a un livello più alto di generalizzazione e non concerne più l ' utile privato come tale . Il criterio della funzionalità è presente , almeno implicitamente , a tutte le critiche ben fondate che oggi si rivolgono a istituzioni , ordinamenti giuridici o costumi o atteggiamenti ricorrenti : in quanto mostrano che istituzioni , ordinamenti , atteggiamenti non assolvono più la loro funzione o mirano a realizzare scopi che sono estranei al funzionamento di certi aspetti della società moderna . E se si considera la varietà e la disparità delle credenze , dei costumi , delle istituzioni dei popoli che ormai vivono a contatto di gomito in un mondo divenuto troppo stretto , e tra i quali c ' è una ferrea solidarietà di fatto che ha preceduto di gran lunga la buona volontà della comprensione reciproca , si vede subito come la considerazione funzionalistica della morale , indipendente com ' è , per sua natura , dai conflitti ideologici , è la sola capace di preparare la condizione per una effettiva coesistenza pacifica .