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È andata in scena questa sera , nel teatro all ' aperto dei Giardini alla Biennale , la seconda novità italiana del Festival Internazionale del Teatro : La rosa di zolfo di Antonio Aniante . Molti erano i motivi di curiosità che si intrecciavano intorno a questo spettacolo : innanzitutto , l ' esordio in grande stile , nel teatro , in un ' occasione particolare , dello scrittore siciliano che , sì , alla letteratura drammatica si era avvicinato , negli anni dal '25 al '30 , ai tempi dello Sperimentale di Bragaglia ; ma che poi si era prevalentemente dedicato alla narrativa ( anche La rosa di zolfi è tratta da un romanzo ) . Inoltre per la prima volta , si sarebbe visto all ' opera un complesso come il Teatro Stabile della città di Trieste col quale , per la sua stessa posizione periferica , non è facile l ' incontro ; nel caso , poi , dello spettacolo diretto da Franco Enriquez , c ' erano due altri elementi di interesse : la partecipazione di Domenico Modugno , che non solo recita , ma canta , naturalmente , e ha composto anche le musiche che accompagnano il testo , su terni popolari siciliani ; e di quell ' attrice sempre entusiasta ed ardente che è Paola Borboni . Cos ' è la rosa di zolfo ? È il simbolo di una Sicilia remota , perduta nella memoria e per questo intrisa dagli umori della nostalgia . Fiore arido e splendido lo regala , alla bella e svagata moglie Rosalia , lo zolfataro Colao e vuol significare il suo amore , infuocato e geloso . La virtù di Rosalia è insidiata dal conte di Pagnolo , il giovane padrone della zolfara . Inevitabile il duello rusticano , a lampi di coltello . Ucciso il rivale , Colao brucia la zolfara e Rosalia fugge , disperata ma anelante l ' avventura , sulle montagne delle Madonie . Qui , sentinella a una sorgente d ' acqua , incontra il Carabiniere , che altri non è che una diversa immagine di Colao ; lo zolfataro è rivestito d ' una fiammante , un po ' fiabesca divisa dell ' Italia umbertina ; così come , a contenderla al Carabiniere , avvolto in un non meno fiabesco mantello azzurro , con cappello a pan di zucchero e trombone , appare il Brigante , vale a dire il Pagnolo . Sfuggita anche ai rischi di questo scontro , che si risolve , per i due eterni rivali , in una reciproca beffa , Rosalia , sempre seguita dalla Pilucchera , vecchia serva fedele ed ex - nutrice , ripara nel basso porto di Palermo , decisa a darsi alla « vita » . E qui , nuove incarnazioni dei due uomini che se la contendono . Ecco , da una parte , lo scaricatore Colao , dall ' altra il capo - mafia Pagnolo : la tratta delle bianche , l ' ombra del poliziotto Petrosino , la nave che aspetta nel porto ; con la stiva piena di fresche e giovani donne ... ma non è stato che un sogno , Rosalia non s ' è mai mossa in realtà dalla casa dello zolfataro , ecco che gli prepara la minestra della sera e alza la pentola , piena di selvagge ortiche , spezie e pan secco , verso il cielo asciutto , che le mandi l ' acqua . È chiaro il senso della favola : fra i fuochi dell ' amore e della gelosia , che zampillano dalla terra come la gialla lingua dello zolfo , Rosalia , nel suo sogno canicolare , va in cerca dell ' acqua , che è comprensione , civiltà e balsamo sugli inferni della passione e della miseria . Tutto ciò è detto più che rappresentato , con molta eloquenza ( si sente più il narratore , anzi il popolaresco rapsodo che lo scrittore di teatro ) , con uno stile oscillante fra richiami dannunziani e aperture liriche alla Garcia Lorca , con canti presi all ' epos locale e lunghi interventi descrittivi del coro . È insomma un ' opera composita , un ' idillio a tre che si ripete tre volte , generando forse una sorta di immobilità , una certa monotonia . Ma i punti di poesia autentica non mancano : diremo che sono sparsi , come improvvisi granelli di fuoco , nella polpa di questa prosa dal sapore noto . Franco Enriquez ha montato uno spettacolo movimentato , sullo sfondo delle scene , forse eccessivamente realistiche , dovute a Nino Perizi : uno spettacolo che , tuttavia , non ha toccato l ' autentica vena dell ' opera ; uno spettacolo fantasioso ma pesante , che ha preso le sue risorse più poetiche da un ' antica riserva di malinconia e musica . Degli interpreti , il migliore è stato Modugno che ha recitato e cantato con una tristezza solare , antica ; Enrica Corti ha dato alla protagonista un ardore sulfureo ( ma il personaggio non richiedeva anche umorismo e malinconia ? ) ; troppo realista Ottorino Guerrini ha però dato estro e ironia alle varie figurazioni del Pagnolo : la Borboni ha caratterizzato con tenerezza sordida la figura della Pilucchera . La monotonia dell ' opera ha ingenerato alla lunga una certa stanchezza e gli applausi alla fine sono stati freddini , non mancando qualche contrasto .