StampaQuotidiana ,
Ieri
alla
partita
,
fermo
sotto
l
'
acquerugiola
fredda
,
uno
degli
architetti
fiorentini
s
'
è
raffreddato
malamente
e
,
siccome
sua
moglie
non
aveva
più
aspirina
nella
borsetta
,
si
sono
rivolti
a
Ludmilla
.
La
solerte
nostra
accompagnatrice
lo
ha
portato
dal
medico
del
villaggio
-
albergo
,
che
gli
ha
fatto
prendere
una
sua
pillola
:
il
raffreddore
è
passato
dopo
mezz
'
ora
,
ma
stanotte
lui
tribola
,
ha
il
vomito
e
un
'
eruzione
su
tutta
la
pelle
.
Nel
vagone
accanto
c
'
è
il
veterinario
con
pizzetto
,
e
dice
subito
che
si
tratta
di
un
'
allergia
:
purtroppo
non
ha
il
rimedio
.
Ma
ci
pensa
Svetlana
:
va
dal
capotreno
e
fa
radiotelefonare
a
Kiev
che
sul
nostro
vagone
,
scompartimento
tale
,
c
'
è
un
italiano
malato
,
e
che
tengano
pronto
un
medico
.
Infatti
ecco
Kiev
,
ed
ecco
il
medico
:
una
donna
più
larga
che
lunga
,
vestita
da
cuoca
,
la
quale
monta
trafelata
sul
vagone
,
visita
l
'
infermo
,
ribadisce
la
diagnosi
dell
'
allergia
,
e
conclude
che
bisogna
senz
'
altro
ricoverarlo
nell
'
ospedale
cittadino
.
«
No
,
no
,
no
»
,
dice
la
moglie
dell
'
architetto
,
«
da
da
da
»
ribatte
la
cuoca
,
ma
la
signora
non
cede
.
Pazienza
,
allora
,
e
ordina
che
il
treno
sosti
in
stazione
qualche
minuto
di
più
,
per
fare
un
'
iniezione
:
accorre
infatti
un
'
altra
cuoca
con
la
siringa
e
buca
l
'
architetto
sul
braccio
,
a
regola
d
'
arte
,
senza
il
minimo
dolore
.
Poi
radiotelefonano
alla
stazione
successiva
:
sia
pronto
un
altro
medico
con
il
farmaco
così
e
così
,
per
un
allergico
italiano
che
non
vuol
farsi
ricoverare
e
che
bisogna
curare
strada
facendo
.
Pronta
la
medicina
alla
prossima
stazione
,
la
terza
cuoca
ordina
espressamente
al
ferroviere
del
nostro
vagone
che
controlli
:
ogni
quattro
ore
,
pillola
al
malato
.
E
ogni
quattro
ore
l
'
omino
gentilissimo
bussa
e
s
'
accerta
.
Presa
la
medicina
?
Bravo
.
Terza
visita
,
per
un
ultimo
controllo
,
alla
frontiera
(
stavolta
è
un
cuoco
)
.
Tutto
a
posto
:
cessato
il
vomito
,
va
scomparendo
a
vista
d
'
occhio
l
'
eruzione
cutanea
,
resta
solo
una
gran
fatica
addosso
all
'
architetto
fiorentino
che
ci
ha
dato
modo
di
constatare
,
sulla
pelle
sua
,
come
funzioni
l
'
assistenza
sanitaria
sui
treni
sovietici
:
ottimamente
.
A
Ciop
la
dogana
è
anche
più
sbrigativa
che
all
'
andata
,
chi
vuole
può
riconvertire
i
rubli
in
moneta
occidentale
(
era
una
diceria
,
che
non
lo
facessero
)
,
si
fanno
gli
ultimi
acquisti
di
distintivi
e
stelle
rosse
,
molti
completano
la
collezione
di
monetino
,
dal
copeco
al
rublo
.
Al
bar
c
'
è
una
macchina
per
gli
espressi
di
fabbricazione
ungherese
,
e
decidiamo
di
osare
,
dopo
una
settimana
di
astinenza
:
quasi
buono
.
Le
tre
del
mattino
,
intonandoci
sul
meridiano
nostro
,
diventano
le
cinque
,
ci
stiamo
caricando
sul
vagone
ungherese
,
che
è
lo
stesso
di
prima
,
cioè
brutto
,
poi
quando
è
il
segno
di
partire
ecco
gli
italiani
tutti
che
intonano
Ciao
,
ciao
ciao
bambina
,
per
le
due
ragazze
sovietiche
ferme
lì
davanti
.
Svetlana
-
Chiara
sta
alla
parte
,
smette
il
suo
bel
sorriso
e
fa
finta
di
piangere
;
Natascia
la
pari
-
pari
invece
si
mette
a
piangere
davvero
,
proprio
lei
che
finora
era
rimasta
sempre
sulle
sue
,
e
a
me
pare
di
aver
capito
per
chi
di
noi
-
fortunato
!
-
sta
piangendo
.
Però
,
come
fanno
presto
i
popoli
,
a
intendersi
!
Sul
brutto
treno
ungherese
c
'
è
un
bel
vagone
ristorante
,
coi
camerieri
alti
e
distinti
che
servono
una
meravigliosa
frittata
al
prosciutto
.
Si
chiamano
tutti
Utasellato
-
lo
hanno
scritto
sul
taschino
della
giacca
-
ma
anche
i
piatti
e
i
tovaglioli
di
carta
sono
Utasellato
.
In
questo
modo
si
chiarisce
il
mistero
:
quell
'
incredibile
parola
significa
,
pressappoco
,
«
servizio
ristorante
»
.
A
Budapest
,
inevitabile
come
una
tassa
,
c
'
è
Giorgio
Suveniri
,
che
stavolta
però
non
ci
sollecita
a
cambiare
.
Anzi
,
è
l
'
architetto
fiorentino
convalescente
che
vorrebbe
riconvertire
in
soldi
nostri
i
duecento
e
passa
fiorini
che
gli
sono
rimasti
in
tasca
,
ma
Suveniri
pare
sordo
a
questo
discorso
.
Forse
cambieremo
alla
frontiera
.
E
invece
anche
lì
fanno
orecchi
da
mercante
al
discorso
del
cambio
di
moneta
,
e
così
l
'
architetto
fiorentino
se
ne
torna
nella
città
del
fiore
coi
duecento
e
passa
fiorini
:
li
terrà
per
ricordo
e
per
ammonimento
al
viaggiatore
sprovveduto
in
terra
magiara
.
Piccola
inchiesta
tra
i
compagni
di
viaggio
.
Di
che
cosa
avete
sentito
più
la
mancanza
,
in
questi
giorni
?
Le
risposte
sono
,
nell
'
ordine
:
caffè
,
vino
,
tapparelle
,
bidet
.
Che
cosa
vi
è
piaciuto
di
più
?
La
metropolitana
,
l
'
università
,
la
piscina
coperta
,
lo
stadio
.
E
che
cosa
di
meno
?
Le
donne
che
lavorano
pesante
,
le
file
davanti
ai
carrettini
,
troppi
uomini
in
divisa
.
Acquisti
?
Tutti
la
balalaica
,
molti
il
colbacco
,
alcuni
il
caviale
,
nessuno
la
vodka
,
che
costa
meno
da
noi
che
a
Mosca
,
perché
a
Mosca
vogliono
scoraggiare
gli
alcolisti
.
II
tabaccaio
senese
porta
appesa
al
collo
una
stupenda
macchina
fotografica
,
da
settanta
rubli
.
Non
si
preoccupa
più
per
il
mangiare
,
ma
per
la
nostra
dogana
,
che
forse
gli
farà
pagare
il
balzello
.
Avventure
galanti
?
Zero
via
zero
.
Qualcuno
ha
cambiato
parere
su
qualcosa
?
Nessuno
,
su
niente
.
Tutti
sapevano
già
tutto
,
e
hanno
trovato
conferma
:
che
va
bene
,
oppure
che
va
male
,
oppure
che
va
così
e
così
.
La
verità
è
che
a
Mosca
,
nessuno
va
con
animo
obiettivo
,
come
andrebbe
a
Tokio
o
a
Carachi
;
ognuno
ha
in
testa
le
sue
idee
precise
(
anzi
le
sue
idee
fisse
)
e
non
si
sposta
d
'
un
palmo
.
Diffusa
tra
tutti
la
tendenza
a
generalizzare
,
a
dedurre
dai
minimi
particolari
di
questi
due
vertiginosi
giorni
moscoviti
(
il
gesto
di
un
taxista
,
la
cortesia
d
'
un
passante
,
una
frase
colta
a
volo
)
conclusioni
amplissime
,
perfino
universali
.
Ma
su
una
cosa
sono
concordi
tutti
quanti
,
nella
simpatia
per
la
gente
di
Russia
:
buona
,
cordiale
,
tollerante
,
un
po
'
approssimativa
,
un
po
'
pelandrona
,
simile
a
noi
,
migliore
di
noi
.
Simpatia
e
gratitudine
,
mi
dice
Marcello
mentre
si
fa
buio
e
Vienna
si
avvicina
.
«
Quelle
donne
che
sgobbano
,
le
hai
viste
,
sgobbano
anche
per
noi
,
sì
,
per
te
e
per
me
.
Tengono
in
piedi
un
Paese
,
un
ideale
e
un
mito
.
Se
il
socialismo
oggi
in
certi
paesi
è
una
sostanza
,
e
in
altri
un
lievito
,
e
cioè
una
continua
spinta
verso
il
meglio
,
il
merito
va
soprattutto
a
loro
,
e
il
nostro
debito
è
grande
.
Ci
pensi
?
In
quarantacinque
anni
hanno
avuto
due
guerre
mondiali
,
la
rivoluzione
,
la
carestia
,
e
poi
Stalin
,
hanno
perso
milioni
di
uomini
,
eppure
sulle
loro
spalle
,
sulla
loro
pazienza
,
il
socialismo
ha
retto
.
Ti
confesso
che
a
questa
gente
auguro
di
cuore
un
mucchio
di
bene
,
perché
se
lo
meritano
»
.
C
'
è
da
chiedersi
semmai
quale
bene
augurargli
.
Gli
impermeabili
empolesi
?
Le
penne
a
sfera
,
che
tanto
ci
chiedevano
giovanotti
e
ragazzi
,
i
cittadini
di
domani
,
per
le
strade
di
Mosca
?
«
Anche
quelli
.
Saranno
sciocchezze
,
in
sé
,
ma
valgono
come
simbolo
:
vogliono
più
gioia
,
più
fantasia
,
più
agio
.
Dopo
gli
impermeabili
chiederanno
la
nostra
musica
,
la
nostra
arte
,
i
nostri
libri
,
i
nostri
film
(
non
hanno
forse
già
premiato
Fellini
?
)
,
insomma
maggiori
scambi
con
noialtri
.
Stanno
comprando
il
grano
,
lo
sai
,
ma
già
dicono
che
non
si
vive
di
solo
pane
,
veramente
...
Ma
guarda
quanta
luce
,
a
Vienna
!
»
E
veramente
sembra
d
'
essere
usciti
da
un
lungo
tunnel
:
la
stazione
è
lucida
,
razionale
,
le
strade
sfavillanti
di
pubblicità
luminosa
,
il
traffico
denso
e
alacre
,
la
gente
vestita
bene
,
le
donne
eleganti
.
C
'
è
poco
da
dire
,
è
già
casa
nostra
.
Tutto
quel
che
di
solito
rimproveriamo
alle
nostre
metropoli
,
adesso
ci
accorgiamo
d
'
averlo
ormai
nel
sangue
.
E
i
nostri
compagni
di
viaggio
sono
già
diversi
:
è
finita
la
distensione
un
po
'
pigra
e
ottimistica
dei
giorni
passati
,
pare
che
tutti
abbiano
ritrovato
l
'
argento
vivo
di
sempre
,
e
si
muovono
a
vanvera
,
pur
di
andare
dove
c
'
è
più
luce
,
più
lustro
,
più
colore
,
come
tanti
farfalloni
.
Ivano
,
Riccio
,
Mimmo
,
appena
ingozzata
la
cena
,
mi
trascinano
al
tabellone
degli
orari
,
e
poi
al
nostro
binario
,
dove
ancora
il
treno
non
si
vede
perché
manca
più
di
un
'
ora
alla
partenza
,
e
poi
al
chiosco
delle
sigarette
,
e
a
quello
dei
giornali
,
e
sul
piazzale
davanti
alla
stazione
,
e
al
bar
per
l
'
ultimo
bicchierino
.
Ricomincia
a
prevalere
l
'
iniziativa
privata
,
quel
lavorare
di
gomiti
della
nostra
esistenza
quotidiana
,
la
furia
d
'
arrivare
,
la
paura
di
non
farcela
.
A
trovare
le
cuccette
,
per
esempio
sul
treno
austriaco
dagli
scompartimenti
a
sei
,
e
il
giaciglio
stretto
,
scomodo
,
senza
lenzuola
,
e
il
bagno
così
razionale
che
non
ci
si
entra
quasi
,
e
si
sbatte
la
testa
,
i
gomiti
,
i
ginocchi
,
a
tentare
di
lavarsi
.
Dobbiamo
prendere
con
noi
altri
due
compagni
di
viaggio
,
uno
per
fortuna
è
Marcello
,
l
'
altro
un
bottegaio
ligure
che
avrà
di
certo
passato
la
sessantina
.
Senza
pietà
lo
releghiamo
nella
cuccetta
più
bassa
,
più
scomoda
perché
è
arrivato
ultimo
,
lo
chiamiamo
vigliaccamente
«
nonno
»
,
gli
diamo
del
tu
,
e
intanto
sgomitiamo
apprestandoci
all
'
ultima
dormita
su
ruote
.
È
inutile
che
io
raccomandi
di
stare
calmi
,
di
mettere
le
valigie
al
posto
,
di
non
ingombrare
il
poco
spazio
libero
che
c
'
è
:
non
mi
danno
più
retta
.
«
È
finito
il
socialismo
,
vero
?
»
mi
fa
Marcello
ridendo
dalla
sua
cuccetta
.
«
Non
sei
più
il
presidente
del
vagone
cooperativo
,
caro
mio
.
Buona
notte
,
piccolo
padre
»
Al
mattino
non
c
'
è
nemmeno
bisogno
di
affacciarsi
per
capire
che
siano
in
Italia
:
basta
la
fila
davanti
al
bagno
,
le
voci
che
salgono
di
tono
,
qualche
primo
insulto
che
ricomincia
a
circolare
.
E
a
Venezia
ci
salutiamo
in
fretta
,
già
quasi
estranei
:
il
tabaccaio
senese
con
la
bella
macchina
fotografica
nuova
,
le
due
bolognesi
coi
calzoni
,
la
padovana
barbuta
,
il
piemontese
balengo
che
finalmente
apre
bene
gli
occhi
e
non
parla
più
con
quello
strascico
della
prima
notte
a
Mosca
.
Siamo
nel
Paese
dell
'
iniziativa
privata
,
dell
'
individualismo
,
e
ognuno
bada
soltanto
a
non
farsi
fare
fesso
.
Ma
noi
quattro
ci
scambiamo
un
abbraccio
,
la
promessa
di
scriversi
,
di
rivedersi
.
Spero
proprio
che
sia
vero
,
che
Ivano
,
Minimo
e
Riccio
non
si
scordino
tanto
presto
la
tradotta
per
Mosca
,
nell
'
ottobre
del
'63
.