StampaQuotidiana ,
Sembrerà
un
paradosso
,
ma
se
confrontiamo
il
nostro
dopoguerra
con
quello
dei
nostri
padri
,
dobbiamo
concludere
che
la
loro
condizione
fu
assai
più
difficile
.
Dopo
la
sconfitta
,
noi
ci
trovammo
vaccinati
a
vita
contro
il
fascismo
,
e
uniti
almeno
in
questo
:
nella
volontà
di
ricostruire
il
Paese
(
poi
,
naturalmente
,
cominciavano
le
divisioni
,
sul
modo
di
ricostruire
)
.
I
nostri
padri
,
vincitori
,
assistevano
inconsapevoli
alla
fine
del
Risorgimento
,
e
furono
divisi
su
tutto
,
persino
sul
significato
da
attribuire
alla
sanguinosissima
vittoria
.
Cominciava
l
'
inflazione
;
l
'
industria
era
in
crisi
,
stentando
a
convertirsi
alla
produzione
di
pace
;
i
milioni
di
smobilitati
aspettavano
inquieti
un
lavoro
;
i
contadini
s
'
agitavano
per
la
mancata
promessa
della
terra
;
gli
operai
stavano
a
guardare
,
trepidi
,
gli
sviluppi
della
Rivoluzione
d
'
ottobre
;
una
classe
dirigente
invecchiata
e
stanca
non
riusciva
a
far
fronte
ai
problemi
,
antichi
e
nuovi
;
si
riaccendeva
la
polemica
fra
interventisti
e
neutralisti
,
e
i
secondi
,
strano
a
dirsi
,
ci
mettevano
uno
zelo
stizzoso
che
purtroppo
era
loro
mancato
quando
la
guerra
scoppiò
.
I
nostri
plenipotenziari
alla
Conferenza
di
Parigi
sostenevano
la
causa
italiana
in
maniera
assurda
,
appellandosi
ora
al
rispetto
dei
trattati
,
ora
al
principio
della
nazionalità
,
ora
al
«
sacro
egoismo
»
delle
frontiere
(
per
ragioni
di
difesa
,
naturalmente
)
.
Trovavano
in
Lord
Balfour
un
amico
,
ma
che
non
bastava
a
vincere
l
'
astratto
rigore
dell
'
uomo
nuovo
,
Wilson
.
Per
loro
disgrazia
,
dovevano
prestare
orecchio
a
troppe
voci
:
le
minoranze
italiane
si
agitavano
a
Spalato
e
a
Fiume
;
i
generali
della
Terza
Armata
parlavano
di
colpi
di
mano
in
Dalmazia
,
e
addirittura
di
costituire
una
Repubblica
delle
Tre
Venezie
,
col
duca
d
'
Aosta
presidente
.
D
'
Annunzio
in
Campidoglio
sventolava
la
bandiera
di
Giovanni
Randaccio
,
agitava
la
spada
di
Nino
Bixio
.
Nitti
gli
vietava
i
comizi
,
ma
lui
poteva
sempre
stampare
e
diffondere
il
suo
discorso
:
«
Se
seguissi
il
mio
istinto
,
io
stasera
,
con
le
latte
di
benzina
che
avanzarono
alla
beffa
di
Buccari
,
andrei
a
bruciare
il
Palazzo
Braschi
,
infischiandomi
della
bella
scalinata
di
Pio
vi
»
.
Alle
trame
dei
politici
contrapponeva
l
'
azione
diretta
,
eroica
(
«
ardisco
,
non
ordisco
»
era
il
suo
motto
di
quei
giorni
)
;
progettava
un
grande
raid
aviatorio
,
da
Roma
a
Tokio
,
inveiva
contro
la
nuova
nazione
jugoslava
(
«
gli
schiavi
del
sud
»
)
,
tendeva
l
'
orecchio
alle
voci
che
gli
giungevano
dal
mare
amarissimo
,
da
Zara
,
da
Spalato
,
soprattutto
da
Fiume
.
Per
la
verità
,
quella
città
non
figurava
fra
le
promesse
del
Patto
di
Londra
,
un
accordo
superato
dal
nuovo
principio
wilsoniano
,
il
diritto
delle
nazioni
a
decidere
la
propria
sorte
.
Però
Fiume
aveva
più
volte
,
durante
e
dopo
la
guerra
,
manifestato
la
volontà
di
annettersi
all
'
Italia
.
Per
adesso
la
occupava
un
corpo
interalleato
,
e
viveva
giorni
di
grande
irrequietezza
.
Uno
scontro
,
con
morti
fra
fiumani
,
soldati
italiani
e
truppe
francesi
di
colore
,
provocò
un
'
inchiesta
,
che
decise
l
'
allontanamento
sia
degli
italiani
che
dei
francesi
.
Fu
allora
che
sette
giovani
ufficiali
dei
granatieri
giurarono
di
ritornare
,
e
offersero
il
giuramento
a
D
'
Annunzio
,
che
era
tornato
alla
«
casetta
rossa
»
sul
Canal
Grande
.
AI
poeta
,
che
aveva
la
febbre
,
piacque
tuttavia
quel
numero
fatidico
,
sette
,
e
scelse
per
l
'
azione
una
data
a
lui
propizia
,
l
'
undici
.
«11
dado
è
tratto
»
,
scrisse
allora
a
Mussolini
.
«
Parto
ora
.
Domattina
prenderò
Fiume
con
le
armi
.
Il
Dio
d
'
Italia
ci
assista
.
Mi
levo
dal
letto
febbricitante
.
Ma
non
è
possibile
differire
.
»
Fu
così
che
partirono
da
Ronchi
trecento
granatieri
del
maggiore
Reina
,
con
quaranta
autocarri
e
sette
autoblindo
,
prelevate
di
forza
dal
deposito
di
Palmanova
.
Al
confine
provvisorio
il
generale
Pittaluga
non
osò
sparare
contro
la
medaglia
d
'
oro
che
il
poeta
gli
offriva
come
bersaglio
(
in
realtà
era
già
d
'
accordo
)
e
gli
autocarri
passarono
.
Quei
trecento
uomini
crebbero
rapidamente
di
numero
:
erano
già
pronti
gruppi
di
volontari
(
il
più
grosso
era
la
legione
fiumana
di
Host
Venturi
)
,
e
vari
reparti
,
di
fanteria
,
di
bersaglieri
,
artiglieri
e
marinai
,
disertarono
per
unirsi
all
'
impresa
e
raggiungere
Fiume
.
In
breve
tempo
D
'
Annunzio
ebbe
ai
suoi
ordini
l
'
equivalente
di
sei
o
sette
battaglioni
,
circa
duemilacinquecento
uomini
.
Entrarono
tutti
in
Fiume
senza
sparare
un
colpo
;
le
truppe
d
'
occupazione
furono
consegnate
nelle
caserme
,
e
le
bandiere
ammainate
(
con
l
'
onore
delle
armi
)
lasciando
a
svettare
solo
quella
italiana
.
La
risposta
del
governo
fu
pronta
e
decisa
,
ma
soltanto
nelle
intenzioni
di
Nitti
.
Badoglio
,
nominato
commissario
straordinario
per
le
Venezie
,
cominciò
subito
una
sua
politica
personale
piuttosto
ambigua
.
Il
cordone
steso
attorno
alla
città
non
sempre
resse
,
nell
'
uno
e
nell
'
altro
verso
.
I
legionari
fiumani
a
più
riprese
lo
ruppero
,
in
improvvisi
e
fruttuosi
colpi
di
mano
sui
depositi
e
sui
parcheggi
dell
'
esercito
regio
.
Una
volta
giunsero
addirittura
a
sequestrare
un
generale
.
All
'
inverso
,
poterono
entrare
a
Fiume
rifornimenti
,
armi
,
nuovi
gruppi
di
volontari
e
di
disertori
,
e
via
via
,
in
successione
sempre
più
rapida
,
uomini
politici
delle
più
varie
tendenze
,
emissari
del
governo
,
messi
personali
di
Badoglio
,
grosse
personalità
della
cultura
,
pestatori
assortiti
.
Il
Comandante
(
ormai
lo
chiamavano
tutti
così
)
,
otteneva
dal
Consiglio
Nazionale
Fiumano
i
pieni
poteri
,
s
'
installava
a
palazzo
,
attorniato
da
gente
la
più
diversa
.
Bisogna
chiarirlo
subito
:
il
fascismo
,
più
tardi
,
con
non
comune
abilità
,
si
«
annesse
»
l
'
impresa
fiumana
,
ma
la
verità
è
che
a
Fiume
i
fascisti
(
anzi
i
«
mussoliniani
»
)
furono
in
minoranza
.
Nei
sedici
mesi
dell
'
occupazione
dannunziana
,
a
Fiume
troviamo
nazionalisti
come
Giuriati
e
Rocco
,
repubblicani
come
Marinetti
e
Ferruccio
Vecchi
,
sindacalisti
rivoluzionari
come
Alceste
De
Ambris
,
anarchici
come
Errico
Malatesta
,
letterati
puri
come
Giovanni
Comisso
e
Henry
Furst
,
matti
di
genio
come
Guido
Keller
.
Ci
troviamo
,
naturalmente
,
una
discreta
manica
di
avventurieri
,
di
disoccupati
,
di
poveri
diavoli
.
Fra
gli
ufficiali
superiori
,
ce
n
'
era
uno
che
si
dichiarava
figlio
naturale
del
re
Umberto
I
;
ad
ogni
nuovo
conoscente
regalava
una
moneta
dicendo
:
«
Prendi
,
è
il
ritratto
di
mio
fratello
»
.
Il
Comandante
lanciava
messaggi
alati
,
teneva
concioni
e
colloqui
con
la
folla
,
guidava
marce
di
armati
coi
moschetti
adorni
di
fiori
di
ciliegio
.
Aveva
un
«
segretario
d
'
azione
»
,
Guido
Keller
,
che
abitava
in
compagnia
di
un
'
aquila
,
regalo
di
certi
alpini
,
come
se
fosse
una
donna
,
anzi
sua
moglie
.
Appollaiata
sulla
spalliera
della
sua
poltrona
,
in
veranda
,
lasciava
che
gli
beccasse
la
lunga
chioma
.
D
'
Annunzio
,
per
scherzo
,
gliela
fece
rapire
,
e
lui
si
ritenne
offeso
a
tal
punto
che
mandò
i
padrini
,
e
poi
,
per
vendetta
,
voleva
rapire
a
sua
volta
la
donna
del
poeta
,
che
a
quel
tempo
era
la
pianista
Baccara
.
A
sera
,
in
compagnia
dei
suoi
amici
Comisso
e
Furst
,
discuteva
i
progetti
più
straordinari
:
fondare
un
movimento
«
yoga
»
,
cioè
un
'
unione
di
spiriti
liberi
tendenti
alla
perfezione
;
creare
una
società
dove
fossero
aboliti
il
danaro
e
le
prigioni
,
e
l
'
amore
fosse
libero
,
le
città
abbellite
,
i
gradi
dell
'
esercito
elettivi
,
e
mai
superiori
al
suo
(
capitano
)
,
il
governo
affidato
a
un
principe
eroico
e
geniale
.
Valorosissimo
pilota
,
pensò
addirittura
di
raggiungere
in
volo
Mosca
,
e
poi
dalla
Russia
spingere
orde
barbariche
sull
'
Europa
,
per
distruggere
la
civiltà
meccanica
e
far
rinascere
la
vita
dello
spirito
.
Sarà
lui
,
il
4
novembre
del
1920
,
a
volare
su
Roma
,
dove
si
stava
inumando
la
salma
del
Milite
Ignoto
,
per
lanciare
su
Montecitorio
un
vaso
da
notte
pieno
di
rape
,
con
questo
messaggio
:
«
Guido
Keller
,
ala
:
azione
nello
splendore
,
dona
al
Parlamento
e
al
governo
che
si
reggono
da
tempo
con
la
menzogna
e
con
la
paura
la
tangibilità
allegorica
del
loro
valore
»
.
Durante
il
volo
di
ritorno
scorse
la
Repubblica
di
San
Marino
,
e
decise
di
atterrarvi
.
Finì
incolume
,
sopra
un
albero
,
e
i
reggenti
lo
accolsero
con
grandi
feste
;
anzi
,
lo
nominarono
ambasciatore
a
vita
di
Fiume
presso
il
loro
antico
staterello
.
Tornato
a
Fiume
,
donò
al
Comandante
un
ornitorinco
impagliato
,
e
col
nome
di
questo
animale
fu
ribattezzata
l
'
osteria
prediletta
.
D
'
Annunzio
era
lì
quasi
tutte
le
sere
,
e
offriva
agli
amici
«
sangue
di
Morlacco
»
,
cioè
bicchierini
di
maraschino
.
A
molti
perciò
quest
'
impresa
di
Fiume
parve
un
glorioso
carnevale
.
Certo
,
purché
si
rammenti
che
in
città
l
'
entusiasmo
era
autentico
,
genialoide
,
festaiolo
.
Un
altro
tratto
,
questo
,
che
distingue
il
fiumanesimo
dal
fascismo
,
che
fu
all
'
opposto
sempre
lugubre
,
ottuso
.
E
c
'
è
di
più
.
Quando
il
blocco
si
fece
più
aspro
,
i
legionari
,
un
po
'
per
bisogno
e
un
po
'
per
spirito
di
avventura
,
si
diedero
alla
pirateria
.
Nacquero
gli
«
uscocchi
»
(
così
si
chiamavano
gli
antichi
corsari
dalmati
che
taglieggiavano
la
navigazione
adriatica
)
;
uscivano
nottetempo
coi
Mas
dalla
rada
di
Fiume
,
abbordavano
le
navi
da
carico
sulla
loro
rotta
,
e
le
costringevano
a
dirigere
su
Fiume
.
A
capo
degli
«
uscocchi
»
D
'
Annunzio
mise
il
«
capitan
magro
»
,
cioè
il
capitano
Mario
Magri
(
morirà
trucidato
dai
tedeschi
alle
Fosse
Ardeatine
)
.
Il
primo
colpo
di
mano
fu
contro
il
piroscafo
«
Persia
»
,
che
faceva
rotta
verso
l
'
Estremo
Oriente
,
portando
-
così
almeno
si
credette
allora
-
rifornimenti
all
'
armata
controrivoluzionaria
del
generale
Kolciak
.
Impossibile
dire
se
fra
gli
scopi
dell
'
impresa
ci
fu
anche
quello
di
aiutare
i
bolscevichi
;
ma
è
certo
che
il
ratto
del
«
Persia
»
fu
voluto
da
Giuseppe
Giulietti
,
capo
della
Federazione
dei
Lavoratori
del
Mare
;
ed
è
altrettanto
certo
che
nel
1921
il
ministro
degli
Esteri
sovietico
Georgi
Cicerin
andò
a
trovare
D
'
Annunzio
a
Gardone
cd
ebbe
con
lui
un
lungo
colloquio
.
Non
sapremo
mai
,
ovviamente
,
quel
che
dissero
.
Dell
'
incontro
resta
solo
qualche
fotografia
.
Su
di
una
D
'
Annunzio
,
imitando
l
'
italiano
del
suo
ospite
fulvo
e
barbuto
,
aveva
scritto
:
«
Tu
criedi
di
friegarmi
»
.
Comunque
sia
,
nell
'
azione
di
D
'
Annunzio
c
'
è
una
componente
populista
di
sinistra
,
che
si
andò
accentuando
col
passare
dei
mesi
.
Fra
le
varie
influenze
che
egli
subì
durante
l
'
occupazione
di
Fiume
,
quelle
di
Alceste
De
Ambris
e
di
Giuseppe
Giulietti
andarono
sempre
di
più
crescendo
,
con
ira
e
dissenso
della
fazione
nazionalista
.
Ai
primi
dell
'
anno
nuovo
il
contrasto
era
acuto
,
fra
nazionalisti
ed
estremisti
.
Un
contrasto
non
di
metodo
,
ma
di
fondo
:
i
primi
vedevano
nell
'
occupazione
di
Fiume
soltanto
un
mezzo
per
forzare
la
mano
al
governo
e
insieme
dargli
buon
gioco
verso
gli
alleati
,
mettendolo
di
fronte
al
fatto
compiuto
.
I
secondi
volevano
la
marcia
su
Roma
,
e
cioè
un
moto
di
liberazione
popolare
che
,
partendo
da
Fiume
e
dalla
Dalmazia
,
accendesse
prima
le
Venezie
e
la
Romagna
,
e
poi
tutta
l
'
Italia
,
già
scossa
da
una
vasta
ondata
di
scioperi
,
per
creare
infine
un
ordine
nuovo
,
repubblicano
.
Ecco
perché
,
motivi
di
concorrenza
e
d
'
invidia
personale
a
parte
,
Mussolini
allora
sconsigliò
a
D
'
Annunzio
la
marcia
su
Roma
.
Così
la
scissione
fu
inevitabile
.
Il
maggiore
Reina
,
fra
i
primi
,
come
abbiamo
visto
,
ad
entrare
in
Fiume
,
tornandosene
fra
le
file
dell
'
esercito
regio
,
rimproverava
al
Comandante
di
avere
come
programma
«
un
colpo
di
Stato
militarista
-
anarchico
»
e
lo
ammoniva
che
questo
programma
«
non
noi
,
ma
i
Malatesta
l
'
avrebbero
compiuto
»
.
Partì
il
maggiore
Reina
,
partì
il
generale
Ceccherini
,
partì
il
capitano
Vadalà
coi
suoi
carabinieri
.
In
città
intanto
era
scoppiata
un
'
epidemia
,
e
i
viveri
tornarono
a
scarseggiare
.
Badoglio
era
stato
promosso
Capo
di
Stato
Maggiore
(
parve
a
molti
che
fosse
un
modo
per
allontanarlo
dalle
Venezie
)
e
al
posto
suo
misero
l
'
intransigente
generale
Caviglia
,
che
aveva
sicuro
il
senso
della
disciplina
e
faceva
rispettare
il
blocco
.
L
'
ammiraglio
Millo
,
che
occupava
Zara
,
a
poco
a
poco
si
staccò
da
D
'
Annunzio
.
Il
Comandante
cominciava
a
sentire
sempre
più
netto
l
'
isolamento
.
«
Fiumani
,
perché
queste
grida
?
perché
questo
furore
?
perché
questa
angoscia
?
-
La
voce
di
Fiume
s
'
è
mutata
.
Non
la
riconosco
più
.
La
voce
di
Fiume
s
'
è
fatta
aspra
come
s
'
è
intorbidita
la
sua
acqua
.
L
'
acqua
di
Fiume
era
limpida
e
salutare
:
ci
rinfrescava
la
gola
e
l
'
anima
.
Un
giorno
scoprimmo
che
s
'
era
infettata
.
»
Né
era
capace
di
impegnarsi
fino
in
fondo
con
l
'
ala
estremista
ormai
dominante
.
Lo
Statuto
della
Reggenza
,
o
Carta
del
Carnaro
,
se
anche
è
dannunziano
nella
forma
,
fu
concepito
soprattutto
da
Alceste
De
Ambris
,
e
suonava
ormai
anacronistico
se
messo
al
confronto
con
le
reali
posizioni
di
forza
a
Fiume
.
Proprio
a
questo
punto
Mussolini
gli
consigliava
la
marcia
su
Roma
.
Perché
?
Voleva
vederlo
naufragare
.
E
quando
1'11
novembre
,
a
Rapallo
gli
alleati
si
accordarono
sul
confine
giuliano
,
su
Zara
all
'
Italia
e
la
Dalmazia
alla
Jugoslavia
,
e
sullo
status
di
città
libera
per
Fiume
,
in
attesa
del
plebiscito
,
Mussolini
approvò
,
diede
ragione
a
Giolitti
,
si
scaricò
di
ogni
responsabilità
fiumana
,
si
preparava
la
strada
del
tacito
appoggio
governativo
,
e
già
intravedeva
la
sua
marcia
su
Roma
.
Per
D
'
Annunzio
era
la
fine
.
Sarebbe
fin
troppo
facile
ironizzare
sull
'
unica
cannonata
dell
'
«
Andrea
Doria
»
che
bastò
a
indurre
il
Comandante
alla
resa
.
In
realtà
D
'
Annunzio
s
'
era
già
arreso
,
vinto
proprio
dal
voltafaccia
dei
nazionalisti
e
di
Mussolini
,
oltre
che
,
beninteso
,
dalla
sua
scarsa
chiarezza
d
'
intenti
politici
.
Ventitré
anni
prima
il
«
deputato
della
bellezza
»
,
eletto
coi
voti
conservatori
nel
collegio
di
Ortona
a
Mare
,
aveva
rotto
coi
suoi
per
andare
«
verso
la
vita
»
,
per
passare
cioè
all
'
estrema
sinistra
.
Non
fu
soltanto
un
gesto
estetizzante
.
Pochi
giorni
dopo
la
clamorosa
scenata
egli
precisava
:
«
E
voi
credete
che
io
sia
socialista
?
Io
sono
sempre
lo
stesso
...
Sono
e
rimango
individualista
ad
oltranza
...
Ma
da
noi
non
c
'
è
più
altra
politica
che
quella
del
distruggere
.
Tutto
ciò
che
attualmente
esiste
è
nulla
:
è
il
marciume
,
la
morte
che
si
oppone
alla
vita
.
Bisogna
dapprima
tutto
distruggere
»
.
E
il
suo
interventismo
,
nel
maggio
del
1915
,
fu
di
questo
tipo
:
mosso
da
un
impulso
di
azione
distruttiva
,
contro
una
dirigenza
politica
che
gli
appariva
marcia
,
cancerosa
.
Come
ben
dice
Nino
Valeri
,
a
Fiume
aveva
nuovamente
«
captato
gli
spazi
e
le
menti
di
una
tendenza
sovvertitrice
»
,
elementi
variatissimi
:
l
'
azione
dei
marittimi
e
di
capitan
Giulietti
,
quella
dei
sindacalisti
,
dei
soreliani
,
degli
anarchici
,
dei
futuristi
,
dei
mussoliniani
.
Mussolini
,
di
lui
infinitamente
più
abile
in
politica
,
fiutò
il
vento
buono
,
smise
d
'
essere
mussoliniano
e
diventò
fascista
.
Tese
la
mano
alla
monarchia
;
col
discorso
del
fascismo
«
tendenzialmente
»
repubblicano
,
diede
il
suo
avallo
all
'
operato
di
Giolitti
,
fece
persino
buon
viso
al
Vaticano
.
In
questo
modo
diventava
l
'
uomo
dei
banchieri
e
dei
bottegai
,
degli
industriali
e
degli
agrari
;
fu
il
salvatore
della
vittoria
mutilata
.
Dell
'
impresa
di
Fiume
prese
gli
spogli
,
il
ciarpame
retorico
,
i
«
me
ne
frego
»
.
Ma
ci
aggiunse
il
manganello
e
l
'
olio
di
ricino
,
che
non
sono
invenzioni
di
D
'
Annunzio
.
Non
pochi
legionari
fiumani
ci
caddero
,
e
nel
'22
furono
convinti
che
quella
marcia
su
Roma
fosse
la
continuazione
dell
'
impresa
di
Fiume
.
Eppure
D
'
Annunzio
aveva
ancora
qualche
carta
in
mano
.
Nell
'
agosto
del
1922
si
andava
preparando
un
incontro
segreto
fra
D
'
Annunzio
,
Mussolini
e
Nitti
(
il
vituperato
«
Cagoia
»
)
in
vista
d
'
un
governo
di
pacificazione
nazionale
.
Ciascuno
dei
tre
andava
disponendo
le
sue
pedine
:
Nitti
intendeva
imbrigliare
il
sovversivismo
degli
altri
due
nell
'
alveo
parlamentare
e
governativo
.
D
'
Annunzio
,
se
da
un
lato
riceveva
a
Gardone
il
socialista
D
'
Aragona
e
il
ministro
sovietico
Cicerin
,
dall
'
altro
preparava
con
una
rappresentanza
dei
combattenti
la
grandiosa
cerimonia
del
4
novembre
.
Mussolini
fece
il
gioco
più
abile
:
trattava
con
Giolitti
e
con
Facta
e
coi
fascisti
rivoluzionari
.
Prometteva
l
'
ordine
ai
primi
e
agli
altri
la
rivoluzione
.
L
'
incontro
era
fissato
per
il
15
.
Nitti
aveva
già
pronta
l
'
auto
e
il
salvacondotto
personale
di
Mussolini
,
contro
una
possibile
imboscata
delle
squadracce
.
Il
giorno
14
D
'
Annunzio
cadeva
da
una
finestra
della
villa
,
a
Gardone
.
Rimase
a
lungo
fra
la
vita
e
la
morte
.
Nessuno
-
men
che
mai
il
poeta
-
ha
mai
spiegato
come
andarono
le
cose
.