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IL TURCO SPAVENTATO FRA LE SOPRANO ( De Monticelli Roberto , 1958 )
StampaQuotidiana ,
De L ' impresario delle Smirne di Carlo Goldoni , presentato ieri sera al teatro Nuovo dalla compagnia Morelli - Stoppa con la regia di Luchino Visconti , parlammo già ampiamente quest ' estate quando nella stessa , fastosa edizione , lo spettacolo venne messo inscena a Venezia , alla Fenice , per il Festival del Teatro . Già dicemmo che si tratta di una delle opere minori del Goldoni ; scritta dapprima in versi , « per secondare il fanatismo » come dice l ' autore stesso « che allora correva in favore dei martelliani » , fu poi volta in prosa e nella nuova veste inserita dal Goldoni in quella che è da considerarsi l ' edizione definitiva del suo teatro . In questa edizione le tre parti femminili , che erano in dialetto ( veneziano , bolognese e un fiorentino alquanto approssimativo ) vennero tradotte in lingua , rimettendoci di freschezza e comicità . Luchino Visconti , che ha immaginato questo spettacolo come un alto divertimento , sul ritmo di un ' operetta buffa , ha scelto l ' edizione in versi e , dati i suoi intenti , non gli si può dar torto : L ' impresario delle Smirne è la storia di un progetto di compagnia , per opera in musica , andato in fumo . In una Venezia di locande da poco prezzo , tre cantatrici , Lucrezia , la fiorentina , detta l ' Acquacedraia , Tognina , la veneziana , detta Zuecchina , e Annina , la bolognese , detta la Mistocchina , un musico soprano , un tenore , un « cattivo e povero poeta drammatico » , un direttore di teatro e altra « guitteria » del genere , si affannano per farsi scritturare da un mercante turco che , venuto da Smirne ( dalle « Smirne » , si diceva allora , mettendo bizzarramente al plurale il nome della città e ottenendone un certo effettaccio esotico ) , vuol tornarsene fra gli Ottomani con una compagnia d ' opera da lui finanziata e offrire così , di sua borsa , questo trattenimento occidentale ai compatrioti . C ' è un conte Lasca , squattrinato e galante , amico di virtuose e canterini , che gli fa da intermediario , aiutato dal Nibbio , direttore di teatro . Schermaglie , invidiuzze , gelosi rancori delle tre canterine che si contendono il ruolo di prima donna , comica albagia degli altri virtuosi , amorosi bollori del turco che fra tutte quelle donnette dalle scollature generose non sa più dove mettere gli occhi ( e le mani ) e alla fine , pago di quanto ha potuto vedere ( e pizzicare ) e spaventato dai vapori di tante fameliche vanità , fa vela da solo verso il suo tranquillo Oriente . Luchino Visconti ha tenuto il testo tutto un po ' sopra le righe ; e a nostro parere ha fatto bene , ne risulta uno spettacolo carico di capriccio e d ' estri come nelle zone acute d ' una voce di soprano ; ha sottolineato il pittoresco dell ' ambiente , facendo sentire quell ' odore di fame e di cattivo cerone ; della figura del turco , che è la più riuscita della commedia , ha fatto una immagine burlesca ed esotica insieme , proprio sullo stile delle « turqueries » di moda nel Settecento ; e , infine , ha afferrato per i capelli quella quasi invisibile malinconia che si può scovare , col lanternino , fra le righe di quei martelliani ( bruttini , per la verità ) dell ' ultimo atto e l ' ha legata al traliccio dell ' altana , nel cortile della locanda , dove sventola , al soffio che gonfia le vele del turco in fuga ( mentre tutta la compagnia , s ' è radunata coi suoi bagagli , e i cani e le capre e il pappagallo e i canarini ) , un festoncino di biancheria stesa ad asciugare . Quadro bellissimo , sullo sfondo d ' una splendida scena pure dovuta a Visconti . Le musiche composte da Nino Rota , accompagnano , sui finali d ' atto , le cavatine degli attori , il che dà appunto allo spettacolo una vaga aria da opera buffa . L ' interpretazione degli attori non è stata da meno di una regia così divertita : e in primo luogo va citato l ' « exploit » comico di Paolo Stoppa , nella parte del Turco , quella sua lepidezza insieme secca e pastosa , quella sua brusca buffoneria come abbronzata dalle inflessioni levantine ; Rina Morelli , la bolognese , è una figuretta tutta dispetto e ripicco , in quel dialetto affettuoso e stizzito ; ecco poi la pososeria veneta , ironicamente sussiegosa , di Edda Albertini ; la grazia , da pittura senese , di Ilaria Occhini ; gli alteri vocalizzi di due virtuosi maschi Elio Pandolfi , che era il « cantante senza barba » e Corrado Pani ; e l ' efficace collaborazione di tutti gli altri numerosissimi interpreti , da Marcello Giorda a Sergio Fantoni , che hanno contribuito alla riuscita dello spettacolo . Platea gremita e molti applausi .