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Mammuth dell'ideologia ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Alla vigilia delle ultime elezioni l ' accordo su alcune candidature comuni da parte dei tre partiti minori e una significativa dichiarazione di Giovanni Agnelli parvero imprimere nuovo slancio alla tematica già un po ' stanca dell ' alleanza laica . Si trattava , beninteso , di cose assai diverse . Le candidature nascevano infatti su un terreno di ordinaria cucina elettorale , stilla base del calcolo dei voti ottenuti in precedenza dai tre alleati ( provvisori ) in alcuni collegi ; mentre la simpatia espressa da Agnelli per l ' iniziativa documentava l ' interesse che una prospettiva del genere aveva suscitato in un settore importante della società italiana come quello imprenditoriale , che molti considerano politicamente sottorappresentato . Anche i risultati delle elezioni hanno dunque un significato diverso come elemento di giudizio nei due casi . L ' esperimento elettorale non ha avuto , nell ' insieme , risultati molto persuasivi , anche se essi sono stati pesantemente condizionati dalla crisi che ha investito tutte le forze di democrazia laica ( con la parziale eccezione del Pri ) , anche fuori dell ' alleanza , e dell ' atteggiamento di netto distacco di due almeno dei tre partiti nei confronti dell ' iniziativa . Resta invece da vedere quale sia il significato permanente dell ' interesse che la proposta ha suscitato al di fuori delle strutture dei partiti , e che è documentato da una serie di manifestazioni sorte a fianco della campagna elettorale e dalle dichiarazioni di disponibilità che si sono raccolte nei più vari settori . Va detto subito che l ' interesse mostrato dai ceti imprenditoriali e di borghesia produttiva per l ' alleanza non può significare che essa sia destinata a proporsi come un ipotetico partito dei produttori . In un paese classista come l ' Italia , industrializzatosi - ed è un caso quasi unico - senza un ' « ideologia dell ' industrializzazione » , il partito dei produttori verrebbe subito identificato col partito dei « padroni » , e questa non sarebbe solo una caratterizzazione negativa sul piano della propaganda ma l ' espressione di un errore di sostanza . Nel mondo moderno non è infatti sopportabile che all ' enorme potere economico dell ' impresa capitalistica si sommi addirittura l ' esercizio diretto del potere politico ; ed è invece necessario , per un corretto funzionamento del sistema , che un potere politico indipendente sia in grado di dialogare , condizionare , dirigere a finalità di interesse generale le incomparabili capacità di realizzazione dell ' impresa privata . Ma ciò non toglie che all ' origine di queste sollecitazioni spontanee alla convergenza di forze storicamente e ideologicamente così diverse , in apparenza , come sono quelle liberali , socialdemocratiche e repubblicane , vi sia comunque l ' intuizione immediata , a livello popolare se si vuole , di una realtà complessa che finora le forze politiche si sono mostrate incapaci di cogliere : la realtà , cioè , del processo che durante il XX secolo ha condotto le grandi forze storiche nelle quali si era divisa la società ottocentesca a confluire su politiche e obiettivi largamente comuni , ai quali si deve la fisionomia dell ' Europa moderna . Liberalismo e socialismo , divisi e contrapposti da conflitti drammatici nel XIX secolo , hanno conosciuto un processo di reciproca integrazione che si è tradotta in acquisizioni durature e irrinunciabili della nostra civiltà . Il processo si è realizzato in modo assai diverso in paesi come la Gran Bretagna e la Germania , nelle regioni del Benelux e in quelle scandinave : ma attraverso queste diversità , che hanno visto il ridimensionamento e talora la scomparsa di alcune grandi forze storiche , dal liberalismo inglese al comunismo tedesco , certi fatti fondamentali sono venuti alla luce . Lo sviluppo dei diritti e dei valori dell ' individuo , in un quadro intangibile di democrazia formale , è diventato obiettivo primario e irrinunciabile nelle nuove forme di socialità realizzate dalle grandi socialdemocrazie ; e a sua volta il riformismo liberale , una volta sorpassata la fase della conquista di garanzie dello Stato con cui s ' identifica la storia delle libertà moderne , ha preso la forma di una serrata battaglia per la realizzazione di strutture sociali atte a dare più vasto spazio e più concreta verità all ' esigenza liberale di assicurare la piena espansione della personalità e della creatività individuale . E storia ormai vecchia , e l ' emblematica adesione al partito liberale di sir William Beveridge , autore del programma di sicurezza sociale che doveva tradursi nel Welfare State laburista , è cosa di trent ' anni fa . E tuttavia , da noi si è sentito parlare anche di recente di contrapposizioni insuperabili fra socialdemocratici e liberali riformisti , e di contrasti inconciliabili tra la liberal - democrazia dei repubblicani e la socialdemocrazia dei socialdemocratici : da parte di chi sarebbe poi assai imbarazzato se dovesse indicare , in Europa , paesi e società liberal - democratiche che non siano quelle socialdemocratiche e viceversa . Tanto la realtà dei fatti ha sopravanzato la scolastica di pregiudizi programmatici invecchiati di mezzo secolo . Se un ritardo c ' è , e vistoso , nella cultura politica del nostro paese , non sul piano accademico e dottrinario ma su quello dei valori concretamente fatti propri dalle forze politiche , esso sta in questa incapacità di prender atto dei mutamenti che intanto sono avvenuti nelle cose da parte di chi avrebbe maggior interesse a farlo . La fedeltà alle bandiere e alle tradizioni ha fatto schermo , in questo come in tanti altri casi , alla pigrizia mentale . Naturalmente , liberalismo e socialismo restano , sul piano teorico , cose diverse , e la tematica dell ' assoluto egualitarismo e quella dell ' assoluto individualismo non sono sempre e chiaramente conciliabili . Ma questo , che è alimento fecondo e irrinunciabile della riflessione critica , non va confuso con la valutazione storica e politica della presente fase di sviluppo delle società industriali avanzate , e tanto meno dev ' essere abbassato a strumento di tendenze che in concreto servono solo a frenare l ' ascesa delle forze reali maturate nella società civile e politica del nostro paese durante gli ultimi decenni . Sarebbe tuttavia troppo facile , se bastasse constatare l ' esistenza di queste realtà altrove per vederne garantito lo sviluppo anche in Italia : dove , a non dir altro , il partito comunista ha catturato gran parte del movimento operaio , che invece ha avuto un ruolo fondamentale nella costruzione delle più avanzate democrazie dell ' Europa moderna . Il problema , naturalmente , non si pone per chi è convinto di avere già trovato , nel Pci , l ' autentico partito socialdemocratico di cui l ' Italia aveva bisogno . Ma questo è vero solo per chi ha deciso di chiudere gli occhi a ciò che accade ogni giorno nella vita di tutti noi . Per chi non ama né apprezza questi esercizi dell ' arte consolatoria la questione è e rimane quella della costruzione di una vera e solida alternativa democratica nel paese più minacciato dal comunismo tra quelli del mondo occidentale . Questa alternativa non può ignorare che il centro dello schieramento democratico è tuttora occupato dall ' area cattolica , che ne ha costituito per trent ' anni il fondamento , e che nelle ultime elezioni ha dimostrato una vitalità che molti non sospettavano . Il successo elettorale della Dc , accompagnato dal gravissimo cedimento dei laici , può anzi sollevare l ' interrogativo se costoro non abbiano ormai smarrito la loro specifica funzione , e non debbano invece rassegnarsi al trionfo di un bipartitismo che anche ai più prudenti appare di tipo quanto meno anomalo . Ma appunto l ' incapacità del sistema politico italiano a realizzare altro che un bipartitismo anomalo ripropone il problema dei laici anche in una situazione in apparenza così brutalmente semplificata dopo il 20 giugno . Anche ai più calorosi simpatizzanti della Dc sarà difficile negare che una larga parte del successo elettorale democristiano è derivato da elementi , per così dire , negativi , di rifiuto del comunismo che non comportano alcuna adesione ai valori specifici di cui la Dc dovrebbe essere portatrice . Il divario tra quei valori e la nuova realtà della società italiana come società industriale è venuto allargandosi negli ultimi decenni , ed è diventato sempre più palese dopo il referendum . Sarebbe un grave errore se il successo elettorale del 20 giugno facesse dimenticare alla Dc la difficoltà che il partito e le sue organizzazioni trovano ogni giorno a stabilire un vero dialogo con strati vastissimi e importanti della società italiana , a proporre soluzioni accettabili di una serie di problemi fondamentali nella vita del mondo moderno . Sarebbe un errore anche più grave sottovalutare le risultanze di inchieste come quella di cui il « Giornale » ha dato notizia qualche giorno fa , e che ha documentato come le vocazioni religiose vengano ormai dalle sole zone rurali , e non abbiano invece più posto nella realtà urbana , che è poi realtà dell ' Italia moderna . Sono problemi da affrontare , se si vuole che il precario equilibrio garantito dal 20 giugno non diventi in avvenire anche più precario . Le risposte saranno certo diverse , a seconda della direzione che nel futuro prenderanno le forze ancora una volta riunitesi dietro lo scudo crociato ; e , in misura non minore , a seconda della evoluzione come sempre imprevedibile del mondo socialista . Ma è indubbio che a questi temi converrà rivolgere una più meditata attenzione , nella pausa di respiro che sembra esserci concessa dopo la vicenda elettorale .