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« Secondo lei uno che ha sete , ma sete vera , che cosa beve , a quest ' ora ? » « Un whisky con molto ghiaccio , e due schizzi di menta » « Non si potrebbe fare l ' inverso , una menta in ghiaccio con due schizzi di whisky ? » « Non si può . La menta non fa base » . Il barista Gianni sorride , corretto ma inflessibile . E , interrogato come si deve , dà anche la spiegazione . Ogni misura di bevande ( in inglese cocktail ) , per quanto ampia sia la scelta lasciata al barista , non può evitare certe regole di ferro , anzitutto la regola delle basi , altrimenti vien fuori un guazzabuglio senza sapore preciso . E le basi sono : vermut , gin , cognac , whisky . Dolce o secco , forte o amabile , un cocktail deve poggiarsi su uno ( o più ) dei quattro elementi . Come l ' universo di Empedocle . Esempio : vermut rosso , gin , bitter in parti eguali , scorza di arancio : è un Negroni . Oppure , due terzi di gin , uno di vermut secco , appena uno schizzo di bitter : è un Cardinale . Un terzo di vermut , due di scotch , una goccia di angostura , ed è Manhattan . Il nome whisky , intanto , è di origine gaelica , e significa , più o meno , « acqua di vita » . La stessa cosa vuol dire vodka , e ovviamente anche il nostro « acquavite » . Una volta tanto i popoli si trovano concordi nel riconoscere i benefici effetti dello spirito , sia di vino che di frumento . Per whisky appunto s ' intende ogni fermentato di cereali . Poi cominciano le differenze : lo scotch ( scozzese , è chiaro ) esige il frumento , il bourbon ( americano ) l ' avena , il rye ( canadese ) la segale . La qualità dipende dalla stagionatura , cioè dai recipienti e dai metodi di conservazione . Difficile dire quale sia la miglior marca in commercio , dipende un po ' anche dai gusti . E lui , Gianni , s ' è mai provato a inventare una bevanda ? Certo , ecco la prima ricetta : Bacardi , vodka , curaçao , una goccia di angostura , è già un azzardo fuor delle regole canoniche . Si chiama « Tiziana » . Oppure : vermut rosso , bitter , biancosarti , seltz , ovviamente più leggero : si chiama « Alfreda » . Il perché dei modi è chiaro : Tiziana ( Mischi ) e Alfreda ( Zanega ) sono le due giovani e belle signore proprietarie del bar e dell ' annessa trattoria . Fino a qualche tempo fa attrici di prosa , hanno messo su bottega da un mese circa . Hanno rilevato una bettola in via Fiori Chiari , hanno ripulito tutto , via gli intonachi , via le pitture sul legno alle pareti , allo scoperto la colonna centrale di granito e i due travi e l ' arco scempio in mattoni , hanno rifatto la targa che dice : « Bar e trattoria dell ' angolo » . In quel punto Fiori Chiari fa angolo con via Formentini . La conduzione è familiare : le due signore , una parente che cucina , due garzoni e lui , Gianni il barista , che è anche un vecchio amico . Lo trovarono in un bar di via Pontaccio , sempre da quelle parti , e lo convinsero a passare nella nuova combinazione . Gianni ha venticinque anni e da nove fa il barista , ma non è sempre stato così . Cominciò a lavorare giovanissimo , ha fatto , fra le altre cose , il tipografo , il falegname e l ' operaio in una fabbrica di giradischi . Prima era stato quasi sempre in collegio , e anzi ne aveva cambiati quattro , non per suo capriccio , ma perché scappava , e ogni volta dovevano chiuderlo in un posto nuovo . Di quegli anni non parla molto volentieri . Fra i motivi di questa sua irrequietezza infantile c ' è il cognome : Gianni infatti si chiama Pizza , e in collegio i compagni lo tormentavano per quel cognome strano . Se potesse , lo cambierebbe , ma in fondo può anche andare così : i clienti lo chiamano Gianni e basta , come succede a tutti i baristi bravi . È un giovanotto alto e magro , bruno , con le sopracciglia folte e gli occhi neri , potrebbe passare per meridionale , e invece la madre è friulana , il padre lombardo e lui si considera senz ' altro milanese . Come sono i clienti ? Quelli della zona , si capisce , quelli che lavorano o bazzicano dalle parti di Brera , i pittori , gli scultori , i giornalisti , qualche industriale e qualche bella signora che ama il pittoresco . È gente che sa bere , sia che chieda un calice di bianco , sia che ordini una specialità ignota ai più . Distingue il vino dall ' acqua , l ' uva dai fichi secchi , l ' etichetta nera dalla rossa . Gente che dà soddisfazione . Un esempio : i più qua dentro evitano la pletora delle bevande gassate e dolciastre , e chiedono birra , birra di buona marca e fresca di cantina : più volte , nello stesso pomeriggio , gli tocca scendere nella cantina , che a poco a poco attrezzeranno come si deve . A sera , insieme ai clienti di trattoria ( piccione con funghi e cipolline , questa la specialità da assaggiare ) capitano i bevitori seri , quelli corazzati contro la sbronza , o almeno capaci di mascherarla . Gianni potrebbe scriverci un trattato : ci sono le sbronze tristi e quelle allegre , le malinconiche e le violente , le evocative e le programmatiche , le storiografiche e le fantascientifiche , le centripete e le centrifughe , le taciturne e le verbose . A mettere un registratore dietro lo scaffale delle bottiglie , sarebbero tanti racconti già scritti : una zona della letteratura contemporanea tuttora ignota dagli storici classificatori per « generi » e tuttora inedita . Chissà ! Anche come barista Gianni ha cambiato diversi posti , e ricorda con riconoscenza il principale d ' un bar di via Plinio , che sapeva il fatto suo e gli ha insegnato non poche cose , diverse piccole raffinatezze del mestiere . Per esempio , quando si prepara il Martini , anziché strizzare sul gin e sul vermut la scorza del limone , conviene meglio strofinarla col bastoncino di vetro sul fondo del bicchiere , e poi toglierla con un gesto preciso : più pulito e il risultato è migliore . E ancora : lo shaker si adopera per i liquori densi , oleosi , oppure quando occorre aggiungere zucchero . Per i liquidi secchi , niente shaker , ma mixer e bastoncino di vetro . Lo dice anche il nome : nel secondo caso si mischia , nel primo si sbatte . Oggi i baristi buoni son molto ricercati , perché scarseggiano . Gianni ha avuto una buona offerta da un locale del centro , ma qui si trova bene . Come paga , quella sindacale : il bar è di terza categoria e quindi gli spettano , più o meno , settantamila lire mensili . Poi ci sono le mance , che il cliente magari la prima volta non dà , ma basta servirlo a puntino e quello , che è un intenditore , immancabilmente ritorna e la seconda volta lascia di sicuro qualcosa nel piattino , anche mille lire . Per ora dorme ancora alla pensione di via Plinio , ma siccome le signore insieme al locale hanno affittato cinque stanze al piano di sopra ( vi si accede dal pianterreno per una scaletta a chiocciola ) presto avrà una camera tutta per sé , là sopra : casa e bottega . Cambierebbe solo a un patto , di farsi un locale tutto suo , un baretto anche piccolo ma ben messo , specializzato , un posto dove la gente venisse non per « bere qualcosa » , ma per gustare una bevanda preferita , ben precisa ed esatta , o magari per lasciarsi consigliare da lui , Gianni , barista estroso ma di fiducia .