Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
Ingrao ( Rossanda Rossana , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Ingrao ? Un perdente . È la battuta degli ex figiciotti , dei cinquantenni del Pds o Rifondazione , dei democratici convinti che senza Pci l ' Italia sarebbe stata meglio , e di molti , di tutte le età , risentiti di sognare sogni minori . Perdente , dicono soprattutto coloro che gli rimproverano un surplus di politica . Eppure , se non è questa che conta , è difficile immaginare un uomo più « riuscito » , per quanto si possa riuscire nella personale esistenza . Eccolo a ottant ' anni come se ne avesse venti di meno , appena avvertito che il tempo si restringe . Risparmiato da troppe sciagure nel corpo e negli affetti . Povero , ma non ha conosciuto miserie e la sobrietà è la sua misura . Ha una importante compagna di vita , moglie e amica , figlie belle e impegnate , né identiche né lontane , un figlio arrivato tardi , allegro complice in una casa a dominante femminile . Gli Ingrao sono una tribù , con relative radici in un Lazio roccioso come loro . E poi , l ' Ingrao giovane che voleva ? Conoscere il mondo e farsene conoscere , e così è stato . Battersi con e per gli altri , e ha avuto il più grande partito comunista d ' Occidente . Conosce il linguaggio del comizio e quello dei versi , e la musica è il suo giardino . Nessuno nella sinistra è rispettato come lui anche dagli avversari . Che può avere di più un uomo ? Ha perso sul comunismo , borbottano i realisti . Non che sia colpa sua la crisi del marxismo o il crollo dell ' Urss , che sono cosa del secolo , ma il Pci , quello sì era roba sua . Ce l ' hanno con lui coloro per i quali esso non poteva non finire e quelli che pensano che è stato tradito . Il comunismo è uno spettro rimproverante , e il rimprovero si sposta su Ingrao . Può sorriderne , ma sa di essere solo . Per un comunista essere soli non è un incidente esistenziale , è una radicale messa in questione . È vero che in tema di comunismo i conti non tornano , anche se le vittorie e le sconfitte epocali non si misurano sui giornali , e le lacerazioni del mondo possono rimandare a quel che Luporini definiva « il comunismo come orizzonte » . Come il 1789 , forse anche il 1917 ha un destino carsico . Ma ora ? Non basta fare le scelte giuste per vincere ; figurarsi se sono state sbagliate . Al contrario di quel che si dice , la storia si fa con i « se » : prima di compiere quel gesto , un altro era possibile , e se il battito delle ali di una farfalla a Pechino sta a monte del terremoto di San Francisco , un ' azione fatta o non fatta , e tanto più se pubblica , una distrazione , una difficoltà elusa , presenteranno i loro conti . Solo un narcisista se ne assolve , ma il narcisismo è l ' ultimo difetto che a Ingrao si possa imputare . Visto da fuori , vien da chiedersi in che cosa si sia scontrato Pietro Ingrao se non in quello che più era e resta suo . Prima di tutto sulla questione della « rivoluzione italiana » , non la rivoluzione in genere , quella specifica che si riapriva negli anni sessanta . Vige oggi una sorta di progressismo alla rovescia , un hegelismo da bar per cui quel che avviene è il reale e il reale è razionale , e si accompagna a un furioso oscuramento di quel che è stato . Quel che è stato è che il Pci non fu affatto « rivoluzionario » dal dopoguerra a poco fa . Non avrebbe neppure potuto . È tornato a pensarsi come soggetto di un rivoluzionamento sociale , dentro o forse fuori dal patto politico , soltanto nei primi anni sessanta - lo pensò Ingrao , e questo fu l ' ingraismo . Prima di allora l ' ha da venì Baffone degli umili si coniugò non oltre che con la « democrazia avanzata » . Ma quando la guerra fredda cessa di essere la grande discriminante delle coscienze europee , la ricostruzione è compiuta , una generazione è uscita di scena e un ' altra è entrata , in Italia ci sono nuovi proletari e la prima massa studentesca , e il centrismo va in crisi , Ingrao si domanda , e non lui solo , che cosa possiamo diventare . Gliela farei volentieri un ' intervista su che cosa era , vista da oggi , questa « rivoluzione italiana » . Certo più Gramsci che Lenin . Certo si delineò un qualcosa che prima non c ' era , e Amendola , che era un uomo acuto , da allora avversò Ingrao tenacemente . Non so come avrebbe arbitrato Togliatti ; Longo e Berlinguer scelsero Amendola . Non sembra che abbiano veduto molto lontano , quella fu la prima svolta del Pci , il resto venne a seguire . Ma Ingrao era ben fermo a porre le sue domande non a se stesso né ad altri che non fosse il suo partito . E per chiunque sia anche vagamente marxista o non regredisca a una teoria delle élites , il come si esprime il soggetto del movimento storico nella modernità , resta « il » problema . Chi , come me , pensò nel 1969 che la maturazione era tale da non avere più bisogno di una forma - perché la forma è frutto di qualcosa che poi tende a immobilizzare - sbagliava : gli anni settanta e quel che è seguito ci dicono che senza una sua forma , una sua organizzazione , e capace di mutare con il suo soggetto , la contraddizione non si fa soggetto . Si può scegliere di essere invece che di fare , ma non è la stessa cosa . Oggi la società è in sofferenza , ma anche le sue voci più autentiche sono azzittite , quando non integrate ; e atomizzazione e omologazione mettono a rischio fin le identità individuali . Difficile dire quale sarebbe stata per Ingrao una scelta vincente nel breve riemergere della « rivoluzione italiana » : forse la risposta non sarebbe molto dissimile per coloro che la intravidero , molti e divisi , negli anni sessanta , e quando venne in scena nel 1968 . È storia da archiviare o altro ? E se altro , dove si è mancato ? Che cosa occorreva e non ci fu ? Ingrao registrò subito il recedere del Pci . Non so che cosa pensasse del 1976 , ma quando per la prima volta Berlinguer parlò della « produzione come bene in sé » vide l ' inversione di rotta , che sarebbe apparsa enorme con il Lama del 1977 e del 1978 . Ma noi , sinistra extraparlamentare , non dico i gruppi armati , non lo persuademmo - che avevamo a che fare , così drastici e grevi , con un Gramsci messo a giorno ? È vero che eravamo approssimativi , ma chi ti nega in non poca misura ti determina . È stata lunga l ' interruzione del dialogo fra Ingrao e quelli che gli erano rimasti amici anche dopo il 1969 . Lui si rintanava , prima nelle istituzioni , e poi , quando andò a dire al Partito che non ci sarebbe più stato perché occorreva studiare e rimettere a giorno la bussola , gli risposero : giusto , studia e togliti di mezzo . Non so come votasse sulla Nato . Non si agitò sulle leggi speciali . Da fuori chiedevamo , dov ' è Ingrao ? Anche quando scriveva , pareva che lo facesse da lontano . Più agevole capire che cosa sia stato per lui il Partito , strumento e gabbia . Perfino per gli avversari , il fascino di Ingrao sta nell ' aver sempre separato politica da potere . Il Partito era la comunità che o maturava tutta o periva , non lo forzò mai , tanto meno fece uso di una sua autorità - e i suoi , che si sono sentiti abbandonati , glielo rimproverano . Come se quella virtù fosse anche un difetto . Ricordo 1'XI congresso , il primo dissenso esplicito nel Pci : Ingrao se lo assunse da solo , raccomandando agli ingraiani - strano oggetto , compagni che non somigliassero neanche da lontano a una frazione - di starsene buoni . Perdette e perdemmo . Ricordo l ' estate del 1968 , fra il maggio e la Cecoslovacchia , il Partito in sommovimento , alcuni di noi che volevano un affondo e Ingrao , che pur ci aveva sperato , che mi dice : Il Partito non è maturo . È la primavera del 1969 : comunico a Berlinguer che faremo la nostra eretica rivista , gli chiedo : Credi che ci saranno sanzioni ? No , risponde Berlinguer . Sì , risponde Ingrao . E non senza risentimento , perché facevamo di testa nostra , lo lasciavamo . Nella discussione che precede la radiazione del « manifesto » , il suo fu un grande silenzio . Poi restò una voce a parte , il presidente della Camera che andava a Castellanza , il compagno che nel Comitato centrale si differenziava . Nessuno è più amato in un partito comunista di una sinistra che non mette in causa la segreteria . Se ti metti a rischio , mi metti a rischio ; compagno Ingrao , non lo fare , grazie di non farlo . Qual è il momento in cui si può / deve lasciare un ' impresa in cui hai messo la vita , senza essere sconfitti ? Se nel 1969 Ingrao avesse detto : se cacciate quelli del « manifesto » esco con loro , la storia del Pci sarebbe stata diversa ? Se a Firenze non avesse abbracciato Occhetto che gli tendeva una mano ? Pochi giorni prima mi aveva detto : O sto nel Partito o divento un testimone , tu ti contenti della testimonianza . Poi la Bolognina , poi Arco - se Ingrao ... I compagni ne rientrarono furiosi , io lo difesi . Fu un errore , sì , già si era fuori dei tempi massimi . E che aveva a che vedere la Rifondazione di Cossutta con lui ? Gli restò la battaglia sulla guerra del Golfo , l ' ultima . Poi se ne andò , neanche con altri . Da solo . Pensava ancora di coagulare , da fuori , un polo della sinistra non capitalista . E credeva che il « manifesto » potesse esserne il catalizzatore . Ma il « manifesto » non era , non è , fuori della crisi della sinistra , del marxismo , del comunismo , come che si voglia chiamare . Tiene fermo con qualche eroismo un minimo , non poco , non abbastanza . Arrivava Ingrao e non sapeva che dirgli . Quando egli propose almeno un laboratorio di ricerca , il giornale non seppe , non volle , non poté , era altro - ma che contano i conti e le ragioni ? Siamo tutti un po ' poveri . Quell ' uomo fortunato non ha più casa . Perdente , dunque ? Forse sì . Ritirato , giubilato , selvatico nel senso di Leonardo : chi è selvatico si salva ? Ma non è vero , nessuno si salva , non c ' è più un ' altra terra . Ma in quella che c ' è e dove siamo stati sconfitti non ci sono né pace , né ricomposizione , né vero dominio - ci sono le urla e la lacerazione che avevamo a tentoni intravisto nei sessanta , nei settanta . Le avevamo viste con lui e grazie a lui : poi ne traemmo altre conclusioni . Ma chi si aspetta che Ingrao taccia , si sbaglia . È di quelli che preferiscono essere fatti a pezzi che tornare a casa .