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DIRITTO E MORALE ( Abbagnano Nicola , 1966 )
StampaQuotidiana ,
Episodi recenti e situazioni in corso nella società contemporanea italiana conferiscono attualità al problema dei rapporti tra diritto e morale . Sembra a prima vista che non solo nell ' interpretazione di molte norme giuridiche ma nella stessa formulazione delle norme , nelle proposte di modifiche o correzioni dell ' ordinamento giuridico vigente , la questione decisiva sia spesso di natura morale . Il diritto , ad esempio , considera come reati le pubblicazioni « oscene » ; ma che cosa si deve intendere per oscenità ? Va considerata senz ' altro oscena ogni pubblicazione che comunque discuta problemi sessuali o che presenti o descriva situazioni , esigenze , conflitti che si riferiscono alla sfera sessuale ? Sembra che la risposta a questa domanda non possa esser data se non da quella che comunemente si chiama « coscienza morale » . La legislazione italiana non consente al cittadino il divorzio , mentre altre legislazioni lo ammettono . È un bene o un male che sia così ? Anche qui la questione si sposta immediatamente sul piano morale : se il divorzio è « immorale » , la legislazione farà bene ( sembra ) a non concederne la possibilità ai cittadini . Altre volte il rapporto tra diritto e morale è più sottile , ma egualmente evidente . L ' adulterio è certamente « immorale » , ma è dubbio se possa essere considerato un « reato » : un chiarimento della questione può ottenersi soltanto attraverso una delimitazione rispettiva delle sfere della morale e del diritto . In tutti questi casi , come in altri che si potrebbero addurre , il rapporto tra morale e diritto sembra un dato di fatto indiscutibile : il passaggio da una sfera all ' altra è suggerito dalle questioni concrete che insorgono in una delle due sfere . Ma le cose si complicano quando da tali questioni si passa alla teoria generale del diritto e all ' etica . A questo secondo livello si può incontrare e si incontra spesso la posizione che è in netto contrasto con quella che sembra suggerita dai casi accennati : la negazione di ogni rapporto tra morale e diritto . L ' ultimo libro di Hans Kelsen , La dottrina pura del diritto ( 1960 ) , la cui recente edizione italiana beneficia dell ' ottima traduzione di M.G. Losano , offre il vantaggio di presentare questa tesi negativa nel suo estremo rigore . Diritto e morale differiscono , secondo Kelsen , nel modo in cui prescrivono o vietano un certo comportamento umano . Il diritto è un ordinamento coercitivo , che tende a determinare un certo comportamento umano collegando al comportamento opposto un atto coercitivo dell ' organizzazione sociale ; la morale invece è un ordinamento privo di valore coercitivo , le cui sanzioni consistono soltanto nell ' approvazione o nella disapprovazione dei comportamenti a seconda che siano conformi o contrari alla norma . Ma il diritto , secondo Kelsen , non si fonda in alcun modo sulla morale . Potrebbe fondarsi sulla morale soltanto se esistesse una morale assoluta , un sistema unico di valori , che permettesse di affermare che ciò che è bene è sempre bene in tutte le circostanze e ciò che è male è sempre male . Ma questa morale assoluta non c ' è , secondo Kelsen . Non esiste una esigenza comune a tutti i sistemi morali . L ' ideale della pace o della non - violenza , che sembra il più universale , è stato spesso contraddetto . L ' antico Eraclito affermava che la guerra è la legge suprema di tutte le cose e il liberalismo moderno ha esaltato la competizione , la concorrenza , il conflitto come strumento di progresso . Perché allora un ordinamento giuridico dovrebbe essere più conforme a un sistema morale anziché a un altro ? Coloro che giustificano il diritto ricorrendo alla morale , vogliono solo mostrare che un certo sistema di diritto positivo è l ' unico possibile e che ogni tentativo di mutarlo è illegittimo . Questa presunta legittimazione del diritto positivo può essere uno strumento politico efficace , ma non ha base scientifica . « La scienza del diritto » dice Kelsen « non ha il compito di legittimare il diritto né di giustificare mediante una morale assoluta o relativa l ' ordinamento giuridico ma deve solo curare la conoscenza e la . descrizione del diritto » . Senza dubbio , queste vedute di Kelsen obbediscono a un indirizzo assai diffuso nel mondo della cultura moderna , indirizzo che tende a svincolare le discipline scientifiche da ogni impegno politico , religioso o genericamente ideologico per renderle adatte a comprendere tutti i molteplici aspetti della realtà cui si riferiscono . Una teoria del diritto , ad esempio , non può limitarsi a giustificare un determinato ordinamento giuridico : dev ' essere in grado di comprendere la natura e il funzionamento di qualsiasi ordinamento , perciò dev ' essere scevra di presupposti ideologici e in tal senso « pura » , cioè neutrale . Non si può dubitare della validità di una tale esigenza cui cercano di rispondere del loro meglio tutte le scienze umane , dopo che essa si è affermata vittoriosamente e con risultati eccellenti nelle scienze naturali . Tuttavia si può dubitare che la conoscenza e la descrizione del diritto non includa una qualche determinazione del modo in cui un complesso di norme giuridiche possa essere stabilito , conservato , difeso , corretto e interpretato . Le norme giuridiche intervengono , direttamente e indirettamente , negli Stati moderni , a disciplinare le più diverse attività umane : il lavoro , la produzione e lo scambio dei beni , l ' istruzione , le professioni e la condotta morale . Ciò che in tutti questi campi il diritto prescrive non è scelto a caso , ma sul fondamento delle conoscenze tecniche di cui si dispone in ciascuno di questi campi . L ' economia , l ' ingegneria , la medicina come la morale e in generale l ' intero corpus del sapere , forniscono il contenuto e determinano i limiti delle scelte del legislatore . Indubbiamente , una volta effettuata questa scelta , la norma positiva così introdotta diventa valida indipendentemente dalle esigenze che l ' hanno suggerita , in virtù del suo potere coercitivo . E in questo senso la forma della norma giuridica è indipendente dal suo contenuto e può essere considerata a parte . Ma ciò non toglie che ogni volta che una norma appaia antiquata rispetto allo sviluppo delle conoscenze tecniche o inoperante rispetto ai fini che si propone o diretta a fini che non possono essere realizzati per suo mezzo , nasce l ' esigenza oggettiva della sua modifica o della sua abolizione . Perciò il compito legislativo non è mai finito né concluso ; e a questo compito , che è fondamentale degli Stati moderni , la teoria pura del diritto di Kelsen non dà alcun aiuto . Esiste poi un limite intrinseco del diritto che risulta dalla natura coercitiva del diritto stesso . Una tecnica che agisce mediante sanzioni di natura fisica può garantire , nella maggior parte dei casi , certi comportamenti ma non certi altri . Può garantire l ' assistenza familiare e la coabitazione , ma non l ' affetto e l ' unità della famiglia . Può impedire certe espressioni artistiche , letterarie e scientifiche , ma non può far sì che siano feconde e riuscite quelle permesse . Può produrre il conformismo degli atti e delle parole , non la convinzione ragionevole . Può impedire iniziative e scoperte , ma non può produrne . Si può certo escludere che una qualsiasi organizzazione giuridica sia suscettibile di una giustificazione assoluta di natura morale o di altra natura . Ma ogni complesso particolare di norme , riferentesi a uno specifico oggetto , può essere tecnicamente valutato rispetto all ' efficacia dei mezzi di cui si avvale per raggiungere i suoi fini e rispetto alla validità di questi fini . Talvolta questa valutazione è assai facile , come ad esempio quando si tratti di norme che riguardino l ' edilizia o l ' igiene pubblica , perché in questi campi la scienza fornisce criteri poco discutibili , ai quali la legislazione non fa che adeguarsi . In altri casi , la valutazione è più difficile , come quando si tratta di norme che concernono il comportamento morale . Ma in ogni caso , poiché il diritto non è un mondo in sé concluso , senza alcuna relazione con il resto del mondo umano ma fa parte di questo , la sua funzione non può essere che strumentale rispetto alle esigenze , ai bisogni e agli interessi degli uomini . E si può subito , su questa base , stabilire una distinzione fondamentale . Esistono ordinamenti giuridici che non includono , tra le proprie possibilità , quella di un aggiornamento o di una correzione delle norme che li costituiscono ; e ci sono invece ordinamenti che la includono e sono organizzati proprio in vista di essa . Soltanto questa seconda specie di ordinamento costituisce quello che , con una vecchia espressione , si chiama « Stato di diritto » : come solo un sistema di conoscenze che può essere continuamente messo a prova e corretto si chiama , oggi , « scienza » .