StampaQuotidiana ,
Sentiamo
dunque
la
prima
impressione
:
cosa
c
'
è
di
diverso
,
in
Mosca
,
per
questi
italiani
che
ne
vedono
sfilare
una
fetta
periferica
,
da
bordo
dell
'
autobus
diretto
all
'
albergo
?
Le
risposte
sono
:
le
strade
più
larghe
,
almeno
il
doppio
delle
nostre
,
il
traffico
incredibilmente
più
raro
e
tranquillo
;
i
casamentoni
brutti
,
tutti
uguali
,
d
'
un
giallino
sporco
,
peggio
d
'
una
nostra
brutta
periferia
urbana
;
la
città
scura
.
E
quest
'
ultima
è
forse
la
differenza
che
conta
di
più
:
i
lampioni
ci
sono
,
ma
non
c
'
è
il
neon
della
pubblicità
,
quello
appunto
che
dà
il
tono
notturno
a
una
capitale
in
Occidente
.
Manca
il
neon
,
manca
il
fragore
del
traffico
,
mancano
i
grammofoni
a
gettone
,
così
Mosca
,
per
chi
ci
arriva
da
Occidente
,
sembra
prima
di
tutto
una
città
buia
e
silenziosa
:
il
totale
delle
differenze
,
almeno
per
me
,
pare
positivo
,
in
altre
parole
qui
si
potrebbe
vivere
bene
.
A
tratti
nell
'
aria
c
'
è
una
zaffata
d
'
odore
dolciastro
che
sembra
di
menta
:
mi
spiegano
che
dipende
dalla
diversa
qualità
della
benzina
bruciata
nei
motori
.
Ma
abbiamo
tutti
una
gran
voglia
di
sapere
di
più
,
vedere
di
più
,
e
invece
,
all
'
albergo
Turist
,
il
nostro
(
che
è
semmai
un
enorme
ostello
della
gioventù
,
un
intero
villaggio
di
palazzotti
a
quattro
piani
,
dalle
parti
della
fiera
)
,
è
ormai
chiusa
la
cassa
e
non
si
può
cambiare
,
e
in
giro
per
una
città
di
notte
,
senza
quattrini
,
chi
si
azzarda
?
Pare
quasi
sicuro
ormai
che
staremo
a
girellare
dentro
il
villaggio
,
o
a
spedire
una
cartolina
con
la
fotografia
di
Valentina
Vladimirovna
Tereshkova
,
quando
arriva
Riccio
e
fa
segno
che
ha
trovato
-
nessuno
gli
chiede
dove
-
un
rublo
e
mezzo
.
Dovrebbero
bastare
a
portarci
tutti
e
quattro
fino
all
'
albergo
Leningradskaia
,
in
centro
,
dove
stanno
calciatori
e
giornalisti
,
e
lì
qualcuno
che
ci
presti
un
po
'
di
soldi
lo
troveremo
di
certo
.
Allora
via
di
corsa
alla
fermata
dell
'
autobus
.
Differenza
:
non
c
'
è
il
controllore
,
soltanto
il
guidatore
,
che
alle
fermate
prende
il
microfono
e
spiega
dove
siamo
,
e
poi
una
cassettina
di
vetro
,
dove
ciascuno
mette
i
suoi
tre
copechi
e
stacca
il
biglietto
da
solo
.
Lo
spiega
a
Riccio
una
biondina
gentilissima
,
e
anzi
ci
cambia
il
mezzo
rublo
,
perché
possiamo
mettere
in
cassetta
i
dodici
copechi
.
Quindici
anzi
,
perché
siamo
cresciuti
,
sull
'
autobus
dietro
a
noi
è
salito
anche
un
torinese
un
po
'
balengo
,
che
già
avevo
notato
in
treno
.
Ha
gli
occhi
sempre
assonnati
e
parla
a
strascico
.
«
I
quattrini
ce
l
'
hai
?
»
«
No
,
ma
così
,
ecco
,
volevo
vedere
la
cosa
,
qui
no
,
la
città
.
Casomai
ecco
,
potrei
venire
con
voi
,
no
?
»
Riccio
lo
guarda
storto
,
mi
dà
una
gomitata
,
barbotta
:
«
Ma
cosa
vuole
quello
.
Via
,
mandalo
via
.
Piemontese
fesso
»
.
Fessi
invece
siamo
noi
terroni
,
non
ci
regge
il
cuore
di
abbandonarlo
per
una
strada
di
Mosca
,
il
piemontese
balengo
e
così
ce
lo
tiriamo
dietro
fino
alla
stazione
del
metrò
.
La
biondina
è
sparita
,
e
al
suo
posto
c
'
è
un
giovanotto
che
spiega
come
si
fa
:
pezzi
da
cinque
copechi
,
capito
?
Piet
capieca
,
da
mettere
nell
'
apposita
fessura
,
all
'
imbocco
della
scala
mobile
.
C
'
è
una
cellula
fotoelettrica
che
si
blocca
con
quel
soldone
,
e
se
invece
non
ce
l
'
hai
messo
,
fa
scattare
il
cancellino
e
chiude
.
Allora
cinque
da
cinque
,
e
va
bene
,
diamo
la
pieccapieca
anche
al
torinese
.
I
primi
due
o
tre
metri
della
scala
mobile
sono
in
piano
,
poi
all
'
improvviso
ecco
il
pozzo
:
vertiginoso
,
profondo
,
precipita
per
ottanta
metri
sotto
terra
a
velocità
da
infarto
.
Sulla
scala
opposta
salgono
,
altrettanto
veloci
,
e
sembra
che
pendano
in
avanti
,
forse
pendono
davvero
(
angolo
di
45
gradi
)
per
tenersi
in
equilibrio
,
forse
è
un
effetto
della
legge
di
Einstein
,
secondo
la
quale
,
come
è
noto
,
l
'
universo
in
movimento
assume
la
forma
di
una
saponetta
consumata
.
Chi
lo
sa
?
La
stazione
vera
,
quella
interna
,
è
giù
,
meravigliosa
,
sembra
d
'
essere
al
terzo
atto
dell
'
Aida
,
fra
stucchi
,
ori
,
mosaici
,
panoplie
,
colonne
e
bandieroni
.
Il
bello
poi
è
che
il
treno
funziona
,
si
ferma
,
apre
le
porte
,
riparte
fulmineo
,
un
treno
modernissimo
,
efficiente
,
che
per
di
più
corre
dal
terzo
atto
dell
'
Aida
al
primo
del
Nabucco
,
passando
per
la
Vedova
Allegra
,
i
Nibelunghi
e
la
Norma
.
Da
un
momento
all
'
altro
qui
arrivano
le
comparse
con
le
spade
di
latta
,
i
negri
tinti
,
Cleopatra
col
serpente
,
un
paio
di
elefanti
e
le
bighe
.
Con
quel
bel
soldone
da
cinque
copechi
puoi
restare
un
giorno
intero
sotto
terra
,
e
ammirare
le
sessanta
stazioni
tutte
diverse
e
tutte
bellissime
.
Tanto
è
vero
che
ci
siamo
spersi
e
non
si
ritrova
più
il
buco
giusto
della
Leningradskaia
.
Però
,
riecco
la
biondina
dell
'
autobus
,
che
ci
rimprovera
d
'
averla
abbandonata
e
ci
spiega
che
bisogna
prendere
quest
'
altra
linea
,
arrivare
fino
al
secondo
atto
del
Godunov
,
e
scendere
.
Anzi
,
sale
con
noie
ci
accompagna
fino
alla
stazione
,
da
dove
partono
i
treni
per
Leningrado
.
Spassiba
.
La
prima
cosa
che
vediamo
,
nella
strada
buia
che
sa
di
menta
,
è
uno
steso
per
terra
,
ligneo
,
quasi
cianotico
,
livido
,
di
certo
un
ubriaco
allo
stadio
della
cirrosi
spappolante
.
Intorno
c
'
è
un
capannello
che
lo
sta
a
guardare
,
tutti
fermi
,
e
una
guardia
,
ferma
anche
lei
,
immobile
.
Italiani
al
soccorso
!
Il
piemontese
balengo
si
china
a
sentire
il
polso
,
poi
fa
di
no
col
capo
,
come
a
dire
che
questo
ormai
è
buono
solo
per
il
becchino
.
Io
apostrofo
la
guardia
,
in
italiano
,
smanettando
:
«
Che
diavolo
fate
,
qui
?
Non
lo
raccatta
nessuno
,
questo
poveraccio
?
»
.
E
la
guardia
deve
aver
capito
,
perché
smanettando
più
di
me
bercia
qualcosa
in
russo
,
che
interpreto
così
:
«
E
a
te
che
te
ne
importa
?
Perché
non
ti
fai
gli
affari
tuoi
?
»
.
Così
entriamo
nella
stazione
davanti
,
traversata
la
piazza
di
corsa
,
è
la
kazaka
,
mi
pare
,
e
col
rublo
che
ci
resta
ordiniamo
cinque
frappé
,
molto
buoni
perché
al
latte
e
allo
sciroppo
la
donnetta
aggiunge
,
dal
frigorifero
,
marca
Moskava
,
mezzo
panetto
di
burro
.
Uscendo
,
il
capannello
di
gente
immobile
non
c
'
è
più
,
e
nemmeno
il
cirrotico
,
né
la
guardia
.
Si
vede
che
avevano
già
telefonato
,
all
'
ambulanza
,
o
forse
al
cellulare
,
chi
lo
sa
.
Allora
via
al
Leningradskaia
,
che
è
un
albergo
immenso
,
di
stile
assiro
,
con
l
'
atrio
ingombro
di
statue
,
colonne
,
mostri
e
italiani
:
Otturino
Barassi
,
il
vecchio
centravanti
frascatano
,
Amadei
,
tre
giovanotti
con
la
giacca
blu
spacchettata
e
i
capelli
scolpiti
a
rasoio
.
Ivano
si
ferma
a
salutarne
uno
,
che
è
Orlando
,
poi
mi
spiega
che
gli
altri
si
chiamano
uno
Tumburus
e
uno
Janich
;
tutti
e
tre
riserve
,
segno
che
hanno
mandato
a
nanna
i
titolari
,
anzi
i
prestipedatori
.
Evocato
dal
pensiero
compare
Gianni
Brera
,
col
toscano
in
bocca
:
vale
dunque
ancora
l
'
ovvia
constatazione
,
che
si
può
vivere
a
Milano
dieci
anni
senza
incontrare
mai
una
persona
,
che
per
conoscerla
bisogna
andare
fino
a
Mosca
.
Mi
piglia
per
un
braccio
e
mi
tira
su
in
camera
sua
,
al
quinto
piano
,
mi
versa
da
bere
,
mi
tappa
la
bocca
con
un
avana
formidabile
e
attacca
la
lezione
etnico
-
storica
sul
popolo
ungherese
.
Dunque
sta
a
sentire
:
gli
ungheresi
sono
la
pars
alba
,
il
pollone
chiaro
venuto
su
dallo
stesso
ceppo
che
ha
espresso
,
come
pars
nigra
,
li
turchi
.
Smisero
di
lavorare
ai
tempi
di
Attila
.
Tu
prendi
la
lingua
:
il
lessico
campagnolo
-
zappa
,
aratro
,
solco
eccetera
-
è
tutto
di
origine
croata
.
Infatti
,
cosa
facevano
gli
ungheresi
,
dalla
mattina
alla
sera
?
Montavano
a
pelo
,
ballavano
il
valzer
a
Vienna
con
le
mogli
dei
generali
austriaci
(
naturalmente
cornuti
)
e
prendevano
a
calci
nel
sedere
gli
slavi
del
Sud
,
cioè
i
croati
contadini
.
Ora
cosa
gli
è
successo
?
Gli
è
successo
che
i
calci
nel
sedere
li
stanno
prendendo
loro
,
e
proprio
dagli
slavi
.
Slavi
del
Nord
,
ma
sempre
slavi
.
Che
vanno
sulla
luna
,
ma
sempre
contadini
.
Ergo
,
le
facce
rinceppate
che
tu
hai
visto
a
Budapest
.
Tutto
qui
,
il
comunismo
non
c
'
entra
.
Te
capì
?
Ho
capito
,
ma
da
sotto
telefonano
,
così
mi
faccio
prestare
cinque
rubli
dal
professore
,
scendo
nell
'
atrio
assiro
,
recupero
Mimmo
,
Ivano
,
Riccio
e
il
balengo
torinese
,
andiamo
a
prendere
un
altro
frappé
col
burro
alla
stazione
di
fronte
,
la
leningradese
appunto
,
e
poi
è
ora
di
rincasare
,
col
taxi
.
Lo
guida
un
giovanotto
capelluto
,
col
maglione
,
che
prima
di
muoversi
vuole
patti
chiari
:
«
Trit
rublia
,
carasciò
?
»
.
Va
bene
,
tre
rubli
,
autista
ladro
e
teddiboia
,
che
non
hai
nemmeno
fatto
scattare
il
tassametro
,
e
guidi
da
cane
,
metti
dentro
le
marce
peggio
d
'
uno
scimmione
,
tanto
la
macchina
è
dello
Stato
,
vero
?
Domani
ti
faccio
rapporto
.
Tanto
più
che
a
un
certo
punto
si
è
fermato
e
dice
che
il
Turist
Hotel
è
qui
,
Riccio
invece
non
è
convinto
per
nulla
,
ordina
che
non
scendiamo
mentre
lui
va
a
controllare
.
Siamo
al
Turist
,
ma
all
'
entrata
opposta
,
bisognerà
traversare
il
villaggio
a
piedi
,
perché
il
tassista
lavativo
non
vuole
sentir
ragioni
,
più
oltre
non
va
.
Accidenti
a
lui
.
Ormai
sono
quasi
le
due
,
la
maggior
parte
dorme
,
e
andiamo
a
cuccia
anche
noi
:
quattro
letti
di
ferro
,
quattro
sedie
,
un
armadio
con
quattro
stampelle
,
la
bottiglia
con
quattro
bicchieri
e
basta
.
Vetri
doppi
alle
finestre
,
ma
niente
tapparelle
,
niente
persiane
né
scuri
,
così
domattina
siamo
certi
che
il
primo
sole
ci
sveglia
.
Il
primo
sole
e
radio
Mosca
che
dà
il
buongiorno
intonando
«
guai
a
chi
tocca
la
Russia
dei
Soviet
»
:
ogni
camera
ha
il
suo
altoparlante
posato
sullo
spigolo
dell
'
armadio
,
e
ieri
sera
ci
siamo
scordati
di
staccare
la
spina
.
Per
il
corridoio
già
sfilano
diretti
ai
bagni
italiani
,
italiane
,
un
negro
con
addosso
un
barracano
vasto
come
una
tenda
,
di
tessuto
damascato
,
molto
bello
.
Le
docce
invece
sono
al
pianterreno
,
e
già
fanno
la
fila
,
per
tramutare
i
bigliettoni
con
padre
Dante
,
e
gli
altri
con
Lincoln
e
Washington
,
in
bigliettini
microscopici
che
sembrano
i
buoni
-
premio
delle
scatole
di
detersivo
,
e
invece
sono
rubli
.
La
ragazza
fa
i
conti
col
pallottoliere
,
velocissima
,
qualcuno
al
solito
se
ne
meraviglia
,
salta
fuori
il
solito
piccoletto
con
gli
occhiali
,
nero
e
pingue
,
che
in
romanesco
si
mette
a
difendere
,
con
argomenti
da
critica
della
ragion
politica
,
l
'
utilità
del
pallottoliere
,
e
il
suo
inserimento
nella
tradizione
slava
.
A
questo
punto
Marcello
,
che
mi
è
accanto
,
scatta
e
insulta
il
piccoletto
:
non
può
sopportare
i
comunisti
saccenti
di
Roma
,
che
spiegano
il
plusvalore
con
la
calata
di
Trastevere
,
si
abboffano
di
rigatoni
,
fanno
,
quando
possono
,
la
dolce
vita
,
e
poi
la
vituperano
come
un
segno
della
decadenza
occidentale
,
così
mettono
su
pancia
e
salvano
persino
la
buona
coscienza
proletaria
.
Gli
dico
di
stare
calmo
,
perché
qui
l
'
obiettività
tanto
ripetuta
in
viaggio
sta
per
andare
a
farsi
benedire
,
nessuno
è
venuto
a
Mosca
senza
preconcetti
,
tranne
forse
la
signora
Lucia
,
e
già
si
capisce
che
non
sono
disposti
a
cambiarli
.
Unto
più
che
le
due
ragazzine
del
treno
sono
sparite
,
non
vedi
più
Natascia
la
pari
-
pari
,
e
nemmeno
Svetlana
-
Chiara
dal
bel
sorriso
.
Al
loro
posto
c
'
è
una
stangona
magra
,
con
le
occhiaie
livide
,
il
viso
stirato
,
che
sembra
una
supersegretaria
d
'
azienda
.
E
d
'
un
'
azienda
vastissima
,
che
si
chiama
Unione
delle
Repubbliche
Socialiste
Sovietiche
.
Il
nome
della
ragazza
è
invece
Ludmilla
.