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Il bello e il comodo ( Jemolo Arturo Carlo , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Ero pressocché bambino quando lessi un articolo , « Re Piccone » , ove Domenico Gnoli deplorava gli sventramenti che mutavano il volto delle città italiane ; seguo ora i frequenti articoli di Antonio Cederna sulle devastazioni ai danni dell ' arte , della storia , del paesaggio , che compie quotidianamente la speculazione . Cinquant ' anni : di continue , ininterrotte sconfitte di quanti oppongono valori estetici o storici all ' interesse privato . Ben so come non sia possibile , né in Italia né fuori , mantenere immutato il volto delle città ; conosco i diritti della igiene e della viabilità , e pur il diritto di ogni secolo d ' imprimere una sua orma . Ma , appena si passa la frontiera , si scorge altrove una vigile cura nel distinguere , e considerare sacre certe limitate zone , intoccabili alcuni paesaggi . Fino alla seconda guerra mondiale le città tedesche , sviluppando ad anello intorno ai vecchi nuclei nuove città commerciali , avevano rispettato in ogni dettaglio l ' opera di altri secoli . Nel cuore di Londra si trovano ancora chiese con giardini , antichi cimiteri , su cui nessuno pensa erigere grattacieli . Il centro di Parigi è immutato da ottant ' anni . Da noi solo , nulla riesce a salvarsi , neppure quelle poche cose che senza rettorica potrebbero dirsi patrimonio della nostra civiltà più che dell ' Italia . Dal teatro di Siracusa la vista del mare già è interrotta da una serie di costruzioni industriali . E stato fatto scempio dell ' Aventino , della Via Appia ; irremissibilmente guastata l ' unica opera meritevole , in quest ' ambito , della terza Italia , la passeggiata archeologica , cortina di verde che saldava ricordi classici e chiese medievali ; Venezia è in continuo pericolo . Non griderei contro l ' ingordigia degli speculatori . Trovo umano che chi possiede un giardino nel cuore di Milano o di Venezia o una vecchia villa in Roma , proprietà che non rendono o sono passive , aspiri a ricavarne le centinaia di milioni che danno , vendute come aree edificabili . Penso che il proprietario inglese , tedesco o francese abbia identico desiderio . Ma altrove funzionano i freni ; da noi , no . Se non al primo , al secondo , al terzo attacco , commissioni edilizie , Sovraintendenze ai monumenti , Consiglio Superiore delle Belle Arti , finiscono per cedere . Progetti di transazione , varianti , esecuzione non conforme al progetto , che viene poi sanata : lo scempio è compiuto . Gli uffici pubblici non sono secondi ai privati . Non c ' è direttore generale o ministro che sacrifichi al rispetto del monumento il bisogno degli uffici di allargarsi , di avere più respiro . Scomparsi in Roma per questo bisogno di uffici , i due incantevoli chiostri - giardini ricchi di aranci a San Silvestro ; fino al 1946 l ' antico chiostro agostiniano era il più delizioso giardino : scrosciare sommesso di acque , gorgheggi di uccelli , che in certe ore avevano a sfondo sonoro le campane di Sant ' Agostino ; ma quella è la sede dell ' Avvocatura dello Stato ( che difende in giudizio anche gl ' interessi dell ' arte e del paesaggio ) e quel giardino non consentiva la sosta delle macchine dei funzionari . Ora solo in due angoli alcuni alberelli , ma sostano tante macchine su bella ghiaia spianata . Come non fo colpa ai proprietari che pensano ai loro interessi , ne fo una relativa ai colonnelli che avendo caserme in antichi edifici pensano anzitutto alle esigenze dei soldati , od ai vescovi che curano quelle dei seminaristi o dell ' episcopio ( ma chi passi per Foligno , guardi un po ' cosa l ' autorità vescovile ha combinato nel vecchio centro cittadino ) ; e do le attenuanti anche a sovraintendenti e consiglieri delle Belle Arti , perché , a differenza che in altri Paesi , non hanno dietro di sé il deciso appoggio della opinione pubblica . Manca l ' indignazione . Si sono fatti scioperi generali di anticipata protesta contro la minacciata abolizione di una fermata ferroviaria , contro la minacciata soppressione di un ospedale , agitazioni per il trasferimento di un insignificante ufficio ; nessun agitatore riuscirebbe a far divampare l ' ira popolare contro alcuno scempio di centri cittadini . Ed è altresì significativo , a mostrare il vuoto di certa rettorica , che quei partiti e correnti che più amano insistere sulle grandi memorie e sulle glorie degli avi , siano sempre stati oltremodo distratti allorché si è trattato di cancellare vestigie ; la rovina della Mèta sudante , che aveva attraversato i secoli , fu cancellata dal fascismo per fare una bella spianata dinanzi all ' arco di Costantino , ed il culto dei ricordi sabaudi dei gerarchi piemontesi portò ad incombere su piazza Castello la torre littoria . Sono gl ' italiani più negati al bello , al senso della tradizione , di altri popoli ? Lo negherei recisamente . Ma , qui ancora , gli italiani sentono l ' interesse dell ' uno , non quello di tutti . Pare naturale che si litighi accanitamente perché in un cortile , in una strada , il proprietario di fronte abbia alzato la costruzione di qualche centimetro più che non gli fosse consentito , ed ineccepibile che si faccia demolire se si era tolto un po ' di vista o di sole a chi poteva invocare una disposizione di legge o di regolamento ; ma quando è la popolazione , sono le generazioni avvenire , ad essere spossessate , il metro è diverso . Quante volte un sindaco ordina l ' arresto di lavori , il proprietario ricorre al Consiglio di Stato e chiede la sospensione del provvedimento ; e la causa si decide in fatto nell ' incidente di sospensione ; se l ' ordine del sindaco è sospeso ed i lavori continuano , nulla più a fare . Nemmeno il più appassionato amante di paesaggi romani o napoletani o di ricordi fiorentini o torinesi si sentirebbe di reclamare poi la demolizione dell ' opera ; l ' opinione pubblica direbbe che " esagera " , che non si può rovinare il costruttore in pro del paesaggio o della storia . Siamo sempre al " capo ha cosa fatta " , ai buoni propositi ( in avvenire saremo senza pietà , ma per questa volta ... ) , alla indulgenza . Dove non c ' è in gioco l ' interesse del singolo , ma quello della collettività , la sanzione sembra odiosa . C ' è una nota stazione montana che ho l ' impressione abbia iniziato la sua decadenza , da quando costruzioni di casamenti , col criterio di far rendere le aree di maggior valore , hanno tolto alle vie l ' incantevole vista dei monti e della valle . Da anni questo era paventato , ed era sul tappeto un piano che limitasse le costruzioni in quelle aree ; ma come recar dispiacere a Tizio , Caio , compaesani , a vantaggio di una collettività , sia pure di tre o quattromila persone ? In questa vicenda - danno di tutti per non osar contrastare all ' interesse di pochi - è un po ' la sintesi della nostra vita nazionale .