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SOLO L'EUROPA ( Spadolini Giovanni , 1971 )
StampaQuotidiana ,
C ' è un solo motivo di ottimismo intorno a noi . E non viene certamente dalla Calabria : dove la lotta continua , aspra , impietosa , ostinata negli animi prima ancora che nelle piazze , dove le barricate della periferia sanfedista di Reggio - emula ormai degli eserciti della Santa Fede - scompaiono e ricompaiono nel giro di poche ore , malinconico simbolo di una guerra civile che l ' imprevidenza di un ' intera classe politica , governo e opposizione , non è riuscita né a prevenire né a comporre . Non viene da Torino : dove le decine di migliaia di sospensioni dal lavoro decise dalla Fiat e dalla Lancia indicano il grado di pericolosa stretta cui va incontro il nostro sistema produttivo , malgrado tutti gli ottimismi ufficiali o ufficiosi , che non possono dissimulare la realtà di una stagnazione produttiva inquietante alla lunga soprattutto per i riflessi nell ' occupazione operaia . Non viene da Roma : dove le polemiche dei partiti sulla violenza sono ancora avvolte in un labirinto di ipocrisie e di strumentalizzazioni , che nascondono o aggirano il problema fondamentale che è uno e uno soltanto , la necessità dello Stato di opporre la maestà della sua legge , severa e imparziale verso tutti , agli assalti della sedizione o della rivolta , da qualunque parte provengano ( l ' ha detto , con parole alte e ferme , al congresso socialdemocratico un antifascista come Aldo Garosci che non ha bisogno , in materia di lealtà e di fedeltà democratica , di prendere lezioni da nessuno : contro ogni tipo di squadrismo nero o rosso esiste solo la legge , eguale per tutti , della Repubblica ) . L ' orizzonte della politica interna non giustifica quindi soverchie illusioni o euforie . Ma c ' è un capitolo che negli ultimi giorni ha registrato una svolta confortante : il capitolo dell ' Europa . Gli accordi suggellati a Bruxelles per l ' armonizzazione delle politiche economiche dei Sei e per l ' instaurazione di una moneta comune entro dieci anni , pur circondati da riserve e da condizioni esplicite , hanno riaperto sull ' Italia , travagliata dalle sue lotte municipali e dai suoi fermenti di degradante anarchismo , la speranza europea , quella speranza che accompagnò gli anni degasperiani e illuminò le grandi fatiche della ricostruzione . È inutile soffermarsi sugli ostacoli , che sono ancora grandi , al raggiungimento della sovrannazionalità . Un fatto è certo : con De Gaulle il « sì » francese alla sperimentazione decisa a Bruxelles non si sarebbe avuto . Qualcosa è cambiato in Francia , qualcosa sta cambiando un po ' dovunque : il via alla ripresa del processo europeistico , a quattordici anni dai trattati di Roma , è ormai un dato acquisito . Le fasi sono graduali : i passaggi dall ' una all ' altra incerti . Occorreranno tre anni di « prova » : tre anni in cui l ' intesa di Bruxelles funzionerà soprattutto a livello tecnico , si rifletterà nel sostegno reciproco delle valute comunitarie sui mercati mondiali , nella restrizione dei margini di fluttuazione delle monete europee , in una maggiore e più articolata interpenetrazione dei capitali . La Germania di Bonn , che è oggi il paese economicamente più solido , conserva il diritto - attraverso la famosa « clausola di salvaguardia » - di far decadere nel 1975 le misure di sostegno monetario reciproco qualora nel frattempo non sia stato raggiunto un accordo soddisfacente sul passaggio alla seconda fase . La Francia di Pompidou non fa getto almeno formale di nessuno dei simboli della sua disdegnosa e aristocratica sovranità nazionale ; ammette appena un diritto di intervento e di controllo del Parlamento europeo . Tutto vero : ma è altrettanto vero che un salto di qualità si è registrato nel meccanismo dell ' Europa comunitaria , che la fase della pura e semplice unione doganale è ormai chiusa , che la minaccia dello schiacciamento fra America e Russia ha finito per risvegliare , quasi in extremis , le forze di resistenza storica e psicologica del continente europeo , paralizzate da veti e da contrasti che sul piano mondiale non sono molto più importanti della guerra fra Reggio e Catanzaro per l ' Italia . Adesso la svolta di Bruxelles lancia una nuova sfida alla classe dirigente italiana : una sfida di adeguamento economico e sociale che dovrà essere superata per volgersi alle fasi ulteriori , alle conclusioni di un ' integrazione più stretta segnata dal simbolo unificante della moneta comune ( altro che il « tallone aureo » sognato , con lo spirito di Luigi XIV , da De Gaulle ! ) . Non è una sfida che possa passare senza influenzare gli indirizzi di fondo della politica generale del paese ; non è una sfida che possa essere vinta senza imporre una radicale correzione di rotta alla nostra finanza pubblica facilona e disinvolta , alla nostra amministrazione caotica e inefficiente , al nostro statalismo parassitario e dispersivo , alle tensioni e vocazioni inflazioniate cui il corso delle aspre e violente lotte sociali continua ad esporci , nonostante il ristabilimento dei conti con l ' estero e il rafforzamento della lira operati dal governo Colombo . Sì : la corsa per l ' Europa presuppone sacrifici e rinunce . Il presidente del Consiglio , che è un europeista convinto e benemerito , ha giustamente esaltato il traguardo di Bruxelles , altrettanto importante sul piano della ripresa psicologica che su quello degli avviamenti concreti anche per l ' ingresso di Londra nel Mec : ma ora toccherà al governo da lui presieduto , e a tutti i partiti che lo compongono , socialisti compresi , onorare gli impegni che derivano dalle intese di Bruxelles , intese « a termine » , intese sottoposte ad una verifica triennale , senza la quale tutto tornerebbe in alto mare . Onorare quegli impegni : a costo di impopolarità , a costo di contrasti coi sindacati e coi tanti settori corporativi del paese , a costo di difficoltà e di tensioni politiche non prevedibili . Perché l ' Italia possa rispettare fino in fondo gli obblighi contratti a Bruxelles si impongono un maggior rigore nella gestione del bilancio statale , una maggiore oculatezza nella spesa pubblica , una completa revisione nella copertura dei disavanzi . Ma non basta : tutta l ' amministrazione del paese , in questa fase di travaglio e di confusione accentuata dalla sovrapposizione delle competenze fra Stato regioni e comuni , dovrà essere resa più razionale e più moderna , tale da consentire veramente un impiego responsabile delle risorse . E ogni sforzo dovrà essere compiuto per il rilancio degli investimenti produttivi , per una nuova fase di espansione economica che si svolga nel segno della stabilità monetaria , contro tutte le suggestioni avventurose e dilapidatrici del pauperismo conciliare . Il peronismo non è conciliabile con l ' Europa . La retorica delle rivendicazioni giustizialiste , cara a talune ali del movimento cattolico e socialista , ci porterebbe sulla via dell ' autarchia e del separatismo : una via che ha sullo sfondo gli epiloghi di Danzica , la tragedia della Polonia . L ' ha scritto un giornale sempre obiettivo , « Le Monde » : « se l ' inflazione continuerà a dilagare , sarà difficile , per non dire impossibile , armonizzare le politiche economiche della comunità » . Chi lavora per lo scardinamento del sistema , dalle opposte sponde , lavora anche contro l ' Europa , la sola speranza che sia rimasta alla nostra generazione dopo le delusioni e le follie di mezzo secolo .