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L'uomo muscolo ( Bocca Giorgio , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Seicentomila in più , fra Milano e i laghi , negli ultimi dieci anni : il popolo degli immigrati adoperato , più che governato ; tanti uomini - muscolo prima che dei cittadini . Andò così e peggio anche nell ' America della conquista , ma non deve essere una gran consolazione per quelli a cui tocca , adesso . Da un anno la Stazione centrale di Milano non è più il mercato all ' ingrosso dei muscoli , ma il commercio comincia sempre lì : le valigie di fibra e i pacchi davanti le cabine telefoniche , dentro gli uomini - muscolo appena arrivati che telefonano alle pensioni per avere « alloggio e lavoro » . Non conviene più reclutarli in stazione , le garanzie sono poche e i rischi tanti . Meglio lasciar fare a quelli delle pensioni , è un lavoro più pulito e più tranquillo . Cinque su dieci , gli immigrati che arrivano a Milano fanno quella telefonata a cui si risponde : « Aspetta , veniamo a prenderti » o « Stai bene attento , prendi il tram numero tale » . E intanto che aspetta o viaggia quelli delle pensioni han già telefonato al reclutatore che ne è arrivato uno da Gioia del Colle , Trani , Porto Tolle , Isernia , Foligno , comunque uno da sfruttare , ciascuno la sua parte . Nelle pensioni ci sono stanze da sei , otto , dieci letti . Per un letto si pagano dalle sette alle otto mila lire al mese , più mille la settimana per farsi lavare un po ' di roba . In molte pensioni bisogna uscire prima delle nove , le brandine chiuse e alzate contro le pareti e fino alle ventuno la padrona no riapre la porta . In una pensione di corso L . ( inchiesta ILSES ) un operaio con la gamba rotta passa un giorno sulle scale , la padrona non transige sul regolamento . La pensione come prima scuola dello sfruttamento e lo sfruttamento del prossimo più prossimo come la tecnica più felice . Perciò la maggior parte degli affittacamere ( circa 16 mila in città fra legali e clandestini ) sono degli immigrati . In certi casi il subaffitto organizzato può rendere 300 , 400 mila lire al mese , la Questura conosce un tale che è riuscito ad avere tra appartamento e solaio , 65 ospiti . Ci sono quelli che hanno quattro o cinque « esercizi » , li affidano a uno degli inquilini e passano ogni qundici giorni a ritirare gli affitti . Nella città e nella fascia industriale i luoghi delle pensioni si riconoscono dal fiorire delle attività collaterali : cinematografi di terza visione , trattorie modestissime , latterie che vendono anche bevande gasate ecc. Le generazioni nere Poi la mano dello sfruttamento passa ai reclutatori , di solito immigrati . Quel tale che tiene famiglia e quattro automobili : la Seicento per il lavoro in città , la Millecento per i suoi , la Spider per portare a pranzo i signori dell ' edilizia e il camioncino per trasportare sui cantieri gli uomini - muscolo , nei casi di bisogno urgente . Il reclutatore , i suoi amici , gli amici degli amici : la piccola mafia trapiantata al Nord di cui , ogni tanto , si annuncia la fine , come per la grande . Per esempio quando si scoprono , come di recente , sei racket legati a 130 imprese edili . Ma sempre la mala pianta rispunta ; in una inchiesta della federazione comunista si legge che solo quattro immigrate su cento vengono assunte attraverso i canali regolari e le indagini delle ACLI lo confermano . Del resto se ne ha la controprova nei luoghi di origine : l ' anno scorso nove mila persone partono dalla provincia di Cosenza all ' insaputa degli uffici di lavoro . La piccola mafia prospera , le sue tangenti non sono più del cinquanta per cento come nei primi anni , ma sempre redditizie . Sì , ogni tanto uno dei reclutatori viene « pizzicato » , denunciato , multato lire duemila per ogni lavoratore « trattato » . Ma lui paga e ricomincia salvo a cambiare aria per qualche tempo . Naturalmente le serie , moderne , oneste aziende del Nord sono all ' oscuro di tutto , c ' è sempre un appaltatore o un intermediario per salvare la faccia . Ma anch ' esse , specie le medie e piccole , conoscono le maniere di incoraggiare il miracolo : le ore di lavoro straordinario fuori busta ; le paghe arbitrarie ai ragazzi fra i quattordici e i quindici anni ( non più a scuola , non ancora impiegati regolarmente ) ; il lavoro appaltato a quantità , non a tempo , a poveri diavoli che credono di fare un ottimo affare impegnandosi a chili o a metri , non a ore , e poi scoprono di avere tutti gli oneri degli artigiani ma non i vantaggi . Per non dire della « buona occasione » a cui partecipa l ' intera classe imprenditoriale del Nord , usando una forza lavoro che si è formata , trasferita e sistemata a spese della collettività . Detta dai propagandisti politici questa « buona occasione » si riduce a un calcolo elementare : « Negli ultimi dieci anni gli Enti locali del Milanese hanno speso circa 1000 miliardi per accogliere gli immigrati . Avendone recuperato solo 100 per il maggior introito fiscale essi hanno fatto agli imprenditori un regalo netto di 900 miliardi » . Non è così , questa aritmetica troppo semplice non sopravvive al comizio , ma , nelle linee generali , la « buona occasione » , il favore , lo sfruttamento , la necessità dello sviluppo , o come volete chiamarla , esiste e una visita alla fascia industriale serve anche a questo , dico a capire quanto il miracolo economico deva a questa manodopera avuta per niente e , per anni , sottopagata . Ne fanno parte , non dimentichiamolo , anche le donne . Trentotto su cento dicono le inchieste , non arrivano a una paga di 20 o 25 mila lire al mese . Che miracolo poco galante . È accaduto anche in America negli anni della conquista : « Per tre generazioni abbiamo rimboccato le maniche » . Che può voler dire , di là come di qua dall ' Atlantico , gente logorata e ammazzata di lavoro . Oggi i reclutatori del Milanese faticano a collocare i lavoratori che hanno più di trentacinque o quarant ' anni . A quell ' età si è vecchi e finiti per certi cantieri edili . L ' uomo - muscolo accettato solo se i muscoli sono in perfetta efficienza . Gli altri come Michele , il muratore : « Come mi vedono che zoppico un po ' neanche mi provano dicono che non c ' è lavoro , sono dei mesi che giro . Eppure a casa ero muratore fatto » . Le « due nazioni » . Per una , qui a Milano , la settimana corta , la civiltà degli svaghi , la seconda casa e le altre belle novità di cui tutti parlano . Per l ' altra sempre dodici e più ore al giorno e settimane lunghe per tipi che si « danno da fare » : il dopo - fabbrica con lei che taglia cravatte , il marito che lavora a una pressa nel sottoscala e gli altri che fanno la casa propria dopo aver fatto quella altrui . Tutti questi muratori impiegati da un ' industria che sarà più efficiente della romana o della napoletana , ma che conosce gli stessi rapporti di lavoro : 50 o 60 mila lire al mese finché si lavora e poi in cerca di un altro cantiere , una carriera che ricomincia ogni volta , poche possibilità di migliorare , nessuna sicurezza per la vecchiaia e le testimonianze ossessive di questo proletariato permanente , come il volo di un calabrone chiuso in una stanza che va e va finché cade . Tutti questi ex contadini immessi da un giorno all ' altro nel sistema del successo , offerti alle sue cinque tentazioni , il prestigio , il denaro , il potere , la fama , la sicurezza , ma che capiscono quasi subito di essere confinati ai margini e destinati alle cose peggiori del sistema , ai lavori più umili e monotoni . Certo vi sono parecchi immigrati che raggiungono , in fabbrica e fuori , una buona sistemazione economica , qualcuno anche l ' agiatezza . Ma l ' atteggiamento generale di questi « novi homines » rispetto al lavoro manca di gioia : occupazione senza amore , fatica senza grandi speranze . In genere il lavoro non è amato . Cambiano le condizioni del lavoro , ma i giovani continuano a usare le definizioni amare degli anziani : quel reparto nella fabbrica di Rescaldina è sempre « Mauthausen » , quel magazzino di Sesto è sempre « la galera » , nei cantieri edili gli operai parlano sempre di se stessi come di oggetti maltrattati : « Dopo averci sbattuto da un posto all ' altro , vengono e ci tirano fuori dalla baracca » . Il lavoro in una civiltà industriale inedita quasi per tutti . Fatta come ogni civiltà , di elementi contraddittori , di fervori come di frustrazioni . Davanti al progresso tecnologico , per esempio , l ' atteggiamento degli uomini nuovi è incerto e diffidente : quasi sapessero che la tecnica gli dà con una mano , ma con l ' altra gli toglie . Gli operai interrogati da Pizzorno e dai suoi collaboratori sul tema dell ' uomo di fronte alle nuove macchine stanno fra opinioni diverse , spesso divergenti : sì , il lavoro è meno duro , « ma ci vuole troppa attenzione » . Sì , i rapporti gerarchici sono meno sergenteschi , la sorveglianza meno carceraria , « seuno sbaglia non vengono subito a sgridarti , basta la lampadina azzurra che si accende » , però c ' è meno amicizia . Anni fa , per esempio , le operaie potevano starsene a casa uno o due anni per tirar su il figlio e poi tornare in fabbrica : adesso chi esce dal giro fatica a rientrarci , i rapporti personali contano meno . L ' Organizzazione decide a freddo . È ancora l ' eredità contadina , l ' insofferenza all ' orario , il tentativo ingenuo di ricostruire nel mondo industriale i comportamenti e i rapporti di quello campagnolo . Tanto lavoro per vivere una vita quasi incomprensibile . Il popolo laborioso e sradicato . La città tua e non tua « E tu Luigi come la vedi a Milano ? » « Per me Milano è bella , dico meglio bellissima , come la vedono i turisti . » Parecchi rispondono così quasi per affermare una rottura totale , anche estetica , con il passato . Eppure si capisce che l ' atteggiamento estetico della maggioranza verso Milano e dintorni è di indifferenza su un fondo di pena , la pena fisica del contadino inurbato . Qui , nei dintorni , in ogni villaggio - città c ' erano la vecchia e la nuova borgata . Ma dovunque la saldatura è già avvenuta , il magma cementizio ha riempito i vuoti e si divora l ' antico : scomparse le strade radiali da duomo a duomo ; impraticabili , per il traffico , i sagrati ; e chi se non la dinamite potrebbe riportare l ' ordine nelle ventisette coree ? Tanti suburbi ma nessuna traccia di una civiltà suburbana . Niente villaggi residenziali per giovani coppie « prigioniere della fraternità » ; solo gli accampamenti degli immigrati e le fabbriche in un mondo di sradicati sospettosi . Ora il piano intercomunale dovrebbe disegnare in questo caos una geometria razionale ed è ancora possibile , ci sono ancora dei vuoti fra la fascia e la città e fra i centri della fascia . Ma in giro c ' è molto pessimismo , pochi credono che il piano prevarrà sugli egoismi degli interessi privati . E intanto i 600 mila che abitano la città informe sentono ogni tanto affiorare la pena : nelle scuole i bambini disegnano marine . Già , brutta ma libera . Per le continue incertezze dell ' immigrato . Non sentirsi cittadino di questa città , assistere alle partite di calcio senza una vera passione campanilistica , vivere come « nel posto che bene o male ti dà il pane » ma poi capire che , tutto sommato questa cosa immensa e confusa che chiamano Milano , è un luogo dove i rapporti umani sono migliori che altrove . « Qui vai dove ti pare e nessuno ti dice niente . A Messina ogni cosa che facevo subito trovavano a ridire » . « Milano mi piace perché la giri a testa alta » . « Io dico questo , se uno si fa la fidanzata in Sicilia deve portarsi dietro a mangiare anche suo padre , la madre , i fratelli e le sorelle . Qui a Milano si va con la ragazza e si prende un caffè » . La Milano dei ricchi li ignora ? La Milano della borghesia mercantile gli è straniera ? Può darsi , ma poi scoprono che c ' è un ' altra Milano popolare e no che ricorda le sue origini , che ha voglia di eguaglianza , che può darti una mano quando meno te lo aspetti : « Uscii dalla stazione e non sapevo cosa fare . Si avvicinò un signore e mi chiese se stavo male . No , era soltanto che camminavo piano e non riuscivo ad ambientarmi . Mi diede l ' indirizzo di una pensione e mi accompagnò al tram » . « Ero disperato , raccontavo al barista che non trovavo casa e una vecchia che era lì a sentire dice che , se mi accontento posso stare in casa sua che c ' è suo marito pensionato con 22 mila lire al mese . Mi hanno tenuto per quattro mesi e non hanno voluto una lira » . Sradicati , incerti , sottoposti alla doccia scozzese di una città così diversa , membri di una società di cui non vedono il corpo , sempre esitanti fra l ' assimilazione e l ' ortodossia règionale : vestirsi alla milanese , ma poi pretendere tenacemente il pane grosso alla siciliana o quello lavorato alla mantovana : vantare l ' anzianità , « io sono qui da sei anni e quello lì neanche da tre mesi e parla » ma sentirsi stranieri al luogo , restare finché si può legati al paese ( a San Donato su 12500 abitanti ancora quattro mila che conservano le residenze nei paesi di origine ) . Ma nessun mitico « grande ritorno » , la coscienza che laggiù non si può tornare : « E chi ci può stare laggiù » . « Vado là bascio per nu poco d ' olio , ma torno subito , chi ci può stare » . La nostalgia che durerà per tutta la vita sotto la decisione , certa in quasi tutti dopo uno o due anni , di non tornare . Così oggi per qualche generazione ancora . Un uomo nuovo pieno di cose antiche , ma sotto un aspetto almeno integralmente nuovo e inedito in Italia . Per la prima volta in Italia una società di cittadini indifferenti come lo sono dovunque i cittadini delle megalopoli . I cittadini delle città che non sono più città ma galassie urbane . Fra non molto Milano si estenderà per quaranta chilometri , avrà quattro o cinque milioni di abitanti . Come si fa ad amarli i giganti ?