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Chi brucia le legislature ( Bobbio Norberto , 1983 )
StampaQuotidiana ,
Che il voto di scambio aumenti a danno del voto di opinione , come ho scritto precedentemente , è , anche questa , una vecchia storia . In un discorso pronunciato alla Camera dei deputati il 27 gennaio 1848 , Tocqueville , lamentando la degenerazione dei costumi pubblici , per cui « alle opinioni , ai sentimenti , alle idee comuni si sostituiscono sempre più interessi particolari » , diceva , rivolto ai colleghi del Parlamento : « Mi permetterei di domandarvi se , per quanto ne sapete , in questi ultimi cinque , o dieci , o quindici anni , non sia cresciuto incessantemente il numero di coloro che vi votano per interessi personali o particolari ; e se il numero di chi vi vota sulla base di un ' opinione politica non decresca incessantemente » . Considerava questa tendenza espressione di « morale bassa e volgare » seguendo la quale chi gode dei diritti politici « ritiene di essere in dovere verso se stesso , i propri figli , la propria moglie , i propri genitori , di farne un uso personale nel proprio interesse » . Se la storia è così vecchia bisogna concluderne che la democrazia ideale e la democrazia « realizzata » ( per servirci della stessa espressione con cui si rappresenta la degenerazione del sistema sovietico rispetto all ' ideale ottocentesco del socialismo ) non sono la stessa cosa . Idealmente la democrazia è la forma di governo in cui esistono alcuni istituti , in special modo il diritto di voto distribuito a tutti , destinati a consentire ai governati di controllare i governanti . In realtà le cose sono un po ' più complicate . E ' vero che il potere dei governanti dipende in larga misura dal numero dei voti , ma è anche vero che il numero dei voti dipende dalla maggiore o minor capacità dei governanti di trovare i mezzi per soddisfare le richieste degli elettori . Tra elettore ed eletto si viene così a stabilire un rapporto di dipendenza reciproca . L ' eletto dipende dall ' elettore riguardo alla sua legittimazione a governare ; l ' elettore dipende dall ' eletto se vuole ottenere certi benefici di cui il presunto dispensatore è chi dispone di pubbliche risorse . In questo modo colui che dovrebbe essere il controllore diventa a sua volta il controllato . Si ponga mente alla espressione comune del linguaggio politico : « Quanti voti controlla quel tale deputato , quel tale consigliere comunale , quel tale leader politico nel proprio partito ? » Tocqueville credeva che l ' unico rimedio fosse nell ' elevazione della pubblica moralità . Era convinto che al buongoverno contribuissero più i costumi che le istituzioni , più gli uomini che le leggi . Diceva : « Questa malattia da cui bisogna guarire ad ogni costo e che , credetemi , ci colpirà tutti , tutti capite , se non faremo attenzione , è nello stato in cui si trovano lo spirito pubblico e i pubblici costumi » . Non diversamente , un altro grande scrittore politico dell ' Ottocento , John Stuart Mill , riconosceva che il buongoverno dipende dalle buone leggi , ma aggiungeva che le buone leggi abbisognano di buoni uomini per essere applicate : « A che servono le buone regole di procedura - si domandava - se le condizioni morali del popolo sono tali che i testimoni generalmente mentono e i giudici si lasciano corrompere ? » Distinguendo i cittadini in attivi e passivi , sosteneva che i governi dispotici si reggono sui secondi , i governi democratici hanno bisogno dei primi . Di fronte alla pubblica corruzione , precisava , i passivi dicono : « Bisogna aver pazienza » , gli attivi : « Che vergogna ! » Senza aver mai letto né Tocqueville né Mill molti italiani di oggi la pensano nello stesso modo . Ma le prediche morali purtroppo non servono . Si tratta di sapere se ci sono rimedi istituzionali o politici . Scartata come inefficace la norma costituzionale che vieta il mandato imperativo ovvero impone al rappresentante una volta eletto di non tener conto degli interessi particolari dei suoi elettori ( non vi sono soltanto prediche inutili ma anche leggi inutili ) , di rimedi istituzionali non ne vedo che uno : la durata prestabilita e non troppo breve della legislatura . Prestabilita , perché non deve essere alla mercè della maggioranza , e non troppo breve perché deve consentire alla maggioranza di svolgere il programma senza essere incalzata dall ' assillo dell ' approvazione immediata da parte del corpo elettorale . Non è difficile capire che il mandato imperativo e una legislatura la cui durata pluriennale è stabilita dalla costituzione sono incompatibili . Là dove una costituzione fissa in anticipo la scadenza della legislatura dopo un certo numero di anni , è segno che il mandato del rappresentante non può essere vincolato agli interessi particolari e contingenti dei suoi elettori . Si dirà che una costituzione come la nostra che prevede il divieto di mandato imperativo prevede pure la possibilità dello scioglimento anticipato del Parlamento . Sì , ma è una misura eccezionale . Una delle maggiori aberrazioni del nostro sistema politico nel suo reale funzionamento sta nel fatto che la fine immatura delle legislature è diventata una prassi tanto che ci stiamo abituando a considerare eccezionali quelle che muoiono di morte naturale . Ma l ' assuefazione all ' idea che la legislatura possa essere troncata anzi tempo secondo il beneplacito delle forze politiche dominanti è deleteria , perché impedisce ai rappresentanti del popolo di distogliere i loro sguardi dagli interessi immediati del partito e indirettamente degli elettori . I programmi a lunga scadenza possono venir presentati soltanto all ' inizio : invece la prassi delle legislature bruciate ha fatto sì che sull ' inizio incomba già la fine , sicché la campagna elettorale appena finita ricomincia ed è sempre potenzialmente aperta . Sotto questo aspetto la legislatura più disgraziata è quella tuttora in corso , che ogni sei mesi è stata data per morta . Si capisce che ogni volta che ne viene annunciata la fine , i « moribondi » che vogliono rivivere guardano con rinnovata sollecitudine agli elettori che sono la loro fonte di vita . Una legislatura che sopravvive sotto la continua minaccia di scioglimento , se non a primavera in autunno , se non in autunno alla primavera successiva , attraverso una lunga agonia , non solamente è inoperosa ma contraddice allo spirito della costituzione che intende mantenere le debite distanze tra il momento della designazione dei rappresentanti e il momento della formazione delle leggi . Che questo sia un problema di fondo lo ha capito benissimo il presidente Pertini , di cui non si può che lodare l ' ostinata e a parer mio salutare opposizione alle elezioni anticipate . Occorre interrompere una prassi infausta e ristabilire una buona volta il principio che la durata di cinque anni è la regola , lo scioglimento anticipato l ' eccezione . L ' estrema facilità con cui attori e osservatori politici parlano di elezioni imminenti dipende anche dal non tener conto delle conseguenze che ne derivano , prima fra tutte il venir meno di una remora , l ' unica remora , istituzionale , alla frammentazione delle domande dal basso e al corrispondente particolarismo delle pubbliche decisioni dall ' alto .