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UN DRAMMA AUTENTICO «LA GIUSTIZIA» DI DESSÌ ( De Monticelli Roberto , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Esiste , da lunedì scorso , sul palcoscenico d ' un teatro d ' Italia , un misterioso dramma , che si è presentato senza clamore , senza alone mondano intorno , senza cicaleccio snobistico , senza brusio di scandalo , senza che nessuno citasse Proust o Pierre Choderlos De Laclos ( che in genere non c ' entrano per niente e in questo caso poi meno che mai , ma sono nomi grati al palato dei letterati che frequentano , fingendo di snobbarle , le sale di spettacolo ) . Esiste questo dramma , nella sua realizzazione scenica , da lunedì scorso e noi siamo ben lieti che questo accada : è un dramma , intendiamoci , non perfetto , che può dare persino la sensazione di qualcosa di non finito , d ' oscuro , di chiuso nella notte d ' una fatica creativa ancora non placata . È La Giustizia di Giuseppe Dessì , che si rappresenta in questi giorni al Teatro Stabile di Torino , con la regia di Giacomo Colli , primo testo drammatico di un narratore che al teatro non s ' era avvicinato mai e che lo ha fatto ora , non per vanità o per desiderio di facile fama , ma proprio perché la natura dei fatti che s ' era accinto a narrare lo ha irresistibilmente portato verso una ribalta . La Giustizia , è lo stesso Dessì che lo scrive , stava lentamente nascendo come lungo racconto . Ma quei personaggi , quella gente d ' un paese del centro della Sardegna , presi nel vortice d ' una inchiesta giudiziaria che scava faticosamente nel passato , alla ricerca del responsabile d ' un delitto consumato quindici anni prima , non sopportavano d ' essere chiusi entro certi schemi narrativi , volevano a tutti i costi parlare , muoversi , agire . « Infatti ciò che mi piaceva , nel mio racconto o romanzo che fosse , era il dialogo . Là , nel dialogo , il tono era giusto » . Genesi dell ' opera che all ' occhio dello spettatore si fa chiara solo che egli pensi come i fatti rappresentati siano tolti di peso dai rapporti di un giudice istruttore ; e che corrispondono , nella loro apparenza esteriore , a fatti realmente accaduti . In un paese primitivo , fra i monti della Gallura , una ragazza , una piccola serva di diciassette anni , ha un giorno una visione terrificante : vede , in un boschetto dietro le case , col volto squarciato e coperto di sangue , la vecchia madre delle sue padrone , due tetre sorelle invecchiate nel silenzio , nel sospetto e in una squallida avarizia da poveri ; la vecchia della visione , in quella sua agonia , pronuncia dei nomi , che sembrano altrettante accuse . Il delitto è accaduto , in realtà , ma quindici anni prima . Una lunga indagine era stata condotta dal maresciallo dei carabinieri allora di stanza nel paese ; e un grosso fascicolo istruttorio s ' era di giorno in giorno gonfiato sul tavolo di un giudice . Un uomo del paese , vicino di casa delle due sorelle , era stato accusato dell ' assassinio , aveva subito dieci mesi di carcere preventivo , poi era stato prosciolto . E la macchia del delitto impunito , era restata sulla comunità . La visione della ragazza ( che può sembrare frutto di isteria ma in realtà non lo è , come si vedrà poi nello sviluppo del dramma ) rimette tutto in discussione , l ' indagine e l ' istruttoria sul vecchio crimine vengono riprese dal nuovo maresciallo e da un altro giudice . Ecco : non accade molto di più e trattandosi , poi , nella sua costruzione esteriore , d ' un dramma di « suspense » , non è bene rivelare gli scioglimenti dei fatti ai lettori che possono domani diventare spettatori . Ma ciò che conta , qui , è la rappresentazione corale di quella società primitiva ; è , per quanto concerne l ' indagine nelle coscienze , il , senso che ne scaturisce , di colpe antichissime , di torti remoti e reciproci , mai perdonati né risarciti ; è l ' immagine della solitudine umana , dell ' incomprensione , dell ' innocenza tradita sulla terra indifferente , nel paesaggio nemico : il sacrificio di Abele ( ma un Abele non scevro di colpe ) che si ripete in un mondo restato alle lontananze mitiche del Vecchio Testamento . ( Ed è Italia di oggi ) . Tutto ciò è ottenuto con una semplicità di linguaggio che prende dalla cronaca , dalla grande inchiesta oggettiva , il suo passo perento rio , perché condizionato dai fatti . E con tutto ciò , nonostante questa chiarezza , insieme fredda e accalorata , proprio da requisitoria di giudice istruttore , l ' opera resta misteriosa , serrata in un grumo d ' ombra , un segno simbolico sul muro d ' una catacomba ; che è , mi pare , la prova della sua qualità . Aggiungi a questi dati positivi uno spettacolo , rigoroso , austero , non ancora perfetto in certe parti accessorie , ma significativo nella sua aderenza al testo ; aggiungi quella scena di Michele Scandella , un miracolo di prospettive poetiche ( oltre che un miracolo tecnico , dato il minuscolo palcoscenico del Gobetti , sul quale riescono a muoversi più di una trentina di personaggi ) ; e l ' interpretazione sobria , patita , piena di umiltà e di malinconia , di Gianni Santuccio ; la potente figurazione ieratica di Paola Borboni ; la caratterizzazione di Gina Sammarco ; il prodigarsi di tutti gli altri , da Mario Bardella a Giulio Oppi . Insomma , un risultato . Ora , si pensi che il dramma di Dessì fu pubblicato su « Botteghe Oscure » nel 1948; e che ci ha messo dieci anni per arrivare a una ribalta . Altro che far polemiche sui giornali ; se dipendesse da noi , manderemmo i pezzi grossi del teatro italiano , gli alti papaveri impresariali , in viaggio d ' istruzione per l ' Italia , paese che hanno dimostrato , ad usura , di non conoscere .