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Il paradiso sta in cielo o in terra? ( Jemolo Arturo Carlo , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Nella bella biografia dedicata a Berlinguer da Gorresio un capitolo s ' intitola « Di fronte ai cattolici » . Berlinguer come Lenin : « L ' unità della lotta per un paradiso in terra che preme più dell ' unità delle opinioni per un paradiso in cielo » . Prescindo da Berlinguer , che , per quanto so , è rispettosissimo della fede religiosa delle persone a lui più vicine , né fa opera di proselitismo ateistico . Ma l ' espressione di Lenin è da considerare : siano con tutti noi coloro che vogliono conquistare un paradiso in terra ; poco importa se poi c ' è tra loro chi crede anche ad un paradiso in cielo . Non so quale significato avesse per Lenin l ' espressione « paradiso in terra » ; certo non dimenticava che la sofferenza , le malattie , la decadenza della vecchiaia , la perdita delle persone care , non sono eliminabili dal cammino umano . Ma , nato nel 1870 , avendo a diciassette anni visto un fratello condannato a morte per complotto , avendo conosciuto a 25 la prigione e poi la deportazione in Siberia , e soprattutto essendo vissuto in una Russia dove ancora dovevano essere forti le tracce della servitù della gleba , l ' arbitrio della polizia era praticamente senza limiti , mentre c ' erano signori con tenute delle dimensioni di una provincia e patrimoni in gioielli valutabili a centinaia di milioni di allora , ed il popolo era quello che appare da Dostoevskij ( l ' ubriachezza unica consolazione dello squallore , la prostituzione unica risorsa per le ragazze povere ) , poteva chiamare paradiso anche la vita dignitosa che l ' operaio tedesco e francese cominciavano a conquistare ed avrebbero raggiunto alla vigilia della prima guerra mondiale . Se così inteso , il motto di Lenin poteva accettarsi , sia pure con la riserva sulla liceità dell ' uso dello stesso vocabolo ad indicare tanto qualcosa di relativo , imperfetto e transitorio , come qualcosa di assoluto ed eterno . Però già allora l ' espressione imponeva una ulteriore riserva , ed oggi questa è più valida che mai , quanto meno per i cristiani , cui Lenin si riferiva . Giacché non si dà contrasto tra i due paradisi nella comune e volgare accezione di un paradiso di Maometto , che ripeterebbe abbellita una vita terrestre ( nella quale può anche enunciarsi che il paradiso è all ' ombra delle spade ) , con tutti i godimenti carnali , della gola e del sesso ; il paradiso cristiano è invece quello cui si perviene con la rinuncia , l ' accettazione , la sofferenza . C ' è , sì , la ricchezza barriera insormontabile per entrare nel regno di Dio ; e si può attenuare il « discorso delle beatitudini » , ricordando che basta la povertà sia nello spirito ; ma non si può cancellare la beatitudine per gli afflitti , i miseri , i pacifici . Non si può capovolgere il Vangelo e non scorgere che in esso la vita terrena è quella della sofferenza : sempre evocati i ciechi , i paralitici , i lebbrosi , le madri che piangono il figlio morto . Per questo , rispettosissimo sempre di tutte le opinioni , mi riesce impossibile accettare un Cristianesimo che in nome della giustizia ami la violenza . ( La si ama , diciamolo pure ; accettatala , non è più un male necessario , perché al pari dell ' Eros , la violenza ha una sua voluttà , non è lo strumento di cui l ' uomo si serve quando gli occorre , per poi gettarlo , ma prende l ' uomo : chi si guarda intorno sa che il ricordo di un ' azione di guerra in cui rifulse il coraggio è nella mente di chi la compì ricordo più luminoso di ogni azione di bontà , di ogni salvataggio di un fratello ) . Non posso accettare un Cristianesimo che non aggiunga alla sua visione della giustizia che essa importa anche per tutti , volonterosi o riluttanti , il distacco da troppi godimenti terreni ; che un paradiso ( molto relativo ) cristiano su questa terra può essere solo quello di una cristianità distaccata dagli agi , dal prestigio , dalla fama , che accetta una generale umiltà . Trasportate al nostro tempo , le parole di Lenin , per ammettere sinceramente nelle proprie file di combattenti anche quelli che credono nel regno dei cieli , dovrebbero suonare : « Uniti tutti quelli che non vogliamo spargere sangue né togliere la libertà ad alcuno , per assicurare una società di eguali nel godimento dei beni economici , di aiuto reciproco ; e allora poco può importarci che tra questi vi sia chi crede pure in un regno dei cieli » . Ma la rivoluzione russa non si sarebbe fatta in tal modo . E se considero la perdita di ogni fede religiosa come una ulteriore ragione d ' infelicità dell ' uomo ( che vede marciare verso l ' etica dello stordimento , un susseguirsi senza posa di gioie diverse , tutte carnali , ch ' egli vuole scambiare per la felicità ) , tuttavia mi rendo conto della propaganda ateistica dei Paesi comunisti , almeno in terre che furono cristiane . necessario infatti che il risultato raggiunto si consideri il paradiso conquistato ( Cotta in un suo breve saggio , La sexualité en tant que dernier mythe politique , scorge in tutte le dottrine rivoluzionarie una ricerca , spesso inconscia , dell ' innocenza perduta dell ' uomo ) ; paradiso che occorre difendere , e dove , come quello biblico , ci deve essere chi ( uomo o collegio ) ha il supremo potere , e non può tollerare autorità religiose o intellettuali che non convenendo con lui su ciò ch ' è bene e ciò ch ' è male , rischino di far perdere la fiducia in questo paradiso . Poiché la montagna non andava a Maometto , andò Maometto alla montagna : dalle inclusioni di cattolici come indipendenti nelle liste elettorali comuniste , trovo conferma alla mia antica constatazione , che il colloquio non ha mai portato un comunista a divenire fedele di una qualsiasi religione , bensì degli uomini cresciuti in ambiente religioso a divenire comunisti . E , per tornare al paradiso , qui pure il paradiso cristiano si avvicina per questi al paradiso di Lenin ; su una rivista di Napoli di cattolici del dissenso , in un buon articolo di Carlo Cardia « Il giurista e gli occhi della storia » ( buon articolo , in molti punti con affermazioni cattolico - liberali cui sono sempre rimasto fedele ) , leggo anche affermazioni in tema di insegnamento ecclesiastico circa l ' etica sessuale , che mi lasciano più che dubbioso ; e apprendo che un teologo tedesco si pone la domanda : « E ' moralmente giustificabile una continenza assoluta ? » . Cardia è prudentissimo , fino a deplorare che la Chiesa accordi dispense matrimoniali tra affini in primo grado . Ma , mentre non è dubbio che il giurista debba argomentare con gli occhi della storia , o meglio con la coscienza sociale , e così pur nel non lungo periodo di durata di una legge , mutarne la interpretazione , il credente ritiene vi siano precetti eterni , comandamenti che valgano per ogni tempo . Per restare al « paradiso sulla terra » , per il credente esso è dato dalla serenità di chi si può abbandonare completamente alla Provvidenza , e ritenere buono ciò che accade , seppure sia la infermità o la mutilazione che lo colpisce . Ma quando in tema di sesso comincia a considerare lieve la colpa che per secoli fu ritenuta grave , ci si avvia su un cammino pericoloso ; in fondo può anche trovarsi il D ' Annunzio giovane , col suo Eleabani , figlio di Gesì , col suo anti - Vangelo : « La carne è santa . Guai a chi non piega l ' anima innanzi a lei » .