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Ritorno a scuola ( Romeo Rosario , 1975 )
StampaQuotidiana ,
Da anni ormai si torna a scuola in un clima di tensione che è uno dei segni più amari di questo nostro tempo . Forse , solo a livello delle elementari sopravvive quell ' atmosfera gioiosa che ricordiamo dai nostri anni infantili e che neppure l ' ostentata spregiudicatezza dei soliti antideamicisiani è riuscita a privare della sua carica di speranza e di avvenire . A questo livello , anzi , l ' « ottimismo pedagogico » è riuscito a realizzare effettivi progressi , sostituendo ai metodi inefficienti e tormentosi di un tempo un atteggiamento più positivo e creativo verso la scuola e verso le cose . Ma il quadro cambia di molto se appena si passa alle medie e , soprattutto , alle scuole superiori e all ' università . C ' è , anzitutto , la politica . Entrata nella scuola con la pretesa di introdurre elementi più vasti di democrazia in una struttura rimasta in parte autoritaria , essa è presto degenerata in esercizio puro e semplice di sopraffazione e di violenza ; e la riprova se ne è avuta in episodi efferati , ancora vivi nella memoria di tutti . La scuola è stata anzi il terreno in cui per la prima volta sono state sperimentate quelle tecniche dirette a capovolgere i processi e le formule della democrazia nel loro contrario che dovevano essere poi applicate con tanto successo nelle sfere più diverse della nostra società . Non solo maggioranze inerti e qualunquiste ma anche gruppi attivi , politicamente e intellettualmente consapevoli , sono stati in tal modo emarginati dalla vita della scuola , ridotta a terreno riservato alle propagande più rozze e aggressive . Per amore di quieto vivere e permissivismo suicida autorità politiche e società civile hanno lasciato che tutto ciò accadesse , si sviluppasse , assumesse le dimensioni e le forme ripugnanti degli ultimi anni . I risultati si sono visti , anche sul piano elettorale , con lo sbandamento di una gioventù abbandonata alla prepotenza intellettuale e psicologica di chi si fa forte non certo di cultura e di argomenti ma di ricatti e intimidazioni . E tuttavia sopraffazione e violenza da sole non sarebbero bastate , se non avessero trovato il sostegno di una cultura psico - pedagogica insensata , priva di ogni plausibile fondamento scientifico , e proprio per questo tanto più pretenziosa e irresponsabile . Sulla base di un avallo così precario si è lasciato che nella scuola trionfassero quasi senza contrasto formule sciocche come quella del rifiuto della cultura « borghese » , identificata tutt ' insieme con Aristotele e con i trovatori , con Galilei e con Kant ; e si è lasciato che si scatenasse una campagna indecorosa contro i valori dell ' intelligenza e della cultura nel nome di un egalitarismo offensivo di ogni principio e di ogni seria socialità . Dove ciò che conta non sono certo gli argomenti che si avanzano a sostegno di queste fanciullaggini , di per sé immeritevoli di considerazione , ma l ' effetto politico che ne deriva : perché una società incapace di difendere e trasmettere i valori che stanno alla sua base è una società incapace e anzi indegna di sopravvivere . La formazione dei giovani migliori , più capaci di dedizione a idealità superiori e meglio in grado di far propri i valori su cui si regge la nostra civiltà , viene così soffocata sul nascere , in modo che a essi resti aperta solo la via della resa , e del passaggio all ' avversario . Ogni misura e criterio si è smarrito nella pratica , impunemente affermatasi in molti istituti , della approvazione universale di tutti gli allievi , senza alcun riferimento , anche fuori della scuola dell ' obbligo , al lavoro compiuto e ai risultati ottenuti : che è una maniera abbastanza ovvia di distruggere dalle fondamenta una scuola di cui sarebbe difficile dire , in queste condizioni , quali siano le giustificazioni e gli obiettivi , una volta che essa non riesce più a distinguere fra il possesso e il rifiuto dei propri contenuti culturali . Non è un caso , del resto , che dopo avere protestato per anni contro il basso livello di istruzione della nostra società , adesso che bene o male si è riusciti a mandare a scuola milioni di bambini che prima ne restavano esclusi , si comincia invece a invocare la « descolarizzazione » . Tagliati fuori da ogni canale di normale inserimento nella società e da ogni legame con la cultura , quei giovani sarebbero preda ancora più facile delle organizzazioni politiche di massa , già oggi in agguato per reclutare nuovi aderenti , e per metterli , senza la protezione di alcuna formazione critica , al servizio dei propri obiettivi . Non diverso il significato della insistenza sui contenuti tecnici e pratici dell ' insegnamento , contro i valori teorici ed estetici . Ridotti a strumenti tecnici , gli uomini saranno tanto più facili da asservire al dominio di chi ha già pronti da tempo ( e mummificati ) i valori teorici ed estetici da sostituire agli antichi . Adesso che davanti ai problemi della scuola è fallita ogni autorità politica e intellettuale , e che i ceti dirigenti di ogni sorta hanno dichiarato bancarotta su questo terreno , spetta , come sempre , agli uomini di scuola assumersi il carico maggiore . Essi non hanno pretese né mezzi rivoluzionari , anche se la loro cultura è spesso tanto più seria e aggiornata di quella dei « rinnovatori » . L ' arma più efficace nelle loro mani è appunto questa cultura : da essa sono germinati gli strumenti critici fuori dei quali non c ' è verità ma solo propaganda e aggressione intellettuale ; e da essa soltanto possono trarre alimento le speranze degli esclusi e dei deboli . Certo , gli insegnanti seri si scontreranno spesso con i saccenti pronti a sottolineare che chi viene da una famiglia nella quale si ascolta Mozart parte avvantaggiato , in fatto di educazione musicale , nei confronti di chi si è invece formato in un mondo di povertà e di scarsa cultura : ma la risposta non sta certo nella negazione di Mozart , sta nello sforzo di far sì che la sua opera diventi patrimonio comune . E ci sono poi le nuove responsabilità a cui la società e le forze politiche sono chiamate attraverso le nuove strutture dei decreti delegati . Nelle loro pieghe si insinueranno , e se ne vedono già i segni , i fautori della sopraffazione , della intimidazione ideologica , dell ' unitarismo imposto e di marca chiaramente totalitaria . Ma proprio per questo , e per la gravità generale della situazione del paese , non si può tollerare che essi agiscano ancora incontrastati . Ciò non toglie , naturalmente , che un problema vi sia nei rapporti tra potere e cultura o , come meglio va detto , tra forze politiche e cultura . Non si tratta tanto di esorcizzare la visione servile della cultura come celebrazione del potere , remunerata con feluche accademiche e sinecure : insidia , questa , evidente e facilmente definibile agli occhi di tutti . Il rischio più sottile è invece quello delle nobili giustificazioni spesso invocate a copertura della strumentalizzazione della cultura , in termini di « impegno » , rapporto « organico » , funzione sociale del sapere : che son tutti modi attraverso i quali la cultura rinuncia a discutere le finalità e i compiti ultimi , e delega le funzioni di guida a forze estranee alla vita e ai problemi del mondo intellettuale . E un pericolo , questo , sempre presente , e la storia dei rapporti del Pci con gli intellettuali , che pur vengono spesso , e con tanta leggerezza , citati a modello , ne offre una pesante documentazione . Forze politiche democratiche di tipo moderno non possono imitare le tattiche dei partiti marxisti senza perciò rinnegare la loro ascendenza liberale : ma hanno invece il diritto di chiedere che la cultura partecipi con le sue capacità critiche e i suoi strumenti di conoscenza alla soluzione dei problemi della società in cui vive . Il potere e la responsabilità ultima delle decisioni operative spetta pur sempre alle forze politiche : ma esse deriveranno una più autentica legittimità democratica e una più incisiva efficacia dalla loro capacità di far proprie le esigenze reali della società , quali vengono espresse e criticamente chiarite dall ' opera della cultura . Per parte sua , da un giusto rapporto con la politica la cultura potrà derivare un arricchimento importante dei suoi contenuti specifici , e uno stimolo a guardarsi dalla irresponsabile leggerezza che caratterizza tanta parte degli interventi intellettuali nelle questioni politiche , come testimoniano in maniera clamorosa certe cronache recenti del nostro paese . Tra la contestazione permanente auspicata da certo radicalismo e i vecchi miti dell ' impegno si colloca lo spazio autentico della cultura democratica : caratterizzata nei confronti della politica da una netta distinzione di ruoli , ma tuttavia disponibile per il dialogo con quei settori della classe politica che al rapporto con gli intellettuali mostrano di avere un interesse autentico e non meramente strumentale .