StampaQuotidiana ,
Vivo
a
Milano
dal
1948;
avevo
allora
cinquantadue
anni
.
Perché
ho
scelto
Milano
a
preferenza
d
'
altre
città
?
Molti
amici
,
quando
vado
a
Roma
o
altrove
,
me
lo
chiedono
,
tra
stupiti
e
scandalizzati
.
E
la
mia
risposta
è
sempre
la
stessa
:
perché
a
Milano
ho
trovato
un
posto
di
lavoro
soddisfacente
.
Ma
gli
amici
non
si
arrendono
e
obiettano
:
che
ne
è
del
clima
o
meglio
dell
'
habitat
intellettuale
della
città
?
Non
è
forse
vero
che
l
'
incomunicazione
di
massa
ha
qui
toccato
uno
dei
suoi
vertici
?
E
a
questo
punto
la
mia
risposta
è
sempre
la
stessa
:
1°
)
l
'
incomunicazione
di
massa
può
essere
molto
favorevole
a
uno
scrittore
o
artista
che
non
sia
eterodiretto
,
che
non
dipenda
dagli
alti
e
bassi
della
moda
culturale
;
mentre
sarebbe
disastrosa
per
quei
titani
dell
'
aggiornamento
porno
-
sociologico
che
contestano
«
il
sistema
»
ritraendone
lauti
vantaggi
;
2°
)
anche
mettendo
da
parte
ciò
che
Milano
e
la
Lombardia
rappresentano
nella
vita
economica
del
nostro
Paese
,
anche
se
ci
scordiamo
per
un
momento
la
meravigliosa
stagione
del
romanticismo
lombardo
possiamo
tranquillamente
affermare
che
gli
anni
della
scapigliatura
e
del
primo
naturalismo
hanno
fatto
di
Milano
una
città
civilissima
e
culturalmente
importante
.
Sì
,
hanno
fatto
:
ma
ora
?
Io
posso
riferire
due
episodi
diversissimi
,
ma
forse
significativi
.
Nel
1926
incontrai
a
Milano
Italo
Svevo
,
di
cui
conoscevo
solo
l
'
opera
e
la
fotografia
.
Mi
feci
coraggio
,
mi
presentai
e
lo
condussi
subito
in
via
Borgospesso
,
al
«
Convegno
»
.
Vi
trovai
alcuni
scrittori
ben
lieti
di
rendere
omaggio
al
loro
più
anziano
collega
.
Enzo
Ferrieri
,
naturalmente
,
Carlo
Linati
,
Eugenio
Levi
,
Alessandro
Pellegrini
ed
altri
ancora
.
Qualche
mese
dopo
Svevo
tornò
al
«
Convegno
»
per
leggere
una
sua
conferenza
su
Joyce
:
fu
un
avvenimento
che
oggi
non
potrebbe
ripetersi
.
Secondo
episodio
,
trent
'
anni
dopo
.
Nel
1956
si
dette
alla
Scala
un
dramma
lirico
di
sir
William
Walton
,
Troilo
e
Cressida
.
Io
ero
il
traduttore
del
bellissimo
libretto
.
Musicalmente
,
la
partitura
era
elegantissima
,
la
parte
vocale
non
facile
.
Lo
feci
notare
a
Victor
de
Sabata
,
il
quale
sorrise
e
mi
disse
che
la
Scala
sapeva
il
fatto
suo
.
De
Sabata
,
grande
direttore
d
'
orchestra
,
era
notoriamente
incapace
di
mettere
insieme
un
cast
.
Il
risultato
fu
disastroso
:
l
'
opera
,
eseguita
da
artisti
di
terz
'
ordine
,
finì
tra
fischi
assordanti
.
Alla
fine
dello
spettacolo
né
il
Sovrintendente
,
né
il
De
Sabata
,
né
il
direttore
d
'
orchestra
si
fecero
vedere
dall
'
autore
.
Faceva
freddo
,
nevicava
.
Accompagnai
Walton
sguazzando
nella
neve
e
nelle
pozzanghere
.
Lui
era
tranquillo
,
io
pieno
di
vergogna
.
Nonostante
il
freddo
,
la
nebbia
e
lo
smog
Milano
ha
o
avrebbe
tutto
ciò
che
occorre
per
essere
un
'
importante
città
d
'
arte
e
di
cultura
.
Ha
molte
opere
d
'
arte
,
musei
,
biblioteche
(
eccellente
la
Biblioteca
comunale
)
,
alcune
università
;
possiede
due
grandi
orchestre
,
parecchie
istituzioni
musicali
,
è
sede
dei
maggiori
editori
italiani
,
i
suoi
giornali
e
rotocalchi
raggiungono
alte
tirature
.
Ogni
sera
vi
si
tengono
decine
di
conferenze
e
dibattiti
,
il
Piccolo
Teatro
ha
ottenuto
successi
internazionali
,
la
Scala
fa
quel
che
può
(
meno
di
quel
che
potrebbe
)
per
sopravvivere
,
la
direzione
locale
della
Rai
-
TV
compie
lodevoli
sforzi
,
ma
non
si
è
mai
riusciti
a
dare
alla
città
un
decente
museo
d
'
arte
moderna
.
Tuttavia
la
somma
di
simili
meriti
e
demeriti
è
ben
lontana
dal
dare
un
risultato
positivo
.
Non
mancano
le
apparecchiature
e
i
mezzi
,
è
invece
assente
la
volontà
di
coordinare
gli
strumenti
a
disposizione
e
di
dare
al
pubblico
,
anche
al
pubblico
dei
meno
abbienti
,
quei
«
servizi
»
ch
'
esso
avrebbe
il
diritto
di
pretendere
.
Che
Milano
sia
stata
sempre
una
città
sorda
all
'
intelligenza
non
può
dirsi
in
alcun
modo
.
Anche
senza
essere
un
longobardista
(
com
'
era
il
compianto
Bognetti
)
e
nemmeno
un
lombardista
(
com
'
è
il
valentissimo
Dante
Isella
)
io
so
quanto
Milano
abbia
contato
nella
storia
dell
'
intelligenza
italiana
.
Lo
so
per
averlo
letto
nei
libri
,
non
lo
so
affatto
per
mie
recenti
esperienze
personali
.
Tra
il
'25
e
il
'30
io
venivo
a
Milano
come
si
va
alla
Mecca
:
per
rendere
il
mio
tributo
a
una
città
d
'
eccezione
.
Ma
se
debbo
prescindere
dall
'
enorme
importanza
che
Milano
ha
nel
campo
dell
'
industria
e
dell
'
economia
,
io
amo
questa
città
per
l
'
innegabile
senso
civico
dei
suoi
abitanti
,
l
'
amo
perché
vivendoci
riesco
quasi
a
dimenticarmi
di
essere
in
Italia
(
e
non
è
dir
poco
)
,
l
'
amo
perché
qui
il
sottobosco
politico
e
pseudo
culturale
fa
poca
presa
,
l
'
amo
perché
i
miei
amici
A
B
C
...
Z
non
potrebbero
viverci
e
prosperare
,
l
'
amo
perché
qui
si
può
vivere
senza
vedere
nessuno
,
senza
essere
coinvolto
in
qualsiasi
indecoroso
intrallazzo
mondano
,
senza
vergognarmi
di
essere
al
mondo
,
l
'
amo
con
tutto
il
cuore
ma
non
riesco
ad
amarla
per
la
souplesse
,
l
'
agilità
e
l
'
acume
della
sua
intelligenza
.
Dipenderà
dai
cittadini
di
Milano
un
futuro
e
imprevedibile
mutamento
del
volto
,
del
carattere
della
città
?
Certamente
,
ma
non
dai
suoi
uomini
d
'
oggi
.
Milano
è
una
città
buona
,
ma
non
è
una
città
interessante
.
Gli
stranieri
vengono
qui
per
ragioni
d
'
affari
,
ma
ben
pochi
viaggiatori
sentimentali
(
nel
senso
reso
tradizionale
da
Sterne
)
vengono
a
stabilirvisi
.
Milano
potrà
dunque
,
anzi
dovrà
,
diventare
una
città
di
cultura
rinunziando
(
et
pour
cause
)
a
quanto
non
ha
di
congeniale
:
il
colore
locale
,
la
cattiva
reputazione
,
lo
scandalo
,
la
moda
.
Sarà
possibile
?
Tutto
dipenderà
dai
suoi
uomini
di
domani
.
Se
i
giovani
d
'
oggi
si
tagliassero
la
barba
e
imparassero
a
studiare
senza
far
credito
alle
molte
università
che
vi
sorgeranno
,
numerose
come
i
funghi
,
allora
Milano
potrebbe
acquistare
quella
dimensione
morale
e
culturale
che
altre
città
italiane
,
malgrado
l
'
infuriare
delle
discordie
politiche
,
hanno
saputo
in
qualche
modo
difendere
.
Ricordiamo
però
che
la
cultura
non
si
fabbrica
,
nasce
da
sé
quando
è
giunto
il
momento
propizio
.
E
il
momento
stesso
è
una
grazia
che
bisogna
meritare
.