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Rivoluzione in soffitta ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Com ' è giusto , la nostra stampa ha dedicato molta attenzione al discorso tenuto da Berlinguer al congresso del Pcus a Mosca . Qualcuno ci ha visto una coraggiosa presa di posizione per una « via italiana al socialismo » ; qualche altro un ben concertato « giuoco delle parti » fra i nostri dirigenti e quelli moscoviti per facilitare la conquista del potere in Italia . Noi non abbiamo elementi per pronunciarci . Ci contentiamo di una notazione che va alquanto al di là delle circostanze , ma che ci sembra condizionarle . Nel dibattito sempre più largo e , purtroppo , sempre più attuale sulla « questione comunista » è finora mancata , mi pare , la dimensione storica . Si è molto discusso della nuova politica delle alleanze del Pci e , sul piano ideologico , si è cercato di precisare in che senso si possa parlare in termini nuovi ( rispetto alla tradizione leninista ) dei rapporti tra i concetti di socialismo e di democrazia . Ma , sebbene l ' auspicato compromesso sia detto « storico » non si è cercato di vedere seriamente in che misura la nuova impostazione berlingueriana sia coerente con la visione della storia del nostro paese sulla quale il Pci ha cercato di fondare la sua strategia e di giustificare la sua funzione nel paese . La prospettiva di Gramsci era la rivoluzione degli operai e di contadini come sbocco ultimo e risolutivo delle secolari contraddizioni della storia italiana . Nella spaccatura fra città e campagna , Gramsci aveva visto il limite più grave della rivoluzione comunale ; ed essa a suo giudizio era stata alla radice della ritardata formazione dello Stato nazionale in Italia , del carattere cosmopolitico e non nazionale della cultura italiana , della mancata rivoluzione agraria , che aveva privato il Risorgimento del significato radicale e « giacobino » che era stato proprio della Rivoluzione francese . Lo stesso antagonismo tra Nord e Sud , in questo quadro , si configurava in termini di contrapposizione tra città e campagna . Responsabili di tutto questo erano le tare storiche della borghesia e in genere della classe dirigente italiana antesignane della rivoluzione antifeudale e tuttavia incapaci di portarla sino in fondo . Il revisionismo gramsciano degli anni sessanta ha contestato duramente l ' ispirazione « meridionalista » e « contadina » di queste tesi : ma si è trattato in genere di una revisione da sinistra , volta a recuperare , al di là della politica gramsciana della alleanze , le condizioni di una rivoluzione proletaria e classista . Che è il contrario dell ' impostazione berlingueriana , protesa alla ricerca di nuove alleanze , non più con i contadini spazzati via dal miracolo economico , ma con i ceti medi gli intellettuali e una parte della borghesia imprenditoriale . Che cosa rimane in questa impostazione , dell ' originario rapporto con la visione dell ' irreparabile arretratezza della società italiana , superabile solo attraverso una rottura rivoluzionaria ? Si dirà che il Pci guarda a un rivolgimento democratico nei metodi ma rivoluzionario negli obiettivi : ma l ' ammissione che i grandi problemi della società italiana siano risolubili per via democratica è già una negazione della premessa gramsciana . L ' obiettivo di controllare democraticamente i problemi derivanti dallo sviluppo industriale , di superare il permanente ritardo delle campagne , di assicurare alla classe lavoratrice un peso accresciuto nella direzione dello Stato e della società , è un obiettivo comune a tutti i partiti socialisti dei paesi avanzati : e soltanto nei paesi avanzati il processo democratico ha raggiunto l ' ampiezza necessaria ad assicurare la realizzazione di una politica di grandi trasformazioni senza traumi e senza crisi di regime . Chi ricorda l ' insistenza di Togliatti sull ' inevitabilità della reazione fascista come ultimo atto della risposta borghese all ' avanzata proletaria può misurare quale distanza corra fra quelle posizioni e la prospettiva democratico - pluralista di stampo berlingueriano . Ammettere che questo sia possibile in Italia significa riconoscere che la società italiana ha raggiunto le dimensioni di una grande società moderna , atta a risolvere nel quadro democratico i suoi problemi : e dunque relegare in soffitta la rottura rivoluzionaria che Gramsci teorizzava come inevitabile . Ma con essa occorrerà abbandonare anche la visione gramsciana della storia d ' Italia , sostenuta e sviluppata in un trentennio di studi dalla cultura di sinistra , la cui logica interna appare irrimediabilmente compromessa quando essa viene amputata delle sue conclusioni storico - politiche . Senza questa revisione ampia e certo dolorosa , il compromesso storico , la politica delle alleanze , la rinuncia alla dittatura del proletariato conservano , malgrado le indubbie qualità oratorie di Berlinguer , un carattere di precarietà che le abbassa al livello di espedienti propagandistici a breve termine sempre rinnegabili quando abbiano esaurito la loro utilità . Un ' operazione alle cui spalle resta una visione della storia del paese in pieno contrasto con gli obiettivi che la politica dichiara di perseguire è poco credibile . E non sembra che di questa contraddizione la cultura di sinistra abbia finora preso seria coscienza .