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LA POLONIA INSEGNA ( Spadolini Giovanni , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Invano i comunisti italiani negano che si tratti di un altro momento della « crisi del sistema » . La tragedia polacca , ai loro occhi , si identifica con una « strada sbagliata » , con una serie di errori di direzione politica . È la stessa tesi che fu adottata per i delitti di Stalin , dopo il rapporto Kruscev ; è la stessa tesi che fu assunta per l ' Ungheria . Ma come continuare a sostenerla ? Il sistema comunista , cioè collettivista , appare in crisi quasi in eguale misura nelle società industriali avanzate , come la Cecoslovacchia , e nelle società prevalentemente rurali e di limitata o parziale evoluzione capitalistica , come la Polonia . Una volta sono gli operai di Praga a sollevarsi contro il comunismo , sia pure in nome di un ideale di revisionismo neo - marxista duramente represso e soffocato dai carri armati sovietici ; un ' altra volta sono le massaie di Danzica o di Gdynia a rinnovare le antiche jacqueries plebee con la devastazione dei magazzini , il saccheggio dei negozi , l ' incendio delle sedi del partito , identificato nel simbolo di un potere predatore e sopraffattore . Scene che ricordano l ' ancien régime . La Polonia è il solo paese dell ' Est europeo che aveva tentato una sua strada nazionale al comunismo : il contemperamento della proprietà pubblica dei mezzi di produzione e di scambio con la salvaguardia della piccola e media proprietà contadina , radicata in un tessuto di tradizioni tanto profondo da apparire inestirpabile perfino nel periodo del più cupo e ottuso stalinismo , lo stalinismo di cui fu vittima , a suo tempo eroica , Gomulka . Ma si tratta di un esperimento che è naufragato , non meno del comunismo integrale incondizionato adottato a Budapest od a Praga . Lo spazio riservato all ' impresa agricola , in uno Stato fondato su una prevalente struttura centralizzata , è apparso troppo ristretto per alimentare le capacità dell ' iniziativa e dell ' inventiva individuale ; lo spazio occupato dall ' impresa pubblica nell ' industria troppo vasto e soffocante per consentire un equilibrio effettivo di forze . E le leggi del mercato hanno preso la loro rivincita , una volta di più , su tutte le coercizioni , parziali o totali . È la stessa tragedia che si è riflessa in altri aspetti della vita polacca . In quella religiosa , per esempio . È certo che la Polonia rappresenta la sola nazione dell ' Est europeo , che sia riuscita a difendere l ' indipendenza e l ' integrità della fede cattolica nella grande maggioranza del popolo anche durante l ' epoca nera dell ' oppressione e del terrore staliniani . Il cardinale Wyszinsky è una figura legata al mondo , adesso tanto lontano da sembrare quasi irreale , di Pio XII . Abbozzi e sforzi per un concordato fra Santa Sede e regime comunista non furono mai intermessi , neppure nell ' età delle grandi purghe . Senonché ilprezzo pagato per evitare la prevalenza dell ' ateismo appare grandissimo ; i compromessi volti a salvare il salvabile infiniti ed estenuanti : le deviazioni di parte del clero a favore di un ' intesa diretta col regime - si ricordi il movimento pro sovietico « pax » - insidiose e ritornanti ; la salvaguardia dell ' equilibrio fra i due poteri malsicura e precaria . Quando il presidente polacco Ochab , un fedelissimo di Gomulka , venne in Italia , or sono tre anni e mezzo , finì per non rendere visita al Papa : lui , il rappresentante di uno degli Stati più tenacemente e direi misticamente cattolici d ' Europa . A differenza , magari , del genero di Kruscev o di Gromiko ! Tanti erano i motivi di contrasto e di contrapposizione : tutt ' altro che « conciliari » , allora . Certo , il dramma della Polonia impone un senso profondo di rispetto non disgiunto da un ' accorata vena di malinconia . La stessa repressione ordinata dalle autorità di Varsavia nelle zone baltiche del Paese , zone in gran parte ex tedesche , appare particolarmente severa , e in molti casi spietata , proprio in vista di togliere alla Russia il pretesto ad un qualunque intervento militare . Stretta fra Germania e Russia da secoli , la Polonia non ha dimenticato il turpe mercato del '39 fra Hitler e Stalin , mercato che portò alla sua scomparsa come nazione , all ' amputazione di larga parte delle sue province orientali in favore dell ' Unione Sovietica , ai successivi compensi post - bellici con Pomerania e Alta Slesia , quasi nell ' intento di creare un fossato incolmabile fra tedeschi e polacchi . I riflessi della Ostpolitik di Brandt , cioè dell ' avvicinamento fra Bonn e Mosca , non sono estranei alla nuova fase di turbamenti e di sconvolgimenti della Polonia . Da un lato c ' è il modello economico della Germania occidentale che esercita un indubbio fascino sulle regioni non lontane della Polonia , degradate ad un livello di vita infinitamente più basso ( altro che la polemica contro la civiltà dei consumi ! ) . Dall ' altro c ' è l ' attenuazione del terrore , tradizionale e tutt ' altro che ingiustificato , verso il nemico germanico e la ripresa di un sentimento nazionale anti - russo , che è comune a quasi tutto il Paese , non escluso il grosso del partito comunista . Si è detto che , se la Russia ripetesse in Polonia anche la metà dell ' operazione cecoslovacca , assisteremmo ad una autentica carneficina : le forze armate polacche ripeterebbero contro l ' invasore dell ' Est quello che fecero , con incomparabile eroismo , nei diciassette giorni della resistenza agli invasori dell ' Ovest , nel settembre del '39 . Per tali motivi di fondo , Gomulka , che pur tornò al potere sull ' onda dei fatti di Poznan del '56 , evitò di trarre poi tutte le conseguenze dalla liberalizzazione del comunismo , che invano fu attesa in Europa ; per tali ragioni di fondo , la successiva evoluzione del regime revisionista polacco coincise piuttosto con una involuzione , non priva di ombre inquietanti , come la formazione di un ' ala nazionalstalinista , con un fondo antisemita , quella di Moczar . Oggi tutti i nodi tornano al pettine : riesplodono le contraddizioni , che Gomulka si era illuso di conciliare sull ' onda di un prestigio personale tanto alto quanto meritato . Il divario fra Stato comunista e società civile si approfondisce : al livello della gioventù universitaria non meno che delle maestranze operaie , non meno che delle grandi masse contadine . La struttura del comunismo centralizzatore appare sempre più imposta , ed imposta dall ' alto , ad un paese pluralista , fedele ad una visione occidentale della vita , nutrito da un ' esperienza cattolica che è esperienza di costume e di civiltà . Le eresie , invano respinte o represse , ritornano attraverso forme imprevedibili , che squarciano e lacerano tutti gli ottimismi ufficiali . E l ' ombra della dottrina Breznev sulla sovranità limitata torna a gravare sulla nazione che pur si rifiutò di alzare anche una sola statua a Stalin , nel periodo del suo splendore . A differenza della Cecoslovacchia , che elevò la statua più alta . Nessuna speculazione , quindi , ma una lezione chiarissima . È il sistema del comunismo che appare dovunque in crisi , in una crisi profonda cui non si ripara con le furbizie o le ambiguità delle « vie nazionali » , comode ed evasive nei paesi a democrazia garantita e sicura , come l ' Italia o la Francia . Motivo di meditazione per tutti i fautori della « nuova maggioranza » . Purtroppo , in Italia , c ' è una crisi che appare più grande e profonda di quella dei comunisti : ed è la crisi dei democratici , di troppi democratici . Una crisi , anzi - diciamolo pure - una mancanza di fede in se stessi . E nella libertà .