Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
D'ANNUNZIO II. Si murò vivo in un monumento ( Bianciardi Luciano , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Inutile negarlo : al Vittoriale tu arrivi prevenuto . Troppi gli amici che ti hanno messo sull ' avviso : vedrai la retorica , la bolsaggine , il cattivo gusto ! Vedrai i soldi sperperati ! Pensa , monumento nazionale sin dal 1925 , con dentro lui , vivo . S ' era lasciato seppellire da Mussolini e senza nemmeno soffrirne troppo . Infatti , pensi tu quando la macchina si arresta sullo spiazzale e guardi l ' ingresso . « Io ho quel che ho donato » , leggi per prima cosa . Esatto , pensi : di questa roba egli fece dono agli italiani , ma ci rimase dentro , e gli italiani gli pagarono tutto quanto , la terra , gli immobili , le aggiunte successive , che non finivano mai . Con quest ' animo paghi le duecento lire del biglietto e prendi su per il viale selciato a « cubi porfirici » , come diceva lui . Ed ecco la retorica , pensi , quando la guida ti spiega come quel gran pennone con in vetta una vittoria alata e dorata riproduca la forma di un pilone di ponte sul Piave . Vero , constati , ma lì per lì non te n ' eri accorto , perché stavi guardando altro . La vegetazione , per esempio , che qui è ricca , varia , d ' un verde sempre intenso ma sfumato dal cipresso all ' ulivo al nespolo all ' edera al magnolio . Il terreno digrada verso il lago , che in un mattino piovigginoso , come oggi , è d ' un chiaro quasi bianco . Certo , se volgi gli occhi attorno vedi archetti , colonne , pennoni , capitelli , un sarcofago grigio e massiccio , un obice da centocinque , fontanine , oblò , vetri colorati , nicchie . Vedi un mucchio di roba , che però non rompe la bellezza del panorama e anzi ne è soggiogata , ingentilita . Insomma , su tutto l ' hanno vinta i cipressi svettanti , o il grande pino contorto e antichissimo che sta nel « cortile dalmata » . Lì accanto c ' è il pennone massimo , che ha per base due mole da frantoio , e per ornamento otto mascheroni slavonici , di pietra . Lo sguardo rimane incerto fra pino e pennone , e alla fine tu pensi che va be ' , non è mica poi tanto brutto . Non è mica tutta retorica , pensi adesso ; insomma , ci si potrebbe anche campare , forse bene . La villa di Cargnacco , che D ' Annunzio comprò nel 1921 , era questa fetta centrale , ora coperta da una quarantina di stemmi in pietra , di tutte le grandezze e con tutti i motivi : ci sono cani , draghi , palle , teste , alberi , gladii , fiori , aquile e putti . Quando lui fece l ' acquisto era una villa campagnola , d ' una certa eleganza solenne e discreta e ci abitava un critico d ' arte tedesco , Heinrich Tode , genero di Wagner . Solo questa fetta : nelle fotografie di allora ha un aspetto a metà fra la fattoria e la pieve , tanto vero che il Comandante la battezzò , scherzando , « la calonica » , e subito si accinse a cambiarla . Adesso gli edifici formano un quadrato di vuoti e pieni , attorno al cortile dalmata : muri , finestre , portici , altane . Ecco lì la FIAT tipo 4 della marcia da Ronchi , scura , con la leva del freno sul predellino , e i fanali ad acetilene . Non è eroica . E lassù , in una sala rotonda dove si tengono anche le commemorazioni , appeso col fil di ferro al soffitto , l ' aereo del volo su Vienna : è uno SVA di compensato e seta , con il leone di San Marco in rosso e oro ( « iterum rudit leo » dice il motto ) e sulla coda le sette stelle dell ' Orsa in campo azzurro : sette come furon sette gli aerei che , degli undici partiti , giunsero sulla capitale austriaca . Nemmeno questo è eroico , ormai : sembra un gran farfallone infilzato a mezz ' aria , fragile e rinsecchito , come polveroso . Non sono eroici nemmeno i giardini privati , nonostante i macigni alpestri , ciascuno con scritto in rosso il monte d ' origine : Veliki , Sabotino , Podgora , Carso e così via , e frammezzo una mitragliatrice ( raffreddamento ad acqua , pensi ) , proiettili , elmetti , e un san Francesco stilizzato che apre le braccia verso la finestra della Zambracca , la stanza dove morì di emorragia cerebrale il Comandante . Non sono eroici perché anche qui la vegetazione domina su tutto : nel boschetto dei magnolii incontri un fossatello , e per superarlo c ' è una lastra di marmo , scritta : « Strepitu sine ullo » , dice da una parte , e dall ' altra : « Sordida pellit » . Spiega la guida che gli indesiderati , i malevoli , dovevano restare di qua , nel sordidume , mentre i fedeli , senza far chiasso , giungevano sino all ' arengo , cioè ad una serie di belle panche in pietra scolpita , con alle spalle , fra magnolii folti , ventisette colonne . Il Comandante riceveva qui reduci , compagni d ' arme , belle donne , Mussolini , Cicerin , Umberto di Savoia , e intratteneva tutti con le sue alate concioni , con le sue squisite arguzie . Racconta Dario Niccodemi d ' essere rimasto quattordici ore , fra arengo , cortiletto degli schiavoni , portico del parente ( il parente sarebbe Michelangelo ) , affascinato e divertito , da non accorgersi che il tempo passava . Ora comincio a non dubitare che ci saremmo divertiti anche noi , tanto doveva essere ricca e variata e bislacca la conversazione d ' un uomo che poteva appigliarsi a tanti particolari in mostra , a tante minutaglie eterogenee e stravaganti . Infatti nel cortile e nel portico non c ' è palmo di muro che non rechi infisso un medaglione o una testa , o un paio di corna bovine , una clessidra , una campana , un lampione , una testina , una maiolica , un ' epigrafe , un ' anfora , un motto , un cartiglio . Ciriaco Marini , oggi guardiano ma allora muratore al Vittoriale , mi precisa che il Comandante , in compagnia del suo fido architetto Maroni , presiedeva ad ogni cosa : diceva lui voglio qui questo , lì quello , così va bene e così no . Era attivissimo , esigente , preciso , piccolo , asciutto , gran camminatore , generoso , cordiale , aristocratico e perciò populista . Giù verso l ' Acqua Pazza , per esempio , un giorno stavano sistemando una piaggia a gradini . Arrivò in visita il Comandante , sempre in compagnia del Maroni , e con le sue gambette di vecchio non ce la faceva a superare lo sbalzo del terreno . Si rivolse all ' operaio Betta : « Dammi la mano » , comandò con quella voce acuta ( « Pareva una cornetta » , spiega il guardiano ) . Ma il Bella non voleva , si scherniva : aveva la mano sporca di terra . « Dammi la mano » , strillò D ' Annunzio . E poi , a monito : « Ricordati , la mano di un operaio giammai sarà sporca » . I guardiani d ' oggi ( portano una divisa , ma in estate , con le insegne del principato di Montenevoso ) ricordano parecchie cose e sanno dirti a memoria il nome di tutto . Perché qui tutto ha un nome : viale d ' Aligi , Acqua Pazza e Acqua Saggia , cortiletto degli schiavoni , portico del parente , fontana del delfino , Pilo del « dare in brocca » , edicola di San Rocco , colonna dei giuramenti , cortile dalmata , torre del belvedere . È una toponomastica che basterebbe per un quartiere cittadino , e invece si riferisce a poche spanne di terra . E continua e si infittisce e si accavalla e prolifera dentro casa . Qui il pubblico non può entrare , e si capisce perché : più di tre persone alla volta non ci si muoverebbero , e io che sono grosso ho sempre paura di rompere qualcosa . Immagina ora d ' essere ospite del Comandante . Arrivi alla porta , e un ' epigrafe ti ammonisce : « Clausura finché s ' apra , silentium fin che parli » . Aprono la porta , e vedi due leoni d ' oro , sette scalini rossi , un andito scuro di noce vecchio , una colonna e due busti . Ti fanno accomodare nell ' oratorio dalmata , che è proprio un oratorio coi suoi scanni e i cuscini rossi , i turiboli , gli ostensori , le croci , i reliquarii , le statue dei santi , e appesa al soffitto l ' elica dell ' aereo di De Pinedo . E non sai cosa guardare . E se ti ammettono alle altre stanze , cresce questa sensazione , questo principio di capogiro e di soffocazione asmatica . Perché ogni stanza è tappezzata , ovattata , imbottita , straripante di oggetti : su un tavolo foderato di rosso , dinanzi a un tabernacolo d ' oro , il volante spezzato del pilota inglese Seagraves . Per terra cuscini e una pelle di leopardo , e accanto , dal pavimento a l soffitto , una piramide di statue : si comincia con due gatti di porcellana , e si sale , traverso Budda e Visnù e Krishna e non sai più che altro , fino alla Madonna col Bambino , di legno colorato . È la scala delle religioni , ti spiegano , e la scritta precisa : « Tutti gli idoli adombrano un dio vivo , tutte le fedi attestan l ' uomo eterno , tutti i martiri annunziano un sorriso » . Nella stanza del mappamondo , insieme ai tavoli e alle statue e ai libri , trovi un organo , il globo enorme che dà nome all ' ambiente e una mitragliatrice Schwartzlose , preda bellica . Le luci sono tutte smorzate , rosate , rossastre , giallicce , verdine , bluastre . La sala del lebbroso , la più famosa , contiene , accanto a un letto - culla - bara coperto di seta nera con scritte latine in oro , una statua di giovinetto nudo in legno chiaro . Tu muovi con crescente cautela e non senti il rumore dei tuoi passi , per i continui tappeti che si susseguono sovrapposti agli orli . Saranno più di mille . E ogni stanza ha il suo nome d ' invenzione . Nella stanza della Zambracca ( in veneto significa , se non sbaglio , « cameraccia » ) c ' è un fornitissimo armadio di medicinali ( ultimamente il poeta aveva gran paura delle malattie ) e il guardaroba , dove stupisce il gran numero delle cravatte a farfallino . Un appunto del poeta ti dice che anche ai « servizi » doveva toccare il nome , in latino : bibliothecula stercoraria , balneolum vetusculum , cellula vinaria et dearia . La stanza della Cheli prende nome da una tartaruga enorme che sta sul tavolo da pranzo . Quest ' animale morì per una indigestione di tuberose , ma il poeta la volle ancora : il guscio è il suo , dorato , la testa e le zampe le rifece in bronzo , pure dorato , lo scultore Bronzi . Ora , si pensi che D ' Annunzio fece mangiare a questo tavolo Umberto di Savoia e Mussolini , con a capo tavola la tartaruga Cheli . Se riesci a dominare il senso di vertigine che a questo punto t ' ha preso , non eviti un dubbio : faceva sempre sul serio , il Poeta ? Perché di solito , lui così parco , mangiava giù , solo , nella Zambracca , e a tavola con la tartaruga ci andava solo in compagnia di ospiti illustri . Ancora : entri nel bagno , a fatica rintracci vasca , bidet e lavabo , di maiolica blu , annullati dal carico di anfore , uccelli , piatti , mattonelle , teste , frutti finti , ampolline , teche e fotografie ( più di duemila pezzi , avverte serissima la guida ) . Guardi sul tavolino , e in bella mostra vedi e conti almeno dieci spazzole pei capelli . E tutti sanno che D ' Annunzio era calvo . Qualcuno mi dice : possibile dormire avendo ai piedi del letto un calco in gesso del Prigione di Michelangelo ? Giusto : ma non si dimentichi che questa enorme statua porta alla vita un pezzo di damasco dorato che gli fa da gonnella . È questo un modo serio di trattare un artista venerato e per giunta « parente » ? Né si scordi , per esempio , che lo scrittoio del monco , con quella rossa mano mozza sopra l ' architrave , serviva a raccogliere la posta inevasa , le lettere dinanzi alle quali Gabriele sentiva cader giù la mano , lettere di seccatori , postulanti , creditori . E oltre tutto in queste stanze D ' Annunzio non lavorava : e chi ci riuscirebbe ? Al piano di sopra c ' è l ' Officina , cioè lo studio . Se da questa stanza leviamo la copia d ' una Vittoria , qualche calco , qualche fotografia , potrebbe sembrare lo studio di uno scrittore qualunque . È di legno chiaro ; la luce basta per leggere , lo scrittoio è piccolo ( non si lavora bene sui tavoli grandi ) , i libri sono ben disposti , a portata di mano ; rigorosamente allineati , accanto ai numerosi dizionari ( l ' imaginifico non tirava mai a indovinare , quanto alle parole ) ecco i volumi d ' una storia economica della Toscana : quando morì , mi spiegano , stava lavorando a una vita di Santa Caterina , e voleva documentarsi a dovere . E in tutta la casa non trovi un libro inutile : i trentamila volumi formano una biblioteca strumentale , e non ripetono affatto le stramberie degli altri oggetti ; non vedi nemmeno un incunabolo , né un ' edizione pregiata . È la biblioteca d ' uno studioso , non d ' un bibliofilo estetizzante . Insomma al tavolo di lavoro D ' Annunzio diventava serio . Qualcuno dei guardiani ricorda che era capace di restarsene a sedere per dodici , quattordici ore di fila . Preoccupati , essi ogni tanto spiavano questo faticatore della penna , e allora vedevano sulla testa calva una vena gonfiarsi e tendersi come una corda , per lo sforzo . Lavorava sodo , dimentico di tanta paccottiglia che gl ' ingombrava le stanze di sotto . Certo , non era più lui : passata la sessantina , aveva dato il meglio di sé , e adesso gli restavano i progetti di altre quaranta opere che non scrisse mai , ma che promise al suo editore . Esaurita la vena dello scrittore , conclusa la vita eroica di Buccari , di Vienna , di Fiume , adesso la sua avventura diventava di estetica quotidiana . « Tutto qui è dunque una forma della mia mente , un aspetto della mia anima , una prova del mio fervore . » Era sincero . Ma doveva fare i conti con un doppio rischio . Ecco il primo . Girando per queste sale io mi chiedevo quale poté essere il gusto di D ' Annunzio verso le arti figurative . E constatavo che in casa non esiste un quadro né una statua di pregio . I calchi michelangioleschi , così bianchi , enormi , e gessosi , sono orrendi . I quattro o cinque quadri del Previati che oggi , ben illuminati , stanno nella camera di Schifamondo , par che non gli piacessero , e infatti li aveva relegati in una specie di magazzino . Il gusto delle maioliche orientali dunque ? Non lo apparenta forse a certi decadenti inglesi , a Whistler , a Rossetti , a Howell , fanatici del blue china ? E i disegni del De Carolis ( fece tutti i suoi frontespizi ) non saranno forse l ' equivalente delle illustrazioni che tracciò Aubrey Beardsley per le opere di Oscar Wilde ? Nemmeno questo convince . E forse la risposta giusta è che D ' Annunzio non ebbe mai un preciso gusto figurativo ; che questi oggetti servivano , come suol dirsi , a creare l ' atmosfera , a sollecitare la fantasia ; che ebbero un valore più tattile , più vellicatorio che visivo . Secondo rischio . In un certo senso , il Vittoriale è davvero degli Italiani : esso infatti ospita tutto quel che gli italiani regalarono a D ' Annunzio . Una pera di vetro , una pina secca , un satiro in stile Novecento , un palloncino di carta , una pietra consacrata , una camicia sporca di sangue : non sempre fu lui a mettersi in casa questa roba . E poté accadere che non sapesse sbarazzarsi d ' un dono , far piazza pulita degli oggetti inutili , o di quelli brutti . Poté accadere , all ' inverso , che donasse ad un visitatore oggetti di pregio autentico . Lui stesso dovette accorgersi di questo progressivo soffocamento quando decise di « schifare il mondo » ( e cioè quel mondo , quelle pere di vetro , quelle zucche luminescenti , quei pugnali ) e trasferirsi a vivere lì accanto , in due sole stanze , brutte quanto si vuole anche esse , ma perlomeno non più attuffate da tanta paccottiglia . Schifamondo , disse lui : una camera da letto scura , arredata nello stile che fu degli anni Trenta , con più i calchi giganteschi , a capo del letto un occhio d ' oro , con l ' insegna « per non dormire » . Le luci piovono dal soffitto smorzate e opalescenti ; l ' effetto complessivo è funereo , ma d ' una certa solennità . D ' Annunzio su quel letto non riposò mai , se non dopo morto . Lì lo vide per l ' ultima volta Mussolini , poi lo esposero alla folla sotto il portico del cortile dalmata , e infine lo sotterrarono ( no , non in piedi , mi dice l ' ex muratore Ciriaco Marini , che era presente ; no , disteso come un cristiano qualunque ) . Adesso il corpo di Gabriele è in una nicchia abbastanza semplice dell ' Esedra : il nome , un pugnale , la corona dell ' Accademia d ' Italia , la terra di Pescara , l ' acqua del Piave . Sta lì di fronte alla casa . Ma c ' è chi non vorrebbe lasciarcelo . Nel 1940 cominciarono i lavori per l ' erezione del Mausoleo , che è più grande di tutti gli altri edifici messi insieme . Sta in cima al poggio che guarda la prua della nave « Puglia » ( sempre lì in attesa di salpare , ma non si muove mai , purtroppo ) . È a pianta circolare , con balze successive ornate da pochi stenti ulivi che non vogliono attecchire . Bianche scalinate portano da una balza all ' altra , e sul cerchio più alto si levano dieci arche spigolose , e un ' undicesima sta al centro , in mezzo a una specie di vasca , più alta di tutte . Lì vorrebbero mettere D ' Annunzio , circondato da dieci eroi fiumani ( sette già ci sono ) . L ' architetto Maroni , che qui e altrove fece cose non indegne , stavolta si lasciò prendere la mano dal gusto littorio dell ' ossario imponente e falso . Il mausoleo è brutto . È una cattiveria contro la dolcezza del paesaggio . Per fortuna non è stato mai finito , e speriamo che non sia mai . Dopo tutto un mausoleo per D ' Annunzio non serve . Esiste già . È quello , il Vittoriale . Teniamolo così : un monumento patetico , che costruì per se medesimo un uomo vecchio . Entriamoci a guardarlo con la pietà che dobbiamo a un nostro nonno . Era un nonno strambo , ma a suo modo geniale .