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Il pioniere rassegnato ( Bocca Giorgio , 1963 )
StampaQuotidiana ,
« Chi sono i milanesi , Antonio ? » « Io voglio chiedere scusa , ma Mario Riva , buonanima dove è , disse che Milano fa due milioni di abitanti , ma sapete i milanesi quanti sono ? 57 mila . E dove sono io non so , sono sempre in giro per turismo . » Poi Antonio , l ' immigrato , dirà come tanti altri di essere « libero cittadino milanese » , senza sapere bene che cosa sia questo tipo d ' uomo in cui si riconosce , nato dalla mescolanza : nella fabbrica dei nuovi italiani , fra Milano e i laghi , ogni cosa rimane indefinibile , provvisoria , mutevole . Ci arrivano , negli ultimi dieci anni , 600 mila persone , un terzo lombardi , un terzo meridionali , gli altri dal resto d ' Italia . Solo due su dieci vengono da città capoluogo , la maggioranza sono contadini poveri chiamati dalla promessa : « Ma cosa aspetti a muoverti , disse mio padre , c ' è Milano » . C ' è Milano , la grande città della ricchezza che accoglie tutti i poveri di ogni regione . Purché siano poveri che arricchiscono in fretta , secondo il suo mito . Se no aria , la buona aria del Seveso , del Lambro e dell ' Olona , neanche una bollicina di ossigeno , neanche un ' erba nelle acque bruciate dagli acidi ; la buona aria nei villaggi - città della fascia dove nasce il « libero cittadino milanese » , questo modello in fieri , che c ' è e che non c ' è , così composito . 600 mila di regioni e di culture diverse , in un crogiolo dove i gruppi si mescolano , ma di rado si amalgamano . Le rare fusioni nella carica confusione delle mille e mille aziende che si spostano verso la campagna ; le piccole migrazioni nella grande migrazione , gli operai cacciati sempre più lontano dal centro amministrativo , i pendolari , i gruppi mobili dell ' edilizia . E l ' invasione continua , ogni giorno centinaia che arrivano , molti con i treni del Sud , biglietto fino a Piacenza , gli ultimi chilometri evitano il controllore , per risparmiare . I contadini dell ' Italia povera che arrivano nel Milanese immaginando una società industriale vagamente marziana e poi si trovano fra gli ex contadini , ancora contadini nell ' anima , di un ' Italia un po ' meno povera . Nella fascia il mito lombardo rivela la modestia delle sue pur solide strutture , qui c ' è una Lombardia che difende i suoi privilegi più che la sua cultura . Dietro le difese lombarde del tipo etnico quasi sempre gli affari . Otto anni fa a Cologno , Limbiate , Cusano eccetera si comperava con 60 mila lire il terreno per la casetta , 250 metri quadri : avanti , a contanti o a cambiali , qualsiasi immigrato . Adesso quel terreno costa due milioni perciò attenti agli immigrati e attentissimi ai meridionali . Non perché bruni e ricci , ma perché i due milioni non ce li hanno e difficilmente li avranno . Il modello lombardo « Se verresti qui l ' aria è pesante , ma è bello vivere nell 'industria.» Vengono e incontrano gli ex contadini lombardi , brava gente , laboriosa , quieta , onesta , rispettosa di Dio e dei padroni , ma non gli esseri supercivili immaginati da lontano , da parlarne a « bocca grossa » . Le industrie sono apparse nella fascia al principio del secolo e l ' hanno visibilmente modificata fra le due guerre , ma il costume è rimasto contadino arcaico , per un pezzo : gli zoccoli , le calze nei giorni festivi , il risotto come un lusso , un chicco di riso appiccicato sul bavero per far capire che se ne era mangiato . Poi naturalmente gli usi più arcaici scompaiono ma le maniere sono sempre agresti . Quando i veneti arrivano a Cinisello , in questo dopoguerra , scoprono che è ancora d ' uso pranzare seduti sui gradini di casa , nella strada o nella corte ; la scodella fra le ginocchia colma di « pumià » , pane di segale fatto a pezzi nel brodo . E nel 1956 quasi tutti i villaggi hanno sempre le strade acciottolate e prive di illuminazione . Meglio che le valli nel Delta padano , meglio che l ' Appennino , molto meglio che il feudo meridionale . Ma certe cose non ignoriamole e non dimentichiamole , per esempio queste : parecchi villaggi lombardi restavano fino a ieri , fino all ' arrivo delle immobiliari , proprietà esclusiva di una famiglia , i Visconti , i Suardi , i Borromeo ; in certi villaggi a sud si conserva intatto il sistema curtense , il contadino sfruttato tre volte , dall ' orticoltore , dall ' affittuario , dal padrone ; la provincia è relativamente povera , su 274 comuni , l ' anno scorso ancora 121 privi di refezione scolastica , 148 senza fognatura , 182 senza edilizia sovvenzionata , 22 mancanti di una qualsiasi sorveglianza urbanistica . E ciò che la retorica milanese tenacemente ignora : la discriminazione etnica , che esiste in tutta la fascia , più che non si creda . È la sua ipocrisia . « Quando si arrabbiano son capaci di tutto » , « Sono sporchi , non hanno voglia di lavorare , rubano » , « Se scherzano non si sa come va a finire , di loro non ci si può fidare » . Le accuse che ancora si ascoltano mentre tutti sanno che gli immigrati , specie i meridionali , lavorano dalle dodici alle quattordici ore al giorno , sono onesti e disonesti come tutti gli altri delle loro condizioni , tengono la casa più pulita di molti altri , certo più pulita che la tradizionale cascina lombarda . E allora perché ? Perché mentire serve , finché serve alla conservazione dei grandi come dei piccoli privilegi . Vediamo in pratica . In parecchi comuni della fascia i dirigenti locali degli enti assistenziali escludono i figli degli immigrati dall ' assistenza « perché in casa hanno la televisione e sprecano » . Il moralismo che difende la fetta di torta . Dovunque le cooperative e i circoli rappresentano altrettante isole di conservazione , il rifugio delle élites operaie . Guardate le iscrizioni negli anni della grande invasione , tra il 1960 e il 1962 . Ferme « congelate » , come se i soci si fossero chiusi nel loro guscio . Iscritti in quegli anni : 0,2 per cento dei soci nella cooperativa di Rogoredo ; 1 alla Conquista di Milano ; 1,6 al circolo Cairoli di Sesto ; 1,7 ancora a Sesto al circolo del Rondò . E comunque anche le cooperative che in quegli anni accettarono parecchi soci , vedi Niguarda , diffidano degli immigrati , specie dei meridionali che restano una esigua « minoranza » : 3 su cento alla Conquista , 5 al Centro sociale di Cusano Milanino , 3 a Rogoredo , 8 a Niguarda . E dappertutto cautela , pregiudizio , timori nei loro confronti . « Andavo a mangiare in una cooperativa di quelli di Corsico , una cosa fatta fra di loro ; ma un giorno Angelo il mio amico disse che gli altri non volevano vedere terroni . » Testimonianze così si trovano in ogni inchiesta , quasi in ogni scheda , solo i comunisti esitano a confessare i piccoli egoismi della classe operaia , ci vuole il convegno sull ' immigrazione del 1962 perché si osi dire « che anche certi settori del partito stentano a capire i problemi degli immigrati » . I socialisti sembrano meno inibiti , vi dicono subito per esempio che per molti anni i compagni di Pero non avevano neanche immaginato che si dovessero cercare dei contatti con gli immigrati impiegati negli orti . E sono i partiti degli immigrati quelli che si son mossi per primi , figuriamoci gli altri . Due anni fa un assessore democristiano alla provincia diceva ancora a una delegazione di immigrate pugliesi : « Mi spiace ma avete fatto uno sbaglio , non dovevate abbandonare le vostre case accoglienti » . Il neomeridionalismo Poi c ' è tutta una casistica di fatti gravi dove l ' interesse di classe o se preferite lo sfruttamento rompe qualsiasi copertura etnica e si mostra per ciò che è . A Castiglione Olona un medico settentrionale si rifiuta di entrare nella baracca di immigrati calabresi « perché ci hanno sempre i pidocchi » ; in un cantiere di Busto Arsizio gli immigrati sardi , bergamaschi , bellunesi pagano un posto letto in baracca 15 mila lire al mese ; in una fornace di Lecco si ferisce alla gamba un manovale immigrato : lo portano di peso , fuori dal cancello , perché quelli della Croce Rossa non vedano in che stato sono le baracche e l ' infermeria . « A noi meridionali ci disprezzano . » « Basta essere meridionali che uno sbaglia poco poco e lo minacciano . Magari uno è milanese e sbaglia e lo prendono subito per un meridionale . » Dicono così i più giovani e indifesi . Si potrebbe spiegargli che il pregiudizio etnico fa molto comodo ai negozianti , agli artigiani , ai trasportatori che pagano un garzone , un manovale , un facchino 5 mila o 6 mila lire la settimana . Ma il loro orgoglio etnico è comunque ferito , sorgono le inevitabili reazioni , già si manifesta nella fascia un neomeridionalismo ingenuo ma testardo , a volte irragionevole che trova alimento nella lotta politica . Per cominciare , il rifiuto di ogni modello meridionalistico che appaia indecoroso o corrotto . Il Visconti di Rocco e i suoi fratelli e il Montaldi di Milano Corea sono rifiutati dai meridionali della fascia come Pasolini dagli immigrati delle borgate . Poi l ' opinione di essere più che necessari ( e necessari certamente lo sono ) indispensabili e più che indispensabili redentori e provvidenziali . « Ci capita di vedere Milano . Se andiamo via noi è un deserto . » « Io voglio dire una parola . Se non ci siamo noi Milano è finita . » E poi ancora la certezza di essere sempre più numerosi , attivi , determinati , anche se nessuno di essi è mai entrato nella « camera dei bottoni » . Certo nei comuni della fascia otto persone su dieci che entrano in un municipio sono meridionali : quelli del luogo non hanno bisogno o si vergognao a chiedere . Così i meridionali condizionano le amministrazioni e le elezioni . Il loro numero aumenta : rappresentano nel 1956 il 21 per cento dell ' immigrazione e oggi sono arrivati al 35 per cento , più del 50 nei villaggi più esterni della fascia . Aumenteranno ancora . Il pane e l ' eguaglianza I villaggi - città della fascia ( Sesto più di 80 mila abitanti ) ostili e agri per gli immigrati , come fu l ' America per gli uomini della conquista : stesse privazioni , infamie , sofferenze e delusioni ; qui come nel West una generazione allo sbaraglio , che costruisce le sue case nella notte , che rischia tutto ciò che possiede . Ma chi pensa che qui possa uscire un nuovo italiano sicuro , fiducioso , orgoglioso della propria epopea come l ' americano probabilmente si sbaglia . Nella conquista americana , nella formazione dell ' americano si riconoscono tre elementi decisivi : l ' industria , la democrazia , la frontiera . Da noi manca la frontiera e tutto ciò che essa rappresenta . I contadini dell ' Italia povera che giungono nel Milanese trovano l ' industria e si iniziano alla democrazia . Qui non saranno liberi in assoluto , qui saranno alla resa dei conti , poco liberi , ma vengono da soggezioni arcaiche , da sudditanze intollerabili . C ' è una parola usata da tutti gli immigrati della fascia siano lombardi , veneti , emiliani , meridionali . È la parola « confidenza » la parola magica che spiega come democrazia e industria siano legate , la parola che sta per rispetto nel lavoro , per fiducia reciproca nel lavoro , per un minimo di civiltà nei rapporti di lavoro : « Qui il capo reparto mi tratta con confidenza » . « Mi hanno assunto e mi hanno dato confidenza . » Sotto questo aspetto la fascia milanese è certamente meglio che i paesi di origine , sotto questo aspetto si può dire che qui c ' è davvero « un ' idea democratica in movimento » . La casa , il lavoro , il frigorifero sono le grandi aspirazioni , ma la conquista maggiore , la più esaltante , è la libertà fra eguali o ciò che le assomiglia . Uscire in piazza , in strada , incontrare un sacco di gente e in nessuno riconoscere il padrone o i sorveglianti del padrone . Tuffarsi nell ' anonimato industriale e cittadino , sentirsi fuori dal crudele pettegolezzo paesano . Ma non c ' è la frontiera , manca lo spazio sconosciuto e imprevedibile che solo può suscitare le grandi speranze . Qui l ' immigrato sente subito , a vista e a naso , che il posto è piccolo , che ognuno dovrà accontentarsi della sua piccola razione . Capisce anche , sia pure oscuramente , che il tempo del capitalismo individuale e delle sue epopee è finito , qui nessun Walt Whitman gli ripete le parole dell ' indomito ottimismo : « Non siamo passati attraverso i secoli , le caste , le migrazioni e la miseria per fermarci qui » . Invece fermarsi è proprio il desiderio del nostro immigrato : sistemarsi , godere di ciò che si è ottenuto , chiamare i parenti a goderne . Con i modesti desideri dei meridionali . « Spero di diventare cuoco . » « Spero che mi passino saldatore . » Bisogna interrogare i settentrionali per trovarne uno che dica : « Voglio fare fortuna » . E poi , si scopre che ha uno zio ingegnere o una sorella con un ottimo impiego . Insomma direi che manca al pionierismo della fascia la fiducia emersoniana del successo legato al merito , perché « ogni uomo è la sua stella » . Come sarà questo uomo nuovo , questo « libero cittadino milanese » nessuno può dirlo con precisione . Ma si può già dire che sarà un pioniere rassegnato . Operaio sì , ma con tutte le inibizioni e i pregiudizi dei contadini , per parecchi anni a venire . Motorizzato sì , ma escluso dalla corrente vitale della cultura , per parecchi anni . Mi dicono che una inchiesta svolta di recente fra il proletariato londinese ha fatto giustizia delle chiacchiere più o meno interessate sulla classe unica dove borghesi e operai non si riconoscono . Si è capito che anche nella civilissima Londra l ' operaio resta operaio , escluso dalla maggior parte della vita culturale , pochissimi libri , il telefono lo ha solo il 9 per cento , una vita sociale monotona e misera , poca corrispondenza , pochi divertimenti . E allora figuriamoci da noi , figuriamoci nella fascia . Se ne parlerà nei prossimi articoli . Ma un ' indicazione dell ' inchiesta può essere anticipata : usciamo dai fumi del miracolo , guardiamoci attorno , ricordiamoci che esistono gli « altri » .