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Destra e sogno ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Neanche dopo una travolgente ondata elettorale abbiamo una destra che riesce a essere presentabile , o almeno capace di sembrarlo come nel resto d ' Europa . Ne abbiamo tre lacerti impossibilitati al compromesso e trascinati in una zuffa per il primato alla fine della quale almeno uno resterà cadavere sul terreno . Gli opinionisti dell ' ex centro vorrebbero che fosse Bossi , quelli dell ' ex sinistra preferirebbero Berlusconi . La testa di Fini non la chiede nessuno , perché per ora si tiene defilato alle spalle del cavaliere . Non sorprende che in Italia non sia agevole per la destra darsi espressione politica coerente . Fino a ieri l ' altro è stata fascista , poi democratico - cristiana e poi democristian - socialista , e tutte e tre sono finite indecentemente . Né va da sé un riproporsi sotto forme fasciste nell ' Europa del 1994 : per questo , si suppone , Vittorio Foa o Norberto Bobbio ritenevano finita la funzione dell ' antifascismo e Lucio Colletti garantiva l ' innocuità di Fini . Con qualche imprudenza , perché un grosso voto fascista apre la strada a uno Stato manganellatore , e non è detto che se la crisi sociale si acutizza esso non torni utile : dopo una prima perplessità , « Le Figaro » invidia all ' Italia un governo che saprebbe rispondere meglio di Balladur ai disoccupati e ai giovani in piazza . Né è facile tornare democristiani malgrado le preghiere dei vescovi . Nelle pentole scoperchiate da Mani pulite è esplosa l ' unità politica dei cattolici , metà dei quali si sono consegnati al signore degli spot , subito seguiti da metà della Chiesa . Un partito cattolico doveva essere interclassista e per l ' interclassismo spazio non ce n ' è più . La domanda più interessante è perché da noi non si sia mai formata una destra moderna e liberale . Einaudi fu presidente più per stima che per convinzione , Malagodi restò poca cosa , inutilmente Pannunzio , Scalfari e Ad hanno coltivato i fragili La Malfa o Segni , o qualche altro si è illuso su boccioli presto degenerati , tipo Martelli o i radicali . È dall ' epoca di Beccaria che una borghesia puritana e industriosa , una cultura conservatrice e liberale non abitano qui . Qui abita in Bossi , sola novità , l ' eredità della incompiutezza capitalistica del paese . Essa riflette anche nei nostri confini la nuova divisione del mondo , non più fra capitalismo e socialismo , fra Stato e Stato nazionale , ma fra zone forti e zone deboli . Perciò Bossi è altro da Fini e Berlusconi , e venderà cara la sua pelle . Quanto a Berlusconi , è la sinistra sconfitta a vedere in lui un capitale nazionale a statura europea , piuttosto che le banche continentali che ne conoscono i conti . E Fini , sarà tanto se al parlamento europeo qualcuno non chiederà di metterci fuori dalla Comunità , se lo portiamo al governo . Già Ciampi ha avvertito che gli dorrebbe di essere stato Facta . Mentre la destra insegue se stessa , gli intellettuali di sinistra inseguono i sogni . Pensare che erano stati severamente ammoniti di tornare a terra , smetterla con il messianismo , le utopie , le chimere del socialismo e , Dio non voglia , comunismo . Massimo Cacciari confida a « Repubblica » che se i progressisti non ce l ' hanno fatta è solo per via dell ' immagine : alla faccia nuova e seducente di Berlusconi non hanno opposto che quella nota e poco amena di Occhetto . Ma quel che in Cacciari suona ancora come un certo disprezzo per le élections piège à cons , in molti nostri amici diventa filosofia e la confidano al « Cerchio quadrato » . Il « polo della libertà » ha vinto , scrivono domenica scorsa , non perché prometteva occupazione e meno tasse , ma perché , come Ariel nella Tempesta , liberava la fantasia , dava voce alle pulsioni del profondo , esprimeva spinte esistenziali . La mancanza della sinistra non è stata di idee , per non dire di progetto ( tediosissima parola ) ma di miti e di sogni . Soprattutto di sogni , perché il mito ha un suo qualche spessore e durata , talvolta ha a che fare con il logos , il razionalismo , l ' illuminismo , l ' assolutismo laico che ci hanno malefiziato finora . I bisogni , come dice la parola stessa , sono in gran parte fatti di sogni . I progressisti non l ' hanno capito e ci hanno inondato - basti pensare alle loro prestazioni televisive - di concretezza e materialità , antico vizio da modernità perdente . Non che le cosiddette questioni sociali siano irrilevanti , ma quel che conta sono le vie esistenziali del malessere , che dipendono dall ' immaginario . La tv ammonisce il nostro bieco economicismo che non è l ' essere a determinare la coscienza ma viceversa . All ' anima . Non l ' avevano capito neanche i francofortesi , e Dio sa quanto diffidassero dalle trappole . Ma sono poi trappole ? Le mie amiche della differenza lo chiamano ordine simbolico , insistono che è decisivo , ma talvolta scordano che gli ordini simbolici non si inventano , non si autolegittimano , non vanno in parallelo agli ordini reali , ne sono una proiezione e tendono a eternarli . E quindi non si abbattono per dichiarazione . Un ordine simbolico diverso presuppone o impone ordini sociali diversi . In questo senso è vero quel che altri scrive : che non è più tempo di disvelamenti . Tutto è disvelato nella sua serializzazione e mercificazione , ma ambedue sono accettate . Finiamola di credere che la gente non sa quel che vota . Ha votato Berlusconi non perché appariva favoloso , ma esattamente quel che è , un padrone lombardo furbo che ce l ' ha fatta con il Caf e dopo . Da soli gli italiani non pensano più di farcela , se mai l ' hanno pensato . Questa è la miseria , e miserabilismo è lo starci . Fuggendo nell ' immaginario e affidando alla genetica vocazione antiautoritaria del mercato di regolare le cose per noi , spazzando le escrescenze patrimoniali del potere , che dovrebbero mettere in contraddizione il Berlusconi profittatore di regime con il Berlusconi liberista e garantire la società « sana » . Sana come la Mosca di Eltsin ... ma via , prendiamo il meglio , la Germania , il Giappone , il Sudest asiatico , New York , Messico . Che il mondo sia ammalato e si aggraverà se non cambia un sistema fondato sulla competitività , si dice oggi correntemente a Bruxelles e alle Nazioni Unite . I progressisti invece ne dubitano , e sono pronti a battersi il petto perché sugli spiriti libertari del mercato sarebbero stati messi lacci e lacciuoli , e sui lavoratori troppe provvidenze . Basterebbe che la gente desse retta alle proprie domande immateriali invece che a quelle di salario , magari autoledendosi per un po ' , e tutto si aggiusterebbe . Come dice il Fondo monetario internazionale . Cari amici , perdiamo perché siamo incantati dall ' avversario . Di che materia sarebbero fatti i nostri sogni se è stato un abbaglio credere di dovere e poter cambiare questo mondo ? Su che cosa fonderemmo una comunità altra , se già sono garantite da questa le ragioni della libertà ? Se non è questione di vita o morte per sette degli otto miliardi di persone che fra un po ' siamo , e ormai per un margine crescente delle nostre periferie ? Non si fa politica senza necessità . Non è un optional . Se le cose vanno da sé e in fondo non tanto male , facciamo a meno della sinistra o almeno non prendiamola sul serio . Perché tanta enfasi ? Sembra sempre che cada il mondo e invece abbiamo solo i fascisti di ritorno . Enrico Ghezzi ha fatto vedere a Fuori Orario , la notte prima del voto , Tre inni a Lenin di Dziga Vertov . Curiosa scelta e bizzarro prodotto . Girato negli anni venti , montato nel 1934 - alle spalle di quel Congresso dei vincitori del cui Comitato centrale sarebbero rimasti vivi in una dozzina - e rimontato con musiche orrende negli anni settanta . Le immagini bellissime parlano di un sogno . Mio , dice la gente , tutto mio . La mia terra , la mia fabbrica , la mia elettricità , il mio libro , il mio potere . Mio di lui , mio di lei . Mio di tutti . Neppure la grondante retorica delle scritte non so quando sovrapposte offusca questo sogno dei sogni , cui abbiamo rinunciato non per troppa scienza . Per troppa paura di vedere che cosa è stato , dove e perché s ' è spezzato , gli giriamo attorno , coltiviamo risentimenti e oblii .