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La morte recita a Staglieno ( Ceronetti Guido , 1982 )
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Staglieno ! Staglieno ! Necropoli senza fi ne , paradiso del necrofilo mentale , giardino accademico dell ' animista ateo ! Staglieno , porto sepolto , sotterraneo , alle spalle della città portuale ! Suo padre , il Père - Lachaise , ha più . misura , è fatto come un regolamento , un ' accademia militare , si è rinchiusa nei suoi viali una società più potente , più compatta , decisa a tenersi tutta per mano e a fare muro contro il tempo sotto il segno del due amanti del Paracleto , Abelardo ed Eloisa , la coppia di intellettuali sepolta in parole nella Patrologia del Migne e in ossa che si baciano e ribaciano sotto il tempietto neogotico di Parigi , ultima loro follia . Al Père - Lachaise , dove si è dissolta la fragilità dei vivi , tiene mirabilmente la forza , l ' energia , la fame di durare , la misteriosa volontà di patema dei morti . Aspettate a dire che la Francia è nella sua amministrazione ; cercate prima nell ' ombelico del Père - Lachaise il segreto della sua forza . Ma Staglieno è più inaspettato , più incredibile , più fantastico . La diga del progetto originario del Barabino , una sobria pianta quadrangolare dominata da un cappellone neoclassico , si rompe presto e il fiume dei morti sommerge la collina , le anime per placarsi pretendono sterminate gallerie , colonnati , boschetti sacri , ambulacri di Dedalo , templi egiziani , e un diluvio , un oceano , un ' atlantide di statue , di bassorilievi , di altorilievi , di busti , di medaglioni , di epigrafi spudorate , di gruppi statuari senza ritegno che raccontino di loro tutto . Staglieno è un ' enorme confessione collettiva , uno dei più grandi spettacoli del teatro della Morte ; si possono passare giorni ( notti , ancora meglio , nascondendosi in qualche cappella ) , settimane intere ad ascoltare quelle tirate , quei monologhi , quei battibecchi su chi ebbe più meriti , su chi ha più ammassato patrimoni celesti , e sempre ti direbbero dell ' insolito , dell ' inaudito sulla nullità , il vuoto , la miseria , la stupidità inarrivabile , l ' assurdità perfetta , la disperazione infinita che i nostri gusci d ' osso nascondono per vomitarli davanti alla faccia del cielo . Le sue voci Se le pietre romaniche cantano , le statue di Staglieno recitano : sono drammi giacosiani , ibseniani , ferrariani , scapigliateschi , verghiani , bracchiani , dannunziani , pirandelliani , labichiani , feidoiani , strindberghiani in una confusione da onde hertziane che s ' incrociano e accavallano , sovraccariche di voci e di rumori . Niente è meno silenzioso , di questo cimitero inesauribilmente sonoro . Il Père - Lachaise è maschio e occidentale . Staglieno è femmina e orientale , come Genova . Ha il disordine , la smania d ' invadere e di straripare con attiva pigrizia , di tutti gli Orienti . I suoi morti sono stati i cittadini orientali di un regno nordico ; cessati i doveri verso il re piemontese , si liberavano di ogni freno in morte . « Irraggia lo splendore orientale / Genova nelle donne dalla testa / Sibillina ... » cantava sotto l ' artiglio del Delfico , Campana . Le sue prodigiose visioni di Genova sono visioni d ' Oriente . Ma non vedremo mai più la Genova orientale campaniana , anche se qualche donna « dalla testa sibillina » , con nei capelli « un po ' d ' alga marina » si può forse incontrarla ancora , nei cortili e nei caruggi . Campana , l ' aedo di Marradi , è il sublime poeta di Genova . Montale è il metafisico del paesaggio ligure : il suo verso , proprio perché di scrittura metafisica , lo assume per disintegrarlo , se ne slega , non lo trattiene . Campana non è metafisico , è un Villon dei porti , un superbo lettore dell ' anima di un porto - Genova . Per girare nel porto , più che del lasciapassare del commissariato , è necessario munirsi dei versi campaniani sulla notte portuale , sul porto che si addormenta : « E ' la forza che dorme , è la tristezza / Inconscia delle cose che saranno / E ' la vita che cullasi nel ritmo / Affaticato » . Tutto è detto ; infelice chi non capisce . Senza marinai Ma quei versi servono soltanto al pensiero e al sogno . Il porto , com ' è oggi , è scoraggiante ... Dal mare e da terra , gli occhi che lo cercano non lo trovano più . Il porto può anche emigrare a Voltri , nel Duemila , o nei fiordi , o in Australia : il porto di Genova non è più . Dov ' è l ' Oriente ? Dov ' è il colore , spia dell ' anima delle cose ? Di notte , dall ' alto , dal largo , il porto è quella curva luminosa che si sfalda in segmenti e puntini tracciata dal compasso del golfo , niente di più banale , se non ti sostiene l ' immaginazione : « Là c ' è il porto » . Prova a cercare un marinaio , laggiù , un vero scaricatore , e balle di mercanzia , o navi piene di gente in lacrime ! Il porto è una immensa gru che nasconde il cielo , le navi sono ferraglia silenziosa , imbottite di containers , quasi mai vedi affacciarsi qualcuno , sono deretani di minerale dove non sembra agitarsi neppure un oxiuro ... Il saluto umano , l ' addio umano , spariti ... I traghetti non sono navi , sono garages ; gli ufficiali avviliti di essere alla testa di equipaggi di camion , di condurre in Sardegna , a Tunisi , a Palermo famiglie di roulottes , tribù di Fiat , di Alfa , di Peugeot , popoli di Michelin , città di Pirelli , cortei di Land Rover , generazioni di trattori , qualche volta con passeggeri sistemati nel cofano , tre o quattro nordafricani , due mezzi genovesi , un magliaro turco , una maestrina di Cagliari , un neonato abbandonato lì dalla madre , fuggita su un ' altra Citroën verso i Pirenei , in tutto così pochi che la Tirrenia non perde tempo a contarli e a fargli pagare il biglietto , né la Finanza a controllarne il bagaglio . Sul ponte , quando le navi partono , si agita una chiave inglese , un pneumatico che non ha voglia di emigrare si sporge triste dal parapetto . Ma dal molo chi gli risponde ? Il braccio di una gru , ma soltanto durante l ' orario sindacale ; mai di domenica . L ' Oriente genovese è da riinventare ... bisogna farlo risorgere dall ' invisibile , andarlo a scoprire nelle Madonnine ( tante Kalì e Annapurne ) ancora sospese ai muri che fatiscono , nelle navi di pietra cariche di balle di pietà cristiana ancora non disertate dagli equipaggi dei devoti ; farlo schizzare fuori dai libri , ascoltarlo in una cadenza dialettale . Credevo di detestare le cadenze liguri : dopo una settimana di immersione nei superstiti odori delle friggitorie di Genova mi penetrava l ' orecchio come una guzla araba , col contrappunto solare di un tamburo semita . In quell ' accento che strapiomba sul mare , dove attira e fa precipitare l ' idea la funerea sirena della u , che si ripete fino al trionfo del sonno in cui dolcemente tutto farà naufragio , c ' è come una tranquillità di contemplativi , un pessimismo ascetico e lontano . Oh perché così presto ? Perché tanto in fretta ? Sappiamo sappiamo che il Tempo mangia la vita , che il Tempo ha fame di tutto e non lascia vivo niente , ma questa metropoli mezzo sudamericana mezzo nordeuropa , sporcata dai gas siderurgici , il porto recintato da una sopraelevata , il cemento che sbaccanaleggia impaziente intorno alle ultime case di Portoria e di piazza Sarzano , luoghi di meraviglie , quadrivii magici , la vergogna dell ' anonimato verticale che soffoca e strazia la sublime distesa delle ardesie - perché tutto d ' un colpo , in pochissimi anni , ha rovesciato l ' Immagine di una città vera , di un mondo autentico , l ' ha sbrindellata , l ' ha dispersa ? Dunque a Staglieno , a Staglieno . Il caos della necropoli ci vendica dell ' Oriente laggiù perduto , dove la melopea campaniana non trova più nella sera ambigua « l ' alito salso umano » , e « nel gorgo di fremiti sordi » l ' odore di stoccafisso e il traballare delle mandòle Staglieno è intatto . La Morte non delude chi l ' ama . ( Almeno un poco : il tanatofobo , se esiste , è un amputato psichico , che non può correre sui sentieri degli elisi ) . Staglieno affascina , ma è il fascino della demenza ... Mi veniva un pensiero terrificante : se davvero dovessero risorgere , e risorgessero così come appaiono nelle sculture , coi loro angeli custodi , i loro cristi di languore , tra lo sgomento degli ultimi viventi , come la terra sopporterebbe il peso di tanto delirio ? Per lo più sono morti in pace , confortati dalla Religione , autorizzati dalla Scienza , tra le lacrime dei Congiunti , dopo vite probe , probissime - perché , in morte , sfogarsi in così scomposti deliri ? Forse perché Staglieno è femmina , un piagnone , anzi una prèfica , isteria che si scatena al contatto del sepolcro , braccia che brancicano , labbra che succhiano , e ha un ' anima di baccante , una febbre dionisiaca nelle vene , proprio lì , a due passi da un Bisagno al di sopra di ogni sospetto . Rachelina , mori a diciannove anni nel 1918 : « Il tuo vergine corpo riposa qui ma l ' anima tua gode coi beati » confessa l ' epigrafe . Su uno , Euterpe piange lacrime di coccodrillo : « Tutto amore per l ' arte che gli fu ispiratrice di elette e profonde armonie ne ritrasse splendida fama ma da quell ' ardore ebbe consunta innanzi tempo la vita » . Un Carlo Orazio « corse Europa e America lasciando ovunque desiderio di sé » , ma non è difficile quando , per correre , non si resta ospiti a lungo . « A Giuseppe Soldi negoziante » ... M ' impressiona un ' Antonietta Noceti « che alla scuola di G . C . imparò l ' eroismo che la tenne sempre serena » per via di quelle due iniziali , che sono quelle del mio povero nome , scritto sull ' acqua piovana . Davvero , alla mia scuola sarebbe possibile imparare uno speciale eroismo che mantiene sempre sereni ? Se fosse così , morrei senza dispiacere , contento della mia . giornata . Quelle porte di marmo , chiuse e semiaperte , presso a cui il Defunto sosta , esitando , incuriosito e atterrito , o è condotto di peso da angeli robusti come infermieri di vecchio manicomio - sono , del fantastico macabro , a Staglieno , uno dei motivi più misteriosi ... Fessurine sulla voragine , aperture sul precipizio , mi attirate morbosamente ... Se non foste di marmo , vi spingerei dolcemente , tentato di guardare ... Nel porticato superiore il monumento più morboso è quello di Raffaele Pienovi , 1879 , dell ' inuguagliabile scultore Villa . Una donzella , più curiosa che disperata , certamente la figlia del Pienovi , solleva leggermente il lenzuolo che copre , elegantemente sgualcito , il caro defunto fin sopra la testa , poggiata su due bei guanciali di malattia . Che cosa vede , la signorina Pienovi ? Ebbe una curiosità simile il marito di Emma Bovary , nella camera mortuaria , lei tutta velata di bianco , tra i ceri lacrimanti : « Lentamente , con la punta delle dita , palpitando , sollevò il velo . Ma gettò un grido d ' orrore … » In un romanzo ci viene detto quel che succede dopo : un grido , e poi il resto della storia ... Ma la sospensione del gruppo statuario è qualcosa d ' immenso , il mistero si chiude inesorabilmente . Il gruppo essendo un poco in alto , il visitatore non vede quel che c ' è sotto il lenzuolo ... Potrebbe non esserci niente ? Non c ' era nessuno ... Sono salito , ho guardato ... Non ho gridato . Non dirò quello che ho visto .