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Qualcuno dice ancora , all ' antica , brumista , ma oramai sono pochi . I più , anche fra i clienti , hanno accettato , insieme all ' esito in « ista » sempre più comune ai nomi di mestiere , qua al Nord , lo scontro , sconosciuto invece nella lingua e nei dialetti , fra gutturale e sibilante . Sicché , mentre a Roma si dice tassì e tassinaro , a Milano sentiamo , anche in bocca al popolo , taxi e taxista , ossia « tàcsi » e « tàcsista » . Con le nuove licenze che di recente ha concesso il Comune , i tacsisti o taxisti che dir si voglia sono ormai più di tremilacinquecento . E fra questi predominano i padroncini , cioè i conducenti padroni del loro mezzo , per i quali l ' incasso , tolte le spese , è guadagno netto . Che tengano molto al mestiere lo dimostra il continuo crescere delle grosse cilindrate , delle marche di pregio ( Taunus , Oldsmobile , ma soprattutto Opel ) , delle carrozzerie vistose , addirittura con le pinne : insomma la macchina all ' americana . Vanno scomparendo , all ' opposto , i vecchi mezzi all ' europea , antichi e talvolta scassati . Per tutto questo , le tariffe più basse d ' Italia : venti lire ogni 280 metri di corsa , venti lire ogni minuto di sosta ; con cinquecento lire vai da piazza Amendola alla stazione Centrale , e ci scappa anche la mancia . Mario P . è padroncino , e si lascia intervistare a patto che non faccia il suo nome : non crede alla pubblicità , e risponde per semplice cortesia , perché è un giovanotto ben educato . Sulla trentina , alto e biondo , piuttosto taciturno ma preciso , abita con la moglie e il figlio in una sola stanza , con la cucina ricavata dietro un tramezzo e il gabinetto nel sottoscala . C ' è ordine e pulizia , la radio e la televisione , ma non c ' è spazio per stare comodi ; trovare almeno due vani ad affitto ragionevole in questo momento è il suo problema più serio . Un tempo Mario era camionista , mestiere che ricorda assai malvolentieri , faticoso , ingrato , pieno di responsabilità mai abbastanza , niente affatto romantico , se non nelle canzoni di Yves Montand . Ma anche fare il padroncino di taxi non è tutt ' oro . Si mette a farmi i conti sotto gli occhi . Ha comprato una Seicento , il mezzo meno costoso , e la pagherà un milione tondo , a rate che sembrano comode : quarantamila mensili per venticinque mesi . Quaranta di rata , trentacinque di benzina , dieci fra rimessa e olio , dieci di tasse , quindici fra assicurazione e riparazioni : si parte ogni mese da meno centodieci , e per vivere da padroncino bisogna arrivare a più centodieci . Siccome non si lavora tutti i giorni ( altrimenti uno finisce all ' ospedale ) bisogna far uscire le duecentoventi mensili da venticinque giorni di lavoro , se tutto va bene . Se lavorasse sotto padrone non avrebbe spese , né tanti pensieri , il guadagno sarebbe sicuro anche se minore dell ' attuale . Allora perché farsi padroncino , lui e tanti come lui ? È più amore d ' indipendenza che desiderio di puro guadagno : il padrone , si sa , è sempre padrone , meglio la libertà coi pensieri che la dipendenza spensierata . E i pensieri ci sono . « Durante la corsa tenersi agli appositi sostegni » avverte immancabilmente la targhetta dentro . E la ragione c ' è : le frenate inevitabili viaggiando in città . Il passeggero sbadato può abbattere la testa sul vetro , e allora ti fa causa e vuole i danni : è successo più d ' una volta . Come sono i clienti qui a Milano ? In generale corretti , ma i piantagrane non mancano mai , quelli che « rugano » sul percorso scelto dall ' autista , che sembra arbitrario e vizioso anche quando è solamente inconsueto , e magari più breve , sensi vietati a parte . Insomma il cliente non vuole « esser fatto fesso » , dubitare che tu l ' abbia ingannato . E invece l ' esperienza dimostra che mai un taxista milanese ricorre al trucco del tourbillon fasullo per far salire il conto sul tassametro . Mario P . me lo spiega : chi gabba il cliente ha poco da lucrare e molto da scalpitare ; poche decine di lire non ripagano la scontentezza di lui , che alla fine negherà senz ' altro la mancia , ormai quasi consueta a Milano . Il guadagno cresce in un modo solo , aumentando il numero delle corse quotidiane , facendole salire da venti a venticinque . Ecco dunque la ragione dell ' altra accusa che si sente fare contro i taxisti , specialmente dai tranvieri e dagli altri autisti : che corrono troppo , che si sentono troppo sicuri della loro bella patente di terzo grado , e vogliono fare la gimcana in mezzo al traffico milanese . Non è vero : se corrono la ragione è l ' altra , di far presto , di beccare una corsa in più , di strappare altre mille lire , perle rate , per le spese , per vivere . Il lavoro dei taxisti è diviso in turni di dieci ore ciascuno , stabiliti dal Comune , e contraddistinti dal triangolo , o dal quadrato , o dal disco di lamiera a colori che ogni vettura ha sul tetto . Lo si può cambiare , previa autorizzazione del Comune e sostituzione del segnale : cedere per esempio il triangolo verde , che indica il turno dalle sei alle sedici , e prendere il quadrato rosso , da mezzogiorno alle ventidue , oppure il disco bianco barrato , che indica turno di notte , dalle diciassette alle due del mattino . Non ci sono obblighi circa i posteggi , ciascuno può scegliere quello che vuole , purché naturalmente si metta in fila ed aspetti il suo momento : l ' autodisciplina in questo caso è perfetta , non sorgono mai contestazioni fra colleghi cioè fra concorrenti . Un taxi può anche ottenere , oltre al turno del triangolo verde ( è il caso attuale di Mario P . ) anche il quadrato giallo canarino , e fare servizio nottetempo alla stazione , purché la macchina sia affidata a un secondo autista . Ed è giusto così perché altrimenti sarebbero venti ore di guida filate , pericolosissime per via della stanchezza . Il quadrato giallo canarino è il segno dei cosiddetti « marziani » : non possono imbarcare passeggeri strada facendo , debbono correre , pendolarmente dalla stazione al domicilio del cliente , e poi tornare subito in Centrale . Scoperti in contravvenzione - e per questo può bastare il rapporto , documentato , di un collega , - perdono la licenza , cioè il pane , per qualche settimana . Le malattie professionali ? Sono le solite della circolazione stradale : stomaco e fegato , a sfondo nervoso . Ecco perché tu cliente li senti tanto spesso - e ti irriti - sbraitare contro l ' universo su quattro ruote , e contro i pedoni , e contro i tranvieri , e contro i vigili , e ti par sempre che vogliano coinvolgere anche te in questa astiosa , continua , logorante e sterile polemica . Lo fanno soprattutto per sfogarsi : sempre meglio così che covare la rabbia in corpo e allevarsi l ' ulcera gastrica . Certo , conclude Mario P . , sempre meglio padroncino che camionista . La responsabilità è minore , la fatica più tollerabile , il mestiere più vario : a volte capita di far quattro chiacchiere con un cliente simpatico , a volte d ' incontrarne , di conoscerne uno famoso : Josephine Baker , per esempio , che fu una sua cliente un pomeriggio e si dimostrò molto cortese , oppure Vittorio Gassman , o Mike Bongiorno . Se dimostri di averli riconosciuti , se attacchi discorso e poi magari domandi l ' autografo sono contentissimi , certo . Si potrebbe scrivere un capitolo sulla vanità umana come appare nello specchietto retrovisore , volendo . Ma intanto Mario P . segue un corso per corrispondenza , di radiotecnica . Non si sa mai .