Narrativa ,
ÿþA
Luisa
Venini
Campioni
A
Lei
carissima
Luisa
,
che
tante
persone
e
cose
del
piccolo
mondo
valsoldese
ebbe
familiari
;
a
Lei
,
devota
e
fedele
amica
di
due
care
anime
che
ci
aspettano
nell
'
eternità
,
offro
nel
nome
loro
e
nel
nome
di
un
altro
morto
a
Lei
diletto
il
libro
che
queste
sacre
memorie
e
non
queste
sole
,
segretamente
richiama
.
Antonio
Fogazzaro
PARTE
PRIMA
1
.
Risotto
e
tartufi
Soffiava
sul
lago
una
breva
fredda
,
infuriata
di
voler
cacciar
le
nubi
grigie
,
pesanti
sui
cocuzzoli
scuri
delle
montagne
.
Infatti
,
quando
i
Pasotti
,
scendendo
da
Albogasio
Superiore
,
arrivarono
a
Casarico
,
non
pioveva
ancora
.
Le
onde
stramazzavano
tuonando
sulla
riva
,
sconquassavan
le
barche
incatenate
,
mostravano
qua
e
là
,
sino
all
'
opposta
sponda
austera
del
Doi
,
un
lingueggiar
di
spume
bianche
.
Ma
giù
a
ponente
,
in
fondo
al
lago
,
si
vedeva
un
chiaro
,
un
principio
di
calma
,
una
stanchezza
della
breva
;
e
dietro
al
cupo
monte
di
Caprino
usciva
il
primo
fumo
di
pioggia
.
Pasotti
,
in
soprabito
nero
di
cerimonia
,
col
cappello
a
staio
in
testa
e
la
grossa
mazza
di
bambù
in
mano
,
camminava
nervoso
per
la
riva
,
guardava
di
qua
,
guardava
di
là
,
si
fermava
a
picchiar
forte
la
mazza
a
terra
,
chiamando
quell
'
asino
di
barcaiuolo
che
non
compariva
.
Il
piccolo
battello
nero
con
i
cuscini
rossi
,
la
tenda
bianca
e
rossa
,
il
sedile
posticcio
di
parata
piantato
a
traverso
,
i
remi
pronti
e
incrociati
a
poppa
,
si
dibatteva
,
percosso
dalle
onde
,
fra
due
barconi
carichi
di
carbone
che
oscillavano
appena
.
«
Pin
!
»
,
gridava
Pasotti
sempre
più
arrabbiato
.
«
Pin
!
»
Non
rispondeva
che
l
'
eguale
,
assiduo
tuonar
delle
onde
sulla
riva
,
il
cozzar
delle
barche
fra
loro
.
Non
c
'
era
,
si
sarebbe
detto
,
un
cane
vivo
in
tutto
Casarico
.
Solo
una
vecchia
voce
flebile
,
una
voce
velata
da
ventriloquo
,
gemeva
dalle
tenebre
del
portico
:
«
Andiamo
a
piedi
!
Andiamo
a
piedi
!
»
Finalmente
il
Pin
comparve
dalla
parte
di
San
Mamette
.
«
Oh
là
!
»
,
gli
fece
Pasotti
alzando
le
braccia
.
Quegli
si
mise
a
correre
.
«
Animale
!
»
,
urlò
Pasotti
.
«
T
'
han
posto
un
nome
di
cane
per
qualche
cosa
!
»
«
Andiamo
a
piedi
,
Pasotti
»
,
gemeva
la
voce
flebile
.
«
Andiamo
a
piedi
!
»
Pasotti
tempestò
ancora
col
barcaiuolo
che
staccava
in
fretta
la
catena
del
suo
battello
da
un
anello
infisso
nella
riva
.
Poi
si
voltò
con
una
faccia
imperiosa
verso
il
portico
e
accennò
a
qualcuno
,
piegando
il
mento
,
di
venire
.
«
Andiamo
a
piedi
,
Pasotti
!
»
,
gemette
ancora
la
voce
.
Egli
si
strinse
nelle
spalle
,
fece
con
la
mano
un
brusco
atto
di
comando
,
e
discese
verso
il
battello
.
Allora
comparve
ad
un
'
arcata
del
portico
una
vecchia
signora
,
stretta
la
magra
persona
in
uno
scialle
d
'
India
,
sotto
al
quale
usciva
la
gonna
di
seta
nera
,
chiusa
la
testa
in
un
cappellino
di
città
,
sperticatamente
alto
,
guernito
di
rosette
gialle
e
di
pizzi
neri
.
Due
ricci
neri
le
incorniciavano
il
viso
rugoso
dove
s
'
aprivano
due
grandi
occhi
dolci
,
annebbiati
,
una
gran
bocca
ombreggiata
di
leggeri
baffi
.
«
Oh
,
Pin
»
,
diss
'
ella
giungendo
i
guanti
canarini
e
fermandosi
sulla
riva
a
guardar
pietosamente
il
barcaiuolo
.
«
Dobbiamo
proprio
andare
con
un
lago
di
questa
sorte
?
»
Suo
marito
le
fece
un
altro
gesto
più
imperioso
,
un
'
altra
faccia
più
brusca
della
prima
.
La
povera
donna
sdrucciolò
giù
in
silenzio
al
battello
e
vi
fu
fatta
salire
,
tutta
tremante
.
«
Mi
raccomando
alla
Madonna
della
Caravina
,
caro
il
mio
Pin
»
,
diss
'
ella
.
«
Un
lago
così
brutto
!
»
Il
barcaiuolo
negò
del
capo
,
sorridendo
.
«
A
proposito
»
,
esclamò
Pasotti
«
hai
la
vela
?
»
«
Ce
l
'
ho
su
in
casa
»
,
rispose
Pin
.
«
Debbo
andare
a
prenderla
?
La
signora
qui
avrà
paura
,
forse
.
E
poi
,
ecco
là
che
vien
l
'
acqua
!
»
«
Va
'
!
»
,
fece
Pasotti
.
La
signora
,
sorda
come
un
battaglio
di
campana
,
non
udì
verbo
di
questo
colloquio
,
si
meravigliò
molto
di
veder
Pin
correr
via
e
chiese
a
suo
marito
dove
andasse
.
«
La
vela
!
»
,
le
gridò
Pasotti
sul
viso
.
Colei
stava
lì
tutta
china
,
a
bocca
spalancata
,
per
raccogliere
un
po
'
di
voce
,
ma
inutilmente
.
«
La
vela
!
»
,
ripeté
l
'
altro
,
più
forte
,
con
le
mani
accostate
al
viso
.
Ella
sospettò
d
'
aver
capito
,
trasalì
di
spavento
,
fece
in
aria
col
dito
un
geroglifico
interrogativo
.
Pasotti
rispose
tracciando
pure
in
aria
un
arco
immaginario
e
soffiandovi
dentro
;
poi
affermò
del
capo
,
in
silenzio
.
Sua
moglie
,
convulsa
,
si
alzò
per
uscire
.
«
Vado
fuori
!
»
,
diss
'
ella
angosciosamente
.
«
Vado
fuori
!
Vado
a
piedi
!
»
Suo
marito
l
'
afferrò
per
un
braccio
,
la
trasse
a
sedere
,
le
piantò
addosso
due
occhi
di
fuoco
.
Intanto
il
barcaiuolo
ritornò
con
la
vela
.
La
povera
signora
si
contorceva
,
sospirava
,
aveva
le
lagrime
agli
occhi
,
gittava
alla
riva
delle
occhiate
pietose
,
ma
taceva
.
L
'
albero
fu
rizzato
,
i
due
capi
inferiori
della
vela
furono
legati
,
e
la
barca
stava
per
prender
il
largo
,
quando
un
vocione
mugghiò
dal
portico
:
«
To
'
,
to
'
,
il
signor
Controllore
!
»
,
e
ne
sbucò
un
pretone
rubicondo
,
con
una
pancia
gloriosa
,
un
gran
cappello
di
paglia
nera
,
il
sigaro
in
bocca
e
l
'
ombrello
sotto
il
braccio
.
«
Oh
,
curatone
!
»
,
esclamò
Pasotti
.
«
Bravo
!
È
di
pranzo
?
Viene
a
Cressogno
con
noi
?
»
«
Se
mi
toglie
!
»
,
rispose
il
curato
di
Puria
,
scendendo
verso
il
battello
.
«
To
'
to
'
che
c
'
è
anche
la
signora
Barborin
!
»
Il
faccione
diventò
amabile
amabile
,
il
vocione
dolce
dolce
.
«
Ha
in
corpo
una
paura
d
'
inferno
,
povera
diavola
»
,
ghignò
Pasotti
,
mentre
il
curato
faceva
degli
inchinetti
e
dei
sorrisetti
alla
signora
,
cui
quel
minacciato
soprappiù
di
peso
metteva
un
nuovo
terrore
.
Ella
si
mise
a
gesticolare
in
silenzio
come
se
gli
altri
fossero
stati
sordi
peggio
di
lei
.
Additava
il
lago
,
la
vela
,
la
mole
del
curato
enorme
,
alzava
gli
occhi
al
cielo
,
si
metteva
le
mani
sul
cuore
,
se
ne
copriva
il
viso
.
«
Peso
mica
tanto
»
,
disse
il
curato
,
ridendo
.
«
Tâs
giò
,
ti
»
,
soggiunse
rivolto
a
Pin
,
che
aveva
sussurrato
irriverentemente
:
«
Ona
bella
tenca
»
.
«
Sapete
»
,
esclamò
Pasotti
,
«
cosa
faremo
perché
le
passi
la
paura
?
Pin
,
hai
un
tavolino
e
un
mazzo
di
tarocchi
?
»
«
Magari
un
po
'
unti
»
,
rispose
Pin
,
«
ma
li
ho
.
»
Ci
volle
del
buono
per
far
capire
alla
signora
Barbara
,
detta
comunemente
Barborin
,
di
che
si
trattasse
adesso
.
Non
lo
voleva
intendere
,
neanche
quando
suo
marito
le
cacciò
in
mano
,
per
forza
,
un
mazzo
di
carte
schifose
.
Ma
per
ora
non
era
possibile
,
giuocare
.
La
barca
avanzava
faticosamente
,
a
forza
di
remi
,
verso
la
foce
del
fiume
di
S
.
Mamette
,
dove
si
sarebbe
potuto
alzar
la
vela
,
e
i
cavalloni
sbattuti
indietro
dalle
rive
si
arruffavano
con
i
sopravvegnenti
,
facevano
ballare
il
battello
fra
un
bollimento
di
creste
spumose
.
La
signora
piangeva
.
Pasotti
imprecava
a
Pin
che
non
s
'
era
tenuto
bastantemente
al
largo
.
Allora
il
curatone
,
afferrati
due
remi
,
ben
piantata
la
gran
persona
in
mezzo
al
battello
,
si
mise
a
lavorar
di
schiena
,
tanto
che
in
quattro
colpi
si
uscì
dal
cattivo
passo
.
La
vela
fu
alzata
,
e
il
battello
scivolò
via
liscio
,
a
seconda
,
con
un
sommesso
gorgoglio
sotto
la
chiglia
,
con
ondular
lento
e
blando
.
Il
prete
sedette
allora
sorridente
accanto
alla
signora
Barborin
che
chiudeva
gli
occhi
e
mormorava
giaculatorie
.
Ma
Pasotti
batteva
impaziente
il
mazzo
dei
tarocchi
sul
tavolino
e
bisognò
giuocare
.
Intanto
la
pioggia
grigia
veniva
avanti
adagio
adagio
,
velando
le
montagne
,
soffocando
la
breva
.
La
signora
andava
ripigliando
fiato
a
misura
che
ne
perdeva
il
vento
,
giuocava
rassegnata
,
pigliandosi
in
pace
gli
spropositi
propri
e
le
sfuriate
di
suo
marito
.
Quando
la
pioggia
incominciò
a
mormorar
sulla
tenda
del
battello
e
sull
'
onda
morta
che
andava
tutt
'
ora
,
quasi
senz
'
aria
,
agli
scogli
del
Tentiòn
;
quando
il
barcaiuolo
pensò
bene
di
calar
la
vela
e
di
riprendere
i
remi
,
la
signora
Barborin
respirò
del
tutto
.
«
Caro
il
mio
Pin
!
»
,
diss
'
ella
teneramente
;
e
si
mise
a
giuocar
a
tarocchi
con
uno
zelo
,
con
un
brio
,
con
una
beatitudine
in
viso
,
che
non
si
turbavano
né
di
spropositi
né
di
strapazzate
.
Molti
giorni
di
breva
e
di
pioggia
,
di
sole
e
di
tempeste
sorsero
e
tramontarono
sul
lago
di
Lugano
,
sui
monti
della
Valsolda
,
dopo
quella
partita
a
tarocchi
giuocata
dalla
signora
Pasotti
,
da
suo
marito
,
controllore
delle
dogane
a
riposo
,
e
dal
curatone
di
Puria
,
nel
battello
che
costeggiava
lento
,
in
mezzo
ad
una
nebbiolina
di
pioggia
,
le
scogliere
di
S
.
Mamette
e
Cressogno
.
Quando
rivedo
nella
memoria
qualche
casupola
nera
che
ora
specchia
nel
lago
le
sue
gale
di
zotica
arricchita
,
qualche
gaia
palazzina
elegante
che
ora
decade
in
un
silenzioso
disordine
;
il
vecchio
gelso
di
Oria
,
il
vecchio
faggio
della
Madonnina
,
caduti
con
le
generazioni
che
li
veneravano
;
tante
figure
umane
piene
di
rancori
che
si
credevano
eterni
,
di
arguzie
che
parevano
inesauribili
,
fedeli
ad
abitudini
di
cui
si
sarebbe
detto
che
solo
un
cataclisma
universale
potesse
interromperle
,
figure
non
meno
familiari
di
quegli
alberi
alle
generazioni
passate
,
e
scomparse
con
essi
,
quel
tempo
mi
pare
lontano
da
noi
molto
più
del
vero
,
come
al
barcaiuolo
Pin
,
se
si
voltava
a
guardar
il
ponente
,
parevano
lontani
più
del
vero
,
dietro
la
pioggia
,
il
San
Salvatore
e
i
monti
di
Carona
.
Era
un
tempo
bigio
e
sonnolento
,
proprio
come
l
'
aspetto
del
cielo
e
del
lago
,
caduta
la
breva
che
aveva
fatto
tanta
paura
alla
signora
Pasotti
.
La
gran
breva
del
1848
,
dopo
aver
dato
poche
ore
di
sole
e
lottato
un
pezzo
con
le
nuvole
pesanti
,
spenta
da
tre
anni
,
lasciava
piovere
e
piovere
i
giorni
quieti
,
foschi
,
silenziosi
dove
cammina
questa
mia
umile
storia
.
I
re
e
le
regine
di
tarocchi
,
il
Mondo
,
il
Matto
e
il
Bagatto
erano
in
quel
tempo
e
in
quel
paese
personaggi
d
'
importanza
,
minute
potenze
tollerate
benevolmente
nel
seno
del
grande
tacito
impero
d
'
Austria
,
dove
le
loro
inimicizie
,
le
loro
alleanze
,
le
loro
guerre
erano
il
solo
argomento
politico
di
cui
si
potesse
liberamente
discutere
.
Anche
Pin
,
remando
,
ficcava
avidamente
sopra
le
carte
della
signora
Barborin
il
suo
adunco
naso
curioso
,
e
lo
ritraeva
a
malincuore
.
Una
volta
restò
dal
remare
per
tenervelo
su
e
vedere
come
la
povera
donna
se
la
sarebbe
cavata
da
un
passo
difficile
,
cosa
avrebbe
fatto
di
una
certa
carta
pericolosa
a
giuocare
e
pericolosa
a
tenere
.
Suo
marito
picchiava
impaziente
sul
tavolino
,
il
curatone
palpava
con
un
sorriso
beato
le
proprie
carte
,
e
lei
si
stringeva
le
sue
al
petto
,
ridendo
e
gemendo
,
sbirciando
ora
l
'
uno
ora
l
'
altro
de
'
suoi
compagni
.
«
Ha
il
Matto
in
mano
»
,
sussurrò
il
curato
.
«
Fa
sempre
così
,
lei
,
quando
ha
il
Matto
»
,
disse
Pasotti
e
gridò
picchiando
:
«
Giù
questo
Matto
!
»
.
«
Io
lo
butto
nel
lago
»
,
diss
'
ella
.
Gittò
un
'
occhiata
a
prora
e
trovò
lo
scampo
di
osservare
che
si
toccava
Cressogno
,
ch
'
era
tempo
di
smettere
.
Suo
marito
sbuffò
alquanto
,
ma
poi
si
rassegnò
a
infilare
i
guanti
.
«
Trota
,
oggi
,
curato
»
,
diss
'
egli
mentre
l
'
umile
sposa
glieli
abbottonava
.
«
Tartufi
bianchi
,
francolini
e
vin
di
Ghemme
.
»
«
Lo
sa
,
lo
sa
,
lo
sa
?
»
,
esclamò
il
curato
.
«
Lo
so
anch
'
io
.
Me
l
'
ha
detto
il
cuoco
,
ieri
,
a
Lugano
.
Che
miracoli
,
eh
,
la
signora
marchesa
!
»
«
Ma
,
miracoli
?
Pranzo
di
Sant
'
Orsola
,
intanto
;
e
poi
invito
di
signore
:
le
Carabelli
madre
e
figlia
;
quelle
Carabelli
di
Loveno
,
sa
?
»
«
Ah
sì
?
»
,
fece
il
curato
.
«
E
ci
sarebbe
qualche
progetto
...
?
Ecco
là
don
Franco
in
barca
.
Ehi
,
che
bandiera
,
il
giovinotto
!
Non
gliel
'
ho
mai
vista
.
»
Pasotti
alzò
la
tenda
del
battello
,
per
vedere
.
Poco
discosto
una
barca
dalla
bandiera
bianca
e
azzurra
si
cullava
in
un
comune
moto
di
saliscendi
,
in
una
comune
stanchezza
con
l
'
onda
.
A
poppa
,
sotto
la
bandiera
,
v
'
era
seduto
don
Franco
Maironi
,
l
'
abiatico
della
vecchia
marchesa
Orsola
che
dava
il
pranzo
.
Pasotti
lo
vide
alzarsi
,
dar
di
piglio
ai
remi
e
allontanarsi
remando
adagio
,
verso
l
'
alto
lago
,
verso
il
golfo
selvaggio
del
Dòi
;
la
bandiera
bianca
e
azzurra
si
spiegava
tutta
,
sventolava
sulla
scia
.
«
Dove
va
,
quell
'
originale
?
»
,
diss
'
egli
.
E
brontolò
fra
i
denti
,
con
una
forzata
raucedine
da
barabba
milanese
:
«
Antipatico
!
»
«
Dicono
ch
'
è
così
di
talento
!
»
,
osservò
il
prete
.
«
Testa
pessima
»
,
sentenziò
l
'
altro
.
«
Molta
boria
,
poco
sapere
,
nessuna
civiltà
.
»
«
È
mezzo
marcio
»
,
soggiunse
.
«
Se
fossi
io
quella
signorina
...
»
«
Quale
?
»
,
chiese
il
curato
.
«
La
Carabelli
.
»
«
Tenga
a
mente
,
signor
Controllore
.
Se
i
francolini
e
i
tartufi
bianchi
sono
per
la
popòla
Carabelli
,
son
buttati
via
.
»
«
Sa
qualche
cosa
,
Lei
?
»
,
disse
piano
Pasotti
con
una
vampa
di
curiosità
negli
occhi
.
Il
prete
non
rispose
perché
in
quel
punto
la
prora
strisciò
sulla
rena
,
toccò
all
'
approdo
.
Egli
uscì
il
primo
;
quindi
Pasotti
diede
a
sua
moglie
,
con
una
rapida
mimica
imperiosa
,
non
so
quali
istruzioni
,
e
uscì
anche
lui
.
La
povera
donna
venne
fuori
per
l
'
ultima
,
tutta
rinfagottata
nel
suo
scialle
d
'
India
,
tutta
curva
sotto
il
cappellone
nero
dalle
rosette
gialle
,
barcollando
,
mettendo
avanti
le
grosse
mani
dai
guanti
canarini
.
I
due
ricci
pendenti
a
lato
della
sua
mansueta
bruttezza
avevano
un
particolare
accento
di
rassegnazione
sotto
l
'
ombrello
del
marito
,
proprietario
,
ispettore
e
geloso
custode
di
tante
eleganze
.
I
tre
salirono
al
portico
col
quale
la
villetta
Maironi
cavalca
,
da
ponente
,
la
via
dell
'
approdo
alla
chiesa
parrocchiale
di
Cressogno
.
Il
curato
e
Pasotti
fiutavano
,
tra
un
sospiro
di
dolcezza
e
l
'
altro
,
certo
indistinto
odore
caldo
che
vaporava
dal
vestibolo
aperto
della
villa
.
«
Ehi
,
risotto
,
risotto
»
,
sussurrò
il
prete
con
un
lume
di
cupidigia
in
faccia
.
Pasotti
,
naso
fine
,
scosse
il
capo
aggrottando
le
ciglia
,
con
manifesto
disprezzo
di
quell
'
altro
naso
.
«
Risotto
no
»
,
diss
'
egli
.
«
Come
,
risotto
no
?
»
,
esclamò
il
prete
,
piccato
.
«
Risotto
sì
.
Risotto
ai
tartufi
;
non
sente
?
»
Si
fermarono
ambedue
a
mezzo
il
vestibolo
,
fiutando
l
'
aria
come
bracchi
,
rumorosamente
.
«
Lei
,
caro
il
mio
curato
,
mi
faccia
il
piacere
di
parlare
di
posciandra
»
,
disse
Pasotti
dopo
una
lunga
pausa
,
alludendo
a
certa
rozza
pietanza
paesana
di
cavoli
e
salsicce
.
«
Tartufi
si
,
risotto
no
.
»
«
Posciandra
,
posciandra
»
,
borbottò
l
'
altro
,
un
poco
offeso
.
«
Quanto
a
quello
...
»
La
povera
mansueta
signora
capì
che
litigavano
,
si
spaventò
e
si
mise
a
cacciar
puntate
al
soffitto
coll
'
indice
destro
,
per
significare
che
lassù
potevano
udire
.
Suo
marito
le
afferrò
la
mano
in
aria
,
le
accennò
di
fiutare
e
poi
le
soffiò
nella
bocca
spalancata
:
«
Risotto
!
»
Lei
esitava
,
non
avendo
udito
bene
.
Pasotti
si
strinse
nelle
spalle
.
«
Non
capisce
un
accidente
»
,
diss
'
egli
:
«
il
tempo
cambia
»
;
e
salì
la
scala
seguito
da
sua
moglie
.
Il
grosso
curato
volle
dare
un
'
altra
occhiata
alla
barca
di
don
Franco
.
«
Altro
che
Carabelli
!
»
,
pensò
;
e
fu
richiamato
subito
dalla
signora
Barborin
che
gli
raccomandò
di
metterlesi
vicino
a
tavola
.
Aveva
tanta
soggezione
,
povera
creatura
!
I
fumi
delle
casseruole
empivano
anche
la
scala
di
tepide
fragranze
.
«
Risotto
no
»
,
disse
piano
l
'
avanguardia
.
«
Risotto
sì
»
,
rispose
sullo
stesso
tono
la
retroguardia
.
E
così
continuarono
,
sempre
più
piano
,
«
risotto
sì
»
,
«
risotto
no
»
fino
a
che
Pasotti
spinse
l
'
uscio
della
sala
rossa
,
abituale
soggiorno
della
padrona
di
casa
.
Un
brutto
cagnolino
smilzo
trottò
abbaiando
incontro
alla
signora
Barborin
che
cercava
di
sorridere
mentre
Pasotti
metteva
la
sua
faccia
più
ossequiosa
e
il
curato
,
entrando
ultimo
con
un
faccione
dolce
dolce
,
mandava
in
cuor
suo
all
'
inferno
la
maledetta
bestia
.
«
Friend
!
Qua
!
Friend
!
»
,
disse
placidamente
la
vecchia
marchesa
.
«
Cara
signora
,
caro
Controllore
,
curato
.
»
La
grossa
voce
nasale
parlava
con
la
stessa
flemma
,
con
lo
stesso
tono
agli
ospiti
e
al
cane
.
S
'
era
alzata
per
la
signora
Barborin
ma
senza
fare
un
passo
dal
canapè
,
e
stava
lì
in
piedi
,
una
tozza
figura
dagli
occhi
spenti
e
tardi
sotto
la
fronte
marmorea
e
la
parrucca
nera
che
le
si
arrotondava
in
due
grossi
lumaconi
sulle
tempie
.
Il
viso
doveva
essere
stato
bello
un
tempo
e
serbava
,
nel
suo
pallore
giallastro
di
marmo
antico
,
certa
maestà
fredda
che
non
mutava
mai
,
come
lo
sguardo
come
la
voce
,
per
qualsiasi
moto
dell
'
animo
.
Il
curatone
le
fece
due
o
tre
inchini
a
scatto
,
stando
alla
larga
,
ma
Pasotti
le
baciò
la
mano
,
e
la
signora
Barborin
,
sentendosi
gelare
sotto
quello
sguardo
morto
,
non
sapeva
come
muoversi
né
che
dire
.
Un
'
altra
signora
si
era
alzata
dal
canapè
all
'
alzarsi
della
marchesa
e
stava
guardando
con
sussiego
la
Pasotti
,
quel
povero
mucchietto
di
roba
vecchia
rinfagottato
di
roba
nuova
.
«
La
signora
Pasotti
e
suo
marito
»
,
disse
la
marchesa
.
«
Donna
Eugenia
Carabelli
.
»
Donna
Eugenia
piegò
appena
il
capo
.
Sua
figlia
,
donna
Carolina
,
stava
in
piedi
presso
la
finestra
discorrendo
con
una
favorita
della
marchesa
,
nipote
del
suo
fattore
.
La
marchesa
non
stimò
necessario
d
'
incomodarla
per
presentarle
i
nuovi
venuti
e
,
fattili
sedere
,
riprese
una
pacata
conversazione
con
donna
Eugenia
sulle
loro
comuni
conoscenze
milanesi
,
mentre
Friend
faceva
,
fiutando
e
starnutendo
,
il
giro
dello
scialle
canforato
della
Pasotti
,
si
strofinava
sui
polpacci
del
curato
e
guardava
Pasotti
con
i
suoi
occhietti
umidi
e
afflitti
,
senza
toccarlo
,
come
se
intendesse
che
il
padrone
dello
scialle
indiano
,
malgrado
la
sua
faccia
amabile
,
gli
avrebbe
torto
il
collo
volentieri
.
La
marchesa
Orsola
teneva
in
moto
la
sua
solita
grossa
voce
sonnolenta
e
la
Carabelli
si
studiava
,
rispondendo
,
di
rendere
amabile
la
sua
grossa
voce
imperiosa
,
ma
non
sfuggì
agli
occhi
penetranti
e
al
maligno
ingegno
di
Pasotti
che
le
due
vecchie
dame
dissimulavano
,
la
Maironi
più
e
la
Carabelli
meno
,
un
comune
malcontento
.
Ciascuna
volta
che
l
'
uscio
si
apriva
,
gli
occhi
spenti
dell
'
uno
e
gli
occhi
foschi
dell
'
altra
si
volgevano
là
.
Una
volta
entrò
il
prefetto
del
Santuario
della
Caravina
col
piccolo
signor
Paolo
Sala
detto
«
el
Paolin
»
e
col
grosso
signor
Paolo
Pozzi
detto
«
el
Paolon
»
,
compagni
indivisibili
.
Un
'
altra
volta
entrò
il
marchese
Bianchi
,
di
Oria
,
antico
ufficiale
del
regno
d
'
Italia
,
con
la
sua
figliuola
,
una
nobile
figura
di
vecchio
cavalleresco
soldato
accanto
a
una
seducente
figura
di
fanciulla
briosa
.
Sì
la
prima
che
la
seconda
volta
un
'
ombra
di
corruccio
passò
sul
viso
della
Carabelli
.
Anche
la
figlia
di
costei
girava
pronta
gli
occhi
all
'
uscio
,
quando
si
apriva
,
ma
poi
chiacchierava
e
rideva
più
di
prima
.
«
E
don
Franco
,
marchesa
?
Come
sta
don
Franco
?
»
,
disse
il
maligno
Pasotti
,
con
voce
melliflua
,
porgendo
alla
marchesa
la
tabacchiera
aperta
.
«
Grazie
tante
»
,
rispose
la
marchesa
piegandosi
un
poco
e
ficcando
due
grosse
dita
nel
tabacco
:
«
Franco
?
a
dirle
la
verità
sono
un
poco
in
angustia
.
Stamattina
non
si
sentiva
bene
e
adesso
non
lo
vedo
.
Non
vorrei
...
»
«
Don
Franco
?
»
,
disse
il
marchese
.
«
È
in
barca
.
L
'
abbiamo
visto
un
momento
fa
che
remava
come
un
barcaiuolo
.
»
Donna
Eugenia
spiegò
il
ventaglio
.
«
Bravo
!
»
,
diss
'
ella
facendosi
vento
in
fretta
e
in
furia
.
«
È
un
bellissimo
divertimento
.
»
Chiuse
il
ventaglio
d
'
un
colpo
e
si
mise
a
mordicchiarlo
con
le
labbra
.
«
Avrà
avuto
bisogno
di
prender
aria
»
,
osservò
la
marchesa
nel
suo
naso
imperturbabile
.
«
Avrà
avuto
bisogno
di
prender
acqua
»
,
mormorò
il
prefetto
della
Caravina
con
gli
occhi
scintillanti
di
malizia
.
«
Piove
!
»
«
Don
Franco
viene
adesso
,
signora
marchesa
»
,
disse
la
nipote
del
fattore
dopo
aver
dato
un
'
occhiata
al
lago
.
«
Va
bene
»
,
rispose
il
naso
sonnacchioso
.
«
Spero
che
stia
meglio
,
altrimenti
non
dirà
due
parole
.
Un
ragazzo
sanissimo
ma
apprensivo
.
Senta
,
Controllore
;
e
il
signor
Giacomo
?
Perché
non
si
vede
?
»
«
El
sior
Zacomo
»
,
incominciò
Pasotti
canzonando
il
signor
Giacomo
Puttini
,
un
vecchio
celibatario
veneto
che
dimorava
da
trent
'
anni
in
Albogasio
Superiore
,
presso
la
villa
Pasotti
.
«
El
sior
Zacomo
...
»
«
Adagio
»
,
lo
interruppe
la
dama
.
«
Non
le
permetto
di
burlarsi
dei
veneti
,
e
poi
non
è
vero
che
nel
Veneto
si
dica
Zacomo
.
»
Ella
era
nata
a
Padova
,
e
benché
abitasse
a
Brescia
da
quasi
mezzo
secolo
,
il
suo
dire
lombardo
era
ancora
infetto
da
certe
croniche
patavinità
.
Mentre
Pasotti
protestava
,
con
cerimonioso
orrore
,
di
aver
solamente
inteso
imitar
la
voce
dell
'
ottimo
suo
vicino
ed
amico
,
l
'
uscio
si
aperse
una
terza
volta
.
Donna
Eugenia
,
sapendo
bene
chi
entrava
,
non
degnò
voltarsi
a
guardare
,
ma
gli
occhi
spenti
della
marchesa
si
posarono
con
tutta
flemma
su
don
Franco
.
Don
Franco
,
unico
erede
del
nome
Maironi
,
era
figlio
di
un
figlio
della
marchesa
,
morto
a
ventott
'
anni
.
Aveva
perduto
la
madre
nascendo
ed
era
sempre
vissuto
nella
potestà
della
nonna
Maironi
.
Alto
e
smilzo
,
portava
una
zazzera
di
capelli
fulvi
,
irti
,
che
l
'
aveva
fatto
soprannominare
el
scovin
d
'
i
nivol
,
lo
scopanuvoli
.
Aveva
occhi
parlanti
,
d
'
un
ceruleo
chiarissimo
,
una
scarna
faccia
simpatica
,
mobile
,
pronta
a
colorarsi
e
a
scolorarsi
.
Quella
faccia
accigliata
diceva
ora
molto
chiaramente
:
«
Son
qui
,
ma
mi
seccate
assai
»
.
«
Come
stai
,
Franco
?
»
,
gli
chiese
la
nonna
,
e
soggiunse
tosto
senz
'
aspettare
risposta
:
«
Guarda
che
donna
Carolina
desidera
udire
quel
pezzo
di
Kalkbrenner
.
»
«
Oh
no
,
sa
»
,
disse
la
signorina
volgendosi
al
giovine
con
aria
svogliata
.
«
L
'
ho
detto
,
sì
,
ma
poi
non
mi
piace
,
Kalkbrenner
.
Preferisco
chiacchierare
con
le
signorine
.
»
Franco
parve
soddisfatto
dell
'
accoglienza
ricevuta
e
andò
senza
aspettar
altro
a
discorrere
col
curatone
d
'
un
buon
quadro
antico
che
dovevano
vedere
insieme
nella
chiesa
di
Dasio
.
Donna
Eugenia
Carabelli
fremeva
.
Ell
'
era
venuta
con
la
figliuola
da
Loveno
dopo
un
'
arcana
azione
diplomatica
cui
avevano
preso
parte
altre
potenze
.
Se
questa
visita
si
dovesse
fare
o
no
,
se
il
decoro
della
famiglia
Carabelli
lo
permettesse
,
se
vi
fosse
quella
probabilità
di
successo
che
donna
Eugenia
richiedeva
,
erano
state
le
ultime
questioni
definite
dalla
diplomazia
;
perché
malgrado
la
vecchia
relazione
della
mamma
Carabelli
e
della
nonna
Maironi
i
giovani
non
s
'
erano
veduti
che
un
paio
di
volte
alla
sfuggita
ed
erano
i
loro
involucri
di
ricchezza
e
di
nobiltà
,
di
parentele
e
di
amicizie
,
che
si
attraevano
come
si
attraggono
una
goccia
d
'
acqua
marina
e
una
goccia
d
'
acqua
dolce
,
benché
le
creature
minuscole
che
vivono
nell
'
una
e
nell
'
altra
sieno
condannate
,
se
le
due
gocce
si
uniscono
,
a
morirne
.
La
marchesa
aveva
vinto
il
suo
punto
,
apparentemente
in
grazia
dell
'
età
,
sostanzialmente
in
grazia
dei
denari
,
era
stato
accettato
che
l
'
intervista
seguisse
a
Cressogno
,
perché
se
Franco
non
aveva
di
proprio
che
la
magra
dote
della
madre
,
diciotto
o
ventimila
lire
austriache
,
la
nonna
sedeva
,
con
quella
sua
flemmatica
dignità
,
su
qualche
milione
.
Ora
donna
Eugenia
,
vedendo
il
contegno
del
giovine
,
fremeva
contro
la
marchesa
,
contro
chi
aveva
esposto
lei
e
la
sua
ragazza
a
una
umiliazione
simile
.
Se
avesse
potuto
soffiar
via
d
'
un
colpo
la
vecchia
,
suo
nipote
,
la
casa
tetra
e
la
compagnia
uggiosa
,
lo
avrebbe
fatto
con
gioia
;
ma
conveniva
dissimulare
,
parer
indifferente
,
inghiottir
lo
smacco
e
il
pranzo
.
La
marchesa
serbava
la
sua
esterna
placidità
marmorea
benché
avesse
il
cuore
pieno
di
dispetto
e
di
maltalento
contro
suo
nipote
.
Egli
aveva
osato
chiederle
,
due
anni
prima
,
il
permesso
di
sposare
una
signorina
della
Valsolda
,
civile
,
ma
non
ricca
né
nobile
.
Il
reciso
rifiuto
della
nonna
aveva
reso
impossibile
il
matrimonio
e
persuasa
la
madre
della
ragazza
a
non
più
ricevere
in
casa
don
Franco
;
ma
la
marchesa
tenne
per
fermo
che
quella
gente
non
avesse
levato
l
'
occhio
da
'
suoi
milioni
.
Era
quindi
venuta
nel
proposito
di
dar
moglie
a
Franco
assai
presto
per
toglierlo
dal
pericolo
;
e
aveva
cercato
una
ragazza
ricca
ma
non
troppo
,
nobile
ma
non
troppo
,
intelligente
ma
non
troppo
.
Trovatane
una
di
questo
stampo
,
la
propose
a
Franco
che
si
sdegnò
fieramente
e
protestò
di
non
voler
prender
moglie
.
La
risposta
era
ben
sospetta
ed
ella
vigilò
allora
più
che
mai
sui
passi
del
nipote
e
di
quella
«
madama
Trappola
»
,
poiché
chiamava
graziosamente
così
la
signorina
Luisa
Rigey
.
La
famiglia
Rigey
,
composta
di
due
sole
signore
,
Luisa
e
sua
madre
,
abitava
in
Valsolda
,
a
Castello
:
non
era
difficile
sorvegliarla
.
Pure
la
marchesa
non
poté
venir
a
capo
di
nulla
.
Ma
Pasotti
le
riferì
una
sera
con
molta
ipocrisia
d
'
esitazioni
e
d
'
inorriditi
commenti
che
il
prefetto
della
Caravina
,
stando
a
crocchio
nella
farmacia
di
S
.
Mamette
con
lui
Pasotti
,
col
signor
Giacomo
Puttini
,
col
Paolin
e
col
Paolon
,
aveva
tenuto
questo
bel
discorso
:
«
Don
Franco
fa
il
morto
da
burla
fino
a
che
la
vecchia
lo
farà
sul
serio
»
.
Udita
questa
fine
arguzia
,
la
marchesa
rispose
nel
suo
pacifico
naso
«
grazie
tante
»
e
cambiò
discorso
.
Seppe
quindi
che
la
signora
Rigey
,
sempre
infermiccia
,
si
trovava
a
mal
partito
per
una
ipertrofia
di
cuore
e
le
parve
che
l
'
umore
di
Franco
se
ne
risentisse
.
Proprio
allora
le
fu
proposta
la
Carabelli
.
La
Carabelli
non
era
forse
interamente
di
suo
gusto
,
ma
di
fronte
all
'
altro
pericolo
non
c
'
era
da
esitare
.
Parlò
a
Franco
.
Stavolta
Franco
non
si
sdegnò
,
ascoltò
distratto
e
disse
che
ci
avrebbe
pensato
.
Fu
la
sola
ipocrisia
,
forse
,
della
sua
vita
.
La
marchesa
giuocò
audacemente
una
carta
grossa
,
fece
venire
la
Carabelli
.
Ora
lo
vedeva
bene
,
il
giuoco
era
perduto
.
Don
Franco
non
s
'
era
trovato
all
'
arrivo
delle
signore
e
aveva
poi
fatto
una
sola
apparizione
di
pochi
minuti
.
I
suoi
modi
,
durante
quei
pochi
minuti
,
erano
stati
cortesi
,
ma
la
sua
faccia
no
;
la
sua
faccia
aveva
parlato
,
secondo
il
solito
,
talmente
chiaro
,
che
la
marchesa
,
affibbiandogli
,
come
subito
fece
,
una
indisposizione
,
non
poté
ingannar
nessuno
.
Però
la
vecchia
dama
non
si
persuase
d
'
aver
giuocato
male
.
Già
dall
'
età
dei
primi
giudizi
in
poi
,
ella
si
era
messa
al
punto
di
non
riconoscersi
mai
un
solo
difetto
né
un
solo
torto
,
di
non
ferirsi
mai
,
volontariamente
,
nel
suo
nobile
e
prediletto
sé
.
Ora
le
piacque
si
supporre
che
dopo
il
suo
sermone
matrimoniale
al
nipote
,
gli
fosse
pervenuta
nel
mistero
una
parolina
di
miele
,
di
vischio
e
di
veleno
.
Se
il
suo
disinganno
aveva
qualche
lieve
conforto
era
nel
contegno
della
signorina
Carabelli
che
mal
celava
la
vivacità
del
proprio
risentimento
.
ciò
non
piaceva
alla
marchesa
.
Il
prefetto
della
Caravina
non
aveva
torto
se
non
forse
un
poco
nella
forma
quando
diceva
sottovoce
di
lei
:
«
L
'
è
on
'
Aüstria
p
...
»
.
Come
la
vecchia
Austria
di
quel
tempo
,
la
vecchia
marchesa
non
amava
nel
suo
impero
gli
spiriti
vivaci
.
La
sua
volontà
di
ferro
non
ne
tollerava
altre
vicino
a
sé
.
Le
era
già
di
troppo
un
indocile
Lombardo
-
Veneto
come
il
signor
Franco
,
e
la
ragazza
Carabelli
,
che
aveva
l
'
aria
di
sentire
e
volere
per
conto
proprio
,
sarebbe
probabilmente
riuscita
in
casa
Maironi
una
suddita
incomoda
,
una
torbida
Ungheria
.
Si
annunciò
il
pranzo
.
Nella
faccia
rasa
e
nell
'
abito
grigio
,
mal
tagliato
,
del
domestico
si
riflettevano
le
idee
aristocratiche
della
marchesa
,
temperate
di
abitudini
econome
.
«
E
questo
signor
Giacomo
,
Controllore
?
»
,
disse
ella
,
senza
muoversi
.
«
Temo
,
marchesa
»
,
rispose
Pasotti
.
«
L
'
ho
incontrato
stamattina
e
gli
ho
detto
:
"
Dunque
,
signor
Giacomo
,
ci
vediamo
a
pranzo
?
"
.
È
parso
che
gli
mettessi
una
biscia
in
corpo
.
Ha
cominciato
a
contorcersi
e
a
soffiare
:
"
Sì
,
credo
,
no
so
,
forse
,
no
digo
,
apff
,
ecco
,
propramente
,
Controllore
gentilissimo
,
no
so
,
insomma
,
e
apff
!
"
.
Non
ne
ho
cavato
altro
.
»
La
marchesa
chiamò
a
sé
il
domestico
e
gli
disse
qualche
cosa
sottovoce
.
Quegli
fece
un
inchino
e
si
ritirò
.
Il
curato
di
Puria
si
dondolava
in
su
e
in
giù
accarezzandosi
le
ginocchia
nel
desiderio
del
risotto
;
ma
la
marchesa
pareva
petrificata
sul
canapè
e
perciò
si
petrificò
anche
lui
.
Gli
altri
si
guardavano
,
muti
.
La
povera
signora
Barborin
,
avendo
visto
il
domestico
,
meravigliata
di
quella
immobilità
,
di
quelle
facce
sbalordite
,
inarcò
le
sopracciglia
,
interrogò
con
gli
occhi
ora
suo
marito
,
ora
il
Puria
,
ora
il
prefetto
,
sino
a
che
una
fulminea
occhiata
di
Pasotti
petrificò
lei
pure
.
"
Se
fosse
bruciato
il
pranzo
!
"
,
pensava
componendosi
un
viso
indifferente
.
"
Se
ci
mandassero
a
casa
!
Che
fortuna
!
"
.
Dopo
due
minuti
il
domestico
ritornò
e
fece
un
inchino
.
«
Andiamo
»
,
disse
la
marchesa
,
alzandosi
.
La
comitiva
trovò
in
sala
da
pranzo
un
personaggio
nuovo
,
un
vecchietto
piccolo
,
curvo
,
con
due
occhietti
buoni
e
un
lungo
naso
spiovente
sul
mento
.
«
Veramente
,
signora
marchesa
»
,
disse
costui
tutto
timido
e
umile
,
«
io
avrei
già
pranzato
.
»
«
Si
accomodi
,
signor
Viscontini
»
,
rispose
la
marchesa
che
sapeva
praticare
l
'
arte
insolente
della
sordità
come
tutti
coloro
che
assolutamente
vogliono
un
mondo
secondo
il
proprio
comodo
e
il
proprio
gusto
.
L
'
ometto
non
osò
replicare
,
ma
neanche
osava
sedere
.
«
Coraggio
,
signor
Viscontini
!
»
,
gli
disse
il
Paolin
che
gli
era
vicino
.
«
Cosa
fa
?
»
«
Fa
il
quattordici
di
coppe
»
,
mormorò
il
prefetto
.
Infatti
l
'
ottimo
signor
Viscontini
,
accordatore
di
pianoforti
,
venuto
la
mattina
da
Lugano
per
accordare
il
piano
dei
signori
Zelbi
di
Cima
e
quello
di
don
Franco
,
aveva
pranzato
al
tocco
a
casa
Zelbi
,
era
quindi
venuto
a
casa
Maironi
,
e
ora
gli
toccava
di
sostituire
il
signor
Giacomo
perché
altrimenti
i
commensali
sarebbero
stati
tredici
.
Un
liquido
bruno
fumava
nella
zuppiera
d
'
argento
.
«
Risotto
no
»
,
sussurrò
Pasotti
al
Puria
passandogli
dietro
.
Il
faccione
dolce
non
diede
segno
di
avere
udito
.
I
pranzi
di
casa
Maironi
erano
sempre
lugubri
e
questo
accennava
ad
esserlo
anche
più
del
solito
.
Per
compenso
era
pure
molto
più
fino
.
Pasotti
e
il
Puria
si
guardavano
spesso
,
mangiando
,
per
esprimere
ammirazione
e
quasi
per
congratularsi
a
vicenda
del
godimento
squisito
,
e
se
mai
qualche
occhiata
di
Pasotti
sfuggiva
al
Puria
,
la
signora
Barborin
,
vicina
di
quest
'
ultimo
,
lo
avvertiva
con
un
timido
tocco
del
gomito
.
Le
voci
che
più
si
udivano
erano
quelle
del
marchese
e
di
donna
Eugenia
.
Il
grande
naso
aristocratico
del
Bianchi
,
il
suo
fine
sorriso
di
galante
cavaliere
si
volgevano
spesso
alla
bellezza
,
languente
ma
non
ancora
spenta
,
della
dama
.
Milanesi
ambedue
del
miglior
sangue
,
si
sentivano
uniti
in
una
certa
superiorità
non
solamente
rispetto
ai
piccoli
borghesi
della
mensa
,
ma
rispetto
altresì
ai
padroni
di
casa
,
nobili
provinciali
.
Il
marchese
era
l
'
affabilità
stessa
e
avrebbe
conversato
amabilmente
anche
col
commensale
più
modesto
;
ma
donna
Eugenia
,
nell
'
amarezza
dell
'
animo
suo
,
nel
suo
disgusto
del
luogo
e
delle
persone
,
s
'
attaccò
a
lui
come
al
solo
degno
,
marcatamente
anche
per
far
dispetto
agli
altri
.
Ella
lo
imbarazzò
dicendogli
forte
che
non
capiva
com
'
egli
potesse
essersi
innamorato
dell
'
orrida
Valsolda
.
Il
marchese
,
che
vi
si
era
ritirato
da
molti
anni
a
vita
quieta
e
vi
aveva
veduto
nascere
la
sua
unica
figliuola
,
donna
Ester
,
rimase
sulle
prime
un
poco
sconcertato
da
quel
discorso
insolente
verso
parecchi
dei
convitati
,
ma
poi
fece
una
briosa
difesa
del
paese
.
La
marchesa
non
mostrò
turbarsi
;
il
Paolin
,
il
Paolon
e
il
prefetto
,
valsoldesi
,
tacevano
con
tanto
di
muso
.
Pasotti
recitò
solennemente
un
ampolloso
elogio
del
«
Niscioree
»
,
la
villa
Bianchi
,
presso
Oria
.
Il
Bianchi
,
leale
uomo
,
che
in
passato
non
aveva
avuto
troppo
a
lodarsi
del
Pasotti
,
non
parve
gradir
l
'
elogio
.
Egli
invitò
la
Carabelli
al
Niscioree
.
«
A
piedi
no
,
tu
,
Eugenia
»
,
disse
la
marchesa
,
sapendo
che
l
'
amica
sua
era
tribolata
dallo
spavento
d
'
ingrassare
.
«
Bisogna
vedere
com
'
è
stretta
la
strada
,
dalla
Ricevitoria
al
Niscioree
!
Tu
non
ci
passi
di
sicuro
.
»
Donna
Eugenia
protestò
con
sdegno
.
«
L
'
è
minga
el
Cors
de
Porta
Renza
»
,
disse
il
marchese
,
«
ma
l
'
è
poeu
nanca
,
disgraziatamente
,
le
chemin
du
Paradis
!
»
«
Quell
no
!
Propi
no
!
Ghe
l
'
assicuri
mi
!
»
,
esclamò
il
Viscontini
riscaldato
,
per
disgrazia
,
da
troppi
bicchieri
di
Ghemme
.
Tutti
gli
occhi
si
volsero
a
lui
e
il
Paolin
gli
disse
qualche
cosa
sottovoce
.
«
Se
son
matto
?
»
,
rispose
l
'
ometto
acceso
in
faccia
.
«
Nient
del
tütt
!
Le
dico
che
ona
bolgira
compagna
non
la
mi
è
mai
più
toccata
in
vita
mia
.
»
E
qui
raccontò
che
la
mattina
,
venendo
da
Lugano
e
avendo
preso
un
po
'
di
freddo
in
barca
,
era
disceso
al
Niscioree
per
proseguire
il
viaggio
a
piedi
;
che
tra
quei
due
muri
,
dove
non
si
potrebbe
voltare
un
asino
,
aveva
incontrato
le
guardie
di
finanza
,
le
quali
lo
avevano
insultato
perché
non
era
disceso
allo
sbarco
della
Ricevitoria
;
che
l
'
avevano
condotto
alla
maledetta
Ricevitoria
;
che
portava
in
mano
un
rotolo
di
musica
manoscritta
e
che
l
'
animale
del
Ricevitore
,
pigliando
le
crome
e
le
biscrome
per
corrispondenze
politiche
segrete
,
gliel
'
aveva
trattenuto
.
Silenzio
profondo
.
Dopo
qualche
momento
la
marchesa
sentenziò
che
il
signor
Viscontini
aveva
torto
marcio
.
Non
doveva
sbarcare
al
Niscioree
,
ciò
era
proibito
.
Quanto
al
signor
Ricevitore
egli
era
una
persona
rispettabilissima
.
Pasotti
confermò
,
con
una
faccia
severa
.
«
Ottimo
funzionario
»
,
diss
'
egli
.
«
Ottima
canaglia
»
,
mormorò
il
prefetto
fra
i
denti
.
Franco
,
che
sulle
prime
pareva
pensare
a
tutt
'
altro
,
si
scosse
e
lanciò
a
Pasotti
un
'
occhiata
sprezzante
.
«
Dopo
tutto
»
,
soggiunse
la
marchesa
,
«
trovo
che
col
pretesto
della
musica
manoscritta
si
potrebbe
benissimo
...
»
«
Certo
!
»
,
disse
il
Paolin
,
austriacante
per
paura
,
mentre
la
padrona
di
casa
lo
era
per
convinzione
.
Il
marchese
,
che
nel
1815
aveva
spezzata
la
spada
per
non
servire
gli
Austriaci
,
sorrise
e
disse
solo
:
«
Là
!
C
'
est
un
peu
fort
!
»
.
«
Ma
se
tutti
sanno
ch
'
è
una
bestia
,
quel
Ricevitore
!
»
,
esclamò
Franco
.
«
Scusi
,
don
Franco
...
»
,
fece
Pasotti
.
«
Ma
che
scusi
!
»
,
interruppe
l
'
altro
.
«
È
un
bestione
!
»
«
È
un
uomo
coscienzioso
»
,
disse
la
marchesa
,
«
un
impiegato
che
fa
il
proprio
dovere
.
»
«
Allora
le
bestie
saranno
i
suoi
padroni
!
»
,
ribatté
Franco
.
«
Caro
Franco
»
,
replicò
la
voce
flemmatica
,
«
questi
discorsi
in
casa
mia
non
si
fanno
.
Grazie
a
Dio
non
siamo
mica
in
Piemonte
,
qui
.
»
Pasotti
fece
una
sghignazzata
d
'
approvazione
.
Allora
Franco
,
preso
furiosamente
il
proprio
piatto
a
due
mani
lo
spezzò
d
'
un
colpo
sulla
tavola
.
«
Jesüsmaria
!
»
,
esclamò
il
Viscontini
,
e
il
Paolon
,
interrotto
nelle
sue
laboriose
operazioni
di
mangiatore
sdentato
:
«
Euh
!
»
.
«
Sì
,
sì
»
,
disse
Franco
alzandosi
con
la
faccia
stravolta
,
«
è
meglio
che
me
ne
vada
!
»
E
uscì
dal
salotto
.
Subito
donna
Eugenia
si
sentì
male
,
bisognò
accompagnarla
fuori
.
Tutte
le
signore
,
meno
la
Pasotti
,
le
andaron
dietro
da
una
parte
mentre
il
domestico
entrava
dall
'
altra
portando
un
pasticcio
di
risotto
.
Il
Puria
guardò
Pasotti
con
un
riso
trionfante
,
ma
Pasotti
finse
di
non
avvedersene
.
Tutti
erano
in
piedi
.
Il
Viscontini
,
reo
apparente
,
continuava
a
dire
:
«
Mi
capissi
nagott
,
mi
capissi
nagott
»
,
e
il
Paolin
,
seccatissimo
del
pranzo
guastato
,
gli
brontolò
:
«
Cossa
l
'
ha
mai
de
capì
Lü
?
»
.
Il
marchese
,
molto
scuro
,
taceva
.
Finalmente
il
Pasotti
,
reo
di
fatto
,
presa
un
'
aria
d
'
affettuosa
tristezza
,
disse
come
tra
sé
:
«
Peccato
!
Povero
don
Franco
!
Un
cuor
d
'
oro
,
una
buona
testa
,
e
un
temperamento
così
!
Proprio
peccato
!
»
.
«
Ma
!
»
,
fece
il
Paolin
.
E
il
Puria
,
tutto
contrito
:
«
Sono
gran
dispiaceri
!
»
.
Aspetta
e
aspetta
,
le
signore
non
ritornavano
.
Allora
qualcuno
cominciò
a
muoversi
.
Il
Paolin
e
il
Puria
si
accostarono
lentamente
,
con
le
mani
dietro
la
schiena
,
alla
credenza
,
contemplarono
il
pasticcio
di
risotto
.
Il
Puria
chiamò
dolcemente
Pasotti
,
ma
Pasotti
non
si
mosse
.
«
Volevo
solo
dirle
»
,
fece
il
curatone
,
coprendo
il
suo
trionfo
in
modo
da
lasciarlo
e
non
lasciarlo
vedere
,
«
che
ci
sono
i
tartufi
bianchi
.
»
«
Direi
che
qui
non
mancano
neppure
i
tartufi
neri
»
,
osservò
il
marchese
pigiando
un
poco
sulle
due
ultime
parole
.
2
.
Sulla
soglia
d
'
un
'
altra
vita
«
Canaglia
!
»
,
fremeva
don
Franco
salendo
la
scala
che
conduceva
alla
sua
camera
.
«
Pezzo
d
'
asino
d
'
un
austriaco
!
»
.
Si
vendicava
su
Pasotti
di
non
poter
insultar
la
nonna
e
le
stesse
consonanti
della
parola
austriaco
gli
servivano
tanto
bene
per
stritolarsi
fra
i
denti
la
propria
collera
e
spremerne
,
gustarne
il
sapore
.
Quando
fu
in
camera
la
collera
gli
svampò
.
Si
gittò
in
una
poltrona
,
in
faccia
alla
finestra
spalancata
,
guardando
il
lago
triste
nel
pomeriggio
nebbioso
,
e
,
al
di
là
del
lago
,
i
monti
deserti
.
Mise
un
gran
respiro
.
Ah
come
stava
bene
lì
,
solo
,
ah
che
pace
,
ah
che
aria
diversa
da
quella
del
salotto
,
che
aria
cara
,
piena
de
'
suoi
pensieri
e
de
'
suoi
amori
!
Aveva
un
gran
bisogno
di
abbandonarsi
ad
essi
ed
essi
lo
ripresero
subito
,
gli
cacciaron
di
mente
le
Carabelli
,
il
Pasotti
,
la
nonna
,
il
bestione
del
Ricevitore
.
Essi
?
No
,
era
un
pensiero
solo
,
un
pensiero
fatto
di
amore
e
di
ragione
,
di
ansia
e
di
gioia
,
di
tanti
dolci
ricordi
e
insieme
di
trepida
aspettazione
,
perché
qualche
cosa
di
solenne
si
avvicinava
e
sarebbe
giunto
nelle
ombre
della
notte
.
Franco
guardò
l
'
orologio
.
Erano
le
quattro
meno
un
quarto
.
Ancora
sette
ore
.
Si
alzò
,
si
buttò
a
braccia
conserte
sul
davanzale
della
finestra
.
Ancora
sette
ore
e
comincerebbe
per
lui
un
'
altra
vita
.
Fuori
delle
pochissime
persone
che
dovevano
prender
parte
all
'
avvenimento
,
nemmanco
l
'
aria
sapeva
che
quella
sera
stessa
,
verso
le
undici
,
don
Franco
Maironi
avrebbe
sposato
la
signorina
Luisa
Rigey
.
La
signora
Teresa
Rigey
,
madre
di
Luisa
,
aveva
un
tempo
lealmente
pregato
Franco
di
piegare
al
volere
della
nonna
,
di
astenersi
dal
visitar
la
sua
casa
,
di
non
pensare
più
a
Luisa
,
la
quale
,
dal
canto
suo
,
era
stata
contenta
che
per
la
dignità
della
famiglia
,
per
il
decoro
di
sua
madre
,
si
troncassero
le
relazioni
ufficiali
,
ma
non
dubitava
della
fede
di
Franco
né
d
'
essergli
già
legata
per
sempre
.
Egli
studiava
ora
leggi
,
privatamente
,
all
'
insaputa
della
nonna
,
per
dedicarsi
a
una
professione
e
aver
modo
di
bastare
a
sé
.
Ma
la
signora
Teresa
contrasse
da
tante
agitazioni
una
malattia
di
cuore
che
nel
1851
,
in
fine
d
'
agosto
,
si
aggravò
subitamente
.
Franco
le
scrisse
chiedendole
almeno
il
permesso
di
vederla
poiché
non
poteva
compiere
«
il
suo
dovere
d
'
assisterla
»
.
La
signora
non
credette
di
consentire
e
il
giovine
se
ne
disperò
,
le
fece
intendere
che
considerava
Luisa
come
sua
fidanzata
davanti
a
Dio
e
che
sarebbe
morto
prima
di
abbandonarla
.
Allora
la
povera
donna
,
sentendosi
mancar
la
vita
ogni
giorno
,
accorandosi
di
veder
la
sua
cara
figliuola
in
uno
stato
così
incerto
e
considerando
la
ferma
volontà
del
giovine
,
concepì
il
desiderio
intenso
che
le
nozze
,
poiché
dovevan
seguire
,
seguissero
al
più
presto
.
Tutto
fu
combinato
frettolosamente
con
l
'
aiuto
del
curato
di
Castello
e
del
fratello
della
signora
Rigey
,
l
'
ingegnere
Ribera
di
Oria
,
addetto
all
'
Imperiale
R
.
Ufficio
delle
Pubbliche
Costruzioni
in
Como
.
Le
intelligenze
furono
queste
.
Le
nozze
si
farebbero
segretamente
;
Franco
resterebbe
presso
la
nonna
e
Luisa
presso
la
madre
,
sino
a
che
venisse
il
momento
opportuno
di
confessar
tutto
alla
marchesa
.
Franco
sperava
nell
'
appoggio
di
monsignor
Benaglia
,
vescovo
di
Lodi
,
vecchio
amico
della
famiglia
,
ma
occorreva
il
fatto
compiuto
.
Se
il
cuore
della
marchesa
si
indurisse
,
com
'
era
probabile
,
gli
sposi
e
la
signora
Teresa
prenderebbero
stanza
nella
casa
che
l
'
ingegnere
Ribera
possedeva
in
Oria
.
Il
Ribera
,
celibe
,
manteneva
ora
del
proprio
la
famiglia
di
sua
sorella
;
terrebbe
poi
anche
Franco
in
luogo
di
figliuolo
.
Fra
sette
ore
,
dunque
.
La
finestra
guardava
sulla
lista
di
giardino
che
fronteggiava
la
villa
verso
il
lago
,
e
sulla
riva
di
approdo
.
Nei
primi
tempi
del
suo
amore
Franco
stava
lì
a
spiar
il
venire
e
l
'
approdare
d
'
una
certa
barca
,
l
'
uscirne
d
'
una
personcina
snella
,
leggere
come
l
'
aria
,
che
mai
mai
non
guardava
su
alla
finestra
.
Ma
poi
un
giorno
egli
era
disceso
ad
incontrarla
ed
ella
aveva
aspettato
un
momento
ad
uscire
per
accettare
l
'
aiuto
,
ben
inutile
,
della
sua
mano
.
Lì
sotto
,
nel
giardino
,
egli
le
aveva
dato
per
la
prima
volta
un
fiore
,
un
profumato
fiore
di
mandevilia
suaveolens
.
Lì
sotto
si
era
un
'
altra
volta
ferito
con
un
temperino
,
abbastanza
seriamente
,
tagliando
per
lei
un
ramoscello
di
rosaio
,
ed
ella
gli
aveva
dato
col
suo
turbamento
un
delizioso
segno
del
suo
amore
.
Quante
gite
con
lei
e
altri
amici
,
prima
che
la
nonna
sapesse
,
alle
rive
solitarie
del
monte
Bisgnago
là
in
faccia
,
quante
colazioni
e
merende
a
quella
cantina
del
Doi
!
Con
quanta
dolcezza
viva
nel
cuore
di
sguardi
incontrati
Franco
tornava
a
casa
e
si
chiudeva
nella
sua
stanza
a
richiamarseli
,
a
esaltarsene
nella
memoria
!
Queste
prime
emozioni
dell
'
amore
gli
ritornavano
adesso
in
mente
,
non
ad
una
ad
una
ma
tutte
insieme
,
dalle
acque
e
dalle
rive
tristi
dove
gli
occhi
suoi
fisi
parevano
smarrirsi
piuttosto
nelle
ombre
del
passato
che
nelle
nebbie
del
presente
.
Vicino
alla
mèta
,
egli
pensava
i
primi
passi
della
lunga
via
,
le
vicende
inattese
,
l
'
aspetto
della
sospirata
unione
così
diverso
nel
vero
da
quel
ch
'
era
apparso
nei
sogni
,
al
tempo
della
mandevilia
e
delle
rose
,
delle
gite
sul
lago
e
sui
monti
.
Non
sospettava
certo
,
allora
,
di
dovervi
arrivare
così
,
di
nascosto
,
fra
tante
difficoltà
,
fra
tante
angustie
.
Pure
,
pensava
adesso
,
se
il
matrimonio
si
fosse
fatto
pubblicamente
,
pacificamente
,
col
solito
proemio
di
cerimonie
ufficiali
,
di
contratti
,
di
congratulazioni
,
di
visite
,
di
pranzi
,
tanto
tedio
sarebbe
riuscito
più
ripugnante
all
'
amore
che
questi
contrasti
.
Lo
scosse
la
voce
del
prefetto
che
lo
chiamava
dal
giardino
per
annunciargli
la
partenza
delle
Carabelli
.
Franco
pensò
che
se
scendeva
avrebbe
dovuto
fare
delle
scuse
e
preferì
non
lasciarsi
vedere
.
«
Doveva
romperglielo
sulla
faccia
il
piatto
!
»
,
gli
stridette
su
il
prefetto
tra
le
mani
accostate
alle
guance
.
«
Doveva
romperglielo
sulla
faccia
!
»
Poi
se
n
'
andò
e
Franco
vide
il
barcaiuolo
delle
Carabelli
scendere
ad
apparecchiar
la
barca
.
Lasciò
allora
la
finestra
e
seguendo
i
pensieri
di
prima
,
aperse
il
cassettone
,
stette
lì
a
contemplare
,
come
distratto
,
uno
sparato
di
camicia
ricamata
,
dove
lucevano
già
certi
bottoncini
di
brillanti
che
suo
padre
aveva
portati
alle
nozze
proprie
.
Gli
dispiaceva
andar
all
'
altare
senza
un
segno
di
festa
,
ma
questo
segno
,
si
capisce
bene
,
non
doveva
essere
facilmente
visibile
.
Nel
cassettone
profumato
d
'
ireos
tutto
era
disposto
con
la
particolare
eleganza
dell
'
ordine
fatto
da
uno
spirito
intelligente
,
e
nessuno
vi
metteva
le
mani
tranne
lui
.
Invece
le
sedie
,
lo
scrittoio
,
il
piano
erano
tanto
disordinatamente
ingombri
che
pareva
esser
passato
per
le
due
finestre
della
camera
un
uragano
di
libri
e
di
carte
.
Certi
volumi
di
giurisprudenza
dormivano
sotto
un
dito
di
polvere
,
e
non
una
foglia
della
piccola
gardenia
in
vaso
,
sul
davanzale
della
finestra
di
levante
,
ne
aveva
un
atomo
solo
.
Questi
eran
già
sufficienti
indizi
,
là
dentro
,
del
bizzarro
governo
d
'
un
poeta
.
Un
'
occhiata
ai
libri
e
alle
carte
ne
avrebbe
fornite
le
prove
.
Franco
aveva
la
passione
della
poesia
ed
era
poeta
vero
nelle
squisite
delicatezze
del
cuore
;
come
scrittore
di
versi
non
poteva
dirsi
che
un
buon
dilettante
senza
originalità
.
I
suoi
modelli
prediletti
erano
il
Foscolo
e
il
Giusti
;
li
adorava
veramente
e
li
saccheggiava
entrambi
,
perché
l
'
ingegno
suo
,
entusiasta
e
satirico
a
un
tempo
,
non
era
capace
di
crearsi
una
forma
propria
,
aveva
bisogno
d
'
imitare
.
Conviene
anche
dire
,
per
giustizia
,
che
a
quel
tempo
i
giovani
possedevano
comunemente
una
cultura
classica
fattasi
rara
di
poi
;
e
che
dagli
stessi
classici
venivano
educati
a
onorare
l
'
imitazione
come
una
pratica
virtuosa
e
lodevole
.
Frugando
fra
le
sue
carte
per
cercarvi
non
so
cosa
,
gli
vennero
alle
mani
i
seguenti
versi
dedicati
a
un
tale
di
sua
conoscenza
e
nostra
conoscenza
,
che
rilesse
con
piacere
e
ch
'
io
riferisco
per
saggio
del
suo
stile
satirico
:
Falso
occhio
mobile
,
Mento
pelato
,
Lingua
di
vipera
,
Cor
di
castrato
,
Brache
policrome
,
Bisunto
saio
,
Maiuscolissimo
Cappello
a
staio
.
Ecco
l
'
immagine
Del
vil
Tartufo
Che
l
'
uman
genere
E
il
cielo
ha
stufo
.
Il
Giusti
e
la
passione
d
'
imitarlo
erano
quasi
soli
in
colpa
di
tanta
bile
,
perché
davvero
Franco
non
ne
aveva
nel
fegato
una
così
gran
dose
.
Aveva
collere
pronte
,
impetuose
,
fugaci
;
non
sapeva
odiare
e
nemmanco
risentirsi
a
lungo
contro
alcuno
.
Un
saggio
dell
'
altra
sua
maniera
poetica
stava
sul
leggìo
del
piano
,
in
un
foglietto
tutto
sgorbi
e
cancellature
:
A
Luisa
Ove
l
'
aëreo
tuo
pensile
nido
Una
balza
ventosa
incoronando
Ride
alla
luna
ed
ai
cadenti
clivi
Ch
'
educan
uve
a
la
tua
mensa
e
rose
Al
capo
tuo
,
purpurëi
ciclami
A
me
,
sogni
e
fragranze
,
o
mia
Luisa
,
Da
l
'
orror
di
quest
'
ombre
ti
figura
L
'
amoroso
mio
cor
.
Tacita
siedi
E
da
l
'
alto
balcon
già
non
rimiri
Le
bianche
plaghe
d
'
occidente
,
i
chiari
Monti
ed
il
lago
vitrëo
,
sereno
,
Riscintillante
a
l
'
astro
;
ma
quest
'
una
Tenebra
esplori
,
l
'
aura
interrogando
Vocal
che
va
tra
i
mobili
oleandri
De
la
terrazza
e
freme
il
nome
mio
.
Forse
piaceva
a
Franco
d
'
improvvisar
sul
piano
con
questi
suoi
versi
davanti
agli
occhi
.
Appassionato
per
la
musica
più
ancora
che
per
la
poesia
,
se
l
'
era
comperato
lui
,
quel
piano
,
per
centocinquanta
svanziche
,
dall
'
organista
di
Loggio
,
perché
il
mediocre
piano
viennese
della
nonna
,
intabarrato
e
rispettato
come
un
gottoso
di
famiglia
,
non
gli
poteva
servire
.
Lo
strumento
dell
'
organista
,
corso
e
pesto
da
due
generazioni
di
zampe
incallite
sulla
marra
,
non
mandava
più
che
una
comica
vocina
nasale
sopra
un
tintinnio
sottile
come
d
'
infiniti
bicchierini
minuti
e
fitti
.
Ciò
era
quasi
indifferente
,
per
Franco
;
egli
aveva
appena
posato
le
mani
sullo
strumento
che
la
sua
immaginazione
si
accendeva
,
l
'
estro
del
compositore
passava
in
lui
e
nel
calore
della
passione
creatrice
gli
bastava
un
fil
di
suono
per
veder
l
'
idea
musicale
e
inebbriarsene
.
Un
Erard
gli
avrebbe
dato
soggezione
,
gli
avrebbe
lasciato
minor
campo
alla
fantasia
,
gli
sarebbe
stato
men
caro
,
insomma
,
della
sua
spinetta
.
Franco
aveva
troppe
diverse
attitudini
e
inclinazioni
,
troppa
foga
,
troppo
poca
vanità
e
forse
anche
troppo
poca
energia
di
volere
per
sobbarcarsi
a
quel
noioso
metodico
lavoro
manuale
che
si
richiede
a
diventar
pianisti
.
Però
il
Viscontini
era
entusiasta
del
suo
modo
di
suonare
;
Luisa
,
la
sua
fidanzata
,
non
divideva
interamente
il
gusto
classico
di
lui
ma
ne
ammirava
,
senza
fanatismi
,
il
tocco
;
quando
,
pregato
,
egli
faceva
mugghiare
e
gemere
classicamente
l
'
organo
di
Cressogno
,
il
buon
popolo
,
intontito
dalla
musica
e
dall
'
onore
,
lo
guardava
come
avrebbe
guardato
un
predicatore
incomprensibile
,
con
la
bocca
aperta
e
gli
occhi
riverenti
.
Malgrado
tutto
questo
,
Franco
non
avrebbe
potuto
cimentarsi
,
nei
salotti
cittadini
,
con
tanti
piccoli
dilettanti
incapaci
d
'
intendere
e
di
amare
la
musica
.
Tutti
o
quasi
tutti
lo
avrebbero
vinto
di
agilità
e
di
precisione
,
avrebbero
ottenuto
maggiori
applausi
,
quand
'
anche
non
fosse
riescito
ad
alcuno
di
far
cantare
il
piano
,
come
lo
faceva
cantar
lui
,
sopra
tutto
negli
adagi
di
Bellini
e
di
Beethoven
,
suonando
con
l
'
anima
nella
gola
,
negli
occhi
,
nei
muscoli
del
viso
,
nei
nervi
delle
mani
che
facevan
tutt
'
uno
con
le
corde
del
piano
.
Un
'
altra
passione
di
Franco
erano
i
quadri
antichi
.
Le
pareti
della
sua
camera
ne
avevano
parecchi
,
la
più
parte
croste
.
Scarso
di
esperienza
perché
non
aveva
viaggiato
,
pronto
a
pigliar
fuoco
nella
fantasia
,
costretto
ad
accordar
i
desideri
molti
con
i
quattrini
pochi
,
credeva
facilmente
le
asserite
fortune
di
altri
cercatori
tapini
,
n
'
era
spesso
infocato
,
accecato
e
precipitato
su
certi
cenci
sporchi
,
che
,
se
costavano
poco
,
valevano
meno
.
Non
possedeva
di
passabile
che
una
testa
d
'
uomo
della
maniera
del
Morone
e
una
Madonna
col
Bambino
della
maniera
del
Dolci
.
Egli
battezzava
,
del
resto
,
i
due
quadretti
per
Morone
e
Dolci
,
senz
'
altro
.
Com
'
ebbe
rilette
e
rigustate
le
strofe
ispirategli
dal
Tartufo
Pasotti
,
tornò
a
frugare
nel
caos
dello
scrittoio
e
ne
cavò
un
foglietto
di
carta
Bath
per
scrivere
a
monsignor
Benaglia
,
la
sola
persona
che
gli
potesse
giovare
in
avvenire
presso
la
nonna
.
Gli
parve
doverlo
mettere
a
parte
dell
'
atto
che
stava
per
compiere
,
delle
ragioni
che
avevano
consigliato
la
sua
fidanzata
e
lui
di
addivenirvi
in
questo
modo
penoso
,
della
speranza
che
avevano
d
'
essere
aiutati
da
lui
quando
venisse
il
momento
d
'
aprir
tutto
alla
nonna
.
Stava
ancora
pensando
con
la
penna
in
mano
,
davanti
alla
carta
bianca
,
quando
la
barca
delle
Carabelli
passò
sotto
la
sua
finestra
.
Poco
dopo
udì
partire
la
gondola
del
marchese
e
la
barca
del
Pin
.
Suppose
che
la
nonna
,
rimasta
sola
,
lo
facesse
chiamare
,
ma
non
ne
fu
nulla
.
Passato
un
po
'
di
tempo
in
quest
'
aspettazione
,
si
rimise
a
pensare
alla
sua
lettera
e
ci
pensò
tanto
,
rifece
l
'
esordio
tante
volte
e
procedette
anche
poi
tanto
adagio
,
con
tanti
pentimenti
,
che
la
lettera
non
era
ancora
finita
quando
gli
convenne
accendere
il
lume
.
La
chiusa
gli
riuscì
più
facile
.
Egli
vi
raccomandava
la
sua
Luisa
e
sé
alle
preghiere
del
vecchio
vescovo
e
vi
esprimeva
una
fiducia
in
Dio
così
candida
e
piena
che
avrebbe
toccato
il
cuore
più
incredulo
.
Focoso
e
impetuoso
com
'
era
,
Franco
aveva
tuttavia
la
semplice
tranquilla
fede
d
'
un
bambino
.
Punto
orgoglioso
,
alieno
dalle
meditazioni
filosofiche
,
ignorava
la
sete
di
libertà
intellettuale
che
tormenta
i
giovani
quando
la
loro
ragione
ed
i
loro
sensi
cominciano
a
trovarsi
a
disagio
nel
duro
freno
di
una
credenza
positiva
.
Non
aveva
dubitato
un
istante
della
sua
religione
,
ne
eseguiva
scrupolosamente
le
pratiche
senza
domandarsi
mai
se
fosse
ragionevole
di
credere
e
di
operare
così
.
Non
teneva
però
affatto
del
mistico
né
dell
'
asceta
.
Spirito
caldo
e
poetico
,
ma
nello
stesso
tempo
chiaro
ed
esatto
,
appassionato
per
la
natura
e
per
l
'
arte
,
preso
da
tutti
gli
aspetti
piacevoli
della
vita
,
rifuggiva
naturalmente
dal
misticismo
.
Non
s
'
era
conquistata
la
fede
e
non
aveva
mai
vôlti
lungamente
a
lei
tutti
i
suoi
pensieri
,
non
aveva
potuto
esserne
penetrato
in
tutti
i
suoi
sentimenti
.
La
religione
era
per
lui
come
la
scienza
per
uno
scolaro
diligente
che
ha
la
scuola
in
cima
de
'
suoi
pensieri
e
vi
è
assiduo
,
non
trova
pace
se
non
ha
fatto
i
suoi
compiti
,
se
non
si
è
preparato
alle
ripetizioni
,
ma
poi
quando
ha
compiuto
il
proprio
dovere
,
non
pensa
più
al
professore
né
ai
libri
,
non
sente
il
bisogno
di
regolarsi
ancora
secondo
fini
scientifici
o
programmi
scolastici
.
Perciò
egli
pareva
spesso
non
seguire
altro
nella
vita
che
il
suo
generoso
cuore
ardente
,
le
sue
inclinazioni
appassionate
,
le
impressioni
vivaci
,
gli
impeti
della
sua
natura
leale
,
ferita
da
ogni
viltà
,
da
ogni
menzogna
,
intollerante
d
'
ogni
contraddizione
e
incapace
di
infingersi
.
Aveva
appena
suggellata
la
lettera
quando
si
bussò
all
'
uscio
.
La
signora
marchesa
faceva
dire
a
don
Franco
di
scendere
per
il
rosario
.
In
casa
Maironi
si
recitava
il
rosario
tutte
le
sere
fra
le
sette
e
le
otto
,
e
i
servi
avevan
l
'
obbligo
di
assistervi
.
Lo
intuonava
la
marchesa
,
troneggiando
sul
canapè
,
girando
gli
occhi
sonnolenti
sulle
schiene
e
sulle
gambe
dei
fedeli
prosternati
per
diritto
e
per
traverso
,
quale
nella
luce
più
opportuna
ad
un
devoto
atteggiamento
e
quale
nell
'
ombra
più
propizia
ad
un
sonnellino
proibito
.
Franco
entrò
in
sala
mentre
la
voce
nasale
diceva
le
soavi
parole
«
Ave
Maria
,
gratia
plena
»
con
quella
flemma
,
con
quella
untuosità
,
che
sempre
gli
mettevano
in
corpo
una
tentazione
indiavolata
di
farsi
turco
.
Il
giovane
andò
a
cacciarsi
in
un
angolo
scuro
e
non
aperse
mai
bocca
.
Gli
era
impossibile
di
rispondere
con
divozione
a
quella
voce
irritante
.
Non
fece
che
immaginare
un
probabile
interrogatorio
imminente
,
e
masticare
risposte
sdegnose
.
Finito
il
rosario
,
la
marchesa
aspettò
un
momento
in
silenzio
e
poi
disse
le
sacramentali
parole
:
«
Carlotta
,
Friend
!
»
Carlotta
,
la
vecchia
cameriera
,
aveva
l
'
incarico
di
pigliare
,
finito
il
rosario
,
Friend
in
braccio
e
di
portarlo
a
dormire
.
«
È
qui
,
signora
marchesa
»
,
disse
Carlotta
.
Ma
Friend
,
se
era
lì
,
si
trovò
altrove
quando
colei
,
chinatasi
,
allungò
le
mani
.
Era
di
buon
umore
,
quella
sera
,
il
vecchio
Friend
,
e
gli
piacque
di
giuocare
a
non
lasciarsi
prendere
,
provocando
Carlotta
,
sgusciandole
sempre
di
mano
,
scappando
sotto
il
piano
o
sotto
il
tavolino
a
guardar
con
un
ironico
scodinzolamento
la
povera
donna
che
gli
diceva
«
ven
,
cara
,
ven
,
cara
»
,
con
la
bocca
e
«
brütt
moster
»
con
il
cuore
.
«
Friend
!
»
,
fece
la
marchesa
.
«
Andiamo
!
Friend
!
Da
bravo
!
»
Franco
bolliva
.
Venutogli
tra
le
gambe
l
'
antipatico
mostricino
infetto
dell
'
egoismo
e
della
superbia
della
sua
padrona
,
lo
scosse
da
sé
,
lo
fece
ruzzolare
tra
le
unghie
di
Carlotta
che
gli
diede
per
proprio
conto
una
rabbiosa
stretta
e
se
lo
portò
via
rispondendo
perfidamente
ai
suoi
guaiti
:
«
Cossa
t
'
han
faa
,
poer
Friend
,
cossa
t
'
han
faa
,
di
'
sü
!
»
La
marchesa
non
disse
parola
né
il
suo
viso
marmoreo
tradì
il
suo
cuore
.
Diede
al
cameriere
l
'
ordine
di
dire
al
prefetto
della
Caravina
,
se
venisse
,
e
anche
a
qualsiasi
altro
,
che
la
padrona
era
andata
a
letto
.
Franco
si
mosse
per
uscire
anche
lui
dietro
ai
servi
,
ma
si
trattenne
subito
onde
non
aver
l
'
aria
di
fuggire
.
Prese
sulla
caminiera
un
numero
della
I
.
R
.
Gazzetta
di
Milano
,
sedette
presso
sua
nonna
e
si
mise
a
leggere
,
aspettando
.
«
Mi
congratulo
tanto
»
,
cominciò
subito
la
voce
sonnacchiosa
,
«
della
bella
educazione
e
dei
bei
sentimenti
che
ci
avete
fatto
vedere
oggi
.
»
«
Accetto
»
,
rispose
Franco
senza
levar
gli
occhi
dal
giornale
.
«
Bene
,
caro
»
,
replicò
la
nonna
imperturbata
.
E
soggiunse
:
«
Ho
piacere
che
quella
signorina
vi
abbia
conosciuto
;
così
,
se
mai
sapeva
di
qualche
progetto
,
sarà
ben
contenta
che
non
se
ne
parli
più
»
.
«
Contenti
tutt
'
e
due
»
,
disse
Franco
.
«
Voi
non
sapete
niente
affatto
se
sarete
contento
.
Specialmente
se
avete
ancora
le
idee
d
'
una
volta
.
»
Udito
questo
,
Franco
posò
il
giornale
e
guardò
la
nonna
in
faccia
.
«
Cosa
succederebbe
»
,
diss
'
egli
,
«
se
avessi
ancora
le
idee
d
'
una
volta
?
»
Non
parlò
stavolta
in
tono
di
sfida
,
ma
con
serietà
tranquilla
.
«
Ecco
,
bravo
»
,
rispose
la
marchesa
.
«
Spieghiamoci
chiaro
.
Spero
e
credo
bene
che
un
certo
caso
non
succederà
mai
,
ma
,
se
succedesse
,
non
state
a
credere
che
alla
mia
morte
ci
sarà
qualche
cosa
per
voi
,
perché
io
ho
già
pensato
in
modo
che
non
ci
sarà
niente
.
»
«
Figùrati
!
»
,
fece
il
giovine
,
indifferente
.
«
Questi
sono
i
conti
che
dovrete
fare
con
me
»
,
proseguì
la
marchesa
.
«
Poi
ci
sarebbero
quelli
da
fare
con
Dio
.
»
«
Come
?
»
,
esclamò
Franco
.
«
I
conti
con
Dio
li
farò
prima
che
con
te
e
non
dopo
!
»
Quando
la
marchesa
era
côlta
in
fallo
tirava
sempre
diritto
nel
suo
discorso
come
se
niente
fosse
.
«
E
grossi
»
,
diss
'
ella
.
«
Ma
prima
!
»
,
insistette
Franco
.
«
Perché
»
,
continuò
la
vecchia
formidabile
,
«
se
si
è
cristiani
si
ha
il
dovere
d
'
obbedire
a
suo
padre
e
a
sua
madre
e
io
rappresento
vostro
padre
e
vostra
madre
.
»
Se
l
'
una
era
tenace
,
l
'
altro
non
l
'
era
meno
.
«
Ma
Dio
vien
prima
!
»
,
diss
'
egli
.
La
marchesa
suonò
il
campanello
e
chiuse
la
discussione
così
:
«
Adesso
siamo
intesi
»
.
Si
alzò
dal
canapè
all
'
entrar
della
Carlotta
e
disse
placidamente
:
«
Buona
notte
»
.
Franco
rispose
«
buona
notte
»
e
riprese
la
Gazzetta
di
Milano
.
Appena
uscita
la
nonna
,
gittò
via
il
foglio
,
strinse
i
pugni
,
si
sfogò
senza
parole
,
con
un
furibondo
sbuffo
,
e
saltò
in
piedi
,
dicendo
forte
:
«
Ah
,
meglio
,
meglio
,
meglio
!
Meglio
così
»
,
fremeva
in
sé
«
meglio
non
condurla
mai
,
la
mia
Luisa
,
in
questa
maledetta
casa
,
meglio
non
farle
soffrir
mai
questo
impero
,
questa
superbia
,
questa
voce
,
questo
viso
,
meglio
viver
di
pane
e
d
'
acqua
e
aspettar
il
resto
da
qualunque
lavoro
cane
,
piuttosto
che
dalle
mani
della
nonna
:
meglio
far
l
'
ortolano
,
maledetto
sia
,
far
il
barcaiuolo
,
far
il
carbonaio
!
»
Salì
nella
sua
camera
,
risoluto
di
romperla
con
tutti
i
riguardi
.
«
I
conti
con
Dio
?
»
,
esclamò
sbattendosi
l
'
uscio
dietro
.
«
I
conti
con
Dio
se
sposo
Luisa
?
Ah
vada
tutto
,
cosa
me
ne
importa
,
mi
vedano
,
mi
sentano
,
mi
facciano
la
spia
,
glielo
dicano
,
glielo
contino
,
gliela
cantino
che
mi
fanno
un
piacerone
!
»
Si
vestì
in
fretta
e
in
furia
,
urtando
nelle
seggiole
,
aprendo
e
chiudendo
il
cassettone
a
colpi
.
Mise
un
abito
nero
,
per
sfida
;
discese
le
scale
rumorosamente
,
chiamò
il
vecchio
domestico
,
gli
disse
che
sarebbe
stato
fuori
tutta
la
notte
,
e
senza
badare
alla
faccia
tra
sbalordita
e
sgomenta
del
pover
'
uomo
,
a
lui
molto
devoto
,
si
slanciò
in
istrada
,
si
perdette
nelle
tenebre
.
Egli
era
fuori
da
due
o
tre
minuti
,
quando
la
marchesa
,
già
coricata
,
mandò
Carlotta
a
vedere
chi
fosse
venuto
giù
correndo
dalle
scale
.
Carlotta
riferì
ch
'
era
stato
don
Franco
e
dovette
subito
ripartire
con
una
seconda
missione
.
«
Cosa
voleva
don
Franco
?
»
.
Stavolta
la
risposta
fu
che
don
Franco
era
uscito
per
un
momento
.
Questo
momento
fu
pietosamente
aggiunto
dal
vecchio
servitore
.
La
marchesa
ordinò
a
Carlotta
di
andarsene
lasciando
il
lume
acceso
.
«
Ritornate
quando
suonerò
»
,
diss
'
ella
.
Dopo
mezz
'
ora
ecco
il
campanello
.
La
cameriera
corre
dalla
padrona
.
«
È
ancora
fuori
don
Franco
?
»
«
Sì
,
signora
marchesa
.
»
«
Spegnete
il
lume
,
prendete
la
calza
,
mettetevi
in
anticamera
e
quando
sarà
rientrato
venite
a
dirmelo
.
»
Ciò
detto
la
marchesa
si
girò
sul
fianco
verso
la
parete
,
voltando
all
'
attonita
e
malcontenta
cameriera
l
'
enigma
bianco
,
uguale
,
impenetrabile
del
suo
berretto
da
notte
.
3
.
Il
gran
passo
Quella
stessa
sera
,
alle
dieci
in
punto
.
l
'
ingegnere
Ribera
batteva
due
colpi
discreti
alla
porta
del
signor
Giacomo
Puttini
in
Albogasio
Superiore
.
Poco
dopo
si
apriva
una
finestra
sopra
il
suo
capo
e
vi
compariva
al
chiaro
di
luna
il
vecchio
visetto
imberbe
del
«
sior
Zacomo
«
Ingegnere
pregiatissimo
,
mia
riverenza
»
,
disse
egli
.
«
Vien
subito
la
servente
a
verzeghe
.
»
«
Non
occorre
»
,
rispose
l
'
altro
.
«
Non
salgo
.
È
ora
di
partire
.
Venga
giù
Lei
addirittura
.
»
Il
signor
Giacomo
cominciò
a
soffiare
e
battere
le
palpebre
.
«
La
mi
perdoni
»
,
diss
'
egli
nel
suo
linguaggio
misto
di
tutti
gl
'
ingredienti
.
«
La
mi
perdoni
,
ingegnere
pregiatissimo
.
Gavarìa
propramente
necessità
...
»
«
Di
cosa
?
»
,
fece
l
'
ingegnere
seccato
.
La
porta
si
aperse
e
comparve
la
gialla
faccia
grifagna
della
serva
.
«
Oh
scior
parent
!
»
,
diss
'
ella
rispettosamente
.
Vantava
non
so
quale
affinità
con
la
famiglia
dell
'
ingegnere
,
e
lo
chiamava
sempre
così
.
«
A
sti
òr
chì
?
L
'
è
staa
forsi
a
trovà
la
sciora
parenta
?
»
La
«
sciora
parenta
»
era
la
sorella
dell
'
ingegnere
,
la
signora
Rigey
.
L
'
ingegnere
si
contentò
di
rispondere
:
«
Oh
Marianna
,
vi
saluto
,
neh
?
»
,
e
salì
le
scale
seguito
da
Marianna
col
lume
.
«
Mia
riverenza
»
,
cominciò
il
signor
Giacomo
venendogli
incontro
con
un
altro
lume
.
«
Capisco
e
riconosco
la
inconvenienza
grande
,
ma
propramente
...
»
Il
visetto
raso
e
roseo
del
signor
Giacomo
,
posato
sopra
un
cravattone
bianco
e
una
piccola
smilza
personcina
chiusa
in
un
soprabitone
nero
,
esprimeva
nei
moti
convulsi
delle
labbra
e
delle
sopracciglia
,
negli
occhi
dolenti
,
la
più
comica
inquietudine
.
«
Cosa
c
'
è
di
nuovo
?
»
,
chiese
l
'
ingegnere
alquanto
brusco
.
Egli
,
l
'
uomo
più
retto
e
schietto
che
fosse
al
mondo
,
compativa
poco
le
esitazioni
del
povero
timido
signor
Giacomo
.
«
La
permetta
»
,
cominciò
il
Puttini
;
e
,
voltosi
alla
serva
,
le
disse
aspramente
:
«
Andè
via
,
vu
;
andè
in
cusina
;
vegnì
quando
che
ve
ciamarò
;
andè
,
digo
!
Obedì
!
Abiè
rispeto
!
Comando
mi
!
Son
paron
mi
!
»
Era
la
curiosità
della
serva
,
la
sua
noncuranza
impertinente
delle
istruzioni
superiori
che
accendevano
nel
«
sior
Zacomo
»
questo
furore
dispotico
.
«
Euh
,
che
diavol
d
'
on
omm
!
»
,
rispose
colei
,
alzando
rabbiosamente
il
lume
in
aria
.
«
L
'
ha
de
vosà
a
quela
manera
lì
?
Coss
'
el
dis
,
scior
parent
?
»
«
Sentite
»
,
fece
l
'
ingegnere
.
«
Invece
di
menar
la
lingua
,
non
fareste
meglio
ad
andar
fuori
dei
piedi
?
»
Marianna
se
n
'
andò
brontolando
e
il
signor
Giacomo
si
fece
a
informare
l
'
ingegnere
pregiatissimo
con
molti
ma
,
se
,
digo
,
e
propramente
,
degl
'
intimi
suoi
pensieri
.
Egli
aveva
promesso
di
assistere
come
testimonio
alle
nozze
segrete
di
Luisa
,
ma
ora
,
sul
punto
di
andar
a
Castello
,
gli
era
venuta
una
gran
paura
di
compromettersi
.
Era
primo
deputato
politico
,
come
si
chiamava
allora
la
suprema
autorità
comunale
.
Se
il
riveritissimo
I
.
R
.
Commissario
di
Porlezza
venisse
a
sapere
di
questo
pasticcio
,
come
la
intenderebbe
?
E
quella
signora
marchesa
?
«
Una
donna
cattiva
,
ingegnere
pregiatissimo
;
una
donna
vendicativa
.
»
Ed
egli
aveva
già
tanti
altri
fastidi
.
«
Ghe
xe
anca
quel
maledeto
toro
!
»
Questo
toro
,
soggetto
d
'
una
questione
fra
il
comune
d
'
Albogasio
e
l
'
alpador
o
appaltatore
dell
'
Alpe
,
dei
pascoli
alti
,
era
da
due
anni
un
incubo
mortale
per
il
povero
signor
Giacomo
che
,
quando
parlava
delle
sue
disgrazie
,
incominciava
sempre
con
la
«
perfida
servente
»
e
finiva
col
toro
:
«
Ghe
xe
anca
quel
maledeto
toro
!
»
.
E
così
dicendo
alzava
il
suo
visetto
,
i
suoi
occhi
pieni
di
una
esecrazione
dolorosa
,
scoteva
le
mani
su
verso
il
ciglione
della
montagna
imminente
alla
sua
casa
,
verso
il
domicilio
del
bestione
diabolico
.
Ma
l
'
ingegnere
che
mostrava
in
quella
sua
bella
faccia
d
'
impavido
galantuomo
una
disapprovazione
continua
,
un
disgusto
crescente
dell
'
ometto
pusillanime
che
gli
si
contorceva
davanti
,
dopo
parecchi
«
oh
povero
me
!
»
che
avevano
per
sottinteso
"
in
che
compagnia
sono
!
"
perdette
ogni
pazienza
,
e
inarcando
le
braccia
con
i
gomiti
in
fuori
e
scotendole
come
se
tenesse
le
redini
di
un
ronzino
poltrone
,
esclamò
:
«
Ma
cosa
mai
,
ma
cosa
mai
!
Pare
impossibile
!
Questi
son
discorsi
da
fatuo
,
caro
signor
Giacomo
.
Non
avrei
mai
creduto
che
un
uomo
,
dirò
così
...
»
.
Qui
l
'
ingegnere
,
non
sapendo
veramente
come
dire
,
come
definire
il
suo
interlocutore
,
non
fece
che
gonfiar
le
gote
,
mettendo
un
lungo
mormorio
,
una
specie
di
rantolo
,
come
se
avesse
in
bocca
un
epiteto
troppo
grosso
e
non
potesse
sputarlo
.
Intanto
il
signor
Giacomo
,
rosso
rosso
,
si
affannava
a
protestare
:
«
Basta
,
basta
,
La
scusa
,
son
qua
,
vegno
,
no
La
se
scalda
,
no
go
fato
che
esprimer
un
dubio
;
ingegnere
pregiatissimo
,
Ela
conosse
el
mondo
,
mi
lo
go
conossuto
ma
no
lo
conosso
più
»
.
Si
ritirò
e
ricomparve
subito
tenendo
in
mano
una
tuba
mostruosa
,
a
larghe
tese
,
che
aveva
visto
l
'
ingresso
di
Ferdinando
a
Verona
nel
così
detto
«
anno
dell
'
imperatore
»
,
nel
1838
.
«
Credo
conveniente
»
,
diss
'
egli
,
«
un
tal
segno
di
rispetto
e
di
compiacenza
.
»
L
'
ingegnere
,
vedendo
quel
coso
,
esclamò
ancora
:
«
Cosa
mai
,
cosa
mai
?
»
.
Ma
l
'
ometto
,
cerimonioso
nell
'
anima
,
tenne
duro
:
«
Il
mio
dovere
,
il
mio
dovere
»
,
e
chiamò
la
Marianna
che
facesse
lume
.
Costei
,
quando
vide
il
padrone
con
quello
spettacoloso
segno
di
compiacenza
in
capo
,
incominciò
a
far
le
meraviglie
.
«
La
tasa
!
»
,
sbuffò
il
disgraziato
signor
Giacomo
.
«
Tasì
!
»
,
e
appena
fuori
dell
'
uscio
si
sfogò
.
«
No
ghe
xe
ponto
de
dubio
;
quela
maledetissima
servente
sarà
la
me
morte
.
»
«
E
perché
non
la
manda
via
?
»
,
chiese
l
'
ingegnere
.
Il
signor
Giacomo
aveva
posto
un
piede
sul
primo
scalino
della
viottola
che
sale
a
fianco
della
casa
Puttini
,
quando
quest
'
acuta
interrogazione
,
penetrandogli
come
un
pugnale
nella
coscienza
,
lo
fermò
di
botto
.
«
Eh
!
»
,
rispose
sospirando
.
«
Ah
!
»
,
fece
l
'
ingegnere
.
«
Cossa
vorla
?
»
,
riprese
l
'
altro
dopo
una
breve
pausa
.
«
Questo
xe
quelo
.
»
Pronunciata
in
via
di
epilogo
,
secondo
un
vecchio
uso
veneto
,
tale
disgraziata
identità
dei
due
aggettivi
indicativi
,
il
signor
Giacomo
fece
le
guance
grosse
,
soffiò
con
vivacità
e
si
decise
a
rimettersi
in
via
.
Salirono
per
alcuni
minuti
,
egli
davanti
e
l
'
ingegnere
dietro
,
per
la
stradicciuola
faticosa
,
mal
rischiarata
da
un
chiaror
di
luna
perduta
fra
le
nuvole
.
Non
si
udivano
che
i
passi
lenti
,
il
picchiar
delle
mazze
sul
ciottolato
e
i
soffi
regolari
del
signor
Giacomo
:
apff
!
apff
!
A
piedi
della
lunga
scalinata
di
Pianca
,
l
'
ometto
si
fermò
,
si
levò
il
cappello
,
si
asciugò
il
sudore
con
un
fazzolettone
bianco
e
guardando
su
al
gran
noce
,
alle
stalle
di
Pianca
,
cui
bisognava
salire
,
mise
un
soffio
straordinario
.
«
Corpo
de
sbrio
baco
!
»
,
diss
'
egli
.
L
'
ingegnere
gli
fece
coraggio
.
«
Su
,
signor
Giacomo
!
Per
amore
della
Luisina
!
»
Il
signor
Giacomo
s
'
incamminò
senz
'
altro
e
,
guadagnate
le
stalle
,
oltre
le
quali
la
viottola
diventa
più
umana
,
parve
dimenticare
gli
scalini
e
gli
scrupoli
,
la
perfida
servente
e
l
'
I
.
R
.
Commissario
,
la
marchesa
vendicativa
e
il
maledetto
toro
,
e
si
mise
a
parlar
con
entusiasmo
della
signorina
Rigey
.
«
No
ghe
xe
ponto
de
dubio
,
quando
go
l
'
onor
de
trovarme
con
So
nezza
,
con
la
signorina
Luisina
,
digo
,
me
par
giusto
,
La
se
figura
,
de
trovarme
ancora
ai
tempi
de
la
Baretela
,
de
le
Filipuzze
,
de
le
tre
sorelle
Spàresi
da
S
.
Piero
Incarian
e
de
tante
altre
de
na
volta
che
per
so
grazia
me
compativa
.
Vado
giusto
de
tempo
in
tempo
da
la
signora
marchesa
,
vedo
là
qualche
volta
ste
putele
del
dì
d
'
ancò
.
No
...
no
...
no
;
no
gavemo
propramente
quel
contegno
che
m
'
intendo
mi
;
o
che
semo
durete
o
che
semo
spuzzete
.
La
varda
invece
la
signorina
Luisina
come
che
la
sa
star
con
tuti
,
col
zovene
e
col
vecio
,
col
rico
e
col
poareto
,
co
la
serva
e
col
piovan
.
No
capisso
propramente
,
come
la
marchesa
...
»
L
'
ingegnere
l
'
interruppe
.
«
La
marchesa
ha
ragione
»
,
diss
'
egli
.
«
Mia
nipote
non
è
nobile
,
mia
nipote
non
ha
un
soldo
;
come
si
fa
a
pretendere
che
la
marchesa
sia
contenta
?
»
Il
signor
Giacomo
si
fermò
alquanto
sconcertato
,
e
guardò
l
'
ingegnere
battendo
i
suoi
occhi
dolenti
.
«
Ma
»
,
diss
'
egli
.
«
Ela
no
ghe
darà
miga
rason
sul
serio
?
»
«
Io
?
»
,
rispose
l
'
ingegnere
.
«
Io
non
approvo
mai
che
si
vada
contro
la
volontà
dei
genitori
o
di
chi
tiene
le
loro
veci
.
Ma
io
,
caro
signor
Giacomo
,
sono
un
uomo
antiquato
come
Lei
,
un
uomo
del
tempo
di
Carlo
V
,
come
si
dice
qui
.
Adesso
il
mondo
va
diversamente
e
bisogna
lasciarlo
andare
.
Dunque
io
le
mie
ragioni
le
ho
dette
e
poi
ho
detto
:
adesso
,
fate
vobis
;
del
resto
poi
quando
avrete
deciso
,
in
qualunque
modo
,
ditemi
quel
che
occorre
fare
e
son
qua
.
»
«
E
cossa
dise
la
signora
Teresina
?
»
«
Mia
sorella
?
Mia
sorella
,
poveretta
,
dice
:
se
li
vedo
a
posto
non
mi
dispiace
più
di
morire
.
»
Il
signor
Giacomo
soffiò
forte
come
sempre
quando
udiva
quest
'
ultima
sgradevole
parola
.
«
Ma
no
semo
miga
a
sti
passi
?
»
,
diss
'
egli
.
«
Eh
!
»
,
fece
l
'
ingegnere
,
molto
serio
.
«
Speriamo
in
Domeneddio
.
»
Toccavano
allora
quel
gomito
della
viottola
che
svoltando
dagli
ultimi
campicelli
del
tenere
di
Albogasio
ai
primi
del
tenere
di
Castello
,
gira
a
sinistra
sopra
un
ciglio
sporgente
,
nell
'
improvviso
cospetto
di
un
grembo
precipitoso
del
monte
,
del
lago
in
profondo
,
dei
paeselli
di
Casarico
e
di
S
.
Mamette
,
accovacciati
sulla
riva
come
a
bere
,
di
Castello
seduto
poco
più
su
,
a
breve
distanza
,
e
là
di
fronte
,
del
nudo
fiero
picco
di
Cressogno
,
tutto
scoperto
dai
valloni
di
Loggio
al
cielo
.
È
un
bel
posto
,
anche
di
notte
,
al
chiaro
di
luna
,
ma
se
il
signor
Giacomo
vi
si
fermò
in
attitudine
contemplativa
e
senza
soffiare
,
non
fu
già
perché
la
scena
gli
paresse
degna
dell
'
attenzione
di
chicchessia
,
figurarsi
di
un
primo
deputato
politico
,
ma
perché
avendo
una
considerazione
grave
da
mettere
in
luce
,
sentiva
il
bisogno
di
richiamare
tutte
le
sue
forze
al
cervello
,
di
sospendere
ogni
altro
moto
,
anche
quello
delle
gambe
.
«
Bela
massima
»
,
diss
'
egli
.
«
Speremo
in
Domenedio
.
Sissignor
.
Ma
La
me
permeta
de
osservar
che
ai
nostri
tempi
se
sentìa
parlar
ogni
momento
de
grazie
ricevute
,
de
conversion
,
de
miracoli
,
adesso
La
me
diga
Ela
.
El
mondo
no
xe
più
quelo
e
me
par
che
Domenedio
sia
stomegà
.
El
mondo
d
'
adesso
el
xe
come
la
nostra
ciesa
de
Albogasio
de
sora
che
sti
ani
Domenedio
el
ghe
vegneva
una
volta
al
mese
e
adesso
el
ghe
vien
una
volta
a
l
'ano.»
«
Senta
,
caro
signor
Giacomo
»
,
osservò
l
'
ingegnere
,
impaziente
di
arrivare
a
Castello
:
«
se
si
trasporta
la
parrocchia
da
una
chiesa
all
'
altra
,
Domeneddio
non
c
'
entra
;
del
resto
lasciamo
fare
a
Domeneddio
e
camminiamo
.
»
Ciò
detto
prese
un
'
andatura
così
lesta
che
il
signor
Giacomo
,
fatti
pochi
passi
,
si
fermò
soffiando
come
un
mantice
.
«
La
perdona
»
,
diss
'
egli
,
«
se
obedisso
tanto
quanto
a
la
natural
curiosità
de
l
'
omo
.
Se
podaria
saver
la
Sua
riverita
età
?
»
L
'
ingegnere
capì
l
'
antifona
e
fermatosi
un
momento
si
voltò
a
rispondere
quasi
sottovoce
,
con
ironica
mansuetudine
trionfante
:
«
Più
vecchio
di
Lei
»
.
E
riprese
spietatamente
la
via
.
«
Sono
dell
'
ottantotto
,
sa
!
»
,
gemette
il
Puttini
.
«
Ed
io
dell
'
ottantacinque
!
»
,
ribatté
l
'
altro
senza
fermarsi
.
«
Avanti
!
»
Per
fortuna
del
Puttini
non
c
'
erano
più
che
pochi
passi
a
fare
.
Ecco
il
muraglione
che
sostiene
il
sagrato
della
chiesa
di
Castello
,
ecco
la
scaletta
che
mette
all
'
entrata
del
villaggio
.
Ora
bisognava
svoltare
nel
sottoportico
della
canonica
,
cacciarsi
alla
cieca
in
un
buco
nero
dove
l
'
immaginazione
del
signor
Giacomo
gli
rappresentava
tanti
iniqui
sassi
sdrucciolevoli
,
tanti
maledetti
scalini
traditori
,
ch
'
egli
si
piantò
sui
due
piedi
e
,
incrociate
le
mani
sopra
il
pomo
della
mazza
,
parlò
in
questi
termini
:
«
Corpo
de
sbrio
baco
!
No
,
ingegnere
pregiatissimo
.
No
,
no
,
no
.
Propramente
mi
no
posso
,
mi
resto
qua
.
Le
vegnarà
ben
in
ciesa
.
La
ciesa
xe
qua
.
Mi
speto
qua
.
Corpo
de
sbrio
baco
!
»
Questo
secondo
«
corpo
»
il
signor
Giacomo
se
lo
masticò
privatamente
in
bocca
come
la
chiusa
d
'
un
monologo
interno
sugli
accessori
dell
'
impiccio
principale
in
cui
s
'
era
messo
.
«
Aspetti
»
,
fece
l
'
ingegnere
.
Un
fil
di
luce
usciva
dalla
porta
della
chiesa
.
L
'
ingegnere
vi
entrò
e
ne
uscì
subito
col
sagrestano
che
stava
preparando
gl
'
inginocchiatoi
per
gli
sposi
.
Costui
recò
in
soccorso
del
Puttini
la
lunga
pertica
col
cerino
acceso
sulla
punta
,
che
serve
per
accender
le
candele
degli
altari
.
Poté
così
,
fermo
sull
'
entrata
del
sottoportico
,
porger
via
via
,
quanto
era
lunga
la
pertica
,
il
suo
lumicino
davanti
ai
piedi
del
signor
Giacomo
che
,
malissimo
contento
di
questa
illuminazione
religiosa
,
procedeva
brontolando
contro
le
pietre
,
le
tenebre
,
il
moccolo
sacro
e
chi
lo
teneva
,
sinché
,
abbandonato
dal
sagrestano
e
abbrancato
dall
'
ingegnere
,
fu
tratto
,
malgrado
il
suo
muto
resistere
,
come
un
luccio
alla
lenza
,
sulla
soglia
di
casa
Rigey
.
A
Castello
,
le
case
che
si
serrano
in
fila
sul
ciglio
tortuoso
del
monte
a
godersi
il
sole
e
la
veduta
del
lago
in
profondo
,
tutte
bianche
e
ridenti
verso
l
'
aperto
,
tutte
scure
verso
quell
'
altra
disgraziata
fila
di
case
che
si
attrista
dietro
a
loro
,
somigliano
certi
fortunati
del
mondo
che
di
fronte
alla
miseria
troppo
vicina
prendono
un
sussiego
ostile
,
si
stringono
l
'
uno
all
'
altro
,
si
aiutano
a
tenerla
indietro
.
Fra
queste
gaudenti
,
casa
Rigey
è
una
delle
più
scure
di
fronte
alla
poveraglia
delle
case
villane
,
una
delle
più
chiare
di
fronte
al
sole
.
Dalla
porta
di
strada
un
andito
stretto
e
lungo
mette
ad
una
loggetta
aperta
da
cui
si
cala
per
pochi
scalini
sulla
piccola
terrazza
bianca
che
,
fra
il
salotto
di
ricevimento
e
un
'
alta
muraglia
senza
finestre
,
si
affaccia
all
'
orlo
del
monte
,
spia
giù
i
burroni
ond
'
esce
il
Soldo
,
spia
il
lago
fino
ai
golfi
verdi
dei
Birosni
e
del
Dòi
,
fino
alle
distese
serene
di
là
da
Caprino
e
da
Gandria
.
Il
signor
Rigey
,
nato
a
Milano
da
padre
francese
e
professore
di
lingua
francese
nel
collegio
di
madame
Berra
,
perduto
il
posto
,
perduta
gran
parte
delle
lezioni
private
per
la
fama
cresciutagli
attorno
d
'
uomo
irreligioso
,
aveva
comperato
la
casetta
nel
1825
per
ridurvisi
da
Milano
a
vivere
in
quiete
e
con
poca
spesa
,
aveva
sposato
la
sorella
dell
'
ingegnere
Ribera
ed
era
morto
nel
1844
lasciando
a
sua
moglie
una
figliuola
di
quindici
anni
e
poche
migliaia
di
svanziche
oltre
la
casa
.
Appena
l
'
ingegnere
ebbe
bussato
alla
porta
,
non
tanto
piano
,
si
udì
un
correr
leggero
nell
'
andito
,
fu
aperto
e
una
voce
non
sottile
,
non
argentina
,
ma
inesprimibilmente
armoniosa
,
sussurrò
:
«
Che
strepito
,
zio
!
»
.
«
Oh
bella
!
»
,
fece
patriarcalmente
l
'
ingegnere
,
«
ho
da
picchiar
col
naso
?
»
La
nipote
gli
turò
la
bocca
con
una
mano
,
lo
tirò
dentro
con
l
'
altra
,
fece
un
saluto
grazioso
al
signor
Giacomo
e
chiuse
la
porta
;
tutto
ciò
in
un
attimo
,
mentre
lo
stesso
signor
Giacomo
andava
soffiando
:
«
Padrona
mia
riveritissima
...
me
consolo
propramente
...
»
.
«
Grazie
,
grazie
»
,
fece
Luisa
,
«
passi
,
La
prego
,
devo
dire
una
parola
allo
zio
.
»
L
'
ometto
passò
con
il
suo
cappellone
in
mano
,
e
la
giovane
abbracciò
teneramente
il
suo
vecchio
zio
,
lo
baciò
,
gli
posò
il
viso
sul
petto
,
tenendogli
le
braccia
al
collo
.
«
Ciao
,
neh
»
,
fece
l
'
ingegnere
quasi
resistendo
a
quelle
carezze
perché
vi
sentiva
una
gratitudine
di
cui
non
avrebbe
sopportate
le
parole
.
«
Sì
,
là
,
basta
.
Come
va
la
mamma
?
»
.
Luisa
non
rispose
che
con
una
nuova
stretta
delle
sue
braccia
.
Lo
zio
era
più
che
un
padre
per
lei
,
era
la
Provvidenza
della
casa
,
benché
nella
sua
gran
bontà
semplice
neppur
sognasse
di
aver
il
menomo
merito
verso
sua
sorella
e
sua
nipote
.
Che
avrebbero
mai
fatto
senza
di
lui
,
povere
donne
,
con
quelle
magre
dodici
o
quindici
migliaia
di
svanziche
lasciate
da
Rigey
?
Egli
godeva
,
come
ingegnere
delle
Pubbliche
Costruzioni
,
di
un
buon
stipendio
.
Viveva
parcamente
a
Como
con
una
vecchia
governante
e
i
suoi
risparmi
passavano
a
casa
Rigey
.
Aveva
sulle
prime
apertamente
e
solennemente
disapprovata
la
inclinazione
di
Luisa
per
Franco
parendogli
quello
un
matrimonio
troppo
disuguale
;
ma
poiché
i
giovani
erano
stati
fermi
e
sua
sorella
aveva
consentito
,
egli
tenendosi
la
sua
opinione
per
sé
,
s
'
era
messo
ad
aiutare
in
tutto
che
poteva
.
«
La
mamma
?
»
,
ripeté
.
«
Sta
benino
,
stasera
,
per
la
consolazione
,
ma
ora
è
agitata
perché
mezz
'
ora
fa
è
venuto
Franco
e
ha
raccontato
che
c
'
è
stata
una
mezza
scena
con
la
nonna
.
»
«
Oh
povero
me
!
»
,
fece
l
'
ingegnere
,
che
quando
udiva
di
qualche
sproposito
altrui
soleva
commiserarne
,
con
questa
esclamazione
,
se
stesso
.
«
No
,
zio
;
Franco
ha
ragione
.
»
Luisa
pronunziò
queste
parole
con
fierezza
subitanea
.
«
Ma
si
!
»
,
esclamò
perché
lo
zio
aveva
messo
un
lungo
«
hm
!
»
dubitativo
.
«
Ha
cento
ragioni
!
Ma
»
,
soggiunse
piano
,
«
dice
di
essere
partito
di
casa
in
modo
che
la
nonna
verrà
molto
probabilmente
a
scoprir
tutto
.
»
«
Meglio
»
,
disse
lo
zio
,
incamminandosi
verso
la
terrazza
.
La
luna
era
tramontata
,
faceva
buio
.
Luisa
,
sussurrò
:
«
Mamma
è
qui
»
.
La
signora
Teresa
,
tribolata
dalla
mancanza
di
respiro
,
si
era
fatta
trascinare
sulla
terrazza
,
nella
sua
poltrona
,
per
avere
un
po
'
d
'
aria
,
un
po
'
di
sollievo
.
«
Cosa
vi
pare
,
Piero
?
»
,
disse
con
voce
simile
nel
timbro
a
quella
di
Luisa
,
ma
stanca
e
più
dolce
:
la
voce
di
un
cuor
mite
cui
il
mondo
è
amaramente
avverso
e
che
cede
.
«
Cosa
vi
pare
che
tutte
le
nostre
prudenze
non
serviranno
a
niente
?
»
«
Ma
no
,
mamma
,
questo
non
si
sa
ancora
,
questo
non
si
può
dire
!
»
Mentre
Luisa
parlava
così
,
Franco
che
stava
nel
salotto
col
curato
ne
uscì
per
abbracciar
lo
zio
.
«
Dunque
?
»
,
disse
questi
stendendogli
la
mano
,
perché
gli
abbracciamenti
non
erano
di
suo
gusto
.
«
Cosa
è
successo
?
»
Franco
raccontò
l
'
accaduto
velando
un
poco
le
espressioni
della
nonna
che
potevano
riuscire
troppo
offensive
ai
Rigey
,
tacendo
affatto
la
minaccia
di
non
lasciargli
un
soldo
,
accusando
quasi
più
la
suscettibilità
propria
che
l
'
insolenza
della
vecchia
,
confessando
finalmente
di
aver
fatto
conoscere
,
di
proposito
,
la
sua
intenzione
di
star
fuori
tutta
la
notte
.
Ciò
non
poteva
a
meno
di
condurre
la
nonna
a
scoprir
tutto
subito
,
perché
lo
avrebbe
interrogato
su
quest
'
assenza
,
ed
egli
non
voleva
mentire
,
e
tacere
era
come
confessare
.
«
Senti
!
»
,
esclamò
lo
zio
con
l
'
accento
vibrato
e
con
la
faccia
spanta
del
galantomone
che
,
soffocando
in
un
viluppo
di
cautele
e
di
dissimulazioni
,
vi
mena
dentro
due
gran
gomitate
,
se
ne
disbriga
e
respira
:
«
Vedo
che
hai
avuto
torto
d
'
irritar
la
nonna
perché
,
cosa
mai
!
Bisogna
rispettare
i
vecchi
anche
nei
loro
errori
;
capisco
che
le
conseguenze
saranno
pessime
;
ma
son
più
contento
così
e
sarei
più
contento
ancora
se
tu
avessi
già
detto
a
tua
nonna
le
cose
chiare
e
tonde
.
Questo
segreto
,
questo
infingersi
,
questo
nascondersi
non
mi
sono
mai
piaciuti
un
corno
.
Cosa
mai
!
L
'
onest
'
uomo
quello
che
fa
lo
dice
,
alla
papale
.
Tu
vuoi
ammogliarti
contro
la
volontà
della
nonna
.
Bene
,
almeno
non
ingannarla
!
»
«
Ma
Piero
!
»
,
esclamò
la
signora
Teresa
che
,
insieme
ad
uno
squisito
sentimento
della
vita
come
dovrebb
'
essere
,
possedeva
un
senso
acuto
della
vita
com
'
è
realmente
,
e
data
molto
più
di
suo
fratello
agli
esercizi
di
pietà
,
molto
più
familiare
con
Dio
,
riusciva
più
facilmente
a
persuadersi
di
aver
ottenuta
da
Lui
,
per
amor
di
un
bene
sostanziale
,
qualche
concessione
di
forma
.
«
Ma
Piero
!
Voi
non
riflettete
.
»
(
La
signora
Teresa
,
molto
più
giovane
di
suo
fratello
,
gli
parlava
sempre
col
voi
e
ne
pigliava
il
tu
)
.
«
Se
la
marchesa
viene
a
conoscere
il
matrimonio
in
un
modo
simile
e
,
naturalmente
,
non
vuol
saperne
di
prender
Luisa
in
casa
,
cosa
fanno
questi
ragazzi
?
Dove
vanno
?
Qui
non
c
'
è
posto
e
quand
'
anche
vi
fosse
posto
non
è
preparato
nulla
.
In
casa
vostra
nemmeno
.
Bisogna
riflettere
.
Se
si
voleva
tener
la
cosa
segreta
per
un
mese
o
due
,
non
era
mica
per
ingannare
;
era
per
aver
tempo
di
disporvi
la
nonna
e
,
se
la
nonna
non
volesse
piegarsi
,
di
preparar
un
paio
di
stanze
a
Oria
.
»
«
Oh
povero
me
!
»
,
fece
l
'
ingegnere
.
«
Ci
voglion
due
mesi
per
questo
?
Non
par
vero
.
»
Un
soffio
prolungato
,
nell
'
ombra
,
ricordò
in
quel
punto
la
presenza
del
signor
Giacomo
che
stava
in
un
angolo
,
appoggiato
al
muro
,
non
osando
scostarsene
per
l
'
oscurità
.
La
signora
Teresa
non
l
'
aveva
ancora
salutato
.
«
Oh
,
signor
Giacomo
!
»
,
diss
'
ella
con
grande
premura
.
«
Scusi
.
La
ringrazio
tanto
,
sa
.
Venga
qua
.
Ha
sentito
quel
che
si
diceva
?
Dica
anche
Lei
;
cosa
Le
pare
?
»
«
La
mia
servitù
»
,
disse
il
signor
Giacomo
dal
suo
angolo
.
«
Propramente
non
me
movo
,
perché
,
con
la
mia
povera
vista
...
»
«
Luisa
!
»
,
fece
la
signora
Teresa
.
«
Porta
fuori
un
lume
.
Ma
ha
sentito
,
signor
Giacomo
;
cosa
Le
pare
?
Dica
.
»
Il
signor
Giacomo
mise
nella
sua
sapienza
tre
o
quattro
piccoli
soffi
frettolosi
che
significavano
:
«
ahi
,
questo
è
un
imbarazzo
»
«
No
so
»
,
cominciò
titubante
,
«
no
so
,
digo
adesso
,
se
trovandome
a
scuro
...
»
«
Luisa
!
»
,
chiamò
da
capo
la
signora
Teresa
.
«
Eh
nossignora
,
nossignora
.
M
'
intendo
a
scuro
de
tante
cosse
che
no
so
.
Vogio
dir
che
ne
la
mia
ignoranza
no
me
posso
pronunciar
.
Però
,
digo
,
me
par
che
forse
se
podaria
...
adesso
,
digo
,
mi
son
qua
per
el
servizio
Suo
e
de
la
rispettabilissima
famegia
,
sì
ben
che
no
me
faria
maravegia
che
l
'
Imperial
Regio
Commissario
,
ottima
persona
ma
sustosèta
...
ben
,
basta
,
no
discoremo
,
mi
son
qua
,
però
me
pararia
,
digo
,
che
se
podesse
tirar
avanti
un
pocheto
e
intanto
qua
el
nostro
nobilissimo
signor
don
Franco
podaria
forse
co
le
bone
,
cole
molesine
...
Ben
ben
ben
,
per
mi
,
come
che
Le
comanda
.
»
Furono
le
proteste
violente
di
Franco
che
fecero
voltare
così
precipitosamente
strada
al
signor
Giacomo
.
Luisa
le
appoggiò
e
la
signora
Teresa
,
che
forse
adesso
avrebbe
pure
inclinato
a
una
dilazione
,
non
osò
contraddire
.
«
Luisa
,
Franco
»
,
diss
'
ella
.
«
Riconducetemi
in
salotto
.
»
I
due
giovani
spinsero
insieme
,
seguiti
dallo
zio
e
dal
signor
Giacomo
,
la
poltrona
nel
salotto
.
Nel
passar
la
soglia
Luisa
si
chinò
,
baciò
la
mamma
sui
capelli
e
le
sussurrò
:
«
vedrai
che
tutto
andrà
bene
»
.
Ella
credeva
di
trovar
il
curato
in
salotto
,
ma
il
curato
se
l
'
era
svignata
per
la
cucina
.
Appena
Franco
e
Luisa
ebbero
accostata
la
mamma
al
tavolo
dov
'
era
il
lume
,
capitò
il
sagrestano
ad
avvertire
che
tutto
era
pronto
.
Allora
la
signora
Teresa
lo
pregò
di
annunciare
al
curato
che
gli
sposi
sarebbero
andati
in
chiesa
fra
mezz
'
ora
.
«
Luisa
»
,
diss
'
ella
,
fissando
sua
figlia
con
uno
sguardo
significante
.
«
Sì
,
mamma
»
,
rispose
questa
;
e
riprese
a
voce
più
alta
volgendosi
al
suo
fidanzato
:
«
Franco
,
la
mamma
desidera
parlarti
.
»
Il
signor
Giacomo
capì
e
uscì
sulla
terrazza
.
L
'
ingegnere
non
capì
nulla
e
sua
nipote
dovette
spiegargli
che
bisognava
lasciar
la
mamma
sola
con
Franco
.
L
'
uomo
semplice
non
ne
intendeva
bene
il
perché
:
allora
ella
gli
prese
sorridendo
un
braccio
e
lo
condusse
fuori
.
La
signora
Teresa
stese
in
silenzio
la
sua
bella
mano
ancora
giovane
,
a
Franco
,
che
s
'
inginocchiò
per
baciarla
.
«
Povero
Franco
!
»
,
diss
'
ella
dolcemente
.
Lo
fece
alzare
e
sedere
vicino
a
sé
.
Doveva
parlargli
,
disse
;
e
si
sentiva
tanto
poca
lena
!
Ma
egli
capirebbe
molto
,
anche
da
poche
parole
:
«
Minga
vera
?
»
Così
dicendo
la
voce
fioca
ebbe
una
soavità
infinita
.
«
Sai
»
,
cominciò
,
«
questo
non
avevo
pensato
a
dirtelo
,
ma
mi
è
venuto
in
mente
quando
tu
raccontavi
del
piatto
che
hai
rotto
a
tavola
.
Ti
prego
di
avere
riguardo
alla
situazione
dello
zio
Piero
.
Egli
pensa
,
nel
suo
cuore
,
come
te
.
Se
tu
avessi
veduto
le
lettere
che
mi
scriveva
nel
1848
!
Ma
è
impiegato
del
Governo
.
Vero
che
si
sente
tranquillo
nella
sua
coscienza
perché
,
occupandosi
di
strade
e
di
acque
,
sa
che
serve
il
suo
paese
e
non
i
tedeschi
;
ma
certi
riguardi
vuole
e
deve
averli
.
Fino
a
un
dato
punto
bisogna
che
li
abbiate
anche
voi
per
amor
suo
.
»
«
I
tedeschi
andranno
via
presto
,
mamma
»
,
rispose
Franco
,
«
ma
sta
tranquilla
,
sarò
prudente
,
vedrai
.
»
«
Oh
caro
,
io
non
ho
più
niente
da
vedere
.
Non
ho
che
a
vedervi
voi
altri
due
uniti
e
benedetti
dal
Signore
.
Quando
i
tedeschi
saranno
andati
via
,
verrete
a
dirmelo
a
Looch
.
»
Portano
il
nome
di
Looch
i
praticelli
ombrati
di
grandi
noci
dove
sta
il
piccolo
camposanto
di
Castello
.
«
Ma
ti
devo
parlare
di
un
'
altra
cosa
»
,
proseguì
la
signora
Teresa
senza
lasciar
a
Franco
il
tempo
di
far
proteste
.
Egli
le
prese
le
mani
,
gliele
strinse
trattenendo
a
fatica
il
pianto
.
«
Bisogna
che
ti
parli
di
Luisa
»
,
diss
'
ella
.
«
Bisogna
che
tu
la
conosca
bene
tua
moglie
.
»
«
La
conosco
,
mamma
!
La
conosco
quanto
la
conosci
tu
e
più
ancora
!
»
Egli
ardeva
e
fremeva
tutto
,
così
dicendo
,
nell
'
appassionato
amore
per
lei
ch
'
era
la
vita
della
sua
vita
,
l
'
anima
dell
'
anima
sua
.
«
Povero
Franco
!
»
,
fece
la
signora
Teresa
teneramente
,
sorridendo
.
«
No
,
ascoltami
,
vi
è
qualche
cosa
che
non
sai
e
che
devi
sapere
.
Aspetta
un
poco
.
»
Aveva
bisogno
di
una
sosta
,
l
'
emozione
le
rendeva
il
respiro
difficile
e
più
difficile
il
parlare
.
Fece
un
gesto
negativo
a
Franco
che
avrebbe
pur
voluto
adoperarsi
,
aiutarla
in
qualche
modo
.
Le
bastava
un
po
'
di
riposo
e
lo
prese
appoggiando
il
capo
alla
spalliera
della
poltrona
.
Si
rialzò
presto
.
«
Avrai
inteso
parlar
male
»
,
disse
,
«
del
povero
mio
marito
,
a
casa
tua
.
Avrai
inteso
dire
ch
'
era
un
uomo
senza
principii
e
che
ho
avuto
un
gran
torto
a
sposarlo
.
Infatti
egli
non
era
religioso
e
questa
fu
la
ragione
per
cui
esitai
molto
prima
di
decidermi
.
Sono
stata
consigliata
di
cedere
perché
potevo
forse
influire
bene
sopra
di
lui
che
aveva
un
'
anima
nobile
.
È
morto
da
cristiano
,
ho
tanta
fede
di
trovarlo
in
paradiso
se
il
Signore
mi
fa
questa
grazia
di
prendermi
con
sé
;
ma
fino
all
'
ultima
ora
parve
che
non
ottenessi
nulla
.
Bene
,
temo
che
la
mia
Luisa
,
in
fondo
,
abbia
le
tendenze
del
suo
papà
.
Me
le
nasconde
,
ma
capisco
che
le
ha
.
Te
la
raccomando
,
studiala
,
consigliala
,
ha
un
gran
talento
e
un
gran
cuore
,
se
io
non
ho
saputo
far
bene
con
lei
,
tu
fa
meglio
,
sei
un
buon
cristiano
,
guarda
che
lo
sia
anche
lei
,
proprio
di
cuore
;
promettimelo
,
Franco
.
»
Egli
lo
promise
sorridendo
,
come
se
stimasse
vani
i
timori
di
lei
e
facesse
,
per
compiacenza
,
una
promessa
superflua
.
L
'
ammalata
lo
guardò
,
triste
.
«
Credimi
,
sai
»
,
soggiunse
,
«
non
sono
fantasie
.
Non
posso
morire
in
pace
se
non
la
prendi
come
una
cosa
seria
.
»
E
poi
che
il
giovane
ebbe
ripetuta
la
sua
promessa
senza
sorridere
,
soggiunse
:
«
Una
parola
ancora
.
Quando
parti
di
qua
,
vai
a
Casarico
dal
professor
Gilardoni
,
non
è
vero
?
»
«
Ma
,
questo
era
il
piano
di
prima
.
Dovevo
dire
alla
nonna
che
andavo
a
dormire
da
Gilardoni
per
fare
poi
una
gita
insieme
alla
mattina
;
adesso
lo
sai
come
sono
venuto
via
.
»
«
Vacci
lo
stesso
.
Ho
piacere
che
tu
ci
vada
.
E
poi
ti
aspetta
,
non
è
vero
?
Dunque
ci
devi
andare
.
Povero
Gilardoni
,
non
è
più
venuto
dopo
quella
pazzia
di
due
anni
or
sono
.
Lo
sai
,
non
è
vero
?
Luisa
te
l
'
avrà
detto
?
»
«
Sì
,
mamma
.
»
Questo
professor
Gilardoni
che
viveva
a
Casarico
,
da
eremita
,
si
era
molto
romanticamente
innamorato
,
qualche
anno
prima
,
della
signora
Teresa
e
le
si
era
timidamente
,
reverentemente
proposto
per
marito
,
ottenendo
un
tale
successo
di
stupore
da
togliergli
poi
il
coraggio
di
ricomparirle
davanti
.
«
Povero
uomo
!
»
,
riprese
la
signora
Rigey
.
«
Quella
è
stata
una
stupidità
grande
,
ma
è
un
cuor
d
'
oro
,
un
buon
amico
,
tenetevelo
caro
.
Il
giorno
prima
che
gli
venisse
quell
'
accesso
di
pazzia
,
mi
ha
fatto
una
confidenza
.
Non
te
la
posso
ripetere
,
e
anzi
ti
prego
di
non
parlargliene
se
non
te
ne
parla
lui
;
ma
insomma
è
una
cosa
che
potrà
,
in
certi
casi
,
aver
molta
importanza
per
voi
altri
,
specialmente
se
avrete
figli
.
Se
Gilardoni
te
ne
parla
,
pensaci
prima
di
dirlo
a
Luisa
.
Luisa
potrebbe
prender
la
cosa
non
come
va
presa
.
Delibera
tu
,
consigliati
con
lo
zio
Piero
e
poi
parla
o
non
parla
,
secondo
la
strada
che
vorrai
prendere
.
»
«
Sì
,
mamma
.
»
Si
picchiò
all
'
uscio
,
sommessamente
,
e
la
voce
di
Luisa
disse
:
«
È
finito
?
»
Franco
guardò
l
'
ammalata
.
«
Avanti
»
,
diss
'
ella
.
«
È
ora
di
andare
?
»
Luisa
non
rispose
,
cinse
con
un
braccio
il
collo
di
Franco
.
S
'
inginocchiarono
insieme
davanti
alla
mamma
,
le
piegarono
il
capo
in
grembo
.
Luisa
faceva
ogni
sforzo
per
trattenere
il
pianto
,
sapendo
bene
che
bisognava
evitare
alla
mamma
ogni
emozione
troppo
forte
,
ma
le
spalle
la
tradivano
.
«
No
,
Luisa
»
,
disse
la
mamma
,
«
no
,
cara
,
no
»
,
e
le
accarezzava
il
capo
.
«
Ti
ringrazio
che
sei
sempre
stata
una
buona
figliuola
,
sai
;
tanto
buona
;
quietati
;
son
così
contenta
;
vedrai
che
starò
meglio
.
Andate
dunque
;
datemi
un
bacio
e
poi
andate
,
non
fate
aspettare
il
signor
curato
.
Dio
ti
benedica
,
Luisa
;
e
anche
te
,
Franco
.
»
Chiese
il
suo
libro
di
preghiere
,
si
accostò
il
lume
,
fece
aprire
le
finestre
e
l
'
uscio
della
terrazza
per
respirar
meglio
e
mandò
via
la
fantesca
che
si
preparava
a
tenerle
compagnia
.
Usciti
gli
sposi
,
entrò
l
'
ingegnere
per
salutar
sua
sorella
prima
di
andare
in
chiesa
.
«
Ciao
,
neh
,
Teresa
.
»
«
Addio
,
Piero
.
Un
altro
peso
sulle
vostre
spalle
,
povero
Piero
.
»
«
Amen
»
,
rispose
pacificamente
l
'
ingegnere
.
Rimasta
sola
,
la
signora
Rigey
stette
ascoltando
il
rumor
dei
passi
che
si
allontanavano
.
Quelli
gravi
di
suo
fratello
e
del
signor
Giacomo
,
la
coda
della
colonna
,
non
le
lasciavano
udire
gli
altri
ch
'
ella
avrebbe
voluto
accompagnar
con
l
'
orecchio
quanto
era
possibile
.
Un
momento
ancora
e
non
intese
più
nulla
.
Ebbe
l
'
idea
che
Luisa
e
Franco
si
allontanavano
insieme
nell
'
avvenire
dove
a
lei
non
era
dato
seguirli
che
per
pochi
mesi
o
forse
per
pochi
giorni
;
e
che
non
poteva
indovinar
niente
,
presentir
niente
del
loro
destino
.
«
Poveri
ragazzi
»
,
pensò
.
«
Chi
sa
cosa
avranno
passato
fra
cinque
anni
,
fra
dieci
anni
!
»
Stette
ancora
in
ascolto
,
ma
il
silenzio
era
profondo
;
non
entrava
per
le
finestre
aperte
che
il
fragor
lontano
lontano
della
cascata
di
Rescia
,
di
là
dal
lago
.
Allora
,
supponendo
che
fossero
già
in
chiesa
,
prese
il
suo
libro
di
preghiere
e
lesse
con
fervore
.
Si
stancò
presto
,
si
sentì
una
gran
confusione
in
testa
,
le
si
confusero
alla
vista
anche
i
caratteri
del
libro
.
La
sua
mente
si
assopiva
,
la
volontà
era
perduta
.
Presentiva
una
visione
di
cose
non
vere
e
sapeva
di
non
dormire
,
comprendeva
che
non
era
sogno
,
ch
'
era
uno
stato
prodotto
dal
suo
male
.
Vide
aprirsi
l
'
uscio
che
metteva
in
cucina
ed
entrare
il
vecchio
Gilardoni
di
Dasio
,
detto
«
el
Carlin
de
Dàas
»
,
padre
del
professore
,
agente
di
casa
Maironi
per
i
possessi
di
Valsolda
,
morto
da
venticinque
anni
.
La
figura
entrò
e
disse
in
tono
naturale
:
«
Oh
sciora
Teresa
,
la
sta
ben
?
»
.
Ella
credette
di
rispondere
:
«
Oh
Carlin
!
Bene
e
voi
?
»
,
ma
in
fatto
non
aperse
bocca
.
«
Ghe
l
'
hoo
chì
la
lettra
»
,
riprese
la
figura
agitando
trionfalmente
una
lettera
.
«
L
'
hoo
portada
chì
per
Lee
.
»
E
posò
la
lettera
sul
tavolo
.
La
signora
Teresa
vide
chiaramente
e
con
un
senso
di
vivo
piacere
questa
lettera
sudicia
e
ingiallita
dal
tempo
,
senza
busta
e
con
la
traccia
di
una
piccola
ostia
rossa
.
Le
parve
dire
:
«
Grazie
,
Carlin
.
E
adesso
andate
a
Dasio
?
»
.
«
Sciora
no
»
,
rispose
il
Carlin
.
«
Voo
a
Casarech
dal
me
fioeu
.
»
L
'
ammalata
non
vide
più
il
Carlin
,
ma
vide
ancora
la
lettera
sul
tavolo
.
La
vedeva
chiaramente
eppure
non
era
certa
che
vi
fosse
;
nel
suo
cervello
inerte
durava
l
'
idea
vaga
di
altre
allucinazioni
passate
,
l
'
idea
della
malattia
sua
nemica
,
sua
padrona
violenta
.
Aveva
l
'
occhio
vitreo
,
la
respirazione
penosa
e
frequente
.
Un
suono
di
passi
affrettati
la
scosse
,
la
richiamò
quasi
del
tutto
in
sé
.
Quando
Luisa
e
Franco
si
precipitarono
in
camera
dalla
terrazza
,
non
si
accorsero
,
causa
il
paralume
della
lucerna
,
che
la
fisionomia
della
mamma
fosse
stravolta
.
Inginocchiati
accanto
a
lei
,
la
coprirono
di
baci
,
attribuirono
all
'
emozione
quel
respiro
affannoso
.
A
un
tratto
l
'
ammalata
sollevò
il
capo
dalla
spalliera
della
poltrona
,
tese
le
mani
avanti
,
guardando
e
indicando
qualche
cosa
.
«
La
lettera
»
,
diss
'
ella
.
I
due
giovani
si
voltarono
e
non
videro
niente
.
«
Che
lettera
,
mamma
?
»
,
disse
Luisa
.
Nello
stesso
punto
notò
l
'
espressione
del
viso
di
sua
madre
,
diede
un
'
occhiata
a
Franco
per
avvertirlo
.
Non
era
la
prima
volta
,
durante
la
sua
malattia
,
che
la
mamma
soffriva
di
allucinazioni
.
All
'
udirsi
domandare
«
che
lettera
?
»
ella
capì
,
fece
«
oh
!
»
,
ritirò
le
mani
,
se
ne
coperse
il
viso
e
pianse
silenziosamente
.
Confortata
dalle
carezze
de
'
suoi
figli
,
si
ricompose
,
li
baciò
,
stese
la
mano
a
suo
fratello
e
al
signor
Giacomo
,
che
non
avevano
inteso
affatto
cosa
fosse
accaduto
e
accennò
a
Luisa
di
andar
a
pigliar
qualche
cosa
.
Si
trattava
di
una
torta
e
di
una
bottiglia
preziosa
di
vino
del
Niscioree
,
regalata
con
altre
parecchie
,
tempo
addietro
,
dal
marchese
Bianchi
che
aveva
per
la
signora
Rigey
una
singolare
venerazione
.
Il
signor
Giacomo
,
non
vedendo
l
'
ora
di
svignarsela
,
incominciava
a
dimenarsi
,
a
soffiare
,
guardando
l
'
ingegnere
.
«
Signora
Luisina
»
,
diss
'
egli
vedendo
uscire
la
novella
sposa
.
«
La
scusa
,
son
propramente
per
domandar
licenza
...
»
«
No
,
no
»
,
lo
interruppe
con
un
fil
di
voce
la
signora
Teresa
,
«
aspetti
un
poco
.
»
Luisa
scomparve
e
Franco
scivolò
pure
fuori
dalla
stanza
dietro
sua
moglie
.
La
signora
Teresa
parve
presa
da
uno
scrupolo
,
accennò
a
richiamarlo
.
«
Ma
cosa
mai
!
»
,
fece
l
'
ingegnere
.
«
Ma
,
Piero
!
»
«
Ma
cosa
?
»
Le
antiche
tradizioni
austere
della
sua
famiglia
,
un
sottile
senso
di
dignità
,
forse
anche
uno
scrupolo
religioso
perché
gli
sposi
non
avevano
ancora
assistito
alla
messa
della
benedizione
nuziale
,
impedivano
alla
signora
Teresa
di
approvare
che
i
giovani
si
appartassero
e
insieme
di
spiegarsi
.
Le
sue
reticenze
e
la
bonarietà
patriarcale
dello
zio
diedero
agio
a
Franco
di
sottrarsi
ai
richiami
senza
rimedio
alcuno
.
La
signora
Teresa
non
insistette
.
«
Per
sempre
!
»
,
mormorò
dopo
un
momento
come
parlando
fra
sé
.
«
Uniti
per
sempre
!
»
«
Nualtri
»
,
disse
l
'
ingegnere
rivolgendosi
in
dialetto
veneto
al
suo
collega
nel
celibato
,
«
nualtri
,
sior
Giacomo
,
de
ste
buzare
no
ghe
ne
femo
.
»
«
Sempre
de
bon
umor
,
Ela
,
ingegnere
pregiatissimo
»
,
rispose
il
signor
Giacomo
a
cui
la
coscienza
diceva
che
aveva
fatto
delle
«
buzare
»
peggiori
.
Gli
sposi
non
ritornavano
.
«
Signor
Giacomo
»
,
riprese
l
'
ingegnere
,
«
per
questa
notte
,
niente
letto
.
»
L
'
infelice
si
contorse
,
soffiò
e
batté
le
palpebre
senza
rispondere
.
E
gli
sposi
non
ritornavano
.
«
Piero
»
,
disse
la
signora
,
«
suonate
il
campanello
.
»
«
Signor
Giacomo
»
,
fece
l
'
ingegnere
senza
scomporsi
,
«
dobbiamo
suonare
il
campanello
?
»
«
L
'
idea
de
la
signora
Teresa
pare
propramente
questa
»
,
rispose
l
'
omino
navigando
alla
meglio
tra
il
fratello
e
la
sorella
.
«
Però
mi
no
digo
gnente
.
»
«
Piero
!
»
,
insistette
la
signora
.
«
Ma
insomma
»
,
riprese
suo
fratello
senza
muoversi
.
«
Lei
,
cosa
farebbe
?
Lo
suonerebbe
,
questo
campanello
,
o
non
lo
suonerebbe
?
»
«
Oh
Dio
!
»
,
gemette
il
Puttini
.
«
La
me
dispensa
.
»
«
Non
La
dispenso
un
corno
.
»
Gli
sposi
non
ritornavano
e
la
mamma
,
sempre
più
inquieta
,
ricominciava
:
«
Ma
suonate
,
dunque
,
Piero
!
»
Il
signor
Giacomo
,
che
moriva
dalla
voglia
di
andarsene
e
non
poteva
andarsene
senza
salutar
gli
sposi
,
incoraggiato
dall
'
insistere
della
signora
,
fece
uno
sforzo
,
diventò
rosso
rosso
e
buttò
fuori
la
sua
sentenza
:
«
Mi
sonaria
.
»
«
Caro
signor
Giacomo
»
,
disse
l
'
ingegnere
,
«
mi
stupisco
,
mi
sorprendo
e
mi
meraviglio
.
»
Chi
sa
perché
,
quando
era
di
buon
umore
e
gli
capitava
in
bocca
uno
di
quei
sinonimi
,
li
infilzava
tutti
e
tre
.
«
Però
»
,
conchiuse
,
«suoniamo.»
E
suonò
molto
discretamente
.
«
Sentite
,
Piero
»
,
disse
la
signora
Teresa
.
«
Ricordatevi
bene
che
adesso
,
quando
partite
voi
,
deve
partire
anche
Franco
.
Ritornerà
alle
cinque
e
mezzo
per
la
messa
.
»
«
Oh
povero
me
!
»
,
fece
lo
zio
Piero
.
«
Quante
miserie
!
Insomma
,
sono
marito
e
moglie
,
sì
o
no
?
Bene
bene
bene
»
,
soggiunse
,
perché
sua
sorella
si
inquietava
.
«
Fate
tutto
quello
che
volete
,
ecco
.
»
Invece
degli
sposi
entrò
la
fantesca
portando
la
torta
e
la
bottiglia
e
disse
all
'
ingegnere
che
la
signora
Luisina
lo
pregava
di
uscire
un
momento
sulla
terrazza
.
«
Adesso
che
viene
un
po
'
di
grazia
di
Dio
,
mi
mandate
fuori
»
,
disse
l
'
ingegnere
.
Egli
scherzava
,
con
la
solita
serenità
di
spirito
,
forse
non
comprendendo
bene
lo
stato
grave
di
sua
sorella
,
forse
per
certa
sua
naturale
disposizione
pacifica
verso
tutto
che
fosse
ineluttabile
.
Uscì
sulla
terrazza
dove
Luisa
lo
aspettava
con
Franco
.
«
Senti
,
zio
»
,
diss
'
ella
,
«
mio
marito
dice
che
certo
la
nonna
scoprirà
tutto
subito
,
ch
'
egli
non
potrà
più
stare
a
Cressogno
,
che
se
la
mamma
fosse
in
buone
condizioni
si
potrebbe
venire
da
te
a
Oria
,
ma
che
così
,
pur
troppo
,
non
è
possibile
.
Allora
dice
che
si
potrebbe
mettere
all
'
ordine
una
camera
qui
,
in
fretta
,
alla
meglio
;
lo
studio
del
povero
papà
,
si
diceva
noi
.
Cosa
ti
pare
?
»
«
Hm
!
»
,
fece
lo
zio
,
che
non
accettava
facilmente
le
novità
.
«
Mi
pare
una
risoluzione
molto
precipitosa
.
Fate
una
spesa
,
mettete
la
casa
sossopra
per
una
cosa
che
non
può
durare
.
»
La
sua
idea
fissa
era
quella
di
aver
tutta
la
famiglia
a
Oria
,
e
questo
ripiego
della
camera
gli
faceva
ombra
.
Temeva
che
se
gli
sposi
si
accomodavano
a
Castello
finissero
con
restarvi
.
Luisa
si
studiò
di
persuaderlo
che
non
si
poteva
fare
altrimenti
,
che
né
la
spesa
né
l
'
incomodo
sarebbero
stati
grandi
,
che
suo
marito
,
quando
avesse
a
uscir
di
casa
,
andrebbe
difilato
a
Lugano
e
ritornerebbe
con
i
pochi
mobili
strettamente
necessari
.
Lo
zio
domandò
se
Franco
non
potrebbe
invece
mettersi
a
Oria
e
starvi
fino
a
quando
vi
potessero
scendere
la
mamma
e
lei
.
«
Oh
,
zio
!
»
,
fece
Luisa
.
S
'
ella
avesse
saputo
del
campanello
,
si
sarebbe
ancor
più
meravigliata
di
una
proposta
simile
.
Ma
il
buon
uomo
aveva
qualche
volta
di
queste
idee
ingenue
che
facevano
sorridere
sua
sorella
.
Luisa
non
durò
fatica
a
trovare
argomenti
contro
l
'
esilio
di
Franco
e
ad
adoperarli
con
calore
.
«
Basta
»
,
fece
lo
zio
non
persuaso
,
ma
placido
,
allargando
le
braccia
in
arco
,
nell
'
atto
di
un
Dominus
vobiscum
più
caritatevole
,
più
disposto
a
cinger
di
tenerezza
le
povere
creature
umane
.
«
Fiat
.
Oh
,
e
se
occorre
»
,
soggiunse
volgendosi
a
Franco
,
«
come
stai
a
quattrini
?
»
Franco
trasalì
,
s
'
imbarazzò
.
«
È
il
nostro
papà
,
sai
»
,
gli
disse
sua
moglie
.
«
Papà
niente
affatto
»
,
osservò
lo
zio
,
sempre
placidamente
.
«
Papà
niente
affatto
,
ma
quel
ch
'
è
mio
è
vostro
,
ecco
;
vuol
dire
dunque
che
vi
munirò
un
poco
secondo
le
mie
forze
.
»
E
ricevette
l
'
abbraccio
commosso
de
'
suoi
nipoti
senza
corrispondervi
,
quasi
seccato
da
una
dimostrazione
superflua
,
seccato
che
non
accogliessero
più
semplicemente
una
cosa
tanto
semplice
e
naturale
.
«
Sì
,
sì
»
,
diss
'
egli
,
«
andiamo
a
bere
ch
'
è
meglio
.
»
Il
vino
del
Niscioree
,
rosso
chiaro
come
un
rubino
,
delicato
e
gagliardo
,
blandì
e
pacificò
le
viscere
dell
'
impaziente
signor
Giacomo
,
che
in
quegli
anni
di
oïdium
ben
di
rado
bagnava
le
labbra
nel
vin
pretto
e
beveva
cupamente
vin
Grimelli
di
acquosa
memoria
.
«
Est
,
est
,
non
è
vero
,
signor
Giacomo
?
»
,
disse
lo
zio
Piero
vedendo
il
Puttini
guardar
devotamente
nel
bicchiere
che
teneva
in
mano
.
«
Qui
almeno
non
c
'
è
pericolo
di
crepare
come
quel
tale
:
et
propter
nimium
est
dominus
meus
mortuus
est
.
»
«
A
mi
me
par
de
resussitar
»
,
rispose
il
signor
Giacomo
,
adagio
adagio
,
quasi
sottovoce
,
guardando
sempre
nel
bicchiere
.
«
Allora
,
un
brindisi
agli
sposi
!
»
,
riprese
l
'
altro
,
alzandosi
.
«
Se
non
lo
fa
Lei
,
lo
farò
io
:
Viva
lü
e
viva
lee
E
nün
andèm
foeura
d
'
i
pee
.
Il
signor
Giacomo
vuotò
il
bicchiere
,
soffiò
molto
e
batté
molto
le
palpebre
in
segno
dei
vari
sentimenti
che
tumultuavano
nell
'
animo
suo
mentre
l
'
ultimo
aroma
e
l
'
ultimo
sapor
del
vino
gli
si
perdevano
in
bocca
;
offerse
la
sua
servitù
alla
signora
Teresa
riveritissima
,
la
sua
devozione
alla
sposina
amabilissima
,
la
sua
osservanza
allo
sposo
compitissimo
;
si
schermì
,
menando
le
braccia
e
la
testa
,
dai
ringraziamenti
che
gli
fioccavano
addosso
,
e
preso
il
cappellone
,
presa
la
mazza
,
si
avviò
umilmente
,
soffiando
con
un
misto
di
compiacenza
e
di
rammarico
,
dietro
la
mole
placida
dell
'
ingegnere
pregiatissimo
.
«
E
tu
,
Franco
?
»
,
chiese
subito
la
signora
Teresa
.
«
Vado
»
,
rispose
Franco
.
«
Vien
qua
»
,
diss
'
ella
.
«
Vi
ho
accolto
così
male
,
poveri
figliuoli
,
quando
siete
ritornati
dalla
chiesa
.
Sai
,
m
'
era
venuto
uno
de
'
miei
accessi
;
lo
avete
ben
capito
.
Adesso
mi
sento
tanto
benino
,
tanto
in
pace
.
Signore
,
Vi
ringrazio
.
Mi
pare
d
'
avere
messa
la
casa
in
ordine
,
d
'
avere
spento
il
fuoco
,
d
'
aver
dette
un
po
'
di
orazioni
e
di
andar
a
dormire
,
tutta
bella
contenta
;
ma
non
così
presto
,
sai
,
caro
,
non
così
subito
.
Ti
lascio
la
mia
Luisa
,
caro
,
ti
lascio
lo
zio
Piero
;
so
che
li
amerai
tanto
,
vero
?
Ricordati
anche
di
me
,
però
.
Ah
Signore
,
come
mi
rincresce
di
non
vedere
i
vostri
figli
!
Quello
sì
.
Hai
da
dar
loro
un
bacio
per
la
povera
nonna
,
tutti
i
giorni
.
E
adesso
va
'
,
figlio
mio
;
ritorni
alle
cinque
e
mezzo
,
non
è
vero
?
Sì
,
addio
,
va
'.»
Gli
parlava
carezzevole
,
come
a
un
bambino
che
non
capisce
ancora
ed
egli
piangeva
di
tenerezza
silenziosamente
,
le
baciava
e
ribaciava
le
mani
,
godendo
che
Luisa
fosse
presente
e
vedesse
;
perché
nella
sua
immensa
tenerezza
per
la
mamma
vi
era
la
immensa
gioia
di
essere
divenuto
un
solo
con
la
figlia
e
come
un
'
avidità
di
amar
tutto
che
sua
moglie
amava
,
con
la
stessa
forza
.
«
Va
'
»
,
ripeteva
mamma
Teresa
,
temendo
anche
la
commozione
propria
:
«
va
'
,
va
'.»
Egli
obbedì
,
finalmente
;
e
uscì
con
Luisa
.
Anche
stavolta
Luisa
tardò
molto
a
ritornare
,
ma
le
anime
più
sante
hanno
le
loro
lievi
debolezze
e
quantunque
la
fantesca
non
facesse
che
andare
e
venire
dalla
cucina
al
salotto
,
la
signora
Teresa
,
tocca
dalle
dimostrazioni
d
'
affetto
che
le
aveva
prodigate
Franco
,
non
le
disse
mai
di
suonare
il
campanello
.
4
.
La
lettera
del
Carlin
Franco
discese
il
monte
adagio
adagio
,
tutto
chiuso
nel
suo
mondo
interiore
così
pieno
di
cose
,
di
pensieri
,
di
sentimenti
nuovi
,
fermandosi
ogni
tratto
a
guardar
la
strada
biancastra
e
i
campicelli
scuri
,
a
toccar
le
foglie
d
'
una
vite
o
i
sassi
d
'
un
muricciuolo
per
sentire
la
realtà
del
mondo
esterno
,
persuadersi
che
non
sognava
.
Solamente
a
Casarico
,
nella
contrada
dei
Mal
'
ari
,
davanti
alla
porticina
della
villetta
Gilardoni
,
si
ricordò
delle
parole
oscure
di
mamma
Teresa
circa
la
confidenza
fattale
dal
Gilardoni
e
si
domandò
quale
potesse
mai
essere
l
'
arcano
che
non
conveniva
rivelare
a
Luisa
.
A
dir
il
vero
questo
consiglio
della
mamma
non
gli
era
piaciuto
interamente
.
«
Come
mai
»
,
pensò
bussando
all
'
uscio
,
«
nasconderei
qualche
cosa
a
mia
moglie
?
»
Il
professore
Beniamino
Gilardoni
,
figlio
del
«
Carlin
de
Dàas
»
,
era
stato
fatto
studiare
dal
vecchio
don
Franco
Maironi
,
dal
marito
della
marchesa
Orsola
,
uomo
bizzarro
,
lunatico
,
violento
,
ma
generoso
.
Quando
il
Carlin
morì
,
si
vide
che
la
generosità
del
Maironi
non
sarebbe
stata
necessaria
.
Beniamino
ereditò
un
discreto
gruzzoletto
e
ciò
fece
andare
in
bestia
don
Franco
che
lo
tenne
responsabile
dell
'
ipocrisia
paterna
,
gli
voltò
le
spalle
né
volle
più
saperne
di
lui
nel
poco
tempo
che
visse
ancora
dopo
la
morte
del
suo
agente
.
Il
giovane
entrò
nell
'
insegnamento
,
fu
professore
di
latino
nel
ginnasio
di
Cremona
e
di
filosofia
nel
liceo
di
Udine
.
Cagionevole
di
salute
e
timoroso
assai
del
male
fisico
,
alquanto
misantropo
,
piantò
nel
1842
la
cattedra
e
venne
a
godersi
la
modesta
eredità
paterna
in
Valsolda
.
Il
natio
paesello
di
Dasio
,
seduto
sotto
le
rocce
dolomitiche
dell
'
Arabione
,
era
troppo
alto
e
troppo
incomodo
per
lui
.
Vendette
i
suoi
beni
di
lassù
,
si
comperò
l
'
uliveto
del
Sedorgg
sopra
Casarico
e
una
villetta
in
Casarico
stesso
,
sulla
riva
del
lago
;
un
gingillo
di
villetta
che
egli
chiamava
per
la
sua
forma
«
pi
greco
»
a
immagine
del
diagramma
di
Ugo
Foscolo
.
Dalla
contrada
dei
Mal
'
ari
un
andito
breve
metteva
nel
cortiletto
addossato
a
un
portico
minuscolo
e
aperto
verso
il
lago
,
fra
grandi
oleandri
,
di
fronte
a
sei
miglia
d
'
acqua
verde
o
grigia
o
azzurra
,
secondo
i
momenti
,
fino
al
monte
S
.
Salvatore
inclinato
là
in
fondo
,
sotto
il
peso
della
sua
gobba
malinconica
,
ai
sottoposti
colli
umidi
di
Carona
.
A
levante
della
casina
si
stendeva
un
orto
favolosamente
spazioso
per
quei
paesi
le
cui
pianure
l
'
ingegnere
Ribera
soleva
definire
con
questa
citazione
censuaria
:
campo
grande
,
detto
il
campone
,
tavol
sett
.
Sette
tavole
son
venti
o
ventidue
metri
quadrati
.
Il
professore
lo
coltivava
con
l
'
aiuto
del
suo
servitorello
Giuseppe
,
detto
il
Pinella
,
e
d
'
una
bibliotechina
di
trattati
francesi
.
Si
faceva
venire
di
Francia
i
semi
delle
qualità
d
'
ortaggi
più
celebrate
,
che
talvolta
gli
spuntavano
ignobilmente
diversi
dalla
loro
fede
di
battesimo
e
magari
da
qualunque
onesta
famiglia
battezzata
.
Accadeva
allora
che
filosofo
e
famiglio
,
curvi
sull
'
aiuola
con
le
mani
alle
ginocchia
,
levassero
gli
occhi
dai
germogli
beffardi
per
guardarsi
in
faccia
,
il
primo
sinceramente
,
il
secondo
ipocritamente
compunto
.
In
un
canto
dell
'
orto
viveva
,
nella
sua
stalletta
costrutta
con
tutte
le
regole
dell
'
arte
,
una
vaccherella
svizzera
comperata
dopo
tre
mesi
di
assidui
studi
e
riuscita
magra
e
cagionevole
quanto
il
padrone
;
al
quale
,
malgrado
la
mucca
svizzera
e
quattro
galline
padovane
,
capitava
spesso
di
non
potersi
preparare
in
casa
un
latte
all
'
ovo
.
Nel
muro
di
sostegno
verso
il
lago
,
battuto
al
piede
dall
'
onda
piena
della
breva
,
egli
aveva
praticati
dei
fori
e
piantato
,
per
consiglio
di
Franco
Maironi
,
alquante
agavi
americane
,
alquanti
rosai
e
capperi
,
fasciando
così
,
come
soleva
dire
,
con
una
elegante
forma
poetica
il
sostanzioso
contenuto
dell
'
orto
.
E
per
amore
di
poesia
aveva
lasciato
incolto
un
breve
angolo
dell
'
orto
stesso
.
Vi
era
cresciuto
un
canneto
altissimo
e
a
questo
canneto
il
professore
aveva
addossato
una
specie
di
belvedere
,
un
alto
palco
di
legno
,
molto
rustico
e
primitivo
,
dove
nella
buona
stagione
passava
qualche
gradevole
ora
leggendo
,
al
fresco
della
breva
,
al
mormorio
del
canneto
e
delle
onde
,
i
libri
mistici
che
amava
.
Da
lontano
il
colore
del
palco
si
confondeva
con
quello
del
canneto
ed
il
professore
pareva
seduto
in
aria
col
suo
libro
in
mano
,
come
un
mago
.
Teneva
nel
salotto
la
bibliotechina
d
'
orticoltura
;
i
libri
mistici
,
i
trattati
di
negromanzia
,
di
gnosticismo
,
gli
scritti
sulle
allucinazioni
e
sui
sogni
li
teneva
in
uno
studiolo
vicino
alla
camera
da
letto
,
in
una
specie
di
cabina
di
nave
dove
il
lago
o
il
cielo
parevano
entrare
dalla
finestra
.
Dopo
la
morte
del
vecchio
Maironi
il
professore
aveva
ripigliato
a
visitare
la
famiglia
,
ma
la
marchesa
Orsola
gli
piaceva
poco
e
don
Alessandro
suo
figlio
,
padre
di
Franco
,
meno
ancora
.
Finì
con
andarci
una
volta
l
'
anno
.
Quando
il
giovinetto
entrò
in
liceo
,
il
Gilardoni
fu
pregato
dalla
nonna
,
ché
il
padre
era
morto
da
un
pezzo
,
di
dargli
qualche
lezione
durante
l
'
autunno
.
Maestro
e
scolaro
si
somigliavano
nei
facili
entusiasmi
,
nelle
collere
veementi
e
fugaci
,
ed
erano
caldi
patrioti
ambedue
.
Cessato
il
bisogno
delle
lezioni
si
rividero
come
amici
benché
il
professore
avesse
oltre
a
vent
'
anni
più
di
Franco
.
Questi
ammirava
l
'
ingegno
del
suo
allievo
;
Franco
invece
stimava
assai
poco
la
filosofia
mezzo
cristiana
mezzo
razionalista
del
maestro
,
le
sue
tendenze
mistiche
;
rideva
della
sua
passione
per
i
libri
e
per
le
teorie
d
'
orticoltura
e
giardinaggio
,
scompagnata
da
qualsiasi
senso
pratico
.
Lo
aveva
tuttavia
molto
caro
per
la
sua
bontà
,
per
il
suo
candore
,
per
il
suo
calor
d
'
animo
.
N
'
era
stato
il
confidente
al
tempo
dell
'
infelice
amore
concepito
dal
Gilardoni
per
la
signora
Teresa
Rigey
e
lo
aveva
poi
ricambiato
con
le
confidenze
proprie
.
Il
Gilardoni
ne
fu
molto
commosso
;
disse
a
Franco
che
avendo
nel
cuore
quel
tale
culto
gli
sarebbe
parso
di
diventar
un
poco
suo
padre
anche
se
la
signora
Teresa
non
volesse
saperne
di
lui
.
Franco
non
mostrò
di
apprezzare
questa
paternità
metafisica
;
l
'
amore
per
la
signora
Rigey
gli
pareva
un
'
aberrazione
;
ma
insomma
si
confermò
nell
'
idea
che
la
testa
del
professore
non
valeva
gran
cosa
e
che
il
cuore
era
d
'
oro
.
Bussò
,
dunque
,
all
'
uscio
e
venne
ad
aprirgli
il
professore
in
persona
portando
un
lumicino
a
olio
.
«
Bravo
»
,
diss
'
egli
.
«
Credevo
che
non
venissi
più
.
»
Il
Gilardoni
era
in
veste
da
camera
e
pantofole
,
aveva
in
testa
una
specie
di
turbante
ed
esalava
un
forte
odore
di
canfora
.
Pareva
un
turco
,
un
Gilardoni
bey
;
ma
la
faccia
magra
e
giallognola
che
sorrideva
sotto
il
turbante
nulla
aveva
di
turchesco
.
Contornata
d
'
una
barbetta
rossastra
,
fiorita
pomposamente
,
nel
mezzo
,
d
'
un
bel
nasone
bitorzoluto
e
vermiglio
,
luceva
per
due
begli
occhi
azzurri
,
molto
giovanili
,
pieni
d
'
ingenua
bontà
e
poesia
.
Appena
Franco
ebbe
chiuso
l
'
uscio
dietro
di
sé
,
l
'
amico
gli
sussurrò
:
«
È
fatto
?
»
.
«
È
fatto
»
,
rispose
Franco
.
L
'
altro
lo
abbracciò
e
lo
baciò
silenziosamente
.
Poi
lo
fece
salire
nello
studiolo
.
Gli
spiegò
strada
facendo
che
s
'
era
applicato
sulla
testa
delle
compresse
d
'
acqua
sedativa
,
secundum
Raspail
,
per
una
minaccia
di
emicrania
.
Egli
era
un
apostolo
di
Raspail
e
aveva
convertito
anche
Franco
,
molto
soggetto
alle
infiammazioni
di
gola
,
dalle
sanguisughe
alla
sigaretta
di
canfora
.
Nello
studiolo
,
nuovo
amplesso
,
molto
stretto
e
molto
lungo
.
«
Tanto
,
tanto
,
tanto
!
»
,
esclamò
Gilardoni
sottintendendo
un
mondo
di
cose
.
Povero
Gilardoni
,
gli
occhi
gli
luccicavano
.
Aveva
sperato
invano
una
felicità
simile
a
quella
dell
'
amico
suo
!
Franco
intese
,
s
'
imbarazzò
,
non
seppe
dirgli
nulla
,
e
ne
seguì
un
silenzio
così
significativo
che
il
Gilardoni
non
poté
sopportarlo
e
si
mise
ad
accendere
un
po
'
di
fuoco
per
riscaldare
il
caffè
che
aveva
preparato
.
Franco
si
offerse
per
questa
bisogna
e
il
professore
accettò
allegando
il
suo
mal
di
capo
,
si
mise
a
disfare
il
turbante
davanti
a
una
scodella
d
'
acqua
sedativa
.
«
Dunque
»
,
diss
'
egli
,
dominando
la
propria
emozione
con
uno
sforzo
di
volontà
,
«
mi
racconti
.
»
Franco
gli
raccontò
ogni
cosa
dal
pranzo
della
nonna
fino
alla
cerimonia
nuziale
nella
chiesa
di
Castello
,
eccetto
,
naturalmente
,
il
colloquio
segreto
con
mamma
Teresa
.
Il
professore
Beniamino
,
che
intanto
si
era
rimesso
il
turbante
,
si
fece
coraggio
a
mezzo
.
«E...»,
diss
'
egli
sostituendo
al
nome
amato
una
specie
di
gemito
sordo
,
«
come
sta
?
»
Udito
dell
'
allucinazione
,
esclamò
:
«
Una
lettera
?
Le
pareva
di
vedere
una
lettera
?
Ma
che
lettera
?
»
.
Questo
,
Franco
non
lo
sapeva
.
Uno
stridore
sulla
brace
interruppe
la
conversazione
;
il
caffè
bolliva
a
scroscio
e
si
versava
.
Il
Gilardoni
somigliava
al
suo
giovane
amico
pure
in
questo
che
gli
si
leggeva
il
cuore
in
faccia
.
Il
giovane
amico
,
ch
'
era
del
resto
un
lettore
di
facce
infinitamente
più
sagace
e
pronto
di
lui
,
capì
subito
ch
'
egli
aveva
pensato
ad
una
data
lettera
e
gli
chiese
,
mentre
il
caffè
stava
posando
,
se
fosse
in
grado
di
spiegar
quell
'
allucinazione
.
Il
professore
si
affrettò
a
rispondere
di
no
,
ma
tosto
pronunciato
il
no
lo
attenuò
con
parecchi
altri
no
misti
a
inarticolati
brontolii
:
«
eh
no
-
no
già
-
non
saprei
-
insomma
no
»
.
Franco
non
insistette
e
ne
seguì
un
altro
silenzio
alquanto
significativo
.
Preso
il
caffè
con
molti
involontari
segni
d
'
inquietudine
,
il
professore
propose
bruscamente
d
'
andare
a
letto
.
Franco
,
dovendo
ripartire
prima
di
giorno
,
preferì
non
coricarsi
ma
volle
che
si
coricasse
l
'
amico
,
e
l
'
amico
,
dopo
infinite
proteste
e
cerimonie
,
dopo
aver
esitato
fin
sulla
soglia
della
porta
con
la
sua
scodella
d
'
acqua
sedativa
in
mano
,
fece
di
colpo
un
volta
faccia
,
si
gittò
alle
spalle
un
«
addio
»
e
scomparve
.
Rimasto
solo
,
Franco
spense
il
lume
e
si
distese
sulla
poltrona
con
la
buona
intenzione
di
dormire
,
cercando
il
sonno
in
qualche
pensiero
indifferente
,
se
gli
fosse
possibile
di
fermarvisi
.
Non
erano
passati
cinque
minuti
quando
fu
picchiato
all
'
uscio
e
subito
entrò
precipitosamente
,
senza
lume
,
il
professore
dicendo
:
«
Insomma
sono
qui
!
»
.
«
Cosa
c
'
è
?
»
,
esclamò
Franco
.
«
Mi
rincresce
che
ho
spento
.
»
Si
sentì
in
pari
tempo
le
braccia
del
buon
Beniamino
intorno
al
collo
,
la
sua
barba
,
la
canfora
e
la
voce
sul
viso
.
«
Caro
caro
caro
caro
don
Franco
,
io
ho
un
peso
enorme
sul
cuore
,
non
volevo
parlare
adesso
,
volevo
lasciarla
quieto
ma
non
posso
,
non
posso
,
poss
no
,
poss
no
,
poss
no
!
»
«
Ma
parli
,
si
quieti
,
si
quieti
!
»
,
disse
Franco
sciogliendosi
dolcemente
da
quell
'
abbraccio
.
Il
professore
lo
lasciò
e
si
portò
le
mani
alle
tempie
gemendo
:
«
Oh
che
animale
,
che
animale
,
che
animale
!
Potevo
ben
lasciarla
tranquillo
,
potevo
ben
aspettare
domani
!
o
posdomani
!
Ma
ormai
è
fatta
,
è
fatta
»
.
Afferrò
le
mani
di
Franco
.
«
Creda
,
avevo
cominciato
a
spogliarmi
quando
mi
ha
preso
come
una
vertigine
e
lì
,
andiamo
,
metti
su
da
capo
le
vesta
,
e
via
,
corri
qua
come
un
matto
,
senza
lume
!
Nella
furia
ho
persin
rovesciato
la
scodella
dell
'
acqua
sedativa
!
»
«
Accendiamo
il
lume
?
»
,
chiese
Franco
.
«
No
no
no
!
Meglio
parlare
al
buio
,
meglio
parlare
al
buio
!
Guardi
,
mi
metto
persino
qui
,
io
!
»
Andò
a
sedere
al
suo
scrittoio
fuori
del
chiaror
debole
ch
'
entrava
dalla
finestra
,
e
parlò
.
Parlava
sempre
nervoso
e
disordinato
;
figurarsi
adesso
con
l
'
agitazione
che
aveva
in
corpo
.
«
Comincio
,
neh
?
Chi
sa
cosa
dirà
,
caro
don
Franco
!
Tutte
chiacchiere
inutili
,
queste
;
ma
cosa
vuole
,
là
,
pazienza
.
Comincio
dunque
;
di
dove
comincio
?
Ah
Signore
,
vede
che
bestia
sono
che
non
so
nemmeno
più
dove
cominciare
?
Ah
,
quell
'
allucinazione
!
Sì
,
Le
ho
detto
una
bugia
poco
fa
,
posso
benissimo
sospettare
l
'
origine
di
quell
'
allucinazione
.
Si
tratta
d
'
una
lettera
,
proprio
d
'
una
lettera
che
io
ho
fatto
vedere
due
anni
sono
alla
signora
Teresa
.
Una
lettera
del
povero
don
Franco
Suo
nonno
.
Bene
,
adesso
cominciamo
dal
principio
.
Il
mio
povero
papà
,
negli
ultimi
giorni
della
sua
vita
mi
parlò
di
una
lettera
di
don
Franco
che
avrei
trovato
nel
cassettone
dov
'
erano
tutte
le
carte
da
conservarsi
.
Mi
disse
di
leggerla
,
di
custodirla
e
di
regolarmi
,
a
suo
tempo
,
secondo
la
mia
coscienza
.
"
Però
"
,
disse
,
"
è
quasi
certo
che
non
vi
sarà
niente
da
fare
.
"
Il
povero
papà
viene
a
mancare
,
io
cerco
la
lettera
nel
cassettone
,
non
la
trovo
.
Frugo
tutta
la
casa
,
non
la
trovo
.
Cosa
vuole
?
Mi
do
pace
con
l
'
idea
che
non
ci
sarà
niente
da
fare
e
non
ci
penso
più
.
Bestia
,
vero
?
Animale
?
Me
lo
dica
pure
,
me
lo
merito
,
me
lo
son
detto
tante
volte
io
.
Schiavo
,
andiamo
avanti
.
Lei
sa
com
'
è
stata
regolata
la
successione
di
Suo
nonno
?
Sa
come
sono
andati
gli
affari
di
casa
Sua
?
Mi
perdona
,
neh
,
se
Le
parlo
di
queste
cose
?
»
«
So
che
mio
nonno
morì
senza
testamento
e
che
non
ho
niente
»
,
rispose
Franco
.
«
Passiamo
,
andiamo
avanti
.
»
Era
un
argomento
penoso
davvero
,
per
Franco
.
Alla
morte
del
vecchio
Maironi
non
s
'
era
trovato
testamento
.
La
vedova
e
il
figlio
don
Alessandro
si
erano
divisi
la
sostanza
per
metà
,
d
'
amore
e
d
'
accordo
.
Per
riuscire
a
questo
il
figlio
aveva
fatto
alla
madre
una
donazione
assai
grossa
dichiarando
d
'
interpretare
la
volontà
paterna
cui
era
mancato
il
modo
d
'
esprimersi
.
Il
giovane
,
vizioso
,
giuocatore
,
prodigo
,
era
già
impigliato
,
alla
morte
di
suo
padre
,
nei
lacci
degli
usurai
.
Nei
sette
anni
che
visse
ancora
si
governò
per
modo
da
non
lasciare
un
soldo
al
suo
unico
figlio
Franco
,
il
quale
rimase
con
una
ventina
di
mila
svanziche
,
la
sostanza
di
sua
madre
,
morta
nel
metterlo
alla
luce
.
«
Sì
,
sì
,
andiamo
avanti
»
,
riprese
il
Gilardoni
.
«
Tre
anni
fa
,
dico
tre
anni
fa
,
ricevo
una
Sua
lettera
.
Ricordo
ch
'
era
il
due
novembre
,
il
giorno
dei
morti
.
Cose
strane
,
cose
misteriose
.
Senta
bene
.
La
sera
vado
a
letto
e
faccio
un
sogno
.
Sogno
la
lettera
di
Suo
nonno
.
Noti
che
non
ci
avevo
mai
più
pensato
.
Sogno
di
cercarla
e
di
trovarla
in
una
vecchia
cassa
che
tengo
in
granaio
.
La
leggo
,
sempre
in
sogno
.
Cosa
dice
?
Dice
che
nella
cantina
di
casa
Maironi
a
Cressogno
c
'
è
un
tesoro
e
che
questo
tesoro
è
destinato
a
Lei
.
Mi
sveglio
con
una
emozione
straordinaria
,
con
la
convinzione
che
si
tratta
di
un
sogno
veridico
.
Mi
alzo
e
vado
a
guardare
nella
cassa
.
Non
trovo
niente
.
Ma
due
giorni
dopo
,
volendo
vendere
certi
fondi
che
avevo
ancora
a
Dasio
,
piglio
in
mano
un
vecchio
atto
di
compera
che
papà
teneva
nel
suo
cassettone
,
lo
sfoglio
e
me
ne
casca
fuori
una
lettera
.
Guardo
la
sottoscrizione
,
vedo
,
"
nobile
Franco
Maironi
"
.
La
leggo
;
è
quella
!
Ecco
,
dico
,
il
sogno
che
...
»
«
Ebbene
?
»
,
interruppe
Franco
.
«
Questa
lettera
,
cosa
diceva
?
»
Il
professore
si
alzò
,
prese
uno
zolfino
lungo
mezzo
braccio
,
lo
cacciò
nella
brace
del
caminetto
e
accese
il
lume
.
«
L
'
ho
qui
»
,
diss
'
egli
con
un
gran
sospiro
sconsolato
.
«Legga.»
Si
cavò
di
tasca
e
porse
a
Franco
una
lettera
giallognola
,
di
piccolo
formato
,
senza
busta
,
con
le
tracce
d
'
un
'
ostia
rossa
.
Le
linee
nero
-
giallastre
dello
scritto
interno
trasparivano
qua
e
là
quasi
in
rilievo
.
Franco
la
prese
,
l
'
accostò
al
lume
e
lesse
ad
alta
voce
:
Caro
Carlin
,
Troverai
dentro
la
presente
il
mio
testamento
.
Ne
ho
fatto
due
copie
.
Una
è
presso
di
me
.
L
'
altra
è
questa
che
io
t
'
incarico
di
pubblicare
se
la
prima
non
viene
fuori
.
Hai
capito
?
Basta
,
e
quando
mi
vedrai
ti
è
assolutamente
proibito
di
rompermi
...
col
darmi
consigli
secondo
il
tuo
maledetto
vizio
.
Tu
sei
la
sola
persona
di
cui
mi
fido
,
ma
del
resto
io
non
ho
che
a
comandare
e
tu
non
hai
che
a
obbedire
;
dunque
tutti
i
rompimenti
sono
inutili
e
intollerabili
.
Ciao
.
Il
tuo
aff
.
padrone
Nob
.
Franco
Maironi
Cressogno
,
22
settembre
1828
«
Ecco
il
testamento
,
adesso
»
,
disse
il
Gilardoni
,
lugubre
,
porgendo
a
Franco
un
altro
foglietto
giallognolo
.
«
Ma
questo
non
lo
legga
ad
alta
voce
.
»
Il
foglietto
diceva
:
Io
sottoscritto
,
nobile
Franco
Maironi
,
intendo
disporre
delle
mie
sostanze
,
con
questo
atto
d
'
ultima
volontà
.
Essendoché
donna
Orsola
Maironi
nata
marchesa
Scremin
si
è
degnata
di
accettare
insieme
a
molti
altri
omaggi
anche
i
miei
,
le
lascio
in
segno
di
gratitudine
lire
di
Milano
diecimila
per
una
volta
tanto
e
il
gioiello
per
lei
più
prezioso
della
casa
ossia
don
Alessandro
Maironi
,
debitamente
inscritto
nei
registri
della
parrocchia
della
Cattedrale
in
Brescia
come
mio
figlio
.
Lascio
al
detto
mio
figlio
la
porzione
legittima
che
gli
spetta
della
mia
facoltà
e
tre
parpagliole
al
giorno
in
più
,
in
segno
della
particolare
mia
stima
.
Lascio
al
mio
agente
di
Brescia
signor
Grisi
,
se
si
troverà
al
mio
servizio
al
momento
della
mia
morte
,
tutto
quello
che
mi
ha
preso
.
Lascio
al
mio
agente
di
Valsolda
,
Carlino
Gilardoni
,
colla
condizione
come
sopra
,
lire
di
Milano
quattro
al
giorno
,
sua
vita
natural
durante
.
Intendo
che
sia
celebrata
nella
Cattedrale
di
Brescia
una
messa
quotidiana
finché
sarà
in
vita
donna
Orsola
Maironi
Scremin
,
per
la
salute
dell
'
anima
sua
.
-
Di
tutta
la
restante
mia
sostanza
istituisco
e
nomino
erede
il
mio
nipotino
don
Franco
Maironi
di
don
Alessandro
.
Fatto
,
scritto
e
sottoscritto
il
15
aprile
1828
.
Nob
.
Franco
Maironi
Franco
lesse
e
restituì
la
carta
come
trasognato
,
senza
dir
nulla
.
Era
commosso
e
sentiva
confusamente
di
doversi
dominare
,
di
dover
reprimere
la
propria
commozione
e
raccogliersi
,
veder
chiaro
nella
cosa
e
in
se
stesso
.
«
Ha
visto
?
»
,
fece
il
professore
.
A
questo
punto
la
sovraeccitazione
del
Gilardoni
sali
al
colmo
.
«
Perché
non
parlare
prima
,
eh
?
»
,
riprese
.
«
È
ben
qui
la
storia
che
un
perché
positivo
,
là
,
chiaro
,
preciso
,
non
c
'
è
caso
,
io
non
lo
posso
dire
!
Queste
carte
mi
hanno
fatto
orrore
.
Se
si
fosse
trattato
di
me
,
di
mio
padre
,
di
mia
madre
,
avrei
lasciato
andare
un
milione
piuttosto
di
domandarlo
con
queste
carte
alla
mano
.
Adesso
sono
ancora
una
bestia
di
dir
questo
,
metta
ch
'
io
non
abbia
detto
,
perché
al
posto
Suo
,
tutt
'
altro
!
Dicevo
al
posto
mio
,
Signore
!
Si
sa
!
Dunque
mi
pareva
,
guardi
che
asino
,
che
la
nonna
Le
volesse
un
gran
bene
,
che
la
roba
del
nonno
finirebbe
a
ogni
modo
nelle
Sue
mani
;
e
con
quest
'
idea
!
...
Passa
un
po
'
di
tempo
,
mi
consiglio
con
la
signora
Teresa
,
le
mostro
lettera
e
testamento
.
Mi
dice
che
avrei
dovuto
informar
Lei
subito
,
appena
fatta
la
scoperta
,
ma
che
oramai
,
essendovi
di
mezzo
,
in
qualche
maniera
,
sua
figlia
,
non
mi
vuol
dare
alcun
consiglio
.
Del
resto
,
dice
...
Bene
,
questo
non
importa
.
Capisco
insomma
che
il
testamento
le
fa
orrore
anche
a
lei
.
Cosa
vuole
,
io
mi
metto
in
testa
che
già
la
nonna
finirà
con
accettare
il
matrimonio
e
non
parlo
.
Stasera
Lei
mi
dice
che
la
nonna
minaccia
;
si
figuri
!
Adesso
capisce
che
non
ho
potuto
aspettare
,
che
non
ho
potuto
tenere
un
momento
ancora
queste
carte
;
ecco
,
a
Lei
,
le
prenda
!
»
Franco
,
assorto
nei
propri
pensieri
,
non
udì
che
queste
ultime
parole
.
«
No
»
,
diss
'
egli
,
«
non
le
prendo
.
Mi
conosco
.
Se
le
ho
in
mano
posso
fare
troppo
presto
qualche
cosa
di
troppo
grave
.
Le
tenga
Lei
,
per
ora
.
»
Il
Gilardoni
non
voleva
saperne
di
tenerle
,
e
Franco
ebbe
uno
de
'
suoi
scatti
di
impazienza
.
Niente
gl
'
irritava
i
nervi
,
del
resto
,
come
gli
sfoghi
sconclusionati
della
gente
di
buon
cuore
e
di
cattiva
testa
.
Si
riscaldò
perché
il
Gilardoni
resisteva
,
gli
fece
intendere
che
quel
volersi
sbarazzare
a
ogni
costo
delle
carte
era
egoismo
bell
'
e
buono
e
che
quando
si
fanno
degli
spropositi
bisogna
subirne
le
conseguenze
.
Le
parole
furono
presso
a
poco
queste
;
la
faccia
irritata
e
dura
diceva
molto
peggio
.
Il
Gilardoni
,
rosso
rosso
,
fremeva
tutto
per
quell
'
accusa
di
egoismo
,
ma
si
contenne
;
e
fatto
anche
lui
un
fiero
cipiglio
,
ripetendo
«
bene
bene
bene
bene
»
,
intascò
frettolosamente
le
carte
e
uscì
senz
'
altro
.
Subito
Franco
,
per
soddisfazione
della
propria
coscienza
,
si
mise
a
persuader
se
stesso
che
il
signor
Beniamino
aveva
tutti
i
torti
possibili
;
torto
di
non
avergli
consegnato
le
carte
molto
prima
,
torto
di
essersi
fatto
pregare
adesso
per
tenerle
ancora
,
torto
di
essersi
offeso
.
Sicuro
di
far
la
pace
con
lo
sconclusionato
filosofo
,
non
pensò
più
a
lui
,
spense
il
lume
e
,
ritornato
alla
sua
poltrona
,
ripiombò
nelle
riflessioni
di
prima
.
Adesso
cominciava
a
vederci
chiaro
.
Non
poteva
servirsi
con
dignità
di
quel
testamento
disonorante
per
la
nonna
nella
forma
e
nella
sostanza
,
nel
sospetto
che
generava
,
considerata
la
lettera
,
di
una
soppressione
delittuosa
;
poco
onorevole
anche
per
suo
padre
.
No
,
mai
.
Conveniva
dire
al
professore
di
bruciar
tutto
.
Così
,
signora
nonna
,
trionferò
di
te
,
facendoti
grazia
della
roba
e
dell
'
onore
senza
curarmi
di
dirtelo
!
Assaporandosi
questo
proposito
,
Franco
si
sentì
quasi
alzar
da
terra
,
respirò
a
pieni
polmoni
,
contento
di
sé
come
un
principe
,
illuminato
e
pacificato
nell
'
anima
da
un
sentimento
misto
di
generosità
e
d
'
orgoglio
.
Malgrado
tutta
la
sua
fede
e
le
sue
pratiche
cristiane
,
egli
era
lontanissimo
dal
sospettare
che
un
tale
sentimento
non
fosse
interamente
buono
e
che
una
magnanimità
meno
conscia
di
se
stessa
sarebbe
stata
più
nobile
.
Si
lasciò
cadere
sulla
spalliera
della
poltrona
,
disposto
,
meglio
che
prima
nol
fosse
,
al
riposo
,
pensando
tranquillamente
alle
cose
lette
,
alle
cose
udite
,
come
uno
che
per
poco
non
si
è
lasciato
prendere
in
una
speculazione
rischiosa
e
ne
considera
le
angustie
,
i
guai
evitati
per
sempre
.
Avveniva
pure
in
fondo
all
'
anima
sua
un
sommovimento
di
vecchie
memorie
.
Gli
tornò
a
mente
la
storia
di
un
certo
discorso
fatto
da
una
vecchia
cameriera
sulla
ricchezza
di
casa
Maironi
che
sarebbe
stata
rubata
ai
poveri
.
Egli
era
bambino
,
allora
,
e
la
donna
non
s
'
era
fatto
riguardo
di
parlare
in
presenza
sua
.
Ma
il
bambino
ne
aveva
riportato
una
impressione
profonda
,
risvegliatagli
più
tardi
,
a
mezza
l
'
adolescenza
,
da
un
certo
prete
che
gli
avea
raccontato
in
aria
di
segreto
,
con
solennità
e
forse
non
senza
intenzione
,
come
la
roba
Maironi
provenisse
da
una
lite
vinta
,
contro
giustizia
,
all
'
Ospitale
Maggiore
di
Milano
.
«
Così
per
me
»
,
pensò
Franco
,
«
tutto
è
ritornato
al
diavolo
.
»
Gli
venne
in
mente
che
potesse
esser
tardi
,
riaccese
il
lume
e
guardò
l
'
orologio
.
Erano
le
tre
e
mezzo
.
Oramai
gli
sarebbe
stato
impossibile
di
riposare
.
Era
troppo
vicino
il
momento
di
ritrovarsi
con
Luisa
,
la
sua
immaginazione
era
troppo
accesa
.
Ancora
un
'
ora
e
mezzo
!
Egli
guardava
l
'
orologio
tutti
i
momenti
;
questo
benedetto
tempo
non
passava
mai
.
Prese
un
libro
e
non
poté
leggere
.
Aperse
la
finestra
;
l
'
aria
era
mite
,
il
silenzio
profondo
,
il
lago
chiaro
verso
il
San
Salvatore
,
il
cielo
stellato
.
A
Oria
si
vedeva
un
lume
.
Il
suo
destino
era
forse
di
vivere
colà
,
in
casa
dello
zio
.
Si
mise
,
guardando
distrattamente
il
punto
luminoso
,
a
immaginar
l
'
avvenire
,
fantasmi
che
sempre
mutavano
.
Verso
le
quattro
e
mezzo
udì
un
tocco
di
campanello
al
piano
inferiore
,
e
poco
dopo
,
il
Pinella
venne
ad
avvertirlo
a
nome
del
padrone
,
che
,
se
voleva
far
la
salita
del
Boglia
,
era
tempo
di
mettersi
in
cammino
.
Il
padrone
aveva
un
gran
dolor
di
capo
e
non
poteva
muoversi
,
né
riceverlo
.
Franco
cercò
sulla
scrivania
un
pezzo
di
carta
e
vi
scrisse
:
«
Parce
mihi
,
domine
,
quia
brixiensis
sum
»
.
Poi
uscì
,
fu
accompagnato
dal
Pinella
col
lume
fino
al
sottoportico
tenebroso
dove
mette
capo
la
strada
di
Castello
e
scomparve
.
La
marchesa
Orsola
suonò
il
campanello
alle
sei
e
mezzo
e
ordinò
alla
cameriera
di
portare
il
solito
cioccolatte
.
Ne
inghiottì
una
buona
metà
e
poi
domandò
con
tutta
flemma
a
che
ora
don
Franco
fosse
ritornato
.
«
Non
è
ritornato
,
signora
marchesa
.
»
Le
viscere
della
vecchia
dovettero
turbarsi
un
poco
,
ma
neppure
un
muscolo
del
suo
viso
si
mosse
.
Ella
posò
le
labbra
sull
'
orlo
della
tazza
di
cioccolatte
,
guardò
la
cameriera
e
disse
pacatamente
:
«
Portatemi
uno
di
quei
biscottini
di
ieri
.
»
Verso
le
otto
la
cameriera
ritornò
per
annunciarle
che
don
Franco
era
venuto
e
non
aveva
fatto
che
salire
in
camera
,
pigliarvi
il
suo
passaporto
,
ridiscendere
e
incaricare
il
cameriere
di
trovargli
un
barcaiuolo
che
lo
conducesse
a
Lugano
.
La
marchesa
non
fiatò
,
ma
più
tardi
mandò
ad
avvertire
il
suo
confidente
Pasotti
che
lo
aspettava
.
Pasotti
capitò
subito
e
si
trattenne
con
lei
una
buona
mezz
'
ora
.
La
dama
voleva
assolutamente
sapere
dove
e
come
suo
nipote
avesse
passata
la
notte
.
Pasotti
aveva
già
raccolte
e
poté
offrire
certe
voci
vaghe
intorno
a
una
visita
notturna
di
don
Franco
in
casa
Rigey
;
ma
si
desideravano
notizie
esatte
e
sicure
.
Il
sagace
Tartufo
,
curioso
per
natura
come
un
bracco
che
va
fiutando
tutte
le
puzze
,
ficcando
il
muso
in
tutti
i
buchi
e
strofinandolo
a
tutti
i
calzoni
,
promise
di
fornirle
alla
signora
marchesa
dentro
un
paio
di
giorni
,
e
se
ne
andò
con
gli
occhi
scintillanti
,
fregandosi
le
mani
nell
'
aspettazione
di
una
piacevole
caccia
.
5
.
Il
«
bargnìf
»
all
'
opera
La
mattina
seguente
,
Pasotti
,
preso
il
caffè
e
latte
e
meditato
il
piano
di
caccia
fino
alle
dieci
e
mezzo
,
fece
venire
la
signora
Barborin
,
che
dormiva
in
un
'
altra
camera
perché
al
Controllore
,
ella
lo
chiamava
umilmente
così
,
dava
noia
il
suo
russare
.
«
El
ga
reson
»
,
diceva
la
povera
sorda
,
«
l
'
è
on
gran
malarbetto
vizi
che
goo
.
»
Ella
era
più
vecchia
di
suo
marito
,
lo
aveva
sposato
in
seconde
nozze
,
per
tenerezza
di
cuore
,
portandogli
alcuni
quattrini
cui
egli
aveva
mirato
da
un
pezzo
e
che
ora
si
godeva
.
Il
Controllore
le
voleva
bene
a
modo
suo
,
la
costringeva
a
visite
,
a
gite
in
barca
,
a
passeggiate
sui
monti
,
ch
'
erano
un
supplizio
per
lei
,
si
burlava
della
sua
sordità
,
la
mandava
fuori
coperta
di
seta
e
di
piume
e
in
casa
la
faceva
lavorare
come
una
fantesca
.
Malgrado
tutto
ella
riveriva
e
serviva
«
el
Controlòr
»
come
una
schiava
,
con
gran
timore
eppure
non
senza
affetto
.
Quando
non
lo
chiamava
«
el
Controlòr
»
lo
chiamava
«
Pasott
»
.
Mai
non
si
permise
appellativi
più
familiari
.
Pasotti
le
ordinò
a
gesti
,
con
una
faccia
dura
da
satrapo
,
di
levar
dal
cassettone
una
camicia
di
bucato
,
dall
'
armadio
un
abito
di
mezza
gala
,
da
un
canterano
un
paio
di
stivali
;
e
quando
sua
moglie
,
frugando
di
qua
e
di
là
,
trepidando
,
voltandosi
ogni
momento
per
seguir
gli
occhi
e
i
gesti
del
padrone
,
pigliandosi
spesso
della
bestia
e
spalancando
allora
la
bocca
per
cercar
di
udire
la
parola
veduta
,
ebbe
approntato
ogni
cosa
,
Pasotti
cacciò
le
gambe
dal
letto
e
disse
:
«
Togli
»
.
La
signora
Barborin
gli
s
'
inginocchiò
davanti
e
cominciò
a
tirargli
su
le
calze
,
mentre
il
Controllore
,
allungata
la
mano
al
tavolino
da
notte
,
si
pigliò
la
tabacchiera
e
,
apertala
,
continuò
,
con
due
dita
affondate
nel
tabacco
,
le
meditazioni
di
prima
.
Intendeva
di
fare
alcune
visite
di
esplorazione
,
ma
in
quale
ordine
?
A
quanto
gliene
aveva
detto
il
suo
mezzadro
,
pareva
che
la
Marianna
del
signor
Giacomo
Puttini
e
forse
il
signor
Giacomo
stesso
dovessero
saper
qualche
cosa
di
don
Franco
;
e
qualche
cosa
certo
se
ne
doveva
sapere
a
Castello
.
Mentre
la
signora
Barborin
gli
allacciava
il
secondo
legaccio
,
Pasotti
si
ricordò
ch
'
era
martedì
.
Il
signor
Giacomo
andava
ogni
martedì
con
altri
amici
al
mercato
di
Lugano
e
più
propriamente
alla
trattoria
del
Lordo
,
con
lo
scopo
di
interpolare
un
bicchiere
settimanale
di
vin
pretto
al
vin
Grimelli
quotidiano
;
e
ritornava
spesso
a
casa
in
una
disposizione
affettuosa
e
sincera
.
Conveniva
dunque
andare
da
lui
sul
tardi
,
fra
le
quattro
e
le
cinque
.
Pasotti
si
figurava
già
di
tenerselo
fra
le
unghie
,
di
maneggiarlo
a
sua
posta
.
Alzò
le
dita
dalla
tabacchiera
con
un
sorriso
maligno
,
e
scosso
giù
,
a
colpettini
misurati
,
il
soverchio
della
presa
,
se
la
fiutò
a
suo
grande
agio
,
si
fece
dar
il
fazzoletto
dalla
moglie
e
la
ricompensò
borbottando
con
una
faccia
benigna
,
nel
raggomitolar
il
fazzoletto
:
«
Povera
donna
!
Povera
diavola
!
»
Infilato
e
abbottonato
l
'
abito
dopo
mezz
'
ora
di
lavoro
,
esclamò
sul
serio
:
«
Corpo
,
che
fatica
!
»
,
e
andò
allo
specchio
.
Sua
moglie
osò
di
allora
svignarsela
alla
sorda
,
sì
,
ma
non
alla
muta
,
e
disse
timidamente
:
«
Vado
,
neh
?
»
Pasotti
si
voltò
accigliato
,
imperioso
,
le
accennò
col
dito
di
venir
da
lui
e
le
disegnò
sopra
e
intorno
alla
persona
,
con
quattro
colpi
di
mimica
,
un
cappello
e
uno
scialle
.
Ella
lo
guardava
a
bocca
aperta
,
non
capiva
;
gli
puntò
l
'
indice
al
petto
,
interrogandolo
con
gli
occhi
,
con
le
sopracciglia
inarcate
,
come
se
dubitasse
che
questa
roba
occorresse
a
lui
;
al
che
Pasotti
rispose
allo
stesso
modo
con
tre
puntate
d
'
indice
:
«
tu
,
tu
,
tu
»
.
Poi
,
menando
in
taglio
la
mano
distesa
,
le
significò
che
doveva
uscir
di
casa
con
lui
.
Ella
ebbe
due
o
tre
sussulti
di
sorpresa
e
di
protesta
,
allargò
gli
occhi
smisuratamente
e
domandò
con
quella
voce
che
pareva
venire
dalla
cantina
:
«
Dove
?
»
Il
Controllore
non
rispose
che
con
un
'
occhiata
fulminea
e
un
gesto
:
marche
!
Non
voleva
dare
altre
spiegazioni
.
La
signora
Barborin
si
dibatté
ancora
un
poco
.
«
Non
ho
ancora
fatto
colazione
»
,
diss
'
ella
.
Suo
marito
la
prese
per
le
spalle
e
,
tiratala
a
sé
,
le
gridò
in
bocca
:
«
La
farai
dopo
»
.
Solo
ad
Albogasio
Inferiore
,
sul
sagrato
dell
'
Annunziata
,
le
fece
sapere
,
indicando
il
luogo
con
la
mazza
,
che
andavano
a
Cadate
,
alla
deserta
vecchia
casa
signorile
piantata
nel
lago
fra
Casarico
ed
Albogasio
e
detta
popolarmente
«
el
Palazz
»
dove
vivevano
solitari
,
nelle
stanzette
dell
'
ultimo
piano
,
il
prete
don
Giuseppe
Costabarbieri
e
la
sua
serva
Maria
,
detta
la
Maria
del
Palazz
.
Pasotti
che
li
conosceva
pronti
ambedue
a
tender
gli
orecchi
ma
cauti
assai
nel
parlare
,
desiderava
tastarli
uno
per
volta
,
senza
parere
,
e
,
se
trovasse
molle
,
dare
una
strizzatina
.
Aveva
preso
seco
la
moglie
perché
gli
giovasse
in
questa
delicata
bisogna
dell
'
uno
per
volta
;
e
lei
,
povera
innocentona
,
gli
trotterellava
dietro
a
passettini
corti
giù
pei
centoventinove
scalini
che
chiamano
la
Calcinera
,
senza
sospetto
della
perfida
parte
che
avrebbe
fatto
.
Il
lago
era
quieto
come
un
olio
e
don
Giuseppe
,
un
bel
pretazzuolo
,
piccolo
,
grosso
,
dai
capelli
bianchi
e
dalla
faccia
vermiglia
,
dagli
occhietti
lucenti
,
se
ne
stava
presso
al
fico
del
suo
giardino
con
un
cappello
di
paglia
nero
in
capo
e
un
fazzoletto
bianco
al
collo
,
a
pescare
i
cavedini
,
certi
cavedinacci
di
libbra
,
vecchioni
e
furbacchioni
,
che
si
vedevano
aggirarsi
lì
sotto
per
amor
de
'
fichi
,
lenti
lenti
,
curiosi
e
cauti
come
il
prete
e
la
serva
.
Costei
,
chi
sa
dove
fosse
.
Pasotti
,
trovata
aperta
la
porta
di
strada
,
entrò
,
chiamò
don
Giuseppe
,
chiamò
Maria
.
Poiché
nessuno
rispondeva
,
piantò
sua
moglie
sopra
una
seggiola
e
discese
in
giardino
,
andò
diritto
al
fico
dove
don
Giuseppe
,
al
vederlo
,
fu
preso
da
un
accesso
di
convulsioni
cerimoniose
.
Buttò
via
la
canna
da
pescare
e
gli
andò
incontro
vociferando
:
«
Oh
Signor
,
oh
Signor
!
Oh
poer
a
mi
!
In
sto
stat
chì
!
Car
el
me
scior
Controlòr
!
Andem
sü
!
Andem
sü
!
Car
el
me
scior
Controlòr
!
In
sto
stat
chì
!
Ch
'
el
scüsa
tant
,
neh
?
Ch
'
el
scüsa
tant
!
»
.
Ma
Pasotti
non
voleva
saperne
di
«
andar
su
»
;
voleva
a
forza
restar
lì
.
Don
Giuseppe
si
mise
a
vociare
:
«
Maria
!
Maria
!
»
.
Ecco
il
faccione
della
Maria
ad
un
finestrino
dell
'
ultimo
piano
.
Don
Giuseppe
le
gridò
di
portar
giù
una
seggiola
.
Allora
il
signor
Controllore
rivelò
la
presenza
di
sua
moglie
,
onde
il
faccione
scomparve
e
don
Giuseppe
ebbe
un
altro
accesso
.
«
Comè
?
Comè
?
La
sciora
Barborin
?
L
'
è
chì
?
Ah
Signor
!
Andem
sü
!
»
E
si
mosse
con
un
impeto
di
ossequio
,
ma
Pasotti
lo
ridusse
all
'
obbedienza
,
prima
trattenendolo
addirittura
per
le
braccia
e
poi
protestando
di
volergli
veder
prendere
due
o
tre
di
quei
mostri
di
cavedini
;
e
don
Giuseppe
,
per
quanto
protestasse
alla
sua
volta
:
«
Oh
dess
!
Se
ciapa
nient
!
Hin
baloss
!
Hin
caveden
!
ga
veden
!
»
,
dovette
gittar
l
'
amo
.
Pasotti
finse
sulle
prime
di
star
attento
e
poi
gittò
egli
pure
il
suo
.
Cominciò
con
domandare
a
don
Giuseppe
da
quanto
tempo
non
fosse
andato
a
Castello
.
Udito
che
vi
era
stato
il
giorno
prima
a
salutar
l
'
amico
curato
Introini
,
il
buon
Tartufo
,
che
non
poteva
soffrire
l
'
Introini
,
si
mise
a
farne
il
panegirico
.
Che
perla
quel
curato
di
Castello
!
Che
cuor
d
'
oro
!
E
a
casa
Rigey
c
'
era
andato
,
don
Giuseppe
?
No
,
la
signora
Teresa
stava
troppo
male
.
Altri
panegirici
,
della
signora
Teresa
e
di
Luisa
.
Che
rare
creature
!
Che
saggezza
,
che
nobiltà
,
che
sentimento
!
E
l
'
affare
Maironi
?
Andava
avanti
,
non
è
vero
?
Molto
avanti
?
«
So
nient
so
nient
so
nient
!
»
,
fece
bruscamente
don
Giuseppe
.
A
quel
precipitoso
negare
,
gli
occhi
di
Pasotti
brillarono
.
Egli
fece
un
passo
avanti
.
Era
impossibile
che
don
Giuseppe
non
sapesse
niente
,
diavolo
!
Era
impossibile
che
non
avesse
parlato
di
ciò
con
l
'
Introini
!
Non
lo
sapeva
l
'
Introini
,
che
don
Franco
aveva
passato
la
notte
in
casa
Rigey
?
«
So
nient
»
,
ripeté
don
Giuseppe
.
Pasotti
sentenziò
allora
che
il
voler
nascondere
certe
cose
note
era
un
far
pensar
male
.
Diamine
!
Don
Franco
era
certamente
andato
in
casa
Rigey
con
fini
onestissimi
e
...
«
Pécia
,
pécia
,
pécia
!
»
,
fece
sottovoce
,
frettolosamente
,
don
Giuseppe
curvandosi
tutto
sul
parapetto
,
stringendo
la
canna
della
lenza
e
ficcando
gli
occhi
nell
'
acqua
come
se
un
pesce
fosse
per
abboccare
.
«
Pécia
!
»
Pasotti
guardò
anche
lui
nell
'
acqua
,
seccato
,
e
disse
che
non
vedeva
niente
.
«
El
se
l
'
è
cavada
,
el
pütasca
,
ma
el
gaveva
propri
su
el
müson
;
l
'
avarà
sentì
a
spongg
»
,
fece
sospirando
e
raddrizzandosi
don
Giuseppe
che
intanto
,
avendo
sentito
egli
pure
il
punger
dell
'
amo
,
cercava
di
cavarsela
come
il
pesce
.
L
'
altro
ritornò
all
'
assalto
,
ma
invano
.
Don
Giuseppe
non
aveva
veduto
niente
,
non
aveva
udito
niente
,
non
aveva
parlato
di
niente
,
non
sapeva
niente
.
Pasotti
tacque
e
il
prete
non
tardò
molto
a
metter
fuori
anche
lui
una
punta
di
timida
malizia
:
«
Bochen
propi
minga
,
incoeu
,
non
boccano
;
gh
'
è
come
vent
in
aria
»
.
Intanto
,
in
casa
,
il
dialogo
fra
la
Maria
e
la
signora
Barborin
,
dopo
il
primo
affettuoso
scambio
di
saluti
riuscito
benissimo
,
procedeva
malissimo
.
La
Maria
propose
,
a
gesti
,
di
scendere
in
giardino
,
ma
la
Pasotti
implorò
a
mani
giunte
d
'
esser
lasciata
sulla
sua
seggiola
.
Allora
la
grossa
Maria
prese
un
'
altra
seggiola
,
le
si
pose
accanto
,
cercò
rivolgerle
qualche
parola
,
e
non
arrivando
,
per
quanto
vociasse
,
a
farsi
intendere
,
vi
rinunciò
,
si
prese
il
suo
gattone
in
grembo
e
parlò
a
quello
.
La
povera
signora
Barborin
,
rassegnata
,
guardava
il
gatto
con
i
suoi
grandi
occhioni
neri
,
velati
di
vecchiaia
e
tristezza
.
Ecco
finalmente
Pasotti
,
ecco
don
Giuseppe
che
ricomincia
a
sbuffare
:
«
Ah
Signor
!
Cara
la
mia
sciora
Barborin
!
Che
la
scüsa
tant
!
»
Avendo
la
Maria
confessato
al
«
scior
Controlòr
»
che
sua
moglie
e
lei
non
erano
riuscite
a
capirsi
,
il
padrone
le
diede
,
per
ossequio
alla
Pasotti
,
del
«
salamm
»
e
poiché
ella
voleva
pur
difendersi
,
la
fece
prudentemente
chetare
con
un
imperioso
agitar
di
mano
e
un
«
ta
ta
ta
ta
!
»
.
Poi
le
accennò
misteriosamente
del
capo
ed
ella
uscì
.
Pasotti
le
tenne
dietro
e
le
disse
che
sua
moglie
,
dovendo
recarsi
a
visitare
i
Rigey
e
non
sapendo
,
per
le
voci
che
correvano
,
come
regolarsi
,
desiderava
qualche
informazione
dalla
Maria
,
perché
«
la
Maria
sa
sempre
tutto
»
.
«
Quante
chiacchiere
!
»
,
fece
la
Maria
,
lusingata
.
«
Io
non
so
mai
niente
.
Sa
da
chi
deve
andare
la
Sua
"
sciora
"
?
Dal
signor
Giacomo
Puttini
.
È
il
signor
Giacomo
che
le
sa
tutte
.
»
«
Bene
!
»
,
pensò
Pasotti
collegando
questo
discorso
con
quello
del
mezzadro
e
fiutando
una
buona
traccia
.
Fece
in
pari
tempo
una
spallata
d
'
incredulità
.
Il
signor
Giacomo
sapeva
forse
le
cose
che
succedevano
nel
mondo
della
luna
,
ma
basta
;
altro
non
sapeva
mai
!
La
Maria
insistette
,
il
volpone
cominciò
a
lavorar
di
domande
,
alla
lontana
,
con
cautela
,
ma
trovò
duro
,
capì
ch
'
era
fatica
gittata
e
che
doveva
accontentarsi
di
quell
'
accenno
.
Allora
tacque
,
ritornò
,
tra
soddisfatto
e
preoccupato
,
nella
stanza
dove
don
Giuseppe
stava
spiegando
alla
signora
Barborin
,
con
gesti
appropriati
,
che
la
Maria
le
avrebbe
portato
qualche
cosa
da
mangiare
.
La
donna
comparve
infatti
con
un
certo
vaso
quadrato
di
vetro
,
pieno
di
ciliege
allo
spirito
,
speciale
e
celebrata
cura
di
don
Giuseppe
che
soleva
presentarlo
agli
ospiti
con
solennità
,
parlando
il
suo
particolare
italiano
:
«
Posso
fare
un
poco
di
sporgimento
?
Quattro
delle
mie
ciliege
?
Magara
con
un
tocchello
di
pane
?
Maria
,
tajee
giò
on
poo
de
pan
»
.
La
signora
Barborin
pigliò
solamente
il
pane
per
consiglio
del
mefistofelico
marito
che
pigliò
solamente
le
ciliege
.
Poi
se
ne
andarono
insieme
ed
ella
ebbe
licenza
di
ritornare
ad
Albogasio
mentre
il
Controllore
prese
la
via
di
casa
Gilardoni
.
«
L
'
è
on
bargnìf
,
el
scior
Pasotti
»
,
disse
la
Maria
quand
'
ebbe
dato
il
chiavistello
all
'
uscio
di
strada
.
«
L
'
è
on
bargnifòn
,
minga
on
bargnìf
»
,
esclamò
don
Giuseppe
,
pensando
all
'
amo
.
E
con
quell
'
appellativo
di
«
bargnìf
»
che
designa
il
diavolo
considerato
nella
sua
astuzia
,
le
due
mansuete
creature
si
sfogarono
,
si
ripagarono
di
tanta
roba
data
malvolentieri
,
cerimonie
,
sorrisi
e
ciliege
.
Il
professor
Gilardoni
stava
leggendo
sul
suo
belvedere
dell
'
orto
,
quando
vide
Pasotti
che
veniva
dietro
il
Pinella
,
fra
le
rape
e
le
barbabietole
.
Non
sentiva
simpatia
per
il
Controllore
col
quale
aveva
scambiato
un
paio
di
visite
in
tutto
e
che
aveva
fama
di
«
tedescone
»
.
Però
,
essendo
inclinato
a
pensar
bene
di
tutti
coloro
che
conosceva
poco
,
non
gli
pesava
usare
anche
con
lui
la
cortesia
cordiale
ch
'
era
solito
usar
con
tutti
.
Gli
andò
incontro
col
suo
berretto
di
velluto
in
mano
,
e
dopo
una
scaramuccia
di
complimenti
in
cui
Pasotti
ebbe
facilmente
la
meglio
,
ritornò
insieme
a
costui
sul
belvedere
.
Pasotti
,
dal
canto
suo
,
sentiva
per
il
professore
Gilardoni
un
'
antipatia
profonda
,
non
tanto
perché
lo
sapesse
liberale
,
quanto
perché
il
Gilardoni
,
quantunque
non
andasse
a
messa
come
lui
,
viveva
da
puritano
,
non
amava
la
tavola
né
la
bottiglia
né
il
tabacco
né
certi
discorsi
liberi
,
e
non
giuocava
a
tarocchi
.
Discorrendo
una
sera
nell
'
orto
con
don
Franco
delle
solenni
scorpacciate
e
trincate
che
Pasotti
e
gli
amici
suoi
facevano
spesso
alle
cantine
di
Bisgnago
,
il
professore
aveva
detta
una
parola
severa
ed
era
stato
udito
dal
curatone
,
uno
dei
mangiatori
,
che
passava
in
barca
rasente
i
muri
,
piano
piano
,
pescando
.
«
Villanaccio
!
»
,
aveva
esclamato
,
all
'
udirselo
riferire
,
il
Controllore
gentilissimo
con
una
faccia
da
«
bargnìf
»
bilioso
;
aveva
poi
fatto
tener
dietro
alla
parola
un
ringhio
spregiativo
e
uno
sputo
.
Ciò
non
gl
'
impedì
però
adesso
di
stemperarsi
in
iscuse
per
aver
indebitamente
ritardata
la
sua
visita
,
come
non
gl
'
impedì
di
sbirciar
subito
il
volume
posato
sul
tavolino
rustico
del
belvedere
.
Il
Gilardoni
notò
quell
'
occhiata
e
siccome
si
trattava
di
un
libro
proibito
dal
Governo
,
appena
avviata
la
conversazione
,
lo
prese
quasi
per
istinto
e
se
lo
tenne
sulle
ginocchia
in
modo
che
colui
non
potesse
leggerne
il
titolo
.
Questa
precauzione
turbò
Pasotti
che
stava
magnificando
la
villetta
e
l
'
orto
in
tutte
le
loro
parti
col
tono
appropriato
a
ciascuna
,
le
barbabietole
con
amabile
familiarità
,
le
agavi
con
ammirazione
grave
e
accigliata
.
Un
lampo
di
sdegno
gli
brillò
negli
occhi
e
si
spense
subito
.
«
Fortunato
Lei
!
»
,
diss
'
egli
sospirando
.
«
Se
i
miei
affari
lo
permettessero
,
vorrei
vivere
anch
'
io
in
Valsolda
.
»
«
È
un
paese
di
pace
»
,
fece
il
professore
.
«
Sì
,
è
un
paese
di
pace
;
e
poi
adesso
,
nelle
città
,
chi
ha
servito
il
Governo
,
è
inutile
,
non
si
trova
bene
.
La
gente
non
sa
distinguere
fra
un
buon
impiegato
che
si
occupi
solamente
del
proprio
ufficio
come
ho
fatto
io
,
e
un
poliziotto
.
Siamo
esposti
a
certi
sospetti
,
a
certe
umiliazioni
...
»
Il
professore
diventò
rosso
e
si
pentì
d
'
aver
levato
il
libro
dal
tavolino
.
Davvero
Pasotti
,
malgrado
le
sue
smancerie
di
umiltà
,
era
troppo
orgoglioso
per
far
mai
la
spia
,
e
sia
per
questo
,
sia
per
qualche
buona
fibra
del
suo
cuore
,
mai
non
la
fece
.
Vi
fu
dunque
nelle
sue
parole
un
grammo
di
sincerità
,
un
grammo
d
'
oro
che
bastò
a
dar
loro
il
suono
del
buon
metallo
.
Il
Gilardoni
ne
fu
tocco
,
offerse
al
suo
visitatore
un
bicchier
di
birra
e
si
affrettò
a
scendere
in
cerca
di
Pinella
onde
aver
un
pretesto
di
lasciar
il
volume
sul
tavolino
.
Appena
partito
il
professore
,
Pasotti
ghermì
il
libro
,
gli
diede
una
curiosa
occhiata
,
lo
rimise
a
posto
e
si
piantò
in
capo
alla
scala
con
la
tabacchiera
aperta
in
mano
,
frugando
nel
tabacco
e
sorridendo
,
tra
l
'
ammirazione
e
la
beatitudine
,
ai
monti
,
al
lago
,
al
cielo
.
Il
libro
era
un
Giusti
,
stampato
colla
falsa
data
di
Bruxelles
,
anzi
di
Brusselle
e
con
il
titolo
Poesie
italiane
tratte
da
una
stampa
a
penna
.
In
un
angolo
del
frontespizio
si
leggeva
scritto
per
isghembo
:
«
Mariano
Fornic
»
.
Non
occorreva
l
'
acume
di
Pasotti
per
indovinar
subito
in
quel
nome
eteroclito
l
'
anagramma
di
Franco
Maironi
.
«
Che
bellezza
!
Che
paradiso
!
»
,
diss
'
egli
a
mezza
voce
mentre
il
professore
saliva
la
scala
seguito
dal
Pinella
con
la
birra
.
Confessò
poi
,
tra
un
sorso
e
l
'
altro
,
che
la
sua
visita
era
un
pochino
interessata
.
Si
disse
innamorato
della
muraglia
fiorita
che
sosteneva
l
'
orto
Gilardoni
a
fronte
del
lago
,
e
desideroso
di
imitarla
ad
Albogasio
Superiore
dove
,
se
il
lago
mancava
,
i
muri
nudi
eran
troppi
.
Come
s
'
era
procurato
il
professore
quelle
agavi
,
quei
capperi
,
quelle
rose
?
«
Ma
!
»
,
rispose
candidamente
il
professore
.
«
Me
li
ha
donati
Maironi
.
»
«
Don
Franco
?
»
,
esclamò
Pasotti
.
«
Benissimo
.
Allora
,
siccome
don
Franco
ha
molta
bontà
per
me
,
mi
rivolgerò
a
lui
.
»
E
trasse
la
tabacchiera
.
«
Povero
don
Franco
!
»
,
diss
'
egli
,
guardando
il
tabacco
e
palpandolo
con
la
tenerezza
di
un
bargnìf
commosso
.
«
Povero
figliuolo
!
Qualche
volta
si
riscalda
ma
è
un
gran
buon
figliuolo
!
Gran
bel
cuore
!
Povero
figliuolo
!
Lei
lo
vede
spesso
?
»
«
Sì
,
abbastanza
.
»
«
Almeno
potesse
riuscire
nei
suoi
desideri
,
povero
figliuolo
!
Lo
dico
per
lui
e
anche
per
lei
!
Non
sarà
mica
una
cosa
sfumata
?
»
Pasotti
disse
questa
interrogazione
da
grande
artista
,
con
interesse
affettuoso
ma
discreto
,
senza
esprimere
più
curiosità
che
non
convenisse
,
volendo
ungere
e
ammollire
un
poco
il
cuore
chiuso
del
Gilardoni
onde
si
aprisse
,
poco
a
poco
,
da
sé
.
Ma
il
cuore
del
Gilardoni
,
invece
di
aprirsi
a
quel
tocco
delicato
,
si
contrasse
,
si
rinchiuse
.
«
Non
lo
so
»
,
rispose
il
professore
sentendosi
,
con
dispetto
,
diventar
rosso
;
e
diventò
scarlatto
.
Pasotti
notò
subito
nel
suo
taccuino
mentale
la
risposta
imbarazzata
e
il
colore
.
«
Farebbe
male
»
,
diss
'
egli
,
«
ad
abbandonare
la
partita
.
La
marchesa
si
capisce
che
abbia
delle
difficoltà
,
ma
poi
è
buona
,
gli
vuole
un
gran
bene
.
Ha
preso
una
paura
,
l
'
altra
notte
,
povera
donna
!
»
Guardò
il
professore
che
taceva
inquieto
,
accigliato
,
e
pensò
:
non
parli
?
allora
sai
.
«
Capisce
!
»
,
riprese
.
«
Non
dire
dove
si
va
!
Non
Le
pare
?
»
«
Ma
io
non
so
niente
,
io
non
capisco
niente
!
»
,
esclamò
il
Gilardoni
,
sempre
più
accigliato
,
sempre
più
inquieto
.
Qui
Pasotti
sapendo
che
il
professore
aveva
cessato
da
lungo
tempo
di
visitare
le
Rigey
e
ignorandone
la
cagione
,
arrischiò
un
passo
avanti
,
da
bargnìf
novizio
.
«
Bisognerebbe
domandarne
a
Castello
»
,
diss
'
egli
con
un
sorriso
malignetto
.
A
questo
punto
il
Gilardoni
,
che
già
bolliva
,
traboccò
.
«
Mi
faccia
il
piacere
»
,
diss
'
egli
impetuosamente
,
«
lasciamo
stare
questo
discorso
,
lasciamo
stare
questo
discorso
!
»
Pasotti
si
rabbuiò
.
Cerimonioso
,
adulatore
,
sdolcinato
,
non
era
però
mai
disposto
,
nell
'
orgoglio
suo
,
a
prendersi
pacificamente
in
faccia
una
parola
spiacevole
,
e
s
'
impermaliva
d
'
ogni
ombra
.
Non
parlò
più
,
e
passato
un
paio
di
minuti
prese
congedo
con
dignitosa
freddezza
,
si
ritirò
masticando
rabbia
attraverso
le
barbabietole
e
le
rape
.
Quando
si
trovò
da
capo
nella
contrada
dei
Mal
'
ari
,
il
bargnìf
stette
un
pezzetto
a
pensare
col
mento
in
mano
,
poi
si
avviò
verso
la
riva
di
Casarico
,
a
passi
lenti
,
molto
curvo
,
ma
con
gli
occhi
brillanti
del
barbone
che
ha
fiutato
in
aria
l
'
indirizzo
recondito
di
un
tartufo
.
Le
spaventate
difese
di
don
Giuseppe
,
le
difese
ostinate
della
Maria
,
l
'
imbarazzo
e
lo
scatto
del
professore
gli
dicevano
che
il
tartufo
c
'
era
e
grosso
.
Gli
era
venuta
l
'
idea
di
andare
a
Loggio
dove
abitavano
il
Paolin
e
il
Paolon
,
gente
bene
informata
;
poi
aveva
pensato
ch
'
era
martedì
e
che
probabilmente
non
li
avrebbe
trovati
.
No
,
era
meglio
salir
direttamente
da
Casarico
a
Castello
,
fiutare
e
frugare
nell
'
abitazione
di
certa
signora
Cecca
,
ottima
donna
,
tutta
cuore
,
famosa
per
l
'
assidua
vigilanza
che
esercitava
dalle
sue
finestre
,
per
mezzo
di
un
formidabile
cannocchiale
,
sulla
Valsolda
intiera
.
Ella
poteva
dire
ogni
giorno
chi
fosse
andato
a
Lugano
col
barcaiuolo
Pin
o
col
barcaiuolo
Panighèt
,
notava
i
colloqui
del
povero
Pinella
con
una
certa
Mochèt
sul
sagrato
di
Albogasio
,
lontano
un
chilometro
;
sapeva
in
quanti
giorni
il
signor
ingegnere
Ribera
avesse
bevuto
il
bariletto
di
vino
che
la
sua
barca
riportava
vuoto
dalla
casa
d
'
Oria
alla
cantina
di
S
.
Margherita
.
Se
Franco
era
stato
in
casa
Rigey
,
la
signora
Cecca
doveva
saperlo
.
Nel
sottoportico
che
da
Casarico
mette
alla
stradicciuola
di
Castello
,
Pasotti
si
sentì
venir
dietro
a
precipizio
qualcuno
che
gli
passò
accanto
nel
buio
,
e
credette
di
conoscere
un
tale
detto
«
légora
fügada
(
lepre
cacciata
)
»
per
la
sua
andatura
sempre
furiosa
.
Era
costui
un
egregio
galantuomo
ancora
più
curioso
di
Pasotti
,
un
'
ottima
persona
che
amava
di
saper
le
cose
semplicemente
per
saperle
,
senz
'
altri
fini
,
e
andava
sempre
solo
,
si
trovava
dappertutto
,
compariva
e
scompariva
in
un
baleno
,
quando
in
un
luogo
quando
nell
'
altro
,
come
certi
insettoni
alati
che
danno
un
guizzo
,
un
frullo
,
un
colpo
e
poi
,
zitti
,
non
si
odono
,
non
si
vedono
più
sino
a
un
altro
guizzo
,
a
un
altro
frullo
,
a
un
altro
colpo
.
Egli
aveva
scorti
i
Pasotti
entrare
al
«
Palazz
»
e
si
era
insospettito
di
qualche
cosa
per
l
'
ora
insolita
.
Appiattato
in
un
campicello
aveva
visto
la
signora
Barborin
ritornare
e
il
Controllore
avviarsi
a
Casarico
,
quindi
,
seguito
costui
alla
lontana
,
s
'
era
appostato
,
durante
la
sua
visita
al
Gilardoni
,
dietro
un
pilastro
del
portico
di
Casarico
;
e
ora
gli
era
scivolato
accanto
approfittando
dell
'
oscurità
per
correre
a
Castello
e
aspettarlo
,
sorvegliarlo
da
qualche
buon
posto
di
osservazione
.
Lo
vide
infatti
entrare
dalla
signora
Cecca
.
La
vecchia
e
gozzuta
signora
stava
nel
suo
salotto
tenendosi
in
collo
un
marmocchio
col
braccio
sinistro
e
reggendo
con
la
mano
libera
uno
sperticato
tubo
di
cartone
infilato
per
isghembo
nella
finestra
,
come
una
spingarda
,
con
la
mira
giù
al
lago
scintillante
,
a
una
vela
bianca
,
gonfia
di
breva
.
All
'
entrar
di
Pasotti
che
veniva
avanti
con
la
persona
inclinata
,
con
il
cappello
in
mano
,
con
un
viso
ilare
ilare
,
dolce
dolce
,
la
buona
ospitale
donna
posò
in
fretta
quel
lungo
naso
mostruoso
di
cartone
che
le
piaceva
metter
nelle
faccende
più
lontane
degli
altri
,
dove
il
suo
proprio
naso
di
cartapecora
,
benché
smisurato
,
non
arrivava
.
Ell
'
accolse
il
Controllore
,
come
avrebbe
accolto
un
Santo
taumaturgo
che
fosse
venuto
a
portarle
via
il
gozzo
.
«
Oh
che
brao
scior
Controlòr
!
Oh
che
brao
scior
Controlòr
!
Oh
che
piasè
!
Oh
che
piasè
!
»
E
lo
fece
sedere
,
lo
soffocò
di
offerte
.
«
On
poo
de
torta
!
On
poo
de
crocant
!
Car
el
me
scior
Controlòr
!
On
poo
de
vin
!
On
poo
de
rosoli
!
-
Ch
'
el
me
scüsa
neh
»
,
soggiunse
perché
il
marmocchio
s
'
era
messo
a
miagolare
.
«
L
'
è
el
me
nevodin
.
L
'
è
el
me
biadeghin
.
»
Pasotti
fece
molte
cerimonie
,
avendo
già
nello
stomaco
,
oltre
alle
ciliege
di
don
Giuseppe
,
anche
la
birra
del
Gilardoni
;
ma
dovette
finire
col
rassegnarsi
a
rosicchiare
una
dannata
torta
di
mandorle
,
mentre
il
piccino
si
attaccava
al
gozzo
della
nonna
.
«
Povera
signora
Cecca
!
Due
volte
madre
!
»
,
disse
pateticamente
,
a
quella
vista
,
il
sarcastico
bargnìf
,
ridendo
nello
stomaco
.
Dopo
averle
chiesto
notizie
del
marito
e
dei
discendenti
fino
alla
terza
generazione
,
mise
in
campo
la
signora
Teresa
Rigey
.
Come
stava
quella
povera
donna
?
Male
!
Proprio
tanto
male
?
Ma
da
quando
?
E
c
'
era
stata
qualche
cagione
?
Qualche
commozione
?
Qualche
dispiacere
?
Gli
antichi
si
conoscevano
,
ma
ce
n
'
erano
stati
dei
nuovi
?
Forse
per
la
Luisina
?
Per
quel
matrimonio
?
E
don
Franco
non
veniva
mai
a
Castello
?
Di
giorno
,
no
,
va
bene
;
ma
...
?
Come
quando
il
chirurgo
va
interrogando
e
tastando
un
paziente
in
cerca
dell
'
occulto
posto
doloroso
,
che
il
paziente
risponde
tanto
più
breve
e
trepido
quanto
più
la
mano
indagatrice
si
appressa
al
punto
e
,
appena
essa
vi
arriva
,
trasalendo
si
sottrae
;
così
la
signora
Cecca
andò
rispondendo
al
Pasotti
sempre
più
breve
e
cauta
,
e
a
quel
ma
,
posto
delicatamente
dove
le
doleva
,
scattò
:
«
On
poo
de
torta
ancamò
!
Scior
Controlòr
!
L
'
è
roba
d
'
i
tosann
!
»
Pasotti
sacramentò
in
cuor
suo
contro
i
«
tosann
»
e
la
loro
torta
di
miele
,
creta
e
olio
di
mandorle
,
ma
credette
utile
d
'
ingoiarne
un
altro
boccone
e
tornò
poi
a
toccare
,
anzi
a
premere
,
il
tasto
di
prima
.
«
So
de
nagott
,
so
de
nagott
,
so
de
nagott
!
»
,
esclamò
la
signora
Cecca
.
«
Ch
'
el
proeuva
a
ciamagh
al
Pütin
!
Al
scior
Giacom
!
E
a
mi
ch
'
el
me
ciama
pü
nient
!
»
Ancora
!
Pasotti
brillò
in
viso
all
'
idea
di
avere
il
malcapitato
sior
Zacomo
nelle
granfie
.
Così
brillerebbero
gli
occhi
di
un
falco
allegro
all
'
idea
di
ghermir
un
ranocchio
e
di
tenerselo
fra
gli
artigli
per
giuoco
e
spasso
.
Egli
se
ne
andò
poco
dopo
,
contento
di
tutto
fuorché
della
torta
di
creta
che
aveva
sullo
stomaco
.
Casa
Puttini
,
simile
nella
sua
piccola
faccia
signorile
al
piccolo
vecchio
padrone
che
la
governava
in
abito
nero
e
cravattone
bianco
,
stava
poco
più
giù
della
orgogliosa
mole
di
casa
Pasotti
,
sulla
via
di
Albogasio
Inferiore
.
Il
falco
vi
andò
dopo
pranzo
,
verso
le
cinque
,
con
una
faccia
maligna
.
Bussò
all
'
uscio
e
stette
in
ascolto
.
C
'
era
,
c
'
era
il
ranocchio
disgraziato
,
litigava
,
secondo
il
solito
,
con
la
perfida
servente
.
Pasotti
bussò
più
forte
.
«
Verzì
!
»
,
disse
il
signor
Giacomo
,
ma
la
Marianna
non
voleva
saperne
di
scendere
ad
aprire
.
«
Verzì
!
Verzì
!
Son
paron
mi
!
»
Tutto
inutile
.
Pasotti
bussò
da
capo
,
picchiò
come
una
catapulta
.
«
Chi
xelo
sto
maledeto
?
»
,
vociferò
il
Puttini
;
e
venne
giù
soffiando
«
apff
!
apff
!
»
ad
aprire
.
«
Oh
,
Controllore
gentilissimo
!
»
,
diss
'
egli
,
battendo
le
palpebre
e
alzando
pateticamente
le
sopracciglia
.
«
La
perdona
!
Quela
fatal
servente
!
No
go
più
testa
!
No
ghe
digo
gnente
cossa
che
nasse
in
sta
casa
.
»
«
L
'
è
minga
vera
!
»
,
gridò
Marianna
dall
'
alto
.
«
Tasì
!
»
E
qui
il
signor
Giacomo
incominciò
a
raccontare
i
suoi
guai
,
rimbeccando
a
ogni
tratto
le
proteste
della
serva
invisibile
.
«
Stamatina
,
La
s
'
imagina
,
vado
a
Lugan
.
Vegno
a
casa
zirconzirca
a
le
tre
.
Su
la
porta
,
La
varda
qua
,
che
xe
de
le
giozze
.
Tasì
!
-
No
ghe
bado
,
tiro
drito
.
Son
sul
pato
de
la
scala
per
andar
in
cusina
;
ghe
xe
de
le
giozze
.
Zito
!
-
Cossa
gala
spanto
?
digo
.
Me
sbasso
,
meto
un
deo
in
tera
;
tasto
;
xe
onto
;
snaso
,
el
xe
ogio
.
Alora
ghe
vado
drio
a
le
giozze
.
Tasto
,
snaso
,
tasto
,
snaso
.
Tutto
ogio
,
Controllore
gentilissimo
.
O
'
l
xe
vegnudo
,
digo
,
o
'
l
xe
andà
via
.
Se
el
xe
vegnudo
lo
gà
portà
el
massaro
e
alora
le
giozze
co
semo
fora
dela
porta
le
gà
d
'
andar
in
suso
,
se
el
xe
andà
via
vol
dir
che
quela
maledetissima
...
La
tasa
!
...
Lo
gà
portà
a
vender
a
San
Mamette
e
alora
le
giozze
le
gà
d
'
andar
in
zoso
.
E
mi
torna
in
drio
e
vaghe
drio
a
ste
giozze
e
drio
e
drio
,
e
rivo
a
la
porta
;
Controllore
mio
gentilissimo
,
le
giozze
le
va
in
zoso
.
Quela
b
...
»
A
questo
punto
la
voce
della
serva
scattò
come
la
sveglia
d
'
un
orologio
e
non
ci
fu
più
«
tasì
!
»
che
valesse
a
fermare
quello
stridente
getto
continuo
di
parole
rabbiose
.
Ci
si
provò
Pasotti
e
,
non
riuscendo
,
uscì
dai
gangheri
anche
lui
con
un
«
O
fiolonona
!
»
e
proseguì
a
tirarle
improperi
,
a
ciascuno
dei
quali
il
signor
Giacomo
faceva
un
sommesso
accompagnamento
di
gratitudine
.
«
Sì
,
linguazza
,
bravo
,
ghe
son
obligà
.
Sì
,
stria
,
bravo
.
Impiastro
,
sì
signor
.
Ghe
son
obligà
,
Controllore
gentilissimo
,
ghe
son
propramente
obligà
.
»
Quando
la
Marianna
parve
sopraffatta
e
chetata
,
Pasotti
disse
al
signor
Giacomo
che
aveva
bisogno
di
parlargli
.
«
No
go
testa
»
,
rispose
l
'
ometto
.
«
La
me
perdona
,
me
sento
mal
.
»
«
Eh
no
go
tescta
,
no
go
tescta
!
»
,
vociò
la
Marianna
rediviva
.
«
Ch
'
el
ghe
disa
inscì
ch
'
el
coo
el
l
'
avarà
perduu
a
andà
de
nott
a
trovà
i
tosann
a
Castell
!
»
«
Tasì
!
»
,
urlò
il
Puttini
;
e
Pasotti
,
con
un
ghigno
diabolico
:
«
Come
come
come
?
»
.
Visto
ch
'
egli
entrava
in
furore
,
lo
afferrò
per
un
braccio
,
con
parole
di
pace
e
d
'
affetto
,
lo
trascinò
via
,
se
lo
portò
a
casa
,
chiamò
sua
moglie
;
e
per
chetare
il
povero
ranocchio
,
per
pigliarselo
comodamente
fra
gli
artigli
,
intavolò
un
tarocchino
in
tre
.
Se
la
signora
Barborin
giuocava
male
,
il
signor
Giacomo
,
meditando
,
ponderando
e
soffiando
,
giuocava
peggio
.
Era
un
giuocatore
timidissimo
,
non
si
metteva
mai
solo
contro
gli
altri
due
.
Stavolta
si
trovò
in
mano
,
appena
seduto
,
carte
così
straordinarie
che
fu
preso
da
un
accesso
di
coraggio
e
,
come
dice
il
linguaggio
del
giuoco
,
entrò
.
«
Chi
sa
che
giuocone
ha
!
»
,
brontolò
Pasotti
.
«
No
digo
...
no
digo
...
ghe
xe
dei
frati
che
spasseza
in
pantofole
.
»
Il
«
no
digo
»
del
signor
Giacomo
significava
ch
'
egli
teneva
in
mano
carte
miracolose
;
e
i
frati
in
pantofole
erano
,
nel
suo
gergo
,
i
quattro
re
del
giuoco
.
Mentre
si
accingeva
a
giuocare
palpando
ciascuna
carta
e
aguzzandovi
gli
occhi
su
,
Pasotti
colse
il
suo
momento
,
sperando
,
per
giunta
,
fargli
perdere
il
giuoco
.
«
Dunque
»
,
diss
'
egli
,
«
mi
racconti
un
poco
.
Quando
è
andato
a
Castello
di
notte
?
»
«
Oh
Dio
,
oh
Dio
,
lassemo
star
»
,
rispose
il
signor
Giacomo
,
rosso
rosso
,
palpando
le
carte
più
che
mai
.
«
Sì
,
sì
,
adesso
giuochi
.
Parleremo
dopo
.
Tanto
,
io
so
tutto
.
»
Povero
signor
Giacomo
,
sì
,
giuocare
con
quello
spino
in
gola
!
Palpò
,
soffiò
,
uscì
dove
non
avrebbe
dovuto
,
sbagliò
a
contare
i
tarocchi
,
perdette
un
paio
di
frati
con
le
relative
pantofole
,
e
malgrado
il
giuocone
,
lasciò
alcune
marchette
negli
artigli
di
Pasotti
che
ghignava
e
nel
piattino
della
signora
Barborin
che
ripeteva
a
mani
giunte
:
«
Cos
'
ha
mai
fatto
,
signor
Giacomo
,
cos
'
ha
mai
fatto
?
»
.
Pasotti
raccolse
le
carte
e
si
mise
a
scozzarle
guardando
con
una
faccia
sardonica
il
signor
Giacomo
che
non
sapeva
dove
guardare
.
«
Sicuro
»
,
diss
'
egli
.
«
So
tutto
.
La
signora
Cecca
mi
ha
raccontato
tutto
.
Del
resto
,
caro
deputato
politico
,
Lei
ne
renderà
conto
all
'
I
.
R
.
Commissario
di
Porlezza
.
»
Così
dicendo
,
Pasotti
porse
il
mazzo
al
Puttini
perché
alzasse
.
Ma
il
Puttini
,
udito
quel
nome
minaccioso
,
si
mise
a
gemere
:
«
Oh
Dio
,
oh
Dio
,
cossa
disela
,
no
so
gnente
...
oh
Dio
...
l
'
Imperial
Regio
Commissario
?
...
Digo
...
no
savaria
per
cossa
...
apff
!
»
«
Sicuro
!
»
,
ripeté
Pasotti
.
Aspettava
una
parola
che
gli
facesse
un
po
'
di
lume
;
e
significò
a
sua
moglie
,
additando
col
pollice
prima
l
'
uscio
e
poi
la
propria
sua
bocca
,
che
andasse
a
pigliar
da
bere
.
«
Anca
quel
benedeto
ingegner
!
»
,
esclamò
,
quasi
parlando
tra
sé
,
il
signor
Giacomo
.
Come
un
pescatore
raccoglie
stentatamente
a
sé
la
lunga
lenza
pesante
,
scossa
,
egli
crede
,
dal
grosso
pesce
lungamente
insidiato
,
e
tira
e
tira
e
finalmente
scorge
venir
su
dal
fondo
due
grandi
ombre
di
pesci
invece
d
'
una
sola
,
palpita
,
raddoppia
di
cautela
e
d
'
arte
;
così
Pasotti
,
all
'
udir
nominare
l
'
ingegnere
,
si
meravigliò
,
palpitò
e
si
dispose
a
estrarre
con
la
più
squisita
delicatezza
di
mano
il
segreto
del
signor
Giacomo
e
del
Ribera
.
«
Sicuro
»
,
diss
'
egli
.
«
Ha
fatto
male
.
»
Silenzio
del
signor
Giacomo
.
Pasotti
insistette
:
«
Ha
fatto
malissimo
.
»
Ecco
la
signora
Barborin
che
tutta
sorridente
porta
vassoio
,
bottiglia
e
bicchieri
.
Il
vino
è
rosso
cupo
,
con
trasparenze
di
rubino
in
corpo
e
il
signor
Giacomo
gli
fa
un
viso
non
ancora
tenero
ma
benevolo
.
Il
vino
ha
un
aroma
di
austera
virtù
ed
il
signor
Giacomo
lo
fiuta
amorosamente
,
lo
guarda
commosso
,
lo
torna
a
fiutare
.
Il
vino
ha
una
pastosa
pienezza
ch
'
empie
palato
e
anima
di
sapore
,
il
vino
è
appunto
quel
giusto
,
virtuoso
amarone
che
l
'
aroma
annuncia
e
il
signor
Giacomo
lo
sorseggia
nel
desiderio
che
non
sia
liquido
e
fuggevole
,
lo
mastica
,
lo
pacchia
,
se
lo
spalma
per
la
bocca
;
e
quando
di
tanto
in
tanto
posa
il
bicchiere
sul
tavolino
,
non
lo
lascia
però
né
con
la
mano
né
con
gli
occhi
imbambolati
.
«
Povero
ingegnere
!
»
,
esclamò
Pasotti
.
«
Povero
Ribera
!
È
un
buon
galantuomo
,
ma
...
»
E
tira
e
tira
,
il
disgraziato
signor
Giacomo
cominciò
a
venir
su
,
dietro
all
'
amo
e
al
filo
.
«
Mi
propramente
»
,
diss
'
egli
,
«
no
volea
.
El
me
gà
fato
zo
.
"
Vegnì
"
,
el
dise
,
"
percossa
mo
no
volìo
vegner
?
Mal
no
se
fa
,
la
cossa
xe
onesta
.
"
Sì
,
digo
,
me
par
anca
a
mi
;
ma
sto
secreto
!
"
Ma
!
La
nona
!
"
el
dise
.
Capisso
,
digo
,
ma
no
me
comoda
.
"
Gnanca
a
mi
"
,
el
dise
.
Ma
alora
,
digo
,
che
figura
fémoi
,
Ela
e
mi
?
"
Quela
del
m
...
"
,
el
dise
con
quel
so
far
de
bon
omo
a
la
vecia
,
"
che
cossa
vorla
?
,
el
xe
propramente
per
el
mio
temperamento
.
"
Alora
vegno
,
digo
.
»
Qui
si
fermò
.
Pasotti
aspettò
un
poco
e
poi
,
con
prudenza
,
tirò
il
filo
.
«
Il
male
si
è
»
,
diss
'
egli
,
«
che
a
Castello
se
ne
sia
parlato
.
»
«
Sì
signor
;
e
me
lo
son
imaginà
.
Tase
la
famegia
,
tase
l
'
ingegner
,
taso
mi
che
s
'
intende
,
ma
no
taserà
el
piovan
,
no
taserà
el
nonzolo
.
»
Il
parroco
?
Il
sacrestano
?
Adesso
Pasotti
capì
.
Trasecolò
;
non
si
aspettava
un
affare
così
grosso
.
Versò
da
bere
al
malcapitato
signor
Giacomo
,
gli
cavò
facilmente
tutti
i
particolari
del
matrimonio
e
cercò
di
cavargli
pure
i
progetti
degli
sposi
;
ma
questo
non
gli
riusciva
.
Si
mise
a
scozzar
le
carte
per
continuar
il
giuoco
e
il
signor
Giacomo
guardò
l
'
orologio
,
trovò
che
mancavano
nove
minuti
alle
sette
,
ora
in
cui
era
solito
caricare
il
suo
pendolo
.
Tre
minuti
di
strada
,
due
minuti
di
scale
,
non
aveva
più
che
quattro
minuti
per
congedarsi
.
«
Controllore
gentilissimo
,
La
ghe
fazza
el
conto
,
la
xe
cussì
,
no
ghe
xe
ponto
de
dubio
.
»
La
signora
Barborin
,
vedendo
un
contrasto
,
ne
domandò
a
suo
marito
.
Pasotti
si
accostò
le
mani
alla
bocca
e
le
gridò
sul
viso
:
«
El
voeur
andà
a
trovà
la
morosa
!
»
.
«
Cossa
mai
!
Cossa
mai
!
»
,
fece
il
povero
signor
Giacomo
diventando
di
tutti
i
colori
;
e
la
Pasotti
che
per
un
miracolo
aveva
udito
,
aperse
una
bocca
smisurata
,
non
sapeva
se
dovesse
credere
o
no
.
«
La
morosa
?
Oh
!
Quanti
ciàcer
!
Minga
vera
,
sür
Giacom
,
che
hin
ciàcer
?
El
podarìss
ben
avèghela
per
quell
,
disi
minga
,
l
'
è
minga
vècc
,
ma
insomma
!
»
Capito
che
voleva
proprio
andarsene
,
cercò
trattenerlo
,
aveva
dei
marroni
di
Venegono
che
stavan
cuocendo
,
li
offerse
.
Ma
né
i
marroni
né
gl
'
improperi
di
Pasotti
valsero
a
vincere
il
signor
Giacomo
che
partì
con
lo
spettro
dell
'
I
.
R
.
Commissario
nel
cuore
e
insieme
con
una
sensazione
molesta
nella
coscienza
,
con
un
vago
malcontento
di
sé
ch
'
egli
non
sapeva
spiegare
a
se
stesso
,
col
dubbio
istintivo
che
le
ingiurie
della
perfida
servente
fossero
preferibili
,
in
fin
de
'
conti
,
alle
moine
di
Pasotti
.
Invece
costui
aveva
gli
occhi
ancora
più
brillanti
dell
'
usato
.
Pensava
di
andar
a
Cressogno
subito
.
Camminatore
instancabile
,
contava
di
potervi
arrivare
alle
otto
.
L
'
idea
di
andare
dalla
marchesa
con
la
sua
grossa
scoperta
in
pectore
,
di
fare
il
misterioso
,
di
metter
fuori
un
po
'
alla
volta
le
paroline
più
suggestive
e
di
farsi
strappare
il
resto
,
lo
divertiva
moltissimo
.
E
preparava
già
per
il
proprio
piacere
un
discorsetto
blando
,
ammolliente
,
da
posare
poi
sulla
ferita
della
impassibile
dama
per
modo
ch
'
ella
non
potesse
dissimularla
e
che
nessuno
avesse
a
lagnarsi
di
lui
,
neppure
Franco
.
Andò
in
cucina
,
si
fece
accendere
la
lanterna
perché
la
notte
era
molto
scura
,
e
partì
.
Incontrò
sulla
porta
il
suo
mezzadro
ch
'
entrava
.
Il
mezzadro
lo
salutò
,
portò
in
cucina
un
gran
canestro
di
frutta
,
aiutò
la
serva
a
metterle
a
posto
,
sedette
al
fuoco
e
disse
placidamente
:
«
È
mort
adess
la
sciora
Teresa
de
Castell
»
.
6
.
La
vecchia
signora
di
marmo
L
'
uscio
si
aperse
un
poco
,
pian
piano
,
la
fantesca
porse
il
capo
nella
camera
e
chiamò
Franco
che
pregava
inginocchiato
a
una
seggiola
,
presso
il
letto
della
morta
.
Franco
non
udì
e
fu
Luisa
che
si
alzò
.
Andò
ad
ascoltar
la
sommessa
richiesta
della
donna
,
le
rispose
qualche
cosa
e
,
ritrattasi
colei
,
stette
lì
ad
aspettare
.
Non
comparendo
nessuno
,
spinse
l
'
uscio
e
disse
forte
:
«
Venga
,
venga
dentro
»
.
Un
singhiozzo
violento
le
rispose
.
Luisa
stese
ambedue
le
mani
e
il
professor
Gilardoni
gliele
afferrò
.
Stettero
così
alquanto
tempo
,
immobili
,
lottando
,
a
labbra
serrate
,
con
l
'
emozione
,
lui
più
di
lei
.
Luisa
si
mosse
la
prima
,
ritirò
dolcemente
una
mano
e
trasse
con
l
'
altra
il
professore
nella
camera
della
morta
.
La
signora
Teresa
era
spirata
in
salotto
,
sulla
poltrona
che
non
aveva
più
potuto
lasciare
dopo
la
notte
del
matrimonio
.
L
'
avevano
poi
adagiata
sul
divano
disposto
a
letto
funebre
.
Il
dolce
viso
era
là
nella
luce
di
quattro
candele
,
cereo
,
sul
guanciale
,
con
un
sorriso
trasparente
dalle
palpebre
chiuse
,
con
la
bocca
semiaperta
.
Il
letto
e
l
'
abito
erano
sparsi
di
fiori
d
'
autunno
,
ciclamini
,
dalie
,
crisantemi
.
«
Guardi
com
'
è
bella
»
,
disse
Luisa
con
voce
tenera
e
serena
da
spezzar
il
cuore
.
Il
professore
s
'
appoggiò
singhiozzando
a
una
sedia
lontana
dal
letto
.
«
Lo
senti
,
mamma
»
,
disse
Luisa
sottovoce
,
«
come
ti
vogliono
bene
?
»
S
'
inginocchiò
,
e
presa
la
mano
della
morta
,
si
mise
a
baciarla
,
ad
accarezzarla
,
a
dirle
dolcezze
,
piano
;
poi
tacque
,
posò
la
mano
,
si
alzò
,
baciò
la
fronte
,
contemplò
a
mani
giunte
il
viso
.
Pensò
ai
rimproveri
che
la
mamma
le
aveva
fatti
negli
anni
andati
,
dall
'
infanzia
in
poi
,
di
cui
ella
si
era
risentita
amaramente
.
S
'
inginocchiò
da
capo
,
impresse
da
capo
le
labbra
sulla
mano
di
ghiaccio
con
un
più
ardente
spasimo
d
'
amore
che
se
avesse
ricordate
le
carezze
.
Poi
tolse
un
ciclamino
dalla
spalla
della
morta
,
si
alzò
,
lo
porse
al
professore
.
Questi
lo
prese
piangendo
,
s
'
accostò
a
Franco
che
rivedeva
per
la
prima
volta
dopo
quella
notte
,
l
'
abbracciò
e
ne
fu
abbracciato
con
una
commozione
silenziosa
,
e
uscì
,
in
punta
di
piedi
,
dalla
camera
.
Suonarono
le
otto
.
La
signora
Teresa
era
morta
alle
sei
della
sera
precedente
;
in
ventisei
ore
Luisa
non
aveva
mai
riposato
un
momento
,
non
era
uscita
che
quattro
o
cinque
volte
,
per
pochi
minuti
.
Chi
usciva
spesso
e
stava
fuori
anche
a
lungo
,
era
Franco
.
Avvertito
segretamente
,
era
giunto
a
Castello
,
appena
in
tempo
di
trovar
viva
la
povera
mamma
,
e
tutti
i
tristi
uffici
che
la
morte
impone
eran
toccati
a
lui
,
perché
lo
zio
Piero
,
malgrado
i
suoi
molti
anni
,
non
aveva
la
menoma
esperienza
di
queste
cose
e
vi
si
trovava
impacciatissimo
.
Adesso
,
udite
suonar
le
otto
,
si
avvicinò
a
sua
moglie
,
la
pregò
dolcemente
di
andar
a
riposare
un
poco
,
ma
Luisa
gli
rispose
subito
in
modo
da
levargli
il
coraggio
d
'
insistere
.
Il
funerale
doveva
seguire
l
'
indomani
mattina
alle
nove
.
Ell
'
aveva
desiderato
che
si
differisse
il
più
possibile
e
voleva
star
con
la
mamma
fino
all
'
ultimo
.
Vi
era
nella
sua
sottile
persona
una
indomita
vigoria
,
eguale
a
ben
altre
prove
.
Per
lei
la
mamma
era
tutta
lì
su
quel
lettuccio
,
tra
i
fiori
.
Non
pensava
che
una
parte
di
lei
fosse
altrove
,
non
la
cercava
per
la
finestra
di
ponente
nelle
stelline
che
tremolavano
sopra
i
monti
di
Carona
.
Pensava
soltanto
che
la
mamma
cara
,
vissuta
da
tanti
anni
per
lei
sola
,
non
d
'
altro
sollecita
in
terra
che
della
felicità
sua
,
dormirebbe
fra
poche
ore
e
per
sempre
sotto
i
grandi
noci
di
Looch
,
nella
solitudine
ombrosa
dove
tace
il
piccolo
cimitero
di
Castello
,
mentre
ella
si
godrebbe
la
vita
,
il
sole
,
l
'
amore
.
Aveva
risposto
a
Franco
quasi
aspramente
come
se
l
'
affetto
del
vivo
offendesse
in
qualche
modo
l
'
affetto
della
morta
.
Poi
le
parve
averlo
mortificato
,
si
pentì
,
gli
diede
un
bacio
e
sapendo
di
far
cosa
a
lui
grata
,
di
far
cosa
che
la
mamma
si
era
certo
attesa
da
lei
,
volle
pregare
.
Si
mise
a
recitar
macchinalmente
dei
Pater
,
degli
Ave
e
dei
Requiem
,
senza
provarne
soddisfazione
alcuna
,
sentendo
anzi
una
segreta
contrarietà
,
uno
sgradito
disseccarsi
del
dolore
.
Ell
'
aveva
praticato
sempre
ma
,
spenti
i
fervori
della
prima
comunione
,
non
aveva
più
partecipato
con
l
'
anima
al
culto
.
Sua
madre
era
vissuta
piuttosto
per
il
mondo
futuro
che
per
questo
,
si
era
governata
in
ogni
azione
,
in
ogni
parola
,
in
ogni
pensiero
secondo
quel
fine
.
Le
idee
e
i
sentimenti
di
Luisa
,
nel
suo
precoce
sviluppo
intellettuale
,
avevano
preso
un
altro
corso
con
la
risolutezza
vigorosa
ch
'
era
del
carattere
di
lei
;
ella
li
copriva
però
di
certa
dissimulazione
,
parte
conscia
,
parte
inconscia
,
sia
per
amore
della
mamma
,
sia
per
la
resistenza
di
germi
religiosi
seminati
dalla
parola
materna
,
coltivati
dall
'
esempio
,
rinvigoriti
dall
'
abitudine
.
Dai
quattordici
anni
in
poi
s
'
era
venuta
inclinando
a
non
guardare
oltre
la
vita
presente
,
e
insieme
a
non
guardare
a
sé
,
a
vivere
per
gli
altri
,
per
il
bene
terreno
degli
altri
,
però
secondo
un
forte
e
fiero
senso
di
giustizia
.
Andava
in
chiesa
,
compiva
gli
atti
esterni
del
culto
,
senza
incredulità
e
senza
persuadersi
che
facessero
piacere
a
Dio
.
Aveva
confusamente
il
concetto
di
un
Dio
talmente
alto
e
grande
che
non
vi
potesse
essere
contatto
immediato
fra
gli
uomini
e
Lui
.
Se
dubitava
qualche
volta
d
'
ingannarsi
,
il
suo
errore
le
pareva
tale
da
non
poterlo
un
Dio
infinitamente
buono
punire
.
Come
fosse
venuta
a
pensare
così
,
non
lo
sapeva
ella
stessa
.
L
'
uscio
si
aperse
ancora
,
pian
piano
,
una
voce
sommessa
chiamò
«
il
signor
don
Franco
»
.
Luisa
,
rimasta
sola
,
cessò
di
pregare
,
piegò
il
capo
sul
guanciale
della
mamma
,
le
posò
le
labbra
sulla
spalla
,
chiuse
gli
occhi
raccogliendo
in
sé
la
corrente
di
memorie
che
veniva
da
quel
tocco
,
da
un
odor
noto
di
lavanda
.
L
'
abito
della
mamma
era
di
seta
,
il
suo
migliore
,
un
dono
dello
zio
Piero
.
Ella
lo
aveva
portato
una
volta
sola
,
qualche
anno
addietro
,
andando
a
visitare
la
marchesa
Maironi
.
Anche
questo
pensiero
venne
coll
'
odor
di
lavanda
,
vennero
lagrime
brucianti
,
acri
di
tenerezza
e
di
un
sentimento
che
non
era
propriamente
odio
,
che
non
era
propriamente
collera
,
ma
che
aveva
un
amaro
dell
'
uno
e
dell
'
altra
.
Franco
,
quando
s
'
intese
chiamare
,
trasalì
,
ne
indovinò
subito
la
cagione
.
Lo
zio
Piero
aveva
scritto
,
la
mattina
per
tempo
,
alla
marchesa
,
annunciandole
,
in
termini
semplici
ma
pieni
di
ossequio
,
la
morte
di
sua
sorella
;
e
Franco
stesso
aveva
aggiunto
alla
lettera
dello
zio
un
biglietto
con
queste
parole
:
Cara
nonna
,
mi
manca
il
tempo
di
scriverti
perché
son
qui
;
te
lo
dirò
a
voce
domani
sera
e
confido
che
tu
mi
ascolterai
come
mi
avrebbero
ascoltato
mio
padre
e
mia
madre
.
Nessuna
risposta
era
ancora
venuta
da
Cressogno
.
Adesso
un
uomo
di
Cressogno
aveva
portato
una
lettera
.
Dov
'
è
quest
'
uomo
?
«
Partito
;
non
s
'
è
voluto
fermare
un
momento
.
»
Franco
prese
la
lettera
,
ne
lesse
l
'
indirizzo
:
"
Al
preg
.
signor
ingegnere
Pietro
Ribera
"
,
e
conobbe
la
mano
della
figlia
del
fattore
.
Salì
subito
dallo
zio
Piero
che
,
stanco
,
era
andato
a
letto
.
Lo
zio
Piero
,
quando
Franco
gli
recò
la
lettera
,
non
fece
atto
di
sorpresa
né
di
curiosità
;
disse
placidamente
:
«
Apri
»
.
Franco
posò
il
lume
sul
cassettone
e
aperse
la
lettera
voltando
le
spalle
al
letto
.
Parve
pietrificato
;
non
fiatò
,
non
si
mosse
.
«
Dunque
?
»
,
chiese
lo
zio
.
Silenzio
.
«
Ho
capito
»
,
fece
il
vecchio
.
Allora
Franco
lasciò
cader
la
lettera
,
alzò
le
mani
in
aria
,
mise
un
«
ah
!
»
lungo
,
profondo
e
fioco
,
pieno
di
stupore
e
d
'
orrore
.
«
Insomma
»
,
riprese
lo
zio
,
«
si
può
sapere
?
»
Franco
si
scosse
,
si
precipitò
ad
abbracciarlo
,
reprimendo
a
stento
i
singhiozzi
.
L
'
uomo
pacifico
sopportò
sulle
prime
in
silenzio
,
senza
commuoversi
,
questa
tempesta
.
Poi
cominciò
a
difendersene
chiedendo
la
lettera
:
«
Da
qua
,
da
qua
,
da
qua
»
.
E
pensava
:
«
Cosa
diavolo
avrà
scritto
questa
benedetta
donna
?
»
.
Franco
prese
il
lume
e
la
lettera
,
gliela
porse
.
La
nonna
non
aveva
scritto
niente
,
neppure
una
sillaba
;
aveva
semplicemente
rimandata
la
lettera
dell
'
ingegnere
e
il
biglietto
di
Franco
.
Lo
zio
ci
mise
un
pezzo
a
capirla
:
non
capiva
mai
le
cose
prontamente
e
questa
era
per
lui
tanto
inconcepibile
!
Quando
l
'
ebbe
capita
non
poté
fare
a
meno
di
dire
:
«
Già
,
l
'
è
un
po
'
grossa
»
.
Ma
poi
,
veduto
Franco
tanto
fuori
di
sé
,
esclamò
col
vocione
solenne
che
usava
per
giudicar
toto
corde
le
cose
umane
:
«
Senti
.
L
'
è
,
dirò
così
»
,
(
e
cercava
la
parola
in
un
suo
particolar
modo
,
gonfiando
le
gote
e
mettendo
una
specie
di
rantolo
)
,
«
...
una
iniquità
;
ma
tutte
queste
meraviglie
che
fai
tu
,
io
non
le
faccio
per
niente
affatto
.
Tutti
i
torti
,
caro
,
non
sono
dalla
parte
sua
;
e
allora
?
Del
resto
,
me
ne
rincresce
per
voialtri
che
mangerete
di
magro
e
dovrete
vivere
in
questo
miserabile
paese
;
ma
per
me
?
Per
me
ci
guadagno
e
son
pronto
dirò
così
a
ringraziare
tua
nonna
.
Vedi
bene
,
io
non
ho
fatto
famiglia
,
ho
sempre
contato
su
questa
.
Adesso
la
mia
povera
sorella
è
morta
;
se
la
nonna
vi
apriva
le
braccia
io
restavo
come
un
torso
di
cavolo
.
Dunque
!
»
.
Franco
si
guardò
dal
raccontar
la
cosa
a
sua
moglie
,
ed
ella
,
benché
sapesse
delle
lettere
spedite
a
Cressogno
,
non
domandò
che
dopo
il
funerale
,
parecchie
ore
dopo
,
se
la
nonna
avesse
risposto
.
Il
piccolo
salotto
,
la
piccola
terrazza
,
la
piccola
cucina
erano
stati
pieni
di
gente
tutto
il
giorno
,
dalle
nove
della
mattina
alle
nove
della
sera
.
Alle
dieci
Luisa
e
Franco
uscirono
di
casa
senza
lanterna
,
presero
a
destra
,
attraversarono
pian
piano
,
silenziosamente
,
le
tenebre
del
villaggio
,
toccarono
la
svolta
chiara
e
ventosa
cui
sale
il
fragor
profondo
del
fiume
di
S
.
Mamette
,
entrarono
nelle
ombre
,
nel
forte
odore
dei
noci
di
Looch
.
Poco
prima
di
giungere
al
cimitero
,
Luisa
domandò
sottovoce
a
suo
marito
:
«
Sai
niente
di
Cressogno
?
»
.
Egli
avrebbe
pur
voluto
nasconderle
almeno
in
parte
il
vero
e
non
lo
poté
.
Disse
che
il
suo
biglietto
gli
era
stato
rimandato
e
Luisa
volle
sapere
se
almeno
la
nonna
avesse
scritto
allo
zio
una
parola
di
condoglianza
.
Il
«
no
»
di
Franco
fu
così
incerto
,
quasi
trepidante
,
che
,
non
subito
,
ma
pochi
passi
dopo
,
Luisa
ebbe
un
lampo
di
sospetto
e
si
fermò
di
colpo
,
afferrò
il
braccio
di
suo
marito
.
Franco
,
prima
ch
'
ella
aprisse
bocca
,
intese
,
l
'
abbracciò
come
aveva
abbracciato
lo
zio
,
con
impeto
ancor
maggiore
,
le
disse
di
prender
il
suo
cuore
,
l
'
anima
sua
,
la
sua
vita
,
di
non
cercar
altro
al
mondo
,
se
la
sentì
tremar
tutta
fra
le
braccia
.
Né
allora
né
poi
una
sola
parola
ne
fu
più
detta
fra
loro
.
Al
cancello
del
cimitero
s
'
inginocchiarono
insieme
.
Franco
pregò
con
impeto
di
fede
.
Luisa
trapassò
con
gli
occhi
avidi
la
terra
smossa
presso
all
'
entrata
,
trapassò
la
bara
,
si
affissò
mentalmente
nel
volto
mansueto
e
grave
della
mamma
;
mentalmente
ancora
ma
con
tanto
gagliardo
impulso
da
scuotere
le
sbarre
del
cancello
,
si
chinò
,
si
chinò
,
fisse
le
labbra
sulle
labbra
della
morta
,
v
'
impresse
una
violenza
d
'
amore
più
forte
che
tutti
gli
insulti
,
che
tutte
le
bassezze
odiose
del
mondo
.
Si
staccò
a
stento
di
là
verso
le
undici
.
Discendendo
adagio
a
fianco
di
suo
marito
lo
sdrucciolevole
ciottolato
del
sentiero
,
le
sorse
improvvisa
in
mente
la
visione
di
un
incontro
futuro
con
la
marchesa
.
Si
fermò
,
si
eresse
,
stringendo
i
pugni
;
e
il
suo
bel
viso
intelligente
spirò
una
fierezza
tale
che
se
la
vecchia
signora
di
marmo
l
'
avesse
realmente
veduta
,
realmente
incontrata
in
quel
punto
,
si
sarebbe
senz
'
altro
,
piegata
no
,
impaurita
no
,
ma
posta
in
difesa
.
PARTE
SECONDA
1
.
Pescatori
Il
dottor
Francesco
Zérboli
,
I
.
R
.
Commissario
di
Porlezza
,
approdò
alla
I
.
R
.
Ricevitoria
di
Oria
il
10
settembre
1854
,
proprio
quando
un
sole
veramente
imperiale
e
regio
sormontava
il
bastione
poderoso
della
Galbiga
,
sfolgorava
la
rosea
casetta
della
Ricevitoria
,
gli
oleandri
e
i
fagiuoli
della
signora
Peppina
Bianconi
,
chiamando
,
secondo
i
regolamenti
,
all
'
ufficio
il
signor
Carlo
Bianconi
suo
marito
,
quel
tale
Ricevitore
cui
la
musica
manoscritta
puzzava
di
cospirazione
.
Il
Bianconi
,
detto
dalla
sposa
«
el
mè
Carlascia
»
e
dal
popolo
«
el
Biancòn
»
,
un
omone
alto
,
grosso
e
duro
,
col
mento
pelato
,
con
due
baffoni
grigi
,
con
due
occhi
grossi
e
spenti
di
mastino
fedele
,
discese
a
ricevere
l
'
altro
I
.
R
.
mento
pelato
di
categoria
superiore
.
I
due
non
si
rassomigliavano
proprio
che
nella
nudità
austriaca
del
mento
.
Lo
Zérboli
,
vestito
di
nero
e
inguantato
,
era
piccolo
e
tozzo
,
portava
due
baffetti
biondi
appiccicati
alla
faccia
giallognola
,
bucata
da
due
scintille
d
'
occhietti
sarcastici
e
sprezzanti
.
Aveva
i
capelli
piantati
così
basso
sulla
fronte
ch
'
era
solito
raderne
una
lista
,
restandogliene
spesso
un
'
ombra
,
quasi
di
bestialità
.
Prontissimo
di
persona
,
d
'
occhi
e
di
lingua
,
parlava
un
italiano
nasale
,
modulato
alla
trentina
,
con
facile
cortesia
.
Disse
al
Ricevitore
che
doveva
tenere
un
convocato
,
il
consiglio
comunale
d
'
allora
,
a
Castello
e
che
aveva
preferito
venir
per
tempo
,
fare
la
salita
,
col
fresco
,
da
Oria
invece
che
da
Casarico
o
da
Albogasio
,
onde
procurarsi
il
piacere
di
salutare
il
signor
Ricevitore
.
Il
bestione
fedele
non
capì
subito
che
c
'
era
un
secondo
fine
,
ringraziò
con
un
miscuglio
di
frasi
ossequiose
e
di
risatine
stupide
,
fregandosi
le
mani
,
offerse
caffè
,
latte
,
uova
,
l
'
aria
aperta
del
giardinetto
.
Colui
accettò
il
caffè
e
rifiutò
l
'
aria
aperta
con
un
cenno
del
capo
e
una
strizzatina
d
'
occhi
così
eloquente
che
il
Carlascia
,
vociato
su
per
le
scale
«
Peppina
!
Caffè
!
»
fece
passare
il
Commissario
in
ufficio
,
dove
,
sentendosi
trasmutare
,
secondo
la
sua
doppia
natura
,
da
Ricevitore
di
dogana
in
agente
di
polizia
,
si
fece
devoto
il
cuore
e
austero
il
viso
come
per
una
unione
sacramentale
col
monarca
.
Questo
ufficio
era
un
ignobile
bugigattolo
a
pian
terreno
,
con
le
inferriate
ai
due
finestrini
,
una
infetta
cellula
primitiva
che
aveva
già
il
puzzo
della
grande
monarchia
.
Il
Commissario
vi
si
piantò
a
sedere
in
mezzo
,
guardando
l
'
uscio
chiuso
che
dall
'
approdo
metteva
nell
'
anticamera
;
quello
che
dall
'
anticamera
metteva
nell
'
ufficio
era
rimasto
aperto
,
per
ordine
suo
.
«
Mi
parli
del
signor
Maironi
»
,
diss
'
egli
.
«
Sorvegliato
sempre
»
,
rispose
il
Biancòn
.
«
Anssi
»
,
soggiunse
nel
suo
italiano
di
Porta
Tosa
,
«
aspetti
:
ci
ho
qui
un
rapporto
quasi
finito
.
»
E
si
diede
a
frugare
,
a
palpar
fra
le
sue
carte
in
cerca
del
rapporto
e
degli
occhiali
.
«
Manderà
,
manderà
»
,
fece
il
Commissario
che
non
si
aspettava
molto
dalla
prosa
del
bestione
.
«
Intanto
parli
,
dica
!
»
«
Malintensionato
sempre
,
questo
si
sapeva
»
,
ricominciò
l
'
eloquente
Ricevitore
,
«
e
adesso
anche
si
vede
.
Si
è
messo
a
portare
quella
barba
,
sa
,
quella
mosca
,
quella
moschetta
,
quel
pisso
,
quella
porcheria
...
»
«
Scusi
»
,
fece
il
Commissario
.
«
Vede
,
io
sono
ancora
nuovo
,
ho
istruzioni
,
ho
informazioni
,
ma
un
'
idea
esatta
dell
'
uomo
e
della
famiglia
non
l
'
ho
ancora
.
Bisogna
che
Lei
me
li
descriva
proprio
a
fondo
così
come
può
.
E
incominciamo
pure
da
lui
.
»
«
Lui
è
un
superbo
,
un
furioso
,
un
prepotentone
.
Avrà
attaccato
lite
cinquanta
volte
,
qui
,
per
affari
di
dassio
.
Vuol
aver
sempre
ragione
,
vuol
darci
lessione
a
me
e
al
sedentario
.
Caccia
fuori
due
occhiacci
come
se
volesse
mangiare
la
Ricevitoria
.
L
'
è
che
con
me
non
c
'
è
da
fare
il
prepotente
,
se
del
resto
!
...
Perché
sa
di
tutto
,
poi
,
questo
sì
.
Sa
di
legge
,
sa
di
finansa
,
sa
di
musica
,
sa
di
fiori
,
sa
di
pesci
,
el
diavol
a
quatter
.
»
«
E
lei
?
»
«
Lei
?
Lei
lei
lei
lei
...
lei
l
'
è
una
gattamorgna
ma
se
la
cascia
foeura
i
ong
l
'
è
pesg
de
lü
;
peggio
!
Lui
quando
va
in
collera
diventa
rosso
e
fa
un
baccano
di
mille
lire
;
lei
diventa
pallida
e
dice
insolense
d
'
inferno
.
Adesso
si
dice
,
insolense
io
non
ne
tollero
...
ma
insomma
...
mi
capisce
.
Donna
di
talento
,
sa
.
La
mia
Peppina
ci
è
innamorata
.
Donna
che
si
insinua
dappertutto
,
poi
.
Tante
volte
qui
a
Oria
invece
di
chiamare
il
dottore
chiamano
lei
.
Se
in
una
famiglia
questionano
vanno
da
lei
.
Se
ci
vien
il
mal
di
pancia
a
una
bestia
domandano
lei
.
I
bagàj
s
'
i
a
tira
dree
tücc
.
È
magari
buona
,
in
carnevale
,
di
fare
i
magatelli
per
loro
.
Sa
,
i
burattini
.
E
in
pari
tempo
è
un
accidente
che
suona
il
cembalo
,
che
sa
il
francese
e
il
tedesco
.
Io
per
mia
disgrassia
non
lo
so
,
il
tedesco
,
e
sono
andato
da
lei
così
delle
volte
per
farmi
spiegare
carte
tedesche
che
capitano
in
ufficio
.
»
«
Ah
,
Lei
ci
va
,
in
casa
Maironi
?
»
«
Sì
,
qualche
volta
,
per
questo
.
»
Veramente
il
bestione
ci
andava
pure
per
farsi
spiegare
da
Franco
certi
enigmi
della
tariffa
doganale
;
ma
questo
non
lo
disse
.
L
'
interrogatorio
del
Commissario
continuò
.
«
E
la
casa
,
come
è
messa
?
»
«
Messa
bene
.
Bei
pavimenti
alla
venessiana
,
soffitti
pitturati
,
canapè
con
tappeti
,
cembol
,
camera
da
pranzo
colle
pareti
tappessate
di
ritratti
ch
'
è
una
bellèssa
.
»
«
E
l
'
ingegnere
in
capo
?
»
«
L
'
ingegnere
in
capo
è
un
buon
omaccio
,
allegro
,
all
'
antica
;
mi
somiglia
a
me
.
Più
vecchio
però
,
sa
.
Del
resto
qui
ci
sta
pochissimo
.
Un
quindici
giorni
a
questa
stagione
,
altri
quindici
la
primavera
e
qualche
visitina
durante
l
'
anno
.
Quando
ha
la
sua
pace
,
la
sua
quiete
,
il
suo
latte
alla
mattina
,
il
suo
latte
alla
sera
,
il
suo
boccale
di
Modena
a
pranso
,
il
suo
tarocco
,
la
sua
gasètta
di
Milano
,
l
'
ingegnere
Ribera
è
contento
.
Del
resto
,
tornando
alla
barba
del
signor
Maironi
,
c
'
è
anche
di
peggio
.
Ho
saputo
ieri
che
il
signore
ha
messo
un
gelsomino
in
un
vaso
di
legno
inverniciato
di
rosso
.
»
Il
Commissario
,
uomo
d
'
ingegno
e
forse
indifferente
,
nel
più
intimo
del
cuor
suo
,
a
tutti
i
colori
tranne
a
quello
della
propria
cera
e
della
propria
lingua
,
non
poté
a
meno
di
alzar
un
po
'
le
spalle
.
Ma
poi
domandò
subito
:
«
La
pianta
è
fiorita
?
»
«
Non
lo
so
,
domanderò
alla
donna
»
«
A
chi
?
A
sua
moglie
?
Ci
va
,
Sua
moglie
,
in
casa
Maironi
?
»
«
Si
,
qualche
volta
ci
va
.
»
Lo
Zérboli
piantò
i
suoi
occhietti
sprezzanti
in
faccia
al
Bianconi
,
e
gli
articolò
ben
chiara
questa
domanda
:
«
Ci
va
con
profitto
o
no
?
»
«
Ma
!
con
profitto
!
Segond
!
Lei
si
figura
di
andare
come
amica
della
signora
Luisina
,
per
i
fiori
,
per
i
lavori
,
per
i
pettegolessi
,
e
cicip
e
ciciap
,
sa
bene
,
donne
.
Io
poi
ci
cavo
...
»
«
Tè
chì
,
tè
chì
!
»
,
esclamò
nel
suo
italiano
di
Porta
Ticinese
la
signora
Peppina
Bianconi
,
venendo
avanti
col
caffè
,
tutta
sorridente
.
«
El
sür
Commissari
!
Come
goo
mai
piasè
de
vedèll
!
El
sarà
magàra
minga
tant
bon
el
caffè
,
però
l
'
è
el
prim
!
La
bolgira
l
'
è
de
minga
podè
toeul
a
Lügan
!
»
«
Tetetetetè
!
»
,
fece
il
marito
,
burbero
.
«
Euh
diavol
!
Disi
inscì
per
rid
.
El
capiss
ben
,
neh
,
Lü
,
sür
Commissari
!
L
'
è
quel
benedett
omasc
lì
ch
'
el
capiss
no
!
En
toeui
nanca
per
mi
de
caffè
,
ch
'
el
se
figüra
!
Toeui
giusta
l
'
acqua
de
malva
per
i
girament
de
testa
!
»
«
Ciciàra
minga
tant
,
ciciàra
minga
tant
!
»
,
interruppe
il
marito
.
Il
Commissario
,
posando
la
tazza
vuota
,
disse
alla
buona
signora
che
sarebbe
poi
andato
a
vedere
i
suoi
fiori
,
e
questa
galanteria
parve
l
'
atto
di
chi
,
al
caffè
,
butta
e
fa
suonar
la
moneta
sul
vassoio
perché
il
tavoleggiante
lo
pigli
e
se
ne
vada
.
La
signora
Peppina
intese
e
,
sgomentata
per
giunta
dai
grossi
occhi
feroci
del
suo
Carlascia
,
si
ritirò
frettolosamente
.
«
Senta
senta
senta
»
,
fece
il
Commissario
coprendosi
la
fronte
e
stringendosi
le
tempie
colla
mano
sinistra
.
«
Oh
!
»
,
esclamò
a
un
tratto
,
nel
raccapezzarsi
.
«
Ecco
,
volevo
sapere
se
,
adesso
,
l
'
ingegnere
Ribera
è
a
Oria
.
»
«
Non
c
'
è
,
ma
verrà
fra
pochissimi
giorni
,
credo
.
»
«
Spende
molto
,
l
'
ingegnere
Ribera
,
per
questi
Maironi
?
»
«
Spende
molto
,
sicuro
.
Non
credo
che
di
casa
sua
don
Franco
abbia
più
di
tre
svansiche
al
giorno
.
Lei
poi
...
»
Il
Ricevitore
si
soffiò
sul
palmo
della
mano
.
«
Dunque
capisce
.
Hanno
la
donna
di
servissio
.
C
'
è
una
bambina
di
due
anni
o
ché
;
ci
vuole
la
ragassa
,
per
curare
la
bambina
.
Si
fanno
venire
fiori
,
libri
,
musica
,
el
diavol
a
quatter
.
Alla
sera
si
giuoca
a
tarocchi
,
c
'
è
la
sua
bottèglia
.
Ce
ne
vogliono
così
delle
svansiche
,
mi
capisce
!
»
Il
Commissario
rifletté
un
poco
e
poi
,
con
una
faccia
nebulosa
,
con
gli
occhi
al
soffitto
,
con
certe
parole
sconnesse
che
parevano
frammenti
d
'
oracolo
,
fece
intendere
che
l
'
ingegnere
Ribera
,
un
I
.
R
.
impiegato
,
favorito
recentemente
dall
'
I
.
R
.
Governo
di
una
promozione
in
loco
,
avrebbe
dovuto
esercitare
sui
nipoti
una
influenza
migliore
.
Quindi
con
altre
domande
e
con
altre
osservazioni
che
concernevano
specialmente
le
presenti
debolezze
dell
'
ingegnere
,
insinuò
al
Bianconi
che
le
sue
attenzioni
paterne
dovevano
rivolgersi
con
particolare
segretezza
e
delicatezza
all
'
I
.
R
.
collega
,
onde
illuminare
,
occorrendo
,
la
Superiorità
circa
tolleranze
che
sarebbero
scandalose
.
Gli
chiese
finalmente
se
non
sapesse
che
l
'
avvocato
V
.
di
Varenna
e
un
tale
di
Loveno
venivano
abbastanza
spesso
a
visitare
i
Maironi
.
Il
Ricevitore
lo
sapeva
e
sapeva
dalla
sua
Peppina
che
venivano
a
far
musica
.
«
Non
credo
!
»
,
esclamò
il
Commissario
con
subita
e
insolita
asprezza
.
«
Sua
moglie
non
capisce
niente
!
Ella
si
farà
menar
per
il
naso
,
caro
Bianconi
,
a
questo
modo
.
Quei
due
sono
soggettacci
che
starebbero
bene
a
Kufstein
.
Bisogna
informarsi
meglio
!
Informarsi
e
informarmi
.
E
adesso
andiamo
in
giardino
.
A
proposito
!
Quando
entra
da
Lugano
qualche
cosa
per
la
marchesa
Maironi
...
»
Lo
Zérboli
compié
le
frase
con
un
gesto
di
graziosa
larghezza
e
s
'
incamminò
seguito
dal
mastino
,
alquanto
mogio
.
La
signora
Peppina
si
fece
trovare
ad
annaffiar
i
fiori
con
l
'
aiuto
di
un
ragazzotto
.
Il
Commissario
guardò
,
ammirò
e
trovò
anche
modo
di
dar
una
lezioncina
al
poliziotto
subalterno
.
Lodando
quei
fiori
trasse
destramente
la
Bianconi
a
nominar
Franco
e
sulla
persona
di
Franco
non
si
fermò
affatto
come
se
non
gliene
importasse
nulla
.
Si
tenne
ai
fiori
,
affermò
che
Maironi
non
poteva
averne
di
più
belli
.
Strilli
,
gemiti
e
giaculatorie
dell
'
umile
signora
Peppina
che
perfino
si
vergognava
d
'
un
paragone
simile
.
E
il
Commissario
insistette
.
Ma
come
?
Anche
le
fuchsie
di
casa
Maironi
erano
più
belle
?
Anche
le
vainiglie
?
Anche
i
pelargoni
?
Anche
i
gelsomini
?
«
I
gesümin
?
»
,
fece
la
signora
Peppina
.
«
Ma
el
sür
Mairon
el
gà
el
pussee
bell
gesümin
de
la
Valsolda
,
cara
Lü
!
»
Così
il
Commissario
venne
poi
a
sapere
molto
naturalmente
che
il
famoso
«
gesümin
»
non
era
ancora
fiorito
.
«
Vorrei
vedere
le
dalie
di
don
Franco
»
,
diss
'
egli
.
La
ingenua
creatura
si
offerse
di
accompagnarlo
a
casa
Ribera
quel
giorno
stesso
:
«
Gavarissen
inscì
mai
piasè
»
.
Ma
il
Commissario
espresse
il
desiderio
di
attendere
la
venuta
dell
'
I
.
R
.
ingegnere
in
capo
della
provincia
per
avere
occasione
di
riverirlo
e
la
signora
Peppina
fece
«
eccola
!
»
in
segno
della
sua
soddisfazione
.
Intanto
il
mastino
,
umiliato
da
quell
'
arte
superiore
,
desiderando
mostrar
in
qualche
modo
che
almeno
dello
zelo
ne
aveva
anche
lui
,
afferrò
per
un
braccio
il
ragazzotto
dall
'
annaffiatoio
e
lo
presentò
.
«
Mio
nipote
.
Figlio
d
'
una
mia
sorella
maritata
a
Bergamo
con
un
I
.
R
.
portiere
della
Delegassione
.
Ha
l
'
onore
di
chiamarsi
Francesco
Giuseppe
,
per
desiderio
mio
;
ma
capisce
bene
,
per
il
dovuto
rispetto
,
questo
non
può
essere
il
nome
solito
.
»
«
Soa
mader
la
ghe
dis
Ratì
e
so
pader
el
ghe
dis
Ratù
ch
'
el
se
figura
!
»
,
interloquì
la
zia
.
«
Citto
,
Lei
!
»
,
fece
lo
zio
,
severo
.
«
Io
lo
chiamo
Francesco
.
Un
ragasso
bene
educato
,
devo
dirlo
,
molto
bene
educato
.
Di
'
un
po
'
su
,
Francesco
,
quando
sarai
grande
,
cosa
farai
?
»
Ratì
rispose
a
precipizio
come
se
recitasse
la
Dottrina
Cristiana
:
«
Io
quando
sarò
grande
mi
comporterò
sempre
da
suddito
fedele
e
devoto
di
Sua
Maestà
il
nostro
Imperatore
nonché
da
buon
cristiano
;
e
spero
coll
'
aiuto
del
Signore
diventare
un
giorno
I
.
R
.
Ricevitore
di
Dogana
come
mio
zio
,
per
andar
quindi
a
ricevere
il
premio
delle
mie
buone
opere
in
paradiso
»
.
«
Bravo
bravo
bravo
»
,
fece
lo
Zérboli
,
accarezzando
Ratì
.
«
Seguitiamo
a
farci
onore
.
»
«
Ch
'
el
tasa
,
sür
Commissari
»
,
saltò
fuori
da
capo
la
Peppina
,
«
che
stamattina
el
baloss
el
m
'
ha
mangiaa
foeura
mèss
el
süccher
de
la
süccherera
!
»
«
Comè
comè
comè
?
»
,
fece
il
Carlascia
uscendo
di
tono
per
la
sorpresa
.
Si
rimise
subito
e
sentenziò
:
«
Colpa
tua
!
Si
mettono
le
cose
a
posto
!
Vero
,
Francesco
?
»
«
Pròpe
»
,
rispose
Ratì
,
e
il
Commissario
,
seccato
da
quel
battibecco
,
da
quella
ridicola
riuscita
della
sua
frase
paterna
,
prese
bruscamente
congedo
.
Appena
partito
lui
,
il
Carlascia
menò
un
«
toeu
sü
el
süccher
,
ti
»
,
e
un
formidabile
scapaccione
a
Francesco
Giuseppe
che
si
aspettava
tutt
'
altro
e
corse
a
salvarsi
tra
i
fagiuoli
.
Poi
aggiustò
le
partite
di
sua
moglie
con
un
buon
rabbuffo
,
giurando
che
in
avvenire
lo
avrebbe
tenuto
lui
lo
zucchero
,
e
poiché
ella
si
permise
di
ribattere
«
cossa
te
voeut
mai
intrigàt
ti
?
»
la
interruppe
,
«
intrigatissim
in
tütt
!
intrigatissim
in
tütt
!
»
e
voltatele
le
spalle
,
s
'
avviò
a
gran
passi
,
sbuffando
e
fremendo
,
verso
il
posto
dove
la
diligente
sposa
gli
aveva
preparata
la
lenza
e
la
polenta
,
e
inescò
i
due
poderosi
ami
da
tinche
.
Poiché
in
antico
quel
piccolo
mondo
era
ancora
più
segregato
dal
mondo
grande
che
al
presente
,
era
più
che
al
presente
un
mondo
di
silenzio
e
di
pace
,
dove
i
funzionari
dello
Stato
e
della
Chiesa
e
,
dietro
al
loro
venerabile
esempio
,
anche
alquanti
sudditi
fedeli
dedicavano
parecchie
ore
ad
una
edificante
contemplazione
.
Primo
a
ponente
,
il
signor
Ricevitore
slanciava
due
ami
appaiati
in
capo
a
una
lenza
sola
,
due
traditori
bocconi
di
polenta
,
lontano
dalla
sponda
quanto
mai
poteva
;
e
quando
il
filo
si
era
ben
disteso
,
quando
il
sughero
indicatore
si
era
quasi
ancorato
in
placida
attesa
,
l
'
I
.
R
.
uomo
posava
delicatamente
la
bacchetta
della
lenza
sul
muricciuolo
,
sedeva
e
contemplava
.
A
levante
di
lui
,
la
guardia
di
finanza
che
allora
chiamavano
«
il
sedentario
»
,
accoccolata
sull
'
umile
molo
dell
'
approdo
davanti
ad
un
altro
sughero
,
pipava
e
contemplava
.
Pochi
passi
più
in
là
,
il
vecchio
allampanato
Cüstant
,
imbianchino
emerito
,
sagrestano
e
fabbriciere
,
patrizio
del
villaggio
di
Oria
,
seduto
sulla
poppa
della
sua
barca
con
una
sperticata
tuba
preistorica
in
testa
,
con
la
magica
bacchetta
in
mano
,
con
le
gambe
penzoloni
sull
'
acqua
,
raccolta
l
'
anima
nel
sughero
suo
proprio
,
contemplava
.
Seduto
sull
'
orlo
d
'
un
campicello
,
all
'
ombra
d
'
un
gelso
e
d
'
un
cappellone
di
paglia
nera
,
il
piccolo
,
magro
,
occhialuto
don
Brazzova
,
parroco
di
Albogasio
,
rispecchiato
dall
'
acqua
limpida
,
contemplava
.
In
un
orto
di
Albogasio
Inferiore
,
fra
le
rive
del
Ceròn
e
la
riva
di
Mandroeugn
,
un
altro
patrizio
in
giacchetta
e
scarponi
,
il
fabbriciere
Bignetta
,
detto
el
Signoron
,
duro
e
solenne
sopra
una
sedia
del
settecento
con
la
famosa
bacchetta
in
mano
,
vigilava
e
contemplava
.
Sotto
il
fico
di
Cadate
stava
in
contemplazione
don
Giuseppe
Costabarbieri
.
A
S
.
Mamette
pendevano
sull
'
acqua
e
contemplavano
con
grande
attività
il
medico
,
lo
speziale
,
il
calzolaio
.
A
Cressogno
contemplava
il
florido
cuoco
della
marchesa
.
In
faccia
a
Oria
,
sull
'
ombrosa
spiaggia
deserta
del
Bisgnago
,
un
dignitoso
arciprete
della
bassa
Lombardia
usava
passar
ogni
anno
quaranta
giorni
di
vita
contemplativa
.
Contemplava
solitario
,
vescovilmente
,
con
tre
bacchette
ai
piedi
,
i
relativi
tre
pacifici
sugheri
,
due
con
gli
occhi
e
uno
col
naso
.
Chi
passando
per
l
'
alto
lago
avesse
potuto
discernere
tutte
queste
figure
meditabonde
,
inclinate
all
'
acqua
,
senza
veder
le
bacchette
né
i
fili
né
i
sugheri
,
si
sarebbe
creduto
nel
soggiorno
d
'
un
romito
popolo
ascetico
,
schivo
della
terra
,
che
guardasse
il
cielo
giù
nello
specchio
liquido
,
solo
per
maggiore
comodità
.
In
fatto
tutti
quegli
ascetici
pescavano
alle
tinche
e
nessun
mistero
dell
'
avvenire
umano
aveva
per
essi
maggior
importanza
dei
misteri
cui
arcanamente
alludeva
il
piccolo
sughero
,
quando
,
posseduto
quasi
da
uno
spirito
,
dava
segni
d
'
inquietudine
sempre
più
viva
e
in
fine
di
alienazione
mentale
;
poiché
,
dati
dei
crolli
,
dei
tratti
ora
avanti
ora
indietro
,
pigliava
per
ultimo
,
nella
confusione
delle
sue
idee
,
il
partito
disperato
di
entrar
giù
a
capofitto
nell
'
abisso
.
Questi
fenomeni
avvenivano
però
di
rado
e
parecchi
contemplatori
solevano
passare
delle
mezze
giornate
senza
notar
la
menoma
inquietudine
nel
sughero
.
Allora
ciascuno
,
senza
toglier
gli
occhi
dal
piccolo
galleggiante
,
sapeva
seguire
un
invisibile
filo
d
'
idee
parallelo
al
filo
della
lenza
.
Così
avveniva
talvolta
al
buon
arciprete
di
pescar
mentalmente
una
sede
episcopale
;
al
Signoron
di
pescare
un
bosco
ch
'
era
stato
dei
suoi
avi
,
al
cuoco
di
pescare
una
certa
tinca
rosea
e
bionda
della
montagna
,
al
Cüstant
di
pescare
una
commissione
del
Governo
per
dare
il
bianco
al
picco
di
Cressogno
.
Quanto
al
Carlascia
,
il
suo
secondo
filo
aveva
generalmente
un
carattere
politico
.
E
questo
si
comprenderà
meglio
quando
si
sappia
che
anche
il
filo
principale
,
quello
della
lenza
,
suscitava
spesso
nel
suo
torbido
testone
certe
considerazioni
politiche
suggeritegli
dal
Commissario
Zérboli
.
«
Vede
,
caro
Ricevitore
»
,
gli
aveva
detto
una
volta
lo
Zérboli
ragionando
a
sproposito
sul
moto
milanese
del
6
febbraio
,
«
Lei
ch
'
è
un
pescatore
di
tinche
può
benissimo
capire
la
cosa
.
La
nostra
grande
monarchia
pesca
alla
lenza
.
I
due
bocconi
uniti
sono
la
Lombardia
e
il
Veneto
,
due
bei
bocconi
tondi
e
solleticanti
,
con
del
buon
ferro
dentro
.
La
nostra
monarchia
li
ha
buttati
là
davanti
a
sé
,
in
faccia
alla
tana
di
quel
pesciatello
sciocco
ch
'
è
il
Piemonte
.
Egli
ha
abboccato
nel
quarantotto
il
boccone
Lombardia
,
ma
poi
ha
potuto
sputarlo
e
cavarsela
.
Milano
è
il
nostro
sughero
.
Quando
Milano
si
muove
vuol
dire
che
c
'
è
sotto
il
pesciatello
.
L
'
anno
scorso
il
sughero
s
'
è
mosso
un
pochino
;
il
caro
pesciatello
non
aveva
fatto
che
fiutare
il
boccone
.
Aspettate
,
verrà
un
movimento
grande
,
noi
daremo
il
colpo
,
ci
sarà
un
poco
di
strepito
e
di
sbatacchiamento
e
lo
tireremo
su
,
il
nostro
pesciatello
,
non
ce
lo
lasceremo
scappare
più
,
quel
porcellino
bianco
,
rosso
e
verde
!
»
Il
Biancòn
ci
aveva
fatto
una
gran
risata
e
spesso
,
mettendosi
a
pescare
,
si
ruminava
,
per
il
proprio
innocente
piacere
,
la
graziosa
similitudine
,
da
cui
gli
nascevano
per
solito
altri
sottili
e
profondi
pensamenti
politici
.
Quella
mattina
il
lago
era
quieto
,
propizio
per
le
contemplazioni
.
Le
prime
alghe
del
fondo
precipitoso
si
vedevan
diritte
,
segno
che
non
c
'
eran
correnti
.
I
bocconi
,
slanciati
ben
lontano
,
calarono
lentamente
a
piombo
,
il
filo
si
distese
via
via
sotto
il
sughero
che
gli
navigò
dietro
un
poco
indicando
con
spessi
anellini
i
titillamenti
dei
piccoli
cavedini
e
si
mise
quindi
in
pace
,
segno
che
i
bocconi
s
'
erano
adagiati
sul
fondo
e
che
i
cavedini
non
li
toccavan
più
.
Il
pescatore
posò
la
bacchetta
sul
muricciuolo
e
si
mise
a
pensare
all
'
ingegnere
Ribera
.
Il
Biancòn
aveva
,
a
sua
insaputa
,
una
discreta
dose
di
mansuetudine
in
un
doppio
fondo
che
Iddio
gli
aveva
fatto
nel
cuore
senza
avvertirnelo
.
Il
mondo
del
resto
se
ne
poté
accorgere
nel
1859
quando
il
caro
pesciatello
si
mangiò
il
boccone
di
Lombardia
con
l
'
amo
e
il
filo
e
la
bacchetta
e
il
Commissario
e
tutto
quanto
;
e
il
Biancòn
,
rassegnato
,
si
mise
a
piantar
cavoli
nazionali
e
costituzionali
a
Precotto
.
Malgrado
questa
occulta
mansuetudine
,
posando
la
bacchetta
e
pensando
che
si
trattava
di
pescare
quel
povero
vecchio
ingegnere
Ribera
,
egli
provò
una
singolare
compiacenza
non
nel
cuore
,
non
nel
cervello
né
in
alcuno
dei
soliti
sensi
,
ma
in
un
suo
particolare
senso
,
puramente
I
.
e
R
.
Davvero
,
egli
non
aveva
coscienza
di
sé
come
di
un
organismo
distinto
dall
'
organismo
governativo
austriaco
.
Ricevitore
di
una
piccola
dogana
di
frontiera
,
si
considerava
una
punta
d
'
unghia
in
capo
a
un
dito
dello
Stato
;
come
agente
di
polizia
poi
,
si
considerava
un
occhiolino
microscopico
sotto
l
'
unghia
.
La
vita
sua
era
quella
della
monarchia
.
Se
i
Russi
le
facevano
il
solletico
sulla
pelle
della
Galizia
,
egli
ne
sentiva
il
prurito
a
Oria
.
La
grandezza
,
la
potenza
,
la
gloria
dell
'
Austria
gli
ispiravano
un
orgoglio
smisurato
.
Non
ammetteva
che
il
Brasile
fosse
più
esteso
dell
'
Impero
Austriaco
,
né
che
la
Cina
fosse
più
popolata
,
né
che
l
'
Arcangelo
Michele
potesse
prendere
Peschiera
,
né
che
Domeneddio
potesse
prendere
Verona
.
Il
suo
vero
Iddio
era
l
'
Imperatore
;
rispettava
quello
del
cielo
come
un
alleato
di
quello
di
Vienna
.
Non
gli
era
,
dunque
,
mai
entrato
il
sospetto
che
l
'
ingegnere
in
capo
fosse
un
cattivo
suddito
.
Le
parole
del
Commissario
,
un
vangelo
per
lui
,
ne
lo
persuasero
addirittura
;
e
l
'
idea
di
trovarsi
a
portata
questo
malfido
servitore
accendeva
il
suo
zelo
d
'
occhio
regio
e
d
'
unghia
imperiale
.
Si
diede
dell
'
asino
per
non
averlo
conosciuto
prima
.
Oh
ma
era
ancora
in
tempo
di
pescarlo
bene
:
bene
bene
bene
bene
!
«
Lasci
fare
a
me
!
Lasci
fare
a
me
,
signor
...
»
Troncò
la
frase
e
afferrò
la
bacchetta
.
Il
sughero
aveva
impresso
nell
'
acqua
un
anello
,
dolcemente
,
muovendosi
appena
;
indizio
di
tinca
.
Il
Biancòn
strinse
forte
la
bacchetta
tenendo
il
fiato
.
Altro
tocco
al
sughero
,
altro
anello
più
grosso
;
il
sughero
va
pian
piano
sull
'
acqua
,
si
ferma
,
il
cuore
del
Biancòn
batte
a
furia
;
il
sughero
cammina
ancora
per
un
piccol
tratto
,
a
fior
d
'
acqua
e
sprofonda
;
zac
!
il
Biancòn
dà
un
colpo
,
la
bacchetta
si
torce
in
arco
tanto
il
filo
è
tirato
da
un
peso
occulto
.
«
Peppina
,
el
gh
'
è
!
»
,
grida
il
Carlascia
perdendo
la
testa
,
confondendo
il
sesso
della
tinca
con
quello
dell
'
ingegnere
in
capo
:
«
El
guadèll
,
el
guadèll
»
.
Il
sedentario
si
volta
invidioso
:
«
Ghe
l
'
ha
,
scior
Recitòr
?
»
.
Il
Cüstant
si
cuoce
dentro
e
non
fa
motto
né
volge
la
sua
tuba
.
Ratì
accorre
e
accorre
anche
la
signora
Peppina
portando
il
«
guadèll
»
,
una
pertica
lunga
con
una
gran
borsa
di
rete
in
capo
,
per
imborsarvi
la
tinca
nell
'
acqua
,
ché
il
tirarla
su
di
peso
col
filo
sarebbe
un
rischio
disperato
.
Il
Biancòn
piglia
il
filo
,
lo
raccoglie
pian
piano
a
sé
.
La
tinca
non
si
vede
ancora
ma
deve
esser
grossa
;
il
filo
viene
in
su
per
un
paio
di
braccia
,
poi
è
tirato
furiosamente
in
giù
;
quindi
torna
a
venire
,
viene
,
viene
,
e
in
fondo
all
'
acqua
,
sotto
il
naso
dei
tre
personaggi
,
balena
un
giallore
,
un
'
ombra
mostruosa
.
«
Oh
la
bella
!
»
,
fa
la
signora
Peppina
sottovoce
.
Ratì
esclama
:
«
Madòne
,
madòne
!
»
,
e
il
Biancòn
non
dice
parola
,
tira
e
tira
con
cautela
.
È
un
bel
pescione
,
corto
,
grosso
,
dal
ventre
giallo
e
dal
dorso
scuro
che
viene
in
su
dal
fondo
quasi
supino
e
per
isghembo
,
con
mala
volontà
.
Le
tre
facce
non
gli
piacciono
perché
volta
loro
di
colpo
la
coda
e
sbattendola
fa
un
'
altra
punta
furiosa
verso
il
fondo
.
Finalmente
,
spossato
,
segue
il
filo
,
arriva
sotto
il
muro
con
la
pancia
dorata
all
'
aria
.
La
Peppina
,
rovescioni
sul
parapetto
,
stende
giù
quanto
può
la
sua
pertica
per
imborsar
il
malcapitato
e
non
le
riesce
.
«
Per
el
müson
!
»
,
grida
suo
marito
.
«
Per
la
cua
!
»
,
strilla
Ratì
.
A
quello
strepito
,
alla
vista
di
quel
pauroso
arnese
,
il
pesce
si
dibatte
,
si
tuffa
;
la
Peppina
si
arrabatta
invano
,
non
trova
il
«
müson
»
,
non
trova
la
«
cua
»
;
il
Biancòn
tira
,
la
tinca
trascinata
a
galla
si
aggomitola
e
con
una
potente
spaccata
rompe
il
filo
,
strepita
via
tra
la
spuma
.
«
Madòne
!
»
,
esclama
Ratì
;
la
Peppina
seguita
a
frugar
l
'
acqua
con
la
sua
pertica
;
«
dova
l
'
è
sto
pèss
?
dova
l
'
è
sto
pèss
?
»
,
e
il
Biancòn
che
era
rimasto
petrificato
col
filo
in
mano
,
si
volta
furibondo
,
tira
un
calcio
a
Ratì
,
afferra
sua
moglie
per
le
spalle
,
la
scuote
come
un
sacco
di
noci
,
la
carica
d
'
improperi
.
«
L
'
è
andada
,
scior
Recitòr
?
»
,
fa
il
sedentario
,
mellifluo
.
Il
Cüstant
volta
un
poco
la
tuba
,
guarda
il
luogo
della
catastrofe
,
torna
alla
contemplazione
del
suo
pacifico
sughero
e
brontola
in
tono
di
compatimento
:
«
Minga
pràtich
!
»
.
Intanto
la
tinca
ritorna
alle
native
alghe
profonde
,
malconcia
ma
libera
come
il
suo
simile
,
il
Piemonte
,
dopo
Novara
;
ed
è
dubbio
se
al
povero
ingegnere
in
capo
toccherà
la
stessa
fortuna
.
2
.
La
sonata
del
chiaro
di
luna
e
delle
nuvole
Il
sole
calava
dietro
al
ciglio
del
monte
Brè
e
l
'
ombra
oscurava
rapidamente
la
costa
precipitosa
e
le
case
di
Oria
,
imprimeva
,
violacea
e
cupa
,
il
profilo
del
monte
sul
verde
luminoso
delle
onde
che
correvano
oblique
a
ponente
,
grandi
ancora
ma
senza
spuma
,
nella
breva
stanca
.
Casa
Ribera
si
era
oscurata
l
'
ultima
.
Addossata
ai
ripidi
vigneti
della
montagna
,
sparsi
d
'
ulivi
,
essa
cavalca
la
viottola
che
costeggia
il
lago
,
e
pianta
nell
'
onda
viva
una
fronte
modesta
,
fiancheggiata
a
ponente
,
verso
il
villaggio
,
da
un
giardinetto
pensile
a
due
ripiani
,
a
levante
,
verso
la
chiesa
,
da
una
piccola
terrazza
gittata
su
pilastri
che
inquadrano
un
pezzo
di
sagrato
.
Entra
in
quella
fronte
una
piccola
darsena
dove
allora
si
dondolava
,
fra
lo
schiamazzar
delle
onde
,
il
battello
di
Franco
e
Luisa
.
Sopra
l
'
arco
della
darsena
una
galleria
sottile
lega
il
giardinetto
pensile
di
ponente
alla
terrazza
di
levante
e
guarda
il
lago
per
tre
finestre
.
La
chiamavan
loggia
,
forse
perché
lo
era
stata
in
antico
.
La
vecchia
casa
portava
incrostati
qua
e
là
parecchi
di
questi
venerandi
nomi
fossili
che
vivevano
per
la
tradizione
e
figuravano
,
nella
loro
apparente
assurdità
,
i
misteri
nella
religione
delle
mura
domestiche
.
Dietro
alla
loggia
vi
ha
una
sala
spaziosa
e
dietro
alla
sala
due
stanze
:
a
ponente
il
salottino
da
pranzo
tappezzato
di
piccoli
uomini
illustri
di
carta
,
ciascuno
sotto
il
proprio
vetro
e
dentro
la
propria
cornice
,
ciascuno
atteggiato
dignitosamente
a
modo
degl
'
illustri
di
carne
e
d
'
ossa
,
come
se
i
colleghi
nemmanco
esistessero
e
il
mondo
non
guardasse
che
a
lui
;
a
levante
la
camera
dell
'
alcova
dove
accanto
agli
sposi
dormiva
nel
proprio
letticciuolo
la
signorina
Maria
Maironi
nata
nell
'
agosto
del
1852
.
Dai
cassettoni
rococò
delle
camere
da
letto
alla
madia
della
cucina
,
dal
nero
pendolo
del
salottino
da
pranzo
al
canapè
della
loggia
con
la
sua
stoffa
color
marrone
cosparsa
di
cavalieri
turchi
gialli
e
rossi
,
dalle
seggiole
impagliate
a
certi
seggioloni
dai
bracciuoli
spropositatamente
alti
,
i
mobili
della
casa
appartenevano
all
'
epoca
degli
uomini
illustri
,
la
maggior
parte
dei
quali
portava
parrucca
e
codino
.
Se
parevano
discesi
dal
granaio
,
parevan
pure
aver
ripreso
nell
'
aria
e
nella
luce
della
nuova
dimora
certe
perdute
abitudini
di
pulizia
,
un
notevole
interesse
alla
vita
,
una
dignità
di
onesta
vecchiaia
.
Così
un
'
accozzaglia
di
vocaboli
disusati
potrebbe
oggi
comporsi
,
nel
soffio
d
'
un
attempato
poeta
conservatore
,
e
rifletterne
la
serena
ed
elegante
senilità
.
Sotto
il
regime
matematico
e
burocratico
dello
zio
Piero
,
seggiole
e
seggioloni
,
tavole
e
tavolini
avevano
vissuto
in
perfetta
simmetria
e
il
privilegio
della
inamovibilità
era
stato
accordato
persino
agli
stoini
.
Il
nome
di
«
mobile
»
non
lo
aveva
meritato
che
un
cuscino
grigio
e
celeste
,
un
aborto
di
materasso
,
che
l
'
ingegnere
durante
i
suoi
brevi
soggiorni
a
Oria
si
portava
con
sé
quando
mutava
seggiolone
.
Assente
lui
,
il
custode
rispettava
tanto
le
suppellettili
da
non
osar
di
toccarne
confidenzialmente
,
di
spolverarne
le
parti
meno
visibili
.
Ciò
faceva
andar
sulle
furie
la
governante
,
regolarmente
,
ad
ogni
ritorno
in
Valsolda
.
Il
padrone
,
irritato
che
per
un
po
'
di
polvere
si
gridasse
tanto
contro
un
povero
diavolo
di
contadino
,
se
la
pigliava
con
lei
e
le
suggeriva
di
spolverare
ella
stessa
;
e
quando
la
donna
scattò
a
domandargli
,
in
via
di
sdegnosa
replica
,
se
dovesse
ammazzarsi
a
spolverare
tutta
la
casa
ogni
volta
che
veniva
,
le
rispose
bonariamente
:
«
Mazzèv
ona
volta
sola
ch
'
el
sarà
assée
»
.
Egli
abbandonava
poi
del
tutto
al
capriccio
del
custode
la
coltivazione
del
giardinetto
come
quella
di
un
orto
che
possedeva
a
levante
del
sagrato
,
in
riva
al
lago
.
Solo
una
volta
,
due
anni
prima
del
matrimonio
di
Luisa
,
arrivando
a
Oria
in
principio
di
settembre
e
trovando
nel
secondo
ripiano
del
giardinetto
sei
piante
di
granturco
,
si
permise
di
dire
al
custode
:
«
Sent
on
poo
:
quii
ses
gamb
de
carlon
,
podarisset
propi
minga
fann
a
men
?
»
.
I
poeti
non
conservatori
Franco
e
Luisa
avevano
trasformata
,
col
loro
soffio
,
la
faccia
delle
cose
.
La
poesia
di
Franco
era
più
ardita
,
fervida
e
appassionata
,
la
poesia
di
Luisa
era
più
prudente
;
così
i
sentimenti
di
Franco
gli
fiammeggiavano
sempre
dagli
occhi
,
dal
viso
,
dalla
parola
e
quelli
di
Luisa
non
davano
quasi
mai
fiamme
ma
solo
coloravano
il
fondo
del
suo
sguardo
penetrante
e
della
sua
voce
morbida
.
Franco
non
era
conservatore
che
in
religione
e
in
arte
;
per
le
mura
domestiche
era
un
radicale
ardente
,
immaginava
sempre
trasformazioni
di
pareti
,
di
soffitti
,
di
pavimenti
,
di
arredi
.
Luisa
incominciava
con
ammirar
il
suo
genio
,
ma
poiché
i
denari
venivan
quasi
tutti
dallo
zio
e
non
ci
era
larghezza
per
imprese
fantastiche
,
piano
piano
,
un
po
'
per
volta
,
lo
persuadeva
di
lasciar
a
posto
le
pareti
,
i
soffitti
e
anche
i
pavimenti
,
di
studiar
come
si
sarebbero
potuti
disporre
meglio
gli
arredi
senza
trasformarli
.
E
gli
suggeriva
delle
idee
senza
averne
l
'
aria
,
facendogli
credere
che
venivan
da
lui
,
perché
alla
paternità
delle
idee
Franco
ci
teneva
molto
e
Luisa
era
invece
del
tutto
indifferente
a
questa
maternità
.
Così
tra
l
'
uno
e
l
'
altra
disposero
la
sala
per
la
conversazione
,
la
lettura
e
la
musica
,
la
loggia
per
il
giuoco
,
la
terrazza
per
il
caffè
e
per
le
contemplazioni
poetiche
.
Di
quella
terrazzina
Franco
fece
la
poesia
lirica
della
casa
.
Era
piccina
assai
e
parve
a
Luisa
che
vi
si
potesse
concedere
un
po
'
di
sfogo
all
'
estro
di
suo
marito
.
Fu
allora
che
cadde
dal
trono
il
re
dei
gelsi
valsoldesi
,
il
famoso
antico
gelso
del
sagrato
,
un
tiranno
che
toglieva
alla
terrazza
tutta
la
vista
migliore
.
Franco
si
liberò
da
lui
mediante
pecunia
,
disegnò
e
alzò
sopra
la
terrazza
un
aereo
contesto
di
sottili
aste
e
bastoncini
di
ferro
che
figuravan
tre
archi
sormontati
da
una
cupolina
,
vi
mandò
su
due
passiflore
eleganti
che
vi
aprivan
qua
e
là
i
loro
grandi
occhi
celesti
e
ricadevano
da
ogni
parte
in
festoni
e
vilucchi
.
Un
tavoluccio
rotondo
e
alcune
sedie
di
ferro
servivano
per
il
caffè
e
per
la
contemplazione
.
Quanto
al
giardinetto
pensile
,
Luisa
avrebbe
potuto
sopportare
anche
il
granturco
per
una
tolleranza
di
spirito
superiore
che
ama
lasciar
in
pace
gl
'
inferiori
nelle
loro
idee
,
nelle
loro
abitudini
,
nei
loro
affetti
.
Ella
sentiva
una
certa
rispettosa
pietà
per
gl
'
ideali
orticoli
del
povero
custode
,
per
quell
'
insalata
di
rozzezze
e
di
gentilezze
ch
'
egli
aveva
nel
cuore
,
un
gran
cuore
capace
di
accogliere
insieme
reseda
e
zucche
,
begliuomini
e
carote
.
Invece
Franco
,
generoso
e
religioso
com
'
era
,
non
avrebbe
tollerato
nel
suo
giardino
una
zucca
né
una
carota
per
amore
di
qualsiasi
prossimo
.
Ogni
stupida
volgarità
lo
irritava
.
Quando
l
'
infelice
ortolano
si
sentì
predicare
dal
signor
don
Franco
che
il
giardinetto
era
una
porcheria
,
che
bisognava
cavar
tutto
,
buttar
via
tutto
,
rimase
sbalordito
,
avvilito
da
far
pietà
;
ma
poi
lavorando
agli
ordini
suoi
per
riformare
le
aiuole
,
per
contornarle
di
tufi
,
per
piantare
arbusti
e
fiori
,
vedendo
come
il
padrone
stesso
sapesse
lavorar
di
sua
mano
e
quanti
terribili
nomi
latini
e
qual
portentoso
talento
avesse
in
testa
per
immaginare
disposizioni
nuove
e
belle
,
concepì
poco
a
poco
per
lui
un
'
ammirazione
quasi
paurosa
e
quindi
anche
,
malgrado
i
molti
rabbuffi
,
una
affezione
devota
.
Il
giardinetto
pensile
fu
trasformato
a
immagine
e
similitudine
di
Franco
.
Un
'
olea
fragrans
vi
diceva
in
un
angolo
la
potenza
delle
cose
gentili
sul
caldo
impetuoso
spirito
del
poeta
;
un
cipressino
poco
accetto
a
Luisa
vi
diceva
in
un
altro
angolo
la
sua
religiosità
;
un
piccolo
parapetto
di
mattoni
a
traforo
,
fra
il
cipresso
e
l
'
olea
,
con
due
righe
di
tufi
in
testa
che
contenevano
un
ridente
popolo
di
verbene
,
petunie
e
portulache
,
accennava
alla
ingegnosità
singolare
dell
'
autore
;
le
molte
rose
sparse
dappertutto
parlavano
del
suo
affetto
alla
bellezza
classica
;
il
ficus
repens
che
vestiva
le
muraglie
verso
il
lago
,
i
due
aranci
nel
mezzo
dei
due
ripiani
,
un
vigoroso
,
lucido
carrubo
rivelavano
un
temperamento
freddoloso
,
una
fantasia
volta
sempre
al
mezzogiorno
,
insensibile
al
fascino
del
nord
.
Luisa
aveva
lavorato
e
lavorava
assai
più
del
marito
;
ma
se
questi
si
compiaceva
delle
proprie
fatiche
e
ne
parlava
volentieri
,
Luisa
invece
non
ne
parlava
mai
e
non
ne
traeva
veramente
alcuna
vanità
.
Lavorava
d
'
ago
,
d
'
uncinetto
,
di
ferri
,
di
forbici
,
con
una
tranquilla
rapidità
prodigiosa
,
per
suo
marito
,
per
la
sua
bambina
,
per
ornar
la
sua
casa
,
per
i
poveri
e
per
sé
.
Tutte
le
stanze
avevan
lavori
suoi
,
cortine
,
tappeti
,
cuscini
,
paralumi
.
Era
pure
affar
suo
di
collocare
i
fiori
in
sala
e
in
loggia
;
non
piante
in
vaso
perché
Franco
ne
aveva
poche
e
non
gli
garbava
di
chiuderle
nelle
stanze
;
non
fiori
del
giardinetto
perché
coglierne
uno
era
come
strapparglielo
dal
cuore
.
Erano
invece
a
disposizione
di
Luisa
le
dalie
,
le
rose
,
i
gladioli
,
gli
astri
dell
'
orto
.
Ma
poiché
non
le
bastavano
e
poiché
il
villaggio
,
dopo
Dio
,
Santa
Margherita
e
S
.
Sebastiano
,
adorava
la
«
sciora
Lüisa
»
,
così
ad
un
cenno
suo
i
ragazzi
le
portavano
fiori
selvaggi
e
felci
,
le
portavano
edera
per
rilegar
con
festoni
i
grandi
mazzi
fissati
alle
pareti
dentro
anelli
di
metallo
.
Anche
alle
braccia
dell
'
arpa
che
pendeva
dal
soffitto
della
sala
erano
sempre
attorcigliati
lunghi
serpenti
d
'
edera
e
di
passiflora
.
Lo
zio
Piero
,
quando
gli
scrivevano
di
queste
novità
,
rispondeva
poco
o
nulla
.
Tutt
'
al
più
raccomandava
di
non
tener
troppo
occupato
l
'
ortolano
il
quale
doveva
pur
attendere
alle
faccende
proprie
.
La
prima
volta
che
capitò
a
Oria
dopo
la
trasformazione
del
giardinetto
,
si
fermò
a
guardarlo
come
aveva
fatto
per
le
sei
piante
di
granturco
e
borbottò
sottovoce
:
«
Oh
poer
a
mi
!
»
.
Uscì
sulla
terrazza
,
guardò
il
cupolino
,
toccò
le
aste
di
ferro
e
pronunciò
un
«
basta
!
»
rassegnato
ma
pieno
di
disapprovazione
per
tante
eleganze
superiori
allo
stato
suo
e
de
'
suoi
nipoti
.
Invece
,
dopo
aver
esaminato
in
silenzio
tutti
i
mazzi
,
i
mazzolini
,
i
vasi
,
i
festoni
della
sala
e
della
loggia
,
disse
con
un
bonario
sorriso
:
«
Sent
on
poo
,
Lüisa
;
con
tütt
st
'
erba
chì
farisset
minga
mèj
a
tegnì
on
para
de
pégor
?
»
.
Ma
la
governante
fu
beata
di
non
aversi
più
ad
ammazzare
per
la
polvere
e
le
ragnatele
,
ma
l
'
ortolano
vantò
senza
fine
le
opere
miracolose
del
signor
don
Franco
ed
egli
stesso
comincio
presto
ad
abituarsi
ai
nuovi
aspetti
della
sua
casa
,
a
guardar
senza
malevolenza
il
cupolino
della
terrazza
che
gli
faceva
comodo
per
l
'
ombra
.
Dopo
tre
o
quattro
giorni
domando
chi
lo
avesse
eseguito
e
gli
accadde
di
fermarsi
qualche
volta
a
guardar
i
fiori
del
giardinetto
,
di
chiedere
il
nome
dell
'
uno
e
dell
'
altro
.
Dopo
otto
o
dieci
giorni
,
stando
con
la
piccola
Maria
sulla
porta
della
sala
che
mette
al
giardinetto
,
le
domando
:
«
Chi
ha
piantato
tutti
questi
bei
fiori
?
»
,
e
le
insegnò
a
rispondere
:
«
Papà
»
.
Ad
un
suo
impiegato
venuto
a
fargli
visita
mostrò
le
opere
del
nipote
e
ne
accolse
gli
elogi
con
un
assenso
misurato
ma
pieno
di
soddisfazione
:
«
Sì
sì
,
per
questo
sì
»
.
Insomma
finì
con
diventare
un
ammiratore
di
Franco
e
persino
con
dare
ascolto
,
in
via
di
conversazione
,
ad
altri
suoi
progetti
.
E
in
Franco
crescevano
l
'
ammirazione
e
la
gratitudine
per
quella
grande
e
generosa
bontà
,
che
aveva
vinto
la
natura
conservatrice
,
l
'
avversione
antica
alle
eleganze
di
ogni
maniera
;
per
la
solita
bontà
che
ad
ogni
simile
contrasto
saliva
saliva
silenziosamente
dietro
le
renitenze
dello
zio
fino
a
sormontare
,
a
coprir
tutto
con
una
larga
onda
di
acquiescenza
o
almeno
con
la
frase
sacramentale
«
del
resto
,
fate
vobis
»
.
A
una
sola
novità
lo
zio
non
aveva
voluto
adattarsi
:
alla
scomparsa
del
suo
vecchio
cuscino
.
«
Luisa
»
,
diss
'
egli
sollevando
con
due
dita
dal
seggiolone
il
nuovo
cuscino
ricamato
:
«
porta
via
»
.
E
non
ci
fu
verso
di
persuaderlo
.
«
Et
capì
de
portall
via
?
»
Quando
Luisa
sorridendo
gli
diede
il
vecchio
materassino
abortito
,
egli
ci
si
sedette
su
con
un
sonoro
«
inscì
!
»
come
se
riprendesse
solennemente
il
possesso
di
un
trono
.
Adesso
,
mentre
l
'
ombra
violacea
invadeva
il
verde
delle
onde
e
correva
lungo
la
costa
,
di
paesello
in
paesello
,
spegnendo
,
una
dopo
l
'
altra
,
le
bianche
case
lucenti
,
egli
era
appunto
seduto
sul
suo
trono
e
si
teneva
sulle
ginocchia
la
piccola
Maria
,
mentre
Franco
,
sulla
terrazza
,
annaffiava
i
vasi
di
pelargoni
,
pieno
il
cuore
e
il
viso
di
contentezza
affettuosa
come
se
versasse
da
bere
a
Ismaele
nel
deserto
,
e
Luisa
stava
sgrovigliando
pazientemente
una
pesca
di
suo
marito
,
un
garbuglio
pauroso
di
spago
,
di
piombi
,
di
seta
e
di
ami
.
Ella
discorreva
in
pari
tempo
col
professore
Gilardoni
che
aveva
sempre
qualche
garbuglio
filosofico
da
sgrovigliare
e
ci
si
metteva
molto
più
volentieri
con
lei
che
con
Franco
,
il
quale
lo
contraddiceva
sempre
,
a
torto
e
a
ragione
,
avendolo
in
concetto
d
'
un
ottimo
cuore
e
d
'
una
testa
confusa
.
Lo
zio
,
tenendo
il
ginocchio
destro
sul
sinistro
e
la
bambina
sul
mucchio
,
le
ripeteva
per
la
centesima
volta
,
con
affettata
lentezza
,
e
storpiando
un
poco
il
nome
esotico
,
la
canzonetta
:
Ombretta
sdegnosa
Del
Missipipì
.
Fino
alla
quarta
parola
la
bambina
lo
ascoltava
immobile
,
seria
,
con
gli
occhi
fissi
;
ma
quando
veniva
fuori
il
«
Missipipì
»
scoppiava
in
un
riso
,
sbatteva
forte
le
gambucce
e
piantava
le
manine
sulla
bocca
dello
zio
,
il
quale
rideva
anche
lui
di
cuore
e
dopo
un
breve
riposo
ricominciava
adagio
adagio
,
nel
tono
solito
:
Ombretta
sdegnosa
...
La
bambina
non
somigliava
né
al
padre
né
alla
madre
,
aveva
gli
occhi
,
i
lineamenti
fini
della
nonna
Teresa
.
Al
vecchio
zio
,
che
pure
vedeva
di
rado
,
mostrava
una
tenerezza
strana
,
impetuosa
.
Lo
zio
non
le
diceva
paroline
dolci
,
le
faceva
,
occorrendo
,
qualche
piccola
riprensione
,
ma
le
portava
sempre
giuocattoli
,
la
conduceva
spesso
a
passeggio
,
se
la
faceva
saltar
sulle
ginocchia
,
rideva
con
lei
,
le
diceva
canzonette
comiche
,
quella
che
cominciava
col
«
Missipipì
»
e
un
'
altra
che
finiva
:
Rispose
tosto
Barucabà
.
Chi
era
mai
Barucabà
?
E
cosa
gli
avevano
domandato
?
«
Toa
Bà
,
toa
Bà
!
»
,
diceva
Maria
;
«
ancora
Barucabà
,
ancora
Barucabà
!
»
Lo
zio
le
ripeteva
allora
la
poetica
storia
ma
nessuno
la
sa
più
ripetere
a
me
.
Ecco
di
che
parlava
a
Luisa
,
con
la
sua
voce
timida
e
gentile
,
il
professore
Gilardoni
,
diventato
un
tantin
più
vecchio
,
un
tantin
più
calvo
,
un
tantin
più
giallo
.
«
Chi
sa
»
,
aveva
detto
Luisa
,
«
se
Maria
somiglierà
alla
nonna
come
nel
viso
anche
nell
'
anima
?
»
Il
professore
rispose
che
sarebbe
stato
un
miracolo
avere
in
una
famiglia
,
a
così
poca
distanza
,
due
anime
simili
.
E
volendo
spiegare
a
quale
rarissima
specie
fosse
appartenuta
,
nel
suo
concetto
,
l
'
anima
della
nonna
,
mise
fuori
il
seguente
garbuglio
.
«
Vi
sono
»
,
diss
'
egli
,
«
anime
che
negano
apertamente
la
vita
futura
e
vivono
proprio
secondo
la
loro
opinione
,
per
la
sola
vita
presente
.
Queste
non
sono
molte
.
Poi
vi
sono
anime
che
mostrano
di
credere
nella
vita
futura
e
vivono
del
tutto
per
la
presente
.
Queste
sono
alquante
più
.
Poi
vi
sono
anime
che
alla
vita
futura
non
pensano
e
vivono
però
in
modo
da
non
mettersi
troppo
a
repentaglio
di
perderla
se
c
'
è
.
Queste
sono
più
ancora
.
Poi
vi
sono
anime
che
credono
veramente
nella
vita
futura
e
dividono
pensieri
e
opere
in
due
categorie
che
fanno
quasi
sempre
ai
pugni
fra
loro
:
una
è
per
il
cielo
,
l
'
altra
è
per
la
terra
.
Queste
sono
moltissime
.
Poi
vi
sono
anime
che
vivono
per
la
sola
vita
futura
nella
quale
credono
.
Queste
sono
pochissime
e
la
signora
Teresa
era
di
queste
.
»
Franco
,
che
non
poteva
soffrire
le
disquisizioni
psicologiche
,
passò
accigliato
col
suo
annaffiatoio
vuoto
per
andare
nel
giardinetto
e
pensò
:
«
Poi
vi
sono
anime
che
rompono
l
'
anima
»
.
Lo
zio
,
del
resto
un
po
'
sordo
,
rideva
con
la
Maria
.
Luisa
,
passato
che
fu
suo
marito
,
disse
piano
:
«
Poi
vi
sono
anime
che
vivono
come
se
vi
fosse
la
sola
vita
futura
nella
quale
non
credono
:
e
di
queste
ve
n
'
è
una
»
.
Il
professore
trasalì
e
la
guardò
senza
dir
nulla
.
Ella
stava
cercando
nella
matassa
della
pesca
un
filo
doppio
,
a
occhiello
,
per
farlo
passare
.
Non
vide
quello
sguardo
ma
lo
sentì
e
si
affrettò
a
indicare
col
capo
lo
zio
.
Aveva
ella
pensato
proprio
a
lui
nel
dir
quello
che
aveva
detto
?
O
vi
era
stata
nel
suo
pensiero
una
occulta
complicazione
?
Aveva
pensato
allo
zio
senza
un
vero
convincimento
,
solo
perché
non
osava
nominare
,
neanche
nel
pensiero
,
un
'
altra
persona
cui
le
sue
parole
potevano
riferirsi
più
giustamente
?
Il
silenzio
del
professore
,
lo
sguardo
scrutatore
di
lui
,
non
incontrato
ma
sentito
,
le
rivelarono
ch
'
egli
sospettava
di
lei
stessa
:
per
questo
accennò
frettolosamente
allo
zio
.
«
Non
crede
nella
vita
futura
?
»
,
mormorò
il
professore
.
«
Direi
di
no
»
,
rispose
Luisa
e
subito
si
sentì
nel
cuore
un
rimorso
,
sentì
che
non
aveva
sufficienti
ragioni
,
che
non
aveva
il
diritto
di
rispondere
così
.
In
fatto
lo
zio
Piero
non
s
'
era
curato
mai
di
meditare
sulla
religione
:
egli
compenetrava
nel
suo
concetto
della
onestà
la
continuazione
delle
vecchie
pratiche
di
famiglia
,
la
professione
della
fede
avita
,
presa
come
stava
,
alla
carlona
.
Il
suo
era
un
Dio
bonario
come
lui
,
che
non
ci
teneva
tanto
alle
giaculatorie
né
ai
rosari
,
come
lui
;
un
Dio
contento
di
aver
per
ministri
,
com
'
era
contento
lui
di
aver
per
amici
,
dei
galantuomini
di
cuore
,
fossero
pure
allegri
mangiatori
e
bevitori
,
tarocchisti
per
la
vita
,
franchi
raccontatori
di
porcherie
non
disoneste
a
lecito
sfogo
della
sudicia
ilarità
che
ciascuno
ha
in
corpo
.
Certi
suoi
discorsi
scherzosi
,
certi
aforismi
buttati
là
senza
riflettere
sulla
importanza
relativa
delle
pratiche
religiose
e
sulla
importanza
assoluta
del
vivere
onesto
l
'
avevano
colpita
fin
da
bambina
,
anche
perché
la
mamma
se
ne
inquietava
moltissimo
e
supplicava
suo
fratello
di
non
dire
spropositi
.
Le
era
entrato
il
sospetto
che
lo
zio
andasse
in
chiesa
solamente
per
convenienza
.
Non
era
vero
;
non
bisognava
tener
conto
degli
aforismi
di
uno
che
,
invecchiato
nel
sacrificio
e
nell
'
abnegazione
,
soleva
dire
«
charitas
incipit
ab
ego
»
;
e
poi
,
quand
'
anche
lo
zio
avesse
stimato
poco
le
pratiche
religiose
,
a
negar
la
vita
futura
ci
correva
ancora
un
bel
tratto
.
Infatti
,
appena
messo
fuori
il
suo
giudizio
e
uditolo
suonare
,
Luisa
lo
sentì
falso
,
vide
più
chiaro
in
se
stessa
,
intese
di
avere
inconsciamente
cercato
nell
'
esempio
dello
zio
un
appoggio
e
un
conforto
per
sé
.
Il
professore
era
tutto
commosso
di
una
rivelazione
tanto
inattesa
.
«
Quest
'
anima
unica
»
,
diss
'
egli
,
«
che
vive
come
se
non
pensasse
che
alla
vita
futura
nella
quale
non
crede
,
è
in
errore
,
ma
bisogna
pur
ammirarla
come
la
più
nobile
,
la
più
grande
.
È
una
cosa
sublime
!
»
«
Lei
è
certo
,
però
,
che
quest
'
anima
è
in
errore
?
»
«
Oh
sì
sì
!
»
«
Ma
Lei
,
a
quale
delle
Sue
categorie
appartiene
?
»
Il
professore
si
credeva
dei
pochissimi
che
si
regolano
interamente
secondo
un
'
aspirazione
alla
vita
futura
;
benché
forse
sarebbe
stato
imbarazzato
a
dimostrare
che
i
suoi
profondi
studi
su
Raspail
,
il
suo
zelo
nel
preparare
acqua
sedativa
e
sigarette
di
canfora
,
il
suo
orrore
dell
'
umidità
e
delle
correnti
d
'
aria
significassero
poca
tenerezza
per
la
vita
presente
.
Però
non
volle
rispondere
,
disse
che
non
appartenendo
a
nessuna
Chiesa
,
credeva
tuttavia
fermamente
in
Dio
e
nella
vita
futura
e
che
non
poteva
giudicare
il
proprio
modo
di
vivere
.
Intanto
Franco
,
annaffiando
il
giardinetto
,
aveva
trovato
fiorita
una
verbena
nuova
,
e
,
posato
l
'
annaffiatoio
,
era
venuto
sulla
soglia
della
loggia
e
chiamava
la
Maria
per
fargliela
vedere
.
La
Maria
si
lasciava
chiamare
e
voleva
ancora
«
Missipipì
»
,
onde
lo
zio
la
posò
a
terra
e
la
condusse
lui
al
papà
.
«
Però
,
professore
»
,
disse
Luisa
uscendo
con
la
parola
viva
da
un
corso
occulto
d
'
idee
,
«
si
può
,
non
è
vero
,
credere
in
Dio
e
dubitare
della
nostra
vita
futura
?
»
Ell
'
aveva
posato
,
così
dicendo
,
l
'
aggrovigliata
matassa
della
pesca
e
guardava
il
Gilardoni
in
viso
con
un
interesse
vivo
,
con
un
desiderio
manifesto
che
rispondesse
di
sì
;
e
,
perché
il
Gilardoni
taceva
,
soggiunse
:
«
Mi
pare
che
qualcuno
potrebbe
dire
:
che
obbligo
ha
Iddio
di
regalarci
l
'
immortalità
?
L
'
immortalità
dell
'
anima
è
una
invenzione
dell
'
egoismo
umano
che
in
fin
dei
conti
vuol
far
servire
Iddio
al
comodo
proprio
.
Noi
vogliamo
un
premio
per
il
bene
che
facciamo
agli
altri
e
una
pena
per
il
male
che
gli
altri
fanno
a
noi
.
Rassegnamoci
invece
a
morire
anche
noi
del
tutto
come
ogni
essere
vivente
e
facciamo
sin
che
siamo
vivi
la
giustizia
per
noi
e
per
gli
altri
,
senza
speranza
di
premi
futuri
,
solo
perché
Iddio
vuole
da
noi
questo
come
vuole
che
ogni
stella
faccia
lume
e
che
ogni
pianta
faccia
ombra
.
Cosa
Le
pare
,
a
Lei
?
»
«
Cosa
vuol
che
Le
dica
?
»
,
rispose
il
Gilardoni
.
«
A
me
pare
una
gran
bellezza
!
Non
posso
dire
:
una
gran
verità
.
Non
lo
so
,
non
ci
ho
mai
pensato
;
ma
una
gran
bellezza
!
Io
dico
che
il
Cristianesimo
non
ha
potuto
avere
né
immaginare
dei
Santi
sublimi
come
questo
qualcuno
!
È
una
gran
bellezza
,
è
una
gran
bellezza
!
»
«
Perché
poi
»
,
riprese
Luisa
dopo
un
breve
silenzio
,
«
si
potrebbe
forse
anche
sostenere
che
questa
vita
futura
non
sarebbe
proprio
felice
.
Vi
è
felicità
quando
non
si
conosce
la
ragione
di
tutte
le
cose
,
quando
non
si
arriva
a
spiegare
tutti
i
misteri
?
E
il
desiderio
di
saper
tutto
sarà
esso
appagato
nella
vita
futura
?
Non
resterà
ancora
un
mistero
impenetrabile
?
Non
dicono
che
Dio
non
si
conoscerà
interamente
mai
?
E
allora
,
nel
nostro
desiderio
di
sapere
,
non
finiremo
a
soffrire
come
adesso
,
anzi
forse
più
,
perché
in
una
vita
superiore
quel
desiderio
dev
'
essere
ancora
più
forte
?
Io
vedrei
un
solo
modo
di
arrivare
a
saper
tutto
e
sarebbe
di
diventar
Dio
...
»
«
Ah
,
Lei
è
panteista
!
»
,
esclamò
il
professore
,
interrompendo
.
«
Ssss
!
»
,
fece
Luisa
.
«
No
no
no
!
Io
sono
cristiana
cattolica
.
Dico
quel
che
altri
potrebbero
sostenere
.
»
«
Ma
scusi
,
vi
è
un
panteismo
...
»
«
Ancora
filosofia
?
»
,
esclamò
Franco
entrando
con
la
piccina
in
braccio
.
«
Oh
,
miseria
!
»
,
borbottò
lo
zio
alle
sue
spalle
.
Maria
teneva
in
mano
una
bella
rosa
bianca
.
«
Guarda
questa
rosa
,
Luisa
»
,
disse
Franco
.
«
Maria
,
da
'
il
fiore
alla
mamma
.
Guarda
la
forma
di
questa
rosa
,
guarda
il
portamento
,
guarda
le
sfumature
,
le
venature
di
questi
petali
,
guarda
quella
stria
rossa
;
e
senti
che
odore
,
adesso
!
E
lascia
star
la
filosofia
.
»
«
Lei
è
nemico
della
filosofia
?
»
,
osservò
il
professore
,
sorridendo
.
«
Io
sono
amico
»
,
rispose
Franco
,
«
della
filosofia
facile
e
sicura
che
m
'
insegnano
anche
le
rose
.
»
«
La
filosofia
,
caro
professore
»
,
interloquì
lo
zio
,
solennemente
,
«
l
'
è
tutta
in
Aristòtel
:
quell
che
te
pòdet
avè
,
tòtel
.
»
«
Lei
scherza
»
,
ribatté
il
professore
,
«
ma
Lei
pure
è
un
filosofo
.
»
L
'
ingegnere
gli
posò
una
mano
sulla
spalla
:
«
Sentite
,
caro
amico
,
la
mia
filosofia
in
vott
o
des
biccièr
la
ci
sta
tutta
»
.
«
Euh
,
vott
o
des
biccièr
!
»
,
borbottò
la
governante
che
udì
,
entrando
,
questa
spacconata
d
'
intemperanza
del
suo
misuratissimo
padrone
.
«
Vott
o
des
corni
!
»
Veniva
ad
annunciare
don
Giuseppe
Costabarbieri
che
fece
in
pari
tempo
udire
dalla
sala
un
cavernoso
e
pure
ilare
Deo
gratias
.
Ecco
la
rugosa
faccia
rossa
,
gli
occhi
allegri
,
i
capelli
bianchi
del
mansueto
prete
.
«
Si
discorre
di
filosofia
,
don
Giuseppe
»
,
disse
Luisa
dopo
i
primi
saluti
.
«
Venga
qui
e
metta
fuori
le
Sue
belle
idee
anche
Lei
!
»
Don
Giuseppe
si
grattò
la
nuca
e
poi
volgendo
un
po
'
il
capo
verso
l
'
ingegnere
con
lo
sguardo
di
chi
desidera
una
cosa
e
non
osa
domandarla
,
mise
fuori
il
fiore
delle
sue
idee
filosofiche
:
«
Sarissel
minga
mej
fa
ona
primerina
?
»
Franco
e
lo
zio
Piero
,
felici
di
salvarsi
dalla
filosofia
del
Gilardoni
,
si
misero
allegramente
a
tavolino
col
prete
.
Appena
rimasto
solo
con
Luisa
,
il
professore
disse
piano
:
«
Ieri
è
partita
la
signora
marchesa
»
.
Luisa
,
che
s
'
era
presa
Maria
sulle
ginocchia
,
le
piantò
le
labbra
sul
collo
,
appassionatamente
.
«
Forse
»
,
riprese
il
professore
che
mai
non
aveva
saputo
leggere
nel
cuore
umano
né
toccarne
le
corde
a
proposito
,
«
forse
,
il
tempo
...
son
tre
anni
soli
...
forse
verrà
il
giorno
che
si
piegherà
.
»
Luisa
alzò
il
viso
dal
collo
di
Maria
.
«
Forse
lei
,
sì
»
,
diss
'
ella
.
Il
professore
non
capì
,
cedette
al
mal
genio
che
ci
suggerisce
la
peggior
parola
nel
peggior
momento
e
,
invece
di
smettere
,
si
ostinò
.
«
Forse
,
se
potesse
veder
Maria
!
»
Luisa
si
strinse
al
petto
la
bambina
e
lo
guardò
con
una
fierezza
tale
ch
'
egli
si
smarrì
e
disse
:
«
Scusi
»
.
Maria
,
stretta
così
forte
,
alzò
gli
occhi
al
viso
strano
della
mamma
,
diventò
rossa
rossa
,
strinse
le
labbra
,
pianse
due
grosse
lagrime
,
scoppiò
in
singhiozzi
.
«
No
no
,
cara
»
,
le
mormorò
Luisa
teneramente
,
«
sta
buona
,
sta
buona
,
tu
non
la
vedrai
mai
,
tu
!
»
Appena
chetata
la
bambina
,
il
professore
,
turbato
dall
'
idea
di
aver
fatto
un
passo
falso
,
di
aver
offeso
Luisa
,
un
essere
che
gli
pareva
sovrumano
,
voleva
spiegarsi
,
giustificarsi
,
ma
Luisa
non
lo
lasciò
parlare
.
«
Basta
,
scusi
»
,
diss
'
ella
alzandosi
.
«
Andiamo
a
veder
il
giuoco
.
»
In
fatto
non
s
'
accostò
ai
giuocatori
,
mandò
Maria
sul
sagrato
con
la
sua
piccola
bambinaia
Veronica
e
andò
a
portar
un
avanzo
di
dolce
a
un
vecchione
del
villaggio
,
che
aveva
un
vorace
stomaco
e
una
piccola
voce
,
con
la
quale
prometteva
ogni
giorno
alla
sua
benefattrice
la
stessa
preziosa
ricompensa
:
«
Prima
de
morì
ghe
faroo
on
basin
»
.
Intanto
il
professore
,
pieno
di
scrupoli
e
di
rimorsi
per
le
sue
mosse
poco
fortunate
,
non
sapendo
se
partire
o
rimanere
,
se
la
signora
tornerebbe
o
no
,
se
andarne
in
cerca
fosse
indiscrezione
o
no
,
dopo
essersi
affacciato
al
lago
come
per
chieder
consiglio
ai
pesci
,
dopo
essersi
affacciato
al
monte
per
veder
se
da
qualche
finestra
della
casa
gli
apparisse
Luisa
o
qualcuno
cui
si
potesse
domandar
di
lei
,
andò
finalmente
a
vedere
il
giuoco
.
Ciascuno
dei
giuocatori
teneva
gli
occhi
sulle
proprie
quattro
carte
raccolte
nella
sinistra
,
l
'
una
sopra
l
'
altra
per
modo
che
la
seconda
e
la
terza
sormontavan
tanto
da
potersi
riconoscere
;
e
ciascuno
,
avendo
preso
delicatamente
fra
il
pollice
e
l
'
indice
l
'
angolo
superiore
delle
due
ultime
,
faceva
uscire
con
un
combinato
moto
del
polso
e
delle
dita
la
quarta
ignota
di
sotto
la
terza
,
adagio
adagio
,
come
se
portasse
la
vita
o
la
morte
,
ripetendo
con
gran
devozione
appropriate
giaculatorie
:
Don
Giuseppe
cui
occorrevano
picche
«
scappa
ross
e
büta
négher
»
,
gli
altri
due
che
volevano
quadri
e
cuori
«
scappa
négher
e
büta
ross
»
.
Il
professore
pensò
ch
'
egli
pure
aveva
in
mano
una
carta
coperta
,
un
asso
di
denari
,
e
che
non
sapeva
ancora
se
l
'
avrebbe
giuocata
o
no
.
Aveva
il
testamento
del
vecchio
Maironi
.
Pochi
giorni
dopo
la
morte
della
signora
Teresa
,
Franco
gli
aveva
detto
di
distruggerlo
e
di
non
fiatarne
mai
con
sua
moglie
.
Egli
non
aveva
obbedito
che
quanto
al
silenzio
.
Il
documento
,
all
'
insaputa
di
Franco
,
esisteva
ancora
perché
il
suo
possessore
s
'
era
fitto
in
capo
di
aspettar
gli
eventi
,
di
vedere
se
Cressogno
e
Oria
facessero
la
pace
,
se
,
perdurando
le
ostilità
,
Franco
e
la
sua
famigliuola
capitassero
nel
bisogno
;
nel
quale
ultimo
caso
avrebbe
fatto
qualche
cosa
lui
.
Che
cosa
avrebbe
fatto
non
sapeva
bene
,
si
coltivava
in
testa
i
germi
di
parecchie
corbellerie
e
aspettava
che
l
'
una
o
l
'
altra
maturasse
a
tempo
e
luogo
.
Ora
,
guardando
Franco
giuocare
,
ammirava
come
quell
'
uomo
tanto
assorto
nella
cupidità
di
un
re
di
quadri
,
avesse
respinta
l
'
altra
carta
preziosa
,
che
neppure
avesse
voluto
farne
saper
niente
a
sua
moglie
.
Egli
attribuiva
questo
silenzio
a
modestia
,
al
desiderio
di
nascondere
un
azione
generosa
;
e
quantunque
avesse
preso
da
Franco
più
d
'
un
brusco
rabbuffo
e
sentisse
di
non
esserne
tenuto
in
gran
conto
,
lo
guardava
con
un
rispetto
pieno
d
'
umile
devozione
.
Franco
fu
il
primo
a
scoprir
la
quarta
carta
e
le
buttò
via
dispettosamente
tutte
mentre
don
Giuseppe
esclamava
:
«
Ovèj
!
L
'
è
négher
!
»
,
e
si
fermava
a
pigliar
fiato
prima
di
andar
avanti
a
scoprire
«
se
l
'
era
güzz
o
minga
güzz
»
,
cioè
s
'
erano
picche
o
fiori
.
Ma
l
'
ingegnere
,
alzato
dalle
carte
il
viso
placido
e
sorridente
,
si
mise
a
batter
col
dito
,
sotto
il
piano
del
tavolino
,
dei
colpettini
misteriosi
che
volevan
dire
:
c
'
è
la
carta
buona
;
e
allora
don
Giuseppe
,
visto
che
il
suo
«
négher
»
non
era
«
güzz
»
,
cacciò
un
«
malarbetto
!
»
e
buttò
via
le
carte
anche
lui
.
«
Che
reson
de
ciapà
rabbia
!
»
,
fece
l
'
ingegnere
.
«
Anca
vü
sii
négher
e
sii
minga
güzz
.
»
Il
prete
,
avido
della
rivincita
,
si
contentò
d
'
invocarla
sdegnosamente
:
«
Scià
i
cart
,
scià
i
cart
,
scià
i
cart
!
»
.
E
la
partita
,
simbolo
dell
'
eterna
lotta
universale
fra
i
neri
e
i
rossi
,
ricominciò
.
Il
lago
dormiva
oramai
coperto
e
cinto
d
'
ombra
.
Solo
a
levante
le
grandi
montagne
lontane
del
Lario
avevano
una
gloria
d
'
oro
fulvo
e
di
viola
.
Le
prime
tramontane
vespertine
movevano
le
frondi
della
passiflora
,
corrugavano
verso
l
'
alto
,
a
chiazze
,
le
acque
grigie
,
portando
un
odor
fresco
di
boschi
.
Il
professore
era
partito
da
un
pezzo
quando
Luisa
ritornò
.
Ell
'
aveva
incontrato
sulla
scalinata
del
Pomodoro
una
ragazza
piangente
che
strillava
,
«
el
mè
pà
el
voeur
mazzà
la
mia
mamm
!
»
.
Aveva
seguita
la
ragazza
in
casa
sua
presso
la
Madonna
del
Romìt
e
ammansato
l
'
uomo
che
cercava
sua
moglie
con
un
coltello
in
mano
,
per
causa
non
tanto
d
'
una
cattiva
minestra
quanto
d
'
una
cattiva
risposta
.
Luisa
rappresentò
a
suo
marito
e
a
don
Giuseppe
l
'
ultimo
atto
del
dramma
,
il
suo
dialogo
con
la
moglie
ch
'
era
corsa
a
nascondersi
nella
stalla
.
«
Oh
Regina
,
dovè
sii
?
»
«
Sont
chì
.
»
«
Dovè
,
chì
?
»
«Chì.»
La
voce
tremante
veniva
di
sotto
la
vacca
.
La
donna
era
proprio
lì
,
accoccolata
.
«
Vegnì
foeura
,
donca
!
»
«
Sciora
no
.
»
«
Perché
?
»
«
Goo
pagüra
.
»
«
Vegnì
foeura
ch
'
el
voss
marì
el
vaeur
fav
on
basin
.
»
«
Mi
no
.
»
Allora
Luisa
aveva
chiamato
dentro
l
'
uomo
.
«
E
vü
andee
a
fagh
on
basin
sott
a
la
vacca
.
»
E
l
'
uomo
aveva
dato
il
bacio
mentre
la
donna
,
temendo
un
morso
,
gemeva
:
«
Càgnem
poeu
minga
,
neh
!
»
.
«
Che
diàvol
d
'
ona
sciora
Luisa
»
,
fece
don
Giuseppe
.
E
soddisfatto
della
scorpacciata
di
primiera
,
palpandosi
dolcemente
sui
fianchi
e
sul
ventre
le
modeste
rotondità
,
il
piccolo
personaggio
del
mondo
antico
pensò
al
secondo
scopo
della
sua
visita
.
Voleva
dire
una
parolina
alla
signora
Luisa
.
L
'
ingegnere
era
uscito
a
far
i
suoi
soliti
quattro
passi
fino
alla
piccola
salita
del
Tavorell
ch
'
egli
chiamava
scherzosamente
il
San
Bernardo
;
e
Franco
,
data
un
'
occhiata
alla
luna
che
sfavillava
allora
fuor
dal
ciglio
nero
del
Bisgnago
e
giù
nell
'
ondular
dell
'
acqua
,
si
pose
a
improvvisar
sul
piano
effusioni
di
dolore
ideale
,
che
andavan
via
per
le
finestre
aperte
sulla
sonorità
profonda
del
lago
.
La
improvvisazione
musicale
gli
riusciva
meglio
delle
elaborate
poesie
perché
il
suo
impetuoso
sentire
trovava
nella
musica
una
espressione
più
facile
e
piena
,
e
gli
scrupoli
,
le
incertezze
,
le
sfiducie
che
gli
rendevano
faticosissimo
e
lento
il
lavoro
della
parola
,
non
tormentavano
,
al
piano
,
la
sua
fantasia
.
Allora
si
abbandonava
all
'
estro
anima
e
corpo
,
vibrava
tutto
fino
ai
capelli
,
i
chiari
occhi
parlanti
ridicevan
ogni
sfumatura
dell
'
espressione
musicale
,
gli
si
vedeva
sotto
le
guance
un
movimento
continuo
di
parole
inarticolate
,
e
le
mani
,
benché
non
tanto
agili
,
non
tanto
sciolte
,
facean
cantare
il
piano
inesprimibilmente
.
Adesso
egli
passava
da
un
tono
all
'
altro
,
mettendo
il
più
intenso
sforzo
intellettuale
in
questi
passaggi
,
ansando
,
sviscerando
,
per
così
dire
,
lo
strumento
con
le
dieci
dita
e
quasi
anche
cogli
occhi
ardenti
.
S
'
era
messo
a
suonare
sotto
l
'
impressione
del
chiaro
di
luna
,
ma
poi
,
suonando
,
tristi
nuvole
gli
eran
uscite
dal
fondo
del
cuore
.
Conscio
di
avere
sognata
,
da
giovinetto
,
la
gloria
e
di
averne
quindi
umilmente
deposta
la
speranza
,
diceva
,
quasi
,
a
se
stesso
con
la
sua
mesta
appassionata
musica
che
pure
anche
in
lui
v
'
era
qualche
lume
d
'
ingegno
,
qualche
calore
di
creazione
veduto
solamente
da
Dio
,
perché
neppur
Luisa
mostrava
far
dell
'
intelligenza
sua
quella
stima
che
a
lui
stesso
mancava
ma
che
avrebbe
desiderata
in
lei
;
neppur
Luisa
,
il
cuor
del
suo
cuore
!
Luisa
lodava
misuratamente
la
sua
musica
e
i
suoi
versi
ma
non
gli
aveva
detto
mai
:
segui
questa
via
,
osa
,
scrivi
,
pubblica
.
Pensava
così
e
suonava
nella
sala
oscura
,
mettendo
in
una
tenera
melodia
il
lamento
del
suo
amore
,
il
timido
segreto
lamento
che
mai
non
avrebbe
osato
mettere
in
parole
.
Sulla
terrazza
,
nel
mobile
chiaroscuro
che
facevano
insieme
i
fiati
di
tramontana
e
la
passiflora
,
la
luna
e
il
suo
riverbero
dal
lago
,
don
Giuseppe
raccontò
a
Luisa
che
il
signor
Giacomo
Puttini
era
in
collera
con
lui
per
colpa
della
signora
Pasotti
la
quale
gli
aveva
falsamente
riferito
ch
'
esso
don
Giuseppe
andava
predicando
la
convenienza
di
un
matrimonio
fra
il
signor
Giacomo
e
la
Marianna
.
«
Voeui
morì
lì
»
,
protestò
il
povero
prete
,
«
se
ho
detto
una
parola
sola
!
Niente
!
Tücc
ball
!
»
Luisa
non
voleva
creder
colpevole
la
povera
Barborin
,
e
don
Giuseppe
le
dichiarò
che
sapeva
la
cosa
dallo
stesso
signor
Controllore
.
Ella
capì
subito
,
allora
,
che
Pasotti
s
'
era
voluto
perfidamente
burlare
di
sua
moglie
,
del
sior
Zacomo
e
del
prete
,
si
schermì
dall
'
intervenire
nella
faccenda
,
come
quest
'
ultimo
avrebbe
voluto
e
gli
consigliò
di
parlare
alla
Pasotti
.
«
L
'
è
inscì
sorda
!
»
,
fece
don
Giuseppe
grattandosi
la
nuca
,
e
se
n
'
andò
malcontento
,
senza
salutar
Franco
,
per
non
interromperlo
.
Luisa
venne
al
piano
in
punta
di
piedi
,
stette
ad
ascoltar
suo
marito
,
a
sentir
la
bellezza
,
la
ricchezza
,
il
fuoco
di
quell
'
anima
ch
'
era
sua
e
cui
ell
'
apparteneva
per
sempre
.
Non
aveva
mai
detto
a
Franco
«
segui
questa
via
,
scrivi
,
pubblica
»
,
forse
anche
perché
giustamente
pensava
,
nel
suo
affetto
equilibrato
,
che
non
potesse
produrre
opere
superiori
alla
mediocrità
,
ma
soprattutto
perché
,
sebbene
avesse
un
fine
sentimento
della
poesia
e
della
musica
,
non
faceva
grande
stima
,
in
fondo
,
né
dell
'
una
né
dell
'
altra
,
non
le
piaceva
che
un
uomo
vi
si
dedicasse
intero
,
ambiva
per
suo
marito
un
'
azione
intellettuale
e
materiale
più
virile
.
Ammirava
tuttavia
Franco
nella
sua
musica
più
che
se
fosse
stato
un
grande
maestro
;
trovava
in
questa
espressione
quasi
segreta
dell
'
animo
suo
un
che
di
verginale
,
di
sincero
,
la
luce
di
uno
spirito
amante
,
il
più
degno
d
'
essere
amato
.
Egli
non
s
'
accorse
di
lei
se
non
quando
si
sentì
sfiorar
le
spalle
da
due
braccia
,
si
vide
pender
sul
petto
le
due
piccole
mani
.
«
No
,
no
,
suona
suona
»
,
mormorò
Luisa
perché
Franco
gliele
aveva
afferrate
;
ma
cercando
lui
col
viso
supino
,
senza
rispondere
,
gli
occhi
e
le
labbra
di
lei
,
gli
diede
un
bacio
e
rialzò
il
viso
ripetendo
:
«
Suona
!
»
.
Egli
trasse
giù
più
forte
di
prima
i
due
polsi
prigionieri
,
richiamò
in
silenzio
la
dolce
,
dolce
bocca
;
e
allora
ella
si
arrese
,
gli
fermò
le
labbra
sulle
labbra
con
un
bacio
lungo
,
pieno
di
consenso
,
tanto
più
squisito
e
ricreante
del
primo
.
Poi
gli
sussurrò
ancora
:
«
Suona
»
.
Ed
egli
suonò
,
felice
,
una
tumultuosa
musica
trionfale
,
piena
di
gioia
e
di
grida
.
Perché
in
quel
momento
gli
pareva
di
posseder
tutta
intera
l
'
anima
della
donna
sua
mentre
tante
volte
,
pure
sapendosi
amato
,
credeva
sentire
in
lei
,
al
di
sopra
dell
'
amore
,
una
ragione
altera
,
pacata
e
fredda
,
dove
i
suoi
slanci
non
arrivassero
.
Luisa
gli
teneva
spesso
le
mani
sul
capo
e
andava
di
tratto
in
tratto
baciandogli
lievemente
i
capelli
.
Ella
conosceva
il
dubbio
di
suo
marito
e
protestava
sempre
di
appartenergli
tutta
intera
ma
in
fondo
sentiva
che
aveva
ragione
lui
.
Un
tenace
fiero
sentimento
d
'
indipendenza
intellettuale
resisteva
in
lei
all
'
amore
.
Ella
poteva
tranquillamente
giudicar
suo
marito
,
riconoscerne
le
imperfezioni
e
sentiva
ch
'
egli
non
poteva
altrettanto
,
lo
sentiva
umile
nel
suo
amore
,
devoto
senza
fine
.
Non
credeva
fargli
torto
,
non
provava
rimorso
,
ma
s
'
inteneriva
,
quando
ci
pensava
,
di
amorosa
pietà
.
Indovinò
adesso
che
significasse
quella
effusione
musicale
di
gioia
e
,
commossa
,
abbracciò
Franco
,
fece
tacere
il
piano
d
'
un
colpo
.
Ecco
sulle
scale
il
passo
lento
e
pesante
dello
zio
che
ritorna
dal
suo
San
Bernardo
.
Erano
le
otto
e
i
soliti
tarocchisti
,
il
signor
Giacomo
e
Pasotti
,
non
comparivano
.
Perché
anche
Pasotti
,
in
settembre
e
in
ottobre
,
era
un
frequentatore
di
casa
Ribera
,
dove
faceva
l
'
innamorato
dell
'
ingegnere
,
di
Luisa
e
anche
di
Franco
.
Franco
e
Luisa
sospettavano
di
un
doppio
giuoco
ma
Pasotti
era
un
vecchio
amico
dello
zio
e
bisognava
fargli
una
buona
accoglienza
per
riguardo
allo
zio
.
Poiché
i
tarocchisti
tardavano
,
Franco
propose
a
sua
moglie
di
uscir
in
barca
a
goder
la
luna
.
Prima
andarono
a
veder
Maria
,
che
dormiva
nel
lettino
dell
'
alcova
col
viso
inclinato
alla
spalla
destra
,
con
un
braccio
sotto
il
capo
e
un
altro
posato
sul
petto
.
La
guardarono
,
la
baciarono
sorridendo
,
si
incontrarono
silenziosamente
nel
pensiero
della
nonna
Teresa
che
tanto
l
'
avrebbe
amata
,
la
baciarono
ancora
col
viso
serio
.
«
Povera
la
mia
piccina
!
»
,
disse
Franco
.
«
Povera
donna
Maria
Maironi
senza
quattrini
!
»
Luisa
gli
pose
una
mano
sulla
bocca
.
«
Zitto
!
»
,
diss
'
ella
.
«
Felici
noi
che
siamo
le
Maironi
senza
quattrini
!
»
Franco
intese
,
e
sull
'
atto
non
replicò
;
ma
poi
,
nell
'
uscir
di
camera
per
andare
in
barca
,
disse
a
sua
moglie
,
dimenticando
una
minaccia
della
nonna
:
«
Non
sarà
sempre
così
»
.
Quell
'
allusione
alle
ricchezze
della
vecchia
marchesa
dispiacque
a
Luisa
.
«
Non
parlarmene
»
,
diss
'
ella
.
«
Quella
roba
non
vorrei
toccarla
con
un
dito
.
»
«
Dico
per
Maria
»
,
osservò
Franco
.
«
Maria
ci
ha
noi
che
possiamo
lavorare
.
»
Franco
tacque
.
Lavorare
!
Anche
quella
lì
era
una
parola
che
gli
mordeva
il
cuore
.
Sapeva
di
condurre
una
vita
oziosa
perché
la
musica
,
la
lettura
,
i
fiori
,
qualche
verso
di
tempo
in
tempo
,
cos
'
erano
se
non
vanità
e
perditempi
?
E
questa
vita
la
conduceva
in
gran
parte
a
carico
d
'
altri
,
perché
,
con
le
sue
mille
lire
austriache
l
'
anno
,
come
avrebbe
vissuto
?
Come
avrebbe
mantenuto
la
sua
famiglia
?
Aveva
preso
la
laurea
ma
senza
cavarne
profitto
alcuno
.
Diffidava
delle
proprie
attitudini
,
si
sentiva
troppo
artista
,
troppo
alieno
dalle
arti
curialesche
,
sapeva
di
non
aver
nelle
vene
sangue
di
forti
lavoratori
.
Non
vedeva
salute
che
in
una
rivoluzione
,
in
una
guerra
,
nella
libertà
della
patria
.
Ah
quando
l
'
Italia
fosse
libera
,
come
la
servirebbe
,
con
che
forza
,
con
che
gioia
!
Queste
poesie
nel
cuore
le
aveva
bene
,
ma
il
proposito
e
la
costanza
di
prepararsi
con
gli
studi
a
un
tale
avvenire
,
no
.
Mentr
'
egli
remava
in
silenzio
scostandosi
dalla
riva
,
Luisa
andava
pensando
come
mai
suo
marito
commiserasse
la
bambina
perché
non
aveva
denari
.
Non
vi
era
contraddizione
tra
la
fede
,
la
pietà
cristiana
di
Franco
e
questo
sentimento
?
Le
vennero
in
mente
le
categorie
del
professor
Gilardoni
.
Franco
credeva
fervidamente
nella
vita
futura
ma
in
fatto
si
attaccava
con
passione
a
tutto
che
la
vita
terrena
ha
di
bello
,
di
buono
e
di
onestamente
piacevole
,
compreso
il
tarocco
,
la
primiera
e
i
buoni
pranzetti
.
Uno
che
osservava
così
scrupolosamente
i
precetti
della
Chiesa
,
che
ci
teneva
tanto
a
mangiar
di
magro
il
venerdì
e
il
sabato
,
a
udire
ogni
domenica
la
spiegazione
del
Vangelo
,
avrebbe
dovuto
conformar
la
propria
vita
molto
più
severamente
all
'
ideale
evangelico
.
Avrebbe
dovuto
temerlo
e
non
desiderarlo
,
il
denaro
.
«
Buona
lagata
!
»
,
gridò
lo
zio
dalla
terrazza
vedendo
il
battello
e
Luisa
seduta
sulla
prora
,
nel
chiaro
di
luna
.
In
faccia
al
nero
Bisgnago
tutta
la
Valsolda
si
spiegava
dal
Niscioree
alla
Caravina
nella
pompa
della
luna
,
tutte
le
finestre
di
Oria
e
di
Albogasio
come
le
arcate
di
Villa
Pasotti
,
come
le
casette
bianche
dei
paeselli
più
lontani
,
Castello
,
Casarico
,
S
.
Mamette
,
Drano
,
parevano
guardare
,
come
ipnotizzate
,
il
grande
occhio
fisso
della
Morta
del
cielo
.
Franco
tirò
i
remi
in
barca
.
«
Canta
»
,
diss
'
egli
.
Luisa
non
aveva
mai
studiato
il
canto
ma
possedeva
una
dolce
voce
di
mezzo
soprano
,
un
orecchio
perfetto
e
cantava
molte
arie
d
'
opera
imparate
da
sua
madre
che
aveva
udito
la
Grisi
,
la
Pasta
,
la
Malibran
durante
l
'
età
d
'
oro
dell
'
opera
italiana
.
Cantò
l
'
aria
di
Anna
Bolena
:
Al
dolce
guidami
Castel
natìo
il
canto
dell
'
anima
,
che
prima
scende
e
si
abbandona
poco
a
poco
,
per
più
dolcezza
,
all
'
amore
,
e
poi
,
abbracciata
con
esso
,
risale
in
uno
slancio
di
desiderio
verso
qualche
alto
lume
lontano
che
tuttavia
manca
alla
sua
felicità
piena
.
Ella
cantava
e
Franco
,
rapito
,
fantasticava
che
aspirasse
ad
essergli
unita
pure
in
quella
parte
superiore
dell
'
anima
che
finora
gli
aveva
sottratta
,
che
aspirasse
a
venir
guidata
da
lui
,
in
questa
perfetta
unione
verso
la
meta
dell
'
ideale
suo
.
E
gli
venivano
le
lagrime
alla
gola
;
e
il
lago
ondulante
e
le
grandi
montagne
tragiche
e
quegli
occhi
delle
cose
fisi
nella
luna
e
la
stessa
luce
lunare
,
tutto
gli
si
riempiva
del
suo
indefinibile
sentimento
,
per
cui
quando
di
là
dalla
spezzata
immagine
dell
'
astro
luccicori
argentei
sfavillarono
un
momento
fin
sotto
il
Bisgnago
,
fin
dentro
il
golfo
ombroso
del
Dòi
,
se
ne
commosse
come
di
arcani
segni
alludenti
a
lui
che
si
facessero
il
lago
e
la
luna
,
mentre
Luisa
compieva
la
frase
:
Ai
verdi
platani
Al
cheto
rio
Che
i
nostri
mormora
Sospiri
ancor
.
La
voce
di
Pasotti
gridò
dalla
terrazza
:
«
Brava
!
»
E
la
voce
dello
zio
:
«
Tarocco
!
»
Nello
stesso
tempo
si
udirono
i
remi
d
'
una
barca
che
veniva
da
Porlezza
,
si
udì
un
fagotto
scimmiottar
l
'
aria
di
Anna
Bolena
.
Franco
,
che
s
'
era
seduto
sulla
poppa
del
suo
battello
,
salto
in
piedi
,
gridò
lietamente
:
«
Ehi
là
!
»
.
Gli
rispose
un
bel
vocione
di
basso
:
Buona
sera
,
Miei
signori
,
Buona
sera
,
Buona
sera
.
Erano
i
suoi
amici
del
lago
di
Como
,
l
'
avvocato
V
.
di
Varenna
e
un
tal
Pedraglio
di
Loveno
,
che
solevano
venire
per
far
della
musica
in
palese
e
della
politica
in
segreto
;
un
segreto
di
cui
Luisa
sola
era
a
parte
.
Anche
dalla
terrazza
si
gridava
:
«
Bene
,
don
Basilio
!
»
.
«
Bravo
il
fagotto
!
»
.
E
negli
intervalli
si
udiva
pure
la
voce
di
un
signore
che
si
schermiva
dal
tarocco
.
«
No
,
no
,
Controllore
gentilissimo
,
xe
tardi
,
no
ghe
stemo
più
,
no
ghe
stemo
propramente
più
!
Oh
Dio
,
oh
Dio
,
La
me
dispensi
,
no
posso
,
no
posso
;
ingegnere
pregiatissimo
,
me
raccomando
a
Ela
.
»
Lo
fecero
poi
giuocare
,
l
'
ometto
,
con
la
promessa
di
non
passar
le
due
partite
.
Egli
soffiò
molto
e
sedette
al
tavolino
con
l
'
ingegnere
,
Pasotti
e
Pedraglio
.
Franco
sedette
al
piano
e
l
'
avvocato
gli
si
mise
accanto
col
fagotto
.
Fra
Pasotti
e
Pedraglio
,
due
terribili
motteggiatori
,
il
povero
signor
Giacomo
ebbe
una
mezz
'
ora
amara
,
piena
di
tribolazioni
.
Non
gli
lasciavano
un
momento
di
pace
.
«
Come
va
,
sior
Zacomo
?
»
«
Mal
,
mal
.
»
«
Sior
Zacomo
,
non
ci
sono
frati
che
passeggiano
in
pantofole
?
»
«
Gnanca
uno
.
»
«
E
il
toro
?
Come
sta
il
toro
,
sior
Zacomo
?
»
«
La
tasa
,
La
tasa
.
»
«
Maledetto
,
eh
,
quel
toro
,
sior
Zacomo
?
»
«
Maledetissimo
,
sì
signor
.
»
«
E
la
servente
,
sior
Zacomo
?
»
«
Zitto
!
»
,
esclamò
Pasotti
a
questa
impertinente
domanda
di
Pedraglio
.
«
Abbiate
prudenza
.
A
questo
riguardo
il
signor
Zacomo
ha
dei
dispiaceri
da
parte
di
certi
indiscreti
.
»
«
Lassemo
star
,
Controllore
gentilissimo
,
lassemo
star
»
,
interruppe
il
signor
Giacomo
contorcendosi
tutto
,
e
l
'
ingegnere
lo
esortò
a
mandar
i
due
seccatori
al
diavolo
.
«
Come
,
sior
Zacomo
»
,
riprese
Pasotti
,
imperterrito
:
«
non
è
un
indiscreto
quel
piccolo
sacerdote
?
»
.
«
Mi
ghe
digo
aseno
»
,
fremette
il
signor
Giacomo
.
Allora
Pasotti
,
tutto
ridente
e
trionfante
perché
si
trattava
proprio
d
'
una
burla
sua
,
fece
tacere
Pedraglio
che
scoppiava
dalla
curiosità
di
saper
la
storia
e
rimise
in
corso
il
tarocco
.
Franco
e
l
'
avvocato
studiavano
un
pezzo
nuovo
per
piano
e
fagotto
,
pasticciavano
,
si
rifacevan
ogni
momento
da
capo
;
ed
ecco
entrare
in
punta
di
piedi
per
non
guastar
le
loro
melodie
,
la
signora
Peppina
Bianconi
.
Nessuno
s
'
accorse
di
lei
tranne
Luisa
che
se
la
fece
sedere
accanto
,
sul
piccolo
canapè
vicino
al
piano
.
A
Franco
la
signora
Peppina
,
con
la
sua
bontà
cordiale
,
chiacchierona
e
sciocca
,
urtava
i
nervi
;
a
Luisa
no
.
Luisa
le
voleva
bene
ma
stava
in
guardia
per
il
Carlascia
.
La
Peppina
aveva
udito
dal
suo
giardino
quella
canzonetta
«
inscì
bella
,
neh
»
,
e
poi
il
fagotto
,
i
saluti
;
s
'
era
immaginata
che
avrebbero
fatto
musica
e
lei
era
«
inscì
matta
,
neh
»
,
per
la
musica
!
E
poi
c
'
è
quel
signor
avvocato
«
ch
'
el
boffa
denter
in
quel
rob
inscì
polito
!
»
.
E
poi
c
'
è
il
signor
don
Franco
«
parlèmen
nanca
,
con
quèi
diavoi
de
did
!
»
Udir
suonare
il
piano
con
quella
precisione
era
proprio
come
udire
un
organetto
;
e
a
lei
gli
organetti
piacevano
«
inscì
tant
!
»
.
Soggiunse
che
temeva
recar
disturbo
ma
che
suo
marito
l
'
aveva
incoraggiata
.
E
domandò
se
quell
'
altro
signore
di
Loveno
non
suonava
anche
lui
,
se
si
fermavano
un
pezzo
;
osservò
che
dovevano
avere
ambedue
una
gran
passione
per
la
musica
.
«
Aspetta
me
,
birbone
d
'
un
Ricevitore
»
,
pensò
Luisa
e
rimpinzò
sua
moglie
delle
più
comiche
frottole
sulla
melomania
di
Pedraglio
e
dell
'
avvocato
,
infilzandone
tante
più
quanto
più
s
'
irritava
contro
la
gente
odiosa
da
cui
era
forza
salvarsi
a
furia
di
menzogne
.
La
signora
Peppina
le
inghiottì
scrupolosamente
tutte
fino
all
'
ultima
,
accompagnandovi
affettuose
note
di
lieta
meraviglia
:
«
Oh
bell
,
oh
bell
!
»
.
«
Figürèmes
!
»
.
«
Ma
guardee
!
»
.
Poi
,
invece
di
ascoltare
la
diabolica
disputa
del
piano
col
fagotto
,
parlò
del
Commissario
di
Porlezza
e
disse
ch
'
egli
aveva
l
'
intenzione
di
venir
a
vedere
i
fiori
di
don
Franco
.
«
Venga
pure
»
,
fece
Luisa
,
fredda
.
Allora
la
signora
Peppina
,
approfittando
di
un
uragano
che
Franco
e
l
'
amico
suo
facevano
insieme
,
arrischiò
un
discorsetto
intimo
che
guai
se
il
suo
Carlascia
l
'
avesse
udito
;
ma
fortunatamente
il
buon
bestione
dormiva
nel
proprio
letto
col
berretto
da
notte
tirato
sugli
orecchi
.
«
Mi
goo
inscì
mai
piasè
de
sti
car
fior
!
»
,
diss
'
ella
.
Secondo
lei
,
i
Maironi
avrebbero
fatto
bene
ad
accarezzare
un
poco
il
signor
Commissario
.
Era
intimo
della
marchesa
e
guai
se
gli
veniva
il
ticchio
di
farli
tribolare
!
Era
un
uomo
terribile
,
il
Commissario
.
«
El
mè
Carlo
el
baia
un
poo
ma
l
'
è
on
bon
omasc
;
quell
'
alter
là
,
el
baia
minga
,
mah
,
neh
!...»
Per
esempio
,
ella
non
sapeva
niente
,
non
aveva
udito
niente
,
ma
se
quel
signor
avvocato
e
quell
'
altro
signore
fossero
venuti
per
qualche
altra
cosa
invece
che
per
la
musica
e
il
Commissario
venisse
a
saperlo
,
misericordia
!
La
luna
trascinava
i
suoi
splendori
per
il
lago
verso
le
acque
di
ponente
;
il
giuoco
finì
e
il
signor
Giacomo
si
dispose
a
far
accendere
il
suo
lanternino
,
malgrado
le
esclamazioni
di
Pasotti
.
«
Il
lume
,
sior
Zacomo
?
È
matto
?
Il
lume
con
questa
luna
?
»
.
«
Per
servirla
»
,
rispose
il
signor
Giacomo
.
«
Prima
ghe
xe
quel
maledeto
Pomodoro
da
passar
,
e
po
,
cossa
voria
,
adesso
,
la
luna
!
La
diga
che
la
xe
la
luna
d
'
agosto
,
anca
;
perché
siben
che
semo
de
setembre
,
la
luna
la
xe
d
'
agosto
.
Ben
!
una
volta
,
sì
signor
,
le
lune
d
'
agosto
le
gera
lunazze
,
tanto
fate
,
come
fondi
de
tina
;
adesso
le
xe
lunete
,
buzarete
...
no
,
no
,
no
.
»
E
,
acceso
il
suo
lanternino
,
partì
con
Pasotti
,
accompagnato
fino
al
cancello
del
giardinetto
dall
'
impertinente
Pedraglio
con
le
solite
antifone
sul
toro
e
la
servente
,
si
avviò
verso
gli
antri
di
Oria
,
col
conforto
delle
giaculatorie
di
Pasotti
:
«
gente
maleducata
,
sior
Zacomo
,
gente
villana
!
»
,
giaculatorie
dette
abbastanza
forte
perché
gli
altri
potessero
udire
e
ridere
.
Un
sonoro
sbadiglio
dell
'
ingegnere
mise
in
fuga
la
signora
Peppina
.
Pochi
momenti
dopo
,
preso
il
suo
solito
bicchier
di
latte
,
egli
tolse
commiato
poeticamente
:
Crescono
sul
Parnaso
e
mirti
e
allori
Felicissima
notte
a
lor
signori
.
Anche
i
due
ospiti
chiesero
un
po
'
di
latte
:
e
Franco
che
intese
il
loro
latino
andò
a
pigliare
una
vecchia
bottiglia
del
piccolo
eccellente
vigneto
di
Mainè
.
Quando
ritornò
,
lo
zio
non
c
'
era
più
.
Il
bruno
,
barbuto
avvocato
,
una
quadratura
di
forza
e
di
calma
,
alzò
le
due
mani
,
chiamò
silenziosamente
a
sé
Franco
da
una
parte
,
Luisa
dall
'
altra
e
disse
piano
,
con
la
sua
voce
di
violoncello
,
calda
e
profonda
:
«
Notizie
grosse
»
.
«
Ah
!
»
,
fece
Franco
,
spalancando
gli
occhi
ardenti
.
Luisa
diventò
pallida
e
giunse
le
mani
senza
dir
parola
.
«
Sicuro
»
,
fece
Pedraglio
,
tranquillo
e
serio
.
«
Ci
siamo
.
»
«
Dite
su
,
dite
su
,
dite
su
!
»
,
fremette
Franco
.
Fu
l
'
avvocato
che
rispose
:
«
Abbiamo
l
'
alleanza
del
Piemonte
con
la
Francia
e
l
'
Inghilterra
.
Oggi
la
guerra
alla
Russia
,
domani
la
guerra
all
'
Austria
.
Volete
altro
?
»
Franco
abbracciò
di
slancio
,
con
un
singulto
,
i
suoi
amici
I
tre
stettero
abbracciati
in
silenzio
,
palpitando
,
stringendosi
forte
,
nella
ebbrezza
della
magica
parola
:
guerra
.
Franco
non
si
accorgeva
di
avere
ancora
la
bottiglia
in
mano
.
Gliela
tolse
Luisa
;
egli
allora
si
staccò
impetuoso
dagli
altri
due
e
cacciatosi
fra
loro
a
braccia
aperte
,
li
trascinò
via
per
la
vita
come
una
valanga
,
li
portò
in
loggia
ripetendo
:
«
Contate
,
contate
,
contate
»
.
Colà
,
chiuso
per
prudenza
l
'
uscio
a
vetri
che
mette
sulla
terrazza
,
l
'
avvocato
e
Pedraglio
misero
fuori
il
loro
prezioso
segreto
.
Una
signora
inglese
villeggiante
a
Bellagio
,
fervente
amica
dell
'
Italia
,
aveva
ricevuto
da
un
'
altra
signora
,
cugina
di
sir
James
Hudson
,
ministro
d
'
Inghilterra
a
Torino
,
una
lettera
di
cui
l
'
avvocato
possedeva
la
traduzione
.
La
lettera
diceva
ch
'
erano
in
corso
a
Torino
,
a
Parigi
e
a
Londra
segretissime
pratiche
per
avere
la
cooperazione
armata
del
Piemonte
in
Oriente
,
che
la
cosa
era
in
massima
decisa
fra
i
tre
Gabinetti
,
che
restavano
solamente
a
risolvere
alcuna
difficoltà
di
forma
perché
il
conte
di
Cavour
esigeva
i
maggiori
riguardi
alla
dignità
del
suo
paese
;
che
a
Torino
si
era
certi
di
ricevere
al
più
tardi
in
dicembre
l
'
invito
ufficiale
delle
Potenze
occidentali
per
accedere
puramente
e
semplicemente
al
trattato
del
10
aprile
1854
.
Si
affermava
persino
che
il
corpo
di
spedizione
sarebbe
comandato
da
S
.
A
.
R
.
il
duca
di
Genova
.
V
.
leggeva
,
e
Franco
teneva
stretta
la
mano
di
sua
moglie
.
Poi
volle
leggere
egli
stesso
e
dopo
lui
lesse
Luisa
.
«
Ma
!
»
,
diss
'
ella
.
«
La
guerra
all
'
Austria
?
Come
?
»
«
Ma
sicuro
!
»
,
fece
l
'
avvocato
.
«
Vuole
che
Cavour
mandi
il
duca
di
Genova
e
quindici
o
ventimila
uomini
a
battersi
per
i
turchi
se
non
ha
in
pugno
la
guerra
all
'
Austria
?
La
signora
crede
che
non
passerà
un
anno
.
»
Franco
scosse
i
pugni
in
aria
con
un
fremito
di
tutta
la
persona
.
«
Viva
Cavour
»
,
sussurrò
Luisa
.
«
Ah
!
»
,
fece
l
'
avvocato
.
«
Demostene
non
avrebbe
potuto
lodar
il
conte
con
efficacia
maggiore
.
»
Gli
occhi
di
Franco
s
'
empirono
di
lagrime
.
«
Sono
uno
stupido
»
,
diss
'
egli
.
«
Cosa
volete
che
vi
dica
?
»
Pedraglio
domandò
a
Luisa
dove
diavolo
avesse
cacciata
la
bottiglia
.
Luisa
sorrise
,
uscì
e
ritornò
subito
col
vino
e
i
bicchieri
.
«
Al
conte
di
Cavour
!
»
,
disse
Pedraglio
,
sottovoce
.
Tutti
alzarono
il
bicchiere
ripetendo
:
«
al
conte
di
Cavour
!
»
e
bevvero
;
anche
Luisa
che
non
beveva
mai
.
Pedraglio
si
versò
dell
'
altro
vino
e
sorse
in
piedi
.
«
Alla
guerra
!
»
,
diss
'
egli
.
Gli
altri
tre
si
alzarono
di
slancio
impugnando
il
bicchiere
silenziosamente
,
troppo
commossi
per
poter
parlare
.
«
Bisogna
andarci
tutti
!
»
,
disse
Pedraglio
.
«
Tutti
!
»
,
ripeté
Franco
.
Luisa
lo
baciò
con
impeto
,
sulla
spalla
.
Suo
marito
le
afferrò
il
capo
a
due
mani
,
le
stampò
un
bacio
sui
capelli
.
Una
delle
finestre
verso
il
lago
era
spalancata
.
Si
udì
,
nel
silenzio
che
seguì
quel
bacio
,
un
batter
misurato
di
remi
.
«
Finanza
»
,
sussurrò
Franco
.
Mentre
la
lancia
delle
guardie
di
finanza
passava
sotto
la
finestra
,
Pedraglio
fece
«
maledetti
porci
!
»
così
forte
che
gli
altri
zittirono
.
La
lancia
passò
.
Franco
mise
il
capo
alla
finestra
.
Faceva
fresco
,
la
luna
scendeva
verso
i
monti
di
Carona
,
rigando
il
lago
di
una
lunga
striscia
dorata
.
Che
strano
senso
faceva
contemplar
quella
romita
quiete
con
l
'
idea
d
'
una
gran
guerra
vicina
!
Le
montagne
,
scure
e
tristi
,
parevano
pensare
al
formidabile
avvenire
.
Franco
chiuse
la
finestra
e
la
conversazione
ricominciò
sommessa
,
intorno
al
tavolino
.
Ciascuno
faceva
le
proprie
supposizioni
sugli
avvenimenti
futuri
,
e
tutti
ne
parlavano
come
di
un
dramma
il
cui
manoscritto
fosse
già
pronto
fino
all
'
ultimo
verso
,
con
i
punti
e
le
virgole
,
nella
scrivania
del
conte
di
Cavour
.
V
.
,
bonapartista
,
vedeva
chiaro
che
Napoleone
intendeva
vendicar
lo
zio
demolendo
uno
ad
uno
i
membri
della
Santa
Alleanza
:
oggi
la
Russia
,
domani
l
'
Austria
.
Invece
Franco
,
diffidentissimo
dell
'
imperatore
,
attribuiva
l
'
alleanza
sarda
al
buon
volere
dell
'
Inghilterra
,
ma
riconosceva
che
,
appena
proclamata
quest
'
alleanza
,
l
'
Austria
,
sacrificando
i
suoi
interessi
ai
principii
e
agli
odii
si
sarebbe
schierata
con
la
Russia
,
per
cui
Napoleone
sarebbe
stato
costretto
di
combatterla
.
«
Sentite
»
,
disse
sua
moglie
,
«
io
invece
ho
paura
che
l
'
Austria
si
metta
dalla
stessa
parte
del
Piemonte
.
»
«
Impossibile
»
,
fece
l
'
avvocato
.
Franco
si
sgomentò
,
ammirando
la
finezza
dell
'
osservazione
,
ma
Pedraglio
esclamò
:
«
Off
!
Sti
zurucch
chì
hin
trop
asen
per
fà
ona
balossada
compagna
!
»
e
l
'
argomento
parve
decisivo
,
nessuno
ci
pensò
più
,
salvo
Luisa
.
Si
misero
a
discorrere
di
piani
di
campagna
,
di
piani
d
'
insurrezione
;
ma
qui
non
andavano
d
'
accordo
.
V
.
conosceva
gli
uomini
e
le
montagne
del
lago
di
Como
come
forse
nessun
altro
,
da
Colico
a
Como
e
a
Lecco
.
E
dappertutto
,
lungo
il
lago
,
nella
Val
Menaggio
,
nella
Vall
'
Intelvi
,
nella
Valsassina
,
nelle
Tre
Pievi
aveva
gente
devota
,
pronta
magari
a
menar
le
mani
a
un
cenno
del
«
scior
avocàt
»
.
Egli
e
Franco
credevano
utile
qualunque
movimento
insurrezionale
che
valesse
a
distrarre
anche
una
menoma
parte
delle
forze
austriache
.
Invece
Luisa
e
Pedraglio
erano
del
parere
che
tutti
gli
uomini
validi
dovessero
ingrossare
i
battaglioni
piemontesi
.
«
Faremo
la
rivoluzione
noi
donne
»
,
disse
Luisa
con
la
sua
serietà
canzonatoria
.
«
Io
,
per
parte
mia
,
butterò
nel
lago
il
Carlascia
.
»
Discorrevano
sempre
sottovoce
,
con
una
elettricità
in
corpo
che
dava
luce
per
gli
occhi
e
scosse
per
i
nervi
,
assaporando
il
parlar
sommesso
con
le
porte
e
le
finestre
chiuse
,
il
pericolo
di
avere
quella
lettera
,
la
vita
ardente
che
si
sentivano
nel
sangue
,
le
parole
alcooliche
a
cui
tornavano
ogni
momento
.
Piemonte
,
guerra
,
Cavour
,
duca
di
Genova
,
Vittorio
Emanuele
,
cannoni
,
bersaglieri
.
«
Sapete
che
ore
sono
?
»
,
disse
Pedraglio
guardando
l
'
orologio
«
Le
dodici
e
mezzo
!
Andiamo
a
letto
.
»
Luisa
uscì
a
prendere
delle
candele
e
le
accese
,
stando
in
piedi
;
nessuno
si
mosse
e
sedette
anche
lei
.
Allo
stesso
Pedraglio
,
quando
vide
le
candele
accese
,
passò
la
voglia
di
andar
a
letto
.
«
Un
bel
Regno
!
»
,
diss
'
egli
.
«
Piemonte
»
,
disse
Franco
,
«
Lombardo
-
Veneto
,
Parma
e
Modena
.
»
«
E
Legazioni
»
,
fece
V
.
Altra
discussione
.
Tutti
le
avrebbero
volute
le
Legazioni
,
specialmente
l
'
avvocato
e
Luisa
;
ma
Franco
e
Pedraglio
avevano
paura
di
toccarle
,
temevano
di
suscitare
difficoltà
.
Si
riscaldarono
tanto
che
l
'
allegro
Pedraglio
invitò
i
suoi
compagni
a
gridare
sottovoce
:
«
Vosèe
adasi
,
fioeu
!
»
.
Allora
fu
V
.
che
propose
di
andare
a
letto
.
Prese
in
mano
la
candela
ma
senza
alzarsi
.
«
Corpo
di
Bacco
!
»
,
diss
'
egli
,
non
sapeva
bene
se
in
forma
di
conclusione
o
di
esordio
.
In
fatto
aveva
una
gran
voglia
di
parlare
,
di
sentir
parlare
,
e
non
sapeva
cosa
trovar
di
nuovo
.
«
Proprio
corpo
di
Bacco
!
»
,
esclamò
Franco
ch
'
era
nelle
stesse
condizioni
.
Seguì
un
silenzio
alquanto
lungo
.
Finalmente
Pedraglio
disse
:
«
Dunque
?
»
,
e
si
alzò
.
«
Andiamo
?
»
,
fece
Luisa
avviandosi
per
la
prima
.
«
E
il
nome
?
»
,
chiese
l
'
avvocato
.
Tutti
si
fermarono
.
«
Che
nome
?
»
«
Il
nome
del
nuovo
Regno
.
»
Franco
posò
subito
la
candela
.
«
Bravo
»
,
diss
'
egli
,
«
il
nome
!
»
,
come
se
fosse
una
cosa
da
decidere
prima
di
andare
a
letto
.
Nuova
discussione
.
Piemonte
?
Cisalpino
?
Alta
Italia
?
Italia
?
Luisa
posò
presto
la
candela
anche
lei
,
e
Pedraglio
,
perché
gli
altri
non
volevano
passargli
il
suo
Italia
,
la
posò
pure
.
Però
siccome
il
dibattito
andava
troppo
per
le
lunghe
,
riprese
la
candela
e
corse
via
ripetendo
:
«
Italia
,
Italia
,
Italia
,
Italia
!
»
senz
'
ascoltar
i
«
zitto
»
e
i
richiami
degli
altri
che
lo
seguivano
in
punta
di
piedi
.
Si
fermarono
ancora
tutti
a
piè
della
scala
che
Pedraglio
e
l
'
avvocato
dovevano
salire
per
andare
a
letto
,
e
si
diedero
la
felice
notte
.
Luisa
entrò
nella
vicina
camera
dell
'
alcova
;
Franco
restò
a
veder
salire
i
suoi
amici
.
«
Ehi
!
»
,
diss
'
egli
a
un
tratto
.
Voleva
parlar
loro
dal
basso
ma
poi
pensò
invece
di
raggiungerli
.
«
E
se
si
perde
?
»
,
sussurrò
.
L
'
avvocato
si
contentò
d
'
uno
sdegnoso
«
off
!
»
ma
Pedraglio
voltandosi
come
una
iena
afferrò
Franco
per
il
collo
.
Si
dibatterono
ridendo
sul
pianerottolo
della
scala
e
poi
«
addio
!
»
,
Pedraglio
corse
su
e
Franco
precipitò
abbasso
.
Sua
moglie
lo
aspettava
ferma
in
mezzo
alla
camera
,
guardando
l
'
uscio
.
Appena
lo
vide
entrare
gli
andò
,
grave
,
incontro
,
lo
abbracciò
stretto
stretto
,
e
quando
egli
,
passati
alcuni
momenti
,
fece
dolcemente
atto
di
sciogliersi
,
raddoppiò
la
stretta
,
sempre
in
silenzio
.
Franco
,
allora
,
intese
.
Ella
lo
abbracciava
adesso
come
lo
aveva
impetuosamente
baciato
prima
,
quando
si
era
parlato
di
andar
tutti
alla
guerra
.
Strinse
egli
pure
le
tempie
di
lei
fra
le
mani
,
le
baciò
,
le
ribaciò
i
capelli
e
disse
dolcemente
:
«
Cara
,
pensa
che
gran
cosa
,
dopo
,
questa
Italia
!
»
.
«
Oh
sì
!
»
,
diss
'
ella
.
Alzò
il
viso
al
viso
di
suo
marito
,
gli
offerse
le
labbra
.
Non
piangeva
ma
gli
occhi
erano
un
poco
umidi
.
Vedersi
guardar
così
,
sentirsi
baciar
così
da
quella
creatura
briosa
e
fiera
valeva
bene
alcuni
anni
di
vita
,
perché
mai
mai
ella
non
era
stata
con
lui
,
nella
tenerezza
,
così
umile
.
«
Allora
»
,
diss
'
ella
,
«
non
resteremo
più
in
Valsolda
.
Tu
dovrai
lavorare
come
cittadino
,
non
è
vero
?
»
«
Sì
,
sì
,
certo
!
»
Si
misero
a
discorrere
con
gran
zelo
,
l
'
una
e
l
'
altro
,
di
quel
che
avrebbero
fatto
dopo
la
guerra
,
come
per
allontanar
la
idea
di
una
possibilità
terribile
.
Luisa
si
sciolse
i
capelli
e
andò
a
guardar
Maria
nel
suo
lettino
.
La
bimba
si
era
prima
,
forse
,
svegliata
e
s
'
era
posto
in
bocca
un
ditino
che
poi
pian
piano
,
tornando
il
sonno
,
n
'
era
scivolato
fuori
.
Ora
dormiva
con
la
bocca
aperta
e
il
ditino
sul
mento
.
«
Vieni
,
Franco
»
,
disse
sua
madre
.
Si
piegarono
ambedue
sul
lettino
.
Il
visetto
di
Maria
aveva
una
soavità
di
paradiso
.
Marito
e
moglie
stettero
a
guardarla
in
silenzio
e
si
rialzarono
poi
commossi
,
non
ripresero
il
discorso
interrotto
.
Ma
quando
furono
a
letto
ed
ebbero
spento
il
lume
,
Luisa
mormorò
sulla
bocca
di
suo
marito
:
«
Se
viene
quel
giorno
,
tu
vai
;
ma
vado
anch
'
io
»
.
E
non
gli
permise
di
rispondere
.
3
.
Con
i
guanti
Pasotti
,
per
far
la
burla
più
completa
,
rimproverò
sua
moglie
di
avere
riferito
al
signor
Giacomo
il
discorso
di
don
Giuseppe
circa
la
convenienza
di
quel
tale
matrimonio
.
La
povera
sorda
cadde
dalle
nuvole
,
non
sapeva
né
di
discorsi
né
di
matrimoni
,
protestò
ch
'
era
una
calunnia
,
scongiurò
suo
marito
di
non
crederci
,
si
disperò
,
quasi
,
perché
il
Controllore
mostrava
conservar
un
sospetto
.
Il
maligno
uomo
si
preparava
un
divertimento
squisito
;
dire
al
signor
Giacomo
e
a
don
Giuseppe
che
sua
moglie
desiderava
rimediare
al
mal
fatto
e
metter
pace
,
farli
trovare
tutti
e
tre
insieme
a
casa
sua
,
star
ad
ascoltare
dietro
un
uscio
la
deliziosa
scena
che
seguirebbe
fra
il
signor
Giacomo
irritato
,
don
Giuseppe
atterrito
,
la
Barborin
addolorata
e
sorda
.
Ma
il
disegno
gli
fallì
perché
sua
moglie
non
poté
stare
alle
mosse
e
corse
al
«
Palazz
»
a
giustificarsi
.
Ella
trovò
don
Giuseppe
e
la
Maria
in
uno
stato
di
agitazione
straordinaria
.
Era
capitato
loro
qualche
cosa
di
grosso
che
la
Maria
avrebbe
voluto
dire
e
don
Giuseppe
no
.
Cedette
il
padrone
a
patto
che
la
Maria
non
gridasse
,
che
si
facesse
intendere
a
segni
.
Trovando
contrasto
anche
su
questa
condizione
,
diventò
addirittura
,
nella
sua
prudenza
,
furibondo
e
la
serva
non
insistette
.
Siccome
era
corsa
voce
d
'
un
caso
di
colèra
a
Lugano
nella
persona
d
'
un
tale
venuto
da
Milano
,
dove
il
male
c
'
era
,
don
Giuseppe
aveva
subito
disposto
che
le
provviste
per
cucina
si
facessero
a
Porlezza
invece
che
a
Lugano
;
e
ne
aveva
incaricato
il
Giacomo
Panighèt
,
il
postino
che
portava
le
lettere
in
Valsolda
non
tre
volte
il
giorno
,
come
ora
si
portano
,
ma
due
volte
la
settimana
,
com
'
era
la
beata
consuetudine
del
piccolo
mondo
antico
.
Ora
,
cinque
minuti
prima
che
venisse
la
signora
Pasotti
,
il
Giacomo
Panighèt
aveva
portato
il
solito
canestro
e
nel
canestro
s
'
era
trovata
,
sotto
i
cavoli
,
una
letterina
diretta
a
don
Giuseppe
.
Diceva
così
:
Lei
che
giuoca
a
primiera
con
don
Franco
Maironi
,
lo
avverta
che
l
'
aria
di
Lugano
è
molto
migliore
di
quella
di
Oria
.
Tivano
La
Maria
mostrò
silenziosamente
alla
Pasotti
il
canestro
ancora
pieno
,
le
rappresentò
con
una
mimica
efficace
la
scoperta
della
lettera
,
gliela
diede
a
leggere
.
Appena
la
sorda
ebbe
letto
incominciò
una
bizzarra
,
indescrivibile
azione
muta
di
tutti
e
tre
.
La
Maria
e
don
Giuseppe
rappresentavano
a
furia
di
gesti
e
di
occhiacci
la
loro
sorpresa
e
il
loro
terrore
;
la
Pasotti
,
tra
sgomenta
e
smarrita
,
li
guardava
a
bocca
aperta
,
col
foglio
in
mano
,
come
se
avesse
capito
;
in
fatto
capiva
solamente
che
la
lettera
doveva
essere
spaventosa
.
Ebbe
un
lampo
,
tese
il
foglio
a
don
Giuseppe
con
la
sinistra
,
puntando
l
'
indice
della
destra
sulla
parola
Franco
,
incrocio
quindi
i
polsi
con
una
mimica
interrogativa
;
e
poiché
i
due
,
riconosciuta
la
figura
delle
manette
,
si
sbracciavano
a
far
di
sì
col
capo
,
diede
in
ismanie
per
l
'
affezione
grande
che
portava
a
Luisa
e
,
senza
curarsi
più
del
suo
proprio
affare
,
spiegò
per
segni
,
come
se
anche
gli
altri
due
fossero
stati
sordi
,
che
sarebbe
corsa
subito
a
Oria
,
da
don
Franco
,
e
gli
avrebbe
recato
lo
scritto
.
Si
cacciò
la
carta
in
tasca
e
prese
la
corsa
senza
quasi
salutare
né
don
Giuseppe
né
la
Maria
che
si
provarono
inutilmente
,
mezzo
spiritati
,
di
afferrarla
,
di
trattenerla
,
di
raccomandarle
ogni
precauzione
possibile
.
Ella
sgusciò
loro
di
mano
e
si
mise
a
trottare
,
scuotendo
il
suo
alto
cappellone
,
trascinando
per
terra
la
sua
vecchia
sottana
grigia
,
verso
Oria
,
dove
arrivò
tutta
scalmanata
,
con
la
testa
piena
di
gendarmi
,
di
perquisizioni
,
d
'
arresti
,
di
terrori
e
di
pianti
.
Salì
le
scale
del
giardinetto
Ribera
,
entrò
difilata
in
sala
,
vide
gente
,
riconobbe
il
Ricevitore
e
l
'
I
.
R
.
Commissario
di
Porlezza
,
si
sgomentò
dubitando
che
fossero
lì
per
il
terribile
colpo
,
ma
vide
pure
la
signora
Bianconi
,
il
signor
Giacomo
Puttini
e
respirò
.
Il
Commissario
,
seduto
al
posto
d
'
onore
,
sul
canapè
grande
,
presso
l
'
ingegnere
in
capo
,
parlava
molto
,
con
grande
facilità
e
brio
,
guardando
di
preferenza
Franco
come
se
Franco
fosse
il
solo
per
il
quale
valesse
la
pena
di
spendere
fiato
e
spirito
.
Franco
stava
in
una
poltrona
,
muto
,
ingrugnato
quale
chi
sta
in
casa
altrui
e
sente
un
puzzo
che
non
può
convenientemente
fuggire
né
maledire
.
Si
discorreva
della
campagna
di
Crimea
e
il
Commissario
magnificava
il
piano
degli
alleati
di
attaccare
il
colosso
in
un
punto
vitale
per
le
sue
ambizioni
,
parlava
della
barbarie
russa
e
persino
dell
'
Autocrata
in
modo
da
far
rabbrividire
Franco
per
il
timore
di
un
'
alleanza
anglo
-
franco
-
austriaca
e
da
far
strabiliare
il
Carlascia
che
aveva
le
idee
del
1849
e
vedeva
nello
Czar
un
grosso
amicone
di
casa
.
«
E
Lei
,
signor
primo
deputato
politico
»
,
disse
il
Commissario
volgendo
il
suo
giallastro
sorriso
ironico
al
signor
Giacomo
,
«
cosa
ne
dice
Lei
?
»
Il
signor
Giacomo
batté
gli
occhietti
e
,
palpatesi
alquanto
le
ginocchia
,
rispose
:
«
Mi
,
signor
Commissario
riveritissimo
,
de
Russia
né
de
Franza
né
de
Inghilterra
no
me
ne
intendo
e
no
me
ne
intrigo
.
Lasso
che
i
se
la
despàta
.
Ma
mi
,
ghe
digo
la
verità
,
me
fa
pecà
el
poro
can
del
Papuzza
.
Lü
xe
quieto
come
un
polesin
e
questi
ghe
fà
momò
:
lü
no
ciama
agiuto
e
quei
core
in
zinquanta
a
giutarlo
,
e
intanto
i
ghe
xe
adosso
tuti
,
e
magna
che
te
magna
,
el
poro
Papuzza
,
sia
ch
'
el
vinza
,
sia
ch
'
el
perda
,
el
me
resta
in
camisa
»
.
Con
questo
nomignolo
di
Papuzza
(
babbuccia
)
,
il
signor
Giacomo
designava
venetamente
il
Turco
.
Era
la
personificazione
della
Turchia
in
un
turco
ideale
,
con
tanto
di
turbante
,
di
barba
,
di
pancia
e
di
babbucce
.
Nella
sua
qualità
di
uomo
pacifico
e
di
semi
-
libero
pensatore
,
il
Puttini
aveva
un
debole
per
il
pigro
,
placido
e
bonario
Papuzza
.
«
Stia
tranquillo
»
,
disse
ridendo
il
Commissario
.
«
Il
suo
amico
Papuzza
se
la
caverà
benone
.
Siamo
amici
di
Papuzza
anche
noi
e
non
lo
lasceremo
mutilare
né
svenare
.
»
Franco
non
si
tenne
dal
brontolare
con
tanto
di
cipiglio
:
«
Sarebbe
però
una
bella
ingratitudine
verso
la
Russia
!
»
Il
Commissario
tacque
,
e
la
signora
Peppina
propose
,
con
un
tatto
insolito
,
di
andare
a
vedere
i
fiori
.
«
Meglio
!
»
,
fece
l
'
ingegnere
,
assai
contento
che
si
troncasse
quel
dialogo
.
Nel
passar
della
sala
nel
giardinetto
,
il
Commissario
prese
familiarmente
il
braccio
di
Franco
e
gli
disse
all
'
orecchio
:
«
Ha
ragione
,
sa
,
dell
'
ingratitudine
,
ma
certe
cose
noi
impiegati
non
le
possiamo
dire
»
.
Franco
,
a
cui
il
tocco
della
Imperial
Regia
mano
bruciava
,
fu
sorpreso
di
questa
uscita
.
Se
colui
avesse
avuto
una
faccia
più
italiana
,
gli
avrebbe
creduto
;
con
quella
faccia
calmucca
non
gli
credette
e
lasciò
cader
il
discorso
.
Lo
ripigliò
l
'
altro
,
sottovoce
,
affacciandosi
alla
ringhiera
verso
il
lago
e
fingendo
di
guardar
il
ficus
repens
che
veste
la
muraglia
.
«
Si
guardi
anche
Lei
»
,
diss
'
egli
,
«
da
certe
parole
.
C
'
è
delle
bestie
che
possono
interpretar
male
.
»
E
accennò
leggermente
col
capo
al
Ricevitore
.
«
Se
ne
guardi
,
se
ne
guardi
!
»
«
Grazie
»
,
rispose
Franco
,
asciutto
,
«
ma
non
credo
che
avrò
bisogno
di
guardarmi
.
»
«
Non
si
sa
,
non
si
sa
,
non
si
sa
»
,
sussurrò
il
Commissario
,
e
toltosi
di
là
,
andò
,
seguito
da
Franco
,
dove
il
Ricevitore
e
l
'
ingegnere
discorrevano
di
tinche
presso
la
scaletta
che
scende
al
secondo
ripiano
del
giardinetto
.
Lì
presso
c
'
era
il
famoso
vaso
rosso
di
gelsomini
.
«
Questo
rosso
sta
male
,
signor
Maironi
»
,
disse
il
bestione
ex
abrupto
,
e
diede
un
colpo
all
'
aria
con
la
mano
come
per
dire
«
via
!
»
.
In
quel
momento
Luisa
si
affacciò
al
giardino
dalla
sala
e
chiamò
suo
marito
.
Il
Commissario
si
voltò
al
suo
zelante
accolito
e
gli
disse
bruscamente
:
«
Lasci
stare
!
»
La
Pasotti
partiva
e
voleva
salutare
Franco
.
Questi
desiderava
farla
uscire
per
il
giardino
ma
ella
,
volendo
evitare
le
cerimonie
con
quegli
altri
signori
,
preferì
di
scender
per
la
scala
interna
e
Franco
l
'
accompagnò
fino
alla
porta
di
strada
,
ch
'
era
aperta
.
Con
suo
grande
stupore
,
la
Pasotti
,
invece
di
uscire
,
chiuse
la
porta
e
si
mise
a
fargli
una
mimica
concitata
,
affatto
inintelligibile
,
accompagnandola
di
sospiri
tronchi
e
di
stralunamenti
d
'
occhi
:
dopo
di
che
si
levò
di
tasca
una
lettera
e
gliela
porse
.
Franco
lesse
,
si
strinse
nelle
spalle
e
intascò
la
carta
.
Poi
,
siccome
la
Pasotti
consigliava
,
con
la
sua
mimica
disperata
,
fuga
fuga
,
Lugano
Lugano
,
la
rassicurò
con
un
gesto
sorridendo
.
Colei
gli
afferrò
ancora
una
volta
le
mani
,
scosse
ancora
con
un
fremito
di
supplica
,
il
cappellone
inclinato
a
destra
e
i
due
lunghi
riccioli
neri
.
Poi
spalancò
gli
occhi
,
porse
le
labbra
in
fuori
quanto
poté
,
si
calcò
l
'
indice
sul
naso
nel
segno
del
silenzio
.
«
Anca
con
Pasott
!
»
,
diss
'
ella
;
e
furono
le
sole
sue
parole
durante
tutta
questa
spiegazione
;
dopo
le
quali
scappò
.
Franco
risalì
le
scale
,
pensando
ai
casi
suoi
.
Poteva
essere
un
falso
allarme
,
poteva
essere
una
cosa
seria
.
Ma
perché
mai
lo
si
sarebbe
arrestato
?
Cercò
di
ricordare
se
avesse
in
casa
qualche
cosa
di
compromettente
e
non
trovò
nulla
.
Pensò
ad
una
perfidia
della
nonna
ma
cacciò
subito
quest
'
idea
,
se
ne
rimproverò
e
rimise
ogni
decisione
a
più
tardi
,
quando
avrebbe
parlato
a
sua
moglie
.
Ritornò
nel
giardinetto
dove
il
Commissario
,
appena
lo
vide
,
gli
chiese
di
mostrargli
certe
dalie
che
la
signora
Peppina
vantava
.
Udito
che
le
dalie
erano
nell
'
orto
,
propose
a
Franco
di
accompagnarvelo
.
Potevano
andar
soli
;
tanto
,
gli
altri
erano
profani
.
Franco
accettò
.
Il
contegno
di
quel
piccolo
birro
inguantato
già
pareva
molto
strano
;
avrebbe
pur
voluto
capire
se
potesse
in
qualche
modo
accordarsi
con
l
'
avvertimento
misterioso
.
«
Senta
,
signor
Maironi
»
,
disse
risolutamente
il
Commissario
quando
Franco
ebbe
chiuso
dietro
a
sé
l
'
uscio
dell
'
orto
.
«
Le
voglio
dire
una
parola
.
»
Franco
,
che
stava
scendendo
i
due
scalini
appoggiati
alla
soglia
della
porta
,
si
fermò
e
aggrottò
le
sopracciglia
.
«
Venga
qua
!
»
,
soggiunse
l
'
altro
,
imperioso
.
«
Ciò
che
sto
per
fare
è
forse
contro
il
mio
dovere
ma
lo
faccio
egualmente
.
Sono
troppo
amico
della
signora
marchesa
Sua
nonna
per
non
farlo
.
Lei
corre
un
gravissimo
pericolo
.
»
«
Io
?
»
,
disse
Franco
,
freddamente
.
«
Quale
?
»
Franco
aveva
rapida
e
sicura
l
'
intuizione
del
pensiero
altrui
.
Le
parole
del
Commissario
si
accordavano
bene
con
quelle
portategli
dalla
Pasotti
;
pure
egli
sentì
,
in
quel
momento
,
che
il
piccolo
birro
aveva
un
tradimento
nel
cuore
.
«
Quale
?
»
,
rispose
costui
.
«
Mantova
!
»
Franco
udì
senza
batter
ciglio
il
formidabile
nome
,
sinonimo
di
segrete
e
di
forche
.
«
Io
non
posso
aver
paura
di
Mantova
»
,
diss
'
egli
.
«
Non
ho
fatto
nulla
per
andar
a
Mantova
.
»
«
Eppure
!
»
«
Di
che
cosa
mi
accusano
?
»
,
ripeté
Franco
.
«
Questo
lo
sentirà
se
resta
qui
»
,
rispose
il
Commissario
,
pigiando
sulle
ultime
parole
.
«
E
adesso
vediamo
le
dalie
.
»
«
Non
ho
fatto
nulla
»
,
tornò
a
dire
Franco
.
«
Non
mi
muovo
.
»
«
Vediamo
queste
dalie
,
vediamo
queste
dalie
!
»
,
insistette
il
Commissario
.
Parve
a
Franco
che
avrebbe
dovuto
ringraziar
quell
'
uomo
e
non
poté
farlo
.
Gli
mostrò
i
suoi
fiori
con
quel
tanto
di
cortesia
che
occorreva
,
con
perfetta
tranquillità
;
e
lo
ricondusse
dall
'
orto
in
casa
,
discorrendo
di
non
so
qual
professore
Maspero
,
di
non
so
qual
segreto
per
combattere
l
'
oïdium
.
In
sala
si
discorreva
di
un
altro
peggiore
oïdium
.
La
signora
Peppina
aveva
in
corpo
una
terribile
paura
del
colèra
.
Riconosceva
,
sì
,
che
il
colèra
ammoniva
ogni
buon
cristiano
di
mettersi
in
grazia
di
Dio
e
che
quando
si
è
in
grazia
di
Dio
è
una
fortuna
di
andar
all
'
altro
mondo
:
«
Ma
però
,
anca
la
pell
,
neh
!
Quella
cara
pelascia
!
A
pensà
che
l
'
è
domà
vüna
!
»
.
«
Il
colèra
»
,
disse
Luisa
,
«
se
avesse
giudizio
,
potrebbe
fare
bellissime
cose
;
ma
non
ne
ha
.
»
«
Vede
»
,
sussurrò
alla
signora
Peppina
,
mentre
il
Biancòn
si
alzava
per
andare
incontro
al
Commissario
di
ritorno
con
Franco
,
«
il
colèra
è
capace
di
portar
via
Lei
e
di
lasciar
qui
Suo
marito
.
»
A
questa
uscita
stravagante
la
signora
Peppina
ebbe
un
sussulto
di
spavento
,
fece
«
Esüsmaria
!
»
e
poi
capì
di
essersi
tradita
,
di
non
aver
mostrato
per
il
suo
Carlascia
quella
tenerezza
di
cui
parlava
sempre
,
afferrò
il
ginocchio
della
sua
vicina
e
si
piegò
a
dirle
sottovoce
,
rossa
come
un
papavero
:
«
Citto
,
citto
,
citto
!
»
Ma
Luisa
non
badava
più
a
lei
;
un
'
occhiata
di
Franco
le
aveva
detto
ch
'
era
successo
qualche
cosa
.
Partita
tutta
quella
gente
,
lo
zio
Piero
si
mise
a
leggere
la
Gazzetta
di
Milano
e
Luisa
disse
a
suo
marito
:
«
Sono
le
tre
,
andiamo
a
svegliar
Maria
»
.
Quando
fu
con
lui
nella
camera
dell
'
alcova
,
invece
di
aprir
le
imposte
,
gli
domandò
cosa
fosse
accaduto
.
Franco
le
raccontò
tutto
,
dal
biglietto
della
Pasotti
allo
strano
contegno
,
alla
strana
confidenza
del
Commissario
.
Luisa
lo
ascoltò
molto
seria
ma
senza
dar
segno
di
timore
.
Esaminò
il
biglietto
misterioso
.
Ella
e
Franco
sapevano
che
fra
gli
agenti
governativi
di
Porlezza
v
'
era
un
galantuomo
il
quale
nel
1849
e
nel
1850
aveva
salvato
parecchi
patrioti
avvertendoli
segretamente
;
ma
sapevano
pure
che
quel
galantuomo
là
non
conosceva
l
'
ortografia
né
la
grammatica
.
Il
biglietto
portato
dalla
Pasotti
era
correttissimo
.
Quanto
al
Commissario
,
si
sapeva
che
era
uno
dei
più
tristi
e
maligni
arnesi
del
Governo
.
Luisa
approvò
la
risposta
di
suo
marito
.
«
Giurerei
che
ti
vogliono
far
partire
»
,
diss
'
ella
.
Franco
lo
pensava
pure
ma
senza
trovarne
un
ragionevole
perché
.
Luisa
ne
aveva
bene
in
mente
uno
,
suggeritole
dal
suo
disprezzo
per
la
nonna
.
Il
Commissario
era
un
buon
amico
della
nonna
,
l
'
aveva
detto
egli
stesso
per
un
raffinamento
,
secondo
lei
,
di
astuzia
.
Nel
guanto
del
Commissario
vi
era
l
'
artiglio
della
nonna
.
Non
Franco
solo
ma
tutti
si
volevano
colpire
;
e
si
volevano
colpire
nella
persona
di
colui
che
sosteneva
la
famiglia
con
le
proprie
fatiche
,
col
proprio
generoso
cuore
.
Ella
sapeva
,
per
discorsi
riferitile
dalle
solite
lingue
odiose
,
che
la
nonna
detestava
lo
zio
Piero
perché
lo
zio
Piero
aveva
dato
modo
a
suo
nipote
di
ribellarsi
a
lei
e
di
vivere
nella
ribellione
,
abbastanza
comodamente
.
Ora
si
cercava
un
pretesto
di
colpirlo
.
La
fuga
del
nipote
sarebbe
stata
una
confessione
e
,
per
un
Governo
come
l
'
austriaco
,
un
buon
pretesto
di
colpir
lo
zio
.
Luisa
non
lo
disse
subito
,
solamente
lasciò
capire
che
aveva
un
'
idea
;
allora
suo
marito
gliela
fece
,
poco
a
poco
,
metter
fuori
.
Uditala
,
ci
credette
nel
suo
cuore
ma
protestò
a
parole
,
cercò
difender
la
nonna
da
un
'
accusa
troppo
poco
fondata
e
troppo
mostruosa
.
Comunque
la
cosa
fosse
,
marito
e
moglie
si
accordavano
interamente
nella
risoluzione
di
non
muoversi
,
di
aspettare
gli
avvenimenti
.
Perciò
non
stettero
più
a
fare
né
a
discutere
supposizioni
.
Luisa
si
alzò
,
andò
ad
aprire
le
imposte
,
si
voltò
a
guardar
sorridendo
suo
marito
nella
luce
;
gli
stese
la
mano
ch
'
egli
strinse
e
scosse
col
cuore
caldo
e
la
lingua
impedita
.
Pareva
loro
di
esser
soldati
condotti
per
una
via
quieta
al
rombo
lontano
del
cannone
,
a
Dio
sa
qual
sorte
.
4
.
Con
gli
artigli
L
'
ingegnere
in
capo
non
si
accorse
di
nulla
,
e
due
giorni
dopo
,
spirata
la
sua
licenza
,
se
n
'
andò
via
in
barca
,
pacifico
nel
suo
soprabitone
grigio
da
viaggio
,
insieme
alla
Cia
,
la
sua
governante
.
Passarono
altri
dieci
giorni
senza
novità
alcuna
,
cosicché
Franco
e
Luisa
si
persuasero
che
proprio
fosse
stato
teso
loro
un
tranello
e
che
la
Polizia
non
si
lascerebbe
vedere
.
La
sera
del
primo
ottobre
fecero
allegramente
il
tarocco
con
Puttini
e
Pasotti
e
,
partiti
gli
ospiti
per
tempo
,
andarono
a
letto
.
Luisa
,
nel
baciar
la
bambina
che
dormiva
,
la
sentì
calda
.
Le
toccò
le
mani
e
le
gambe
.
«
Maria
ha
la
febbre
»
,
diss
'
ella
.
Franco
pigliò
la
candela
e
guardò
.
Maria
dormiva
con
la
testina
piegata
sulla
spalla
sinistra
secondo
il
suo
solito
.
Il
bel
visetto
,
sempre
accigliato
nel
sonno
,
era
un
po
'
acceso
,
la
respirazione
un
po
'
frequente
.
Franco
si
spaventò
,
immaginò
in
un
momento
il
morbillo
,
la
scarlattina
,
il
gastrico
,
l
'
infiammazione
cerebrale
.
Luisa
,
più
tranquilla
,
pensò
ai
vermi
,
preparò
la
santonina
sul
tavolino
da
notte
.
Poi
padre
e
madre
si
coricarono
senza
rumore
,
spensero
il
lume
,
stettero
ad
ascoltar
con
pena
il
sottile
respiro
breve
della
piccina
.
Si
assopirono
e
furono
svegliati
intorno
alla
mezzanotte
,
da
Maria
che
piangeva
.
Accesero
il
lume
e
Maria
si
chetò
,
prese
la
santonina
.
Poi
uscì
da
capo
a
piangere
,
volle
esser
portata
nel
letto
grande
,
fra
la
mamma
e
il
papà
e
in
breve
vi
pigliò
sonno
;
ma
era
un
sonno
inquieto
,
interrotto
da
pianti
.
Franco
tenne
il
lume
acceso
per
poterla
osservare
meglio
.
Pendevano
,
egli
e
sua
moglie
,
sulla
loro
creatura
quando
all
'
uscio
di
strada
furono
precipitosamente
battuti
due
colpi
.
Franco
balzò
a
sedere
sul
letto
.
«
Hai
udito
?
»
,
diss
'
egli
.
«
Zitto
!
»
,
fece
Luisa
afferrandogli
un
braccio
e
tendendo
l
'
orecchio
.
Due
altri
colpi
,
più
forti
.
Franco
esclamò
:
«
La
Polizia
!
»
,
e
saltò
a
terra
.
«
Va
'
,
va
'
!
»
,
supplicò
lei
,
sottovoce
.
«
Non
lasciarti
prendere
!
Passa
dal
cortiletto
!
Scavalca
il
muro
!
»
Egli
non
rispose
,
si
vestì
a
mezzo
,
in
furia
,
e
si
slanciò
fuori
della
camera
,
risoluto
di
non
lasciar
volontariamente
la
sua
Luisa
,
la
sua
Maria
malata
,
sdegnoso
del
pericolo
.
Discese
le
scale
a
salti
.
«
Chi
è
?
»
,
diss
'
egli
,
prima
di
aprire
.
«
La
Polizia
!
»
,
si
rispose
.
«
Aprite
subito
!
»
«
A
quest
'
ora
non
apro
a
chi
non
vedo
.
»
Si
udì
un
breve
dialogo
nella
strada
.
La
voce
di
prima
disse
:
«
Parli
lei
»
,
e
la
voce
che
parlò
poi
era
ben
conosciuta
da
Franco
.
«
Apra
,
signor
Maironi
.
»
Era
la
voce
del
Ricevitore
.
Franco
aperse
.
Entrò
un
signore
vestito
di
nero
,
in
occhiali
;
dopo
di
lui
,
il
bestione
;
dopo
il
bestione
un
gendarme
con
una
lanterna
;
poi
tre
altri
gendarmi
armati
,
due
semplici
e
un
graduato
che
portava
un
gran
sacco
di
cuoio
.
Qualcuno
rimase
fuori
.
«
Lei
è
il
signor
Maironi
?
»
,
disse
quel
dagli
occhiali
,
un
aggiunto
della
Polizia
di
Milano
.
«
Venga
di
sopra
con
me
»
.
E
tutta
la
compagnia
si
avviò
sulle
scale
con
uno
strepito
di
passi
pesanti
,
di
ferramenta
soldatesche
.
Non
erano
ancora
al
primo
piano
che
la
scala
si
illuminò
in
alto
,
singhiozzi
e
gemiti
scoppiarono
al
secondo
piano
.
«
Questa
è
Sua
moglie
?
»
,
chiese
l
'
aggiunto
.
«
Crede
?
»
,
rispose
Franco
,
ironico
.
Il
Ricevitore
mormorò
:
«
Sarà
la
domestica
»
.
L
'
aggiunto
si
voltò
a
dare
un
ordine
,
due
gendarmi
si
fecero
avanti
,
salirono
in
fretta
al
secondo
piano
.
Il
poliziotto
domandò
a
Franco
,
più
aspramente
di
prima
:
«
Sua
moglie
è
a
letto
?
»
.
«Naturalmente.»
«
Dove
?
Bisogna
che
si
alzi
!
»
L
'
uscio
dell
'
alcova
si
aperse
,
comparve
Luisa
,
in
veste
da
camera
con
i
capelli
sciolti
e
con
una
candela
in
mano
,
mentre
un
gendarme
si
affacciava
al
ripiano
superiore
della
scala
a
dir
che
la
serva
era
mezzo
svenuta
e
non
poteva
venir
giù
.
L
'
aggiunto
gli
ordinò
di
lasciar
il
suo
compagno
presso
la
donna
e
di
scendere
.
Poi
salutò
la
signora
che
non
rispose
al
saluto
.
Sperando
che
Franco
fuggisse
,
ella
si
era
affrettata
di
uscir
di
camera
per
trattenere
,
per
ingannare
,
se
possibile
,
la
Polizia
.
Vide
suo
marito
,
trasalì
,
palpitò
,
ma
si
rimise
subito
.
L
'
aggiunto
si
avanzò
per
entrar
in
camera
.
«
No
!
»
,
esclamò
Franco
.
«
C
'
è
un
'
ammalata
!
»
Luisa
impugnò
la
maniglia
dell
'
uscio
chiuso
guardando
colui
in
faccia
.
«
Questa
malata
chi
è
?
»
,
domandò
l
'
aggiunto
.
«
Una
bambina
.
»
«
Eh
,
cosa
vogliono
che
le
facciamo
?
»
«
Scusi
»
,
disse
Luisa
scotendo
nervosamente
la
maniglia
quasi
in
atto
di
sfida
.
«
Hanno
bisogno
d
'
entrare
tutti
?
»
«Tutti.»
Al
rumore
delle
voci
e
della
maniglia
la
piccola
Maria
si
mise
a
piangere
un
pianto
di
stanchezza
desolata
,
che
faceva
male
al
cuore
.
«
Luisa
»
,
disse
Franco
,
«
lascia
che
questi
signori
facciano
la
loro
parte
!
»
L
'
aggiunto
era
un
giovane
,
alquanto
elegante
,
dalla
fisonomia
fine
e
cattiva
.
Lanciò
a
Franco
una
occhiata
sinistra
.
«
Ascolti
Suo
marito
,
signora
»
,
diss
'
egli
tanto
per
mordere
di
rimando
,
a
qualche
modo
.
«
Lo
trovo
prudente
.
»
«
Meno
di
lei
che
si
fa
scortare
da
un
esercito
!
»
,
rispose
Luisa
aprendo
l
'
uscio
.
Quegli
la
guardò
,
si
strinse
nelle
spalle
e
passò
oltre
,
seguito
dagli
altri
.
«
Aprano
tutto
,
qui
!
»
,
diss
'
egli
forte
,
ruvidamente
,
indicando
la
scrivania
.
I
grandi
occhi
cilestrini
di
Franco
lampeggiarono
.
«
Parli
sottovoce
!
»
,
diss
'
egli
.
«
Non
mi
spaventi
la
bambina
!
»
«
Silenzio
a
Lei
!
»
,
tuonò
l
'
aggiunto
calando
un
pugno
sulla
scrivania
.
«
Apra
!
»
La
bambina
,
a
quello
strepito
,
si
mise
a
singhiozzare
disperatamente
.
Franco
,
furibondo
,
scagliò
la
chiave
sulla
scrivania
.
«
A
Lei
!
»
,
diss
'
egli
.
«
Ella
è
in
arresto
!
»
,
gridò
l
'
aggiunto
.
«
Va
bene
!
»
Mentre
Franco
rispondeva
così
,
Luisa
,
che
si
era
chinata
tutta
sulla
sua
creatura
per
cercar
di
quietarla
,
rialzò
impetuosamente
il
viso
.
«
Ci
ho
diritto
anch
'
io
,
a
quest
'
onore
»
,
diss
'
ella
con
la
sua
bella
voce
vibrante
.
L
'
aggiunto
non
degnò
rispondere
,
fece
aprire
e
rovistare
da
un
gendarme
tutti
i
cassetti
della
scrivania
,
levarne
lettere
e
carte
ch
'
egli
esaminava
rapidamente
e
buttava
parte
a
terra
,
parte
nel
gran
sacco
di
cuoio
.
Dopo
la
scrivania
venne
la
volta
dei
cassettoni
dove
tutto
fu
messo
sossopra
.
Dopo
i
cassettoni
fu
visitato
il
lettuccio
di
Maria
.
L
'
aggiunto
ordinò
a
Luisa
di
levar
la
bambina
dal
letto
grande
ch
'
egli
intendeva
pure
di
visitare
.
«
Mi
metta
il
lettuccio
in
ordine
»
,
rispose
Luisa
fremente
.
Fino
a
quel
momento
il
bestione
Carlascia
era
sempre
stato
lì
muto
e
duro
dietro
i
suoi
baffi
,
come
se
quella
bisogna
,
forse
da
lui
desiderata
in
astratto
,
non
fosse
stata
poi
,
in
pratica
,
interamente
di
suo
gusto
.
Adesso
si
mosse
e
,
senza
parlare
,
si
pose
ad
accomodar
con
le
sue
manacce
enormi
le
materasse
e
le
lenzuola
del
lettuccio
.
Luisa
vi
posò
la
bambina
e
anche
il
letto
grande
fu
sfatto
e
frugato
senza
frutto
.
Maria
non
piangeva
più
,
guardava
quella
baraonda
con
tanto
d
'
occhi
spalancati
.
«
Adesso
vengano
con
me
»
,
disse
l
'
aggiunto
.
Luisa
si
tenne
sicura
d
'
esser
condotta
via
con
suo
marito
e
chiese
che
si
facesse
scendere
la
sua
domestica
per
affidarle
la
bambina
.
All
'
idea
che
Luisa
pure
fosse
tratta
in
arresto
,
che
si
volesse
togliere
a
Maria
malata
anche
la
madre
,
Franco
,
fuori
di
sé
dalla
collera
e
dal
dolore
,
mise
un
grido
di
protesta
:
«
Questo
non
è
possibile
!
Lo
dica
!
»
L
'
aggiunto
non
degnò
rispondergli
,
ordinò
che
si
facesse
venir
la
fantesca
.
La
fantesca
,
mezza
morta
di
paura
,
entrò
fra
i
gendarmi
,
gemendo
e
singhiozzando
.
«
Stupida
!
»
,
mormorò
Franco
,
fra
i
denti
.
«
La
donna
starà
qui
con
la
bambina
»
,
disse
l
'
aggiunto
.
«
Loro
vengano
con
me
.
Devono
assistere
alla
perquisizione
.
»
Fece
prendere
dei
lumi
,
lasciò
un
gendarme
nell
'
alcova
e
passò
in
sala
,
seguito
dagli
altri
gendarmi
,
dal
Bianconi
,
da
Franco
e
Luisa
.
«
Prima
di
continuar
la
perquisizione
»
,
diss
'
egli
,
«
domanderò
Loro
ciò
che
avrei
domandato
prima
se
il
Loro
contegno
fosse
stato
migliore
.
Mi
dicano
se
tengono
armi
o
pubblicazioni
sediziose
o
carte
,
sia
stampate
che
manoscritte
,
ostili
all
'
Imperial
Regio
Governo
.
»
Franco
rispose
forte
:
«
No
»
.
«
È
quello
che
vedremo
»
,
fece
l
'
aggiunto
.
«
Si
accomodi
.
»
Mentre
l
'
aggiunto
faceva
scostar
i
mobili
dalle
pareti
,
guardare
e
frugare
dappertutto
,
venne
in
mente
a
Luisa
che
otto
o
dieci
anni
prima
lo
zio
le
aveva
fatto
vedere
,
nel
cassettone
di
una
camera
del
secondo
piano
,
una
vecchia
sciabola
che
vi
stava
sin
dal
1812
.
Era
la
sciabola
di
un
altro
Pietro
Ribera
,
tenente
di
cavalleria
,
caduto
a
Malojaroslavetz
.
In
quella
camera
,
che
stava
sopra
la
cucina
,
non
ci
dormiva
mai
nessuno
,
non
ci
si
andava
quasi
mai
;
era
come
se
non
ci
fosse
.
Luisa
aveva
dimenticato
del
tutto
la
vecchia
sciabola
dell
'
Impero
.
Dio
,
le
veniva
in
mente
adesso
!
Se
anche
lo
zio
l
'
avesse
dimenticata
!
Se
non
l
'
avesse
consegnata
nel
'48
,
dopo
la
guerra
;
quando
tutte
le
armi
si
dovevano
consegnare
,
pena
la
vita
!
Avrà
pensato
,
lo
zio
,
nella
sua
semplicità
patriarcale
,
che
quel
ricordo
di
famiglia
,
giacente
da
trentasei
anni
nel
fondo
d
'
un
cassettone
,
era
pure
diventato
un
arnese
pericoloso
e
proibito
?
E
Franco
,
Franco
che
non
sapeva
niente
!
Luisa
teneva
le
mani
sulla
spalliera
d
'
una
seggiola
;
la
seggiola
scricchiolò
tutta
sotto
una
stretta
convulsa
;
ell
'
alzò
le
mani
,
atterrita
come
se
avesse
parlato
.
Vedeva
il
poliziotto
passar
di
camera
in
camera
con
i
suoi
gendarmi
,
giungere
a
quella
,
aprire
il
cassettone
,
frugare
,
trovar
la
sciabola
.
Faceva
ogni
sforzo
di
ricordar
il
posto
preciso
dove
l
'
aveva
veduta
,
d
'
immaginar
una
via
di
scampo
,
e
taceva
seguendo
con
gli
occhi
,
macchinalmente
,
la
candela
che
un
gendarme
accostava
,
secondo
i
cenni
del
suo
capo
,
ora
ad
un
cassetto
aperto
,
ora
ad
una
cantoniera
,
ora
ad
un
quadro
che
colui
alzava
per
guardarvi
dietro
.
Non
le
veniva
in
mente
nessun
rimedio
.
Se
lo
zio
non
aveva
pensato
di
levar
la
sciabola
,
c
'
era
solo
da
sperare
che
non
si
visitasse
anche
quella
camera
.
Franco
,
appoggiato
alla
stufa
,
seguiva
,
scuro
nella
fronte
,
ogni
atto
di
quella
gente
.
Quando
cacciavano
le
mani
nei
cassetti
,
gli
si
vedeva
la
collera
nel
giuoco
muto
delle
mascelle
.
Non
si
udiva
che
qualche
ordine
tronco
dell
'
aggiunto
,
qualche
risposta
sommessa
dei
gendarmi
.
Nulla
si
moveva
intorno
ad
essi
se
non
le
loro
grandi
ombre
traballanti
per
le
pareti
.
Il
silenzio
del
Ricevitore
,
di
Franco
e
di
Luisa
pareva
,
in
una
sala
da
giuoco
proibito
,
intorno
alle
voci
brevi
dei
giuocatori
,
il
silenzio
di
coloro
che
hanno
puntato
forte
.
La
sinistra
faccia
,
la
sinistra
voce
dell
'
aggiunto
,
quantunque
nulla
si
trovasse
,
non
cambiavano
mai
.
A
Luisa
egli
pareva
un
uomo
sicuro
d
'
arrivare
al
suo
scopo
.
E
non
poter
far
niente
,
neppur
avvertire
Franco
!
Ma
forse
era
meglio
che
non
lo
sapesse
,
forse
quest
'
ignoranza
poteva
salvarlo
.
Visitate
la
sala
e
la
loggia
,
l
'
aggiunto
passò
nel
salotto
.
Pigliò
la
candela
dalle
mani
del
gendarme
e
fece
una
rapida
rassegna
dei
piccoli
uomini
illustri
.
«
Il
signor
ingegnere
in
capo
Ribera
»
,
diss
'
egli
vedendo
i
ritratti
di
Gouvion
Saint
-
Cyr
,
di
Marmont
e
di
altri
generali
napoleonici
,
«
avrebbe
fatto
molto
meglio
a
tener
il
ritratto
di
S
.
E
.
il
feld
-
maresciallo
Radetzky
.
Non
c
'
è
?
»
«
No
»
,
rispose
Franco
.
«
Che
razza
d
'
impiegati
!
»
,
fece
colui
con
un
disprezzo
,
con
un
'
arroganza
da
non
dire
.
«
Hanno
gl
'
impiegati
il
dovere
»
,
scattò
Franco
,
«
di
tenere
ritratti
...
»
«
Non
sono
qui
»
,
lo
interruppe
l
'
aggiunto
,
«
per
discutere
con
Lei
!
»
Franco
voleva
replicare
.
«
Citto
,
Lei
,
con
quella
lingua
lunga
quatter
brazza
!
»
,
fece
il
Ricevitore
,
burbero
.
L
'
aggiunto
uscì
dal
salotto
nel
corridoio
che
conduce
alla
scala
.
Salirebbe
,
pensava
Luisa
,
o
non
salirebbe
?
Salì
ed
ella
gli
tenne
dietro
senza
tremare
ma
immaginando
con
una
rapidità
vertiginosa
tante
cose
diverse
che
potevano
accadere
.
Rotavano
,
per
così
dire
,
nella
sua
mente
tutte
le
possibilità
del
momento
,
le
sciagurate
e
le
prospere
.
Se
si
fermava
sulle
prime
,
l
'
orrore
la
portava
di
slancio
alle
seconde
;
se
si
fermava
su
queste
,
la
fantasia
ritornava
con
avidità
perversa
alle
prime
.
Prima
ancora
di
porre
il
piede
nel
corridoio
del
secondo
piano
,
udì
Maria
piangere
.
Franco
chiese
all
'
aggiunto
che
permettesse
a
sua
moglie
di
scendere
dalla
bambina
ma
ella
protestò
che
voleva
restare
.
L
'
idea
di
non
essere
con
lui
quando
si
scoprisse
l
'
arma
,
l
'
atterriva
.
Intanto
l
'
aggiunto
entrò
in
uno
stanzino
dov
'
erano
parecchi
libri
,
trovò
un
'
opera
stampata
a
Capolago
col
titolo
Scritti
letterari
di
un
italiano
vivente
e
domandò
:
«
Chi
è
quest
'
italiano
vivente
?
»
«
Il
padre
Cesari
»
,
rispose
Franco
,
audacemente
.
L
'
altro
,
ingannato
da
quella
prontezza
e
da
quel
nome
di
frate
,
si
diede
l
'
aria
dell
'
uomo
colto
,
disse
:
«
Ah
,
conosco
!
»
,
e
ripose
il
libro
,
chiese
dove
dormisse
l
'
ingegnere
in
capo
.
Luisa
era
troppo
soggiogata
da
un
'
angoscia
sola
per
sentir
altro
,
ma
Franco
,
a
veder
entrare
il
birro
e
i
suoi
nella
camera
dello
zio
così
pulita
e
ordinata
,
così
piena
del
suo
buono
,
pacifico
spirito
,
a
pensar
che
colpo
sarebbe
per
il
povero
vecchio
una
notizia
siffatta
,
si
sentì
uno
struggimento
,
una
rabbia
da
piangerne
.
«
Mi
pare
»
,
diss
'
egli
,
«
che
almeno
questa
camera
dovrebb
'
essere
rispettata
.
»
«
Ella
si
tenga
le
Sue
osservazioni
»
,
rispose
l
'
aggiunto
,
e
incominciò
con
far
buttare
all
'
aria
coperte
e
materasse
.
Poi
volle
la
chiave
del
cassettone
.
L
'
aveva
Franco
,
che
discese
,
accompagnato
da
un
gendarme
,
a
prenderla
nella
sua
camera
.
Lo
zio
gliel
'
aveva
consegnata
prima
di
partire
dicendogli
che
,
ad
un
bisogno
,
avrebbe
trovato
un
po
'
di
cum
quibus
nel
primo
cassetto
.
Aprirono
.
V
'
era
un
rotolo
di
svanziche
,
alcune
lettere
e
carte
,
dei
portafogli
e
dei
taccuini
vecchi
,
dei
compassi
,
delle
matite
,
una
scodellina
di
legno
con
varie
monete
.
L
'
aggiunto
esaminò
ogni
cosa
minutamente
,
scoperse
fra
le
monete
della
scodellina
uno
scudo
di
Carlo
Alberto
e
un
pezzo
di
quaranta
lire
del
Governo
Provvisorio
di
Lombardia
.
«
Il
signor
ingegnere
in
capo
»
,
disse
l
'
aggiunto
,
«
ha
conservato
queste
monete
con
una
cura
straordinaria
!
D
'
ora
in
poi
le
conserveremo
noi
.
»
Chiuse
il
cassetto
e
restituì
la
chiave
senza
aprire
gli
altri
.
Uscì
poi
nel
corridoio
e
si
fermò
,
incerto
.
Il
Ricevitore
lo
credette
disposto
a
scendere
e
siccome
il
corridoio
era
quasi
buio
e
la
scala
non
si
vedeva
,
s
'
incamminò
egli
,
come
più
pratico
,
a
destra
,
verso
la
scala
,
dicendo
:
«
Di
qua
»
.
La
stanza
della
sciabola
era
a
sinistra
.
«
Aspetti
»
,
disse
l
'
aggiunto
.
«
Guardiamo
anche
qui
dentro
.
»
E
voltosi
a
sinistra
spinse
quel
tale
uscio
.
Luisa
,
ch
'
era
rimasta
l
'
ultima
del
seguito
,
giunto
il
momento
supremo
,
si
fece
avanti
.
Il
cuore
,
che
durante
l
'
indecisione
dell
'
aggiunto
le
aveva
martellato
a
furia
,
si
chetò
come
per
miracolo
.
Ora
ella
era
fredda
,
intrepida
e
pronta
.
«
Chi
dorme
qui
?
»
,
le
chiese
l
'
aggiunto
.
«
Nessuno
.
Dormivano
qui
i
genitori
di
mio
zio
che
sono
morti
da
quarant
'
anni
.
Dopo
non
vi
ha
più
dormito
nessuno
.
»
Nella
camera
v
'
erano
due
letti
,
un
canapè
,
un
cassettone
.
L
'
aggiunto
accennò
ai
gendarmi
di
aprire
il
cassettone
.
Si
provarono
;
era
chiuso
a
chiave
.
«
Debbo
averla
io
,
la
chiave
»
,
disse
Luisa
con
perfetta
indifferenza
.
Discese
accompagnata
da
un
gendarme
e
risalì
con
un
cestellino
pieno
di
chiavi
,
lo
porse
all
'
aggiunto
.
«
Non
la
conosco
»
,
disse
,
«
non
si
adopera
mai
.
Dev
'
essere
una
di
queste
.
»
Colui
le
provò
tutte
inutilmente
.
Poi
le
provò
il
Ricevitore
,
poi
Franco
.
La
buona
non
c
'
era
.
«
Mandi
a
S
.
Mamette
,
faccia
venire
il
fabbro
»
,
disse
Luisa
tranquillamente
.
Il
Ricevitore
guardò
l
'
aggiunto
come
per
dirgli
:
«
Mi
pare
inutile
»
.
Ma
l
'
aggiunto
gli
voltò
le
spalle
ed
esclamò
volto
a
Luisa
:
«
Questa
chiave
ci
dev
'
essere
»
.
Il
cassettone
,
un
vecchio
mobile
rococò
,
aveva
maniglie
di
metallo
ad
ogni
cassetto
.
Uno
dei
gendarmi
,
il
più
robusto
,
si
provò
di
aprire
a
forza
.
Non
gli
riuscì
né
col
primo
né
col
secondo
cassetto
.
In
quel
punto
Luisa
si
risovvenne
che
aveva
veduto
la
sciabola
nel
terzo
,
insieme
a
certi
disegni
arrotolati
.
Il
gendarme
afferrò
le
maniglie
del
terzo
cassetto
.
«
Questo
non
è
chiuso
»
,
diss
'
egli
.
Infatti
il
cassetto
si
aperse
facilmente
.
L
'
aggiunto
pigliò
il
lume
e
si
chinò
a
guardarvi
dentro
.
Franco
si
era
seduto
sul
canapè
e
guardava
i
travicelli
del
soffitto
.
Sua
moglie
,
quando
vide
il
cassetto
aperto
,
gli
sedette
accanto
,
gli
prese
e
gli
strinse
una
mano
spasmodicamente
.
Udì
sfogliar
carte
e
il
Ricevitore
mormorar
con
voce
benigna
:
«
Disegni
»
.
Poi
l
'
aggiunto
fece
:
«
Oh
!
»
.
I
satelliti
si
chinarono
a
guardare
;
Franco
trasalì
.
Ella
ebbe
la
forza
di
levarsi
per
vedere
e
dire
:
«
Cosa
c
'
è
?
»
.
L
'
aggiunto
aveva
in
mano
una
lunga
,
curva
busta
di
cartone
,
che
portava
un
biglietto
scritto
.
Egli
lo
aveva
prima
letto
silenziosamente
e
ora
lo
lesse
forte
con
un
accento
inesprimibile
di
soddisfazione
e
di
sarcasmo
.
«
Sciabola
del
tenente
Pietro
Ribera
ucciso
a
Malojaroslavetz
,
1812.»
Franco
balzò
in
piedi
,
sorpreso
,
incredulo
,
e
in
pari
tempo
l
'
aggiunto
aperse
la
busta
.
Franco
non
la
poteva
vedere
;
guardò
sua
moglie
,
che
la
vedeva
.
Sua
moglie
aveva
le
labbra
bianche
.
Lo
credette
spavento
e
non
gli
pareva
possibile
.
Era
gioia
:
la
busta
non
conteneva
che
un
fodero
vuoto
.
Luisa
si
trasse
nell
'
ombra
precipitosamente
,
cadde
a
sedere
sul
canapè
,
lottò
contro
un
violento
tremito
interno
,
s
'
irritò
con
se
stessa
,
si
disprezzò
e
lo
vinse
.
Intanto
l
'
aggiunto
,
preso
il
fodero
e
guardatolo
per
ogni
verso
,
chiese
a
Franco
dove
fosse
l
'
arma
.
Franco
fu
per
rispondere
che
non
lo
sapeva
com
'
era
vero
.
Ma
questa
potendo
parere
una
giustificazione
personale
,
rispose
invece
:
«
In
Russia
»
.
La
sciabola
non
era
in
Russia
,
era
confitta
nella
melma
,
in
fondo
al
lago
,
dove
l
'
aveva
segretamente
gittata
lo
zio
Piero
,
invece
di
consegnarla
.
«
E
perché
hanno
scritto
sciabola
?
»
,
fece
il
Ricevitore
tanto
per
mostrare
un
po
'
di
zelo
anche
lui
.
«
Chi
ha
scritto
è
morto
»
,
disse
Franco
.
«
Questa
chiave
subito
!
»
,
esclamò
rabbiosamente
il
Commissario
.
Stavolta
Luisa
la
trovò
e
gli
altri
due
cassetti
furono
aperti
;
uno
era
vuoto
,
l
'
altro
conteneva
delle
coperte
di
lana
e
della
lavanda
.
La
perquisizione
finì
qui
.
L
'
aggiunto
discese
in
sala
e
intimò
a
Franco
di
prepararsi
a
seguirlo
dentro
un
quarto
d
'
ora
.
«
Ma
ci
arresti
tutti
,
dunque
!
»
,
esclamò
Luisa
.
L
'
aggiunto
si
strinse
nelle
spalle
e
ripeté
a
Franco
:
«
Dentro
un
quarto
d
'
ora
.
Lei
!
Vada
pure
nella
Sua
camera
»
.
Franco
trascinò
via
Luisa
,
la
supplicò
di
tacere
,
di
rassegnarsi
per
amor
di
Maria
.
Egli
pareva
un
altro
,
non
mostrava
né
dolore
né
collera
,
aveva
nel
viso
e
nella
voce
una
dolcezza
seria
,
una
virile
tranquillità
.
Mise
nella
valigia
poca
biancheria
,
un
Dante
e
un
Almanach
du
jardinier
che
aveva
sul
tavolino
da
notte
,
si
chinò
un
momento
su
Maria
che
dormiva
e
non
le
diede
un
bacio
per
non
svegliarla
,
baciò
invece
Luisa
e
,
poiché
stavano
sotto
gli
occhi
dei
gendarmi
posti
alle
due
uscite
della
camera
,
si
sciolse
presto
dalle
sue
braccia
dicendole
in
francese
che
non
conveniva
dare
spettacolo
a
quei
signori
.
Prese
la
valigia
,
andò
a
porsi
agli
ordini
dell
'
aggiunto
.
Questi
aveva
la
barca
a
cinquanta
passi
da
casa
Ribera
,
verso
Albogasio
,
all
'
approdo
che
chiamano
del
Canevaa
.
Uscendo
dal
sottoportico
cavalcato
dalla
casa
,
Franco
si
udì
sopra
la
testa
uno
strepito
d
'
imposte
,
vide
batter
sulla
faccia
bianca
della
chiesa
il
lume
della
sua
camera
e
si
voltò
a
dir
verso
la
finestra
:
«
Manda
a
chiamar
il
medico
,
domattina
!
Addio
!
»
Luisa
non
rispose
.
Quando
i
gendarmi
arrivarono
con
l
'
arrestato
presso
il
Canevaa
,
l
'
aggiunto
comandò
loro
di
fermarsi
.
«
Signor
Maironi
»
,
diss
'
egli
,
«
Ella
ha
avuto
la
sua
lezione
.
Per
questa
volta
ritorni
a
casa
Sua
e
impari
a
rispettare
le
Autorità
.
»
Meraviglia
,
gioia
,
sdegno
scoppiarono
nel
cuore
di
Franco
.
Si
contenne
,
però
,
si
morse
le
labbra
e
si
avviò
a
casa
senza
fretta
.
Non
aveva
ancora
girato
il
canto
della
chiesa
,
che
Luisa
lo
riconobbe
al
passo
e
chiamò
:
«
Franco
?
»
.
Egli
saltò
avanti
,
fu
visto
,
vide
l
'
ombra
di
lei
sparire
dalla
finestra
,
entrò
in
casa
di
corsa
,
si
slanciò
sulla
scala
gridando
«
libero
,
libero
!
»
mentre
sua
moglie
la
scendeva
a
precipizio
con
una
furia
di
«
come
come
come
?
»
.
Si
cercarono
con
le
braccia
avide
,
si
afferrarono
,
si
strinsero
,
non
parlarono
più
.
Parlarono
poi
,
in
loggia
,
per
due
ore
continue
di
tutto
che
avevano
visto
,
udito
e
provato
,
ritornando
sempre
alla
sciabola
,
alle
carte
,
alle
monete
,
non
senza
fermarsi
su
tante
inezie
,
sull
'
accento
veneto
che
aveva
l
'
aggiunto
,
sul
gendarme
bruno
che
pareva
un
buon
diavolo
e
sul
gendarme
biondo
che
doveva
essere
un
cane
.
Di
quando
in
quando
tacevano
,
gustavano
il
silenzio
sicuro
e
la
dolcezza
della
casa
;
poi
ricominciavano
.
Prima
di
andar
a
letto
uscirono
sulla
terrazza
.
La
notte
era
scura
e
tepida
,
il
lago
immobile
.
L
'
afa
,
le
tenebre
,
le
forme
vaghe
,
mostruose
delle
montagne
pigliavano
nella
immaginazione
una
mortale
pesantezza
austriaca
;
l
'
aria
stessa
ne
pareva
grave
.
Non
avevano
sonno
,
né
Luisa
né
Franco
,
ma
conveniva
pure
andar
a
letto
per
la
fantesca
che
vegliava
Maria
.
Entrarono
in
camera
in
punta
di
piedi
.
La
bambina
dormiva
,
aveva
il
respiro
quasi
regolare
.
Cercarono
di
dormire
anch
'
essi
e
non
ci
riuscirono
.
Non
potevano
a
meno
,
specialmente
Franco
,
di
parlare
.
Egli
domandava
sottovoce
:
«
Dormi
?
»
.
Ella
rispondeva
«
no
»
e
allora
tornavano
in
campo
le
monete
o
le
carte
o
la
sciabola
o
lo
sgherro
dall
'
accento
veneto
.
Oramai
non
erano
più
davvero
cose
nuove
e
siccome
sull
'
alba
Maria
si
agitava
,
dava
segno
di
svegliarsi
,
avendo
Franco
sussurrato
da
capo
«
dormi
?
»
Luisa
rispose
«
sì
»
ed
egli
tacque
definitivamente
,
come
se
ne
fosse
persuaso
.
Il
giorno
dopo
la
perquisizione
,
Oria
,
Albogasio
,
San
Mamette
,
furono
pieni
di
bisbigli
:
«
Avii
sentii
?
»
.
«
Oh
car
Signor
!
»
.
«
Avii
sentii
?
»
.
«
Oh
cara
Madonna
!
»
I
bisbigli
più
sonori
,
per
forza
,
furono
quelli
che
appresero
il
fatto
alla
Barborin
Pasotti
.
Suo
marito
le
gridò
in
bocca
:
«
Maironi
!
Polizia
!
Gendarmi
!
Arresto
!
»
.
La
povera
donna
credette
che
un
esercito
avesse
spazzato
via
i
suoi
amici
e
si
mise
a
sbuffare
«
oh
!
oh
!
»
come
una
locomotiva
.
Gemette
,
pianse
,
domandò
a
Pasotti
della
bambina
.
Pasotti
,
che
non
voleva
assolutamente
permetterle
di
scendere
a
Oria
,
di
mostrare
in
quelle
circostanze
affetto
ai
Maironi
,
rispose
con
un
gesto
che
pareva
un
colpo
di
scopa
.
Via
.
Via
anche
quella
!
.
«
E
la
serva
?
Ci
sarà
la
serva
?
»
Il
perfido
uomo
menò
in
aria
un
altro
colpo
di
scopa
e
la
Barborin
capì
che
Sua
Maestà
I
.
R
.
A
.
avesse
fatto
portar
via
anche
la
serva
.
Ma
i
bisbigli
più
maligni
suonarono
assai
lontano
dalla
Valsolda
,
in
una
sala
del
Palazzo
Maironi
a
Brescia
.
Dieci
giorni
dopo
la
perquisizione
,
il
cavaliere
Greisberg
di
S
.
Giustina
,
cugino
del
Maironi
,
addetto
al
governo
del
feld
-
maresciallo
Radetzky
in
Verona
sino
al
1853
e
passato
poi
col
padrone
a
Milano
,
scendeva
a
casa
Maironi
dalla
carrozza
dell
'
I
.
R
.
Delegato
di
Brescia
,
del
quale
era
ospite
da
poche
ore
.
Il
cavaliere
,
un
bell
'
uomo
sulla
quarantina
,
azzimato
e
profumato
,
non
aveva
un
'
aria
molto
gaia
mentre
,
ritto
in
mezzo
alla
sala
di
ricevimento
,
stava
guardando
gli
antichi
stucchi
del
soffitto
in
aspettazione
della
marchesa
,
loro
contemporanea
.
Però
,
quando
l
'
uscio
in
faccia
,
spalancato
da
mano
servile
,
lasciò
passar
lentamente
la
grossa
persona
,
il
viso
marmoreo
e
la
parrucca
nera
di
Madama
,
il
cavaliere
si
trasfigurò
e
baciò
con
fervore
la
mano
grinzosa
della
vecchia
.
Una
dama
lombarda
devota
all
'
Austria
era
un
animale
raro
e
di
gran
pregio
agli
occhi
dell
'
Imperial
Regio
Governo
:
ogni
leale
funzionario
le
doveva
la
più
ossequiosa
galanteria
.
La
marchesa
ricevette
gli
omaggi
del
cugino
cavaliere
con
la
solita
flemmatica
dignità
e
,
fattolo
sedere
,
gli
domandò
notizie
dei
suoi
,
lo
ringraziò
della
visita
,
sempre
nello
stesso
tono
gutturale
e
dormiglioso
.
Finalmente
,
posatesi
le
mani
sul
ventre
,
ansando
un
poco
per
la
fatica
di
tante
parole
,
mostrò
di
star
ad
aspettare
quelle
del
cugino
.
Aspettava
che
le
parlasse
della
perquisizione
e
dell
'
ingegnere
Ribera
.
Ella
gli
aveva
espresso
in
passato
il
suo
dispiacere
che
Franco
subisse
la
influenza
di
sua
moglie
e
del
Ribera
,
il
suo
stupore
che
il
Governo
tenesse
al
proprio
stipendio
uno
che
nel
1848
aveva
fatto
apertamente
il
liberale
e
la
cui
famiglia
,
specialmente
quella
signorina
della
trappola
,
professava
il
più
sfacciato
liberalismo
.
Il
cavaliere
Greisberg
le
aveva
risposto
che
di
queste
sue
sagge
osservazioni
si
sarebbe
tenuto
conto
.
Poi
la
marchesa
aveva
istigato
il
Commissario
Zérboli
contro
il
povero
ingegnere
in
capo
.
Sapeva
dallo
Zérboli
della
perquisizione
;
perciò
,
quando
vide
Greisberg
,
intese
ch
'
era
venuto
a
parlarle
di
questo
.
Ora
ella
voleva
bene
servirsi
del
Governo
per
i
suoi
rancori
privati
,
ma
,
per
principio
,
non
si
riconosceva
obbligata
mai
di
gratitudine
a
nessuno
.
Il
governo
austriaco
,
saggiando
un
impiegato
malfido
,
aveva
fatto
il
proprio
interesse
.
Ella
non
aveva
sollecitato
nulla
,
non
toccava
a
lei
di
chieder
nulla
;
toccava
al
cavaliere
di
parlare
per
primo
.
Ma
il
signor
cavaliere
,
furbo
,
maligno
e
orgoglioso
la
sua
parte
,
non
la
intendeva
così
.
La
vecchia
voleva
un
favore
e
per
averlo
doveva
piegarsi
a
baciar
le
unghie
benefiche
del
Governo
.
Tacque
alquanto
per
raccogliersi
e
vedere
se
l
'
altra
cedesse
.
Visto
che
stava
muta
e
dura
,
si
fece
a
un
tratto
molle
egli
stesso
,
sorridente
,
grazioso
,
le
disse
che
veniva
da
Verona
,
le
propose
d
'
indovinar
il
giro
che
aveva
fatto
.
Era
passato
per
un
paese
così
carino
,
aveva
veduto
una
villa
così
deliziosa
,
così
splendida
,
un
paradiso
!
Indovinare
non
era
il
forte
della
marchesa
;
gli
domandò
s
'
era
stato
in
Brianza
.
No
,
da
Verona
a
Brescia
per
la
Brianza
non
c
'
era
venuto
.
Tornò
a
descriver
la
villa
così
minutamente
che
la
marchesa
non
poté
a
meno
di
riconoscere
il
suo
possesso
di
Monzambano
.
Allora
il
cavaliere
le
propose
d
'
indovinare
perché
mai
fosse
andato
a
veder
la
villa
.
Ella
indovinò
subito
,
indovinò
tutta
la
tela
della
commedia
che
le
si
recitava
,
ma
il
suo
viso
melenso
non
ne
disse
nulla
.
Il
Delegato
di
Brescia
l
'
aveva
tastata
un
'
altra
volta
per
sapere
se
appigionerebbe
la
villa
a
S
.
E
.
il
Maresciallo
;
ed
ella
,
minacciata
segretamente
d
'
incendi
e
di
morte
dai
liberali
di
Brescia
,
aveva
preso
delle
rispettose
scappatoie
.
Sentì
ora
nel
discorso
del
Greisberg
la
tacita
offerta
di
un
contratto
e
si
pose
in
guardia
.
Confessò
al
cugino
che
non
sapeva
indovinare
neppur
questo
.
Già
le
pareva
di
diventare
ogni
giorno
più
stupida
.
Anni
e
dispiaceri
!
«
Ne
ho
avuto
uno
grosso
anche
di
questi
giorni
!
»
,
diss
'
ella
.
«
Ho
saputo
che
la
Polizia
ha
fatto
una
perquisizione
in
casa
di
mio
nipote
a
Oria
.
»
Il
Greisberg
,
sentendosi
sfuggire
la
vecchia
ipocrita
,
buttò
via
i
guanti
e
la
fermò
con
gli
artigli
.
«
Marchesa
»
,
diss
'
egli
prendendo
un
tono
che
non
ammetteva
repliche
,
«
Ella
non
deve
parlare
di
dispiaceri
.
Ella
ha
fornito
per
mezzo
mio
e
per
mezzo
del
signor
Commissario
di
Porlezza
preziose
informazioni
al
Governo
,
il
quale
Le
tien
conto
delle
Sue
benemerenze
.
A
Suo
nipote
non
fu
torto
un
capello
né
si
torcerà
se
avrà
giudizio
.
Mi
rincresce
invece
che
non
si
avrà
modo
,
forse
,
di
prendere
provvedimenti
severi
contro
un
'
altra
persona
che
ha
dei
torti
privati
verso
di
Lei
.
Per
trovar
modo
di
colpire
questa
persona
il
signor
Commissario
di
Porlezza
ha
fatto
anche
più
del
suo
dovere
.
Ella
deve
capire
senz
'
altro
,
marchesa
,
che
non
è
il
caso
di
dispiaceri
e
che
anzi
ha
un
obbligo
particolare
verso
il
Governo
.
»
La
marchesa
non
s
'
era
mai
udita
parlare
così
alto
e
con
tanta
formidabile
autorità
.
Era
forse
ai
battiti
dispettosi
del
cuore
che
rispondeva
sopra
al
suo
rigido
busto
il
visibile
ondulamento
continuo
del
collo
e
del
capo
;
ma
pareva
proprio
il
moto
d
'
un
animale
che
lavorasse
faticosamente
a
ingoiar
un
boccone
enorme
.
A
ogni
modo
ella
non
piegò
fino
a
dire
una
parola
d
'
acquiescenza
.
Solamente
,
quando
riprese
la
sua
placidezza
obesa
,
osservò
che
non
aveva
mai
domandato
di
prendere
provvedimenti
contro
nessuno
,
che
se
nella
perquisizione
non
si
era
trovato
niente
a
carico
dell
'
ingegnere
Ribera
,
ne
aveva
piacere
;
che
del
resto
in
casa
Ribera
se
n
'
eran
dette
di
tutti
i
colori
e
che
i
discorsi
era
difficile
trovarli
.
Il
cavaliere
rispose
,
più
mansueto
,
che
non
poteva
dire
se
si
fosse
trovato
niente
o
no
e
che
l
'
ultima
parola
sarebbe
stata
pronunciata
dal
maresciallo
,
il
quale
intendeva
occuparsi
personalmente
della
cosa
.
Ciò
gli
diede
modo
di
ritornar
al
discorso
della
villa
di
Monzambano
.
La
chiese
formalmente
per
Sua
Eccellenza
che
intendeva
venirci
dentro
otto
giorni
.
La
marchesa
ringraziò
dell
'
onor
grande
,
disse
che
la
sua
villa
non
meritava
tanto
,
che
le
pareva
troppo
angusta
,
che
aveva
bisogno
di
riparazioni
,
che
bisognava
dirlo
a
Sua
Eccellenza
.
Avrebbe
voluto
differire
,
aspettar
il
prezzo
sciagurato
della
sua
condiscendenza
,
ma
il
cavaliere
diede
un
altro
colpo
di
artiglio
e
dichiarò
che
bisognava
risponder
subito
,
risponder
netto
,
sì
o
no
,
e
convenne
bene
che
la
vecchia
piegasse
il
capo
.
«
Per
compiacere
a
Sua
Eccellenza
»
,
diss
'
ella
.
Greisberg
tornò
subito
amabile
,
scherzò
sulle
misure
che
si
potrebbero
prendere
contro
quel
signor
ingegnere
.
Non
c
'
era
da
sparger
sangue
,
c
'
era
da
spargere
,
tutt
'
al
più
,
un
po
'
d
'
inchiostro
;
non
c
'
era
da
togliergli
la
libertà
,
c
'
era
da
rendergliela
intera
!
La
marchesa
non
fiatò
.
Fece
portare
due
limonate
e
sorbì
lentamente
la
sua
a
piccoli
sorsi
,
non
senza
una
fioca
espressione
di
contentezza
fra
un
sorso
e
l
'
altro
,
come
se
ci
fosse
nella
limonata
un
sapore
nuovo
e
squisito
.
Il
cavaliere
avrebbe
pur
voluto
da
lei
una
parola
esplicita
su
questo
punto
del
Ribera
,
una
confessione
del
suo
desiderio
,
e
posando
sul
vassoio
la
tazza
vuotata
rapidamente
,
le
disse
:
«
Mi
ci
metterò
io
,
sa
,
e
ci
riusciremo
a
questo
.
È
contenta
?
»
.
La
marchesa
continuò
a
sorseggiare
la
limonata
,
piano
,
piano
,
guardando
nel
bicchiere
.
«
Non
va
bene
?
»
,
domandò
ancora
il
cugino
dopo
una
inutile
attesa
.
«
Sì
,
è
buona
»
,
rispose
il
sonnolento
naso
.
«
Bevo
adagio
per
i
denti
.
»
Gli
ultimi
bisbigli
non
furono
umani
.
Luisa
e
Franco
erano
seduti
sull
'
erba
di
Looch
,
presso
al
cimitero
.
Parlavano
della
bontà
grande
e
squisita
della
mamma
,
la
paragonavano
alla
bontà
grande
e
semplice
dello
zio
notandone
le
somiglianze
e
le
differenze
.
Non
dicevano
quale
delle
due
bontà
paresse
loro
superiore
nell
'
insieme
,
ma
dai
loro
giudizi
s
'
indovinavano
le
inclinazioni
diverse
.
Franco
preferiva
la
bontà
tutta
penetrata
di
fede
nel
soprannaturale
e
Luisa
preferiva
l
'
altra
.
Egli
soffriva
di
questa
contraddizione
segreta
pur
esitando
di
rilevarla
,
temendo
di
premere
il
tasto
che
poteva
dare
una
nota
troppo
penosa
.
Ma
la
fronte
sua
n
'
era
adombrata
e
a
un
certo
punto
gli
sfuggì
di
dire
:
«
Quante
disgrazie
,
quante
amarezze
ha
sopportato
tua
madre
,
con
che
rassegnazione
,
con
che
forza
,
con
che
pace
!
Credi
tu
che
una
pura
bontà
naturale
le
avrebbe
potute
sopportare
così
?
»
.
«
Non
lo
so
»
,
rispose
Luisa
.
«
La
povera
mamma
aveva
vissuto
,
io
credo
,
in
un
mondo
superiore
prima
che
in
questo
:
aveva
sempre
il
cuore
là
.
»
Ella
non
disse
tutto
il
suo
pensiero
.
Pensava
che
se
le
anime
buone
di
questo
mondo
fossero
simili
nella
mansuetudine
religiosa
a
sua
madre
,
la
terra
diventerebbe
il
regno
dei
bricconi
e
dei
prepotenti
.
E
quanto
ai
dolori
che
non
vengono
dagli
uomini
ma
dalle
condizioni
stesse
della
vita
umana
,
le
pareva
di
ammirar
coloro
che
vi
resistono
per
una
forza
loro
propria
sopra
quegli
altri
che
invocano
e
ottengono
aiuto
dallo
stesso
Essere
onde
furono
percossi
.
Ma
ella
non
voleva
confessar
questi
sentimenti
a
suo
marito
.
Espresse
invece
la
speranza
che
lo
zio
non
avesse
a
incontrar
mai
afflizioni
gravi
.
Possibile
che
il
Signore
volesse
far
soffrire
un
uomo
tale
?
«
No
no
no
!
»
,
esclamò
Franco
,
che
in
un
altro
momento
non
avrebbe
osato
,
forse
,
ammonire
Iddio
a
questo
modo
.
Un
soffio
del
Boglia
calò
per
la
gola
di
Muzài
,
agitò
le
frondi
alte
dei
noci
.
A
Luisa
quello
stormire
parve
legarsi
con
le
ultime
parole
di
Franco
:
le
parve
che
il
vento
e
i
grandi
alberi
sapessero
qualche
cosa
del
futuro
e
ne
bisbigliassero
insieme
.
5
.
Il
segreto
del
vento
e
dei
noci
La
febbre
di
Maria
non
durò
che
otto
giorni
,
eppure
quando
la
piccina
si
alzò
i
suoi
genitori
la
trovarono
mutata
nel
viso
e
nello
spirito
più
che
se
gli
otto
giorni
fossero
stati
otto
mesi
.
Gli
occhi
avevan
preso
un
colore
più
oscuro
,
una
singolare
espressione
di
serietà
e
di
maturità
precoce
.
Parlava
più
chiaro
e
spedito
,
ma
con
le
persone
che
non
le
garbavano
non
parlava
affatto
;
neanche
le
salutava
.
Ciò
spiaceva
più
a
Franco
che
a
Luisa
.
Franco
la
voleva
gentile
e
Luisa
temeva
di
guastarle
la
sincerità
.
Maria
aveva
per
sua
madre
un
affetto
non
tanto
espansivo
ma
violento
:
fiero
,
quasi
,
e
geloso
.
Voleva
molto
bene
anche
a
suo
padre
;
però
si
capiva
che
lo
sentiva
diverso
da
sé
.
Franco
aveva
trasporti
di
passione
per
essa
,
l
'
afferrava
all
'
impensata
,
la
stringeva
,
la
divorava
di
baci
ed
ella
allora
gittava
il
capo
all
'
indietro
puntando
una
manina
sul
viso
di
suo
padre
e
guardandolo
scura
come
se
qualche
cosa
in
lui
le
fosse
straniero
e
ripugnante
.
Spesso
Franco
la
sgridava
con
ira
e
Maria
piangeva
,
lo
fissava
attraverso
le
lagrime
senza
muoversi
,
come
affascinata
,
ancora
con
quella
espressione
di
persona
che
non
comprende
.
Egli
vedeva
la
predilezione
della
bambina
per
sua
madre
e
se
ne
compiaceva
,
gli
pareva
una
preferenza
giusta
,
non
dubitava
che
Maria
,
più
tardi
,
avrebbe
teneramente
amato
anche
lui
.
A
Luisa
dispiaceva
molto
,
per
amore
del
marito
,
che
la
bambina
dimostrasse
maggior
affetto
a
lei
,
però
questo
sentimento
suo
non
era
vivo
e
schietto
come
la
compiacenza
generosa
di
Franco
.
A
Luisa
pareva
in
fondo
che
Franco
malgrado
tanti
trasporti
,
amasse
sua
figlia
come
un
essere
distinto
da
lui
;
mentre
lei
,
che
trasporti
esteriori
di
tenerezza
non
ne
aveva
,
amava
la
bambina
come
una
parte
vitale
di
se
stessa
;
perciò
non
poteva
trovare
ingiusto
d
'
esserne
preferita
.
Poi
ell
'
aveva
in
cuore
una
Maria
futura
probabilmente
diversa
da
quella
che
aveva
in
cuore
Franco
.
Anche
per
questo
non
le
poteva
rincrescere
di
avere
un
predominio
morale
sulla
figliuola
.
Vedeva
il
pericolo
che
Franco
favorisse
uno
sviluppo
forte
del
sentimento
religioso
;
pericolo
gravissimo
,
secondo
lei
;
perché
Maria
,
piena
di
curiosità
,
avida
di
racconti
,
aveva
i
germi
d
'
un
'
immaginazione
assai
viva
,
assai
propizia
alle
fantasie
religiose
e
ne
poteva
venire
uno
squilibrio
morale
.
Non
si
trattava
di
sopprimere
il
sentimento
religioso
;
questo
,
Luisa
non
l
'
avrebbe
fatto
mai
,
non
foss
'
altro
per
rispetto
a
Franco
;
ma
occorreva
che
Maria
,
fatta
donna
,
sapesse
trovare
il
perno
della
propria
vita
in
un
senso
morale
sicuro
e
forte
per
sé
,
non
appoggiato
a
credenze
che
finalmente
erano
ipotesi
e
opinioni
,
e
potevano
un
giorno
o
l
'
altro
mancarle
.
Serbar
fede
al
Giusto
,
al
Vero
,
fuor
di
qualsiasi
altra
fede
,
di
qualsiasi
speranza
e
paura
,
pareva
a
lei
lo
stato
più
sublime
della
coscienza
umana
.
A
una
tale
perfezione
si
figurava
aver
rinunciato
per
sé
poiché
andava
a
messa
e
due
volte
l
'
anno
ai
sacramenti
,
e
intendeva
rinunciarvi
per
Maria
,
ma
come
uno
che
rinuncia
alla
perfezione
cristiana
perché
si
trova
aver
moglie
e
figliuoli
;
a
malincuore
e
il
meno
possibile
.
A
Maria
poteva
essere
serbata
in
sorte
la
ricchezza
.
Bisognava
impedire
assolutamente
che
accettasse
una
vita
di
frivolezze
,
compensate
dalla
messa
alla
mattina
,
dal
rosario
alla
sera
e
da
elemosine
.
Luisa
si
era
provata
qualche
volta
di
tastar
Franco
su
questo
terreno
di
dare
all
'
educazione
di
Maria
un
indirizzo
morale
disgiunto
dall
'
indirizzo
religioso
e
il
tasto
aveva
sempre
risposto
male
.
Che
non
si
credesse
nella
religione
Franco
lo
capiva
;
che
qualcuno
la
potesse
trovare
insufficiente
come
norma
della
vita
,
gli
riusciva
affatto
inconcepibile
.
Che
tutti
poi
dovessero
aspirare
alla
santità
,
che
non
fosse
buon
cristiano
chi
amasse
il
tarocco
,
la
primiera
,
la
caccia
,
la
pesca
,
i
buoni
pranzetti
e
le
bottiglie
fini
,
neanche
gli
passava
per
il
capo
.
E
questo
indirizzo
morale
dell
'
educazione
disgiunto
dall
'
indirizzo
religioso
gli
pareva
una
fisima
perché
secondo
lui
i
galantuomini
senza
fede
erano
galantuomini
per
natura
o
per
abitudine
,
non
per
un
ragionamento
morale
o
filosofico
.
Non
c
'
era
dunque
modo
per
Luisa
d
'
intendersi
con
suo
marito
circa
questo
delicato
punto
.
Doveva
operare
da
sé
e
con
molta
cautela
per
non
offenderlo
né
affliggerlo
.
Se
Franco
mostrava
alla
bambina
le
stelle
e
la
luna
,
i
fiori
e
le
farfalle
come
opere
mirabili
di
Dio
e
le
faceva
della
poesia
religiosa
buona
per
una
ragazza
di
dodici
anni
,
Luisa
taceva
;
se
invece
gli
avveniva
di
dire
a
Maria
:
«
Bada
,
Iddio
non
vuole
che
tu
faccia
questo
,
Iddio
non
vuole
che
tu
faccia
quello
»
,
Luisa
soggiungeva
subito
:
«
Questo
è
male
,
quello
è
male
,
non
si
deve
mai
far
il
male
»
.
Qui
però
non
poteva
a
meno
di
aprirsi
qualche
screzio
visibile
fra
il
padre
e
la
madre
perché
non
sempre
il
giudizio
morale
dell
'
uno
si
accordava
col
giudizio
morale
dell
'
altra
.
Una
volta
erano
insieme
alla
finestra
della
sala
mentre
Maria
giuocava
sul
sagrato
con
una
bambina
di
Oria
presso
a
poco
della
sua
età
.
Passa
un
fratello
di
questa
,
un
prepotentone
di
otto
anni
e
intima
alla
sorellina
di
seguirlo
.
Questa
rifiuta
e
piange
.
Maria
,
seria
seria
,
affronta
il
prepotente
con
i
pugni
.
Franco
la
trattiene
con
una
chiamata
imperiosa
;
la
piccina
si
volta
a
guardarlo
e
scoppia
in
lagrime
mentre
quell
'
altro
si
trascina
via
la
sua
vittima
.
Luisa
lasciò
la
finestra
dicendo
sottovoce
a
suo
marito
:
«
Scusa
,
questo
non
è
giusto
»
.
«
Come
non
è
giusto
?
»
Franco
si
riscaldò
,
alzò
la
voce
,
chiese
a
sua
moglie
se
voleva
una
Maria
violenta
e
manesca
.
Ella
rispondeva
con
dolcezza
e
con
fermezza
,
senza
risentirsi
di
qualche
parola
pungente
,
sosteneva
che
il
sentimento
di
Maria
era
buono
,
che
opporsi
alla
prepotenza
e
all
'
ingiustizia
era
il
compito
migliore
per
tutti
,
che
se
un
bambino
vi
adoperava
le
mani
,
fatto
adulto
vi
avrebbe
adoperato
mezzi
più
civili
,
ma
che
se
si
reprimeva
in
lui
la
espressione
naturale
dell
'
animo
,
si
correva
il
rischio
di
schiacciare
con
essa
anche
il
buon
sentimento
nascente
.
Franco
non
si
persuase
.
Secondo
lui
era
molto
dubbio
che
in
Maria
vi
fossero
di
quei
sentimenti
eroici
.
Ella
si
era
arrabbiata
di
vedersi
portar
via
la
sua
compagna
di
giuoco
e
niente
altro
.
Ma
poi
,
la
parte
della
donna
non
era
forse
di
opporre
alle
ingiustizie
e
alle
prepotenze
una
dolcezza
mansueta
,
di
mitigare
ed
emendare
gli
offensori
piuttosto
che
di
respinger
con
la
forza
l
'
offesa
?
Luisa
diventò
rossa
e
rispose
che
ad
alcune
donne
,
forse
alle
migliori
,
questa
parte
conveniva
,
ma
che
non
poteva
convenire
a
tutte
perché
tutte
non
potevano
essere
tanto
miti
e
umili
.
«
E
tu
sei
di
quelle
altre
?
»
,
esclamò
Franco
.
«
Credo
di
sì
.
»
«
Bella
cosa
!
»
«
Ti
rincresce
molto
?
»
«Moltissimo.»
Luisa
gli
pose
le
mani
sulle
spalle
.
«
Ti
rincresce
molto
?
»
,
diss
'
ella
fissandolo
negli
occhi
,
«
che
io
m
'
irriti
come
te
d
'
aver
questi
padroni
in
casa
,
che
io
desideri
come
te
di
aiutare
anche
con
le
mie
mani
a
cacciarli
via
o
preferiresti
che
io
cercassi
di
emendare
Radetzky
e
di
mitigare
i
croati
?
»
«
Questa
è
un
'
altra
cosa
!
»
«
Come
un
'
altra
cosa
?
No
,
è
la
stessa
cosa
!
»
«
È
un
'
altra
cosa
!
»
,
ripeté
Franco
;
e
non
seppe
dimostrare
che
fosse
un
'
altra
cosa
.
Gli
pareva
di
aver
torto
secondo
un
raziocinio
superficiale
e
di
avere
ragione
secondo
una
verità
profonda
che
non
riusciva
ad
afferrare
.
Non
parlò
più
,
fu
pensieroso
tutto
quel
giorno
e
si
vedeva
che
cercava
la
sua
risposta
.
Ci
pensò
anche
la
notte
,
gli
parve
di
averla
trovata
e
chiamò
sua
moglie
che
dormiva
.
«
Luisa
!
»
,
diss
'
egli
.
«
Luisa
!
Quella
è
un
'
altra
cosa
.
»
«
Cos
'
è
stato
?
»
,
fece
Luisa
svegliandosi
di
soprassalto
.
Egli
aveva
pensato
che
la
offesa
del
dominio
straniero
non
era
personale
come
le
offese
private
e
che
procedeva
dalla
violazione
d
'
un
principio
di
giustizia
generale
;
ma
nell
'
atto
di
spiegar
ciò
a
sua
moglie
,
gli
venne
in
mente
che
anche
nelle
offese
private
aveva
sempre
luogo
la
violazione
d
'
un
principio
di
giustizia
generale
,
si
figurò
di
avere
sbagliato
.
«
Niente
»
,
diss
'
egli
.
Sua
moglie
credette
che
sognasse
e
,
posatogli
il
capo
sopra
una
spalla
,
si
riaddormentò
.
Se
vi
erano
argomenti
capaci
di
convertire
Franco
alle
idee
di
sua
moglie
,
erano
quel
dolce
contatto
,
quel
dolce
respiro
vicino
al
suo
petto
,
che
gli
avevan
fatto
tante
altre
volte
deliziosamente
sentire
un
reciproco
abbandono
delle
anime
.
Ora
non
fu
così
.
Gli
passò
anzi
nel
cervello
,
come
una
lama
rapida
e
fredda
,
il
pensiero
che
questo
latente
antagonismo
fra
le
idee
di
sua
moglie
e
le
sue
avesse
un
giorno
o
l
'
altro
a
scoppiare
in
qualche
doloroso
modo
e
se
la
strinse
atterrito
nelle
braccia
come
per
difender
sé
e
lei
contro
i
fantasmi
della
propria
mente
.
Il
sei
novembre
,
dopo
colazione
,
Franco
prese
le
sue
grosse
forbici
da
giardiniere
per
fare
il
solito
sterminio
di
seccumi
nel
giardinetto
e
sulla
terrazza
.
Era
un
'
ora
di
tanta
bellezza
,
di
tanta
pace
da
stringere
il
cuore
.
Non
una
foglia
che
si
muovesse
;
purissima
,
cristallina
l
'
aria
da
ponente
;
sfumanti
a
levante
,
dentro
lievi
vapori
,
le
montagne
fra
Osteno
e
Porlezza
;
la
casa
sfolgorata
dal
sole
e
dai
riverberi
tremoli
del
lago
;
il
sole
assai
caldo
ma
i
crisantemi
del
giardinetto
,
gli
ulivi
,
gli
allori
della
costa
più
visibili
fra
il
rosseggiar
delle
foglie
caduche
,
certa
segreta
frescura
dell
'
aria
imbalsamata
d
'
olea
fragrans
,
il
silenzio
d
'
ogni
vento
,
le
aeree
montagne
del
lago
di
Como
bianche
di
neve
accordantisi
malinconicamente
a
dire
che
la
cara
stagione
moriva
.
Sterminati
i
seccumi
,
Franco
propose
a
sua
moglie
di
andar
in
barca
a
Casarico
per
riportare
all
'
amico
Gilardoni
i
due
primi
volumi
dei
Mystères
du
Peuple
,
divorati
avidamente
in
pochi
giorni
,
e
averne
il
terzo
.
Fu
deciso
di
partire
a
mezzogiorno
,
dopo
aver
posto
a
letto
Maria
.
Ma
prima
che
Maria
fosse
a
letto
comparve
tutta
ansante
,
col
cappello
e
la
mantiglia
a
sghimbescio
,
la
Barborin
Pasotti
.
Era
salita
dal
cancello
del
giardinetto
e
si
fermò
sulla
soglia
della
sala
.
Veniva
per
la
prima
volta
dopo
la
perquisizione
;
vide
i
suoi
amici
,
giunse
le
mani
,
ripeté
sottovoce
:
«
Ah
Signor
,
ah
Signor
,
ah
Signor
!
»
,
si
precipitò
su
Luisa
,
la
coperse
di
baci
.
«
Cara
la
mia
tosa
!
Cara
la
mia
tosa
!
»
.
Avrebbe
volentieri
fatto
altrettanto
con
Franco
,
ma
Franco
non
gradiva
certe
espansioni
,
aveva
una
faccia
poco
incoraggiante
,
per
cui
la
povera
donna
si
accontentò
di
prendergli
e
scuotergli
ambedue
le
mani
.
«
Car
el
mè
don
Franco
!
Car
el
mè
don
Franco
!
»
.
Si
raccolse
finalmente
in
braccio
la
Maria
che
le
puntò
le
manine
al
petto
facendo
un
viso
simile
a
quello
di
suo
padre
.
«
Son
vègia
,
neh
?
Son
brutta
,
neh
?
Te
piasi
no
?
L
'
è
nient
,
l
'
è
nient
,
l
'
è
nient
!
»
.
E
si
mise
a
baciarle
umilmente
le
braccia
e
le
spalle
,
non
osando
affrontare
il
visetto
acerbo
.
Poi
disse
ai
suoi
amici
che
aveva
portato
loro
una
bella
notizia
e
gli
occhi
le
brillavano
di
questo
mistero
gaudioso
.
La
marchesa
aveva
scritto
a
Pasotti
e
nella
lettera
c
'
era
un
periodo
che
la
Barborin
aveva
imparato
a
mente
:
«
Ho
appreso
con
vivo
dispiacere
(
vivo
dispiacere
,
gh
'
è
sü
inscì
)
il
triste
fatto
di
Oria
...
di
Oria
...
(
spètta
!
)
il
triste
fatto
di
Oria
...
(
ah
!
)
e
benché
mio
nipote
nulla
meriti
,
(
ciào
,
quell
pacienza
!
)
desidero
non
abbia
cattive
conseguenze
»
.
Il
periodo
non
ebbe
un
gran
successo
.
Luisa
fece
il
viso
scuro
e
non
parlò
;
Franco
guardò
sua
moglie
e
non
osò
metter
fuori
il
commento
favorevole
che
aveva
nella
bocca
ma
non
,
per
verità
,
nel
cuore
.
La
povera
Barborin
che
aveva
approfittato
della
andata
di
suo
marito
a
Lugano
per
correre
a
portar
il
suo
zuccherino
,
rimase
assai
mortificata
,
guardava
contrita
ora
Luisa
ora
Franco
e
finì
col
togliersi
di
tasca
uno
zuccherino
vero
e
proprio
onde
darlo
a
Maria
.
Poi
,
avendo
capito
che
gli
sposi
desideravano
partire
in
barca
e
struggendosi
di
stare
un
po
'
con
Maria
,
tanto
disse
e
fece
che
quelli
se
ne
andarono
lasciando
l
'
incarico
alla
Veronica
di
metter
la
bambina
a
letto
un
po
'
più
tardi
.
Maria
non
parve
gradir
molto
la
compagnia
della
sua
vecchia
amica
.
Taceva
,
taceva
ostinatamente
e
non
andò
molto
che
spalancò
la
bocca
e
scoppiò
in
lagrime
.
La
povera
Pasotti
non
sapeva
che
Santi
invocare
.
Invocò
la
Veronica
,
ma
la
Veronica
discorreva
con
una
guardia
di
finanza
e
non
udì
o
non
volle
udire
.
Offerse
anelli
,
braccialetti
,
l
'
orologio
,
persino
il
cappellone
da
viceregina
Beauharnais
,
ma
nulla
riuscì
gradito
.
Maria
continuava
a
piangere
.
Ebbe
allora
l
'
idea
di
mettersi
al
piano
e
si
mise
a
picchiare
e
ripicchiare
otto
o
dieci
battute
d
'
una
monferrina
antidiluviana
.
Allora
la
principessina
Maria
si
mansuefece
,
si
lasciò
pigliar
dalla
sua
musicista
di
camera
così
delicatamente
come
se
le
sue
braccine
fossero
state
ali
di
farfalla
e
posar
sulle
ginocchia
così
piano
come
se
vi
fosse
stato
pericolo
di
far
cader
in
polvere
le
vecchie
gambe
.
Udite
cinque
o
sei
repliche
della
monferrina
,
Maria
fece
un
visino
annoiato
,
si
provò
di
strappar
dal
piano
le
mani
rugose
della
suonatrice
e
disse
sottovoce
:
«
Cantami
una
canzonetta
»
.
Poi
,
non
ottenendo
risposta
,
si
voltò
a
guardarla
in
faccia
,
le
gridò
a
squarciagola
:
«
Cantami
una
canzonetta
!
»
.
«
Non
capisco
»
,
rispose
la
Pasotti
,
«
sono
sorda
.
»
«
Perché
sei
sorda
?
»
«
Sono
sorda
»
,
replicò
l
'
infelice
,
sorridendo
.
«
Ma
perché
sei
sorda
?
»
La
Pasotti
non
poteva
immaginare
cosa
chiedesse
la
bambina
.
«
Non
capisco
»
,
diss
'
ella
.
«
Allora
»
,
fece
Maria
con
un
'
aria
molto
grave
,
«
sei
stupida
.
»
Dopo
di
che
aggrottò
le
ciglia
e
riprese
piagnucolando
:
«
Voglio
una
canzonetta
!
»
Qualcuno
disse
dal
giardinetto
:
«
Eccolo
,
quel
delle
canzonette
!
»
Maria
alzò
il
viso
,
s
'
illuminò
tutta
.
«
Missipipì
»
,
diss
'
ella
e
scivolò
giù
dalle
ginocchia
della
Pasotti
,
corse
incontro
allo
zio
Piero
ch
'
entrava
.
Si
alzò
anche
la
Pasotti
,
stese
le
braccia
,
tutta
sorpresa
e
ridente
,
verso
il
vecchio
inaspettato
amico
.
«
Tè
chì
,
tè
chì
,
tè
chì
!
»
.
E
corse
a
salutarlo
.
La
Maria
strillò
tanto
forte
«
Missipipì
,
Missipipì
!
»
,
e
si
avvinghiò
tanto
stretta
alle
gambe
dello
zio
che
questi
,
quantunque
paresse
non
averne
voglia
,
dovette
pur
sedere
sul
canapè
,
pigliarsi
la
bambina
sulle
ginocchia
e
ripeterle
la
vecchia
canzone
:
Ombretta
sdegnosa
...
Dopo
quattro
o
cinque
Missipipì
la
Pasotti
,
temendo
che
suo
marito
ritornasse
,
prese
congedo
.
La
Veronica
voleva
porre
Maria
a
letto
.
La
piccina
si
crucciò
,
lo
zio
intervenne
:
«
Oh
lasciatela
un
po
'
qui
!
»
,
e
uscì
con
lei
sulla
terrazza
per
vedere
se
il
papà
e
la
mamma
ritornassero
.
Nessuna
barca
veniva
da
Casarico
.
La
piccina
ordinò
allo
zio
di
sedere
e
gli
si
arrampicò
sulle
ginocchia
.
«
Perché
sei
venuto
?
»
,
diss
'
ella
.
«
Non
c
'
è
mica
,
sai
,
il
pranzo
per
te
.
»
«
Me
lo
farai
tu
,
il
pranzo
.
Sono
venuto
per
star
con
te
.
»
«
Sempre
?
»
«Sempre.»
«
Proprio
sempre
sempre
sempre
?
»
«
Proprio
sempre
.
»
Maria
tacque
,
pensierosa
.
Poi
domandò
:
«
E
cosa
mi
hai
portato
?
»
Lo
zio
si
levò
di
tasca
un
fantoccio
di
gomma
.
Se
Maria
avesse
potuto
sapere
,
intendere
con
quale
animo
,
sotto
qual
colpo
lo
zio
fosse
andato
a
prender
per
lei
quel
fantoccino
avrebbe
pianto
di
tenerezza
.
«
È
brutto
questo
regalo
»
,
diss
'
ella
,
ricordando
gli
altri
dello
zio
.
«
E
se
resti
qui
,
non
mi
porti
più
niente
?
»
«
Più
niente
.
»
«
Va
'
via
,
zio
»
,
diss
'
ella
.
Egli
sorrise
.
Adesso
Maria
volle
sapere
dallo
zio
se
,
quando
era
bambino
lui
,
suo
zio
gli
portasse
regali
.
Ma
questo
zio
dello
zio
,
per
quanto
la
cosa
paresse
impossibile
a
Maria
,
non
era
mai
esistito
.
E
allora
chi
gli
portava
regali
?
Ed
era
egli
un
buon
bambino
?
Piangeva
?
Lo
zio
si
mise
a
raccontarle
cose
della
sua
infanzia
,
cose
di
sessant
'
anni
prima
,
quando
la
gente
portava
parrucca
e
codino
.
Si
compiaceva
di
ricordare
alla
nipotina
quel
tempo
lontano
,
di
farla
vivere
per
un
momento
insieme
ai
suoi
vecchi
,
e
parlava
con
gravità
triste
,
come
avendo
presenti
quei
cari
morti
,
come
parlando
più
per
essi
che
per
lei
.
Ella
gli
fissava
in
viso
gli
occhi
spalancati
,
non
batteva
palpebra
.
Né
lui
né
lei
s
'
accorgevano
che
intanto
passava
il
tempo
,
né
lui
né
lei
pensavano
più
alla
barca
che
doveva
venire
.
E
la
barca
venne
,
Luisa
e
Franco
salirono
senza
sospettare
di
nulla
,
pensando
che
la
bambina
dormisse
.
Franco
fu
il
primo
che
vide
sotto
i
rami
cadenti
delle
passiflore
lo
zio
seduto
,
curvo
su
Maria
che
gli
stava
sulle
ginocchia
.
Mise
una
gran
voce
di
sorpresa
e
corse
là
seguito
da
Luisa
,
con
l
'
idea
che
fosse
successo
qualche
cosa
.
«
Tu
qui
?
»
,
diss
'
egli
correndo
.
Luisa
,
pallida
,
non
disse
nulla
.
Lo
zio
alzò
il
capo
,
li
vide
:
essi
compresero
subito
che
vi
era
una
brutta
novità
,
non
gli
avevano
mai
veduto
una
faccia
così
seria
.
«
Addio
»
,
diss
'
egli
.
«
Cosa
è
stato
?
»
,
sussurrò
Franco
.
Egli
fe
'
cenno
ad
ambedue
di
ritirarsi
dalla
terrazza
nella
loggia
,
ve
li
seguì
,
allargò
le
braccia
,
povero
vecchio
,
come
un
crocifisso
e
disse
con
voce
triste
ma
tranquilla
:
«
Destituito
»
.
Franco
e
Luisa
lo
guardarono
un
momento
come
istupiditi
.
Poi
Franco
esclamò
:
«
Oh
zio
,
zio
!
»
,
e
lo
abbracciò
.
Vedendo
quell
'
atto
e
il
viso
di
sua
madre
,
Maria
scoppiò
in
lagrime
.
Luisa
cercò
di
farla
tacere
,
ma
ella
stessa
,
la
donna
forte
,
aveva
il
pianto
alla
gola
.
Seduto
sul
canapè
della
sala
lo
zio
raccontò
che
l
'
I
.
R
.
Delegato
di
Como
lo
aveva
fatto
chiamare
per
dirgli
che
la
perquisizione
operata
nella
sua
casa
di
Oria
aveva
dati
risultati
dolorosi
e
inattesi
;
quali
,
non
aveva
voluto
assolutamente
dire
.
Aveva
poi
soggiunto
che
s
'
era
voluto
iniziare
un
processo
contro
di
lui
ma
che
in
vista
dei
lunghi
e
lodevoli
servigi
prestati
al
Governo
si
limitava
a
togliergli
l
'
ufficio
.
Lo
zio
aveva
insistito
per
conoscere
le
accuse
e
colui
l
'
aveva
licenziato
senza
rispondere
.
«
E
allora
?
»
,
disse
Franco
.
«
E
allora
...
»
.
Lo
zio
tacque
un
poco
e
poi
pronunciò
una
frase
sacramentale
d
'
ignota
origine
che
egli
stesso
e
i
suoi
compagni
tarocchisti
solevano
ripetere
quando
il
giuoco
andava
disperatamente
male
:
«
Siamo
arcifritti
,
o
Regina
»
.
Vi
fu
un
lungo
silenzio
;
poi
Luisa
si
buttò
al
collo
del
vecchio
.
«
Zio
,
zio
»
,
gli
sussurrò
,
«
ho
paura
che
sia
stato
per
causa
nostra
!
»
Ella
pensava
alla
nonna
e
lo
zio
intese
che
accusasse
Franco
e
sé
di
qualche
imprudenza
.
«
Sentite
,
cari
amici
»
,
diss
'
egli
con
un
tono
bonario
che
aveva
pure
qualche
recondito
sapore
di
rimprovero
,
«
questi
sono
discorsi
inutili
.
Adesso
la
frittata
è
fatta
e
bisogna
pensare
al
pane
.
Fate
conto
su
questa
casa
,
su
qualche
piccolo
risparmio
che
mi
frutta
circa
quattro
svanziche
al
giorno
e
su
due
bocche
di
più
:
la
mia
e
quella
della
Cia
;
la
mia
,
speriamo
per
poco
tempo
.
»
Franco
e
Luisa
protestarono
.
«
Ci
vuol
altro
!
Ci
vuol
altro
!
»
,
fece
lo
zio
agitando
le
braccia
,
come
a
dispregio
di
un
sentimentalismo
irragionevole
.
«
Viver
bene
e
crepare
a
tempo
.
Questa
è
la
regola
.
La
prima
parte
l
'
ho
fatta
,
adesso
mi
tocca
di
fare
la
seconda
.
Intanto
mandatemi
dell
'
acqua
in
camera
e
aprite
la
mia
borsa
.
Vi
troverete
dieci
polpette
che
la
signora
Carolina
dell
'
Agria
mi
ha
voluto
dare
per
forza
.
Vedete
che
le
cose
non
vanno
poi
troppo
male
.
»
Ciò
detto
lo
zio
si
alzò
e
se
n
'
andò
per
l
'
uscio
del
salotto
con
passo
franco
,
mostrando
anche
da
tergo
la
sua
faccia
eretta
,
il
suo
modesto
ventre
pacifico
,
la
sua
serenità
di
filosofo
antico
.
Franco
,
ritto
sul
limitare
della
terrazza
,
con
le
braccia
incrociate
sul
petto
e
le
sopracciglia
aggrottate
,
guardava
verso
Cressogno
.
Se
in
quel
momento
egli
avesse
avuto
fra
le
mascelle
un
fascio
di
Delegati
,
di
Commissari
,
di
birri
e
di
spie
,
avrebbe
tirato
tale
un
colpo
di
denti
da
farne
una
melma
sola
.
6
.
L
'
asso
di
danari
spunta
«
La
barca
è
pronta
»
,
disse
Ismaele
,
entrando
senza
complimenti
con
la
pipa
nella
sinistra
e
una
lanterna
nella
destra
.
«
Che
ore
sono
?
»
,
domandò
Franco
.
«
Undici
e
mezzo
.
»
«
Il
tempo
?
»
«Nevica.»
«
Bene
»
,
esclamò
lo
zio
,
ironicamente
,
allargando
le
gambe
davanti
alla
vampa
del
ginepro
che
scoppiettava
nel
caminetto
.
Nel
minuscolo
salottino
assediato
dall
'
inverno
Luisa
stava
mettendo
,
ginocchioni
,
un
fazzoletto
al
collo
di
Maria
,
Franco
aspettava
col
cappuccio
di
sua
moglie
in
mano
e
la
Cia
,
la
vecchia
governante
,
col
cappello
in
testa
e
le
mani
nel
manicotto
,
andava
brontolando
al
suo
padrone
:
«
Che
signore
è
mai
Lei
!
Cosa
vuol
fare
qui
solo
a
casa
?
»
.
«
Per
dormire
non
ho
bisogno
di
nessuno
»
,
rispose
l
'
ingegnere
,
«
e
se
sono
matti
gli
altri
non
sono
matto
io
.
Mettetemi
qua
il
mio
latte
e
il
mio
lume
.
»
Era
la
vigilia
di
Natale
e
l
'
idea
pazza
di
quella
gente
savia
,
la
risoluzione
che
pareva
incredibile
all
'
ingegnere
era
di
andare
a
S
.
Mamette
per
assistervi
alla
messa
solenne
di
mezzanotte
.
«
E
quella
povera
vittima
!
»
,
diss
'
egli
guardando
la
bambina
.
Franco
diventò
rosso
,
osservò
che
desiderava
prepararle
dei
ricordi
preziosi
,
questa
partenza
notturna
in
barca
,
il
lago
oscuro
,
la
neve
,
la
chiesa
piena
di
lumi
e
di
gente
,
l
'
organo
,
i
canti
,
la
santità
del
Natale
.
Egli
parlava
con
calore
non
tanto
per
lo
zio
,
forse
,
quanto
per
un
'
altra
persona
che
taceva
.
«
Sì
sì
sì
sì
»
,
fece
lo
zio
,
come
se
si
fosse
aspettata
questa
rettorica
,
questa
poesia
buona
a
niente
.
«
Anch
'
io
,
sai
,
il
punch
!
»
,
gli
disse
la
piccina
.
Lo
zio
sorrise
:
manco
male
!
Quello
sarà
proprio
un
ricordo
prezioso
.
Franco
,
sentendosi
così
demolire
la
sua
sottile
preparazione
di
ricordi
religiosi
e
poetici
,
si
fece
scuro
.
«
E
questo
Gilardoni
?
»
,
chiese
Luisa
.
«
Sono
qui
adesso
»
,
fece
Ismaele
uscendo
con
la
sua
lanterna
.
Il
professore
Gilardoni
aveva
invitato
i
Maironi
e
donna
Ester
Bianchi
a
prendere
il
punch
in
casa
sua
dopo
la
messa
.
Lo
si
aspettava
dal
Niscioree
dov
'
era
andato
a
pigliare
la
signorina
che
ci
viveva
sola
con
due
vecchie
serve
,
dopo
la
morte
del
padre
avvenuta
nel
1852
.
L
'
ottimo
professore
aveva
pianto
segretamente
la
signora
Teresa
per
uno
spazio
di
tempo
ragionevole
.
Durante
quella
pessima
convalescenza
del
cuore
che
lo
tiene
debole
e
molle
,
in
continuo
pericolo
di
ricadere
,
egli
si
era
troppo
poco
guardato
dal
bel
visino
brioso
,
dagli
occhi
vivaci
,
dalla
gaiezza
scintillante
della
principessina
del
Niscioree
,
come
la
chiamavano
i
Maironi
.
Ella
era
così
diversa
nello
spirito
e
nel
corpo
dalla
signora
Teresa
,
la
sua
persona
vigorosa
nelle
forme
della
grazia
più
squisita
suggeriva
l
'
idea
di
un
amore
così
lontano
da
quell
'
altro
,
che
al
professore
pareva
di
poterle
volere
bene
senza
offendere
la
santa
immagine
della
madre
di
Luisa
.
Infatti
egli
santificò
sempre
maggiormente
questa
immagine
,
la
spinse
in
su
in
su
verso
il
cielo
,
tanto
in
su
che
qualche
nuvola
cominciò
a
passare
fra
lui
e
lei
;
prima
eran
cirri
,
adesso
eran
cumuli
e
stava
per
giungere
uno
strato
definitivo
.
Egli
era
più
timido
ancora
con
donna
Ester
che
non
lo
fosse
stato
con
la
signora
Teresa
.
Aveva
del
resto
un
inconscio
bisogno
di
amare
senza
speranza
per
potersi
poi
compiangere
,
per
la
voluttà
di
un
doppio
intenerimento
,
verso
una
bella
creatura
e
verso
se
stesso
.
E
la
sua
timidezza
era
pure
contenta
di
possedere
una
scusa
in
quella
gran
differenza
d
'
età
e
di
aspetto
.
Però
col
non
far
alcuna
difesa
contro
gli
occhi
maliziosi
,
i
folti
capelli
biondi
,
il
sottile
collo
di
neve
,
col
bersi
e
ribersi
nel
cuore
la
voce
fresca
,
il
riso
d
'
argento
,
l
'
uomo
si
metteva
in
pericolo
di
cuocere
intollerabilmente
.
Ester
,
che
a
ventisette
anni
ne
mostrava
venti
salvo
che
nella
morbidezza
delle
movenze
e
in
una
certa
occulta
,
deliziosa
scienza
degli
occhi
,
non
aveva
desiderato
di
pescar
quell
'
amante
rispettabile
ma
lo
sentiva
preso
e
se
ne
compiaceva
,
stimandolo
un
grande
ingegno
,
un
sapientone
.
Che
egli
osasse
parlarle
d
'
amore
,
ch
'
ella
potesse
sposar
quella
sapienza
giallognola
,
rugosa
e
secca
,
neppure
le
veniva
in
mente
;
ma
neanche
avrebbe
voluto
spegnere
un
focherello
così
discreto
che
faceva
onore
a
lei
e
,
probabilmente
,
piacere
a
lui
.
S
'
ella
ne
rideva
qualche
volta
con
Luisa
,
non
era
però
mai
la
prima
a
ridere
e
soggiungeva
subito
:
«
Povero
signor
Gilardoni
!
Povero
professore
!
»
.
Ella
entrò
frettolosa
,
con
la
testolina
bionda
chiusa
in
un
gran
cappuccio
nero
,
come
una
primavera
travestitasi
,
per
chiasso
,
da
dicembre
.
Dicembre
le
veniva
dietro
,
affagottato
il
collo
in
una
gran
sciarpa
sulla
quale
si
porgeva
,
lucente
e
rosso
,
il
naso
professorale
irritato
dalla
neve
.
Era
tardi
,
tutti
si
accomiatarono
dallo
zio
ed
egli
rimase
solo
con
il
suo
lume
e
il
suo
latte
,
davanti
alle
ultime
brage
moribonde
del
ginepro
.
Gli
restava
sul
viso
una
leggera
ombra
di
disapprovazione
.
Franco
faceva
troppo
il
poeta
!
Adesso
la
vita
era
dura
in
casa
Maironi
.
Si
faceva
colazione
con
una
tazza
di
latte
e
cicoria
adoperando
certo
zucchero
rosso
che
puzzava
di
farmacia
.
Non
si
mangiava
carne
che
la
domenica
e
il
giovedì
.
Una
bottiglia
di
vin
Grimelli
veniva
ogni
giorno
in
tavola
per
lo
zio
,
il
quale
non
voleva
saperne
di
privilegi
.
Ogni
giorno
,
per
questa
bottiglia
,
sorgevano
le
stesse
nubi
,
scoppiava
la
stessa
piccola
burrasca
e
si
scioglieva
secondo
il
volere
dello
zio
,
con
una
brevissima
pioggerella
di
decotto
in
ciascuno
dei
cinque
bicchieri
.
La
serva
era
stata
licenziata
;
restava
la
Veronica
per
le
faccende
grosse
,
per
la
polenta
,
e
qualche
volta
per
badare
a
Maria
.
Malgrado
queste
ed
altre
economie
,
malgrado
che
la
Cia
avesse
rinunciato
al
suo
salario
,
malgrado
i
doni
di
ricotta
,
di
mascherpa
,
di
formaggio
di
capra
,
di
castagne
,
di
noci
,
che
piovevano
dalla
gente
del
paese
,
Luisa
non
riusciva
a
tener
la
spesa
dentro
l
'
entrata
.
Si
era
procacciato
qualche
lavoro
di
copiatura
da
un
notaio
di
Porlezza
;
molta
fatica
e
miserabilissimi
guadagni
.
Franco
aveva
cominciato
a
copiar
con
ardore
anche
lui
,
ma
ci
reggeva
meno
di
sua
moglie
e
poi
non
c
'
era
lavoro
per
due
.
Avrebbe
dovuto
darsi
le
mani
attorno
,
cercar
un
impiego
privato
,
ma
di
questo
lo
zio
non
vedeva
indizio
;
per
cui
?
Per
cui
,
questo
pensare
a
spedizioni
poetiche
gli
pareva
anche
più
fuor
di
luogo
.
Dopo
aver
meditato
alquanto
sulla
triste
situazione
e
sulla
poca
probabilità
che
Franco
sapesse
uscirne
,
trovò
che
dal
canto
suo
la
prima
cosa
a
fare
era
di
bere
il
suo
latte
e
la
seconda
di
andarsene
a
letto
.
Ma
no
,
gli
venne
un
altro
pensiero
.
Aperse
l
'
uscio
della
sala
,
e
,
visto
tutto
buio
,
andò
in
cucina
,
accese
una
lanterna
,
la
portò
in
loggia
,
spalancò
una
finestra
e
,
poiché
nevicava
senza
vento
,
posò
il
lume
sul
davanzale
,
onde
quella
gente
poetica
potesse
dirigersi
ritornando
a
casa
per
il
lago
tenebroso
.
Dopo
di
che
se
n
'
andò
a
dormire
.
Nella
vecchia
barca
di
casa
l
'
ingegnoso
Franco
aveva
architettato
una
specie
di
felze
per
l
'
inverno
con
due
finestrini
ai
lati
e
un
usciolino
a
prora
.
Ora
i
sei
viaggiatori
vi
stavano
attorno
a
un
minuscolo
tavolino
,
sul
quale
ardeva
una
candela
.
Vedendo
l
'
espressione
estatica
del
professore
ch
'
era
seduto
in
faccia
a
Ester
,
Franco
si
divertì
a
spegner
il
lume
e
osservò
che
la
filosofia
poteva
trovarsi
male
al
buio
,
ma
che
la
poesia
ci
si
trovava
benissimo
.
Infatti
i
pensieri
suoi
e
de
'
suoi
compagni
,
prima
raccolti
intorno
al
lume
,
uscivano
adesso
per
il
vetro
dell
'
usciolino
dietro
un
chiaror
fioco
dove
si
vedeva
la
prora
della
barca
,
già
biancastra
di
neve
sul
lago
immobile
e
nero
.
E
le
immaginazioni
lavoravano
.
A
chi
pareva
di
andar
verso
Osteno
,
a
chi
pareva
di
andar
verso
la
Caravina
,
a
chi
pareva
di
andar
verso
Cadate
;
e
ciascuno
diceva
i
propri
dubbi
parlando
piano
come
per
non
svegliare
il
lago
addormentato
.
Un
po
'
alla
volta
si
misero
a
discutere
,
ma
le
sei
teste
,
ad
ogni
colpo
dei
remi
,
facevano
un
cenno
di
completo
accordo
.
Così
ciascuno
dei
critici
saliti
nella
navicella
d
'
un
grande
poeta
si
crede
fare
una
via
differente
.
Chi
stima
dirigersi
verso
un
ideale
,
chi
verso
un
altro
,
chi
stima
accostarsi
a
un
modello
,
chi
a
un
altro
,
chi
andar
avanti
,
chi
tornar
indietro
;
e
il
poeta
li
commove
,
li
scuote
col
suo
verso
tutti
insieme
,
li
porta
sulla
propria
via
.
Ismaele
portò
fedelmente
il
suo
carico
a
S
.
Mamette
.
La
neve
cadeva
sempre
grossa
e
placida
.
Sotto
i
portici
della
piazza
v
'
era
molta
gente
e
un
viavai
di
lanterne
.
C
'
era
pure
il
preposto
che
arringava
un
gruppo
di
fedeli
disposti
a
disertar
la
chiesa
per
l
'
osteria
.
Egli
stava
dimostrando
che
il
Paradiso
è
difficile
a
guadagnare
e
che
bisogna
pensarci
per
tempo
:
«
Vialter
credii
che
andà
in
Paradis
el
sia
giusta
come
andà
in
la
barca
del
Parella
.
E
sü
gent
!
E
sü
gent
!
Gh
'
è
semper
post
!
Avii
capì
che
l
'
è
minga
inscì
?
»
.
Sulla
scalinata
che
sale
alla
chiesa
Ester
domandò
a
Luisa
se
il
paradiso
fosse
proprio
così
piccolo
.
Il
professore
che
accompagnava
Ester
con
l
'
ombrello
ebbe
un
'
idea
,
palpitò
,
tremò
e
,
fattosi
un
coraggio
leonino
,
la
mise
fuori
;
disse
che
il
paradiso
era
più
piccolo
ancora
e
poteva
stare
sotto
un
ombrello
.
La
cosa
passo
liscia
,
Ester
non
rispose
e
tutta
la
compagnia
entrò
,
mista
a
una
frotta
di
donne
,
nelle
tenebre
della
chiesa
.
Il
professore
si
fermò
sulla
porta
,
incerto
fra
l
'
amore
e
la
filosofia
.
La
filosofia
lo
tirava
indietro
con
un
filo
e
l
'
amore
lo
tirava
avanti
con
una
fune
;
egli
entrò
e
si
pose
accanto
a
Ester
.
Franco
ebbe
per
un
momento
la
crudele
idea
di
trascinarlo
avanti
,
fra
i
banchi
degli
uomini
;
ma
poi
mutò
pensiero
e
si
pose
anche
lui
presso
sua
moglie
.
Giovò
poco
,
perché
Ester
,
fingendo
voler
dire
qualche
cosa
a
Luisa
,
le
si
avvicinò
e
spinse
maliziosamente
la
vecchia
Cia
verso
il
professore
.
Questi
,
ancora
palpitante
per
quella
sua
disperata
audacia
del
paradiso
sotto
l
'
ombrello
,
alla
mossa
di
Ester
si
turbò
,
pensò
di
averla
offesa
,
si
diede
dell
'
asino
e
dell
'
asino
e
dell
'
asino
.
La
chiesa
era
già
tutta
piena
e
anche
le
signore
dovettero
star
in
piedi
dietro
la
spalliera
del
primo
banco
.
Ester
s
'
incaricò
di
Maria
,
la
pose
a
sedere
sulla
spalliera
mentre
il
sagrestano
accendeva
le
candele
dell
'
altar
maggiore
.
La
Cia
tormentava
il
professore
,
credendolo
un
sant
'
uomo
,
con
mille
domande
sulle
differenze
tra
il
rito
romano
e
il
rito
ambrosiano
,
e
Maria
teneva
occupata
Ester
con
altre
domande
ancora
più
straordinarie
.
«
Per
chi
si
accendono
quei
lumi
?
»
«
Per
il
Signore
.
»
«
Va
'
a
letto
adesso
,
il
Signore
?
»
«
No
,
taci
.
»
«
E
il
bambino
Gesù
è
già
a
letto
?
»
«
Sì
,
sì
»
,
rispose
Ester
storditamente
,
per
finirla
.
«
Col
mulo
?
»
Lo
zio
aveva
portato
una
volta
a
Maria
un
brutto
muletto
di
legno
ch
'
ella
odiava
;
e
,
quando
si
ostinava
in
qualche
capriccio
,
sua
madre
la
poneva
a
letto
con
quel
mulo
sotto
il
guanciale
,
sotto
la
testolina
troppo
dura
.
«
Citto
,
ciallina
!
»
,
fece
Ester
.
«
Io
no
,
a
letto
col
mulo
.
Io
dico
scusa
.
»
«
Zitto
!
Ascolta
l
'
organo
,
adesso
.
»
Tutti
i
ceri
erano
ormai
accesi
e
l
'
organista
salito
al
suo
posto
andava
stuzzicando
,
come
per
risvegliarlo
,
il
suo
vecchio
strumento
che
pareva
mettere
grugniti
di
corruccio
.
Nel
punto
in
cui
un
campanello
suonò
e
l
'
organo
alzò
tutte
le
sue
gran
voci
e
uscirono
i
chierici
e
uscì
il
sacerdote
,
Luisa
prese
di
soppiatto
,
come
un
'
amante
,
la
mano
di
suo
marito
.
Quelle
due
mani
,
stringendosi
furtivamente
,
parlavano
di
un
prossimo
avvenimento
,
di
una
risoluzione
grave
che
conveniva
tener
segreta
e
che
non
ancora
era
presa
in
modo
irrevocabile
.
La
piccola
mano
nervosa
disse
«
coraggio
!
»
.
La
mano
virile
rispose
«
l
'
avrò
»
.
Bisognava
decidersi
.
Franco
doveva
partire
,
lasciar
sua
moglie
,
la
bambina
,
il
vecchio
zio
,
forse
per
qualche
mese
,
forse
per
qualche
anno
;
doveva
lasciar
Valsolda
,
la
casetta
cara
,
i
suoi
fiori
,
forse
per
sempre
,
emigrare
in
Piemonte
,
cercar
lavoro
e
guadagno
con
la
speranza
di
poter
chiamare
a
sé
la
famiglia
quando
le
altre
grandi
speranze
nazionali
sfumassero
.
Contento
che
sua
moglie
avesse
scelto
la
chiesa
e
quel
momento
solenne
per
incoraggiarlo
al
sacrifizio
,
non
lasciò
più
la
dolce
mano
,
la
tenne
egli
pure
come
l
'
avrebbe
tenuta
un
amante
,
non
guardando
mai
Luisa
,
serbando
impassibile
il
viso
e
rigida
la
persona
.
Parlava
con
la
mano
sola
,
con
l
'
anima
nel
palmo
e
nelle
dita
,
il
più
vario
appassionato
linguaggio
misto
di
blande
carezze
e
di
strette
,
di
tenerezze
e
di
ardori
.
Qualche
volta
ella
si
provava
di
ritirarsi
dolcemente
ed
egli
la
tratteneva
allora
violento
.
Guardava
l
'
altare
col
viso
alzato
,
come
assorto
nel
suono
dell
'
organo
,
nella
voce
del
sacerdote
,
nel
canto
del
popolo
.
In
fatto
non
seguiva
le
preghiere
,
ma
sentiva
la
Divina
Presenza
,
un
rapimento
,
una
effervescenza
di
amore
,
di
dolore
,
di
speranza
in
Dio
.
Luisa
gli
aveva
presa
la
mano
indovinando
ch
'
egli
pregava
,
che
tutte
le
sue
angustie
,
tutte
le
sue
dubbiezze
gli
si
agitavano
nel
cuore
.
Avea
realmente
voluto
infondergli
coraggio
,
convinta
ch
'
era
bene
per
lui
di
prender
questo
partito
doloroso
.
Fraintese
la
stretta
che
le
rispose
;
le
parve
un
'
appassionata
protesta
contro
la
separazione
,
e
non
la
potendo
,
quantunque
le
fosse
dolce
,
approvare
,
accennava
ogni
tanto
a
ritrar
la
mano
.
Fu
lui
che
all
'
Elevazione
ritrasse
,
per
rispetto
,
la
propria
.
Egli
dovette
quindi
prendersi
in
braccio
Maria
che
s
'
era
addormentata
e
continuò
a
dormire
con
la
testa
sulla
spalla
di
suo
padre
,
mostrando
un
bel
mezzo
visino
pacifico
.
Non
lo
sapeva
,
lei
,
cara
,
che
il
suo
papà
sarebbe
andato
lontano
lontano
e
il
suo
papa
aveva
il
cuore
tutto
molle
di
quel
piccolo
tesoro
caldo
che
vi
respirava
su
,
di
quella
testina
dall
'
odore
di
uccelletto
del
bosco
.
Gli
pareva
già
di
essere
partito
e
che
lo
cercasse
,
che
piangesse
,
e
allora
gli
correva
nelle
braccia
un
desiderio
di
stringerla
forte
,
fermato
subito
dal
timor
di
destarla
.
Il
Gilardoni
era
uscito
il
primo
e
stava
sul
sagrato
ad
aspettare
donna
Ester
con
l
'
ombrello
aperto
.
Ella
venne
a
braccetto
di
Luisa
,
e
la
perfida
Luisa
,
malgrado
il
pregar
sommesso
della
compagna
,
disse
al
professore
:
«
Ecco
la
Sua
dama
»
.
Ester
non
ebbe
il
coraggio
di
rifiutar
il
braccio
del
Gilardoni
ma
gli
osservò
ridendo
che
splendevano
mille
stelle
.
Il
Gilardoni
guardò
il
cielo
,
mise
fuori
due
o
tre
frasi
senza
senso
comune
e
chiuse
l
'
ombrello
.
Non
nevicava
più
,
sopra
il
Boglia
il
cielo
era
lucido
,
s
'
udiva
in
alto
un
rombo
continuo
.
«
Vento
,
vento
!
»
,
disse
Ismaele
raggiungendo
la
comitiva
.
«
Vado
a
piedi
!
Vado
a
piedi
!
»
,
gemette
allora
la
Cia
che
aveva
una
gran
paura
del
lago
.
Intanto
la
gente
,
uscendo
di
chiesa
,
urtò
e
scompose
il
gruppo
,
lo
trasse
giù
per
la
scalinata
.
I
sei
viaggiatori
e
il
barcaiuolo
si
riunirono
da
capo
sulla
piazza
di
S
.
Mamette
e
lì
donna
Ester
dichiarò
che
non
si
sentiva
troppo
bene
,
che
rinunciava
al
punch
e
che
sarebbe
andata
a
casa
a
piedi
con
la
Cia
.
Il
professore
taceva
in
disparte
.
Franco
e
Luisa
capirono
che
non
c
'
era
da
insistere
e
le
due
donne
s
'
avviarono
a
Oria
con
la
scorta
d
'
Ismaele
il
quale
doveva
ritornar
poi
a
prendere
i
Maironi
e
la
barca
.
Una
lucerna
modérateur
era
accesa
nel
salotto
del
Gilardoni
,
un
bel
fuoco
ardeva
nel
caminetto
,
il
Pinella
aveva
preparato
ogni
cosa
per
il
punch
e
chi
lo
fece
fu
Luisa
perché
il
professore
pareva
aver
perduto
la
testa
,
non
faceva
che
darsi
dello
stupido
e
della
bestia
.
Sulle
prime
non
gli
si
poté
cavar
niente
;
poi
vennero
fuori
,
poco
a
poco
,
la
storia
del
paradiso
sotto
l
'
ombrello
e
certe
infernali
conseguenze
di
quel
paradiso
.
Nello
scendere
la
scalinata
della
chiesa
c
'
era
stato
fra
lui
ed
Ester
questo
dialogo
:
«
Sa
,
donna
Ester
,
temevo
quasi
di
averla
offesa
»
.
«
Come
?
»
«
Con
quell
'
affare
dell
'ombrello.»
«
Che
ombrello
?
»
Qui
il
professore
non
era
stato
buono
di
ripetere
il
suo
complimento
.
«
Sa
,
Le
avevo
detto
qualche
cosa
...
»
«
Che
cosa
?
»
«
Si
parlava
del
Paradiso
...
»
Silenzio
di
Ester
.
«
...
e
io
quando
mi
trovo
con
una
persona
che
stimo
,
che
stimo
proprio
di
tutto
cuore
,
dico
facilmente
degli
spropositi
.
Vorrei
quasi
dirne
uno
anche
adesso
,
donna
Ester
.
»
«
Spropositi
mai
,
sa
»
,
aveva
risposto
Ester
e
s
'
era
staccata
da
lui
per
andare
a
Oria
con
la
Cia
.
Veramente
il
dialogo
non
fu
riferito
così
.
Il
Gilardoni
raccontò
che
aveva
fatto
capire
la
sua
gran
passione
e
che
donna
Ester
si
era
sdegnata
.
Franco
aveva
una
gran
voglia
di
ridere
;
Luisa
disse
scherzando
:
«
Lasci
fare
a
me
,
lasci
fare
a
me
che
farò
il
punch
e
la
pace
e
tutto
;
e
Lei
,
un
'
altra
volta
,
non
sia
un
seduttore
così
terribile
!
»
.
Il
povero
professore
per
poco
non
si
inginocchiò
a
baciarle
uno
scarpino
e
,
rifatto
animo
,
riprese
le
sue
funzioni
di
ospite
,
servì
il
punch
agli
amici
.
«
Guardate
Maria
»
,
disse
Franco
,
sottovoce
.
La
piccina
si
era
addormentata
sulla
poltrona
del
professore
,
presso
la
finestra
.
Franco
prese
la
lucerna
e
l
'
alzò
per
vederla
meglio
.
Pareva
una
piccola
creatura
del
cielo
,
caduta
lì
col
lume
delle
stelle
,
assopita
,
soffusa
nel
viso
di
una
dolcezza
non
terrena
,
di
una
solennità
piena
di
mistero
.
«
Cara
!
»
,
diss
'
egli
.
Raccolse
sua
moglie
a
sé
con
un
braccio
,
sempre
guardando
Maria
.
Il
Gilardoni
venne
loro
alle
spalle
,
mormorò
«
che
bellezza
!
»
e
tornò
al
caminetto
sospirando
«
beati
voi
!
»
.
Allora
Franco
,
intenerito
,
sussurrò
all
'
orecchio
di
sua
moglie
:
«
Glielo
diciamo
?
»
.
Ella
non
capì
,
lo
guardò
negli
occhi
.
«
Che
parto
»
,
diss
'
egli
,
sempre
sottovoce
.
Luisa
trasalì
,
rispose
«
sì
,
sì
»
tutta
commossa
perché
non
l
'
attendeva
a
questo
,
avendolo
in
chiesa
creduto
incerto
.
La
sorpresa
di
lei
non
sfuggì
a
Franco
.
Ne
fu
turbato
,
si
sentì
scosso
nel
suo
proposito
ed
ella
intese
,
ripeté
impetuosamente
«
sì
,
sì
»
e
lo
spinse
verso
il
Gilardoni
.
«
Caro
amico
»
,
diss
'
egli
,
«
Le
debbo
dir
una
cosa
.
»
Il
professore
,
assorto
nella
contemplazione
del
fuoco
,
non
rispondeva
.
Franco
gli
posò
una
mano
sulla
spalla
.
«
Ah
!
»
,
fece
quegli
trasalendo
.
«
Scusi
.
Che
cosa
?
»
«
Le
debbo
raccomandare
qualcuno
.
»
«
A
me
?
Chi
?
»
«
Un
vecchio
,
una
signora
e
una
bambina
.
»
I
due
uomini
si
guardarono
in
silenzio
,
uno
commosso
,
l
'
altro
stupefatto
.
«
Non
capisce
?
»
,
sussurrò
Luisa
.
No
,
non
capiva
,
non
rispondeva
.
«
Le
raccomando
»
,
riprese
Franco
,
«
mia
moglie
,
mia
figlia
e
il
nostro
vecchio
zio
.
»
«
Oh
!
»
,
esclamò
il
professore
,
guardando
ora
Luisa
ora
Franco
.
«
Vado
via
»
,
disse
questi
con
un
sorriso
che
fece
doler
il
cuore
al
Gilardoni
.
«
Allo
zio
non
l
'
abbiamo
ancora
detto
ma
è
cosa
necessaria
.
Nelle
nostre
condizioni
non
posso
star
qui
a
far
niente
.
Dirò
che
vado
a
Milano
,
crederà
chi
vorrà
;
invece
sarò
in
Piemonte
.
»
Gilardoni
giunse
le
mani
silenziosamente
,
sbalordito
.
Luisa
abbracciò
Franco
,
lo
baciò
,
gli
tenne
il
capo
sul
petto
,
ad
occhi
chiusi
.
Il
professore
s
'
immaginò
ch
'
ella
piegasse
con
dolore
alla
volontà
di
suo
marito
.
«
Oh
senta
»
,
diss
'
egli
,
volto
a
Franco
.
«
Se
ci
fosse
la
guerra
,
capirei
;
ma
così
,
se
dà
una
tale
afflizione
a
Sua
moglie
per
ragioni
economiche
,
ha
torto
!
»
Luisa
,
tenendosi
sempre
al
collo
di
suo
marito
con
un
braccio
,
agitò
in
silenzio
l
'
altra
mano
verso
Gilardoni
per
farlo
tacere
.
«
No
,
no
,
no
»
,
mormorò
,
ricongiungendo
le
braccia
intorno
al
collo
di
Franco
,
«
fai
bene
,
fai
bene
»
,
e
perché
il
Gilardoni
insisteva
,
si
staccò
da
suo
marito
.
«
Oh
,
ma
professore
!
»
,
diss
'
ella
scotendogli
le
mani
incontro
,
«
se
glielo
dico
io
che
fa
bene
di
partire
,
se
glielo
dico
io
che
sono
sua
moglie
!
Ma
caro
professore
!
»
«
Oh
infine
,
signora
!
»
,
proruppe
il
Gilardoni
.
«
Bisogna
poi
anche
sapere
...
»
Franco
stese
impetuoso
le
braccia
verso
di
lui
,
gridò
:
«
Professore
!
»
«
Fa
male
!
»
,
gli
rispose
questi
.
«
Fa
male
!
Fa
male
!
»
«
Cosa
c
'
è
,
Franco
?
»
,
dimandò
Luisa
,
meravigliata
.
«
C
'
è
qualche
cosa
che
io
non
so
?
»
«
C
'
è
che
devo
andar
via
,
che
andrò
via
e
non
c
'
è
altro
!
»
Maria
s
'
era
svegliata
di
soprassalto
a
quel
grido
di
suo
padre
:
«
Professore
!
»
,
poi
,
vedendo
la
mamma
così
agitata
,
si
dispose
a
piangere
.
Finalmente
scoppiò
in
lagrime
dirotte
:
«
No
papà
,
no
via
papà
,
no
via
papà
!
»
.
Franco
se
la
tolse
in
braccio
,
la
baciò
,
l
'
accarezzò
.
Ella
andava
ripetendo
fra
i
singhiozzi
«
papà
mio
,
papà
mio
»
con
una
voce
accorata
e
grave
che
faceva
male
al
cuore
.
Suo
padre
se
ne
struggeva
tutto
,
le
protestava
di
voler
star
sempre
con
lei
e
piangeva
per
il
dolore
d
'
ingannarla
,
per
la
commozione
di
quella
tenerezza
nuova
che
veniva
proprio
adesso
.
Luisa
pensava
al
grido
di
suo
marito
.
Il
Gilardoni
s
'
accorse
ch
'
era
in
sospetto
di
un
segreto
e
le
domandò
,
per
toglierla
da
quel
pensiero
,
se
Franco
intendesse
partire
presto
.
Fu
questi
che
rispose
.
Dipendeva
da
una
lettera
di
Torino
.
Fra
una
settimana
,
forse
;
tutt
'
al
più
fra
quindici
giorni
.
Luisa
taceva
e
il
discorso
cadde
.
Franco
parlò
allora
di
politica
,
delle
probabilità
che
la
guerra
scoppiasse
a
primavera
.
Anche
questo
discorso
morì
presto
.
Pareva
che
il
Gilardoni
e
Luisa
pensassero
ad
altro
,
che
ascoltassero
il
batter
delle
onde
ai
muri
dell
'
orto
.
Finalmente
Ismaele
ritornò
,
ebbe
il
suo
punch
,
assicurò
che
il
lago
non
era
troppo
cattivo
,
che
si
poteva
partire
.
Appena
i
Maironi
furono
in
barca
,
appena
Maria
vi
riprese
il
sonno
,
Luisa
domandò
a
suo
marito
se
vi
fosse
una
cosa
ch
'
ella
non
sapeva
e
che
il
Gilardoni
non
doveva
dire
.
Franco
tacque
.
«
Basta
»
,
diss
'
ella
.
Allora
suo
marito
le
passò
un
braccio
al
collo
,
la
strinse
a
sé
,
protestando
contro
parole
che
ella
non
aveva
dette
:
«
Oh
Luisa
,
Luisa
!
»
.
Luisa
si
lasciò
abbracciare
ma
non
rispose
all
'
abbraccio
;
onde
suo
marito
,
disperato
,
le
promise
subito
di
dirle
tutto
,
tutto
.
«
Mi
credi
curiosa
?
»
,
sussurrò
ella
fra
le
sue
braccia
.
No
,
no
,
egli
voleva
raccontarle
ogni
cosa
subito
,
dirle
perché
non
avesse
parlato
prima
.
Ella
si
oppose
;
preferiva
che
parlasse
più
tardi
,
spontaneamente
.
Avevano
il
vento
in
favore
e
il
lume
che
brillava
ad
una
finestra
della
loggia
serviva
bene
di
mira
a
Ismaele
.
Franco
tenne
sempre
abbracciato
il
collo
di
sua
moglie
e
guardava
tacendo
quel
punto
lucente
.
Né
l
'
uno
né
l
'
altra
pensarono
alla
mano
amorosa
e
prudente
che
lo
aveva
acceso
.
Vi
pensò
Ismaele
,
affermò
che
né
la
Veronica
né
la
Cia
eran
capaci
di
un
simile
tratto
di
genio
e
benedisse
la
faccia
del
signor
ingegnere
.
Nell
'
uscire
di
barca
Maria
si
svegliò
e
gli
sposi
non
parvero
pensar
più
che
a
lei
.
Quando
furono
a
letto
,
Franco
spense
il
lume
.
«
Si
tratta
della
nonna
»
,
diss
'
egli
.
La
voce
era
commossa
,
rotta
.
Luisa
mormorò
«
caro
»
e
gli
prese
una
mano
,
affettuosamente
.
«
Non
ho
mai
parlato
»
,
riprese
Franco
,
«
per
non
accusar
la
nonna
e
poi
anche
...
»
Qui
seguì
una
pausa
;
quindi
fu
egli
che
mescolò
al
suo
dire
le
più
tenere
carezze
mentre
sua
moglie
,
invece
,
non
vi
rispondeva
più
.
«
Temevo
»
,
disse
,
«
l
'
impressione
tua
,
i
tuoi
sentimenti
,
le
idee
che
ti
potevano
venire
...
»
Più
le
parole
avevano
questo
dubbio
sapore
,
più
la
voce
era
tenera
.
Luisa
sentiva
avvicinarsi
,
non
un
alterco
,
ma
un
contrasto
più
durevole
e
grave
;
non
avrebbe
voluto
,
adesso
,
che
suo
marito
parlasse
,
e
suo
marito
,
sentendola
diventar
fredda
,
non
proseguì
.
Ella
gli
posò
la
fronte
alla
spalla
e
disse
sottovoce
,
malgrado
se
stessa
:
«
Racconta
»
.
Allora
Franco
,
parlandole
nei
capelli
,
le
ripeté
il
racconto
fattogli
dal
professore
nella
notte
del
suo
matrimonio
.
Nel
riferire
a
memoria
la
lettera
e
il
testamento
di
suo
nonno
,
temperò
alquanto
le
frasi
ingiuriose
verso
suo
padre
e
la
nonna
.
A
mezzo
il
racconto
,
Luisa
,
che
non
si
aspettava
una
rivelazione
simile
,
alzò
il
capo
dalla
spalla
di
suo
marito
.
Questi
s
'
interruppe
.
«
Avanti
»
,
diss
'
ella
.
Finito
ch
'
egli
ebbe
,
gli
domandò
se
si
potesse
dimostrare
che
il
testamento
del
nonno
era
stato
soppresso
.
Franco
rispose
prontamente
di
no
.
«
Ma
»
,
diss
'
ella
,
«
perché
allora
parlavi
delle
idee
che
mi
potevan
venire
?
»
.
Il
suo
pensiero
era
subito
corso
al
probabile
delitto
della
nonna
,
alla
possibilità
di
un
'
accusa
.
Ma
se
l
'
accusa
non
era
possibile
?
Franco
non
rispose
ed
ella
,
dopo
aver
pensato
un
poco
,
esclamò
:
«
Ah
,
la
copia
del
testamento
?
Adoperarla
?
Quello
è
un
testamento
che
potrebbe
valere
?
»
«
Sì
»
«
E
tu
non
l
'
hai
voluto
far
valere
?
»
«No.»
«
Perché
,
Franco
?
»
«
Ecco
!
»
,
esclamò
Franco
,
pigliando
fuoco
.
«
Vedi
?
Lo
sapevo
!
No
,
non
lo
voglio
far
valere
,
no
,
no
,
assolutamente
,
no
!
»
«
Ma
le
ragioni
?
»
«
Dio
,
le
ragioni
!
Le
ragioni
si
sentono
,
le
devi
sentire
senza
che
io
te
le
dica
!
»
«
Non
le
sento
.
Non
credere
ch
'
io
pensi
ai
denari
.
Non
pigliamoli
i
denari
,
dalli
a
chi
vuoi
tu
.
Io
sento
le
ragioni
della
giustizia
.
C
'
è
la
volontà
di
tuo
nonno
da
rispettare
,
c
'
è
un
delitto
che
tua
nonna
ha
commesso
.
Tu
sei
tanto
religioso
,
devi
riconoscere
che
questa
carta
l
'
ha
fatta
venir
fuori
la
giustizia
divina
.
Tu
ti
vuoi
mettere
fra
la
giustizia
divina
e
questa
donna
?
»
«
Lascia
stare
la
giustizia
divina
!
»
,
rispose
Franco
,
violento
.
«
Cosa
sappiamo
noi
delle
vie
che
prende
la
giustizia
divina
?
Vi
è
anche
la
misericordia
divina
!
Si
tratta
della
madre
di
mio
padre
,
sai
!
E
non
li
ho
disprezzati
sempre
questi
maledetti
denari
?
Cosa
ho
fatto
quando
la
nonna
mi
ha
minacciato
di
non
lasciarmi
un
soldo
se
sposavo
te
?
»
La
tenerezza
e
la
collera
,
miste
insieme
,
gli
fecero
groppo
alla
gola
.
Non
potendo
parlare
,
afferrò
il
capo
di
Luisa
,
se
lo
strinse
sul
petto
.
«
Ho
disprezzato
i
denari
per
aver
te
»
,
riprese
con
voce
soffocata
.
«
Come
vuoi
che
adesso
cerchi
di
riprenderli
con
dei
processi
?
»
«
Ma
no
!
»
,
lo
interruppe
Luisa
rialzando
il
capo
.
«
I
denari
li
darai
a
chi
vorrai
!
È
della
giustizia
che
parlo
io
!
Ma
non
la
senti
,
tu
,
la
giustizia
?
»
«
Dio
mio
!
»
,
diss
'
egli
mettendo
un
profondo
sospiro
.
«
Era
meglio
che
non
t
'
avessi
parlato
neanche
stasera
!
»
«
Forse
sì
.
Se
non
volevi
rinunciare
in
nessun
caso
ai
tuoi
propositi
,
forse
era
meglio
.
»
La
voce
di
Luisa
,
dicendo
questo
,
esprimeva
tristezza
,
non
collera
.
«
Del
resto
»
,
soggiunse
Franco
,
«
quella
carta
non
esiste
più
.
»
Luisa
trasalì
.
«
Non
esiste
più
?
»
,
diss
'
ella
sottovoce
,
con
ansia
.
«
No
.
Il
professore
deve
averla
distrutta
,
per
ordine
mio
.
»
Seguì
un
lungo
silenzio
.
Luisa
ritirò
il
capo
adagio
adagio
,
lo
posò
sul
guanciale
proprio
.
Poi
Franco
uscì
a
dir
forte
:
«
Un
processo
!
Con
quei
documenti
!
Con
quelle
ingiurie
!
Alla
madre
di
mio
padre
!
Per
i
denari
!
»
«
Ma
non
ripetere
questa
cosa
!
»
,
esclamò
sua
moglie
,
sdegnata
.
«
Perché
la
ripeti
sempre
?
Sai
pure
che
non
è
vera
!
»
Parlavano
concitati
l
'
uno
e
l
'
altra
;
si
capiva
che
durante
il
silenzio
di
prima
avevano
continuato
a
lavorar
forte
col
pensiero
su
questo
punto
.
Egli
si
irritò
del
rimprovero
e
rispose
alla
cieca
:
«
Non
so
niente
»
.
«
Oh
Franco
!
»
,
disse
Luisa
,
addolorata
.
Egli
si
era
già
pentito
dell
'
oltraggio
e
le
domandò
perdono
,
accusò
il
proprio
temperamento
che
gli
faceva
dire
cose
non
pensate
,
implorò
una
parola
buona
.
Luisa
gli
rispose
sospirando
«
sì
,
sì
»
ma
egli
non
fu
contento
,
volle
che
dicesse
proprio
«
ti
perdono
»
,
che
lo
abbracciasse
.
Il
tocco
delle
care
labbra
non
lo
ristorò
come
al
solito
.
Passarono
alcuni
minuti
ed
egli
stette
in
ascolto
per
capire
se
sua
moglie
si
fosse
addormentata
.
Udì
il
vento
`
il
respiro
lieve
di
Maria
,
il
fragor
delle
onde
,
qualche
tremolìo
dei
vetri
,
non
altro
.
Sussurrò
:
«
Mi
hai
proprio
perdonato
?
»
,
e
udì
rispondersi
con
dolcezza
:
«
Sì
,
caro
»
.
Andò
poco
e
fu
lei
che
stette
in
ascolto
,
che
udì
,
insieme
al
vento
,
alle
onde
,
agli
scricchiolii
delle
imposte
,
il
respiro
uguale
,
regolare
della
piccina
,
il
respiro
uguale
,
regolare
del
marito
.
Allora
mise
un
altro
gran
sospiro
,
un
sospiro
desolato
.
Dio
,
come
poteva
Franco
essersi
condotto
così
?
Ciò
che
la
feriva
nel
più
vivo
del
cuore
era
ch
'
egli
paresse
sentir
poco
le
offese
fatte
alla
povera
mamma
e
allo
zio
.
Ma
su
questo
pensiero
non
voleva
fermarsi
,
almeno
prima
di
aver
considerato
il
torto
di
lui
altrove
,
di
fronte
all
'
idea
di
giustizia
;
e
là
lo
sentiva
,
con
amarezza
eppur
non
senza
compiacimento
,
inferiore
a
sé
,
governato
da
sentimenti
che
procedevano
dalla
fantasia
,
mentre
il
sentimento
suo
proprio
era
penetrato
di
ragione
.
Aveva
tanto
del
bambino
,
Franco
.
Ecco
,
egli
poteva
già
dormire
ed
ella
si
teneva
sicura
di
non
chiuder
occhio
fino
alla
mattina
.
A
lei
pareva
di
non
aver
fantasia
perché
non
se
la
sentiva
muovere
,
accendere
così
facilmente
.
Chi
le
avesse
detto
che
la
fantasia
poteva
in
lei
più
che
in
suo
marito
,
l
'
avrebbe
fatta
ridere
.
Eppure
era
così
.
Solamente
,
per
dimostrarlo
,
occorreva
capovolgere
ambedue
le
anime
,
perché
Franco
aveva
la
sua
fantasia
visibile
a
fior
d
'
anima
e
tutta
la
sua
ragione
al
fondo
,
mentre
Luisa
aveva
la
fantasia
al
fondo
e
la
ragione
,
molto
visibilmente
,
a
fior
d
'
anima
.
Ella
non
dormì
infatti
e
pensò
per
tutta
la
notte
,
con
la
sua
fantasia
del
fondo
dell
'
anima
,
come
la
religione
favorisca
i
sentimentalismi
deboli
,
com
'
essa
che
predica
la
sete
della
giustizia
sia
incapace
di
formare
negl
'
intelletti
devoti
a
lei
il
vero
concetto
di
giustizia
.
Anche
il
professore
,
che
aveva
infiltrazioni
sierose
di
fantasia
nelle
cellule
raziocinanti
del
cervello
come
nelle
cellule
amorifiche
del
cuore
,
spenta
la
lucerna
,
passò
gran
parte
della
notte
davanti
al
caminetto
lavorando
con
le
molle
e
con
la
fantasia
,
pigliando
,
guardando
,
lasciando
cader
brage
e
progetti
fino
a
che
gli
restarono
un
ultimo
carbone
lucente
e
un
'
ultima
idea
.
Prese
allora
uno
zolfino
e
accostatolo
alla
bragia
ne
riaccese
la
lucerna
,
prese
l
'
idea
pure
luminosa
e
scottante
,
se
la
portò
a
letto
.
Era
questa
:
partire
,
all
'
insaputa
di
tutti
,
per
Brescia
,
presentarsi
alla
marchesa
con
i
terribili
documenti
,
ottenere
una
capitolazione
.
7
.
È
giuocato
Tre
giorni
dopo
,
alle
cinque
della
mattina
,
in
Milano
,
il
professore
Gilardoni
usciva
,
inferraiuolato
fino
agli
occhi
,
dall
'
Albergo
degli
Angeli
,
passava
davanti
al
Duomo
e
infilava
la
buia
contrada
dei
Rastelli
dietro
una
fila
di
cavalli
condotti
a
mano
dai
postiglioni
,
entrava
nell
'
ufficio
delle
diligenze
erariali
.
Il
piccolo
cortile
dove
ora
è
la
Posta
era
già
pieno
di
gente
,
di
bestie
,
di
lanterne
.
Voci
di
postiglioni
e
di
conduttori
,
passi
di
cavalli
,
scosse
di
sonagliere
;
all
'
eremita
della
Valsolda
pareva
un
finimondo
.
Si
stavano
attaccando
i
cavalli
a
due
diligenze
,
quattro
per
ciascuna
.
Il
professore
andava
a
Lodi
perché
aveva
saputo
che
la
marchesa
era
in
visita
presso
un
'
amica
di
Lodi
.
La
diligenza
di
Lodi
partiva
alle
cinque
e
mezzo
.
Faceva
un
freddo
intenso
e
il
povero
professore
girava
inquieto
intorno
al
carrozzone
mostruoso
pestando
i
piedi
per
riscaldarsi
;
tanto
che
un
altro
viaggiatore
gli
disse
argutamente
:
«
Freschino
,
eh
?
Freschinetto
,
freschinetto
!
»
.
Quando
Dio
volle
si
finì
di
attaccare
i
cavalli
,
un
impiegato
chiamò
i
viaggiatori
per
nome
e
il
buon
Beniamino
sparì
nel
ventre
del
carrozzone
insieme
a
due
preti
,
a
una
vecchia
serva
,
a
un
vecchio
signore
con
una
natta
enorme
sul
viso
e
a
un
giovine
elegante
.
Gli
sportelli
furono
chiusi
,
un
comando
fu
dato
,
le
sonagliere
tintinnarono
,
il
carrozzone
si
scosse
,
i
preti
,
la
vecchia
,
il
signore
dalla
natta
si
fecero
il
segno
della
croce
,
i
sedici
zoccoli
dei
cavalli
strepitarono
sotto
l
'
androne
,
le
ruote
pesanti
lo
empirono
di
fragore
,
poi
tutto
questo
fracasso
si
smorzò
e
la
diligenza
svoltò
a
destra
verso
Porta
Romana
.
Adesso
le
ruote
correvano
quasi
silenziose
e
i
viaggiatori
non
sentivano
più
che
il
pestar
disordinato
dei
sedici
zoccoli
sulle
pietre
.
Il
professore
guardava
passar
le
case
scure
,
il
raro
chiaror
dei
fanali
,
qualche
piccolo
caffè
illuminato
,
qualche
garetta
di
sentinella
.
Gli
pareva
che
il
silenzio
della
grande
città
avesse
qualche
cosa
di
minaccioso
e
di
formidabile
per
quei
soldati
,
che
le
stesse
mura
delle
case
nereggiassero
d
'
odio
.
Quando
la
diligenza
entrò
nel
corso
di
Porta
Romana
,
così
allagato
di
nebbia
che
dai
finestrini
non
si
vedeva
quasi
più
nulla
,
chiuse
gli
occhi
e
si
abbandonò
al
piacere
d
'
immaginar
le
persone
e
le
cose
che
aveva
nel
cuore
,
di
conversar
con
esse
.
Non
era
più
il
viaggiatore
della
natta
che
gli
sedeva
in
faccia
,
era
donna
Ester
tutta
chiusa
in
un
gran
mantello
nero
e
col
cappuccio
in
capo
.
Ella
lo
guardava
fiso
;
i
begli
occhi
gli
dicevano
:
«
Bravo
,
Lei
fa
una
bella
azione
,
mostra
molto
cuore
,
non
l
'
avrei
creduto
.
L
'
ammiro
.
Ella
non
è
più
né
vecchio
,
né
brutto
per
me
.
Coraggio
!
»
.
A
questa
esortazione
di
aver
coraggio
gli
veniva
una
stretta
di
paura
,
gli
scattava
in
mente
la
immagine
della
marchesa
;
e
il
rumor
sordo
delle
ruote
si
trasformava
nella
voce
nasale
della
vecchia
dama
che
gli
diceva
:
«
Si
accomodi
.
Cosa
desidera
?
»
.
A
questo
punto
la
diligenza
si
fermò
e
il
professore
aperse
gli
occhi
.
Porta
Romana
.
Qualcuno
aperse
lo
sportello
,
domandò
le
carte
di
sicurezza
,
e
,
raccoltele
,
si
allontanò
,
ricomparve
dopo
cinque
minuti
,
le
restituì
a
tutti
fuorché
al
giovine
elegante
.
«
Lei
scenda
»
,
gli
diss
'
egli
.
Quegli
impallidì
,
discese
in
silenzio
e
non
ritornò
.
Dopo
un
altro
minuto
fu
chiuso
lo
sportello
,
una
voce
ruvida
disse
:
«
Avanti
!
»
.
Il
signore
dalla
natta
collocò
la
sua
borsa
da
viaggio
sul
sedile
rimasto
vuoto
;
nessun
altro
viaggiatore
diede
segno
di
accorgersi
dell
'
accaduto
.
Solo
quando
i
quattro
cavalli
ebbero
ripreso
il
trotto
,
Gilardoni
domandò
al
prete
suo
vicino
se
conoscesse
il
nome
del
giovine
e
quegli
rispose
bruscamente
«
off
!
»
,
girò
verso
il
professore
due
occhi
sgomentati
e
sospettosi
.
Il
professore
guardò
l
'
altro
prete
che
subito
trasse
di
tasca
una
corona
e
fattosi
il
segno
della
croce
si
mise
a
pregare
.
Il
professore
tornò
a
chiudere
gli
occhi
e
l
'
immagine
del
giovane
sconosciuto
si
perdette
per
sempre
nella
nebbia
come
parevano
perdervisi
i
rari
fantasmi
d
'
alberi
,
di
pioppi
e
di
salici
,
che
passavano
a
destra
e
a
sinistra
della
via
.
«
Come
incominciare
?
»
,
pensava
il
Gilardoni
.
Dalla
notte
di
Natale
in
poi
non
aveva
fatto
che
immaginare
e
discutere
fra
sé
il
modo
di
presentarsi
alla
marchesa
,
di
entrar
nell
'
argomento
e
di
svolgerlo
,
la
capitolazione
da
offrire
.
Non
aveva
chiara
in
mente
che
quest
'
ultima
;
ove
la
signora
marchesa
facesse
un
largo
assegno
al
nipote
,
egli
distruggerebbe
le
carte
.
Queste
carte
non
le
teneva
seco
;
ne
aveva
una
copia
.
Dovevano
produrre
un
effetto
fulmineo
;
ma
come
incominciare
?
Nessuno
dei
tanti
esordi
pensati
lo
accontentava
.
Anche
adesso
,
fantasticando
ad
occhi
chiusi
,
si
poneva
il
problema
partendo
dal
solo
termine
conosciuto
:
"
Si
accomodi
.
Cosa
desidera
?
"
.
Immaginava
una
risposta
che
poi
gli
pareva
o
troppo
ossequiosa
o
troppo
ardita
o
troppo
lontana
dall
'
argomento
o
troppo
vicina
ad
esso
e
ricominciava
la
via
dal
solito
principio
:
"
Cosa
desidera
?
"
.
Un
livido
chiaror
d
'
alba
,
pieno
d
'
uggia
,
di
tristezza
e
di
sonno
,
entrò
nella
diligenza
.
Adesso
che
l
'
ora
del
colloquio
stava
per
giungere
,
mille
dubbi
,
mille
incertezze
nuove
mettevano
in
iscompiglio
tutte
le
previsioni
del
professore
.
La
stessa
base
de
'
suoi
calcoli
improvvisamente
crollò
.
Se
la
marchesa
non
gli
dicesse
né
«
si
accomodi
»
né
«
cosa
desidera
?
»
.
Se
lo
accogliesse
Dio
sa
in
quale
altro
modo
imbarazzante
?
E
se
non
lo
volesse
ricevere
?
Santo
cielo
,
se
non
lo
volesse
ricevere
?
L
'
improvviso
strepitar
dei
sedici
zoccoli
sopra
un
ciottolato
gli
fece
battere
il
cuore
.
Ma
non
era
ancora
il
ciottolato
di
Lodi
;
era
il
ciottolato
di
Melegnano
.
A
Lodi
arrivò
circa
alle
nove
.
Scese
all
'
Albergo
del
Sole
,
ebbe
una
stanza
dove
non
c
'
era
né
sole
né
fuoco
.
Non
osando
affrontare
la
nebbia
delle
vie
,
né
le
vampe
della
cucina
,
osò
invece
porsi
a
letto
,
mise
il
berretto
da
notte
che
sapeva
le
sue
angustie
,
aspettò
,
con
la
sigaretta
di
canfora
in
bocca
,
qualche
buona
idea
e
il
mezzogiorno
.
Salì
,
al
tocco
,
le
scale
del
palazzo
X
.
,
col
savio
proposito
di
scordar
tutte
le
frasi
meditate
,
di
rimettersi
alla
ispirazione
del
momento
.
Un
domestico
in
cravatta
bianca
lo
introdusse
in
uno
stanzone
scuro
,
dal
pavimento
di
mattoni
,
dalle
pareti
coperte
di
seta
gialla
,
dal
soffitto
a
stucchi
,
e
,
fatto
un
inchino
,
uscì
.
Poche
antiche
sedie
a
bracciuoli
,
bianche
e
dorate
,
con
la
stoffa
rossa
,
stavano
in
semicerchio
davanti
al
camino
dove
tre
o
quattro
ceppi
enormi
ardevano
adagio
dietro
la
grata
di
ottone
.
L
'
aria
aveva
un
odor
misto
di
vecchie
muffe
,
di
vecchie
pasticcerie
,
di
vecchie
mele
cotte
,
di
vecchie
stoffe
,
di
vecchia
pelle
,
di
decrepite
idee
,
una
sottile
essenza
di
vecchiaia
che
faceva
raggrinzar
l
'
anima
.
Il
domestico
ritornò
ad
annunciare
,
con
grande
emozione
del
Gilardoni
,
il
prossimo
ingresso
della
signora
marchesa
.
Aspetta
e
aspetta
,
ecco
aprirsi
un
grande
uscio
a
fregi
dorati
,
ecco
un
campanellino
corrente
,
ecco
Friend
che
trotta
dentro
fiutando
il
pavimento
a
destra
e
a
manca
,
ecco
una
gran
campana
di
seta
nera
sotto
un
cupolino
di
pizzo
bianco
,
ecco
fra
due
nastri
celesti
la
parrucca
nera
,
la
fronte
marmorea
,
gli
occhi
morti
della
marchesa
.
«
Che
miracolo
,
professore
,
a
Lodi
?
»
,
disse
la
voce
sonnolenta
,
mentre
il
cagnolino
fiutava
gli
stivali
del
professore
.
Questi
fece
un
profondo
saluto
e
la
dama
che
pareva
appunto
l
'
ampolla
dell
'
essenza
di
vecchiaia
,
andò
a
porsi
in
un
seggiolone
accanto
al
fuoco
e
fece
accomodare
la
sua
bestiola
in
un
altro
;
dopo
di
che
accennò
al
Gilardoni
di
accomodarsi
pure
.
«
Suppongo
»
,
diss
'
ella
,
«
che
avrà
qualche
parente
alle
Dame
Inglesi
.
»
«
No
»
,
rispose
il
professore
,
«
veramente
no
.
»
La
marchesa
era
faceta
,
qualche
volta
,
alla
sua
maniera
.
«
Allora
»
,
disse
,
«
sarà
forse
venuto
a
far
provvista
di
mascherponi
.
»
«
Neanche
,
signora
marchesa
.
Sono
venuto
per
affari
.
»
«
Bravo
.
È
stato
disgraziato
col
tempo
.
Mi
par
che
piova
,
adesso
.
»
A
questa
impreveduta
diversione
il
professore
ebbe
paura
di
perdere
la
tramontana
.
«
Sì
»
,
diss
'
egli
sentendosi
diventare
sciocco
come
lo
scolaro
cui
l
'
esame
piega
male
:
«
pioviggina
»
.
La
sua
voce
,
la
sua
fisionomia
dovettero
tradire
l
'
imbarazzo
interno
,
apprendere
alla
marchesa
che
egli
era
venuto
per
dirle
qualche
cosa
di
particolare
.
Ella
si
guardò
bene
dall
'
offrirgliene
il
bandolo
,
continuò
a
parlargli
del
tempo
,
del
freddo
,
dell
'
umido
,
di
un
raffreddore
di
Friend
che
infatti
accompagnava
di
frequenti
starnuti
il
discorso
della
sua
dama
.
La
voce
sonnolenta
aveva
un
placido
tono
quasi
ridente
,
una
blanda
benevolenza
;
e
il
professore
sudava
freddo
al
pensiero
di
fermare
quella
melliflua
vena
per
offrir
in
cambio
la
pillola
amara
che
aveva
in
tasca
.
Egli
avrebbe
potuto
approfittar
d
'
una
pausa
per
metter
fuori
il
suo
esordio
,
ma
non
seppe
farlo
;
e
fu
invece
la
marchesa
che
ne
approfittò
per
metter
fuori
la
sua
chiusa
.
«
La
ringrazio
tanto
»
,
diss
'
ella
,
«
della
visita
,
e
adesso
La
congedo
perché
Ell
'
avrà
le
Sue
faccende
e
,
per
dire
il
vero
,
ho
un
impegno
anch
'io.»
Qui
bisognò
saltare
:
«
Veramente
»
,
rispose
il
Gilardoni
,
tutto
agitato
,
«
io
ero
venuto
a
Lodi
per
parlare
con
Lei
,
signora
marchesa
.
»
«
Questo
»
,
osservò
la
dama
,
gelida
,
«
non
lo
avrei
potuto
immaginare
.
»
Il
professore
trascorse
avanti
,
nello
slancio
del
salto
.
«
Si
tratta
di
cose
urgentissime
»
,
diss
'
egli
,
«
e
io
debbo
pregare
...
»
La
marchesa
lo
interruppe
.
«
Se
si
tratta
di
affari
,
bisogna
ch
'
Ella
si
rivolga
al
mio
agente
di
Brescia
.
»
«
Scusi
,
signora
marchesa
;
si
tratta
d
'
un
affare
specialissimo
.
Nessuno
sa
e
nessuno
deve
sapere
che
sono
venuto
da
Lei
.
Le
dico
subito
che
si
tratta
di
Suo
nipote
.
»
La
marchesa
si
alzò
e
il
cane
accovacciato
sul
seggiolone
si
levò
pure
,
abbaiando
verso
il
Gilardoni
.
«
Non
mi
parli
»
,
disse
solennemente
la
vecchia
signora
,
«
di
quella
persona
che
per
me
non
esiste
più
.
Andiamo
,
Friend
.
»
«
No
,
signora
marchesa
!
»
,
ripigliò
il
professore
.
«
Ella
non
può
assolutamente
immaginare
cosa
Le
dirò
!
»
«
Non
m
'
importa
di
niente
,
non
voglio
saper
niente
,
La
riverisco
!
»
La
inflessibile
dama
si
mosse
,
così
dicendo
,
verso
l
'
uscio
.
«
Marchesa
!
»
,
esclamò
alle
sue
spalle
il
professor
Beniamino
,
mentre
Friend
,
saltato
dal
seggiolone
,
gli
abbaiava
disperatamente
alle
gambe
:
«
Si
tratta
del
testamento
di
Suo
marito
!
»
Stavolta
la
marchesa
non
poté
a
meno
di
fermarsi
.
Tuttavia
non
si
voltò
.
«
Questo
testamento
non
Le
può
piacere
»
,
soggiunse
rapidamente
il
Gilardoni
,
«
ma
io
non
ho
l
'
intenzione
di
pubblicarlo
.
Mi
ascolti
,
La
supplico
,
marchesa
!
»
Ella
si
voltò
.
La
faccia
impenetrabile
tradiva
una
certa
emozione
nelle
narici
.
Neppure
le
spalle
eran
del
tutto
tranquille
.
«
Che
storie
mi
conta
?
»
,
rispose
.
«
Le
pare
una
bella
convenienza
di
venire
a
nominarmi
,
così
senza
riguardi
,
il
povero
Franco
?
Cosa
c
'
entra
Lei
negli
affari
della
mia
famiglia
?
»
«
Perdoni
»
,
replicò
il
professore
frugandosi
in
tasca
.
«
Se
non
c
'
entro
io
,
ci
potrebbero
entrare
altri
con
meno
riguardi
di
me
.
Abbia
la
bontà
di
vedere
i
documenti
.
Queste
...
»
«
Si
tenga
i
suoi
scartafacci
»
,
interruppe
la
marchesa
vedendogli
levar
di
tasca
delle
carte
.
«
Queste
sono
le
copie
fatte
da
me
...
»
«
Le
dico
che
se
le
tenga
,
che
se
le
porti
via
!
»
La
marchesa
suonò
un
campanello
e
si
avviò
da
capo
per
uscire
.
Il
professore
,
tutto
fremente
,
udendo
venir
un
domestico
,
vedendo
lei
aprir
l
'
uscio
,
gittò
le
sue
carte
sopra
una
seggiola
,
disse
sottovoce
in
fretta
e
furia
:
«
Le
lascio
qui
,
non
le
veda
nessuno
,
io
sono
al
Sole
,
ritornerò
domani
,
le
guardi
,
ci
pensi
bene
!
»
,
e
prima
che
arrivasse
il
domestico
,
scappò
per
la
parte
ond
'
era
venuto
,
tolse
il
ferraiuolo
,
infilò
le
scale
.
La
marchesa
rimandò
il
domestico
,
stette
un
poco
in
ascolto
,
poi
ritornò
sui
suoi
passi
,
prese
le
carte
,
andò
a
chiudersi
nella
sua
stanza
e
,
inforcati
gli
occhiali
,
incominciò
a
leggere
presso
la
finestra
.
La
faccia
era
oscura
e
le
mani
tremavano
.
Il
professore
stava
per
andare
a
letto
nella
sua
camera
gelata
del
Sole
,
quando
due
poliziotti
vennero
a
recargli
l
'
ordine
di
recarsi
immediatamente
all
'
ufficio
di
Polizia
.
Egli
sentì
bene
un
certo
rimescolamento
interno
ma
non
si
smarrì
e
partì
con
essi
.
Alla
Polizia
,
un
piccolo
Commissario
insolente
gli
domandò
perché
fosse
venuto
a
Lodi
e
avutone
risposta
che
c
'
era
venuto
per
affari
privati
,
fece
un
atto
d
'
incredulità
sprezzante
.
Che
affari
privati
pretendeva
avere
a
Lodi
il
signor
Gilardoni
?
Con
chi
?
Il
professore
nominò
la
marchesa
.
«
Ma
se
nessuna
Maironi
sta
a
Lodi
!
»
,
esclamò
il
Commissario
,
e
perché
l
'
altro
protestava
,
lo
interruppe
subito
:
«
Basta
,
basta
,
basta
!
»
.
La
Polizia
sapeva
di
certo
che
il
signor
Gilardoni
,
quantunque
I
.
R
.
pensionato
,
non
era
un
leale
austriaco
,
che
aveva
degli
amici
a
Lugano
e
ch
'
era
venuto
a
Lodi
con
un
fine
politico
.
«
Lei
ne
sa
più
di
me
!
»
,
esclamò
il
Gilardoni
soffocando
a
stento
la
collera
.
«
Faccia
silenzio
!
»
,
gl
'
intimò
il
Commissario
.
«
Del
resto
Ella
non
deve
credere
che
l
'
I
.
R
.
Governo
abbia
paura
di
Lei
.
È
libero
di
andare
.
Solamente
deve
lasciar
Lodi
entro
due
ore
!
»
Qui
Franco
avrebbe
capito
subito
di
dove
veniva
il
colpo
;
il
filosofo
non
capì
.
«
Son
venuto
»
,
diss
'
egli
,
«
a
Lodi
per
un
affare
urgente
che
non
ho
finito
,
per
un
interesse
privato
gravissimo
.
Come
posso
partire
dentro
due
ore
?
»
«
Con
una
vettura
.
Se
,
trascorse
due
ore
,
Ella
è
ancora
in
Lodi
,
La
faccio
arrestare
.
»
«
La
mia
salute
»
,
replicò
la
vittima
,
«
non
mi
permette
di
viaggiare
di
notte
in
dicembre
.
»
«
Ebbene
,
La
farò
arrestare
subito
.
»
Il
povero
filosofo
prese
in
silenzio
il
suo
cappello
e
uscì
.
Un
'
ora
dopo
egli
partiva
per
Milano
in
un
calessino
chiuso
,
con
i
piedi
nella
paglia
,
con
una
coperta
sulle
gambe
,
con
una
gran
sciarpa
al
collo
,
pensando
che
aveva
pur
fatto
una
bella
spedizione
e
inghiottendo
saliva
ogni
momento
per
sentir
se
gli
doleva
la
gola
.
Notte
infame
davvero
;
ma
non
la
passò
sulle
rose
neppur
la
signora
Marchesa
.
8
.
Ore
amare
L
'
ultimo
dì
dell
'
anno
,
mentre
Franco
stava
scrivendo
le
minutissime
istruzioni
che
intendeva
lasciare
a
sua
moglie
per
il
governo
del
giardinetto
e
dell
'
orto
,
mentre
lo
zio
rileggeva
per
la
decima
volta
la
sua
favorita
Storia
della
diocesi
di
Como
,
Luisa
uscì
a
passeggio
con
Maria
.
Splendeva
un
tepido
sole
.
Non
v
'
era
neve
che
sul
Bisgnago
e
sulla
Galbiga
.
Maria
trovò
una
viola
presso
il
cimitero
e
un
'
altra
la
trovò
in
fondo
alla
Calcinera
.
Lì
faceva
veramente
caldo
,
l
'
aria
aveva
un
lieve
aroma
di
alloro
.
Luisa
sedette
con
le
spalle
al
monte
,
permise
che
Maria
si
divertisse
ad
arrampicarsi
e
sdrucciolar
sull
'
erba
secca
dietro
a
lei
,
e
pensò
.
Non
aveva
riveduto
il
professor
Gilardoni
dopo
la
notte
di
Natale
e
desiderava
parlargli
,
non
per
udir
da
capo
la
storia
del
testamento
Maironi
,
ma
per
farsi
raccontare
il
suo
colloquio
con
Franco
quando
gliel
'
aveva
mostrato
,
per
conoscere
le
prime
impressioni
di
Franco
e
l
'
opinione
del
professore
.
Poiché
il
testamento
era
stato
distrutto
,
ciò
aveva
solamente
un
'
importanza
psicologica
.
La
curiosità
di
Luisa
non
era
però
una
fredda
curiosità
di
osservatrice
.
La
condotta
di
suo
marito
l
'
aveva
gravemente
offesa
.
Pensandoci
e
ripensandoci
,
come
aveva
fatto
dalla
notte
di
Natale
in
poi
,
s
'
era
persuasa
che
anche
il
silenzio
serbato
con
lei
fosse
un
peccato
grave
contro
il
diritto
e
l
'
affetto
.
Ora
le
riusciva
amaro
il
sentirsi
diminuir
la
stima
per
suo
marito
,
tanto
più
amaro
alla
vigilia
della
sua
partenza
e
in
un
momento
in
cui
egli
meritava
lode
.
Avrebbe
voluto
almeno
sapere
che
quando
il
Gilardoni
gli
aveva
mostrato
quelle
carte
vi
era
stata
in
lui
una
lotta
,
che
il
sentimento
più
giusto
si
era
sollevato
almeno
un
momento
nell
'
anima
sua
.
Si
alzò
,
prese
Maria
per
mano
e
si
avviò
verso
Casarico
.
Trovò
il
professore
nell
'
orto
,
col
Pinella
,
disse
a
Maria
di
andar
a
correre
,
a
giuocare
insieme
al
Pinella
,
ma
la
bambina
,
sempre
avida
di
ascoltar
i
discorsi
delle
persone
grandi
,
non
volle
assolutamente
saperne
.
Allora
entrò
nell
'
argomento
senza
pronunciar
nomi
.
Voleva
parlare
al
professore
di
quelle
tali
carte
,
di
quelle
vecchie
lettere
.
Il
professore
,
rosso
,
rosso
,
protestò
che
non
capiva
.
Per
fortuna
il
Pinella
chiamò
Maria
mostrandole
un
libro
d
'
immagini
e
Maria
,
vinta
dal
libro
,
corse
a
lui
.
Allora
Luisa
levò
al
professore
gli
scrupoli
,
gli
disse
che
sapeva
tutto
da
Franco
stesso
,
gli
confessò
di
aver
disapprovato
suo
marito
,
di
aver
provato
e
di
provare
ancora
un
gran
dolore
...
«
Perché
perché
perché
?
»
,
interruppe
il
buon
Beniamino
.
Ma
perché
Franco
non
aveva
voluto
far
nulla
!
«
Ho
fatto
io
,
ho
fatto
io
,
ho
fatto
io
!
»
,
disse
il
Gilardoni
,
tutto
acceso
e
trepidante
,
«
ma
per
amor
del
cielo
non
dica
niente
a
Suo
marito
!
»
.
Luisa
restò
sbalordita
.
Ma
cosa
aveva
fatto
il
professore
?
Ma
quando
?
Ma
come
?
Ma
il
testamento
non
era
stato
distrutto
?
Allora
il
professore
,
rosso
come
una
bragia
,
facendo
degli
occhi
spiritati
,
intercalando
il
suo
dire
di
«
ma
per
carità
,
neh
?
-
ma
zitto
,
neh
?
»
,
mise
fuori
tutti
i
suoi
segreti
,
la
conservazione
del
testamento
,
il
viaggio
a
Lodi
.
Luisa
lo
ascoltò
sino
alla
fine
,
poi
fece
«
ah
!
»
e
si
strinse
forte
forte
il
viso
fra
le
mani
.
«
Ho
fatto
male
?
»
,
esclamò
il
professore
,
spaventato
.
«
Ho
fatto
male
,
signora
Luisina
?
»
«
Altro
che
male
!
Malissimo
!
Mi
scusi
,
sa
,
Lei
ha
avuto
l
'
aria
di
andare
a
proporre
una
transazione
,
un
mercato
!
E
la
marchesa
crederà
che
siamo
d
'
accordo
!
Ah
!
»
Ella
strinse
e
scosse
le
mani
congiunte
come
se
avesse
voluto
rimaneggiarvi
,
rimpastarvi
dentro
una
testa
professorale
più
quadra
.
Il
povero
professore
,
costernato
,
andava
ripetendo
:
«
Oh
Signore
!
Oh
povero
me
!
Oh
che
asino
!
»
,
senza
tuttavia
comprender
bene
quale
asinata
avesse
commesso
.
Luisa
si
buttò
sul
parapetto
verso
il
lago
,
a
guardare
nell
'
acqua
.
Balzò
su
a
un
tratto
,
batté
il
dorso
della
destra
sul
palmo
della
sinistra
,
il
suo
viso
s
'
illuminò
.
«
Mi
conduca
nel
Suo
studio
»
,
diss
'
ella
.
«
Posso
lasciar
qui
Maria
?
»
.
Il
professore
accennò
di
sì
e
l
'
accompagnò
,
tutto
palpitante
,
nello
studio
.
Luisa
prese
un
foglio
di
carta
e
scrisse
rapidamente
:
«
Luisa
Maironi
Rigey
fa
sapere
alla
marchesa
Maironi
Scremin
che
il
professore
Beniamino
Gilardoni
è
un
ottimo
amico
di
suo
marito
e
suo
,
ma
che
ne
fu
disapprovato
per
l
'
uso
inopportuno
di
un
documento
destinato
a
sorte
diversa
:
che
perciò
nessuna
comunicazione
si
attende
né
si
desidera
da
parte
della
signora
marchesa
»
.
Com
'
ebbe
scritto
,
tese
silenziosamente
la
lettera
al
professore
.
«
Oh
no
!
»
,
esclamò
il
professore
dopo
aver
letto
.
«
Per
amor
del
cielo
,
non
mandi
questa
lettera
!
Se
Suo
marito
lo
sa
!
Pensi
che
dispiacere
immenso
,
per
me
,
per
Lei
!
E
come
Suo
marito
non
lo
avrebbe
a
sapere
?
»
.
Luisa
non
rispose
,
lo
guardo
a
lungo
,
non
pensando
a
lui
,
pensando
a
Franco
,
pensando
che
forse
la
marchesa
potrebbe
prendere
quella
lettera
per
un
artificio
,
per
uno
spauracchio
.
La
riprese
e
la
stracciò
sospirando
.
Il
professore
,
raggiante
,
le
voleva
baciar
la
mano
.
Ella
protestò
:
non
lo
aveva
fatto
né
per
lui
né
per
Franco
,
lo
aveva
fatto
per
altre
ragioni
!
Il
sacrificio
del
suo
sfogo
la
esacerbò
,
anzi
,
contro
Franco
.
«
Ha
torto
!
Ha
torto
!
»
,
ripeteva
col
cuore
amaro
.
E
né
lei
né
il
professore
si
accorsero
che
Maria
era
nella
stanza
.
Vista
partir
sua
madre
,
la
piccina
non
aveva
più
voluto
restar
col
Pinella
e
il
Pinella
l
'
aveva
condotta
fino
all
'
uscio
dello
studio
,
gliel
'
aveva
aperto
senza
far
rumore
.
La
piccina
,
colpita
dall
'
aspetto
di
sua
madre
,
si
fermò
a
fissarla
con
una
espressione
di
sgomento
.
La
vide
stracciar
la
lettera
,
la
udì
esclamare
«
ha
torto
!
»
e
si
mise
a
piangere
.
Luisa
accorse
,
la
prese
tra
le
braccia
,
la
consolò
e
partì
subito
.
Le
ultime
parole
del
professore
nel
congedarsi
,
furono
:
«
Per
carità
,
silenzio
!
»
.
«
Cosa
,
silenzio
?
»
,
domandò
subito
Maria
.
Sua
madre
non
le
badò
;
tutti
i
suoi
pensieri
erano
altrove
.
Maria
ripeté
tre
o
quattro
volte
:
«
Cosa
,
silenzio
?
»
.
Quando
finalmente
si
udì
rispondere
«
zitto
,
basta
»
tacque
un
poco
e
poi
ricominciò
rovesciando
all
'
indietro
la
sua
testolina
ridente
,
proprio
per
stuzzicar
la
mamma
:
«
Cosa
,
silenzio
?
»
.
Ne
fu
sgridata
forte
,
tacque
ancora
,
ma
passando
sotto
il
cimitero
,
a
pochi
passi
da
casa
,
ricominciò
da
capo
,
con
lo
stesso
riso
malizioso
.
Allora
Luisa
,
tutta
raccolta
nello
sforzo
di
comporsi
una
maschera
indifferente
,
le
diede
solo
una
strappata
,
che
però
bastò
a
farla
tacere
.
Maria
era
molto
allegra
,
quel
giorno
.
A
pranzo
,
scherzando
con
la
mamma
,
si
ricordò
dei
rimproveri
toccati
a
passeggio
,
la
guardò
sottecchi
col
solito
risolino
timido
e
provocatore
,
mise
ancora
fuori
il
suo
«
cosa
,
silenzio
?
»
.
La
mamma
finse
di
non
udire
ed
ella
insistette
.
Luisa
la
fermò
allora
con
un
«
basta
!
»
così
insolitamente
vibrato
che
la
boccuccia
di
Maria
si
aperse
piano
piano
e
le
lagrime
scoppiarono
.
Lo
zio
fece
«
oh
povero
me
!
»
e
Franco
diventò
scuro
,
si
capì
che
disapprovava
sua
moglie
.
Poiché
Maria
piangeva
e
piangeva
,
si
sfogò
addosso
a
lei
;
la
prese
tra
le
braccia
,
la
portò
via
che
strillava
come
un
'
aquila
.
«
Meglio
ancora
!
»
,
esclamò
lo
zio
.
«
Bravissimi
!
»
«
Lasci
un
po
'
fare
,
Lei
»
,
gli
disse
la
Cia
mentre
Luisa
taceva
.
«
I
genitori
devono
farsi
ubbidire
,
già
.
»
«
Ma
sì
,
così
mi
piace
»
,
le
rispose
il
padrone
,
«
mettete
fuori
anche
voi
la
vostra
sapienza
.
»
Ella
si
azzittì
tutta
ingrugnata
.
Intanto
Franco
,
piantata
Maria
in
un
angolo
dell
'
alcova
,
ritornò
e
brontolò
qualche
parola
sul
voler
far
piangere
i
bambini
per
forza
,
per
cui
Luisa
s
'
imbronciò
alla
sua
volta
,
andò
in
cerca
di
Maria
,
la
ricondusse
lagrimosa
ma
silenziosa
.
Il
breve
desinare
finì
male
perché
Maria
non
volle
più
mangiare
e
tutti
erano
imbronciati
per
una
ragione
o
per
l
'
altra
,
meno
lo
zio
Piero
il
quale
si
mise
ad
arringar
Maria
con
dei
predicozzi
mezzo
serii
mezzo
scherzosi
,
tanto
che
le
fece
tornare
un
po
'
di
sole
in
viso
.
Dopo
pranzo
Franco
andò
a
vedere
di
certi
vasi
che
teneva
nel
sotterraneo
sotto
il
giardinetto
pensile
e
prese
Maria
con
sé
,
la
interrogò
benignamente
,
vedendola
ormai
allegra
,
sull
'
origine
di
tanti
guai
.
«
Che
significava
questo
cosa
,
silenzio
?
»
«
Non
lo
so
.
»
«
Ma
perché
la
mamma
non
voleva
che
tu
dicessi
così
?
»
«
Non
lo
so
.
Io
dicevo
sempre
così
e
la
mamma
mi
sgridava
sempre
.
»
«
Quando
?
»
«
A
passeggio
.
»
«
Dove
sei
stata
,
a
passeggio
?
»
«
Dal
signor
Ladroni
.
»
(
Lo
zio
le
aveva
facilitato
il
nome
del
professore
così
.
)
«
E
hai
cominciato
in
casa
del
signor
Ladroni
a
dire
questa
cosa
?
»
«
No
,
è
stato
il
signor
Ladroni
che
ha
detto
così
alla
mamma
.
»
«
Cosa
ha
detto
?
»
«
Ma
,
papà
,
non
capisci
niente
!
Ha
detto
:
per
carità
,
silenzio
!
»
.
Franco
non
parlò
più
.
«
La
mamma
ha
stracciato
una
carta
,
anche
,
dal
signor
Ladroni
»
,
soggiunse
Maria
,
stimando
,
adesso
,
far
tanto
maggior
piacere
a
suo
padre
quante
più
cose
gli
raccontava
di
questa
visita
.
Suo
padre
le
impose
di
tacere
.
Ritornato
in
casa
,
domandò
a
Luisa
,
con
un
viso
poco
benevolo
,
perché
avesse
fatto
piangere
la
bambina
.
Luisa
lo
guardò
,
le
parve
che
sospettasse
,
gli
domandò
risentita
se
dovesse
giustificarsi
di
queste
cose
.
«
Oh
no
!
»
,
fece
suo
marito
,
freddo
;
e
se
ne
andò
in
giardinetto
a
veder
se
le
foglie
secche
al
piede
degli
aranci
e
la
paglia
intorno
al
tronco
fossero
in
ordine
perché
la
notte
si
annunziava
rigida
.
Lavorando
intorno
alle
piante
si
disse
amaramente
che
se
avessero
avuto
senso
e
parola
,
gli
si
sarebbero
mostrate
più
riconoscenti
,
più
affettuose
del
solito
per
la
sua
prossima
partenza
,
mentre
Luisa
aveva
cuore
di
essergli
aspra
.
D
'
essere
stato
aspro
egli
stesso
non
gli
venne
in
mente
.
Luisa
,
dal
canto
suo
,
si
dolse
subito
d
'
avergli
risposto
così
,
ma
non
poteva
trattenerlo
,
gittarglisi
al
collo
e
finirla
con
due
baci
;
troppo
le
pesava
sul
cuore
l
'
altra
cosa
!
Franco
finì
di
accomodar
le
fasciature
a
'
suoi
aranci
e
rientrò
a
pigliarsi
il
mantello
per
andar
in
chiesa
ad
Albogasio
.
Luisa
che
stava
in
cucina
sbucciando
delle
castagne
,
lo
udì
passare
pel
corridoio
,
stette
un
momento
in
forse
,
lottando
con
se
stessa
,
poi
balzò
fuori
,
lo
raggiunse
mentre
stava
per
scender
le
scale
.
«
Franco
!
»
,
diss
'
ella
.
Franco
non
rispose
,
parve
respingerla
.
Ella
lo
afferrò
allora
per
un
braccio
,
lo
trasse
nella
vicina
camera
dell
'
alcova
.
«
Cosa
vuoi
?
»
,
diss
'
egli
,
scosso
ma
desideroso
di
tenersi
il
suo
rancore
.
Luisa
non
gli
rispose
,
gli
cinse
con
le
braccia
il
collo
riluttante
,
gli
piegò
il
viso
sul
petto
e
disse
sottovoce
:
«
Non
dobbiamo
esser
in
collera
,
sai
,
in
questi
giorni
»
.
Egli
,
che
aveva
aspettato
parole
di
scusa
,
si
staccò
dal
collo
le
braccia
di
sua
moglie
e
rispose
asciutto
:
«
Io
non
sono
in
collera
.
Mi
racconterai
poi
»
,
soggiunse
,
«
cosa
ti
ha
confidato
il
signor
professore
Gilardoni
di
tanto
segreto
da
doverti
raccomandare
il
silenzio
»
.
Luisa
lo
guardò
attonita
,
addolorata
.
«
Tu
hai
sospettato
di
me
»
,
diss
'
ella
,
«
e
hai
interrogato
la
bambina
?
Hai
fatto
questo
?
»
«
Ebbene
»
,
diss
'
egli
,
«
e
se
avessi
fatto
questo
?
Del
resto
tu
pensi
sempre
il
peggio
di
me
,
si
sa
.
Bene
,
guarda
,
non
voglio
saper
niente
.
»
Ella
lo
interruppe
,
«
ma
te
lo
dirò
,
ma
te
lo
dirò
»
,
ed
egli
allora
cui
la
coscienza
rimordeva
un
poco
per
l
'
interrogatorio
di
Maria
,
vedendo
poi
anche
Luisa
disposta
a
parlare
,
non
volle
assolutamente
udirla
,
le
proibì
di
spiegarsi
.
Ma
il
suo
cuore
traboccava
di
amarezza
e
gli
occorreva
pure
uno
sfogo
.
Si
dolse
che
dopo
la
notte
di
Natale
ella
non
fosse
più
stata
con
lui
la
solita
Luisa
.
A
che
valevano
le
proteste
?
Lo
aveva
capito
bene
.
Del
resto
era
tanto
tempo
ch
'
egli
aveva
capito
una
cosa
!
Che
cosa
?
Oh
,
una
cosa
naturale
!
Naturalissima
!
Meritava
egli
di
essere
amato
da
lei
?
No
certo
;
egli
era
un
povero
disutile
e
niente
altro
.
Non
era
naturale
che
dopo
averlo
conosciuto
bene
,
ella
lo
amasse
meno
?
Perché
certo
certo
lo
amava
meno
di
una
volta
.
Luisa
tremò
che
questo
fosse
vero
,
disse
«
no
,
Franco
,
no
»
e
lo
sgomento
di
non
saperlo
dire
con
energia
bastante
le
paralizzò
la
voce
.
Egli
che
aveva
sperato
una
smentita
violenta
,
sussurrò
atterrito
:
«
Dio
mio
!
»
.
Allora
fu
lei
che
si
atterrì
,
fu
lei
che
lo
strinse
disperatamente
fra
le
braccia
singhiozzando
«
ma
no
!
ma
no
!
ma
no
!
»
.
S
'
intesero
sino
al
fondo
con
una
comunicazione
magnetica
e
stettero
a
lungo
abbracciati
,
parlandosi
in
un
muto
sforzo
spasmodico
di
tutto
l
'
esser
loro
,
dolendosi
l
'
uno
dell
'
altro
,
rimproverandosi
,
volendosi
appassionatamente
riprendere
,
gustando
il
piacere
acuto
e
amaro
di
unirsi
per
un
momento
con
la
volontà
e
con
l
'
amore
malgrado
la
intima
disunione
delle
loro
idee
e
della
loro
natura
;
tutto
senza
una
parola
,
senza
una
sola
voce
.
Franco
partì
per
andare
in
chiesa
.
Non
volle
invitar
Luisa
ad
accompagnarlo
,
sperando
ch
'
ella
lo
facesse
spontaneamente
;
ed
ella
non
lo
fece
dubitando
che
gli
fosse
gradito
.
La
mattina
del
sette
gennaio
,
dopo
le
dieci
,
lo
zio
Piero
fece
chiamare
Franco
.
Lo
zio
stava
ancora
a
letto
.
Si
alzava
tardi
,
non
potendo
riscaldare
la
stanza
e
non
volendo
,
per
economia
,
accendere
il
fuoco
nel
salottino
troppo
per
tempo
.
Però
il
freddo
non
gl
'
impediva
di
tirarsi
su
a
leggere
,
con
mezzo
il
petto
e
ambedue
le
braccia
fuori
delle
coperte
.
«
Ciao
»
,
diss
'
egli
quando
Franco
entrò
.
Dal
tono
del
saluto
,
dalla
bella
faccia
seria
nella
sua
bontà
,
Franco
intese
che
lo
zio
aveva
pronte
parole
insolite
.
Lo
zio
gl
'
indicò
infatti
la
sedia
presso
il
letto
,
e
disse
il
più
solenne
dei
suoi
esordi
:
«
Sètet
giò
»
.
Franco
sedette
.
«
Dunque
parti
domani
?
»
«
Sì
,
zio
.
»
«Bene.»
Parve
che
nel
metter
fuori
quel
«
bene
»
il
cuore
dello
zio
gli
fosse
venuto
in
bocca
,
tanto
la
parola
gli
gonfiò
le
guance
,
gli
uscì
piena
e
sonora
.
«
Tu
»
,
riprese
il
vecchio
,
«
non
mi
hai
udito
fino
ad
ora
,
dirò
così
,
approvare
né
disapprovare
il
tuo
progetto
.
Forse
avrò
dubitato
un
poco
che
lo
effettuassi
.
Adesso
...
»
Franco
gli
stese
ambedue
le
mani
.
«
Adesso
»
,
continuò
lo
zio
,
tenendogliele
strette
fra
le
proprie
,
«
visto
che
sei
fermo
nella
tua
idea
,
ti
dico
:
l
'
idea
è
buona
,
il
bisogno
c
'
è
,
va
,
lavora
,
il
lavoro
è
una
gran
cosa
.
Dio
ti
faccia
incominciar
bene
e
poi
ti
faccia
perseverare
,
ch
'
è
il
più
difficile
.
Ecco
.
»
Franco
gli
voleva
baciar
le
mani
,
ma
lo
zio
fu
pronto
a
ritirarle
.
«
Lassa
stà
,
lassa
stà
!
»
.
E
riprese
a
parlare
.
«
Adesso
senti
.
È
possibile
che
non
ci
vediamo
più
.
»
Proteste
di
Franco
.
«
Sì
sì
sì
»
,
rispose
il
vecchio
ritirando
l
'
anima
dagli
occhi
e
dalla
voce
,
«
tutte
belle
cose
,
cose
che
bisogna
dire
.
Lascia
stare
.
»
Gli
occhi
ripresero
la
loro
luce
seria
e
buona
,
la
voce
il
suo
tono
grave
.
«
È
possibile
che
non
ci
vediamo
più
.
Del
resto
ti
domando
io
cosa
ci
faccio
,
oramai
,
a
questo
mondo
.
E
per
voi
sarebbe
meglio
che
me
ne
andassi
.
Forse
a
tua
nonna
dispiace
che
io
vi
abbia
raccolti
,
forse
le
sarà
più
facile
,
poi
,
di
riconciliarsi
con
voi
.
Perciò
,
posto
che
non
ci
vediamo
più
,
ti
prego
,
appena
morto
io
,
se
le
cose
non
saranno
ancora
accomodate
,
di
fare
qualche
passo
.
»
Franco
si
alzò
,
abbracciò
lo
zio
con
le
lagrime
agli
occhi
.
«
Testamento
»
,
riprese
lo
zio
,
«
non
ne
ho
fatto
e
non
ne
faccio
.
Il
poco
che
ho
è
di
Luisa
;
non
occorre
testamento
.
Vi
raccomando
la
Cia
;
fate
che
non
le
manchi
un
letto
e
un
tozzo
di
pane
.
Per
i
funerali
bastano
tre
preti
che
mi
cantino
un
requiem
di
cuore
;
il
nostro
,
l
'
Introini
e
il
prefetto
della
Caravina
;
c
'
è
mica
bisogno
di
farne
cantare
cinque
o
sei
per
amor
del
candirott
e
del
vin
bianch
.
Per
il
mio
vestiario
lasciamo
fare
a
Luisa
che
saprà
dove
metterlo
a
posto
.
Il
mio
orologio
a
ripetizione
lo
prenderai
tu
per
mia
memoria
.
Vorrei
lasciare
un
ricordo
anche
a
Maria
,
ma
come
si
fa
?
Potrai
pigliar
un
pezzo
della
mia
catena
d
'
oro
.
Se
hai
una
medaglietta
,
un
crocifisso
,
glielo
attacchi
al
collo
con
la
mia
catena
.
E
amen
.
»
Franco
piangeva
.
Era
una
gran
commozione
di
sentire
lo
zio
parlar
della
sua
morte
così
serenamente
come
di
un
affare
qualsiasi
da
condur
con
giudizio
e
onestà
;
lo
zio
che
discorrendo
con
gli
amici
pareva
tanto
attaccato
alla
vita
,
che
diceva
sempre
:
«
Se
se
pò
schivà
quella
tal
crepada
!
»
.
«
Oh
e
adesso
contami
!
»
,
diss
'
egli
.
«
Che
lavoro
speri
di
trovare
?
»
«
Per
ora
,
nell
'
ufficio
d
'
un
giornale
a
Torino
,
mi
scrive
T
.
Forse
in
avvenire
si
troverà
qualche
cosa
di
meglio
.
Se
poi
al
giornale
non
potessi
vivere
e
se
non
trovassi
altro
,
ritornerei
.
Per
questo
bisogna
tener
la
cosa
segretissima
,
almeno
per
il
primo
tempo
.
»
Quanto
al
segreto
,
lo
zio
era
incredulo
.
«
E
le
lettere
?
»
,
diss
'
egli
.
Per
le
lettere
era
combinato
che
Franco
scriverebbe
a
Lugano
fermo
in
posta
,
che
Ismaele
porterebbe
alla
posta
di
Lugano
le
lettere
della
famiglia
e
ritirerebbe
quelle
di
Franco
.
E
che
si
doveva
dire
ai
conoscenti
?
Si
era
già
detto
che
Franco
andava
a
Milano
il
giorno
otto
per
affari
e
che
sarebbe
stato
assente
forse
un
mese
,
forse
anche
più
.
«
Questo
dover
infinocchiar
la
gente
non
è
la
più
bella
cosa
del
mondo
»
,
disse
lo
zio
,
«
ma
insomma
!
Io
ti
abbraccio
adesso
,
neh
,
Franco
,
perché
so
che
domani
mattina
parti
per
tempo
e
oggi
difficilmente
saremo
soli
.
Dunque
addio
.
Ti
raccomando
tutto
da
capo
e
non
dimenticarti
di
me
.
Oh
,
un
'
altra
cosa
.
Tu
vai
a
Torino
.
Io
,
come
impiegato
,
ho
inteso
servire
il
mio
paese
.
Non
ho
cospirato
,
non
vorrei
cospirare
neanche
adesso
,
ma
al
mio
paese
ci
ho
sempre
voluto
bene
.
Insomma
,
salutami
la
bandiera
tricolore
.
Ciao
,
neh
!
»
Qui
lo
zio
aperse
le
braccia
.
«
Verrai
anche
tu
,
zio
,
in
Piemonte
»
,
gli
disse
Franco
alzandosi
commosso
da
quell
'
abbraccio
.
«
Se
posso
appena
guadagnarmi
quel
che
strettamente
bisogna
,
vi
faccio
venire
tutti
.
»
«
E
no
,
caro
.
Son
troppo
vecchio
,
non
mi
muovo
più
.
»
«
Ebbene
,
verrò
io
questa
primavera
con
duecentomila
miei
amici
.
»
«
Eh
sì
!
Düsent
mila
zücch
!
Belle
idee
,
belle
speranze
!
Oh
,
è
qui
,
signorina
Ombretta
Pipì
?
»
Ombretta
Pipì
,
così
Maria
era
chiamata
in
casa
nei
momenti
di
buon
umore
,
entrò
impettita
e
grave
.
«
Buon
giorno
,
zio
.
Mi
dici
l
'
Ombretta
Pipì
?
»
Suo
padre
la
prese
e
la
posò
sul
letto
dello
zio
che
la
raccolse
a
sé
sorridendo
,
se
la
fece
sedere
sulle
gambe
.
«
Venga
qua
,
signorina
.
Ha
dormito
bene
?
E
la
bambola
,
ha
dormito
bene
?
E
il
mulo
,
ha
dormito
bene
?
Ah
non
c
'
era
?
Tanto
meglio
.
Sì
,
sì
,
adesso
vengo
con
l
'
Ombretta
.
E
un
bacio
,
niente
?
E
un
altro
,
no
?
Allora
bisogna
proprio
dire
:
Ombretta
sdegnosa
Del
Missipipì
,
Non
far
la
ritrosa
E
baciami
qui
.
»
Maria
lo
ascoltò
come
se
udisse
i
versi
per
la
prima
volta
;
e
poi
,
fuori
a
ridere
,
a
saltare
,
a
battere
le
mani
.
E
lo
zio
rideva
come
lei
.
«
Papà
»
,
diss
'
ella
facendosi
seria
,
«
perché
piangi
?
Sei
in
castigo
?
»
Si
aspettavano
alquante
visite
,
in
quel
giorno
,
di
conoscenti
che
avevan
promesso
di
venire
a
congedarsi
da
Franco
prima
della
sua
partenza
per
Milano
.
Luisa
fece
il
miracolo
di
accender
la
stufa
in
Siberia
,
come
lo
zio
chiamava
la
sala
,
e
vi
si
trovarono
insieme
donna
Ester
,
i
due
indivisibili
Paoli
di
Loggio
,
il
Paolin
e
il
Paolon
,
il
professor
Gilardoni
che
vi
sofferse
di
una
trepidazione
,
di
una
inquietudine
continua
perché
Luisa
,
non
avendo
ancora
allestito
il
bagaglio
di
Franco
,
andava
e
veniva
dalla
camera
dell
'
alcova
,
chiamava
Ester
ogni
momento
ed
Ester
era
quindi
sempre
in
moto
,
quando
passava
dietro
al
professore
,
quando
gli
passava
davanti
,
quando
a
destra
,
quando
a
sinistra
.
Al
pover
'
uomo
pareva
di
stare
in
un
turbine
magnetico
.
Ecco
capitare
,
molto
inattesa
perché
dopo
la
perquisizione
non
s
'
era
più
veduta
,
anche
la
signora
Peppina
.
«
Oh
cara
la
mia
süra
Lüisa
!
Oh
car
el
me
sür
don
Franco
!
L
'
è
vera
ch
'
el
voeur
propi
andà
via
?
»
Adesso
è
il
Paolin
che
si
dimena
un
poco
sulla
sedia
perché
ha
l
'
idea
che
la
süra
Peppina
sia
mandata
dal
marito
per
vedere
chi
c
'
è
e
chi
non
c
'
è
intorno
all
'
uomo
sospetto
,
nella
casa
scomunicata
.
Vorrebbe
andarsene
subito
col
suo
Paolon
,
ma
il
Paolon
è
più
grosso
.
«
Come
se
fa
adèss
con
sto
vioròn
chì
ch
'
el
capiss
nagott
?
»
,
pensa
il
Paolin
,
e
,
senza
guardare
il
Paolon
,
gli
dice
sottovoce
:
«
Andèmm
,
Paol
!
Andèmm
!
»
Il
Paolon
stenta
infatti
molto
a
capire
ma
finalmente
si
alza
,
se
ne
va
col
Paolin
,
piglia
la
sua
sulle
scale
.
Franco
ebbe
lo
stesso
pensiero
del
Paolin
e
salutò
la
signora
Peppina
con
mal
garbo
.
La
povera
donna
ne
avrebbe
pianto
perché
voleva
tanto
bene
a
sua
moglie
e
teneva
in
gran
concetto
anche
lui
;
ma
capiva
la
sua
avversione
;
la
scusava
in
cuor
suo
.
Appena
osava
guardarlo
di
tempo
in
tempo
,
umile
,
con
un
'
aria
di
cane
bastonato
.
Si
tolse
la
Maria
sulle
ginocchia
,
le
parlò
del
suo
buon
papà
,
del
suo
caro
papà
che
andava
via
.
«
Chi
sa
che
dispiasè
,
neh
ti
poera
vèggia
?
Chi
sa
che
magòn
?
Poer
ratin
.
Andà
via
el
papà
!
On
papà
de
quella
sort
!
»
Franco
discorreva
col
professore
ma
udiva
e
fremeva
d
'
impazienza
.
Fu
contentissimo
che
la
Veronica
venisse
a
chiamarlo
.
Lo
volevano
nell
'
orto
.
Vi
discese
,
trovò
il
signor
Giacomo
Puttini
e
don
Giuseppe
Costabarbieri
ch
'
eran
venuti
per
salutarlo
ma
,
informati
dal
Paolin
e
dal
Paolon
,
desideravano
non
farsi
vedere
dalla
süra
Peppina
.
Anche
il
suolo
dell
'
orto
scottava
loro
i
piedi
.
Mentre
il
piccolo
eroe
magro
si
difendeva
,
soffiando
,
dagl
'
inviti
di
Franco
a
salire
in
casa
,
il
piccolo
eroe
grasso
girava
vivacemente
la
testa
e
gli
occhietti
come
un
merlo
di
buon
umore
,
a
guardar
ora
il
monte
ora
il
lago
,
quasi
per
un
'
abitudine
di
sospetto
.
Scorse
una
barca
che
veniva
da
Porlezza
.
Chi
sa
?
Non
potrebb
'
essere
l
'
I
.
R
.
Commissario
?
Benché
la
barca
fosse
ancora
lontana
,
pensò
subito
di
cavarsela
,
pensò
di
andar
col
Puttini
a
visitar
il
Ricevitore
per
aver
la
fortuna
di
non
trovar
la
süra
Peppina
in
casa
.
Scambiati
con
Franco
saluti
sommessi
e
frettolosi
,
i
due
vecchi
leproni
trottarono
via
a
testa
bassa
e
Franco
rimase
nell
'
orto
.
L
'
aria
era
mite
,
il
picco
di
Cressogno
saliva
senza
neve
,
tutto
glorioso
di
sole
,
nel
sereno
,
il
sole
dorava
ancora
le
coste
giallognole
della
Valsolda
picchiettate
di
ulivi
,
mentre
dall
'
altra
parte
del
lago
scendevano
sino
all
'
acqua
,
nell
'
ombra
azzurrognola
,
i
grandi
padiglioni
bianchi
della
Galbiga
nevosa
e
del
Bisgnago
.
Franco
stette
a
guardare
col
cuore
grosso
il
caro
paese
dei
suoi
sogni
,
de
'
suoi
amori
.
«
Addio
,
Valsolda
»
,
pensò
.
«
E
adesso
voglio
salutare
anche
voialtre
.
»
Voialtre
erano
le
sue
piante
,
gli
aranci
amari
,
l
'
olea
sinensis
,
il
nespolo
del
Giappone
,
il
pinus
pinea
,
che
verdeggiavano
a
giusti
intervalli
lungo
il
viale
diritto
,
fra
le
aiuole
degli
erbaggi
e
il
lago
;
erano
i
rosai
,
i
capperi
,
le
agavi
che
uscivano
a
pender
sopra
l
'
acqua
dai
fori
praticati
nel
muro
.
Tutte
piccole
vite
,
ancora
;
il
colosso
della
famiglia
,
il
pino
,
non
misurava
tre
metri
;
piccole
,
pallide
vite
che
parevano
sonnecchiare
nel
pomeriggio
invernale
.
Ma
Franco
le
vedeva
nell
'
avvenire
come
le
aveva
pensate
piantandole
col
suo
fine
sentimento
del
grazioso
e
del
pittoresco
.
Ciascuna
portava
in
sé
una
intenzione
di
lui
.
Le
nobili
pianticelle
del
viale
,
sorgendo
sugli
erbaggi
,
dovevano
significare
una
certa
finezza
di
spirito
e
di
cultura
nella
modesta
fortuna
della
famiglia
.
Gli
aranci
avevano
il
compito
speciale
di
dare
al
quadretto
una
intonazione
mite
e
gentile
;
il
dovere
del
nespolo
era
di
alzare
e
allargar
le
braccia
frondose
sopra
un
futuro
sedile
;
i
rosai
e
i
capperi
del
muro
verso
il
lago
dovevano
dire
a
chi
passava
in
barca
la
fantasia
d
'
un
poeta
;
le
agavi
vi
avrebbero
risposto
,
in
un
accordo
minore
,
agli
aranci
,
compagni
di
esilio
;
finalmente
gli
alti
destini
del
pino
erano
di
spiegar
un
grazioso
ombrello
sulla
breve
oasi
,
di
porre
il
suo
accento
meridionale
sopra
l
'
accordo
delle
agavi
e
degli
aranci
,
di
incorniciar
con
la
sua
verde
corona
il
piccolo
seno
azzurro
di
Casarico
.
Addio
,
addio
!
Pareva
a
Franco
che
le
pianticelle
gli
rispondessero
tristemente
:
"
Perché
ci
lasci
?
Che
sarà
di
noi
?
Tua
moglie
non
ci
ama
come
te
"
.
Intanto
la
barca
veduta
da
don
Giuseppe
aveva
camminato
e
passava
davanti
all
'
orto
,
alquanto
discosto
dalla
riva
.
V
'
erano
un
signore
e
una
signora
.
Il
signore
si
alzò
in
piedi
e
salutò
con
voce
squillante
:
«
Addio
,
don
Franco
!
Evviva
!
»
.
La
signora
sventolò
il
fazzoletto
.
Erano
i
Pasotti
.
Franco
salutò
col
cappello
.
I
Pasotti
!
In
Valsolda
di
gennaio
!
Che
ci
venivano
a
fare
?
E
quel
saluto
!
Pasotti
che
dopo
la
perquisizione
non
si
era
fatto
più
vedere
,
Pasotti
salutar
così
?
Che
voleva
dir
ciò
?
Franco
,
perplesso
,
salì
in
casa
,
diede
la
notizia
.
Tutti
stupirono
e
sopra
tutti
la
süra
Peppina
:
«
Ma
comè
?
El
dis
de
bon
?
El
sür
Controlòr
?
Poer
omasc
!
Anca
la
süra
Barborin
?
Poera
donnètta
!
»
.
Si
commentò
il
fatto
.
Chi
supponeva
una
cosa
e
chi
un
'
altra
.
Dopo
cinque
minuti
Pasotti
entrò
strepitando
,
trascinandosi
dietro
la
signora
Barborin
carica
di
scialli
e
di
fagotti
,
mezza
morta
dal
freddo
.
Povera
creatura
,
non
sapeva
dir
altro
che
«
dò
ôr
!
dò
ôr
in
barca
!
»
mentre
suo
marito
schiamazzava
ghignando
negli
occhi
diabolici
:
«
Le
fa
bene
,
le
fa
bene
!
Le
ho
cacciato
giù
un
bicchierino
di
ginepro
a
Porlezza
.
Ha
fatto
smorfie
d
'
inferno
,
ma
sta
benone
!
»
.
La
povera
sorda
,
indovinando
che
parlava
del
ginepro
,
girava
gli
occhi
per
il
soffitto
,
rifaceva
le
smorfie
di
Porlezza
.
Pasotti
non
era
mai
stato
così
espansivo
.
Baciò
la
mano
a
Luisa
,
abbracciò
l
'
ingegnere
e
Franco
accompagnando
gli
atti
con
effusioni
e
profluvi
di
sentimento
.
«
Carissima
donna
Luisa
!
Signora
ammirabile
e
perfetta
.
Car
el
me
Peder
!
Car
el
me
re
de
coeur
!
Il
mondo
è
grande
ma
on
alter
Peder
el
gh
'
è
propri
no
,
va
là
!
E
questo
don
Franco
!
Caro
il
mio
Francone
!
Pensare
come
t
'
ho
veduto
io
!
In
sottane
e
grembialino
.
Quando
andavi
a
rubar
i
fichi
al
prefetto
della
Caravina
!
Sto
baloss
chì
!
»
Il
«
baloss
»
non
faceva
il
viso
più
incoraggiante
del
mondo
ma
l
'
altro
non
se
ne
dava
per
inteso
.
Altrettanto
poco
poteva
intendersi
sua
moglie
con
le
signore
che
l
'
interrogavano
.
«
Come
l
'
ha
mai
faa
,
süra
Pasotti
»
,
le
gridava
la
signora
Peppina
,
«
a
vegnì
in
Valsolda
de
sto
temp
chì
?
»
«
Oh
dèss
,
la
capiss
nient
,
poera
donnètta
.
»
Per
quanto
anche
Luisa
ed
Ester
le
gridassero
nelle
orecchie
la
stessa
domanda
,
per
quanto
ella
spalancasse
la
bocca
,
la
sorda
non
capiva
,
andava
rispondendo
a
caso
:
«
Se
ho
mangiàa
?
Se
voeui
disnà
chì
?
»
.
Intervenne
Pasotti
,
disse
che
in
ottobre
egli
e
sua
moglie
eran
partiti
per
un
richiamo
di
affari
,
senza
fare
il
bucato
,
che
sua
moglie
lo
andava
seccando
da
un
pezzo
per
questo
benedetto
bucato
,
che
finalmente
si
era
risolto
di
accontentarla
e
di
venire
.
Allora
donna
Ester
si
voltò
verso
la
Pasotti
a
far
l
'
atto
di
lavare
.
La
Pasotti
guardò
suo
marito
che
le
teneva
gli
occhi
addosso
e
rispose
:
«
Sì
sì
,
la
bügada
,
la
bügada
!
»
.
Quell
'
occhiata
,
l
'
impero
che
lesse
negli
occhi
del
Controllore
fecero
sospettare
Luisa
che
vi
fosse
sotto
un
mistero
.
Questo
mistero
e
le
inesplicabili
espansioni
di
Pasotti
le
suggerirono
un
altro
sospetto
.
Se
fosse
venuto
per
loro
?
Se
nelle
cause
di
questa
improvvisa
venuta
ci
avesse
parte
il
viaggio
del
professore
a
Lodi
?
Avrebbe
voluto
consultarsi
col
professore
,
dirgli
di
fermarsi
fino
a
che
i
Pasotti
fossero
partiti
;
ma
come
parlargli
poi
senza
che
se
ne
avvedesse
Franco
?
Intanto
donna
Ester
prese
congedo
e
il
professore
che
aveva
ottenuto
il
perdono
della
capricciosetta
,
perfidetta
signorina
,
a
patto
di
non
domandare
il
paradiso
,
ebbe
licenza
di
accompagnarla
a
casa
.
I
Pasotti
non
potevano
salire
ad
Albogasio
Superiore
fino
a
che
il
mezzadro
,
fatto
avvertire
subito
,
non
avesse
posto
loro
in
ordine
e
riscaldata
almeno
una
stanza
.
Parlò
subito
di
piantare
un
tarocchino
in
tre
con
l
'
ingegnere
e
Franco
.
Allora
se
ne
andò
anche
la
signora
Peppina
e
la
Pasotti
chiese
a
Luisa
di
ritirarsi
un
momento
,
la
pregò
di
accompagnarla
.
Appena
fu
sola
coll
'
amica
nella
camera
dell
'
alcova
si
guardò
attorno
con
due
occhioni
spaventati
e
poi
sussurrò
:
«
Sèm
minga
chì
per
la
bügada
neh
,
sèm
minga
chì
per
la
bügada
!
»
.
Luisa
la
interrogò
silenziosamente
,
col
viso
e
col
gesto
,
perché
a
parlar
forte
in
sala
avrebbero
udito
.
Stavolta
la
Pasotti
capì
,
rispose
che
non
sapeva
niente
,
che
suo
marito
non
le
aveva
detto
niente
,
che
le
aveva
imposto
la
storia
del
bucato
ma
che
del
bucato
a
lei
non
importava
nulla
.
Allora
Luisa
prese
un
pezzo
di
carta
e
scrisse
:
«
Cosa
sospetti
?
»
.
La
Pasotti
lesse
e
poi
cominciò
una
mimica
complicatissima
.
Scrollamenti
del
capo
,
stralunamenti
d
'
occhi
,
sospiri
,
invocazioni
al
soffitto
;
pareva
che
si
combattesse
dentro
di
lei
una
gran
battaglia
di
timori
e
di
speranze
.
Finalmente
fece
«
ah
!
»
,
afferrò
la
penna
e
scrisse
sotto
la
domanda
di
Luisa
:
«
La
marchesa
!
»
.
Lasciò
cader
la
penna
,
stette
a
contemplar
l
'
amica
.
«
L
'
è
a
Lod
»
,
diss
'
ella
sottovoce
.
«
El
Controlòr
l
'
è
staa
a
Lod
.
Speri
comè
!
»
E
poi
scappò
in
sala
temendo
esser
sospettata
da
suo
marito
.
Finito
il
tarocco
,
Pasotti
si
accostò
a
una
finestra
,
disse
forte
qualche
cosa
sugli
effetti
della
luce
crepuscolare
e
chiamò
Franco
.
«
Bisogna
che
tu
venga
stasera
da
me
»
,
gli
disse
piano
,
«
devo
parlarti
.
»
Franco
cercò
schermirsi
.
Partiva
l
'
indomani
mattina
per
Milano
,
lasciava
la
famiglia
per
qualche
tempo
,
gli
era
difficile
passar
la
sera
fuori
di
casa
.
Pasotti
replicò
ch
'
era
assolutamente
necessario
.
«
Si
tratta
del
tuo
viaggio
di
domani
»
,
diss
'
egli
.
«
Si
tratta
del
tuo
viaggio
di
domani
!
»
Appena
partiti
i
Pasotti
per
Albogasio
Superiore
,
Franco
riferì
questo
colloquio
a
sua
moglie
.
Egli
n
'
era
stato
turbatissimo
.
Pasotti
sapeva
,
dunque
;
non
avrebbe
fatto
tanti
misteri
se
non
avesse
inteso
alludere
al
viaggio
di
Torino
.
E
Franco
era
seccatissimo
che
Pasotti
sapesse
.
Ma
in
che
modo
?
L
'
amico
di
Torino
poteva
essere
stato
imprudente
.
E
adesso
che
voleva
da
lui
,
Pasotti
?
C
'
era
forse
in
aria
qualche
altro
colpo
della
Polizia
?
Ma
Pasotti
non
era
l
'
uomo
da
venire
ad
avvertirnelo
!
E
tutto
quel
voltafaccia
di
amabilità
?
Non
si
voleva
ch
'
egli
andasse
a
Torino
,
forse
.
Non
si
voleva
che
trovasse
una
strada
buona
,
un
modo
di
sottrarre
sé
e
i
suoi
alla
povertà
,
ai
commissari
e
ai
gendarmi
!
Pensa
e
ripensa
,
non
poteva
essere
che
questo
.
Luisa
n
'
era
poco
persuasa
,
in
cuor
suo
.
Temeva
altra
cosa
;
non
dubitava
però
neppur
lei
che
Pasotti
sapesse
di
Torino
e
ciò
scompigliava
tutte
le
sue
supposizioni
.
Insomma
non
c
'
era
che
andare
e
udire
.
Franco
andò
alle
otto
,
Pasotti
lo
ricevette
colla
più
affettuosa
cordialità
e
gli
fece
le
scuse
di
sua
moglie
ch
'
era
già
a
letto
.
Prima
d
'
entrar
in
argomento
volle
assolutamente
che
pigliasse
un
bicchiere
di
S
.
Colombano
e
una
fetta
di
panettone
.
Col
vino
e
col
dolce
Franco
dovette
inghiottire
,
suo
malgrado
,
molte
dichiarazioni
di
amicizia
,
i
più
sperticati
elogi
di
sua
moglie
,
di
suo
zio
e
di
lui
stesso
.
Vuotato
finalmente
il
bicchiere
ed
il
piatto
,
il
mellifluo
bargnìf
si
mostrò
disposto
ad
entrare
in
materia
.
Erano
seduti
a
un
tavolino
,
l
'
uno
in
faccia
all
'
altro
.
Pasotti
,
appoggiato
comodamente
alla
spalliera
della
seggiola
,
teneva
tra
le
mani
un
fazzoletto
rosso
e
giallo
di
foulard
,
lo
andava
palpando
.
«
Dunque
»
,
diss
'
egli
,
«
caro
Franco
,
come
ti
dicevo
,
si
tratta
del
tuo
viaggio
di
domani
.
Ho
inteso
dire
oggi
a
casa
tua
che
parti
per
affari
:
si
tratta
di
vedere
se
io
non
ti
porto
un
affare
anche
più
grosso
di
quello
che
hai
a
Milano
.
»
Franco
,
sorpreso
da
questo
inaspettato
esordio
,
tacque
.
Pasotti
chinò
gli
occhi
sul
fazzoletto
senza
restare
di
maneggiarlo
e
riprese
:
«
Il
mio
caro
amico
don
Franco
Maironi
si
può
immaginare
che
se
io
entro
in
argomento
intimo
e
delicato
,
ho
una
ragione
grave
di
farlo
,
sento
il
dovere
di
farlo
e
sono
autorizzato
a
farlo
»
.
Le
mani
si
fermarono
,
gli
occhi
brillanti
e
acuti
si
alzarono
a
quelli
torbidi
e
diffidenti
di
Franco
.
«
Si
tratta
,
mio
caro
Franco
,
del
tuo
presente
e
del
tuo
avvenire
.
»
Ciò
detto
,
Pasotti
posò
risolutamente
il
foulard
da
banda
.
Appoggiate
le
braccia
e
giunte
le
mani
sul
tavolino
entrò
nel
cuore
dell
'
argomento
tenendo
sempre
gli
occhi
su
Franco
che
,
raccolto
alla
sua
volta
indietro
sulla
spalliera
,
lo
guardava
pallido
,
in
una
ostile
attitudine
di
difesa
.
«
È
dunque
un
pezzo
che
io
,
per
l
'
antica
amicizia
verso
la
tua
famiglia
,
ho
in
mente
di
far
qualche
cosa
onde
metter
fine
a
un
dissidio
dolorosissimo
.
Anche
tuo
padre
,
povero
don
Alessandro
!
Che
cuor
d
'
oro
!
Che
bene
mi
voleva
!
»
(
Franco
sapeva
che
suo
padre
aveva
una
volta
minacciato
Pasotti
col
bastone
perché
s
'
intrometteva
troppo
nelle
faccende
di
casa
sua
.
)
«
Basta
.
Avendo
saputo
che
tua
nonna
era
a
Lodi
,
domenica
scorsa
mi
son
detto
:
dopo
tanti
dispiaceri
che
hanno
avuto
i
Maironi
,
forse
questo
è
il
momento
.
Andiamo
,
tentiamo
.
E
sono
andato
.
»
Pausa
.
Franco
fremeva
.
Che
razza
d
'
intercessore
gli
era
capitato
?
E
chi
aveva
chiesto
intercessioni
?
«
Debbo
dirlo
»
,
riprese
Pasotti
,
«
sono
contento
.
Tua
nonna
ha
le
sue
idee
,
ha
un
'
età
in
cui
le
idee
difficilmente
si
cambiano
,
ha
il
carattere
che
sai
,
molto
fermo
,
ma
insomma
il
cuore
c
'
è
.
Ti
vuol
bene
,
sai
.
Soffre
.
Vi
è
una
lotta
continua
,
dentro
di
lei
,
fra
i
suoi
sentimenti
e
i
suoi
principii
;
anche
,
se
vuoi
,
tra
i
suoi
sentimenti
e
i
suoi
risentimenti
.
Povera
marchesa
!
È
penoso
di
vedere
come
soffre
;
ma
insomma
piega
,
piega
.
Certamente
non
bisogna
mica
aspettarsi
poi
troppo
.
Piega
ma
non
fino
a
spezzare
ciò
che
la
sostiene
,
i
suoi
principii
,
voglio
dire
:
sopra
tutto
i
suoi
principii
politici
.
»
Gli
occhi
di
Franco
,
le
mascelle
inquiete
,
un
sussulto
di
tutta
la
persona
dissero
a
Pasotti
:
non
toccar
questo
punto
,
bada
a
te
!
Pasotti
si
fermò
;
gli
era
forse
venuto
in
mente
il
bastone
del
fu
don
Alessandro
.
«
Ti
capisco
»
,
riprese
.
«
Credi
che
non
ti
capisca
?
Io
mangio
il
pane
del
Governo
e
devo
tenermi
chiuso
nel
cuore
ciò
che
penso
,
ma
del
resto
son
con
te
,
sospiro
il
momento
in
cui
certi
colori
cederanno
il
posto
a
certi
altri
.
Tua
nonna
non
è
così
e
,
sfido
,
bisogna
pigliarla
com
'
è
.
Se
si
vuol
venire
a
un
accomodamento
bisogna
pigliarla
com
'
è
.
Si
può
combattere
come
ho
combattuto
io
,
ma
...
»
«
Tutto
questo
discorso
mi
pare
inutile
»
,
esclamò
Franco
,
alzandosi
.
«
Aspetta
!
»
,
riprese
Pasotti
.
«
Il
diavolo
non
sarà
poi
forse
tanto
brutto
!
Siedi
,
ascolta
!
»
Franco
non
volle
saperne
di
sedersi
ancora
.
«
Sentiamo
!
»
,
diss
'
egli
con
voce
vibrante
d
'
impazienza
.
«
Intanto
la
nonna
è
disposta
a
riconoscere
il
tuo
matrimonio
...
»
«
Grazie
!
»
,
interruppe
il
giovane
.
«
Aspetta
!
...
e
a
farvi
un
assegno
molto
conveniente
;
per
quel
che
ho
capito
,
fra
le
sei
e
le
ottomila
svanziche
all
'
anno
.
Non
c
'
è
male
,
eh
?
»
«
Avanti
!
»
«
Aspetta
!
Non
c
'
è
niente
di
umiliante
.
Se
ci
fosse
una
condizione
umiliante
non
sarei
venuto
a
proportela
.
La
nonna
desidera
che
tu
ti
occupi
e
che
tu
dia
una
certa
guarentigia
di
non
immischiarti
in
affari
politici
.
Vi
è
un
modo
decoroso
di
combinare
una
cosa
e
l
'
altra
,
questo
lo
devo
riconoscere
,
benché
,
te
lo
dico
chiaro
,
io
avessi
proposto
alla
nonna
un
partito
diverso
.
L
'
idea
mia
era
ch
'
ella
ti
mettesse
alla
testa
degli
affari
suoi
.
Ne
avevi
abbastanza
per
non
poter
pensare
ad
altro
.
Però
,
anche
l
'
idea
della
nonna
è
buona
.
Conosco
fior
di
giovinotti
che
pensano
come
te
e
che
sono
nella
carriera
giudiziaria
.
È
una
carriera
molto
indipendente
e
molto
rispettata
.
Una
parola
tua
e
tu
sei
ascoltante
al
Tribunale
.
»
«
Io
?
»
,
proruppe
Franco
.
«
Io
!
No
,
caro
Pasotti
!
No
!
Non
mi
si
manda
,
taci
!
la
Polizia
in
casa
,
non
si
fa
bestialmente
destituire
un
galantuomo
che
ha
la
sola
colpa
di
essere
zio
di
mia
moglie
,
taci
ti
dico
!
non
si
cercano
oggi
tutte
le
vie
di
affamare
la
mia
famiglia
e
me
,
per
offrirci
domani
del
pane
sporco
.
No
,
sai
,
no
,
grida
pure
,
per
fame
no
,
viva
Dio
,
nessuno
mi
prende
!
Dillo
pure
alla
nonna
e
tu
...
e
tu
...
e
tu
...
»
Pasotti
aveva
sicuramente
un
sangue
di
derivazione
felina
,
cupido
,
fine
,
prudente
,
carezzevole
,
pronto
alla
simulazione
ma
soggetto
alla
collera
.
Era
venuto
interrompendo
l
'
invettiva
di
Maironi
con
proteste
sempre
più
violente
;
a
quest
'
ultima
apostrofe
,
sentendo
arrivar
un
nembo
di
accuse
che
tanto
più
lo
irritavano
quanto
più
le
indovinava
,
balzò
egli
pure
in
piedi
.
«
Fermati
!
»
,
esclamò
.
«
Che
maniera
è
questa
?
»
«
Buona
sera
!
»
,
disse
Franco
,
pigliando
il
cappello
.
Ma
Pasotti
non
intendeva
lasciarlo
partire
così
.
«
Un
momento
!
»
,
diss
'
egli
battendo
e
ribattendo
affrettati
pugni
sul
tavolino
.
«
Voialtri
vi
fate
delle
illusioni
,
voialtri
sperate
molto
in
quel
testamento
e
quello
non
e
un
testamento
,
quello
è
un
pezzo
di
carta
straccia
,
quello
è
il
delirio
di
un
pazzo
!
»
Franco
,
ch
'
era
già
presso
all
'
uscio
,
si
fermò
,
tramortito
dal
colpo
.
«
Che
testamento
?
»
,
diss
'
egli
.
«
Via
!
»
,
riprese
Pasotti
freddo
e
beffardo
.
«
C
'
intendiamo
bene
!
»
Una
vampa
di
collera
riaccese
il
sangue
a
Franco
.
«
Ma
no
!
»
,
diss
'
egli
.
«
Fuori
!
parla
!
Cosa
ne
sai
tu
di
testamenti
?
»
«
Ah
!
»
,
fece
Pasotti
con
ironica
dolcezza
.
«
Adesso
va
benissimo
.
»
Franco
l
'
avrebbe
strozzato
.
«
Sono
stato
a
Lodi
,
non
te
l
'
ho
detto
?
Dunque
so
.
»
Franco
,
fuori
di
sé
,
protestò
di
non
capire
niente
.
«
Oh
già
!
»
,
riprese
Pasotti
,
beffardo
più
di
prima
.
«
Lo
informerò
io
il
signore
.
Sappia
dunque
che
il
signor
professore
Gilardoni
,
il
quale
non
è
affatto
amico
Suo
,
si
è
recato
in
fine
di
dicembre
a
Lodi
,
e
si
è
presentato
alla
marchesa
con
una
copia
senza
valor
legale
di
un
preteso
testamento
del
povero
Suo
nonno
.
In
questo
testamento
Ella
,
signor
don
Franco
,
è
istituito
erede
universale
con
accompagnamento
di
offese
atroci
alla
moglie
e
al
figlio
del
testatore
.
Ecco
che
adesso
Ella
sa
.
Del
resto
il
signor
Gilardoni
è
stato
fedele
alla
consegna
,
ha
detto
di
esser
venuto
di
suo
capo
,
senza
farne
saper
niente
a
voi
.
»
Franco
ascoltò
,
livido
come
un
cadavere
,
sentendosi
oscurar
la
vista
e
l
'
anima
,
raccogliendo
tutte
le
sue
forze
per
non
smarrirsi
,
per
dare
una
risposta
degna
.
«
Hai
ragione
»
,
diss
'
egli
.
«
Anche
la
nonna
ha
ragione
.
Chi
ha
torto
è
il
professor
Gilardoni
.
Egli
mi
ha
mostrato
quel
testamento
tre
anni
sono
,
la
notte
del
mio
matrimonio
.
Gli
ho
detto
di
abbruciarlo
e
ho
creduto
che
l
'
avesse
fatto
.
Se
non
lo
ha
fatto
,
mi
ha
ingannato
.
Se
si
è
recato
a
Lodi
per
quella
bella
impresa
che
dice
,
ha
commesso
una
indelicatezza
e
una
stoltezza
enorme
.
Voi
avete
avuto
ragione
di
pensar
male
di
noi
.
Ma
sappilo
bene
!
Io
disprezzo
il
danaro
della
nonna
quanto
il
danaro
del
Governo
:
e
siccome
questa
signora
ha
la
fortuna
di
essere
la
madre
di
mio
padre
,
mai
,
capisci
,
mai
,
e
adoperi
ella
pure
contro
di
noi
tutte
le
bassezze
,
tutte
le
perfidie
che
vuole
,
mai
non
userò
una
carta
che
la
disonora
!
Sono
troppo
superiore
a
lei
!
Va
'
e
dille
questo
a
nome
mio
e
dille
che
si
riprenda
le
sue
offerte
perché
le
sdegno
!
Buona
sera
.
»
Lasciò
Pasotti
sbalordito
e
se
n
'
andò
tutto
tremante
di
sovreccitazione
e
di
collera
,
dimenticò
di
ripigliar
la
sua
lanterna
,
discese
al
buio
,
a
gran
passi
,
non
sapendo
né
curando
affatto
dove
mettesse
i
piedi
,
esclamando
di
tempo
in
tempo
,
buttando
fuori
ciò
che
aveva
dentro
di
rovente
:
pezzi
d
'
ira
contro
il
Gilardoni
,
pezzi
di
accusa
contro
Luisa
.
Lo
zio
era
andato
a
letto
per
tempo
e
Luisa
aspettava
Franco
nel
salottino
con
Maria
che
teneva
alzata
perché
suo
padre
potesse
averla
un
poco
,
l
'
ultima
sera
.
La
povera
Ombretta
Pipì
aveva
cominciato
presto
a
infastidirsi
,
a
far
una
boccuccia
grossa
,
un
visetto
piagnoloso
,
a
domandar
con
una
vocina
dolente
:
«
Quando
viene
,
papà
?
»
.
Ma
ell
'
aveva
una
mamma
unica
al
mondo
per
consolare
gli
afflitti
.
Ombrettina
non
teneva
da
un
pezzo
scarpettine
sane
e
le
scarpettine
,
anche
in
Valsolda
,
costavano
denari
.
Pochi
,
sì
,
e
quando
ce
n
'
è
pochissimi
?
Ma
ell
'
aveva
una
mamma
unica
al
mondo
per
calzare
gli
scalzi
.
Proprio
il
giorno
prima
,
Luisa
,
cercando
in
granaio
un
pezzo
di
corda
,
aveva
trovato
fra
vecchie
sciarpe
,
casse
vuote
e
seggiole
rotte
,
uno
stivale
di
suo
nonno
.
Lo
aveva
posto
a
rammollire
nell
'
acqua
,
s
'
era
fatta
prestare
trincetto
,
lesina
e
forbice
.
Prese
ora
il
venerabile
stivale
che
fece
spavento
a
Ombretta
e
lo
posò
sulla
tavola
.
«
Adesso
gli
reciteremo
l
'
orazione
funebre
»
,
diss
'
ella
con
quel
brio
voluto
che
neppure
un
'
angustia
mortale
poteva
toglierle
,
se
le
bisognava
.
«
Prima
,
però
,
domanderai
al
tuo
signor
bisnonno
il
permesso
di
prenderti
il
suo
stivale
.
»
Ella
fece
che
Maria
giungesse
le
mani
e
recitasse
questa
filastrocca
guardando
comicamente
il
soffitto
:
Caro
signor
bisnonno
benedetto
,
Questo
stival
,
se
Lei
non
se
lo
mette
,
Lo
doni
alla
Sua
Ombretta
,
Che
aspetta
con
gran
fretta
Un
paio
di
scarpette
E
Le
scocca
su
in
cielo
un
bel
bacetto
Alla
pianta
del
piede
con
rispetto
.
Venne
poi
una
poco
riverente
fantasia
come
ne
nascevan
tante
nel
cervello
di
Luisa
,
una
bizzarra
storia
dell
'
angioletto
che
lustra
gli
stivali
in
paradiso
e
che
un
giorno
,
per
voler
pigliare
senza
permesso
un
pezzetto
di
pan
d
'
oro
,
aveva
lasciato
cadere
sulla
Terra
lo
stivale
del
bisnonno
.
Maria
si
rasserenò
,
rise
,
interruppe
la
mamma
con
cento
domande
sul
pan
d
'
oro
e
sullo
stivale
rimasto
in
Paradiso
.
Che
ne
farebbe
di
quello
il
bisnonno
?
La
mamma
le
spiegò
che
il
bisnonno
lo
avrebbe
applicato
per
di
dietro
all
'
imperatore
d
'
Austria
onde
buttarlo
giù
dal
cielo
,
se
ve
lo
incontrava
.
In
quel
momento
entrò
Franco
.
Luisa
vide
subito
che
gli
occhi
e
la
fronte
segnavano
tempesta
.
«
Dunque
?
»
,
diss
'
ella
.
Franco
rispose
concitato
:
«
Metti
a
letto
Maria
»
.
Luisa
osservò
che
aveva
tenuta
la
bambina
alzata
per
aspettarlo
,
perché
stesse
un
po
'
con
lui
.
Franco
replicò
«
ti
dico
di
metterla
a
letto
»
tanto
aspramente
che
Maria
si
mise
a
piangere
.
Luisa
si
fece
rossa
ma
tacque
.
Accese
un
lume
,
prese
la
bambina
in
braccio
,
la
porse
silenziosamente
a
suo
padre
per
un
bacio
,
che
fu
freddo
,
e
la
portò
via
.
Franco
non
la
seguì
.
Si
arrabbiò
di
veder
quello
stivale
e
lo
gettò
in
terra
.
Poi
sedette
,
piantò
i
gomiti
sulla
tavola
,
si
strinse
il
capo
fra
le
mani
.
L
'
amara
idea
che
Luisa
fosse
complice
del
Gilardoni
gli
era
lampeggiata
in
mente
subito
,
mentre
Pasotti
parlava
,
col
ricordo
di
quel
«
cosa
,
silenzio
?
»
,
di
quel
«
basta
!
»
e
del
racconto
della
bambina
.
Egli
aveva
dentro
a
sé
come
un
vortice
dove
questa
idea
spariva
girando
e
ricompariva
sempre
più
basso
,
sempre
più
vicino
al
cuore
.
«
Dunque
?
»
,
tornò
a
chiedere
Luisa
,
rientrando
.
Franco
la
guardò
un
momento
in
silenzio
,
la
scrutò
.
Poi
si
alzò
e
le
afferrò
le
mani
.
«
Dimmi
se
sai
niente
!
»
,
diss
'
egli
.
Ella
indovinò
,
ma
quello
sguardo
e
quel
modo
la
offesero
.
«
Come
,
se
so
niente
?
»
,
esclamò
accesa
in
volto
.
«
Me
lo
domandi
così
?
»
«
Ah
tu
sai
!
»
,
gridò
Franco
,
gittando
da
sé
le
mani
di
lei
e
levando
le
braccia
in
alto
.
Ella
presentì
ciò
che
veniva
,
il
sospetto
della
sua
complicità
col
professore
,
la
propria
smentita
,
l
'
offesa
mortale
,
irrimediabile
che
Franco
le
avrebbe
fatto
se
,
nell
'
ira
,
non
avesse
creduto
alla
sua
parola
,
e
giunse
le
mani
spaventata
.
«
No
,
Franco
,
no
,
Franco
»
,
diss
'
ella
sottovoce
e
gli
gettò
le
braccia
al
collo
,
volle
chiuder
coi
baci
le
labbra
di
lui
.
Ma
egli
fraintese
,
credette
che
volesse
domandar
perdono
e
la
respinse
.
«
Lo
so
,
sì
,
lo
so
»
,
diss
'
ella
tornando
appassionata
al
suo
petto
,
«
ma
l
'
ho
saputo
dopo
,
quando
era
cosa
fatta
,
ne
ho
avuto
sdegno
come
te
,
più
di
te
!
»
Ma
Franco
aveva
troppo
bisogno
di
sfogarsi
,
di
offendere
.
«
E
come
vuoi
che
ti
creda
?
»
,
esclamò
.
Ella
indietreggiò
con
un
grido
,
poi
gli
fece
ancora
un
passo
incontro
,
gli
stese
le
braccia
.
«
No
»
,
supplicò
straziata
,
«
dimmi
che
mi
credi
,
dimmelo
subito
subito
perché
altrimenti
tu
non
sai
,
tu
non
sai
!
»
«
Cosa
,
non
so
?
»
«
Tu
non
sai
come
sono
io
che
ti
amerò
ancora
ma
non
vorrò
più
essere
moglie
per
te
,
che
potrò
soffrir
tanto
ma
non
cambiare
,
mai
più
!
Capisci
cosa
vuol
dire
mai
più
?
»
Egli
la
trasse
a
sé
,
la
sottile
persona
ansante
,
le
strinse
le
mani
da
rompergliele
e
disse
con
voce
soffocata
:
«
Ti
crederò
,
sì
,
ti
crederò
»
.
Luisa
che
lo
guardava
lagrimosa
chiese
una
parola
migliore
.
«
Ti
crederò
»
,
disse
,
«
ti
crederò
?
»
«
Ti
credo
,
ti
credo
.
»
Lo
credeva
davvero
ma
dov
'
è
ira
è
sempre
anche
orgoglio
.
Non
volle
subito
arrendersi
del
tutto
;
il
suo
accento
fu
piuttosto
d
'
un
uomo
compiacente
che
d
'
un
uomo
convinto
.
Restarono
ambedue
silenziosi
,
tenendosi
per
le
mani
,
cominciarono
a
sciogliersi
l
'
un
dall
'
altro
via
via
con
un
impercettibile
moto
.
Fu
Luisa
che
infine
,
dolcemente
,
si
staccò
del
tutto
.
Sentiva
la
necessità
di
troncar
quel
silenzio
,
parole
calde
non
ne
trovava
,
parole
fredde
non
ne
voleva
,
si
mise
a
raccontare
senz
'
altro
come
avesse
saputo
dal
Gilardoni
del
malaugurato
viaggio
a
Lodi
.
Parlava
con
voce
tranquilla
,
non
propriamente
fredda
ma
triste
,
stando
seduta
alla
tavola
in
faccia
a
suo
marito
.
Mentre
riferiva
le
confidenze
del
professore
,
Franco
si
riaccendeva
,
la
interrompeva
continuamente
:
«
E
non
gli
hai
detto
questo
?
-
E
non
gli
hai
detto
quello
?
-
Non
gli
hai
detto
stupido
?
-
Non
gli
hai
detto
bestia
?
»
.
La
prima
volta
Luisa
lasciò
correre
,
poi
protestò
.
Aveva
già
detto
di
essersi
sdegnata
per
lo
sproposito
del
Gilardoni
;
pareva
quasi
,
adesso
,
che
suo
marito
ne
dubitasse
!
Franco
si
chetò
ma
di
mala
voglia
.
Quando
il
racconto
fu
terminato
si
scagliò
ancora
contro
il
filosofo
balordo
,
tanto
che
Luisa
lo
difese
.
Era
un
amico
,
aveva
errato
gravemente
,
gravissimamente
,
ma
con
buona
intenzione
.
Dove
andavano
a
finire
le
massime
di
Franco
,
la
carità
,
il
perdono
delle
offese
,
s
'
egli
non
perdonava
neppure
a
chi
aveva
voluto
fargli
del
bene
?
Ella
pensò
,
qui
,
cose
che
non
disse
.
Pensò
che
Franco
perdonava
moltissimo
quando
a
perdonare
c
'
era
follia
e
gloria
e
perdonava
pochissimo
quando
c
'
erano
semplicemente
ottime
ragioni
di
farlo
.
Franco
a
udirsi
parlar
da
lei
di
carità
,
s
'
irritò
,
non
osò
dire
che
si
sentiva
superiore
a
un
attacco
simile
,
ma
ritorse
poco
generosamente
il
colpo
.
«
Ecco
!
»
,
esclamò
con
una
reticenza
piena
di
sottintesi
.
«
Tu
lo
difendi
!
Già
!
»
.
Luisa
ebbe
un
sussulto
nervoso
delle
spalle
,
ma
tacque
.
«
E
perché
non
parlare
,
tu
?
»
,
riprese
Franco
.
«
Perché
non
raccontarmi
tutto
subito
?
»
«
Perché
quando
rimproverai
Gilardoni
egli
mi
supplicò
di
tacere
ed
io
credetti
,
com
'
era
anche
vero
,
che
fosse
inutile
,
a
cosa
fatta
,
darti
un
dispiacere
così
grande
.
L
'
ultimo
dì
dell
'
anno
,
quando
sei
andato
in
collera
,
volevo
dirtelo
,
volevo
raccontarti
ciò
che
mi
aveva
confidato
Gilardoni
,
te
lo
ricordi
?
E
tu
non
hai
assolutamente
voluto
.
Non
ho
insistito
anche
perché
Gilardoni
ha
detto
alla
nonna
che
noi
non
ne
sapevamo
niente
.
»
«
Non
lo
ha
creduto
!
Naturale
!
»
«
E
se
io
parlavo
cosa
ci
poteva
far
questo
?
Così
Pasotti
avrà
ben
capito
che
tu
non
sapevi
niente
!
»
Franco
non
replicò
.
Allora
Luisa
gli
chiese
di
raccontarle
il
colloquio
e
stette
ad
ascoltarlo
senza
batter
ciglio
.
Ella
indovinò
,
con
l
'
acume
dell
'
odio
,
che
se
Franco
avesse
accettato
di
entrare
negl
'
impieghi
,
sarebbe
venuta
fuori
l
'
ultima
condizione
:
separarsi
dallo
zio
,
da
un
impiegato
destituito
per
ragioni
politiche
.
«
Certo
!
»
,
diss
'
ella
,
«
avrebbe
voluto
anche
questo
!
Canaglia
!
»
Suo
marito
trasalì
come
se
quella
scudisciata
avesse
toccato
il
sangue
anche
a
lui
...
«
Adagio
»
,
diss
'
egli
,
«
con
queste
parole
!
Prima
,
è
una
supposizione
tua
;
e
poi
...
»
«
È
una
supposizione
mia
?
E
il
resto
?
E
offrirti
una
viltà
simile
?
»
Franco
che
aveva
risposto
a
Pasotti
con
furore
,
rispose
ora
mollemente
a
sua
moglie
.
«
Sì
sì
sì
,
ma
insomma
...
»
Adesso
era
lei
che
diventava
violenta
.
L
'
idea
che
la
nonna
osasse
proporre
loro
l
'
abbandono
dello
zio
la
faceva
quasi
impazzire
.
«
Almeno
questo
»
,
diss
'
ella
,
«
mi
consentirai
:
che
pietà
non
ne
merita
!
Dio
mio
,
pensare
che
questo
testamento
c
'
è
ancora
!
»
«
Oh
!
»
,
esclamò
Franco
.
«
Torniamo
da
capo
?
»
«
Torniamo
da
capo
!
Hai
tu
il
diritto
di
pretendere
che
io
neanche
pensi
,
neanche
senta
come
non
piace
a
te
?
Sarei
vile
,
meriterei
di
essere
una
schiava
,
e
non
voglio
poi
essere
né
una
cosa
né
l
'altra.»
La
ribelle
intravveduta
,
sentita
qualche
volta
da
Franco
attraverso
l
'
amante
,
la
creatura
dall
'
intelletto
forte
sopra
l
'
amore
e
orgoglioso
,
non
potuta
mai
conquistare
interamente
,
gli
stava
ora
di
fronte
,
tutta
vibrante
nella
coscienza
della
sua
ribellione
.
«
Va
bene
»
,
disse
Franco
parlando
a
se
stesso
.
«
Sarebbe
vile
,
sarebbe
schiava
.
Si
ricorda
Ella
nemmeno
più
che
domani
vado
via
?
»
«
Non
andar
via
.
Resta
.
Eseguisci
la
volontà
del
tuo
povero
nonno
.
Ricordati
quello
che
mi
hai
raccontato
sulla
origine
della
sostanza
Maironi
.
Restituisci
tutto
all
'
Ospitale
Maggiore
.
Fa
giustizia
.
»
«
No
!
»
,
rispose
Franco
.
«
Chimere
!
Il
fine
non
giustifica
i
mezzi
.
Il
vero
fine
poi
,
per
te
,
è
colpire
la
nonna
.
Questa
storia
dell
'
Ospitale
è
il
mezzo
di
giustificarlo
.
No
,
non
mi
servirò
mai
di
quel
testamento
.
L
'
ho
anche
dichiarato
a
Pasotti
,
con
parole
da
farmi
sputare
in
faccia
se
cambiassi
!
E
parto
domattina
.
»
Seguì
un
lungo
silenzio
.
Poi
le
due
voci
ripresero
il
dialogo
,
gelate
e
tristi
come
se
nell
'
uno
e
nell
'
altro
cuore
vi
fosse
adesso
qualche
cosa
di
morto
.
«
Hai
pensato
»
,
disse
Franco
,
«
che
farei
anche
disonore
a
mio
padre
?
»
«
In
che
modo
?
»
«
Prima
per
la
forma
oltraggiosa
delle
disposizioni
e
poi
perché
farei
supporre
la
complicità
di
mio
padre
nella
soppressione
del
testamento
.
Già
,
tu
non
le
capisci
queste
cose
.
Che
te
ne
importa
?
»
«
Ma
non
è
necessario
parlar
di
soppressione
.
Può
darsi
che
il
testamento
non
sia
stato
trovato
.
»
Nuovo
silenzio
.
La
stessa
candela
di
sego
che
ardeva
sulla
tavola
aveva
una
espressione
lugubre
.
Luisa
si
alzò
,
raccolse
da
terra
lo
stivale
del
bisnonno
e
si
dispose
a
incominciar
il
suo
lavoro
.
Franco
andò
ad
appoggiar
la
fronte
alle
invetriate
della
finestra
.
Vi
rimase
un
pezzo
,
assorto
nella
contemplazione
delle
ombre
della
notte
.
Poi
disse
piano
,
senza
volgere
il
capo
:
«
Mai
mai
l
'
anima
tua
non
è
stata
tutta
con
me
»
.
Nessuna
risposta
.
Egli
si
voltò
,
adesso
,
e
domandò
a
sua
moglie
,
affatto
senza
collera
,
con
la
dolcezza
inesprimibile
che
aveva
nei
momenti
di
depressione
fisica
o
morale
,
se
gli
era
accaduto
,
fin
dal
principio
della
loro
unione
,
di
mancare
verso
di
lei
.
Gli
fu
risposto
un
impercettibile
:
«
No
»
.
«
Allora
forse
non
mi
amavi
come
ho
creduto
?
»
«
No
no
no
.
»
Franco
non
era
sicuro
di
aver
inteso
bene
e
ripeté
:
«
Non
mi
amavi
?
»
«
Sì
sì
,
tanto
.
»
Lo
spirito
di
lui
si
rialzò
,
un
'
ombra
di
severità
gli
rientrò
nella
voce
.
«
E
allora
»
,
diss
'
egli
,
«
perché
non
mi
hai
dato
tutta
l
'
anima
tua
?
»
Ella
tacque
.
Aveva
prima
tentato
invano
di
riprendere
il
lavoro
.
Le
mani
tremavano
.
E
adesso
veniva
questa
domanda
terribile
!
Doveva
o
non
doveva
rispondere
?
Rispondendo
,
rivelando
per
la
prima
volta
cose
sepolte
in
fondo
al
cuore
,
avrebbe
allargata
la
scissura
dolorosa
;
ma
poteva
non
essere
leale
?
Il
suo
silenzio
durò
tanto
che
Franco
le
chiese
ancora
:
«
Non
parli
?
»
.
Ella
raccolse
tutte
le
proprie
forze
e
parlò
.
«
È
vero
,
l
'
anima
mia
non
è
mai
stata
interamente
con
te
.
»
Tremò
nel
dir
così
,
e
Franco
non
respirava
più
.
«
Mi
sono
sempre
sentita
diversa
e
staccata
da
te
»
,
riprese
Luisa
,
«
nel
sentimento
che
deve
governare
tutti
gli
altri
.
Tu
hai
le
idee
religiose
di
mia
madre
.
Mia
madre
intendeva
e
tu
intendi
la
religione
come
un
insieme
di
credenze
,
di
culto
e
di
precetti
,
ispirato
e
dominato
dall
'
amor
di
Dio
.
Io
ho
sempre
avuto
ripugnanza
a
concepirla
così
,
non
ho
mai
potuto
veramente
sentire
,
per
quanto
mi
sforzassi
,
questo
amore
di
un
Essere
invisibile
e
incomprensibile
,
non
ho
mai
potuto
capire
il
frutto
di
costringer
la
mia
ragione
ad
accettare
cose
che
non
intende
.
Però
mi
sentivo
un
desiderio
ardente
di
dirigere
la
mia
vita
a
qualche
cosa
di
bene
secondo
un
'
idea
superiore
al
mio
interesse
.
E
poi
mia
madre
mi
aveva
talmente
penetrata
,
con
l
'
esempio
e
con
la
parola
,
de
'
miei
doveri
verso
Dio
e
la
Chiesa
,
che
i
miei
dubbi
mi
davano
un
grandissimo
dolore
,
li
combattevo
quanto
potevo
.
Mia
madre
era
una
santa
.
Ogni
atto
della
sua
vita
corrispondeva
alla
sua
fede
.
Anche
questo
poteva
molto
sopra
di
me
e
poi
sapevo
che
la
maggiore
afflizione
della
sua
vita
era
stata
l
'
incredulità
di
mio
padre
.
Ho
conosciuto
te
,
ti
ho
amato
,
ti
ho
sposato
,
mi
sono
confermata
nel
proposito
di
diventare
,
nelle
cose
di
religione
,
come
te
,
perché
tu
eri
come
mia
madre
.
Ma
ecco
,
un
po
'
alla
volta
,
ho
trovato
che
tu
non
eri
come
mia
madre
.
Debbo
dire
anche
questo
?
»
«
Sì
,
tutto
.
»
«
Ho
trovato
che
tu
eri
la
bontà
stessa
,
che
avevi
il
cuore
più
caldo
,
più
generoso
,
più
nobile
della
terra
,
ma
che
la
tua
fede
e
le
tue
pratiche
rendevano
quasi
inutili
tutti
questi
tesori
.
Tu
non
operavi
.
Tu
eri
contento
di
amar
me
,
la
bambina
,
l
'
Italia
,
i
tuoi
fiori
,
la
tua
musica
,
le
bellezze
del
lago
e
delle
montagne
.
In
questo
seguivi
il
tuo
cuore
.
Per
l
'
ideale
superiore
ti
bastava
di
credere
e
di
pregare
.
Senza
la
fede
e
senza
la
preghiera
tu
avresti
dato
il
fuoco
che
hai
nell
'
anima
a
quello
ch
'
è
sicuramente
vero
,
ch
'
è
sicuramente
giusto
qui
sulla
terra
,
avresti
sentito
quel
bisogno
di
operare
che
sentivo
io
.
Tu
lo
sai
,
già
,
come
ti
avrei
voluto
in
certe
cose
!
Per
esempio
,
chi
sente
il
patriottismo
più
di
te
?
Nessuno
.
Bene
,
io
avrei
voluto
che
tu
cercassi
di
servirlo
proprio
davvero
,
poco
o
molto
,
il
tuo
paese
.
Adesso
vai
in
Piemonte
ma
ci
vai
sopra
tutto
perché
non
abbiamo
quasi
più
da
vivere
.
»
Franco
accigliatissimo
,
fece
un
atto
iracondo
di
protesta
.
«
Se
vuoi
»
,
disse
umilmente
Luisa
,
«
mi
fermo
.
»
«
No
,
no
,
avanti
,
fuori
tutto
,
è
meglio
!
»
Egli
rispose
tanto
concitato
,
tanto
sdegnoso
,
che
Luisa
tacque
e
solo
ripigliò
il
suo
discorso
dopo
un
altro
«
avanti
!
»
.
«
Anche
senz
'
andare
in
Piemonte
ci
sarebbe
stato
da
fare
in
Valsolda
,
in
Val
Porlezza
,
in
Vall
'
Intelvi
quello
che
fa
V
.
sul
lago
di
Como
,
mettersi
in
relazione
colla
gente
,
tener
vivo
il
sentimento
buono
,
preparare
tutto
ciò
ch
'
è
bene
preparare
per
il
giorno
della
guerra
,
se
verrà
.
Io
te
lo
dicevo
e
tu
non
ti
persuadevi
,
mi
facevi
tante
difficoltà
.
Questa
inerzia
favoriva
la
mia
ripugnanza
al
concetto
tuo
della
religione
e
la
mia
tendenza
ad
un
altro
concetto
.
Perché
religiosa
mi
sentivo
anch
'
io
moltissimo
.
Il
concetto
religioso
che
mi
si
veniva
formando
sempre
più
chiaro
nella
mente
era
questo
,
in
breve
:
Dio
esiste
,
è
anche
potente
,
è
anche
sapiente
,
tutto
come
credi
tu
;
ma
che
noi
lo
adoriamo
e
gli
parliamo
non
gliene
importa
nulla
.
Ciò
ch
'
egli
vuole
da
noi
lo
si
comprende
dal
cuore
che
ci
ha
fatto
,
dalla
coscienza
che
ci
ha
dato
,
dal
luogo
dove
ci
ha
posto
.
Vuole
che
amiamo
tutto
il
bene
,
che
detestiamo
tutto
il
male
,
e
che
operiamo
con
tutte
le
nostre
forze
secondo
quest
'
amore
e
quest
'
odio
,
e
che
ci
occupiamo
solamente
della
terra
,
delle
cose
che
si
possono
intendere
,
che
si
possono
sentire
!
Adesso
capisci
come
concepisco
io
il
mio
dovere
,
il
nostro
dovere
,
di
fronte
a
tutte
le
ingiustizie
,
a
tutte
le
prepotenze
!
»
Più
Luisa
procedeva
nel
definire
ed
esprimere
le
proprie
idee
,
più
si
sentiva
contenta
di
farlo
,
di
esser
finalmente
sincera
,
di
porsi
con
franchezza
sopra
un
terreno
proprio
e
fermo
;
più
si
spegneva
dentro
di
lei
ogni
sdegno
contro
il
marito
,
più
le
saliva
nel
cuore
una
tenera
pietà
di
lui
.
«
Ecco
»
,
soggiunse
,
«
se
si
trattasse
solamente
di
questo
dispiacere
circa
la
nonna
,
non
credi
che
avrei
sacrificato
mille
volte
l
'
opinione
mia
piuttosto
che
affliggerti
?
Bisognava
bene
che
ci
fosse
sotto
qualche
altra
cosa
.
Adesso
sai
tutto
,
adesso
l
'
anima
mia
l
'
ho
messa
nelle
tue
mani
.
»
Ella
lesse
sulla
fronte
di
suo
marito
un
dolor
cupo
,
una
freddezza
nemica
.
Si
alzò
,
mosse
adagio
adagio
verso
di
lui
,
a
mani
giunte
,
fissandolo
,
cercando
gli
occhi
che
la
evitavano
e
si
fermò
per
via
,
respinta
da
una
forza
superiore
,
benché
egli
non
avesse
detto
una
parola
né
fatto
un
gesto
.
«
Franco
!
»
,
supplicò
.
«
Non
mi
puoi
amare
più
?
»
Egli
non
rispose
.
«
Franco
!
Franco
!
»
,
diss
'
ella
,
tendendogli
le
mani
giunte
.
Poi
fece
l
'
atto
di
avanzare
.
Egli
si
tirò
bruscamente
indietro
.
Stettero
così
a
fronte
in
silenzio
,
per
un
eterno
mezzo
minuto
.
Franco
teneva
le
labbra
serrate
,
si
udiva
la
sua
respirazione
frequente
.
Fu
lui
che
ruppe
il
silenzio
.
«
Quello
che
hai
detto
è
proprio
il
tuo
pensiero
?
»
«Sì.»
Egli
teneva
le
mani
sulla
spalliera
d
'
una
seggiola
.
La
scosse
con
violenza
e
disse
amaramente
:
«
Basta
»
.
Luisa
lo
guardò
con
tristezza
indicibile
e
mormorò
:
«
Basta
?
»
.
Egli
rispose
con
ira
:
«
Sì
,
basta
basta
basta
basta
!
»
.
Tacque
un
istante
e
riprese
duramente
:
«
Sarò
un
neghittoso
,
un
inerte
,
un
egoista
,
tutto
quello
che
vuoi
,
ma
non
sono
poi
un
bambino
da
venirmi
a
quietare
con
due
carezze
dopo
avermi
detto
tutto
quello
che
mi
hai
detto
!
Basta
!
»
.
«
Oh
Franco
,
ti
ho
fatto
male
,
lo
so
,
ma
mi
è
costato
tanto
di
farti
male
!
Non
puoi
prendermi
con
bontà
?
»
«
Ah
,
prenderti
con
bontà
!
Tu
vuoi
ferire
e
che
ti
si
prenda
con
bontà
!
Tu
sei
superiore
a
tutti
,
tu
giudichi
,
tu
sentenzii
,
tu
sei
la
sola
che
intende
cosa
Dio
vuole
e
cosa
non
vuole
!
Questo
no
,
sai
,
del
resto
.
Di
'
pure
di
me
quello
che
ti
piace
ma
lascia
stare
le
cose
che
non
capisci
.
Occupati
del
tuo
stivale
,
piuttosto
!
»
Egli
non
voleva
vedere
in
sua
moglie
che
l
'
orgoglio
,
e
la
sua
stessa
collera
gli
era
nata
quasi
tutta
d
'
orgoglio
,
d
'
amor
proprio
offeso
,
era
una
collera
impura
che
gli
offuscava
la
mente
e
il
cuore
.
Sì
la
moglie
che
il
marito
avrebbero
creduto
poter
essere
accusati
di
tutto
fuorché
d
'
orgoglio
.
Ella
tacque
,
riprese
il
suo
posto
,
tentò
riprendere
il
lavoro
,
maneggiava
nervosamente
gli
strumenti
senza
saper
bene
che
si
facesse
.
Franco
se
n
'
andò
in
sala
,
sbattendo
l
'
uscio
dietro
di
sé
.
Nel
buio
della
sala
,
abbandonata
dopo
le
cinque
,
si
gelava
;
ma
Franco
non
se
n
'
accorse
.
Si
buttò
sul
canapè
,
si
diede
tutto
al
suo
dolore
,
alla
sua
collera
,
a
una
facile
,
violenta
difesa
mentale
di
se
stesso
contro
la
moglie
.
Siccome
Luisa
si
era
levata
,
fosse
pure
con
certi
temperamenti
,
contro
lui
e
contro
Dio
,
gli
faceva
comodo
di
confondere
in
cuor
suo
la
propria
causa
con
quella
dell
'
altro
muto
,
terribile
Offeso
.
La
sorpresa
,
l
'
amarezza
,
l
'
ira
,
le
buone
e
le
cattive
ragioni
gli
fecero
prima
una
turbinosa
tempesta
nel
cervello
.
Poi
si
sfogò
a
immaginare
pentimenti
di
Luisa
,
domande
di
perdono
,
magnanime
risposte
proprie
.
A
un
tratto
udì
Maria
gridare
e
piangere
.
Si
alzò
per
andar
a
vedere
cos
'
avesse
,
ma
era
senza
lume
.
Allora
attese
un
poco
pensando
che
andrebbe
Luisa
.
Non
udì
alcun
movimento
e
la
bambina
piangeva
sempre
più
forte
.
Si
accostò
pian
piano
al
salotto
,
guardò
per
il
vetro
dell
'
uscio
.
Luisa
teneva
le
braccia
incrociate
sulla
tavola
e
il
viso
appoggiato
alle
braccia
.
Non
si
vedevano
,
al
lume
della
candela
,
che
i
suoi
bei
capelli
bruni
.
Franco
si
sentì
cadere
la
collera
,
aperse
l
'
uscio
e
chiamò
a
mezza
voce
con
certa
severa
dolcezza
:
«
Luisa
,
Maria
piange
»
.
Luisa
levò
il
viso
pallidissimo
,
prese
la
candela
e
uscì
senza
dir
parola
.
Suo
marito
la
seguì
.
Trovarono
la
bambina
a
sedere
sul
letto
,
tutta
piangente
,
spaventata
da
un
sogno
.
Quando
vide
suo
padre
gli
stese
le
braccia
supplicandolo
con
la
voce
grossa
di
pianto
:
«
No
via
,
papà
,
no
via
,
papà
!
»
.
Franco
se
la
strinse
in
braccio
,
la
coperse
di
baci
,
la
chetò
,
la
ripose
nel
letticciuolo
.
Ella
si
teneva
stretta
una
mano
del
papà
,
non
la
voleva
in
alcun
modo
lasciare
.
Luisa
prese
un
'
altra
candela
sul
suo
tavolino
da
notte
,
volle
accenderla
e
non
le
riusciva
,
tanto
le
tremavano
le
mani
.
«
Non
vieni
a
letto
?
»
,
le
chiese
Franco
.
Ella
rispose
«
no
»
tremando
più
di
prima
.
Franco
credette
indovinar
in
lei
una
supposizione
,
un
timore
,
e
se
ne
offese
.
«
Oh
,
puoi
venire
!
»
,
diss
'
egli
sdegnoso
.
Luisa
accese
il
lume
e
disse
più
pacatamente
che
doveva
lavorare
alle
scarpette
.
Uscì
e
solamente
sulla
soglia
mormorò
:
«
Buona
notte
»
.
Franco
rispose
asciutto
:
«
Buona
notte
»
.
Ebbe
un
momento
l
'
idea
di
spogliarsi
,
l
'
abbandonò
subito
poiché
sua
moglie
stava
alzata
a
lavorare
.
Tolse
una
coperta
,
si
coricò
vestito
,
dalla
parte
del
letticciuolo
onde
potersi
tenere
una
manina
di
Maria
che
non
dormiva
ancora
,
e
spense
il
lume
.
Che
dolcezza
,
quella
manina
cara
!
Franco
la
sentiva
,
bambina
,
la
sua
figliuola
,
innocente
,
amorosa
bambina
e
la
immaginava
donna
,
tutta
sua
nel
cuore
,
tutta
unita
a
lui
nelle
idee
come
nei
sentimenti
,
immaginava
che
quella
manina
stretta
volesse
compensarlo
del
dolore
datogli
da
Luisa
,
dirgli
:
papà
,
tu
e
io
siamo
uniti
per
sempre
.
Dio
,
gli
venivano
i
brividi
a
pensare
che
forse
Luisa
vorrebbe
educarla
nelle
sue
idee
e
ch
'
egli
sarebbe
lontano
,
non
ci
potrebbe
far
niente
!
Pregò
il
Signore
,
pregò
il
Maestro
così
dolce
ai
bambini
,
pregò
Maria
,
pregò
la
santa
nonna
Teresa
,
pregò
la
sua
propria
mamma
di
cui
sapeva
ch
'
era
stata
tanto
pura
e
tanto
religiosa
:
«
Custodite
,
custodite
la
mia
Maria
!
»
.
Offerse
tutto
se
stesso
,
la
felicità
terrena
,
la
salute
,
la
vita
purché
Maria
fosse
salva
dall
'
errore
.
«
Papà
»
,
disse
Ombretta
.
«
Un
bacio
.
»
Egli
si
sporse
dal
letto
,
si
chinò
a
cercar
con
le
labbra
il
caro
visino
e
poi
le
disse
di
tacere
,
di
dormire
.
Ella
tacque
un
minuto
e
chiamò
:
«
Papà
»
.
«
Cosa
?
»
«
Non
ho
mica
il
mulo
sotto
il
guanciale
,
sai
,
papà
.
»
«
No
,
no
,
cara
,
ma
dormi
.
»
«
Sì
,
papà
,
dormo
.
»
Tacque
un
altro
minuto
e
poi
:
«
La
mamma
è
a
letto
,
papà
?
»
«
No
,
cara
.
»
«
Perché
?
»
«
Perché
ti
fa
le
scarpette
.
»
«
Le
porto
anche
in
Paradiso
,
io
,
le
scarpette
,
come
il
bisnonno
?
»
«
Taci
,
dormi
.
»
«
Contami
una
storia
,
papà
.
»
Egli
si
provò
ma
non
aveva
la
fantasia
né
l
'
arte
di
Luisa
e
s
'
imbarazzò
presto
.
«
Oh
papà
»
,
disse
Maria
con
l
'
accento
della
compassione
,
«
tu
non
sai
raccontar
le
storie
.
»
Questo
lo
umiliò
.
«
Senti
,
senti
»
,
rispose
,
e
si
mise
a
recitare
una
ballata
di
Carrer
,
Al
bosco
nacque
,
povera
bambina
,
Gerolimina
,
rifacendosi
,
dopo
quattro
strofe
che
ne
sapeva
,
sempre
da
capo
,
con
intonazioni
sempre
più
misteriose
e
abbassando
via
via
la
voce
in
un
bisbiglio
inarticolato
,
fino
a
che
Ombretta
Pipì
,
cullata
dal
metro
e
dalla
rima
,
entrò
con
essi
nel
mondo
dei
sogni
.
Quando
la
udì
dormire
in
pace
gli
parve
così
crudele
di
lasciarla
,
gli
parve
d
'
essere
un
tal
traditore
che
vacillò
nel
suo
proponimento
.
Si
rimise
subito
.
Il
dolce
dialogo
con
la
bambina
gli
aveva
alquanto
pacificato
e
rischiarato
lo
spirito
.
Incominciò
ad
aver
coscienza
di
un
altro
dovere
che
oramai
gl
'
incombeva
di
fronte
alla
moglie
:
mostrarlesi
uomo
a
costo
di
qualsiasi
sacrificio
,
nella
volontà
e
nell
'
azione
,
difendere
,
contro
lei
,
la
propria
fede
con
le
opere
,
partire
,
lavorare
e
soffrire
;
e
poi
...
e
poi
...
se
Iddio
santo
vorrà
che
il
cannone
tuoni
per
l
'
Italia
,
via
,
avanti
,
e
venga
pure
una
palla
austriaca
che
la
faccia
piangere
e
pregare
anche
lei
!
Gli
sovvenne
di
non
aver
dette
le
sue
preghiere
della
sera
.
Povero
Franco
,
non
gli
era
mai
successo
di
recitarle
a
letto
senz
'
assopirsi
a
metà
.
Sentendosi
abbastanza
tranquillo
,
pensando
che
Luisa
tarderebbe
forse
molto
a
venire
,
ebbe
paura
di
addormentarsi
e
si
domandò
cosa
direbbe
se
lo
trovasse
addormentato
.
Si
alzò
pian
piano
,
disse
le
sue
preghiere
,
accese
quindi
il
lume
,
sedette
alla
scrivania
,
si
pose
a
leggere
e
si
addormentò
sulla
sedia
.
Fu
svegliato
dagli
zoccoli
della
Veronica
che
scendeva
le
scale
.
Luisa
non
era
ancora
venuta
.
Entrò
poco
dopo
e
non
espresse
alcuna
meraviglia
di
veder
Franco
alzato
.
«
Sono
le
quattro
»
,
diss
'
ella
.
«
Se
vuoi
partire
manca
mezz
'ora.»
Occorreva
partire
alle
quattro
e
mezzo
per
essere
sicuramente
a
Menaggio
in
tempo
di
pigliar
il
primo
battello
che
veniva
da
Colico
.
Invece
di
andar
a
Como
e
quindi
a
Milano
come
s
'
era
annunciato
ufficialmente
,
Franco
doveva
scendere
ad
Argegno
e
salire
a
S
.
Fedele
,
calare
in
Svizzera
per
la
Val
Mara
o
per
Orimento
e
il
Generoso
.
Franco
accennò
a
sua
moglie
di
tacere
,
di
non
svegliare
Maria
.
Poi
,
ancora
con
un
silenzioso
gesto
,
la
chiamò
a
sé
.
«
Parto
»
,
le
disse
piano
.
«
Ieri
sera
sono
stato
cattivo
,
con
te
.
Ti
domando
perdono
.
Dovevo
risponderti
diversamente
,
anche
avendo
ragione
.
Tu
conosci
il
mio
temperamento
.
Perdonami
.
Almeno
non
serbarmi
rancore
.
»
«
Per
parte
mia
non
ne
sento
affatto
»
,
rispose
Luisa
con
dolcezza
,
come
uno
che
facilmente
è
benigno
perché
si
sente
superiore
.
Gli
ultimi
preparativi
furono
fatti
in
silenzio
,
il
caffè
fu
preso
in
silenzio
.
Franco
andò
ad
abbracciare
lo
zio
che
non
aveva
salutato
la
sera
,
poi
entrò
solo
nell
'
alcova
,
si
inginocchiò
al
lettuccio
di
Maria
,
sfiorò
col
labbro
una
manina
che
pendeva
dalla
sponda
.
Ritornando
in
salotto
vi
trovò
Luisa
con
lo
scialle
e
il
cappello
,
le
domandò
se
veniva
a
Porlezza
anche
lei
.
Sì
,
veniva
.
Tutto
era
pronto
,
la
borsa
a
mano
l
'
aveva
Luisa
,
la
valigetta
era
in
barca
,
l
'
Ismaele
aspettava
alla
scaletta
della
darsena
con
un
piede
sullo
scalino
e
un
piede
sulla
prua
del
battello
.
La
Veronica
accompagnò
i
viaggiatori
col
lume
,
diede
il
buon
viaggio
al
padrone
,
tutta
compunta
,
avendo
odorata
la
burrasca
.
Due
minuti
ancora
e
il
pesante
battello
spinto
da
Ismaele
con
la
remata
lenta
e
tranquilla
«
di
viaggio
»
passava
sotto
il
muro
dell
'
orto
.
Franco
mise
il
capo
al
finestrino
.
Passarono
,
nel
chiaror
fioco
della
notte
stellata
senza
luna
,
i
rosai
,
i
capperi
,
le
agavi
pendenti
dal
muro
,
passarono
gli
aranci
,
il
nespolo
,
il
pino
.
Addio
,
addio
!
Passarono
il
Camposanto
,
la
«
Zocca
de
Mainé
»
,
la
stradicciuola
fatta
tante
volte
con
Maria
,
il
Tavorell
.
Franco
non
guardò
più
.
Non
c
'
era
il
solito
lume
,
quella
notte
,
nel
casottino
del
battello
ed
egli
non
poteva
vedere
sua
moglie
,
che
non
parlava
.
«
Vieni
a
Porlezza
per
le
carte
del
notaio
»
,
diss
'
egli
,
«
o
proprio
per
accompagnar
me
?
»
«
Anche
questo
!
»
,
mormorò
Luisa
,
tristemente
.
«
Ho
voluto
esser
leale
con
te
fino
all
'
estremo
e
tu
te
ne
sei
offeso
.
Mi
domandi
perdono
e
poi
mi
dici
queste
cose
.
Capisco
che
non
si
può
esser
fedeli
alla
verità
senza
soffrire
molto
,
molto
,
molto
.
Pazienza
,
ormai
ho
preso
questa
strada
.
Se
son
venuta
per
accompagnarti
,
lo
saprai
.
Non
farmi
abbassare
a
dirlo
adesso
!
»
«
Non
farmi
abbassare
!
»
,
esclamò
Franco
.
«
Io
non
capisco
.
Siamo
tanto
diversi
in
tante
cose
,
del
resto
.
Dio
mio
!
come
siamo
diversi
!
Tu
sei
sempre
così
padrona
di
te
stessa
,
sai
sempre
esprimere
i
tuoi
pensieri
così
esattamente
,
li
conservi
sempre
così
netti
,
così
freddi
!
»
Luisa
mormoro
:
«
Sì
,
siamo
diversi
»
.
Non
parlarono
più
né
l
'
uno
né
l
'
altro
fino
a
Cressogno
.
Quando
furono
vicini
alla
villa
della
nonna
,
Luisa
parlò
e
cercò
che
il
discorso
non
cadesse
fino
a
che
la
villa
non
fosse
passata
.
Si
fece
ripetere
tutto
l
'
itinerario
stabilito
,
suggerì
di
pigliar
la
sola
borsa
a
mano
perché
la
valigia
imbarazzerebbe
troppo
da
Argegno
in
poi
.
Ne
aveva
già
parlato
con
Ismaele
e
Ismaele
s
'
incaricava
di
portarla
a
Lugano
e
di
spedirla
a
Torino
di
là
.
Intanto
la
villa
della
nonna
con
le
sue
suggestioni
sinistre
,
passo
.
Ecco
il
santuario
della
Caravina
,
adesso
.
Due
volte
,
durante
i
loro
amori
,
Franco
e
Luisa
s
'
erano
incontrati
alla
festa
della
Caravina
l
'
otto
settembre
,
sotto
gli
ulivi
.
E
passò
anche
la
cara
piccola
chiesa
cinta
d
'
ulivi
sotto
le
rupi
paurose
del
picco
di
Cressogno
.
Addio
,
chiesa
,
addio
,
tempo
passato
.
«
Ricordati
»
,
disse
Franco
quasi
duramente
,
«
che
Maria
deve
dire
le
sue
preghiere
ogni
mattina
e
ogni
sera
.
È
un
comando
che
ti
do
.
»
«
Lo
avrei
fatto
anche
senza
comando
»
,
rispose
Luisa
.
«
So
che
Maria
non
appartiene
solo
a
me
.
»
Silenzio
fino
a
Porlezza
.
L
'
uscir
dalla
cala
placida
della
Valsolda
,
il
veder
altre
valli
,
altri
orizzonti
e
il
lago
segnato
dalle
prime
brezze
dell
'
alba
,
traevano
i
due
viaggiatori
ad
altri
pensieri
,
li
facevano
pensare
,
senza
che
ne
sapessero
il
perché
,
all
'
avvenire
incerto
precorso
da
bisbigli
annunciatori
di
grandi
cose
,
che
passavan
di
furto
per
il
pesante
silenzio
austriaco
.
Si
udì
qualcuno
gridare
dalla
riva
di
Porlezza
e
Ismaele
si
mise
a
remar
di
lena
.
Era
il
vetturino
,
il
Toni
Pollìn
,
che
gridava
di
far
presto
se
non
si
voleva
perdere
il
vapore
a
Menaggio
.
Ecco
gli
ultimi
momenti
.
Franco
abbassò
il
vetro
dell
'
usciolino
,
guardò
quell
'
uomo
come
se
avesse
un
grande
interesse
di
udirne
le
parole
.
Quando
approdarono
si
voltò
a
sua
moglie
.
«
Esci
anche
tu
?
»
Ella
rispose
:
«
Se
credi
»
.
Uscirono
.
Una
carrettella
era
sulla
riva
,
pronta
.
«
Guarda
»
,
disse
Luisa
,
«
che
nella
borsa
troverai
da
far
colazione
.
»
Si
abbracciarono
,
si
scambiarono
un
bacio
rapido
e
freddo
davanti
tre
o
quattro
curiosi
.
«
Fa
che
Maria
»
,
disse
Franco
,
«
mi
perdoni
di
esser
partito
così
»
,
e
furono
le
ultime
sue
parole
perché
il
Toni
Pollìn
insisteva
,
«
presto
,
presto
!
»
.
La
carrettella
partì
di
gran
trotto
e
con
un
gran
fracasso
di
frustate
per
la
stretta
,
scura
viuzza
di
Porlezza
.
Franco
viaggiava
sul
Falco
,
da
Campo
verso
Argegno
,
quando
pensò
di
prender
qualche
cosa
.
Aperse
la
borsa
e
gli
balzò
il
cuore
vedendo
una
lettera
con
questo
indirizzo
di
carattere
di
sua
moglie
:
«
per
te
»
.
L
'
aperse
avidamente
e
lesse
:
Se
tu
sapessi
cosa
mi
sento
io
nell
'
anima
,
quel
che
soffro
,
come
sono
tentata
di
lasciar
qui
le
scarpette
delle
quali
m
'
intendo
assai
meno
che
tu
non
creda
,
e
di
venir
da
te
a
rinnegar
quello
che
t
'
ho
detto
,
non
saresti
così
duro
con
me
.
Debbo
aver
molto
peccato
contro
la
Verità
perché
mi
sieno
così
difficili
e
amari
i
primi
passi
che
faccio
seguendo
lei
.
Tu
mi
credi
orgogliosa
e
io
stessa
mi
credevo
molto
suscettibile
:
adesso
sento
che
le
tue
parole
umilianti
non
potrebbero
trattenermi
dal
venirti
a
cercare
.
Ciò
che
mi
trattiene
è
una
Voce
dentro
di
me
,
una
Voce
più
forte
di
me
,
che
mi
comanda
di
tutto
sacrificare
fuorché
la
mia
coscienza
della
verità
.
Ah
,
io
spero
un
premio
di
questo
sacrificio
!
Io
spero
che
possiamo
un
giorno
essere
uniti
con
tutta
l
'
anima
.
Esco
in
giardinetto
a
coglier
per
te
la
brava
rosellina
che
abbiamo
ammirata
insieme
ier
l
'
altro
,
che
ha
sfidato
e
vinto
gennaio
.
Ti
ricordi
quanti
ostacoli
erano
fra
noi
quando
la
prima
volta
ebbi
un
fiore
dalle
tue
mani
?
Io
non
t
'
amavo
ancora
e
tu
già
pensavi
a
vincermi
.
Adesso
sono
io
che
spero
di
conquistare
te
.
Mancò
poco
che
Franco
lasciasse
passare
Argegno
senza
muoversi
dal
suo
posto
.
9
.
Per
il
pane
,
per
l
'
Italia
,
per
Dio
Otto
mesi
dopo
,
nel
settembre
del
1855
,
Franco
abitava
una
misera
soffitta
a
Torino
,
in
via
Barbaroux
.
Aveva
ottenuto
nel
febbraio
un
posto
di
traduttore
all
'
Opinione
,
con
ottantacinque
lire
il
mese
.
Più
tardi
fece
anche
relazioni
del
Parlamento
e
lo
stipendio
gli
fu
portato
a
cento
lire
il
mese
.
Il
Dina
,
direttore
del
giornale
,
gli
voleva
bene
e
gli
procacciava
qualche
lavoro
straordinario
,
fuori
d
'
ufficio
,
tanto
da
fargli
prendere
altre
venticinque
o
trenta
lire
il
mese
.
Franco
viveva
con
sessanta
lire
il
mese
.
Il
resto
andava
a
Lugano
e
da
Lugano
,
per
le
mani
fedeli
d
'
Ismaele
,
a
Oria
.
Per
vivere
un
mese
con
sessanta
lire
ci
voleva
una
forza
d
'
animo
che
lo
stesso
Franco
non
avrebbe
creduto
,
prima
,
possedere
.
Le
ore
d
'
ufficio
,
il
tradurre
,
assai
laborioso
per
un
uomo
pieno
di
scrupoli
e
di
timidità
letterarie
,
gli
pesavano
più
delle
privazioni
;
e
sessanta
lire
gli
parevano
ancora
troppe
,
si
rimproverava
di
non
saper
vivere
con
meno
.
Si
era
legato
con
altri
sei
emigrati
,
parte
lombardi
parte
veneti
.
Mangiavano
insieme
,
passeggiavano
insieme
,
disputavano
insieme
.
Meno
Franco
e
un
Udinese
,
gli
altri
erano
fra
i
trenta
e
i
quarant
'
anni
.
Tutti
poverissimi
,
non
avevano
mai
voluto
pigliar
un
soldo
dal
governo
piemontese
a
titolo
di
sussidio
.
L
'
Udinese
che
apparteneva
a
una
famiglia
ricca
e
austriacante
e
da
casa
non
riceveva
niente
,
conosceva
bene
il
flauto
,
dava
quattro
o
cinque
lezioni
la
settimana
e
suonava
nelle
orchestrine
dei
teatri
di
commedia
.
Un
notaio
padovano
copiava
nello
studio
di
Boggio
.
Un
avvocato
di
Caprino
Bergamasco
,
soldato
di
Roma
del
1849
,
teneva
i
registri
di
un
grande
negozio
di
ombrelli
e
di
mazze
in
via
Nuova
,
per
cui
gli
amici
lo
chiamavano
il
«
Fante
di
bastoni
»
.
Un
quarto
,
milanese
,
aveva
fatto
la
campagna
del
'48
nelle
guide
di
Carlo
Alberto
;
per
questo
,
e
per
una
certa
sua
boria
meneghína
,
il
Padovano
gli
aveva
posto
nome
«
Caval
di
spade
»
.
La
professione
del
Caval
di
spade
era
quella
di
litigare
continuamente
col
Fante
di
bastoni
per
antagonismo
di
provincia
,
d
'
insegnare
la
scherma
in
due
convitti
,
e
,
l
'
inverno
,
di
suonare
il
piano
dietro
una
cortina
misteriosa
,
nelle
sale
dove
si
ballavano
polke
a
due
soldi
l
'
una
.
Gli
altri
vivevano
con
miserabili
assegni
delle
loro
famiglie
.
Erano
tutti
scapoli
,
meno
Franco
,
e
tutti
allegri
.
Si
chiamavano
e
si
facevano
chiamare
«
i
sette
sapienti
»
.
Dominavano
Torino
,
nella
loro
sapienza
,
dall
'
alto
di
sette
soffitte
sparse
per
tutta
la
città
da
Borgo
San
Dalmazzo
a
Piazza
Milano
.
La
più
misera
era
quella
di
Franco
che
la
pagava
sette
lire
il
mese
.
Meno
il
Padovano
,
a
cui
una
sorella
del
portinaio
di
casa
portava
l
'
acqua
nella
soffitta
,
nessuno
della
compagnia
si
faceva
del
tutto
servire
,
e
il
Padovano
avrebbe
espiato
bene
la
sua
devota
Margà
con
le
tormentose
celie
degli
amici
,
se
non
fosse
stato
il
pacifico
filosofo
ch
'
era
.
Tutti
si
lustravano
le
scarpe
da
sé
.
Il
più
destro
di
mano
era
Franco
e
a
lui
toccava
di
attaccare
i
bottoni
agli
amici
quando
non
volevano
umiliarsi
ricorrendo
al
Padovano
e
alla
sua
Margà
,
la
quale
,
del
resto
,
certe
volte
,
«
o
mi
povra
dona
!
»
,
ne
vedeva
capitare
una
processione
.
L
'
Udinese
aveva
bene
un
'
amante
,
una
piccola
«
tota
»
del
primo
baraccone
di
piazza
Castello
sull
'
angolo
di
Po
;
ma
era
geloso
e
non
permetteva
che
attaccasse
bottoni
a
nessuno
.
Gli
amici
se
ne
vendicavano
chiamandola
«
tota
bürattina
»
perché
vendeva
fantocci
e
bambole
.
Egli
era
del
resto
,
grazie
a
«
tota
burattina
»
,
il
solo
della
compagnia
che
avesse
gli
abiti
sempre
in
ordine
e
la
cravatta
annodata
con
una
grazia
speciale
.
A
mangiare
andavano
in
una
trattoria
di
Vanchiglia
battezzata
«
la
trattoria
del
mal
de
stomi
»
dove
per
trenta
lire
il
mese
avevano
colazione
e
pranzo
.
Il
loro
lusso
era
il
bicierìn
,
un
miscuglio
di
caffè
,
latte
e
cioccolatte
che
si
aveva
per
quindici
centesimi
.
Lo
prendevano
la
mattina
,
i
veneti
al
caffè
Alfieri
,
gli
altri
al
caffè
Florio
.
Meno
Franco
,
però
.
Franco
rinunciava
al
bicierìn
e
al
relativo
torcètt
,
pasta
da
un
soldo
,
per
ammassare
tanto
che
gli
bastasse
a
far
una
corsa
a
Lugano
e
portar
un
regaluccio
a
Maria
.
Andavano
a
passeggiare
,
l
'
inverno
,
sotto
i
portici
di
Po
,
quelli
della
Sapienza
,
dalla
parte
dell
'
Università
,
non
quelli
della
Follia
,
dalla
parte
di
S
.
Francesco
;
e
poi
sedevano
al
caffè
dove
uno
della
compagnia
,
per
turno
,
prendeva
il
caffè
mentre
gli
altri
leggevano
i
giornali
e
saccheggiavano
lo
zucchero
.
Una
volta
alla
settimana
,
invece
che
andare
al
caffè
,
si
cacciavano
,
per
accontentare
il
Fante
di
bastoni
,
in
un
buco
di
via
Bertola
dove
si
beveva
il
più
puro
e
squisito
Giambava
.
A
teatro
ci
andava
l
'
Udinese
e
in
grazia
sua
,
di
tanto
in
tanto
,
qualche
altro
,
gratis
;
sempre
alla
commedia
,
per
lo
più
al
Rossini
o
al
Gerbino
.
Per
Franco
il
passar
davanti
ai
manifesti
del
Regio
e
degli
altri
teatri
di
musica
,
era
un
supplizio
molto
maggiore
che
lustrarsi
le
scarpe
o
far
colazione
con
cinque
centimetri
quadrati
di
frittata
buonissima
per
osservare
le
macchie
del
sole
.
Fortunatamente
aveva
conosciuto
certo
C
.
,
veneto
,
segretario
al
Ministero
dei
Lavori
Pubblici
,
il
quale
lo
presentò
alla
famiglia
di
un
distintissimo
maggiore
medico
dell
'
esercito
,
pure
veneto
,
che
possedeva
un
piano
,
riceveva
,
la
sera
,
alcuni
amici
e
li
ristorava
con
un
caffè
eccellente
,
quasi
unico
,
in
quei
tempi
,
a
Torino
.
Quando
i
sette
sapienti
,
per
una
ragione
o
per
l
'
altra
,
non
passavano
la
sera
insieme
,
Franco
andava
a
casa
C
.
,
in
piazza
Milano
,
a
far
musica
,
a
conversare
d
'
arte
con
le
signorine
,
a
disputar
di
politica
con
la
signora
,
una
fiera
patriota
veneziana
di
grande
ingegno
e
d
'
animo
antico
,
che
aveva
tutte
eroicamente
affrontate
le
durezze
e
le
amarezze
dell
'
esilio
,
incuorando
il
marito
i
cui
primi
passi
erano
stati
assai
difficili
e
amari
;
perché
a
lui
,
già
reputatissimo
professore
dell
'
Università
di
Padova
,
le
care
,
benedette
teste
oneste
e
dure
della
rigida
amministrazione
piemontese
avevano
imposto
di
subire
un
esame
se
voleva
diventare
capitano
medico
,
niente
meno
.
La
corrispondenza
fra
Torino
e
Oria
non
rispecchiava
lo
stato
vero
degli
animi
di
Franco
e
di
Luisa
,
correva
liscia
,
affettuosa
,
certo
con
molti
ritegni
e
cautele
da
una
parte
e
dall
'
altra
.
Luisa
si
era
figurata
che
Franco
avrebbe
risposto
alla
sua
letterina
e
sarebbe
entrato
nel
grande
argomento
.
Non
vedendo
che
parlasse
mai
né
della
letterina
né
di
ciò
ch
'
era
stato
fra
loro
quell
'
ultima
notte
,
arrischiò
un
'
allusione
.
Non
fu
raccolta
.
In
fatto
Franco
s
'
era
messo
più
volte
a
scrivere
col
proposito
di
affrontare
le
idee
di
sua
moglie
.
Prima
di
scrivere
si
sentiva
forte
,
si
teneva
sicuro
che
pensandoci
avrebbe
trovato
facilmente
argomenti
vittoriosi
;
gliene
venivano
anche
alla
penna
di
quelli
che
gli
sembravan
tali
ma
poi
,
quand
'
erano
scritti
,
ne
scopriva
subito
la
insufficienza
,
ne
stupiva
,
se
ne
doleva
,
ritentava
la
prova
e
sempre
con
eguale
successo
.
Eppure
sua
moglie
aveva
ben
torto
;
di
questo
non
dubitava
un
momento
;
dunque
vi
doveva
essere
modo
di
dimostrarglielo
.
Bisognava
studiare
.
Cosa
?
Come
?
Ne
domandò
a
un
prete
dal
quale
si
era
confessato
poco
dopo
il
suo
arrivo
a
Torino
.
Questo
prete
,
un
piccolo
vecchietto
contraffatto
,
focoso
e
dottissimo
,
lo
invitò
a
casa
sua
,
in
piazza
Paesana
,
si
pose
ad
aiutarlo
con
entusiasmo
,
gli
suggerì
una
quantità
di
libri
,
parte
da
legger
lui
,
parte
da
mandare
a
sua
moglie
.
Forte
orientalista
e
gran
tomista
,
provando
una
vivissima
simpatia
per
Franco
,
attribuendogli
un
ingegno
e
una
cultura
forse
superiori
al
vero
,
per
poco
non
gli
suggerì
di
studiar
l
'
ebraico
e
volle
poi
assolutamente
che
leggesse
S
.
Tommaso
.
Arrivò
sino
a
dargli
un
abbozzo
di
lettera
a
sua
moglie
con
gli
argomenti
che
doveva
sviluppare
.
Franco
s
'
innamorò
subito
del
vecchietto
entusiasta
che
aveva
poi
,
anche
nell
'
aspetto
,
la
purezza
d
'
un
Santo
.
Si
mise
a
studiar
S
.
Tommaso
con
grande
ardore
e
vi
durò
poco
.
Gli
parve
di
mettersi
in
un
mare
senza
fine
e
senza
principio
,
di
non
potervisi
dirigere
.
Il
disegno
scolastico
della
trattazione
,
quella
uniformità
nella
forma
dell
'
argomentare
pro
e
contro
,
quel
gelido
latino
denso
di
profondo
pensiero
e
incolore
alla
superficie
,
gli
schiacciarono
in
tre
giorni
tutta
la
buona
volontà
.
Gli
argomenti
dell
'
abbozzo
di
lettera
non
li
capì
che
in
piccola
parte
.
Se
li
fece
spiegare
,
li
intese
meglio
,
si
dispose
a
scendere
in
campo
con
essi
e
si
trovò
impacciato
come
David
nell
'
armatura
di
Saul
.
Gli
pesavano
,
non
li
poteva
maneggiare
,
senti
che
non
erano
roba
sua
e
che
non
lo
sarebbero
diventati
mai
.
No
,
egli
non
poteva
presentarsi
a
sua
moglie
col
tricorno
e
con
la
tonaca
del
professor
G
.
,
impugnando
una
lancia
di
teologia
e
coprendosi
con
uno
scudo
di
metafisica
.
Riconobbe
che
non
era
nato
per
filosofare
in
nessun
modo
;
gli
mancava
persino
l
'
organo
del
rigido
ragionamento
logico
;
o
almeno
il
suo
bollente
cuore
,
ricco
di
tenerezze
e
di
sdegni
,
voleva
troppo
parlare
anche
lui
,
a
favore
o
contro
,
secondo
la
propria
passione
.
Suonando
una
sera
a
casa
C
.
,
tutto
fremente
e
con
gli
occhi
sfavillanti
,
l
'
andante
della
suonata
op
.
28
di
Beethoven
,
gli
capitò
di
dire
a
mezza
voce
:
«
Ah
questo
,
questo
,
questo
!
»
.
Nessun
Padre
,
pensava
,
nessun
Dottore
potrebbe
comunicar
il
sentimento
religioso
come
Beethoven
.
Metteva
,
suonando
,
tutta
l
'
anima
sua
nella
musica
e
avrebbe
pur
voluto
esser
con
Luisa
,
suonarle
il
divino
andante
,
unirsi
a
lei
pregando
in
un
inenarrabile
spasimo
dello
spirito
,
così
.
Né
gli
venne
in
mente
che
Luisa
,
la
quale
del
resto
sentiva
la
musica
molto
meno
di
lui
,
avrebbe
piuttosto
dato
all
'
andante
il
senso
del
doloroso
conflitto
fra
il
proprio
affetto
e
le
proprie
idee
.
Andò
da
G
.
,
gli
riportò
S
.
Tommaso
,
gli
confessò
tutta
la
sua
impotenza
con
parole
così
umili
e
commosse
che
il
vecchio
prete
,
dopo
qualche
momento
di
silenzio
accigliato
e
inquieto
,
gli
perdonò
.
«
Là
là
là
»
,
diss
'
egli
riprendendosi
con
rassegnazione
il
suo
primo
volume
della
Somma
,
«
ca
s
'
raccomanda
al
Sgnour
e
sperouma
ca
fassa
Chiel
.
»
Così
finirono
gli
studi
teologici
di
Franco
.
Tanto
meditare
sulle
idee
di
sua
moglie
e
sulle
proprie
e
soprattutto
il
consiglio
del
professore
«
ca
s
'
raccomanda
al
Sgnour
»
non
furono
senza
frutto
.
Cominciò
a
intendere
che
in
qualche
cosa
Luisa
non
aveva
torto
.
Rimproverato
da
lei
di
non
condurre
la
vita
che
secondo
la
sua
fede
avrebbe
dovuto
,
egli
s
'
era
offeso
di
ciò
più
che
di
tutto
il
resto
.
Adesso
un
generoso
slancio
lo
portò
all
'
altro
estremo
,
a
giudicarsi
sinistramente
,
a
esagerare
le
proprie
colpe
d
'
accidia
,
d
'
ira
e
persin
di
gola
,
a
tenersi
responsabile
delle
aberrazioni
intellettuali
di
Luisa
.
E
provò
una
smania
di
dirlo
,
di
umiliarsi
davanti
a
lei
,
di
separar
la
causa
propria
dalla
causa
di
Dio
.
Quando
ebbe
il
posto
all
'
Opinione
e
regolò
le
proprie
spese
per
poter
fare
un
assegno
alla
famiglia
,
sua
moglie
gli
scrisse
che
l
'
assegno
era
assolutamente
troppo
forte
in
proporzione
dei
suoi
guadagni
.
Il
saper
ch
'
egli
viveva
a
Torino
con
sessanta
lire
il
mese
le
rendeva
amaro
il
cibo
a
lei
.
Allora
egli
le
rispose
,
questo
non
proprio
sinceramente
,
che
,
anzi
tutto
,
non
pativa
mai
la
fame
;
che
,
del
resto
,
sarebbe
stato
felice
anche
di
digiunare
perché
provava
un
'
avidità
intensa
di
mutar
vita
,
di
espiar
gli
ozi
passati
,
compreso
il
soverchio
tempo
dato
ai
fiori
e
alla
musica
,
di
espiar
tutte
le
passate
mollezze
,
tutte
le
debolezze
,
comprese
quelle
per
la
cucina
raffinata
e
per
i
vini
scelti
.
Soggiunse
che
della
vita
passata
aveva
domandato
perdono
a
Dio
e
che
credeva
doverlo
domandare
anche
a
lei
.
Insomma
il
Padovano
,
cui
si
era
legato
di
grande
amicizia
,
udito
recitarsi
da
lui
,
come
a
riprova
di
precedenti
confessioni
,
questo
brano
di
lettera
,
gli
disse
:
«
Ciò
,
la
par
l
'
orazion
de
Manasse
re
di
Giuda
»
.
Luisa
scriveva
molto
affettuosamente
,
sì
,
ma
con
minore
effusione
.
Il
silenzio
di
Franco
circa
l
'
argomento
del
colloquio
doloroso
le
spiaceva
;
e
cominciar
lei
,
di
fronte
a
un
silenzio
così
ostinato
,
non
le
parve
utile
.
I
propositi
di
lavoro
e
di
sacrificio
la
commossero
profondamente
;
quando
lesse
quella
confessione
da
gran
delinquente
con
la
domanda
di
perdono
a
Dio
e
a
lei
,
ne
sorrise
e
baciò
la
lettera
sentendo
ch
'
era
un
atto
di
sottomissione
e
un
'
acquiescenza
umile
alle
censure
che
tanto
lo
avevano
a
prima
giunta
irritato
.
Povero
Franco
,
ecco
gli
slanci
della
sua
nobile
,
generosa
natura
!
Ma
durerebbero
?
Rispose
subito
e
se
dalla
risposta
traspariva
la
sua
commozione
,
ne
traspariva
pure
il
sorriso
,
del
quale
Franco
non
fu
contento
.
Nella
chiusa
v
'
eran
questi
periodi
:
«
Leggendo
tutte
le
accuse
che
ti
fai
ho
pensato
con
rimorso
a
quelle
che
t
'
ho
fatto
io
,
una
triste
notte
,
e
ho
sentito
che
ci
pensavi
anche
tu
quando
scrivevi
,
benché
né
questa
lettera
né
alcuna
delle
altre
tue
ne
abbia
parola
.
Di
quelle
accuse
ho
rimorso
,
Franco
mio
;
ma
delle
altre
cose
a
cui
tanto
penso
nella
mia
solitudine
,
oh
come
vorrei
che
parlassimo
ancora
,
da
buoni
amici
!
»
.
Il
desiderio
di
Luisa
restò
vano
.
Su
questo
punto
Franco
non
rispose
affatto
,
anzi
la
sua
prima
lettera
fu
alquanto
freddina
.
Perciò
Luisa
non
ritornò
più
sull
'
argomento
.
Solo
una
volta
,
parlando
di
Maria
,
scrisse
:
«
Se
tu
vedessi
come
recita
il
Padre
nostro
,
mattina
e
sera
,
e
come
si
comporta
a
Messa
,
la
domenica
,
saresti
contento
»
.
Egli
rispose
:
«
Di
quanto
mi
scrivi
circa
le
pratiche
religiose
di
Maria
,
sono
contento
e
ti
ringrazio
»
.
Sì
Luisa
che
Franco
scrivevano
quasi
ogni
giorno
e
spedivano
le
lettere
una
volta
alla
settimana
.
Ismaele
andava
alla
posta
di
Lugano
ogni
martedì
,
portava
la
lettera
della
moglie
e
riportava
quella
del
marito
.
In
giugno
Maria
ebbe
il
morbillo
,
in
agosto
lo
zio
Piero
perdette
quasi
improvvisamente
l
'
occhio
sinistro
e
ne
fu
,
per
qualche
tempo
,
molto
turbato
.
Durante
questi
due
periodi
,
le
lettere
di
Oria
spesseggiavano
.
In
settembre
la
corrispondenza
ritornò
settimanale
.
Tolgo
dal
fascio
le
ultime
lettere
scambiate
fra
Luisa
e
Franco
alla
vigilia
degli
avvenimenti
onde
furono
colti
alla
fine
di
settembre
.
Luisa
a
Franco
Oria
,
12
settembre
1855
Il
riverito
signor
Ismaele
ci
ha
fatto
molto
aspettare
l
'
ultima
tua
,
perché
da
Lugano
invece
di
venire
a
Oria
è
andato
a
Caprino
con
alcuni
amici
suoi
e
delle
Potenze
Occidentali
a
festeggiare
la
presa
di
Sebastopoli
nella
cantina
dello
Scarselon
e
là
ha
bevuto
«
un
cicinìn
»
e
quindi
è
ritornato
a
Lugano
dove
un
altro
«
cicinìn
»
lo
ha
fatto
dormire
come
un
salame
fino
a
mercoledì
mattina
.
Ha
pure
dimenticato
di
spedirti
il
vasetto
di
lucido
e
così
lo
dovrai
aspettare
una
settimana
o
pagare
,
a
Torino
,
tanto
più
caro
,
se
la
provvista
è
finita
.
Me
ne
rincresce
assai
.
Se
Dina
ti
ha
offerto
di
scrivere
qualche
appendice
teatrale
,
tanto
meglio
.
Così
potrai
udire
gratis
un
po
'
di
musica
;
benché
sono
anch
'
io
dell
'
opinione
del
vostro
Caval
di
spade
che
bisogna
ricondurre
la
musica
italiana
al
tamburo
.
Quanto
all
'
affare
Valle
Intelvi
,
lodo
la
tua
prudenza
.
Essa
è
stata
però
così
grande
che
non
sono
certissima
d
'
averti
inteso
bene
.
Ho
inteso
che
per
preparare
,
in
caso
di
guerra
,
un
movimento
alle
spalle
dei
nostri
signori
,
occorrono
alcune
persone
sicure
cui
far
capo
con
le
opportune
comunicazioni
da
Torino
,
sia
direttamente
sia
per
mezzo
del
Comitato
di
Como
.
A
ogni
modo
andrò
io
stessa
domani
a
Pellio
Superiore
dove
c
'
è
un
medico
condotto
grande
amico
di
V
.
e
sicurissimo
.
Parlerò
con
lui
,
intanto
.
Per
quella
fodera
sdrucita
non
ti
crucciare
.
Basta
che
porti
l
'
abito
a
Lugano
quando
verrai
.
Ci
penserò
io
e
posso
anche
promettere
di
foderarti
le
maniche
di
seta
,
grazie
ad
una
sottana
che
mia
madre
mi
diceva
essere
venuta
in
casa
Ribera
da
casa
Affaitati
nel
secolo
scorso
,
una
sottana
gialla
a
fiorami
rossi
che
né
io
né
Ombretta
porteremo
certo
mai
.
Ombretta
sta
benissimo
.
Da
tre
giorni
,
declinando
il
caldo
,
ha
ripreso
i
suoi
colori
.
Stamattina
le
ho
dato
la
prima
lezione
di
lettura
col
metodo
Lambruschini
.
Tutto
si
trasforma
e
progredisce
nella
nostra
casa
!
Questa
sorte
è
toccata
ieri
all
'
antico
cartellone
della
tombola
,
con
dolore
muto
ma
palese
della
Cia
.
Ne
ho
fatto
strage
per
tagliarne
fuori
,
oltre
a
cinque
quadratini
per
le
vocali
,
parecchi
altri
quadrati
più
grandi
,
dove
ho
disegnato
,
immagina
come
!
le
figure
di
so
-
le
,
lu
-
na
,
ca
-
ne
,
bu
-
e
,
ecc
.
Maria
ha
imparate
le
vocali
con
prontezza
sufficiente
.
A
mezza
lezione
è
entrato
lo
zio
Piero
e
ha
esclamato
:
«
Oh
povero
me
!
»
.
Poi
,
malgrado
le
mie
proteste
,
ha
molto
compianto
Maria
.
Ella
ha
risposto
che
studiava
per
scrivere
a
papà
.
«
Scrivere
a
papà
»
è
la
sua
idea
fissa
e
io
credo
che
se
la
facessi
scrivere
conducendole
la
mano
,
perderei
forse
il
più
forte
stimolo
che
posso
adoperare
con
lei
come
maestra
di
lettura
,
poiché
sa
che
prima
di
scrivere
deve
imparare
a
leggere
.
Il
suo
affetto
per
te
vien
sempre
fuori
con
una
mistura
di
amor
proprio
.
Parla
come
se
fosse
un
bisogno
,
non
suo
ma
tuo
,
mio
,
dell
'
universo
intero
che
Ombretta
Pipì
scriva
a
papà
.
Uno
di
questi
giorni
mi
udì
sgridar
la
Veronica
perché
ha
la
cattiva
abitudine
di
buttar
dalla
cucina
l
'
acqua
sporca
sul
carrubo
che
n
'
è
intristito
.
Ricordai
alla
Veronica
,
naturalmente
,
quanto
il
carrubo
è
caro
a
te
.
Maria
l
'
udiva
che
brontolava
tra
sé
contro
il
povero
carrubo
perché
manda
ombra
in
cucina
e
gli
augurava
di
crepare
.
«
Taci
!
»
,
le
intimò
Maria
con
una
forza
inesprimibile
.
«
Ti
mando
via
se
non
taci
.
»
L
'
altra
la
rimbeccò
e
Maria
fuori
a
piangere
.
Io
udii
e
accorsi
.
«
Perché
piangi
?
»
«
Perché
la
Veronica
dice
brutte
parole
alla
pianta
di
papà
.
»
Bisognava
vedere
che
visetto
irritato
!
Adesso
fa
lei
la
guardia
al
carrubo
,
non
se
ne
allontana
senza
una
predica
alla
Veronica
e
prende
un
'
aria
d
'
importanza
come
se
la
vita
del
carrubo
fosse
affidata
a
lei
.
Ogni
mattina
,
quando
va
in
giardinetto
,
corre
lì
e
dice
:
«
Stai
bene
,
pianta
?
»
.
Oggi
ha
versato
molte
lagrime
perché
la
breva
soffiava
scotendo
forte
il
carrubo
,
e
poi
ch
'
ella
gli
ebbe
fatta
la
solita
domanda
,
io
le
dissi
:
«
Vedi
che
non
sta
bene
il
carrubo
?
Vedi
che
risponde
di
no
?
»
.
Più
tardi
mi
domandò
se
il
carrubo
,
quando
muore
,
va
in
Paradiso
.
Le
risposi
che
siccome
il
carrubo
disturba
la
Veronica
mandando
l
'
ombra
in
cucina
,
non
può
andare
in
Paradiso
.
Tacque
mortificata
.
Lo
zio
Piero
è
ormai
rassegnato
del
tutto
alla
perdita
del
suo
occhio
.
Si
paragona
ad
un
altare
dove
si
dice
messa
e
il
chierico
ha
spento
,
durante
l
'
ultimo
vangelo
,
una
delle
due
candele
.
Dopo
pranzo
egli
e
Maria
fanno
in
loggia
delle
conversazioni
senza
fine
,
non
più
interrotte
dal
corso
del
Mississipì
,
oramai
dimenticato
.
Lo
zio
le
racconta
tante
vecchie
cose
che
non
ha
mai
raccontato
neppure
a
me
.
Io
non
entro
,
allora
,
in
loggia
,
perché
credo
che
si
apra
più
volentieri
con
la
piccina
sola
.
Si
vogliono
un
gran
bene
e
non
si
fanno
mai
o
quasi
mai
baci
né
carezze
,
come
se
Maria
fosse
una
persona
grande
.
13
Stamattina
ho
preso
con
me
la
Leu
,
la
sorella
della
Veronica
,
ch
'
è
clorotica
,
per
condurla
a
consultare
il
medico
di
Pellio
;
capisci
!
Abbiamo
impiegato
due
ore
e
mezzo
da
Osteno
.
Tu
avresti
goduto
con
entusiasmo
la
bellezza
dei
luoghi
e
della
mattina
.
Io
invece
non
me
ne
commossi
che
un
momento
fra
i
vecchi
castagni
di
Pellio
Superiore
,
dove
voltandosi
a
guardar
giù
la
valle
si
scopre
,
in
fondo
a
quel
grande
imbuto
verde
,
Porlezza
e
un
pezzetto
di
lago
,
una
piccola
coppa
di
acqua
viva
,
verde
anche
quella
.
Ti
ricordi
che
abbiamo
fatto
colazione
insieme
lassù
,
nel
tempo
in
cui
ero
ancora
signorina
e
che
l
'
Ester
si
è
accorta
di
qualche
cosa
quando
mi
hai
parlato
di
mia
madre
?
Ho
trovato
il
mio
medico
condotto
alla
fontana
di
«
Pèll
sora
»
,
fra
le
pecore
,
come
un
patriarca
.
Gli
ho
fatto
visitare
la
Leu
e
poi
,
allontanata
questa
,
abbiamo
parlato
.
Non
sapeva
che
sei
a
Torino
e
al
solo
nome
di
Torino
mi
afferrò
e
mi
strinse
le
mani
come
se
la
moglie
d
'
uno
ch
'
è
a
Torino
fosse
già
una
specie
di
eroina
.
Credeva
poi
che
corrispondendo
con
Torino
io
avessi
il
piano
di
Cavour
in
una
tasca
e
quello
di
Napoleone
nell
'
altra
.
È
un
bonapartista
così
sfegatato
che
gli
è
amara
l
'
alleanza
inglese
e
dice
«
la
perfida
Albione
»
.
Si
teneva
sicurissimo
,
del
resto
,
della
guerra
a
primavera
e
non
gli
piacque
udire
che
ci
sono
dei
dubbi
.
Credo
che
mi
abbia
subito
ammirata
meno
.
Quanto
ad
agire
nel
momento
buono
,
dice
che
in
Vall
'
Intelvi
si
faranno
tagliare
a
pezzi
,
se
occorre
,
«
come
micch
»
.
Perché
parla
sempre
in
plurale
,
dice
«
nün
chì
»
.
Non
ha
l
'
aria
d
'
uno
spaccamonti
.
Parlando
di
venire
alle
mani
coi
Croati
diventò
più
rosso
dell
'
asso
di
cuori
e
vibrava
tutto
come
un
bracco
quando
gli
si
mostra
un
pezzo
di
pane
.
«
Nün
chì
»
,
mi
disse
,
«
gh
'
emm
poeu
anca
el
Brenta
.
»
Sai
,
hanno
a
vendicare
il
Brenta
,
fucilato
dagli
austriaci
.
Insomma
,
se
la
parte
mia
,
quando
scoppierà
la
guerra
,
non
fosse
di
liberare
la
«
süra
Peppina
»
e
di
buttare
ai
cavedini
il
suo
Carlascia
,
andrei
volentieri
a
battermi
insieme
al
dottore
di
Pellio
.
Ritornammo
alle
tre
.
Lo
zio
giuocava
a
tarocchi
col
curato
,
con
Pasotti
e
col
signor
Giacomo
.
Il
curato
aveva
la
Gazzetta
Ticinese
e
si
era
molto
parlato
di
Sebastopoli
.
Si
capisce
che
Pasotti
ha
una
gran
rabbia
come
tutti
i
tedesconi
.
Invece
il
signor
Giacomo
era
tutto
intenerito
per
il
suo
Papuzza
e
il
curato
propose
di
bere
una
bottiglia
alla
salute
di
Papuzza
.
Allora
lo
zio
Piero
gli
domandò
se
non
aveva
vergogna
,
egli
prete
,
di
festeggiare
le
buone
fortune
di
Papuzza
.
«
Mi
l
'
era
per
bev
»
,
brontola
il
curato
.
«
L
'
è
ben
che
ghe
n
'
è
minga
»
,
risponde
lo
zio
.
Il
curato
brontolò
peggio
di
prima
e
lo
zio
,
per
consolarlo
,
gli
fece
una
dotta
dissertazione
sui
dialetti
lombardi
,
concludendo
:
«
Ghe
n
'
è
no
,
ghe
n
'
è
minga
e
ghe
n
'
è
miga
»
.
14
Non
credo
che
Pasotti
verrà
più
in
casa
nostra
.
Me
ne
rincresce
per
quella
povera
Barborin
che
non
potrà
più
venirci
neppur
lei
,
temo
;
ma
non
mi
pento
di
quel
che
ho
fatto
.
Egli
sa
benissimo
che
sei
a
Torino
da
un
pezzo
,
come
qui
lo
sanno
tutti
.
Ne
ha
parlato
persino
col
Ricevitore
,
me
lo
disse
la
Maria
Pon
che
stando
alla
cappella
del
Romìt
li
udì
mentre
scendevano
discorrendo
ad
Albogasio
Superiore
.
Quando
è
venuto
da
noi
ha
affettato
sempre
d
'
ignorarlo
e
ha
domandato
le
tue
notizie
con
quelle
sue
solite
smancerie
di
premura
e
di
amicizia
.
Oggi
mi
trova
sola
in
giardinetto
,
mi
domanda
quanto
ancora
starai
assente
e
se
adesso
sei
a
Milano
.
Io
gli
rispondo
netto
che
mi
meraviglio
della
sua
domanda
.
Egli
diventa
pallido
.
«
Perché
?
»
,
dice
.
«
Perché
Lei
va
dicendo
che
Franco
è
in
ben
altro
luogo
.
»
Si
confonde
,
protesta
,
freme
.
«
Protesti
pure
»
,
dico
io
.
«
Tanto
è
inutile
.
Lo
so
.
Del
resto
Franco
sta
benissimo
dov
'
è
.
Lo
dica
pure
a
chi
crede
.
»
«
Lei
mi
offende
!
»
,
diss
'
egli
.
Io
non
stetti
tanto
a
riflettere
e
risposi
:
«
Sarà
!
»
.
Allora
se
n
'
andò
precipitosamente
,
senza
salutarmi
,
nero
come
l
'
asso
di
picche
,
poiché
sono
in
vena
di
simili
paragoni
.
Sono
sicura
che
stasera
andrà
a
Cressogno
.
Il
Cüstant
ci
ha
mandato
a
regalare
una
magnifica
tinca
presa
da
lui
stamattina
con
gran
dispetto
del
Biancòn
che
pesca
tutto
il
giorno
,
non
prende
niente
e
si
arrabbia
perché
le
tinche
,
brave
!
se
ne
impipano
di
S
.
M
.
I
.
R
.
A
.
e
del
suo
Carlascia
.
«
Poer
omàsc
!
»
,
dice
la
súra
Peppina
.
«
El
se
mangia
el
fidegh
!
»
.
Gli
passerà
,
gli
passerà
.
Miti
sensi
,
pace
amica
Tornan
presto
a
nobil
cor
;
Dio
conservi
e
benedica
Ferdinando
Imperator
.
15
Ho
raccontato
allo
zio
l
'
episodio
Pasotti
e
n
'
è
stato
assai
malcontento
.
«
Bel
profitto
»
,
ha
detto
,
«
che
ne
caverai
!
»
Povero
zio
,
parrebbe
un
utilitario
.
Invece
è
un
filosofo
.
In
fondo
,
di
fronte
agli
sdegni
miei
per
tante
brutte
cose
che
sono
nel
mondo
,
il
suo
argomento
capitale
è
«
ghe
voeur
alter
!
»
.
Oggi
la
messa
parrocchiale
è
stata
ad
Albogasio
Superiore
.
Nell
'
uscire
di
chiesa
con
Maria
ho
avuto
uno
sguardo
desolato
della
povera
Pasotti
che
aveva
evidentemente
l
'
ordine
di
evitarmi
.
Invece
è
discesa
con
noi
Ester
e
poi
è
anche
salita
in
casa
e
mi
ha
tenuto
,
a
quattr
'
occhi
,
un
discorso
che
da
qualche
tempo
mi
aspettavo
.
Ha
cominciato
pregandomi
di
non
ridere
e
ridendo
lei
.
Insomma
capisci
che
il
professore
,
dalli
e
dalli
,
ha
fatto
un
po
'
di
breccia
.
E
così
,
quantunque
Ester
affermi
di
non
poter
decifrare
i
propri
sentimenti
.
Io
vedo
tutto
il
cammino
ch
'
egli
ha
fatto
nel
suo
cuore
.
Sulle
prime
,
te
ne
ricordi
?
lo
chiamava
valsoldesemente
el
vecc
,
el
veggiòn
,
el
zücca
pelada
,
l
'
oreggiàt
,
el
nasòn
,
el
barbarostì
.
Quando
s
'
accorse
della
simpatia
di
lui
un
sentimento
di
gratitudine
le
fece
smettere
questi
titoli
,
senza
riconciliarla
però
né
con
il
cranio
lucido
né
con
le
orecchie
a
ventaglio
né
col
pelo
rossiccio
né
col
naso
fiorito
dell
'
adoratore
.
Adesso
de
'
primi
tre
guai
non
si
parla
più
;
su
questi
tre
punti
l
'
amico
ha
vinto
la
battaglia
e
può
portarli
in
trionfo
.
Solo
intorno
al
quarto
punto
vi
è
ancora
del
combattimento
.
«
Mi
l
'
è
quel
nas
!
»
,
diceva
Ester
stamattina
e
rideva
rideva
,
si
nascondeva
il
bel
visetto
brillante
.
Il
naso
scandaloso
mi
pare
che
fatalmente
prosperi
,
si
colori
e
ingrossi
sempre
più
.
Quel
semplice
uomo
mi
confidò
poco
fa
,
forse
perché
lo
ripetessi
a
Ester
,
che
ha
sempre
bevuto
solamente
acqua
anche
in
gioventù
e
che
il
rossore
e
il
turgore
del
suo
naso
dipendono
da
frequenti
sofferenze
viscerali
.
Ho
paura
che
questo
nuovo
aspetto
delle
cose
non
migliori
la
situazione
.
Credo
però
che
l
'
amica
finirà
con
superare
anche
un
così
grande
e
grosso
ostacolo
.
Il
fatto
è
che
la
passione
di
lui
è
all
'
apice
.
Egli
le
ha
scritto
trenta
pagine
di
confessione
generale
,
vuotandosi
proprio
il
cuore
e
rivoltandone
la
fodera
,
per
modo
da
intenerire
un
croato
.
Io
lo
aiutai
presso
Ester
che
deciderà
entro
due
giorni
e
vuole
che
la
risposta
gli
sia
fatta
da
me
.
Io
poi
capisco
che
la
letteratura
del
professore
le
mette
soggezione
e
che
ha
un
gran
timore
di
fare
sbaglietti
di
ortografia
.
Buon
segno
!
18
Sono
stata
tre
giorni
senza
scrivere
temendo
non
esser
padrona
della
mia
penna
,
non
saper
comprimere
il
mio
pensiero
dentro
parole
che
devono
avere
una
data
misura
e
non
più
.
Adesso
lo
posso
fare
e
lo
faccio
.
Sappi
però
,
Franco
,
che
non
rispondo
esser
padrona
di
me
sempre
!
È
venuto
dunque
da
me
,
la
sera
del
15
,
l
'
agente
di
tua
nonna
.
Poiché
la
rata
semestrale
de
'
tuoi
interessi
scade
il
16
ho
creduto
che
avesse
le
cinquecento
svanziche
e
gli
ho
detto
senz
'
altro
che
andavo
a
preparargli
la
ricevuta
.
Allora
il
gentilissimo
signor
Bellini
mi
disse
che
la
ricevuta
mia
non
gli
poteva
bastare
.
«
Come
»
,
rispondo
,
«
se
Le
è
bastata
il
16
marzo
?
»
«
Ma
!
»
,
dice
.
«
I
miei
ordini
!
»
«
Ma
Franco
non
c
'è.»
«
Lo
so
.
»
«
E
allora
,
cosa
è
venuto
a
fare
?
»
«
Sono
venuto
a
dirle
che
il
signor
don
Franco
,
per
avere
il
denaro
deve
presentarsi
all
'
agenzia
della
signora
marchesa
in
Brescia
.
»
«
E
se
non
potesse
andare
a
Brescia
?
»
Qui
il
signor
Bellini
fece
un
gesto
come
per
dire
:
pensateci
voi
.
Io
gli
risposi
che
andava
bene
,
gli
feci
portare
il
caffè
e
gli
dissi
che
avrei
desiderato
comperare
dalla
signora
marchesa
le
librerie
del
tuo
antico
studio
di
Cressogno
.
Il
Bellini
diventò
giallo
e
partì
mogio
mogio
come
il
nostro
vecchio
cane
Patò
di
casa
Rigey
quando
aveva
rubato
.
È
certo
che
in
questa
immondizia
vi
ha
un
dito
del
signor
Pasotti
.
Ieri
è
venuto
qua
il
prefetto
della
Caravina
e
ha
raccontato
che
il
14
sera
Pasotti
è
andato
a
Cressogno
assai
tardi
ed
è
capitato
in
casa
della
nonna
mentre
si
diceva
il
rosario
,
per
cui
gli
toccò
pure
di
rosarieggiare
.
Questo
faceva
ridere
il
prefetto
;
secondo
lui
il
Pasotti
va
a
messa
perché
è
I
.
R
.
pensionato
ma
di
preghiere
dice
solo
«
el
Patèr
d
'
i
ratt
»
,
che
io
non
so
cosa
sia
.
Soggiunse
poi
che
quando
gli
altri
partirono
,
Pasotti
restò
a
confabulare
con
la
nonna
e
che
c
'
era
anche
il
Bellini
.
Bellini
era
arrivato
il
15
stesso
,
da
Brescia
.
Probabilmente
aveva
recati
i
denari
per
te
.
Fino
all
'
ottobre
,
quando
arriverà
il
denaro
tuo
,
c
'
è
da
vivere
.
Altro
non
dico
.
Il
ciclamino
che
troverai
qui
dentro
te
lo
manda
Maria
.
Devo
pure
raccontarti
questa
cosa
!
Puoi
pensare
in
quale
stato
d
'
animo
ella
mi
vede
.
Mi
ode
anche
spesso
discorrere
dell
'
argomento
con
lo
zio
.
Lo
zio
è
sempre
lo
zio
.
In
vita
sua
ha
solamente
giudicato
birbanti
quegli
appaltatori
che
gli
offrivano
quattrini
e
un
altro
zio
,
il
suo
antipodo
,
che
dopo
di
essersi
servito
del
nipote
per
anni
,
non
gli
ha
lasciato
un
fico
secco
.
Altri
birbanti
non
ha
mai
voluto
vedere
e
neanche
adesso
vuol
vederne
.
Ora
,
quando
io
discorro
con
lui
,
Maria
vorrebbe
ascoltare
sempre
.
Io
la
mando
via
ma
poi
tante
volte
mi
accorgo
che
piano
piano
ritorna
.
Stamattina
si
mette
a
recitare
le
sue
orazioni
.
Oh
,
Franco
,
tua
figlia
è
ben
religiosa
nel
senso
tuo
!
L
'
ultima
che
recita
è
il
requiem
per
la
povera
nonna
Teresa
.
«
Mamma
»
,
dice
allora
,
«
voglio
recitare
il
requiem
anche
per
la
nonna
di
Cressogno
.
»
Ho
risposto
quel
che
ho
risposto
,
parole
amare
;
avrò
fatto
anche
male
,
se
vuoi
,
lo
confesso
.
Maria
mi
guarda
e
fa
:
«
È
proprio
cattiva
la
nonna
di
Cressogno
?
»
.
«Sì.»
«
E
perché
lo
zio
dice
che
non
è
proprio
cattiva
?
»
«
Perché
lo
zio
è
tanto
buono
.
»
«
E
tu
,
allora
,
non
sei
mica
tanto
buona
?
»
Cara
la
mia
innocente
,
me
la
mangiai
di
baci
,
non
ne
potei
proprio
a
meno
.
Appena
fu
libera
di
parlare
,
riprese
subito
:
«
Non
vai
mica
,
sai
,
in
Paradiso
,
se
non
sei
tanto
buona
»
.
Quella
del
Paradiso
è
la
sua
fissazione
.
Povero
Franco
,
non
averla
con
te
,
tu
che
saresti
così
contento
di
lei
!
Fai
un
gran
sacrificio
!
Se
ti
può
far
piacere
ti
dirò
che
la
sola
possibilità
per
me
di
amare
Iddio
la
trovo
in
questa
bambina
perché
in
essa
Iddio
mi
diventa
visibile
,
intelligibile
.
Addio
,
Franco
;
ti
abbraccio
Luisa
P.S.
Sappi
che
ho
licenziato
la
Veronica
per
il
1°
ottobre
.
Per
economia
,
prima
;
e
poi
perché
mi
sono
accorta
che
fa
all
'
amore
con
una
guardia
di
finanza
.
Oh
,
mi
scordavo
quest
'
altra
!
Mezz
'
ora
fa
è
venuta
Ester
a
dirmi
che
si
è
decisa
per
il
sì
ma
che
desidera
di
aspettare
ancora
un
giorno
a
vedere
il
professore
.
Si
capisce
che
il
naso
è
inghiottito
ma
non
ancora
passato
giù
nello
stomaco
.
Franco
a
Luisa
Torino
,
12
settembre
1855
Iersera
Dina
mi
ha
mandato
al
d
'
Angennes
dove
si
è
data
male
un
'
opera
vecchiotta
che
non
mi
garba
,
Marin
Faliero
.
Aggiungi
l
'
idea
tormentosa
di
dover
scrivere
l
'
appendice
e
intenderai
che
non
è
stato
un
invitarmi
a
nozze
.
Un
collega
mi
propose
di
presentarmi
in
un
palco
dov
'
erano
due
dame
sfoggiatamente
eleganti
.
Credo
l
'
abbia
fatto
per
desiderio
del
Dina
perché
esitava
,
gittava
qualche
rapida
occhiata
ai
miei
panni
i
quali
mostrano
aperto
il
canchero
della
borsa
.
Pensa
se
mi
fu
agevole
il
trarmi
d
'
impaccio
!
Panni
vetusti
Fedeli
e
frusti
vi
debbo
anche
per
questo
una
gratitudine
che
non
rifiuto
.
In
teatro
non
si
parlava
che
di
Sebastopoli
.
I
più
credono
che
la
pace
non
si
farà
,
che
l
'
Inghilterra
non
vorrà
posare
le
armi
prima
d
'
aver
levato
ai
russi
per
cinquant
'
anni
il
prurito
delle
conquiste
.
Uscendo
dal
teatro
udii
il
deputato
B
.
,
un
fiero
avversario
della
spedizione
,
dire
a
qualcuno
:
«
Hanno
preso
la
loro
tomba
.
Un
piccolo
Napoleone
,
una
piccola
Mosca
!
»
.
Io
dissi
forte
:
«
Hanno
preso
Verona
»
.
B
.
mi
guardò
con
due
occhi
fulminei
e
io
guardai
lui
senza
abbassare
i
miei
.
Egli
si
strinse
nelle
spalle
e
se
n
'
andò
.
Salii
nella
mia
soffitta
e
mi
posi
a
scrivere
l
'
appendice
sui
margini
di
un
giornale
onde
non
sciupare
carta
.
Scrivi
,
cancella
,
riscrivi
e
ricancella
,
ne
son
venuto
a
capo
alle
quattro
del
mattino
.
Qui
mi
dicono
che
i
miei
periodi
hanno
una
forma
troppo
classica
e
che
adopero
troppi
vocaboli
e
modi
toscani
.
«
Già
,
Lei
,
col
Suo
Giusti
!
»
,
mi
ha
detto
D
.
Il
guaio
è
ch
'
io
non
so
scrivere
un
italiano
piemontese
come
forse
piacerebbe
a
lui
.
Intanto
mi
son
buscato
un
bellissimo
e
lucentissimo
scudo
nuovo
di
zecca
con
un
Vittorio
Emanuele
così
parlante
che
potrebbe
farvi
svenire
dalla
commozione
,
come
svenne
ier
l
'
altro
all
'
hôtel
della
Liguria
una
signora
veneta
vedendo
passare
alla
testa
d
'
una
colonna
di
fanteria
il
generale
Giannotti
che
scambiò
,
in
grazia
de
'
baffi
maiuscoli
,
per
il
Re
.
Io
serberò
lo
scudo
,
ve
lo
porterò
a
Lugano
,
tu
lo
porrai
da
parte
e
sarà
la
prima
pietra
della
dote
di
Ombretta
.
Va
bene
?
L
'
idea
me
n
'
è
venuta
per
un
sogno
che
feci
stamattina
,
appena
addormentato
,
nell
'
ora
in
cui
l
'
anima
Alle
sue
visïon
quasi
è
divina
.
Sognai
ch
'
era
nella
chiesa
di
S
.
Sebastiano
di
Oria
,
con
te
e
Maria
,
grande
,
bella
,
vestita
da
sposa
;
che
lo
sposo
era
Michele
Steno
e
che
lo
zio
Piero
si
stava
mettendo
cotta
e
stola
per
celebrar
lui
il
matrimonio
e
che
Michele
Steno
si
alzò
dall
'
inginocchiatoio
per
venirmi
a
dire
:
«
Sì
,
tutto
va
bene
,
ma
e
la
dote
,
e
la
dote
?
»
.
Maria
mia
dolcissima
,
verrà
pure
per
te
il
gran
giorno
della
dote
;
quand
'
anche
tu
tenessi
allora
in
serbo
molti
pezzi
d
'
oro
sopra
lo
scudo
d
'
argento
,
avresti
tuttavia
lo
scudo
più
caro
!
14
Il
Fante
di
bastoni
è
in
pericolo
di
essere
licenziato
dal
suo
principale
per
le
condizioni
veramente
miserevoli
del
suo
vestito
.
Il
Fante
è
per
verità
uno
sciupone
e
non
ha
ancora
appreso
,
duris
in
rebus
,
a
maneggiare
una
spazzola
;
ma
insomma
gli
altri
sapienti
hanno
deciso
che
non
faranno
colazione
per
una
settimana
ond
'
egli
si
possa
rimpannucciare
.
Vedi
bassezza
del
cuore
umano
!
Il
Fante
si
è
sbracciato
a
ringraziare
e
poi
si
disponeva
a
far
colazione
lui
,
come
se
nulla
fosse
.
Questo
gliel
'
abbiamo
proibito
.
Così
oggi
invece
di
andar
al
«
Mal
de
stomi
»
passammo
una
mezz
'
oretta
sulla
via
del
Po
,
verso
il
Valentino
,
a
veder
l
'
acqua
scendere
.
L
'
Udinese
portò
seco
il
flauto
,
perché
ad
una
colazione
ideale
dove
si
offrivano
le
più
trimalcioniane
idee
di
cibi
e
di
bevande
,
la
musica
non
poteva
mancare
.
Egli
aveva
una
lettera
de
'
suoi
con
magnifiche
proposte
di
ritorno
all
'
ovile
.
Persino
il
cavallo
da
sella
gli
offrono
.
Ci
narrò
di
avere
risposto
che
lo
vedranno
presto
arrivare
sopra
un
cavallo
del
Re
Vittorio
Emanuele
.
Allora
il
Padovano
,
gran
motteggiatore
,
gli
ha
detto
con
tutta
flemma
:
«
Ciò
,
eroe
,
sonistu
anca
el
trombon
,
ti
?
»
.
(
Vedi
che
t
'
imito
,
poiché
la
ferula
de
'
pedanti
mi
è
lontana
,
nelle
tue
scandalose
familiarità
col
dialetto
.
)
L
'
Udinese
si
è
arrabbiato
alquanto
ma
poi
vi
ha
fatto
su
la
sua
brava
sonatina
di
flauto
.
Il
fatto
strano
è
che
nessuno
di
noi
ha
sentito
fame
.
Però
,
levando
la
seduta
,
abbiamo
deciso
che
l
'
abbigliamento
del
Fante
verrà
semplificato
e
ch
'
egli
potrà
benissimo
fare
a
meno
del
giustacuore
,
modernamente
detto
sottoveste
.
Ah
noi
faremmo
a
meno
anche
del
pranzo
per
poter
passare
il
Ticino
col
Re
nell
'
aprile
del
1856
!
Ne
parlavamo
tornando
in
città
dalla
colazione
ideale
.
Il
Padovano
ha
osservato
che
in
aprile
l
'
acqua
è
troppo
fredda
e
che
sarebbe
meglio
aspettare
fino
a
giugno
.
Si
diceva
che
gran
cosa
sarà
l
'
Italia
senza
tedeschi
.
Ti
assicuro
ch
'
eravamo
tutti
entusiasti
malgrado
il
vuoto
dello
stomaco
.
Tutti
meno
il
Padovano
,
sempre
;
del
quale
va
pur
detto
,
a
sua
scusa
,
che
patisce
la
fame
,
o
quasi
,
per
non
vedere
austriaci
,
e
che
quantunque
bussi
all
'
uscio
de
'
quaranta
si
batterà
meglio
di
qualche
giovane
che
adesso
si
mangia
un
caiserlicchio
a
colazione
e
due
a
pranzo
.
Egli
crede
che
torneremo
un
paese
di
cani
e
gatti
.
«
Per
esempio
»
,
diceva
,
«
intendiamoci
bene
.
Partiti
i
tedeschi
,
ciascuno
a
casa
sua
e
guai
a
voi
se
venite
a
rompermi
le
scatole
a
Padova
!
»
.
Mi
pareva
di
udire
lo
zio
Piero
,
quando
noi
pure
,
a
Oria
,
s
'
è
parlato
della
grandezza
,
dello
splendore
futuro
d
'
Italia
.
«
Eh
sì
sì
!
»
,
diceva
.
«
Eh
sì
sì
!
Il
lago
diventerà
di
latte
e
miele
e
la
Galbiga
de
formagg
de
grana
!
»
Vedremo
,
vedremo
!
21
La
tua
lettera
mi
suscita
un
tumulto
di
sentimenti
che
non
si
scrivono
.
Mi
addolorano
,
senza
dubbio
,
l
'
atto
della
nonna
e
la
obliqua
malevolenza
del
Pasotti
ma
più
mi
affligge
lo
sdegno
tuo
troppo
forte
.
Quando
un
mio
procuratore
si
presenterà
a
Brescia
,
il
pagamento
non
potrà
venire
rifiutato
.
È
vero
,
tu
sei
donna
e
non
hai
l
'
obbligo
di
conoscere
queste
cose
.
Anche
la
collera
ti
perdono
poiché
freddo
non
rimasi
nemmeno
io
,
da
principio
.
Quindi
mi
son
detto
:
Di
che
ti
sdegni
e
che
ti
sorprende
?
Non
conoscevi
tu
quel
malanimo
e
non
ne
avesti
offese
maggiori
?
Infinitamente
mi
rattrista
che
tu
non
abbia
saputo
celare
i
tuoi
sentimenti
a
Maria
,
infinitamente
mi
commuove
che
tu
ne
sia
pentita
e
infinitamente
mi
consola
che
tu
ami
il
Signore
nella
bambina
,
che
tu
me
lo
scriva
.
A
dir
vero
,
cara
,
non
dovrei
appagarmene
così
perché
ad
amare
Iddio
ne
invitano
i
cieli
e
la
terra
ed
Egli
ci
è
visibile
in
ogni
luce
,
intelligibile
in
ogni
vero
!
Ma
insomma
tu
incominci
a
udire
la
voce
Sua
!
Nelle
mie
lettere
non
ho
mai
toccato
questo
punto
per
sentirmi
troppo
inetto
a
parlartene
degnamente
,
efficacemente
.
E
ora
lascio
che
Iddio
ti
parli
nella
bambina
,
torno
nel
mio
silenzio
.
Sappi
soltanto
che
ascolto
palpitante
,
che
prego
e
spero
.
Posso
io
dirti
quello
che
sento
per
Maria
?
Chi
potrebbe
dire
questa
commozione
,
questa
tenerezza
immensa
,
questo
desiderio
che
mi
strugge
di
tenermela
almeno
un
momento
,
un
solo
momento
,
sul
cuore
?
Credi
tu
che
io
possa
attendere
fino
a
novembre
?
No
no
no
,
scriverò
appendici
,
copierò
,
monterò
qualche
guardia
per
altri
ma
verrò
a
Lugano
prima
!
Coprila
di
baci
per
me
,
intanto
,
dille
che
Papà
ha
sempre
nel
cuore
la
sua
Ombretta
e
che
la
benedice
,
domandale
cosa
le
farebbe
piacere
ch
'
io
le
portassi
e
poi
scrivimelo
senza
pensar
poi
troppo
alla
mia
povertà
.
Ti
abbraccio
,
Luisa
mia
,
con
l
'
anima
.
Franco
Luisa
a
Franco
24
settembre
1855
Finalmente
!
Da
quando
sei
partito
io
desiderai
sempre
,
che
tu
toccassi
quel
punto
.
Come
mi
sarò
spiegata
,
quella
notte
,
nella
mia
commozione
dolorosa
?
Come
mi
avrai
inteso
tu
nella
tua
?
Da
mesi
e
mesi
sento
il
bisogno
di
parlarne
con
te
e
non
l
'
ho
fatto
mai
per
mancanza
di
coraggio
.
Vedi
,
per
esempio
.
Tu
mi
hai
accusata
d
'
orgoglio
,
quella
notte
.
Ti
supplico
di
credere
che
non
sono
orgogliosa
;
non
posso
neanche
comprendere
un
'
accusa
simile
!
Mi
par
di
capire
dalla
tua
lettera
che
tu
mi
supponga
ritornata
alla
fede
in
Dio
.
Ma
t
'
ho
io
mai
detto
di
non
credere
in
Dio
?
Non
posso
averti
detto
questo
perché
la
storia
de
'
pensieri
miei
mi
è
tutta
scritta
nella
mente
,
e
lo
spavento
,
l
'
angoscioso
pensiero
di
non
poter
forse
più
credere
in
Dio
mi
son
venuti
dopo
la
tua
partenza
;
ne
so
il
giorno
e
l
'
ora
.
Avevo
udito
parlare
a
S
.
Mamette
di
un
gran
pranzo
dato
da
tua
nonna
a
Brescia
e
io
non
potevo
assolutamente
procurare
al
nostro
diletto
zio
quel
regime
di
cibi
e
di
vino
che
il
medico
,
temendo
per
l
'
occhio
destro
,
prescriveva
.
Ho
lottato
con
quelle
tenebre
spaventose
,
Franco
,
e
ho
vinto
.
È
vero
,
la
vittoria
è
in
gran
parte
della
nostra
Maria
.
Vorrei
dire
che
se
tante
nere
nuvole
mi
nascondono
l
'
esistenza
di
una
Giustizia
Superiore
,
me
ne
trapela
però
un
raggio
in
Maria
;
e
questo
raggio
mi
fa
credere
e
mi
fa
sperare
nell
'
Astro
.
Perché
sarebbe
orribile
che
l
'
universo
non
avesse
un
governo
di
giustizia
!
Quella
notte
,
dunque
,
io
ti
ho
potuto
solamente
dire
che
intendevo
la
religione
in
un
modo
diverso
da
te
,
che
gli
atti
di
fede
cristiana
e
le
preghiere
non
mi
parevano
essenziali
all
'
idea
religiosa
ma
l
'
amore
e
l
'
azione
per
quelli
che
soffrono
,
sì
!
Ma
lo
sdegno
e
l
'
azione
contro
coloro
che
fanno
soffrire
,
sì
!
E
tu
vuoi
ritornare
nel
tuo
silenzio
?
Ma
no
,
non
lo
devi
.
Ti
senti
debole
,
dici
.
Debole
te
o
il
tuo
Credo
?
Ragioniamo
,
discutiamo
.
Confessa
che
voialtri
credenti
amate
le
vostre
credenze
anche
perché
sono
un
comodo
riposo
dell
'
intelletto
.
Vi
adagiate
in
esse
come
in
un
'
amaca
sospesa
in
aria
per
tante
fila
lavorate
dagli
uomini
,
annodate
dagli
uomini
a
diversi
uncini
.
Voi
vi
state
bene
e
se
si
va
tentando
,
saggiando
con
la
mano
anche
uno
solo
di
questi
fili
,
ve
ne
turbate
e
avete
paura
che
si
spezzi
,
perché
poi
molto
facilmente
si
spezzerà
il
suo
vicino
e
dopo
questo
un
altro
e
tutto
il
vostro
letto
fragile
rovinerà
dall
'
aria
in
terra
con
vostro
spavento
e
dolore
.
Conosco
questo
spavento
e
questo
dolore
,
so
che
si
paga
così
la
compiacenza
di
camminar
poi
sul
solido
e
perciò
non
mi
trattiene
dal
discutere
teco
una
pietà
che
sarebbe
falsa
.
Ma
forse
mi
inganno
e
sarai
tu
che
mi
solleverai
a
te
nel
tuo
letto
di
fragili
fili
e
d
'
aria
.
Maria
non
può
far
tanto
.
Se
Maria
mi
fa
credere
in
Dio
non
vuol
dire
che
possa
farmi
credere
anche
nella
Chiesa
.
E
tu
credi
sopra
tutto
nella
Chiesa
,
tu
!
Cerca
di
persuadermi
dunque
e
io
pure
ti
ascolterò
palpitando
;
e
se
non
prego
,
almeno
spero
,
perché
adesso
più
che
mai
desidero
pienamente
unirmi
a
te
.
Adesso
con
l
'
antico
affetto
sento
per
te
un
'
ammirazione
nuova
,
una
gratitudine
nuova
.
Ti
offenderai
di
questo
mio
sfogo
?
Pensa
che
otto
mesi
sono
devi
aver
trovato
una
mia
lettera
nella
tua
borsa
da
viaggio
e
che
da
otto
mesi
aspettavo
risposta
!
Il
professore
ed
Ester
si
vedono
in
casa
nostra
,
oramai
come
fidanzati
.
Quelli
son
felici
,
almeno
.
Ella
va
in
chiesa
,
egli
non
ci
va
,
e
né
l
'
uno
né
l
'
altro
si
danno
pensiero
di
ciò
più
che
del
colore
diverso
de
'
loro
capelli
.
E
così
fanno
novecentonovantanove
sposi
su
mille
,
credo
!
Ti
abbraccio
.
Scrivi
a
lungo
,
a
lungo
.
Luisa
Questa
lettera
non
partì
da
Lugano
che
il
26
settembre
e
Franco
l
'
ebbe
il
27
.
Il
29
,
alle
otto
della
mattina
,
ricevette
il
seguente
telegramma
pure
da
Lugano
:
Bambina
malata
gravemente
.
Vieni
subito
.
Zio
10
.
Esüsmaria
,
sciora
Lüisa
!
Nelle
prime
ore
pomeridiane
del
27
settembre
Luisa
ritornava
da
Porlezza
con
alcune
carte
da
copiare
per
il
notaio
.
In
quel
tempo
gli
scogli
fra
San
Michele
e
Porlezza
erano
affatto
selvaggi
,
non
avevano
la
sottile
briglia
che
ora
li
doma
.
Luisa
s
'
era
fatta
tragittare
in
barca
per
quel
breve
tratto
e
poi
aveva
preso
,
a
piedi
,
la
stradicciuola
che
,
come
tutte
quelle
del
mio
piccolo
mondo
,
antico
e
moderno
,
non
comporta
altri
metodi
di
viaggiare
;
la
stradicciuola
graziosa
e
perfida
che
cerca
ogni
mezzo
di
non
arrivar
mai
dove
il
viandante
vorrebbe
.
A
Cressogno
passa
sopra
la
villa
Maironi
che
nemmanco
si
vede
.
«
Se
la
incontrassi
!
»
,
pensava
Luisa
con
un
ribollimento
del
sangue
;
ma
non
incontrò
nessuno
.
Sull
'
erta
da
Cressogno
al
Campò
il
sole
bruciava
.
Quando
si
trovò
nel
fresco
,
alto
vallone
che
chiamano
il
Campò
,
sedette
all
'
ombra
del
colossale
castagno
che
vive
ancora
,
ultimo
di
tre
o
quattro
venerabili
patriarchi
.
Guardava
le
case
del
suo
nativo
Castello
appollaiate
a
tondo
sopra
un
alto
spuntone
di
scogli
ombrosi
e
pensava
alla
povera
mamma
compiacendosi
che
almeno
ella
fosse
in
pace
,
quando
sentì
esclamare
:
«
Oh
,
cara
Madonna
!
»
.
Era
la
süra
Peppina
che
veniva
pure
da
Cressogno
,
disperata
di
non
aver
potuto
trovare
uova
né
a
S
.
Mamette
né
a
Loggio
né
a
Cressogno
.
«
Adess
el
me
coppa
,
el
Carlo
!
El
me
mazza
addirittura
,
cara
Lee
!
»
Avrebbe
voluto
andare
anche
a
Puria
,
ma
era
mezza
morta
di
stanchezza
.
Che
paesi
da
cani
!
Che
strade
!
Quanti
sassi
!
«
Quand
pensi
al
me
Milan
,
cara
Lee
!
»
Sedette
anche
lei
sull
'
erba
presso
Luisa
,
le
disse
un
mondo
di
tenerezze
e
volle
che
indovinasse
con
chi
avesse
parlato
di
lei
,
allora
allora
.
Ma
con
la
signora
marchesa
!
Ma
sicuro
!
«
Ah
cara
Lee
!
S
'
ciao
!
»
Pareva
che
la
Peppina
avesse
gran
cose
a
dire
e
non
osasse
e
ne
provasse
una
molestia
in
gola
,
volesse
pur
farsele
strappare
.
«
Che
roba
!
»
,
esclamava
ogni
tanto
«
Che
roba
!
Che
discors
!
S
'
ciao
,
s
'
ciao
!
»
Luisa
taceva
sempre
.
Allora
l
'
altra
cedette
a
quel
gran
prurito
e
buttò
fuori
ogni
cosa
.
Era
andata
dal
cuoco
della
signora
marchesa
,
per
farsi
prestare
delle
uova
,
e
la
signora
marchesa
,
udita
la
sua
voce
,
aveva
voluto
assolutamente
vederla
,
trattenerla
a
chiacchierare
,
e
lei
si
era
sentita
nel
cuore
come
una
ispirazione
del
cielo
che
le
diceva
:
Parla
di
quella
povera
gente
!
Forse
è
il
momento
buono
.
Parla
della
Maria
,
«
de
quel
car
belee
,
de
quel
car
ratin
,
de
quel
car
strafoi
!
»
.
Ah
era
stata
una
ispirazione
del
diavolo
e
non
del
cielo
.
Aveva
cominciato
a
parlarne
,
voleva
dire
quanto
era
bella
,
quanto
era
cara
,
e
quella
gran
meraviglia
di
un
gran
talento
così
spropositato
;
e
lei
,
la
bruttona
,
con
una
faccia
«
che
ghe
disi
nagòtt
»
,
a
interrompere
:
«
Lasci
stare
,
signora
Bianconi
;
so
ch
'
è
molto
male
educata
e
altro
non
può
essere
»
.
Aveva
provato
allora
a
toccare
un
altro
tasto
,
la
disgrazia
del
signor
ingegnere
rimasto
cieco
d
'
un
occhio
.
E
la
marchesa
:
«
Quando
non
si
è
onesti
,
signora
Bianconi
,
il
Signore
castiga
»
.
Qui
la
Peppina
,
guardando
Luisa
,
si
pentì
delle
sue
chiacchiere
,
si
pose
ad
accarezzarla
,
ad
accusarsi
d
'
aver
parlato
,
a
dirle
che
si
desse
pace
.
Luisa
l
'
assicurò
ch
'
era
tranquillissima
,
che
di
nulla
si
sorprendeva
più
da
parte
di
quella
persona
.
La
Peppina
volle
ad
ogni
modo
darle
un
bacio
e
partì
brontolando
fra
sé
molti
«
poer
a
mi
!
»
col
vago
sospetto
di
aver
fatto
,
senza
uova
,
una
gran
frittata
.
Luisa
si
alzò
,
si
voltò
a
guardar
verso
Cressogno
stringendo
il
pugno
.
«
Almeno
uno
scudiscio
!
»
,
pensò
.
«
Almeno
frustarla
!
»
L
'
idea
di
un
incontro
,
la
vecchia
idea
che
l
'
aveva
fatta
balzar
di
passione
quattro
anni
prima
la
sera
del
funerale
di
sua
madre
,
la
stessa
idea
che
le
era
balenata
testé
,
nel
passar
da
Cressogno
,
la
riafferrò
violenta
,
le
fece
dare
un
passo
verso
la
discesa
.
Si
fermò
subito
e
ritornò
lentamente
indietro
,
si
avviò
verso
S
.
Mamette
,
arrestandosi
ogni
tanto
a
riflettere
,
con
la
fronte
scura
e
le
labbra
strette
,
a
sciogliere
qualche
nodo
nella
fila
di
una
tela
che
veniva
tessendo
nel
suo
segreto
.
A
Casarico
andò
dal
professore
per
offrirgli
un
ritrovo
a
casa
sua
con
la
fidanzata
per
l
'
indomani
alle
due
.
Nel
congedarsi
gli
domandò
se
possedesse
ancora
le
carte
Maironi
.
Il
professore
,
meravigliato
della
domanda
inattesa
,
rispose
di
sì
e
ne
aspettava
una
spiegazione
;
ma
Luisa
partì
senz
'
altro
.
Le
premeva
di
esser
a
casa
,
non
potendo
far
conto
per
la
custodia
di
Maria
né
sullo
zio
né
sulla
Cia
e
fidandosi
poco
della
servetta
licenziata
.
Trovò
la
Maria
sul
sagrato
,
sola
,
e
sgridò
la
Veronica
.
Poi
andò
in
camera
,
si
pose
a
scrivere
a
Franco
.
Scriveva
da
cinque
minuti
quando
udì
un
bussar
leggero
alla
finestra
dello
stanzino
attiguo
.
Quella
finestra
guarda
sopra
una
scaletta
che
mette
dal
sagrato
a
certe
stalle
e
quindi
ad
una
scorciatoia
per
Albogasio
Superiore
.
Luisa
andò
nello
stanzino
e
vide
all
'
inferriata
il
viso
rosso
,
scalmanato
della
Pasotti
che
le
fece
segno
di
tacere
e
le
domandò
se
avesse
visite
.
Udito
che
no
,
la
signora
Barborin
diede
due
frettolose
occhiate
in
alto
e
in
basso
,
corse
giù
per
la
scaletta
ed
entrò
in
casa
tutta
trepidante
.
Povera
donna
,
era
in
terreno
proibito
e
non
aveva
in
mente
che
lo
spettro
di
Pasotti
furibondo
.
Pasotti
era
a
Lugano
.
Oh
Signore
,
sì
,
era
a
Lugano
!
Dato
a
Luisa
quest
'
annuncio
,
la
disgraziata
creatura
cominciò
a
stralunar
gli
occhi
e
a
contorcersi
.
Pasotti
era
a
Lugano
per
il
gran
pranzo
dell
'
indomani
,
per
le
provviste
.
Come
,
Luisa
non
sapeva
di
questo
pranzo
?
Non
sapeva
chi
ci
sarebbe
venuto
?
Ma
la
marchesa
,
la
signora
marchesa
Maironi
!
Luisa
trasalì
.
La
Pasotti
fraintese
l
'
espressione
dei
suoi
occhi
,
credette
leggervi
un
rimprovero
e
si
mise
a
piangere
con
le
mani
sul
viso
,
a
dirsi
nelle
mani
,
scotendo
quei
due
poveri
riccioloni
neri
,
che
ci
aveva
una
rabbia
,
una
rabbia
!
Avrebbe
vissuto
un
anno
a
pane
ed
acqua
piuttosto
che
invitar
a
pranzo
la
marchesa
!
Questa
del
pranzo
era
certo
una
gran
croce
per
lei
,
in
causa
di
tanti
pensieri
,
della
fatica
di
preparar
tante
cose
e
delle
tremende
strapazzate
di
Pasotti
;
ma
la
croce
suprema
era
di
far
dispiacere
a
Luisa
!
Almeno
fosse
una
croce
buona
da
offrire
al
Signore
!
Ma
no
,
ci
aveva
troppa
rabbia
.
Era
venuta
apposta
per
dire
alla
sua
cara
Luisa
quanto
soffriva
per
questo
pranzo
.
«
Perdònem
,
Lüisa
»
,
diss
'
ella
con
la
sua
voce
velata
che
pareva
venire
da
una
vecchia
spinetta
chiusa
.
«
Ghe
n
'
impodi
propri
no
,
propri
no
,
propri
no
!
»
Eran
sedute
accanto
sopra
un
canapè
.
La
Pasotti
si
levò
di
tasca
un
fazzolettone
,
se
ne
coperse
gli
occhi
con
una
mano
e
con
l
'
altra
cercò
,
senza
volgere
il
capo
,
quella
di
Luisa
.
Ma
Luisa
si
alzò
,
andò
alla
scrivania
e
scrisse
sopra
un
pezzo
di
carta
:
"
A
che
ora
viene
la
marchesa
?
Che
via
tiene
?
"
.
La
Pasotti
rispose
che
il
pranzo
era
alle
tre
e
mezzo
,
che
la
marchesa
doveva
scendere
verso
le
tre
allo
sbarco
della
Calcinera
,
che
Pasotti
vi
si
sarebbe
trovato
a
riceverla
con
quattro
uomini
e
la
famosa
portantina
che
aveva
servito
nel
secolo
scorso
per
un
arcivescovo
di
Milano
.
Luisa
ascoltò
attentissimamente
ogni
cosa
,
in
silenzio
.
Prima
di
andarsene
,
la
Pasotti
le
disse
che
sarebbe
stata
felice
di
baciare
quel
caro
amore
della
Maria
ma
che
temeva
non
sapesse
poi
tacere
.
Qui
la
buona
donna
si
cacciò
mezzo
il
braccio
sinistro
in
tasca
,
ne
cavò
una
barchetta
di
metallo
,
pregò
Luisa
di
darla
alla
sua
figliuola
nel
nome
di
un
'
altra
vecchia
barca
sdruscita
che
non
voleva
essere
nominata
.
Poi
scappò
giù
per
le
scale
e
scomparve
.
Luisa
tornò
alla
lettera
incominciata
per
Franco
e
dopo
aver
meditato
lungamente
con
la
penna
in
mano
,
la
ripose
senz
'
avervi
scritto
parola
,
prese
le
carte
del
notaio
,
si
mise
a
copiare
.
A
pranzo
non
parlò
mai
.
Il
pranzo
fu
triste
anche
perché
la
Cia
fece
un
'
osservazione
inopportuna
sulla
mancanza
di
formaggio
nella
minestra
che
così
non
poteva
piacere
al
suo
padrone
;
e
il
suo
padrone
s
'
arrabbiò
,
le
disse
ch
'
era
una
fatua
e
che
se
la
minestra
era
senza
formaggio
,
lei
era
senza
sale
.
«
Già
»
,
mormorò
la
Cia
,
«
s
'
arrabbia
solo
con
me
.
»
L
'
argomento
suggeriva
tante
cose
amare
e
inutili
a
dire
che
nessuno
parlò
più
.
Solo
Maria
uscì
,
dopo
qualche
minuto
,
a
osservare
con
una
piccola
aria
di
sapienza
:
«
Perché
non
abbiamo
denari
,
non
è
vero
,
mamma
,
non
bisogna
mettere
il
formaggio
nella
minestra
?
»
.
Sua
madre
la
baciò
e
le
disse
di
tacere
.
La
piccina
tacque
,
contenta
di
se
stessa
.
La
finestra
era
aperta
,
si
udirono
alcune
voci
schiamazzar
forte
nella
strada
verso
la
scalinata
del
Pomodoro
e
Luisa
riconobbe
quella
di
Pasotti
che
certo
ritornava
allora
da
Lugano
con
le
provvigioni
e
parlava
così
forte
apposta
per
farsi
udire
a
casa
Ribera
.
Dopo
pranzo
lo
zio
Piero
sedette
nella
sua
poltrona
,
in
loggia
,
e
si
prese
Maria
sulle
ginocchia
.
Luisa
uscì
sola
in
terrazza
.
In
faccia
al
Bisgnago
dorato
dal
sole
,
la
costiera
della
Valsolda
era
quasi
tutta
nell
'
ombra
.
Lontano
lontano
il
santuario
della
Caravina
brillava
sulla
punta
verde
protesa
oltre
i
sassi
del
Tentiòn
e
gli
oliveti
di
Cressogno
,
fuori
dell
'
ombra
,
nel
lago
ceruleo
.
Luisa
guardava
laggiù
con
una
espressione
di
contentezza
fiera
.
Ah
signor
Pasotti
,
se
il
vostro
pranzo
è
una
vendetta
,
l
'
avete
pensata
male
!
La
sua
risoluzione
era
presa
.
Glielo
offriva
il
destino
questo
incontro
con
la
vecchia
canaglia
!
Non
ebbe
un
dubbio
né
uno
scrupolo
.
La
passione
da
tanto
tempo
concepita
,
accarezzata
e
covata
,
aveva
accumulato
in
lei
quella
forza
che
,
quando
è
piena
,
trasforma
di
colpo
il
pensiero
in
atto
,
per
modo
che
ne
par
tolta
la
responsabilità
dell
'
agente
e
n
'
è
invece
solamente
risospinta
più
indietro
,
ad
un
primo
interno
moto
di
consenso
alla
tentazione
.
Sì
,
l
'
indomani
,
o
allo
sbarco
,
o
sulla
Calcinera
,
o
sul
sagrato
dell
'
Annunciata
ell
'
affronterebbe
la
marchesa
,
con
disprezzo
,
le
romperebbe
la
guerra
in
faccia
,
la
consiglierebbe
di
guardarsi
perché
si
volevano
adoperare
contro
di
lei
tutte
le
legittime
armi
.
Sì
,
le
direbbe
così
e
così
farebbe
,
da
sé
,
da
sola
,
poiché
Franco
non
voleva
.
Se
Franco
aveva
promesso
qualche
cosa
,
ella
non
aveva
promesso
niente
.
Rientrò
in
loggia
,
si
mise
a
discorrere
con
lo
zio
,
a
scherzare
con
Maria
,
più
allegramente
che
non
avesse
fatto
da
molti
mesi
.
Più
tardi
scrisse
un
biglietto
all
'
amico
avvocato
V
.
pregandolo
di
venire
appena
gli
fosse
possibile
.
Voleva
saper
da
lui
come
avrebbe
potuto
usare
delle
carte
possedute
dal
Gilardoni
.
Quindi
si
rimise
a
copiare
per
il
notaio
di
Porlezza
.
Maria
non
era
contenta
di
tanto
scrivere
che
faceva
la
mamma
;
però
,
quando
la
mamma
le
disse
che
scriveva
per
mettere
il
formaggio
nella
minestra
dello
zio
,
s
'
affrettò
a
dire
:
«
e
anche
nella
mia
,
non
è
vero
,
mamma
?
»
.
Appena
fu
posta
a
letto
,
vedendo
che
la
mamma
tornava
a
scrivere
,
le
venne
in
mente
di
chiedere
se
la
nonna
di
Cressogno
avesse
il
formaggio
nella
minestra
.
«
Ne
ha
troppo
»
,
rispose
Luisa
,
«
e
bisogna
cavarglielo
perché
non
le
faccia
male
.
»
«
Oh
no
,
cavarglielo
,
poveretta
!
»
«
Taci
,
dormi
.
»
Ma
la
bambina
non
si
addormentò
.
Dopo
un
pezzetto
parve
a
Luisa
di
udirla
piangere
.
Si
alzò
,
andò
a
vedere
.
Piangeva
veramente
,
sottovoce
.
«
Cos
'
hai
?
»
«
Il
papà
!
»
,
singhiozzò
la
povera
piccina
.
«
Il
mio
papà
!
»
«
Verrà
,
cara
,
verrà
presto
il
tuo
papà
.
Dormi
e
fa
un
bel
sogno
che
viene
papà
insieme
col
Re
Vittorio
Emanuele
e
che
la
mamma
e
la
Cia
fanno
un
gran
risotto
,
che
ti
piace
tanto
,
e
che
tu
dici
:
viva
il
Re
!
e
che
il
Re
dice
:
niente
affatto
,
viva
invece
Ombretta
Pipì
e
il
suo
papà
!
Fa
questo
sogno
,
sai
.
»
«
Sì
,
mamma
,
sì
.
»
L
'
indomani
il
professore
Beniamino
capitò
a
Oria
un
'
ora
prima
di
quella
che
Luisa
gli
aveva
indicato
.
Dopo
il
sì
di
Ester
l
'
uomo
era
trasfigurato
.
Pareva
molto
più
giovane
di
prima
.
Il
colore
giallognolo
della
sua
pelle
,
irradiato
da
una
rosea
luce
interiore
,
era
scomparso
quasi
del
tutto
,
non
gli
si
vedeva
più
che
sul
cranio
dove
Luisa
si
attendeva
che
tornassero
a
spuntare
,
un
giorno
o
l
'
altro
,
i
capelli
.
Egli
non
camminava
,
non
respirava
più
come
prima
.
Il
passo
e
il
respiro
erano
sempre
inquieti
,
nervosi
,
rotti
da
sussulti
che
rispondevano
al
balenar
d
'
immagini
,
Dio
sa
di
quali
immagini
,
sotto
quel
cranio
lucido
.
Gli
occhi
non
è
a
dire
come
brillassero
.
Solo
quando
guardavano
Ester
si
stringevano
,
si
velavano
di
una
tenerezza
pia
,
come
se
il
professore
avesse
avuto
paura
d
'
incenerire
la
diletta
saettandole
addosso
senza
precauzioni
tutto
il
fuoco
dell
'
anima
.
Esser
guardata
a
quel
modo
non
piaceva
a
Ester
;
e
Luisa
,
la
consigliera
del
professore
,
ebbe
il
coraggio
di
dirgli
che
non
bisognava
guardar
la
sua
fidanzata
stringendo
gli
occhi
come
fanno
i
cani
affettuosi
.
Il
pover
uomo
promise
che
avrebbe
cercato
di
non
farlo
più
e
lo
fece
ancora
.
Luisa
era
sempre
il
suo
nume
tutelare
,
l
'
oracolo
che
interrogava
persino
per
sapere
come
dovesse
comportarsi
nei
colloqui
con
la
fidanzata
.
Nella
sua
umiltà
egli
era
felice
di
venir
accettato
per
un
sentimento
di
stima
.
Pensare
ch
'
Ester
potesse
amarlo
d
'
amore
gli
pareva
una
presunzione
ridicola
.
Per
questo
egli
temeva
sempre
di
sbagliare
,
con
lei
,
di
offenderla
.
Un
dubbio
che
lo
tormentava
era
questo
:
sarebbe
o
non
sarebbe
da
arrischiare
un
bacio
?
Appena
venutogli
questo
dubbio
,
l
'
aveva
sottoposto
a
Luisa
e
Luisa
,
la
sapienza
incarnata
,
gli
aveva
risposto
:
«
No
,
adesso
è
troppo
presto
.
Bisogna
che
il
primo
bacio
non
venga
né
troppo
presto
né
troppo
tardi
»
.
La
possibilità
del
«
troppo
tardi
»
parve
terribile
e
insopportabile
al
professore
,
il
quale
,
ne
'
suoi
colloqui
con
l
'
oracolo
,
dopo
averlo
consultato
su
cento
diverse
cose
,
capitava
regolarmente
ogni
volta
alla
domanda
fatale
:
«
E
sto
basìn
?
»
.
Luisa
in
parte
ci
si
divertiva
per
la
sua
propensione
a
cogliere
il
comico
anche
nelle
persone
cui
voleva
bene
;
in
parte
dubitava
realmente
di
una
ripugnanza
fisica
che
si
manifestasse
in
Ester
,
data
l
'
occasione
,
con
violenza
e
mandasse
tutto
a
monte
.
Ella
si
accorse
,
per
fortuna
,
che
il
professore
pareva
sempre
meno
brutto
alla
sua
fidanzata
.
Perciò
quando
lo
vide
comparire
così
per
tempo
,
sapendo
che
più
tardi
lo
avrebbe
lasciato
solo
con
Ester
per
andare
a
incontrar
la
nonna
,
le
venne
subito
in
mente
che
quello
poteva
essere
il
giorno
del
«
basìn
»
.
Ma
il
professore
si
presentò
tutto
accigliato
.
Aveva
cattive
notizie
.
A
San
Mamette
si
diceva
che
fosse
stato
arrestato
e
condotto
a
Como
il
medico
di
Pellio
,
che
gli
avessero
trovato
lettere
e
note
compromettenti
per
altre
persone
fra
le
quali
si
nominava
don
Franco
Maironi
.
«
Per
Franco
non
ho
angustie
»
,
disse
Luisa
.
«
Del
resto
,
senta
,
professore
:
vuol
dire
che
porremo
nel
conto
dell
'
imperatore
d
'
Austria
anche
il
dottore
di
Pellio
ch
'
è
bello
grosso
e
pesa
un
mucchio
di
libbre
,
ma
non
pensiamo
a
malinconie
in
un
giorno
come
questo
.
Oggi
e
il
giorno
del
Suo
basìn
.
»
«
Ah
sì
?
Ah
sì
?
»
,
fece
il
professore
tutto
rosso
e
ansante
.
«
Dice
davvero
,
signora
Luisina
?
Dice
davvero
?
»
Sì
,
ell
'
aveva
parlato
sul
serio
.
Gli
spiegò
che
se
Ester
veniva
come
aveva
detto
,
alle
due
,
li
avrebbe
,
dopo
una
mezz
'
ora
,
lasciati
soli
.
In
loggia
c
'
era
sempre
lo
zio
ma
non
conveniva
seccarlo
.
Potevano
restare
in
sala
.
«
E
allora
,
con
buon
garbo
,
si
fa
il
colpo
»
,
diss
'
ella
.
«
Ma
prima
io
voglio
avere
da
Lei
una
promessa
.
»
«
Che
promessa
?
»
«
Mi
occorrono
le
famose
carte
.
»
«
Quando
vorrà
.
»
«
Guardi
che
le
domando
io
,
non
Franco
.
»
«
Sì
,
sì
,
quello
che
Lei
fa
è
tutto
bene
.
Domani
Le
porterò
le
carte
.
»
«Bravo.»
Luisa
discorreva
con
la
sua
calza
fra
le
mani
,
sferruzzando
sempre
,
con
un
'
apparenza
di
tranquillità
ilare
che
non
riusciva
a
coprir
del
tutto
la
sovreccitazione
interna
,
predisposta
dal
giorno
prima
,
cresciuta
coll
'
insonnia
,
crescente
a
misura
che
si
avvicinava
il
momento
di
partire
.
Nello
stesso
tono
scherzoso
della
sua
voce
vibrava
una
corda
insolita
.
Ne
'
suoi
capelli
,
sempre
correttissimi
,
era
un
'
ombra
di
disordine
,
come
il
tocco
di
un
lieve
soffio
che
le
avesse
sfiorato
la
fronte
.
Il
professore
non
si
accorse
di
nulla
e
andò
in
loggia
a
discorrere
con
l
'
ingegnere
,
a
prendere
consiglio
anche
da
lui
per
una
darsena
che
intendeva
costruire
in
capo
al
suo
giardino
onde
potervi
tenere
una
barchetta
.
Maria
era
pure
in
loggia
e
pigliò
molto
interesse
a
questa
futura
barchetta
del
signor
Ladroni
.
Gli
raccontò
che
ne
possedeva
una
anche
lei
,
corse
a
prenderla
per
fargliela
vedere
e
il
professore
scherzò
,
la
pregò
di
accompagnarlo
a
Lugano
con
la
sua
barca
.
«
Sei
troppo
grande
,
tu
!
»
,
diss
'
ella
.
«
La
mia
bambola
sì
che
la
condurrò
a
spasso
in
barca
!
»
«
Ma
cosa
mai
!
»
,
fece
lo
zio
.
«
Quella
barca
lì
è
buona
per
andare
al
fondo
.
»
«
No
!
»
«
Sì
!
»
Ombretta
si
impazientì
e
corse
in
camera
per
provar
la
barchetta
nel
catino
,
ma
nel
catino
non
c
'
era
acqua
e
la
piccina
ritornò
in
sala
mogia
mogia
,
con
la
sua
barchetta
in
braccio
,
e
non
andò
più
dallo
zio
.
Ester
capitò
al
tocco
e
tre
quarti
.
Disse
che
aveva
udito
il
tuono
e
che
perciò
era
venuta
prima
.
Il
tuono
?
Luisa
uscì
subito
sulla
terrazza
a
guardar
il
cielo
.
Minacce
grosse
non
ne
vide
.
Sopra
il
Picco
di
Cressogno
e
sopra
la
Galbiga
il
cielo
era
tutto
sereno
fino
ai
monti
del
lago
di
Como
.
Dall
'
altra
parte
,
sopra
Carona
,
sì
,
era
scuro
,
ma
non
poi
tanto
.
Se
la
marchesa
non
venisse
per
paura
del
tempo
!
Prese
il
piccolo
vecchio
cannocchiale
che
stava
sempre
in
loggia
.
Non
si
vedeva
niente
.
Già
,
era
troppo
presto
.
Per
arrivare
alla
Calcinera
alle
tre
,
la
marchesa
,
colla
pesante
gondola
,
doveva
partire
verso
le
due
e
mezzo
;
Luisa
ritornò
in
sala
dov
'
erano
Ester
,
il
professore
e
Maria
.
Avrebbe
preferito
che
Maria
restasse
in
loggia
con
lo
zio
,
ma
la
signorina
Ombretta
,
quando
veniva
gente
,
si
appiccicava
sempre
a
sua
madre
,
stava
lì
tutta
occhi
,
tutta
orecchi
.
Luisa
pensò
che
al
momento
di
partire
l
'
avrebbe
mandata
via
e
intanto
la
tenne
con
sé
.
Già
,
i
fidanzati
stavan
da
parte
e
discorrevano
quasi
sottovoce
.
Alle
due
Luisa
uscì
ancora
sulla
terrazza
,
guardò
col
cannocchiale
se
per
caso
la
gondola
spuntasse
al
Tentiòn
.
La
marchesa
poteva
forse
anticipare
,
per
il
cattivo
tempo
.
Nulla
.
Guardò
poi
a
ponente
.
Il
cielo
non
era
più
scuro
di
prima
.
Solamente
,
fra
il
monte
Bisgnago
e
il
monte
Caprino
,
sopra
la
leggera
insenatura
che
chiamano
la
Zocca
d
'
i
Ment
,
era
fumato
su
dalla
Vall
'
Intelvi
e
si
affacciava
fermo
un
nuvolone
azzurrognolo
,
sinistro
come
un
sopracciglio
aggrottato
sopra
un
occhio
cieco
.
Pareva
aver
veduto
il
branco
dei
compagni
torvi
che
si
affacciavano
al
lago
sopra
Carona
e
voler
essere
della
partita
anche
lui
.
Luisa
cominciò
a
sentirsi
inquieta
,
ad
aver
paura
che
la
marchesa
non
venisse
.
Andò
in
giardinetto
a
guardar
il
Boglia
.
Il
Boglia
non
aveva
che
nuvole
bianche
,
leggere
.
Ritornò
in
sala
e
trovò
Maria
piantata
davanti
al
professore
e
ad
Ester
,
che
ridevano
,
molto
rossi
in
viso
,
l
'
uno
e
l
'
altra
.
«
Sei
malata
?
»
,
aveva
detto
la
piccina
ad
Ester
.
«
No
;
perché
?
»
«
Perché
vedo
che
ti
tasta
il
polso
.
»
Le
cose
erano
avviate
bene
,
pareva
.
Luisa
portò
via
la
piccina
,
le
proibì
di
avvicinarsi
mai
più
a
quei
signori
.
Un
momento
dopo
passò
lo
zio
Piero
,
disse
che
andava
di
sopra
a
scrivere
alcune
lettere
e
avvertì
Luisa
di
badare
alle
finestre
della
loggia
,
perché
veniva
un
temporale
.
«
Addio
,
signorina
Ombretta
!
»
,
diss
'
egli
.
«
Addio
,
signor
Pipì
»
,
rispose
la
bambina
,
petulante
.
Egli
se
ne
andò
,
ridendo
.
Luisa
,
che
ormai
durava
fatica
a
star
ferma
,
uscì
per
la
terza
volta
sulla
terrazza
,
guardò
col
cannocchiale
.
Il
cuore
le
diede
un
balzo
;
la
gondola
spuntava
al
Tentiòn
.
Erano
le
due
e
un
quarto
.
Una
persona
che
veniva
da
Albogasio
s
'
era
fermata
a
discorrere
sul
sagrato
con
qualcuno
che
scendeva
dalla
scaletta
sul
fianco
di
casa
Ribera
.
Diceva
:
«
È
passata
giù
in
questo
momento
col
signor
Pasotti
,
la
portantina
.
C
'
era
dietro
una
quantità
di
ragazzi
»
.
Il
cielo
era
coperto
,
adesso
,
anche
sul
Picco
di
Cressogno
e
sulla
Galbiga
.
Solo
i
monti
del
lago
di
Como
avevano
ancora
un
po
'
di
sole
.
La
minaccia
del
furioso
vento
temporalesco
che
in
Valsolda
si
chiama
caronasca
si
era
fatta
più
seria
.
Sopra
Carona
il
color
delle
nuvole
andava
confondendosi
a
quello
dei
monti
.
Il
nuvolone
della
Zocca
d
'
i
Ment
era
diventato
turchino
cupo
e
anche
il
Boglia
cominciava
ad
aggrottar
le
ciglia
.
Il
lago
era
immobile
,
plumbeo
.
Luisa
aveva
stabilito
di
partire
quando
la
gondola
fosse
arrivata
in
faccia
a
S
.
Mamette
.
Ritornò
in
sala
.
Maria
le
aveva
obbedito
in
parte
,
non
s
'
era
mossa
dal
suo
posto
,
ma
vedendo
che
il
professore
faceva
ad
Ester
un
discorso
lungo
e
animato
,
gli
aveva
chiesto
:
«
Le
racconti
una
storia
?
»
In
quel
punto
entrò
Luisa
.
«
Sì
,
cara
»
,
fece
Ester
ridendo
,
«
mi
racconta
una
storia
.
»
«
Oh
anche
a
me
,
anche
a
me
!
»
Un
sordo
fragor
di
tuono
.
«
Va
'
,
Maria
,
cara
»
,
disse
Ester
.
«
Va
'
nella
tua
camera
,
va
a
pregar
il
Signore
che
non
venga
un
brutto
temporale
,
una
brutta
grandine
!
»
«
Oh
,
sì
,
sì
,
vado
a
pregar
il
Signore
!
»
La
piccina
se
n
'
andò
,
con
la
sua
barchetta
,
nella
camera
dell
'
alcova
,
impettita
e
seria
,
come
se
in
quel
momento
la
salvezza
della
Valsolda
dipendesse
da
lei
.
La
preghiera
,
per
lei
,
era
sempre
una
cosa
solenne
,
era
un
contatto
col
mistero
,
che
le
faceva
prendere
un
'
aria
grave
e
attenta
come
certe
storie
d
'
incantesimi
e
di
magie
.
Ella
salì
sopra
una
sedia
,
disse
le
poche
orazioni
che
sapeva
e
poi
si
atteggiò
come
vedeva
atteggiarsi
in
chiesa
le
più
devote
del
paese
,
si
mise
a
muover
le
labbra
com
'
esse
,
a
dire
una
preghiera
senza
parole
.
Colui
che
allora
l
'
avesse
veduta
conoscendo
il
terribile
segreto
dell
'
ora
imminente
avrebbe
pensato
che
l
'
angelo
della
bambina
fosse
in
quel
momento
supremo
accanto
a
lei
e
le
sussurrasse
di
pregare
per
qualche
altra
cosa
che
i
vigneti
e
gli
uliveti
della
Valsolda
,
per
qualche
altra
cosa
più
a
lei
vicina
,
ch
'
egli
non
diceva
,
ch
'
ella
non
sapeva
e
non
poteva
mettere
in
parole
:
avrebbe
pensato
che
negl
'
inarticolati
bisbigli
di
lei
vi
fosse
un
riposto
senso
tenero
e
tragico
,
il
docile
abbandono
di
un
'
anima
dolce
ai
consigli
dell
'
angelo
suo
,
al
voler
misterioso
di
Dio
.
Alle
due
e
mezzo
i
nuvoloni
torvi
di
Carona
diedero
un
altro
tuono
cupo
a
cui
subito
risposero
gli
altri
nuvoloni
del
Boglia
e
della
Zocca
d
'
i
Ment
.
Luisa
corse
sulla
terrazza
.
La
gondola
era
in
faccia
a
S
.
Mamette
e
veniva
dritta
alla
Calcinera
.
Si
vedevano
benissimo
i
barcaiuoli
far
forza
di
remi
.
Mentre
Luisa
posava
il
cannocchiale
,
il
primo
colpo
di
vento
strepitò
per
la
loggia
sbattendo
usci
,
vetri
e
imposte
.
Atterrita
all
'
idea
di
indugiarsi
troppo
,
Luisa
chiuse
in
fretta
e
in
furia
,
passò
correndo
per
la
sala
,
tolse
l
'
ombrello
,
uscì
senz
'
avvertir
nessuno
,
senza
chiuder
la
porta
di
casa
e
prese
la
via
di
Albogasio
Inferiore
.
Passato
il
cimitero
,
nel
luogo
che
chiamano
Mainè
,
incontrò
Ismaele
.
«
Dove
la
va
,
sciora
Lüisa
,
con
sto
temp
?
»
Luisa
rispose
che
andava
ad
Albogasio
e
passò
oltre
.
Dopo
cento
passi
le
venne
in
mente
che
non
aveva
avvertito
la
Veronica
della
sua
partenza
,
che
non
le
aveva
detto
di
chiuder
le
finestre
nella
camera
da
letto
e
di
badare
a
Maria
.
Pensò
di
mandarglielo
a
dire
da
Ismaele
.
Egli
era
già
scomparso
dietro
la
svolta
del
Camposanto
.
Si
sentì
nel
cuore
un
impulso
a
tornar
indietro
ma
non
c
'
era
tempo
.
Il
rombo
del
tuono
era
continuo
,
radi
goccioloni
battevano
qua
e
là
sul
granturco
,
colpi
di
vento
stormivano
per
i
gelsi
,
a
intervalli
,
precorrendo
i
turbini
della
caronasca
.
Luisa
aperse
l
'
ombrello
e
affrettò
il
passo
.
La
furia
della
pioggia
la
colse
nelle
viuzze
scure
d
'
Albogasio
.
Non
pensò
a
riparar
dentro
una
porta
,
andò
avanti
imperterrita
.
Incontrò
una
frotta
di
ragazzi
che
scappavano
dalla
pioggia
dopo
aver
inutilmente
atteso
sul
sagrato
dell
'
Annunciata
il
passaggio
della
marchesa
in
portantina
.
Nel
breve
tratto
di
via
ch
'
è
tra
la
casa
comunale
di
Albogasio
e
la
chiesa
,
il
vento
le
rovesciò
l
'
ombrello
.
Ella
si
mise
a
correre
,
raggiunse
quella
lista
di
sagrato
che
guarda
,
dietro
la
chiesa
,
sulla
cala
della
Calcinera
.
Là
,
protetta
dalla
chiesa
contro
l
'
impeto
della
pioggia
e
del
vento
,
raddrizzò
alla
meglio
l
'
ombrello
e
si
affacciò
al
parapetto
.
La
chiesa
dell
'
Annunciata
posa
sulla
testa
d
'
uno
scoglio
che
dalle
radici
del
Boglia
sporge
,
male
avviluppato
di
rovi
e
di
caprifichi
,
sopra
il
lago
e
chiude
da
ponente
la
piccola
cala
della
Calcinera
.
La
lista
di
sagrato
dov
'
era
Luisa
corre
appunto
su
quel
ciglio
dello
scoglio
.
Ell
'
avrebbe
potuto
seguir
di
lassù
il
cammino
della
gondola
dalle
acque
di
Cressogno
fino
allo
sbarco
;
ma
ora
,
infuriando
l
'
acquazzone
,
un
baglior
bianco
le
nascondeva
ogni
cosa
.
Però
se
la
marchesa
non
ritornava
a
Cressogno
,
doveva
pure
,
in
qualunque
punto
approdasse
,
passar
poi
di
là
,
perché
lì
,
dov
'
è
l
'
attacco
dello
scoglio
sporgente
con
la
costa
,
monta
sul
sagrato
la
scalinata
della
Calcinera
,
unica
via
per
salire
ad
Albogasio
Superiore
sì
dallo
sbarco
sottoposto
che
da
S
.
Mamette
o
da
Casarico
o
da
Cadate
.
In
pochi
minuti
la
violenza
dell
'
acquazzone
diminuì
,
i
foschi
fantasmi
delle
montagne
cominciarono
a
disegnarsi
nel
fondo
bianco
.
Luisa
guardò
giù
allo
sbarco
.
Non
v
'
era
gondola
,
non
v
'
era
portantina
sulla
riva
,
non
v
'
era
niente
.
Questo
le
diede
noia
.
Possibile
che
la
gondola
fosse
ritornata
a
Cressogno
?
Il
fumo
si
diradò
rapidamente
,
apparve
Cadate
,
apparve
sulla
bocca
della
darsena
del
Palazz
,
bianco
nella
nebbiolina
grigia
,
la
poppa
della
gondola
.
Ecco
,
la
marchesa
si
era
rifugiata
al
Palazz
e
così
aveva
fatto
anche
Pasotti
con
la
sua
portantina
e
i
portatori
.
Il
temporale
si
poteva
dir
cessato
,
la
portantina
non
tarderebbe
a
comparire
.
Invece
tardò
dieci
lunghi
minuti
.
Luisa
teneva
fissi
gli
occhi
sulla
stradicciuola
che
svolta
da
Cadate
nel
seno
della
Calcinera
.
Non
vi
era
dentro
a
lei
nessun
movimento
di
pensieri
.
Tutta
l
'
anima
sua
guardava
e
aspettava
;
niente
altro
.
Della
gente
le
passò
a
sinistra
salendo
dalla
Calcinera
o
venendo
da
Albogasio
;
ogni
volta
ella
si
coperse
piegando
l
'
ombrello
,
per
non
esser
conosciuta
o
almeno
per
evitar
saluti
e
conversazioni
.
Finalmente
un
gruppo
di
persone
comparve
sulla
svolta
.
Luisa
distinse
la
portantina
,
dietro
la
portantina
Pasotti
e
don
Giuseppe
,
poi
,
ultimi
,
i
due
barcaiuoli
della
marchesa
.
Non
si
mosse
ancora
,
seguì
con
gli
occhi
la
portantina
che
avanzava
molto
lentamente
e
chiuse
l
'
ombrello
perché
non
pioveva
quasi
più
.
Ricomparvero
cinque
o
sei
ragazzi
d
'
Albogasio
.
Ella
disse
loro
bruscamente
di
andarsene
.
Indugiavano
a
obbedire
ma
un
improvviso
scroscio
di
pioggia
,
senza
vento
né
tuoni
,
li
pose
in
fuga
.
La
portantina
toccava
allora
il
piede
della
scalinata
.
Luisa
si
mosse
.
Aveva
l
'
occhio
freddo
,
la
persona
eretta
.
Raccolta
in
un
solo
pensiero
,
disprezzò
la
pioggia
scrosciante
che
le
batteva
sul
capo
e
sulle
spalle
,
che
la
cingeva
d
'
un
torbido
velo
e
di
strepito
.
Le
piaceva
,
forse
,
quella
passione
delle
cose
intorno
alla
sua
propria
.
Discendeva
lenta
lenta
,
con
l
'
ombrello
chiuso
,
stringendone
forte
il
manico
,
come
fosse
stato
la
impugnatura
d
'
un
'
arma
.
La
scalinata
è
un
po
'
tortuosa
,
bisogna
scendere
alquanti
scalini
prima
di
vederne
il
fondo
.
Giunta
sulla
svolta
,
scorse
la
portantina
,
ferma
.
I
due
barcaiuoli
pigliavano
il
posto
di
due
portatori
.
Luisa
discese
fin
dove
si
spandono
sopra
la
scalinata
i
rami
d
'
un
gran
noce
.
Lì
si
fermò
,
proprio
nel
momento
in
cui
i
portatori
della
marchesa
cominciavano
a
salire
.
Tutto
andava
bene
.
Pasotti
e
don
Giuseppe
,
salendo
dietro
la
portantina
con
l
'
ombrello
aperto
,
non
potevano
vederla
.
I
portatori
,
giunti
che
fossero
a
lei
,
bisognava
che
si
fermassero
,
che
si
facessero
da
banda
per
lasciarle
il
passo
.
Quando
si
avvicinarono
,
riconobbe
i
due
ch
'
erano
alla
testa
della
portantina
,
un
fratello
d
'
Ismaele
e
un
cugino
della
Veronica
.
A
quattro
passi
accennò
loro
,
con
un
gesto
imperioso
,
di
fermarsi
.
Obbedirono
immediatamente
,
posarono
la
portantina
a
terra
e
così
fecero
,
senza
saperne
il
perché
,
i
due
portatori
che
seguivano
.
Pasotti
alzò
l
'
ombrello
,
vide
Luisa
,
fece
un
atto
di
sorpresa
,
un
cipiglio
nero
;
afferrò
don
Giuseppe
,
lo
trasse
da
banda
per
lasciarla
passare
,
non
sospettando
che
l
'
incontro
fosse
premeditato
.
Ma
Luisa
non
si
mosse
.
«
Ella
non
credeva
incontrarmi
,
signor
Pasotti
»
,
disse
a
voce
alta
.
La
marchesa
mise
il
capo
fuori
,
la
ravvisò
,
si
ritrasse
dicendo
con
qualche
vigor
nuovo
nella
sua
voce
floscia
:
«
Avanti
!
»
In
quel
momento
partirono
dall
'
alto
del
sagrato
acute
,
disperate
grida
:
«
Sciora
Lüisa
!
Sciora
Lüisa
!
»
.
Luisa
non
udì
.
Pasotti
aveva
irosamente
gridato
ai
portatori
«
avanti
!
»
e
i
portatori
riprendevano
le
stanghe
.
«
Avanti
pure
!
»
,
diss
'
ella
,
risoluta
di
mettersi
a
fianco
della
portantina
.
«
Non
ho
a
dire
che
due
parole
.
»
Se
Pasotti
e
la
vecchia
marchesa
avevano
prima
immaginato
lagrime
e
suppliche
,
dovettero
attendersi
allora
dal
fiero
viso
e
dalla
vibrante
voce
ben
altro
.
«
Parole
,
adesso
?
»
,
fece
Pasotti
avanzandosi
quasi
minaccioso
.
«
Sciora
Lüisa
!
Sciora
Luisa
!
»
,
si
gridò
da
vicino
con
accento
di
strazio
;
e
venne
con
le
grida
un
rumor
di
passi
precipitosi
.
Ma
Luisa
non
parve
udir
niente
.
«
Sì
,
adesso
!
»
,
rispose
a
Pasotti
con
alterezza
inesprimibile
.
«
Io
avverto
,
per
mia
bontà
,
questa
signora
...
»
«
Sciora
Lüisa
!
»
Ella
dovette
pure
interrompersi
e
voltarsi
.
Due
,
tre
,
quattro
donne
le
furono
addosso
,
stravolte
,
scarmigliate
,
singhiozzanti
:
«
Che
La
vegna
a
cà
subet
!
Che
La
vegna
a
cà
subet
!
»
.
Le
facce
,
i
pianti
,
le
voci
la
strapparon
d
'
un
colpo
fuori
della
sua
passione
,
del
suo
proposito
.
Si
avventò
fra
quelle
donne
esclamando
:
«
Cosa
c
'
è
?
»
.
Ed
esse
sapevano
solo
ripetere
con
gli
occhi
schizzanti
dall
'
orbita
:
«
Che
La
vegna
a
cà
!
Che
La
vegna
a
cà
!
»
.
«
Ma
cosa
c
'
è
,
stupide
?
»
«
La
Soa
tosa
,
la
Soa
tosa
!
»
Ella
gridò
come
pazza
:
«
La
Maria
?
La
Maria
?
Cosa
?
Cosa
?
»
,
udì
fra
i
singhiozzi
nominar
il
lago
,
cacciò
uno
strido
e
,
apertasi
la
via
come
una
fiera
,
si
slanciò
su
per
la
scalinata
.
Quelle
donne
non
poterono
tenerle
dietro
,
ma
sul
sagrato
ce
ne
erano
altre
,
malgrado
la
pioggia
,
che
strillavano
e
piangevano
.
Luisa
si
sentì
mancare
,
precipitò
a
terra
sull
'
ultimo
scalino
.
Le
donne
accorsero
a
lei
,
dieci
mani
la
presero
,
la
sollevarono
.
Urlò
:
«
Dio
,
è
morta
?
»
.
Qualcuno
rispose
:
«
No
,
no
!
»
.
«
Il
medico
?
»
,
diss
'
ella
ansando
.
«
Il
medico
?
»
.
Molte
voci
risposero
che
c
'
era
.
Ella
parve
riaver
tutta
la
sua
energia
,
riprese
lo
slancio
e
la
corsa
.
Otto
o
dieci
persone
si
precipitarono
dietro
a
lei
.
Due
sole
poterono
seguirla
.
Volava
.
Al
cimitero
incontrò
Ismaele
e
un
altro
,
gridò
appena
li
vide
:
«
È
viva
?
È
viva
?
»
.
Il
compagno
d
'
Ismaele
ritornò
indietro
di
corsa
per
andar
ad
avvertire
che
la
madre
veniva
.
Ismaele
piangeva
,
seppe
solamente
rispondere
:
«
Esüsmaria
,
sciora
Luisa
!
»
,
e
fece
atto
di
trattenerla
.
Luisa
lo
urtò
freneticamente
via
,
passò
oltre
,
seguita
da
lui
che
aveva
perduta
la
testa
e
adesso
le
gridava
dietro
,
correndo
:
«
L
'
è
forsi
nient
!
l
'
è
forsi
nient
!
»
.
Pareva
che
la
pioggia
dirotta
,
continua
,
eguale
,
lo
smentisse
piangendo
.
Giunta
ansante
sul
sagrato
di
Oria
,
Luisa
ebbe
ancora
la
forza
di
gridare
:
«
Maria
!
Maria
mia
!
»
.
La
finestra
dell
'
alcova
era
aperta
.
Udì
la
Cia
che
piangeva
ed
Ester
che
la
sgridava
.
Alcune
persone
fra
le
quali
il
professor
Gilardoni
le
uscirono
incontro
.
Il
professore
teneva
le
mani
giunte
e
piangeva
silenziosamente
,
pallido
come
un
cadavere
.
Gli
altri
bisbigliavano
:
«
Coraggio
!
Speriamo
!
»
.
Ella
fu
per
cadere
,
esausta
.
Il
professore
le
cinse
la
vita
con
un
braccio
,
la
trasse
su
per
le
scale
che
eran
gremite
di
gente
,
come
pure
il
corridoio
,
al
primo
piano
.
Luisa
passò
,
quasi
portata
di
peso
,
fra
voci
affannose
di
conforto
:
«
Coraggio
,
coraggio
!
Chi
sa
!
Chi
sa
!
»
.
All
'
entrata
della
camera
dell
'
alcova
,
si
sciolse
dal
braccio
del
professore
,
entrò
sola
.
Avevan
dovuto
accendere
il
lume
perché
nell
'
alcova
,
causa
la
pioggia
,
faceva
scuro
.
La
povera
dolce
Ombretta
posava
nuda
sul
letto
cogli
occhi
semiaperti
e
la
bocca
pure
semiaperta
.
Il
viso
era
leggermente
roseo
,
le
labbra
nerastre
,
il
corpo
di
una
lividezza
cadaverica
.
Il
dottore
,
aiutato
da
Ester
,
tentava
la
respirazione
artificiale
,
portando
le
piccole
braccia
sopra
il
capo
e
lungo
i
fianchi
,
alternativamente
;
facendo
pressioni
sull
'
addome
.
«
Dottore
?
Dottore
?
»
,
singhiozzò
Luisa
.
«
Facciamo
il
possibile
»
,
rispose
il
dottore
,
grave
.
Ella
precipitò
col
viso
sui
piedi
gelati
della
sua
creatura
,
li
coperse
di
baci
forsennati
.
Allora
Ester
fu
presa
da
un
tremito
.
«
No
no
!
»
,
fece
il
dottore
.
«
Coraggio
,
coraggio
!
»
«
A
me
»
,
esclamò
Luisa
.
Il
dottore
l
'
arrestò
con
un
gesto
e
fece
segno
ad
Ester
di
sostare
.
Si
chinò
sul
visino
di
Maria
,
le
mise
la
bocca
sulla
bocca
,
respirò
più
volte
profondamente
,
si
rialzò
.
«
Ma
è
rosea
,
è
rosea
!
»
,
sussurrò
Luisa
ansando
.
Il
dottore
sospirò
in
silenzio
,
accese
un
cerino
,
lo
accostò
alle
labbra
di
Maria
.
Tre
o
quattro
donne
che
pregavano
ginocchioni
si
alzarono
,
si
accostarono
al
letto
palpitanti
,
trattenendo
il
respiro
.
L
'
uscio
della
sala
era
aperto
;
altri
volti
si
affacciarono
di
là
,
silenziosi
,
intenti
.
Luisa
,
inginocchiata
accanto
al
letto
,
teneva
gli
occhi
fissi
alla
fiamma
.
Una
voce
mormorò
:
«
Si
muove
»
.
Ester
,
dritta
dietro
Luisa
,
scosse
il
capo
.
Il
dottore
spense
il
cerino
.
«
Lana
calda
!
»
,
diss
'
egli
.
Luisa
si
precipitò
fuori
e
il
dottore
riprese
i
movimenti
delle
braccia
.
Poi
,
quando
Luisa
ritornò
con
la
lana
riscaldata
,
egli
da
un
lato
,
ella
dall
'
altro
si
diedero
a
strofinar
forte
il
petto
e
il
ventre
della
piccina
.
Dopo
un
po
'
,
vedendo
il
pallore
,
il
viso
contraffatto
di
Luisa
,
il
medico
fece
segno
ad
una
ragazza
di
pigliarne
il
posto
.
«
Ceda
,
ceda
»
,
diss
'
egli
perché
Luisa
aveva
fatto
un
gesto
di
protesta
.
«
Sono
stanco
anch
'
io
.
Non
è
possibile
.
»
Luisa
scosse
il
capo
senza
parlare
continuando
l
'
opera
sua
con
energia
convulsa
.
Il
dottore
alzò
silenziosamente
le
spalle
e
le
sopracciglia
,
cedette
il
proprio
posto
alla
ragazza
e
ordinò
a
Ester
di
far
riscaldare
dell
'
altra
lana
per
coprirne
le
gambe
della
bambina
.
Ester
andò
,
fece
lei
,
perché
la
Veronica
,
appena
successo
il
caso
,
era
sparita
,
non
si
trovava
più
.
Nel
corridoio
e
sulle
scale
la
gente
discuteva
il
fatto
,
il
come
,
il
dove
.
Quando
passò
Ester
tutti
le
domandarono
:
«
E
così
?
E
così
?
»
.
Ester
fece
un
gesto
sconsolato
,
passò
senza
rispondere
.
Poi
le
discussioni
ricominciarono
a
mezza
voce
.
Non
si
sapeva
per
quanto
tempo
la
bambina
fosse
rimasta
nell
`
acqua
.
Durante
la
furia
del
temporale
un
tale
Toni
Gall
si
trovava
nelle
stalle
dietro
casa
Ribera
.
Gli
venne
in
mente
che
il
battello
del
signor
ingegnere
fosse
legato
male
e
potesse
fracassarsi
ai
muri
della
darsena
.
Discese
a
salti
,
vide
aperto
l
'
uscio
della
darsena
ed
entrò
.
Il
battello
ballava
spaventosamente
,
inondato
dagli
sprazzi
delle
onde
che
si
frangevano
sui
muri
;
ballava
,
si
dimenava
fra
le
catene
e
s
'
era
posto
di
traverso
,
avendo
la
poppa
quasi
addosso
al
muro
.
In
faccia
all
'
uscio
che
mette
dalla
via
pubblica
nella
darsena
,
corre
un
andito
dal
quale
due
scalette
scendono
all
'
acqua
,
la
prima
di
fianco
alla
prora
della
barca
,
la
seconda
di
fianco
alla
poppa
.
Il
Toni
Gall
discese
per
la
scaletta
seconda
onde
accorciare
la
catena
di
poppa
.
Là
,
fra
la
barca
e
l
'
ultimo
scalino
,
dov
'
eran
sessanta
o
settanta
centimetri
d
'
acqua
,
vide
fluttuare
il
corpicino
di
Maria
col
dorso
a
galla
e
il
capo
sott
'
acqua
.
Nel
trarla
dall
'
acqua
scorse
nel
fondo
una
barchetta
di
metallo
.
Portò
su
la
bambina
gridando
con
la
sua
terribile
voce
,
fece
correre
tutto
il
paese
e
,
per
fortuna
,
anche
il
medico
,
che
si
trovava
a
Oria
,
aiutò
Ester
a
spogliar
la
povera
creatura
che
non
dava
più
segni
di
vita
.
Con
chi
era
ella
stata
prima
di
scendere
in
darsena
?
Con
la
Veronica
no
,
perché
la
Veronica
era
stata
veduta
entrar
nel
ripostiglio
dei
vasi
dietro
la
casa
con
la
sua
guardia
di
finanza
prima
che
Luisa
uscisse
.
Con
Ester
o
con
il
professore
neppure
.
Ester
l
'
aveva
mandata
a
pregare
nella
camera
dell
'
alcova
e
poi
non
l
'
aveva
veduta
più
.
La
Cia
stava
a
lavorare
e
l
'
ingegnere
a
scrivere
quando
avevano
udito
le
grida
formidabili
del
Toni
Gall
.
Maria
doveva
esser
discesa
in
darsena
dalla
camera
dell
'
alcova
per
mettere
la
sua
barchetta
nell
'
acqua
e
fatalmente
avea
trovato
aperta
la
porta
di
casa
,
aperto
l
'
uscio
della
darsena
.
Il
Toni
Gall
era
d
'
opinione
che
avesse
passato
qualche
minuto
nell
'
acqua
perché
galleggiava
discosto
dal
luogo
dove
la
barchetta
giaceva
nel
fondo
.
Egli
descriveva
per
la
centesima
volta
la
sua
scoperta
spaventosa
stando
in
sala
con
la
Cia
,
con
l
'
ingegnere
,
il
professore
ed
altri
del
paese
.
Tutti
singhiozzavano
,
meno
lo
zio
Piero
.
Seduto
sul
canapè
dove
prima
stavano
il
Gilardoni
ed
Ester
,
pareva
impietrato
.
Non
aveva
una
lagrima
,
non
aveva
una
parola
.
Le
chiacchiere
del
Toni
Gall
gli
davano
evidentemente
noia
,
ma
taceva
.
La
sua
nobile
fisionomia
era
piuttosto
solenne
e
grave
che
turbata
.
Pareva
ch
'
egli
vedesse
davanti
a
sé
l
'
ombra
del
Fato
antico
.
Neppure
domandava
notizie
;
si
capiva
che
non
aveva
speranza
.
E
si
capiva
che
il
suo
dolore
era
ben
diverso
da
quelle
chiassose
nervosità
passeggere
che
gli
si
agitavano
intorno
.
Era
il
dolore
muto
,
composto
,
dell
'
uomo
savio
e
forte
.
Dall
'
uscio
aperto
dell
'
alcova
venivan
voci
ora
d
'
interrogazione
ora
di
comando
.
Nessuno
poté
però
dire
,
per
un
'
ora
e
mezzo
,
di
aver
udita
la
voce
di
Luisa
.
Qualche
volta
venivan
pure
voci
trepide
,
quasi
liete
.
Pareva
a
qualcuno
,
là
dentro
,
notare
un
moto
,
un
alito
,
un
tepor
di
vita
.
Allora
tutti
quelli
che
eran
fuori
accorrevano
.
Lo
zio
Piero
volgeva
il
capo
verso
l
'
uscio
dell
'
alcova
e
solo
in
quei
momenti
si
disordinava
un
poco
nel
viso
.
Pur
troppo
vide
ogni
volta
la
gente
ritornarsene
lentamente
,
in
un
silenzio
accorato
.
Passarono
le
cinque
.
Il
tempo
durando
piovoso
,
la
luce
mancava
.
Alle
cinque
e
mezzo
si
udì
finalmente
la
voce
di
Luisa
.
Fu
uno
strido
acuto
,
inenarrabile
,
che
agghiacciò
il
sangue
nelle
vene
di
tutti
.
Rispose
la
voce
del
dottore
con
un
accento
di
premurosa
protesta
.
Si
seppe
che
il
dottore
aveva
fatto
un
gesto
come
per
dire
:
«
oramai
è
inutile
:
desistiamo
»
,
e
che
al
grido
di
lei
aveva
ripreso
il
lavoro
.
Poi
,
nel
lamento
monotono
che
la
pioggia
minuta
e
fitta
metteva
a
tutte
le
finestre
aperte
,
il
silenzio
della
casa
parve
divenuto
più
sepolcrale
.
La
sala
,
il
corridoio
andavano
diventando
bui
,
vi
si
andò
avvivando
il
debole
chiaror
di
candele
che
usciva
dall
'
alcova
.
La
gente
cominciò
a
ritirarsi
,
un
'
ombra
dopo
l
'
altra
,
silenziosamente
,
in
punta
di
piedi
.
Si
udivano
poi
sul
ciottolato
della
via
gli
scarponi
pesanti
,
passi
senza
voci
.
La
Cia
si
avviò
pian
piano
al
suo
padrone
,
gli
sussurrò
all
'
orecchio
se
non
volesse
prendere
qualche
cosa
.
Egli
la
fece
tacere
con
un
gesto
brusco
.
Dopo
le
sette
,
essendo
partiti
tutti
gli
estranei
alla
famiglia
meno
il
Toni
Gall
,
Ismaele
,
il
professore
,
l
'
Ester
e
tre
o
quattro
donne
ch
'
erano
nell
'
alcova
,
si
udirono
dei
gemiti
lunghi
,
sommessi
,
che
quasi
non
parevano
umani
.
Il
dottore
entrò
in
sala
.
Non
ci
si
vedeva
.
Urtò
in
una
sedia
e
disse
forse
:
«
C
'
è
qui
il
signor
ingegnere
?
»
.
«
Scior
sì
»
,
rispose
il
Toni
Gall
e
andò
a
pigliar
un
lume
.
L
'
ingegnere
non
parlò
né
si
mosse
.
Il
Toni
Gall
ritornò
presto
con
un
lume
e
il
dottor
Aliprandi
,
che
mi
piace
ricordar
qui
come
un
franco
galantuomo
,
una
bella
mente
e
un
nobile
cuore
,
si
avvicinò
al
canapè
dove
sedeva
lo
zio
Piero
.
«
Signor
ingegnere
»
,
diss
'
egli
con
le
lagrime
agli
occhi
,
«
adesso
bisogna
che
faccia
qualche
cosa
Lei
.
»
«
Io
?
»
,
rispose
lo
zio
Piero
alzando
il
viso
.
«
Sì
,
bisogna
almeno
cercare
di
condurla
via
.
Bisogna
che
venga
Lei
e
ci
metta
una
parola
.
Lei
è
come
un
padre
.
Questi
sono
i
momenti
del
padre
.
»
«
Lo
lasci
stare
,
il
mio
padrone
»
,
brontolò
la
Cia
.
«
Non
è
buono
per
queste
cose
.
Ci
soffre
e
niente
altro
.
»
Adesso
si
udivano
,
insieme
ai
gemiti
,
voci
tenere
e
baci
.
L
'
ingegnere
puntò
i
pugni
sul
canapè
e
rimase
un
momento
a
capo
chino
.
Poi
si
alzò
,
non
senza
stento
,
e
disse
al
medico
:
«
Debbo
andar
solo
?
»
«
Desidera
che
ci
sia
anch
'
io
?
»
«Sì.»
«
Va
bene
.
Del
resto
sarà
inutile
.
Forzare
non
vorrei
ma
tentare
bisogna
.
»
Il
dottore
mandò
via
le
donne
ch
'
erano
ancora
nell
'
alcova
,
poi
si
volse
dall
'
entrata
all
'
ingegnere
e
gli
fe
'
segno
di
venire
.
«
Donna
Luisa
»
,
diss
'
egli
dolcemente
.
«
C
'
è
lo
zio
,
il
suo
caro
zio
,
che
viene
a
pregarla
.
»
Il
vecchio
entrò
col
viso
pacato
ma
vacillando
.
Fatti
due
passi
nella
camera
si
fermò
.
Luisa
era
seduta
sul
letto
con
la
sua
bambina
morta
in
braccio
,
la
stringeva
,
la
baciava
sul
viso
e
sul
collo
,
gemeva
,
premendovi
su
le
labbra
,
gemiti
lunghi
,
inesprimibili
.
«
Sì
sì
sì
sì
»
,
diss
'
ella
,
quasi
con
un
sorriso
tenero
nella
voce
.
«
È
il
tuo
zio
,
cara
,
è
il
tuo
zio
che
viene
a
trovar
il
suo
tesoro
,
la
sua
Ombretta
,
la
sua
Ombretta
Pipì
che
gli
vuol
tanto
bene
.
Sì
sì
sì
sì
.
»
«
Luisa
»
,
disse
lo
zio
Piero
,
«
quietati
.
Tutto
è
stato
fatto
quel
che
si
poteva
fare
,
adesso
vieni
con
me
,
non
star
più
qui
,
vieni
con
me
.
»
«
Zio
zio
zio
»
,
fece
Luisa
con
una
voce
grossa
di
tenerezza
,
senza
guardarlo
,
stringendosi
il
cadavere
sul
seno
,
cullandolo
.
«
Vieni
qua
,
vieni
qua
,
vieni
qua
dalla
tua
Maria
.
Vieni
,
vieni
qua
da
noi
che
sei
il
nostro
zio
,
il
nostro
caro
zio
.
No
,
cara
,
no
,
cara
,
non
ci
abbandona
mica
il
nostro
zio
.
»
Lo
zio
tremò
,
il
dolore
lo
vinse
un
momento
,
gli
strappò
un
singhiozzo
.
«
Lasciala
in
pace
»
,
diss
'
egli
con
voce
soffocata
.
Essa
non
parve
udirlo
,
riprese
:
«
Andiamo
noi
,
cara
,
andiamo
noi
dal
nostro
zio
.
Che
ci
andiamo
,
Maria
?
Sì
,
sì
,
andiamo
,
andiamo
»
.
Si
lasciò
sdrucciolare
dal
letto
a
terra
si
avviò
verso
lo
zio
stringendosi
al
petto
col
braccio
sinistro
la
sua
dolce
morta
,
passò
l
'
altro
al
collo
del
vecchio
,
gli
sussurrò
:
«
un
bacio
,
un
bacio
,
un
bacio
alla
tua
Ombretta
,
un
bacio
solo
,
uno
solo
»
.
Lo
zio
Piero
si
chinò
,
baciò
il
visetto
già
deturpato
amaramente
dalla
morte
,
lo
bagnò
di
due
grosse
lagrime
.
«
Guarda
,
guarda
,
zio
»
,
diss
'
ella
.
«
Dottore
,
porti
qua
il
lume
.
Sì
sì
,
non
sia
cattivo
,
dottore
.
Guarda
,
zio
,
che
tesoro
.
Dottore
!
»
L
'
Aliprandi
era
riluttante
e
tentò
resistere
ancora
;
ma
quel
dolore
folle
aveva
qualche
cosa
di
sacro
che
s
'
impose
.
Obbedì
,
prese
il
lume
e
lo
accostò
al
piccolo
cadavere
che
faceva
con
quegli
occhi
semiaperti
e
quelle
pupille
dilatate
una
pietà
immensa
ed
era
stato
la
Maria
,
la
Ombretta
gentile
,
la
dolcezza
del
vecchio
,
il
viso
e
l
'
amore
della
casa
.
«
Guarda
,
zio
,
questo
piccolo
petto
come
l
'
abbiamo
maltrattato
,
povero
tesoro
,
come
gli
abbiamo
fatto
male
con
tanto
strofinare
.
La
tua
mamma
è
stata
,
sai
,
Maria
,
la
tua
brutta
mamma
e
quel
cattivo
dottore
lì
.
»
«
Basta
!
»
,
disse
il
dottore
risolutamente
,
posando
il
lume
sulla
scrivania
.
«
Parli
pure
alla
Sua
bambina
,
ma
non
a
questa
,
a
quella
ch
'
è
in
Paradiso
.
»
L
'
impressione
fu
terribile
.
Ogni
tenerezza
sparì
dal
viso
di
Luisa
.
Ella
indietreggiò
cupa
,
stringendosi
la
sua
morta
sul
seno
.
«
No
!
»
,
stridette
,
«
no
!
non
in
Paradiso
!
È
mia
!
È
mia
!
Dio
è
cattivo
!
No
!
Non
gliela
do
!
»
Indietreggiò
indietreggiò
sin
dentro
all
'
alcova
,
tra
il
letto
matrimoniale
e
il
lettuccio
,
ricominciò
i
lunghi
gemiti
che
non
parevano
umani
.
L
'
Aliprandi
fece
uscire
l
'
ingegnere
che
tremava
.
«
Passerà
,
passerà
»
,
diss
'
egli
.
«
Bisogna
aver
pazienza
.
Adesso
resto
io
.
»
In
sala
c
'
era
Ismaele
che
prese
il
professore
a
parte
.
«
E
avvertire
il
signor
don
Franco
?
»
,
diss
'
egli
.
Si
parlò
allo
zio
,
si
decise
di
mandar
un
telegramma
da
Lugano
,
l
'
indomani
mattina
perché
oramai
era
troppo
tardi
,
a
nome
dello
zio
,
parlando
di
malattia
grave
.
Ester
scrisse
il
telegramma
,
in
sala
c
'
era
un
'
altra
persona
,
la
povera
Pasotti
corsa
lì
mentre
suo
marito
era
andato
ad
accompagnare
la
marchesa
a
Cressogno
.
Ella
singhiozzava
,
disperata
d
'
aver
dato
quella
barchetta
a
Maria
.
Voleva
entrare
da
Luisa
ma
il
dottore
,
udendo
pianger
forte
,
uscì
,
raccomandò
quiete
,
silenzio
.
La
Pasotti
andò
a
piangere
in
loggia
.
Con
lei
erano
venuti
il
curato
don
Brazzova
e
il
prefetto
della
Caravina
che
avevan
pranzato
a
casa
Pasotti
.
Più
tardi
venne
il
curato
di
Castello
,
l
'
Introini
,
piangendo
come
un
ragazzo
.
Volle
assolutamente
entrare
da
Luisa
malgrado
il
medico
e
s
'
inginocchiò
in
mezzo
alla
camera
,
supplicò
Luisa
di
donar
la
sua
bambina
al
Signore
.
«
Che
la
guarda
»
,
soggiunse
,
«
che
La
guarda
,
sciora
Lüisa
,
se
La
voeur
propi
minga
donàghela
al
Signor
,
che
ghe
La
dona
a
la
Soa
nonna
Teresa
,
a
la
Soa
mammin
de
Lee
,
che
ghe
l
'
avarà
inscì
cara
,
sü
in
Paradis
!
»
Luisa
fu
intenerita
,
non
dalle
parole
,
ma
dal
pianto
e
rispose
con
dolcezza
:
«
L
'
à
capii
che
ghe
credi
minga
,
mi
,
al
So
Paradis
!
El
me
Paradis
l
'
è
chi
!
»
.
L
'
Aliprandi
fece
al
curato
un
gesto
di
preghiera
e
quegli
usci
singhiozzando
.
Il
medico
parti
da
Oria
verso
la
mezzanotte
insieme
al
professore
.
Tutta
la
casa
taceva
,
neppur
dall
'
alcova
usciva
più
alcuna
voce
.
L
'
Aliprandi
aveva
passate
le
ultime
due
ore
in
sala
,
col
professore
ed
Ester
,
senza
udir
mai
un
grido
né
un
gemito
né
un
movimento
qualsiasi
.
Era
andato
due
volte
a
guardare
.
Luisa
stava
seduta
sulla
sponda
del
suo
letto
con
i
gomiti
sulle
ginocchia
e
la
faccia
tra
le
mani
,
contemplando
il
lettuccio
che
l
'
Aliprandi
non
poteva
vedere
.
A
lui
questa
immobilità
nuova
dispiaceva
quasi
più
che
la
sovreccitazione
di
prima
.
Poiché
Ester
intendeva
restare
tutta
la
notte
,
le
raccomandò
che
tentasse
,
con
discrezione
,
di
scuoter
la
sua
amica
,
di
farla
piangere
e
parlare
.
A
vegliare
con
Ester
si
trattenevano
altre
donne
del
paese
e
Ismaele
che
doveva
partir
per
Lugano
alle
cinque
.
Lo
zio
Piero
era
andato
a
letto
.
L
'
Aliprandi
e
il
professore
si
fermarono
sul
sagrato
a
guardar
la
finestra
illuminata
dell
'
alcova
,
ad
ascoltare
.
Silenzio
.
«
Maledetto
lago
!
»
,
fece
il
dottore
,
pigliando
il
braccio
del
suo
compagno
e
rimettendosi
in
via
.
Certo
egli
pensava
,
così
dicendo
,
alla
dolce
creaturina
che
il
lago
aveva
uccisa
,
ma
v
'
era
pure
nel
suo
cuore
il
dubbio
che
altri
guai
fossero
in
cammino
,
che
l
'
opera
sinistra
delle
acque
perfide
non
fosse
ancora
compiuta
;
e
v
'
era
una
pietà
immensa
per
il
padre
,
per
il
povero
padre
che
non
sapeva
ancora
niente
.
11
.
Ombra
e
aurora
Franco
,
appena
ricevuto
il
telegramma
,
corse
all
'
ufficio
dell
'
Opinione
in
via
della
Rocca
.
Dina
,
vedendolo
torbido
,
gli
disse
:
«
Oh
!
Lo
avete
saputo
?
»
.
Franco
si
senti
gelare
il
sangue
,
ma
Dina
,
quando
udì
del
telegramma
,
fece
un
atto
di
stupore
.
No
no
,
non
sapeva
nulla
di
questo
.
Era
stato
informato
da
parte
del
Presidente
del
Consiglio
che
la
Polizia
austriaca
aveva
fatto
perquisizioni
ed
arresti
in
Vall
'
Intelvi
e
che
fra
le
carte
di
un
medico
si
era
trovato
il
nome
di
don
Franco
Maironi
con
indicazioni
assai
compromettenti
.
Dina
soggiunse
che
in
un
momento
così
angoscioso
per
un
padre
non
osava
quasi
dirgli
perché
il
conte
di
Cavour
si
interessasse
a
lui
.
Gliene
aveva
parlato
egli
stesso
,
Dina
,
e
il
conte
s
'
era
mostrato
dispiacente
che
un
gentiluomo
lombardo
di
così
bel
nome
si
trovasse
a
Torino
in
condizioni
dure
e
oscure
.
Dina
credeva
ch
'
egli
avesse
intenzione
di
offrirgli
un
impiego
al
Ministero
degli
Esteri
.
Ora
Franco
doveva
partire
,
certo
.
La
bambina
guarirebbe
ed
egli
ritornerebbe
nel
più
breve
tempo
possibile
.
Intanto
si
fermerebbe
a
Lugano
,
non
è
vero
?
in
attesa
di
notizie
;
e
se
non
fosse
proprio
necessario
non
si
arrischierebbe
mica
di
entrar
in
Lombardia
.
Con
quest
'
affare
di
Vall
'
Intelvi
sarebbe
un
'
imprudenza
enorme
.
Franco
tacque
e
il
suo
direttore
,
nel
congedarlo
,
insistette
:
«
Abbia
prudenza
!
Non
si
lasci
prendere
!
»
,
ma
non
ebbe
alcuna
risposta
.
Dal
momento
in
cui
aveva
ricevuto
il
telegramma
,
Franco
aveva
camminato
su
e
giù
per
Torino
come
in
sogno
,
senza
udire
il
suono
dei
propri
passi
,
senza
coscienza
di
ciò
che
vedeva
,
di
ciò
che
udiva
,
andando
macchinalmente
dove
gli
occorreva
,
in
quella
congiuntura
,
di
andare
,
dove
lo
portava
una
facoltà
inferiore
e
servile
dell
'
anima
,
quel
misto
di
ragione
e
d
'
istinto
che
ci
sa
guidare
per
il
labirinto
delle
vie
cittadine
,
mentre
lo
spirito
nostro
,
fisso
in
un
problema
o
in
una
passione
,
niente
se
ne
cura
.
Vendette
orologio
e
catena
per
centotrentacinque
lire
a
un
orologiaio
di
Doragrossa
,
comperò
una
bambola
per
Maria
,
passò
dal
caffè
Alfieri
e
dal
caffè
Florio
per
far
avvertire
gli
amici
e
,
dovendo
pigliar
il
treno
delle
undici
e
mezzo
per
Novara
,
fu
alla
stazione
alle
undici
.
Vi
capitarono
alle
undici
e
un
quarto
il
Padovano
e
l
'
Udinese
.
Essi
cercarono
di
rincorarlo
con
ogni
sorta
di
supposizioni
rosee
e
di
ragionamenti
vani
,
ma
egli
non
rispondeva
parola
,
aspettava
con
una
avidità
immensa
il
momento
di
partire
,
di
esser
solo
,
di
correre
verso
Oria
,
perché
,
qualunque
ne
fosse
il
pericolo
,
era
ben
deciso
di
andare
a
Oria
.
Entrò
in
una
carrozza
di
terza
classe
e
quando
la
locomotiva
fischiò
,
quando
il
treno
si
scosse
,
mise
un
gran
sospiro
di
sollievo
,
e
si
diede
tutto
al
pensiero
della
sua
Maria
.
Ma
v
'
era
troppa
gente
,
troppo
rozza
e
chiassosa
gente
intorno
a
lui
.
A
Chivasso
,
non
potendo
resistere
a
quei
discorsi
,
a
quelle
risate
,
passò
in
una
carrozza
vuota
di
seconda
classe
dove
si
mise
a
parlar
solo
,
guardando
il
sedile
di
faccia
.
Dio
,
perché
non
mettere
nel
telegramma
una
parola
di
più
?
Oh
,
Signore
,
una
parola
sola
!
Il
nome
della
malattia
,
almeno
!
Un
nome
orribile
gli
attraversò
la
mente
:
croup
.
Stese
le
braccia
avanti
,
contro
il
fantasma
,
in
uno
stiramento
convulso
,
aspirando
aria
con
tutta
la
forza
sua
e
le
lasciò
ricader
con
un
soffio
che
parve
vuotargli
il
petto
d
'
anima
e
di
vita
.
Perché
doveva
trattarsi
di
un
male
subitaneo
,
altrimenti
Luisa
avrebbe
scritto
.
Altro
lampo
nella
mente
:
congestione
cerebrale
?
Egli
stesso
,
da
bambino
,
era
stato
a
morte
per
una
congestione
cerebrale
.
Signore
,
Signore
,
questa
era
una
luce
buona
.
Era
Dio
che
gliela
mandava
!
Fu
preso
da
singhiozzi
nervosi
,
senza
lagrime
.
Maria
,
tesoro
,
amore
,
gioia
!
Doveva
esser
questo
,
sì
.
La
vide
ansante
,
accesa
,
vegliata
dal
medico
e
dalla
mamma
,
immaginò
in
un
minuto
lunghe
lunghe
ore
al
suo
capezzale
,
lunghe
angoscie
,
il
rinascer
della
speranza
,
il
primo
sussurro
della
dolce
voce
:
«
Papà
mio
»
.
Si
alzò
in
piedi
,
giunse
e
strinse
le
mani
in
uno
sforzo
muto
di
preghiera
.
Poi
ricadde
a
seder
esausto
,
volse
gli
occhi
senza
sguardo
alla
campagna
fuggente
,
sentendo
quasi
un
legame
fra
le
grandi
Alpi
velate
,
ferme
all
'
orizzonte
di
settentrione
e
il
pensiero
dominante
,
fermo
,
assopito
,
nell
'
anima
sua
.
Ogni
tanto
lo
strepito
del
treno
lo
toglieva
dal
suo
torpore
suggerendogli
l
'
idea
di
una
corsa
angosciosa
,
richiamando
il
suo
cuore
a
correre
,
a
batter
così
.
Egli
chiudeva
poi
gli
occhi
per
vedersi
meglio
arrivare
a
casa
.
Subito
gli
venivan
immagini
su
dal
cuore
alle
palpebre
,
ma
si
muovevano
,
mutavano
continuamente
,
non
poteva
arrestarle
più
d
'
un
momento
.
Era
Luisa
che
gli
correva
incontro
sulle
scale
,
era
lo
zio
che
gli
stendeva
le
braccia
sull
'
entrata
della
sala
,
era
il
dottor
Aliprandi
che
gli
apriva
l
'
uscio
dell
'
alcova
e
gli
diceva
«
bene
bene
»
,
era
,
nella
camera
buia
,
un
moto
di
ombre
silenziose
,
era
Maria
che
lo
guardava
con
gli
occhi
lucidi
di
febbre
.
A
Vercelli
,
parendogli
già
essere
a
mille
miglia
da
Torino
,
l
'
impero
della
realtà
lo
riprese
.
Quando
sarebbe
a
Lugano
,
come
,
per
qual
via
andrebbe
a
Oria
?
Scopertamente
,
per
il
lago
,
facendosi
vedere
alla
Ricevitoria
?
E
se
non
lo
lasciassero
passare
perché
non
aveva
sul
passaporto
il
visto
dell
'
uscita
,
o
se
,
peggio
,
vi
fosse
un
ordine
di
arresto
per
quest
'
affare
del
medico
di
Pellio
?
Meglio
prendere
la
montagna
.
Poteva
venire
arrestato
dopo
,
ma
con
la
pratica
dei
luoghi
che
aveva
fatto
prima
del
1848
,
cacciando
,
era
quasi
sicuro
di
arrivare
a
casa
.
Questo
faticoso
lavoro
di
fare
e
disfare
piani
lo
distrasse
alquanto
,
gli
tenne
occupata
la
mente
sin
oltre
Arona
,
sul
battello
del
Lago
Maggiore
.
Aveva
fatto
il
conto
di
arrivare
a
Lugano
nel
cuore
della
notte
.
Se
vi
fosse
qualcuno
ad
aspettarlo
?
Se
non
v
'
era
nessuno
,
poteva
darsi
che
alla
farmacia
Fontana
,
dove
andavano
molte
valsoldesi
,
si
sapesse
qualche
cosa
.
Se
Iddio
volesse
fargli
trovare
a
Lugano
notizie
rassicuranti
potrebbe
rimettere
all
'
indomani
ogni
decisione
circa
l
'
andata
a
Oria
.
Prese
dunque
il
partito
di
non
far
progetti
sino
a
Lugano
e
pregò
fervorosamente
Iddio
che
gli
facesse
trovare
queste
buone
notizie
.
Il
cielo
era
coperto
,
le
montagne
avevano
già
una
tinta
autunnale
triste
,
il
lago
era
leggermente
nebbioso
,
le
campane
di
Meina
suonavano
;
sul
vapore
non
c
'
era
quasi
nessuno
e
la
preghiera
di
Franco
gli
morì
nel
cuore
sotto
una
tristezza
pesante
,
gli
occhi
suoi
si
smarrirono
dietro
uno
stormo
di
gabbiani
bianchi
che
volavan
lontano
verso
le
acque
di
Laveno
,
verso
il
paese
nascosto
dov
'
era
l
'
anima
sua
.
Arrivò
a
Magadino
dopo
le
sette
,
fece
il
monte
Ceneri
a
piedi
,
per
il
sentiero
che
mette
alla
Cantoniera
,
prese
una
vettura
a
Bironico
e
arrivò
a
Lugano
dopo
la
mezzanotte
.
Discese
in
piazza
presso
il
caffè
Terreni
.
Il
caffè
era
chiuso
,
la
piazza
deserta
,
scura
;
tutto
taceva
,
anche
il
lago
di
cui
s
'
intravedeva
un
palpitar
lento
nell
'
ombra
.
Franco
si
fermò
un
momento
sulla
riva
con
la
speranza
che
qualcheduno
fosse
venuto
ad
aspettarlo
e
comparisse
da
qualche
parte
.
Non
poteva
veder
la
Valsolda
nascosta
dietro
il
monte
Brè
;
ma
quella
era
l
'
acqua
stessa
che
rispecchiava
Oria
,
che
dormiva
nella
darsena
della
sua
casa
.
Gli
si
allargò
un
poco
il
cuore
in
un
sentimento
di
pace
,
gli
parve
essere
ritornato
tra
familiari
suoi
.
Tacendo
ogni
voce
umana
,
gli
parlavano
le
grandi
montagne
oscure
,
sopra
tutte
il
monte
Caprino
e
la
Zocca
d
'
i
Ment
che
vedevano
Oria
.
Gli
parlavano
dolcemente
,
gli
suggerivano
un
presentimento
buono
.
Diciannove
ore
eran
passate
dalla
data
del
telegramma
;
il
male
poteva
esser
vinto
.
Non
comparendo
nessuno
,
si
avviò
alla
farmacia
Fontana
,
suonò
il
campanello
.
Egli
conosceva
da
molti
anni
quell
'
ottimo
,
cordiale
galantuomo
del
signor
Carlo
Fontana
,
passato
anche
lui
col
mondo
antico
.
Il
signor
Carlo
venne
alla
finestra
e
si
meravigliò
molto
di
vedere
don
Franco
.
Non
aveva
alcuna
notizia
della
Valsolda
,
era
stato
due
giorni
a
Tesserete
,
n
'
era
ritornato
da
poche
ore
,
non
sapeva
niente
.
Il
suo
assistente
,
il
signor
Benedetto
,
era
partito
anche
lui
da
poche
ore
,
per
Bellinzona
.
Franco
ringraziò
e
si
avviò
verso
Villa
Ciani
,
risoluto
di
andare
subito
ad
Oria
.
Poteva
scegliere
fra
due
vie
:
o
salire
da
Pregassona
il
versante
svizzero
del
Boglia
,
toccar
l
'
Alpe
della
Bolla
,
attraversare
il
Pian
Biscagno
e
il
gran
bosco
dei
faggi
,
uscirne
sul
ciglio
del
versante
lombardo
,
al
faggio
della
Madonnina
,
calare
ad
Albogasio
Superiore
e
Oria
;
o
prendere
la
comoda
via
di
Gandria
verso
il
lago
,
e
poi
il
sentiero
malvagio
e
rischioso
che
da
Gandria
,
ultimo
villaggio
svizzero
,
taglia
la
costa
ertissima
,
passa
il
confine
a
un
centinaio
di
metri
sopra
il
lago
,
porta
alla
cascina
di
Origa
,
cala
nei
burroni
della
Val
Malghera
e
ne
risale
alla
cascina
di
Rooch
,
vi
trova
la
stradicciuola
selciata
che
passa
sopra
il
Niscioree
e
discende
a
Oria
.
La
prima
via
era
assai
più
lunga
e
faticosa
ma
in
compenso
migliore
per
eludere
al
confine
la
vigilanza
delle
guardie
.
Partendo
dalla
farmacia
Fontana
,
Franco
decise
di
appigliarsi
a
quella
.
Ma
quando
fu
a
Cassarago
,
dove
mettono
la
strada
di
Pregassona
a
quella
di
Gandria
,
quando
vide
la
punta
di
Castagnola
così
vicina
e
pensò
che
da
Castagnola
si
va
a
Gandria
in
meno
di
mezz
'
ora
,
che
da
Gandria
si
può
andare
a
Oria
in
un
'
ora
e
mezza
,
l
'
idea
di
salire
il
Boglia
,
di
camminare
sette
od
otto
ore
gli
divenne
intollerabile
.
Salendo
il
Boglia
sarebbe
poi
anche
arrivato
di
giorno
;
questo
era
,
per
la
sicurezza
,
uno
scapito
grande
.
Prese
risolutamente
la
via
di
Castagnola
e
Gandria
.
Il
cielo
era
tutto
coperto
di
nuvole
pesanti
.
Sotto
i
grandi
castani
ove
passava
il
sentiero
di
Castagnola
,
non
si
sapeva
dove
mettere
il
piede
;
ma
che
sarebbe
poi
stato
nel
gran
bosco
del
Boglia
,
se
Franco
avesse
presa
quella
via
?
Così
fu
dentro
Castagnola
e
peggio
di
così
nel
labirinto
delle
viuzze
di
Gandria
.
Dopo
averle
fatte
e
rifatte
più
volte
,
sbagliando
,
Franco
riuscì
finalmente
sul
sentiero
del
confine
e
si
fermò
a
riposare
.
Sul
punto
di
cimentarsi
nel
fitto
delle
tenebre
ai
pericoli
di
un
sentiero
difficile
,
di
un
incontro
con
le
guardie
austriache
,
per
giungere
poi
a
quell
'
altro
pauroso
passo
dell
'
entrar
in
casa
,
del
far
la
prima
domanda
,
dell
'
udir
la
prima
risposta
,
alzò
la
mente
a
Dio
,
raccolse
tutti
i
suoi
pensieri
in
un
proposito
di
fortezza
e
di
calma
.
Si
ripose
in
cammino
.
Gli
occorreva
ora
dare
tutta
la
sua
attenzione
al
sentiero
per
non
smarrirlo
,
per
non
precipitare
.
I
campicelli
di
Gandria
finiscono
presto
.
Poi
vengono
fratte
folte
,
pendenti
sopra
il
lago
,
valloncelli
franosi
,
mascherati
dal
bosco
,
che
ruinano
diritti
al
basso
.
In
quei
passaggi
bui
Franco
era
costretto
di
menar
le
braccia
alla
cieca
per
abbrancar
un
ramo
,
poi
un
altro
,
cacciar
il
viso
nel
fogliame
che
almeno
aveva
l
'
odore
della
Valsolda
,
trascinarsi
di
pianta
in
pianta
,
tastar
coi
piedi
il
suolo
,
non
senza
terrori
di
sprofondare
,
cercar
le
tracce
del
sentiero
.
Il
suo
fardello
era
piccino
ma
pure
gli
dava
impaccio
.
E
gli
dava
noia
quello
stormir
delle
frasche
al
suo
passaggio
;
gli
pareva
che
dovesse
udirsi
lontano
,
sui
monti
e
sul
lago
,
nel
silenzio
religioso
della
notte
.
Allora
si
fermava
e
stava
in
ascolto
.
Non
udiva
che
il
remoto
rombo
della
cascata
di
Rescia
,
qualche
lungo
ululato
di
allocchi
nei
boschi
di
là
del
lago
e
talvolta
giù
nel
profondo
,
sull
'
acqua
,
un
secco
tocco
,
Dio
sa
di
che
.
Non
impiegò
meno
di
un
'
ora
per
arrivare
al
confine
.
Là
,
fra
la
valle
del
Confine
e
la
Val
Malghera
,
il
bosco
era
stato
tagliato
di
recente
,
il
pendio
sassoso
era
nudo
,
maggiore
perciò
il
pericolo
di
precipitare
,
maggiore
il
pericolo
di
venire
scoperto
.
Attraversò
quel
tratto
pian
piano
,
fermandosi
spesso
,
mettendosi
carponi
.
Prima
di
arrivare
a
Origa
udì
,
giù
abbasso
,
un
rumor
lieve
di
remi
.
Sapeva
che
la
barca
delle
guardie
passava
qualche
volta
la
notte
alla
riva
di
Val
Malghera
.
Eran
le
guardie
,
certo
.
Sotto
i
castagni
di
Origa
respirò
.
Là
era
coperto
e
camminava
sull
'
erba
,
senza
rumore
.
Scese
la
costa
occidentale
di
Val
Malghera
e
risalì
dall
'
altra
parte
senza
intoppi
.
Nell
'
avvicinarsi
a
Rooch
il
cuore
gli
martellava
a
furia
.
Rooch
è
come
un
avamposto
di
Oria
.
Ivi
mette
capo
la
stradicciuola
ch
'
egli
aveva
salita
tante
volte
con
Luisa
nei
tepidi
pomeriggi
invernali
,
cogliendo
violette
e
foglie
d
'
alloro
,
discorrendo
dell
'
avvenire
.
Si
ricordò
che
l
'
ultima
volta
avevano
avuto
una
piccola
disputa
sullo
sposo
desiderabile
per
Maria
,
sulle
qualità
che
dovrebbe
avere
.
Franco
avrebbe
preferito
un
agricoltore
e
Luisa
un
ingegnere
meccanico
.
Rooch
è
una
cascina
posta
a
ridosso
di
pochi
campicelli
scaglionati
sul
monte
che
fanno
una
chiara
piccola
macchia
nella
boscaglia
.
Una
stanza
sopra
,
la
stalla
sotto
,
un
portichetto
davanti
alla
stalla
,
una
cisterna
nel
portichetto
;
non
c
'
è
altro
.
Il
portichetto
s
'
affaccia
sulla
viottola
ciottolata
che
passa
da
due
a
tre
metri
più
basso
.
Dal
ciglio
del
burrone
di
Val
Malghera
a
Rooch
ci
son
pochi
passi
.
Salito
sul
ciglio
,
Franco
udì
qualcuno
parlare
sommessamente
nella
cascina
.
Sostò
e
,
fattosi
da
banda
,
si
stese
bocconi
sull
'
erba
fuori
del
sentiero
,
lungo
un
cespuglietto
di
castagni
.
Non
udì
più
parlare
,
ma
udì
venire
un
rapido
passo
d
'
uomo
e
stette
immobile
,
trattenendo
il
respiro
.
L
'
uomo
si
fermò
quasi
accanto
a
lui
,
aspettò
un
poco
,
poi
ritornò
indietro
adagio
e
disse
ad
alta
voce
,
con
accento
forestiero
:
«
Non
c
'
è
niente
.
Sarà
stata
una
volpe
»
.
Le
guardie
.
Seguì
un
lungo
silenzio
durante
il
quale
non
osò
muoversi
.
Le
guardie
ricominciarono
a
discorrere
ed
egli
si
propose
d
'
indietreggiare
senza
far
rumore
,
di
calarsi
da
capo
in
Val
Malghera
per
girare
dietro
la
cascina
,
in
alto
.
Si
levò
adagio
adagio
le
scarpe
.
Stava
per
muoversi
quando
udì
le
guardie
,
tre
o
quattro
,
uscire
dalla
cascina
discorrendo
e
venire
verso
di
lui
.
Ne
intese
una
dire
:
«
Non
resta
qui
nessuno
?
»
,
e
un
'
altra
rispondere
:
«
È
inutile
»
.
Quattro
guardie
gli
passarono
accanto
una
dopo
l
'
altra
senza
vederlo
.
Non
avevan
sospetti
perché
discorrevano
di
cose
indifferenti
.
Uno
diceva
che
si
può
restare
sott
'
acqua
dieci
minuti
senz
'
affogare
,
un
altro
ribatteva
che
dopo
cinque
minuti
bisogna
morire
.
La
quarta
passò
in
silenzio
ma
,
appena
passata
,
si
fermò
;
Franco
rabbrividì
udendola
fregar
un
fiammifero
.
Quegli
accese
la
pipa
,
tirò
due
o
tre
boccate
di
fumo
,
e
poi
domandò
ai
compagni
,
alquanto
forte
perché
s
'
eran
già
dilungati
,
scendevan
la
costa
di
Val
Malghera
.
«
Quanti
anni
aveva
?
»
Uno
di
coloro
rispose
,
pure
forte
:
«
Tre
anni
e
un
mese
»
.
Allora
la
quarta
guardia
tirò
altre
due
boccate
di
fumo
e
si
rimise
in
cammino
.
Franco
,
che
stava
bocconi
,
all
'
udir
«
tre
anni
e
un
mese
»
,
l
'
età
di
Maria
,
si
alzò
sulle
braccia
stringendo
l
'
erba
convulsivamente
.
Il
rumor
dei
passi
si
perdeva
già
in
Val
Malghera
.
«
Dio
,
Dio
,
Dio
,
Dio
!
»
,
diss
'
egli
.
Si
rizzò
ginocchioni
,
ripeté
lentamente
dentro
a
sé
,
come
istupidito
,
la
parola
terribile
:
«
aveva
»
.
Si
torse
le
mani
,
gemette
ancora
:
«
Dio
,
Dio
,
Dio
,
Dio
!
»
.
Di
quel
che
fece
in
seguito
non
ebbe
quasi
coscienza
.
Scese
a
Oria
con
la
sensazione
vaga
d
'
esser
diventato
sordo
,
con
un
gran
tremito
nel
braccio
che
portava
la
bambola
.
Arrivò
alla
Madonna
del
Romìt
,
attraversò
il
paese
e
invece
di
scendere
per
la
scalinata
del
Pomodoro
continuò
diritto
per
il
sentiero
che
raggiunge
la
scorciatoia
di
Albogasio
Superiore
,
discese
per
la
stessa
scaletta
che
aveva
presa
la
Pasotti
il
giorno
prima
della
catastrofe
.
Vide
sulla
faccia
della
chiesa
un
chiaror
debole
che
usciva
dalla
finestra
dell
'
alcova
,
non
si
fermò
sotto
la
finestra
illuminata
,
non
chiamò
,
entrò
nel
sottoportico
e
spinse
l
'
uscio
.
Era
aperto
.
Entrò
dal
fresco
della
notte
in
un
'
afa
pesante
,
in
un
odore
strano
di
aceto
bruciato
e
d
'
incenso
.
Si
trascinò
a
stento
su
per
le
scale
.
Davanti
a
lui
,
sul
pianerottolo
a
mezza
scala
,
veniva
lume
dall
'
alto
.
Giunto
là
vide
che
la
luce
usciva
dalla
camera
dell
'
alcova
.
Salì
ancora
,
mise
il
piede
sul
corridoio
.
L
'
uscio
della
camera
era
spalancato
;
molti
lumi
dovevano
arder
là
dentro
.
Sentì
,
con
l
'
odor
d
'
incenso
,
odor
di
fiori
,
fu
preso
da
un
tremito
violento
,
non
poté
avanzare
.
Dalla
parte
della
cucina
si
udiva
qualcuno
dormire
,
dalla
parte
dell
'
alcova
non
si
udiva
niente
.
A
un
tratto
la
voce
di
Luisa
parlò
,
tenera
,
quieta
:
«
Vuoi
che
venga
anch
'
io
,
domani
,
dove
vai
tu
,
Maria
?
La
vuoi
la
tua
mamma
,
in
terra
con
te
?
»
.
«
Luisa
!
Luisa
!
»
,
singhiozzò
Franco
.
Si
trovarono
nelle
braccia
l
'
uno
dell
'
altro
,
sulla
soglia
della
loro
camera
nuziale
che
aveva
la
memoria
degli
amori
ancor
viva
e
il
dolce
lor
frutto
,
morto
.
«
Vieni
,
caro
,
vieni
vieni
»
,
diss
'
ella
e
lo
trasse
dentro
.
Nel
mezzo
della
camera
,
fra
quattro
ceri
accesi
,
giaceva
nella
bara
aperta
,
sotto
un
cumulo
di
fiori
recisi
e
languenti
come
lei
,
la
povera
Maria
.
Erano
rose
,
vainiglie
,
gelsomini
,
begonie
,
gerani
,
verbene
,
frondi
fiorite
di
olea
fragrans
,
e
altre
frondi
non
fiorite
,
egualmente
scure
,
egualmente
lucenti
:
le
frondi
del
carrubo
già
tanto
caro
a
lei
perché
tanto
caro
al
suo
papà
.
Fiori
e
frondi
erano
sparsi
anche
sul
viso
.
Franco
s
'
inginocchiò
singhiozzando
:
«
Dio
,
Dio
,
Dio
!
»
,
mentre
Luisa
prese
due
roselline
,
le
pose
in
una
manina
di
Maria
e
poi
la
baciò
sulla
fronte
.
«
Tu
puoi
baciarla
sui
capelli
»
,
diss
'
ella
.
«
Sul
viso
no
.
Il
dottore
non
vuole
.
»
«
Ma
tu
?
Ma
tu
?
»
«
Oh
,
per
me
è
un
'
altra
cosa
.
»
Egli
posò
invece
le
labbra
sulle
labbra
gelide
che
trasparivano
tra
le
foglie
di
carrubo
e
fiori
di
geranio
.
Ve
le
posò
lievemente
,
come
per
un
addio
tenero
,
non
disperato
,
alla
veste
caduta
e
vuota
della
diletta
creatura
sua
partita
per
altra
dimora
.
«
Maria
,
Maria
mia
»
,
sussurrò
fra
i
singhiozzi
,
«
che
cosa
è
stato
?
»
Egli
non
aveva
inteso
affatto
che
il
primo
discorso
delle
guardie
sugli
annegati
avesse
un
nesso
col
secondo
.
«
Non
lo
sai
?
»
,
gli
chiese
la
moglie
senza
sorpresa
,
pacatamente
.
Gliel
'
avevano
detto
com
'
era
stato
telegrafato
;
ma
ella
sapeva
pure
che
Ismaele
doveva
recarsi
a
Lugano
per
incontrarvi
Franco
e
ignorava
che
Ismaele
,
arrivata
la
posta
dal
Ceneri
senza
nessuno
,
era
andato
a
dormire
.
«
Povero
Franco
!
»
,
diss
'
ella
baciandolo
sul
capo
,
quasi
maternamente
.
«
Non
c
'
è
mica
stata
malattia
.
»
Egli
si
rizzò
in
piedi
,
esclamò
atterrito
:
«
Come
?
Non
c
'
è
stata
malattia
?
»
La
persona
che
Franco
aveva
udito
dormire
,
la
Leu
,
entrò
in
quel
momento
per
far
suffumigi
,
vide
Franco
,
rimase
sbalordita
.
«
Va
'
»
,
le
disse
Luisa
,
«
posa
il
fuoco
lì
fuori
,
mettici
quel
che
vuoi
e
poi
va
in
cucina
,
dormi
,
povera
Leu
.
»
Quella
obbedì
.
«
Non
c
'
è
stata
malattia
?
»
,
ripeté
Franco
.
«
Vieni
»
,
gli
rispose
sua
moglie
,
«
ti
racconterò
tutto
.
»
Lo
fece
sedere
sulla
dormeuse
,
a
piè
del
letto
matrimoniale
.
Egli
la
voleva
accanto
a
sé
.
Ella
gli
fe
'
segno
di
no
,
di
non
insistere
,
di
tacere
,
d
'
aspettare
,
e
sedette
a
terra
presso
la
sua
creatura
,
incominciò
il
racconto
doloroso
con
voce
piana
,
eguale
,
indifferente
,
quasi
,
al
dramma
che
diceva
,
con
una
voce
simile
a
quella
della
sorda
Pasotti
,
che
pareva
venire
da
un
mondo
lontano
.
Prese
le
mosse
dall
'
incontro
con
la
Bianconi
in
Campò
e
disse
,
sempre
con
la
stessa
calma
,
tutti
i
pensieri
,
tutti
i
sentimenti
che
l
'
avevan
portata
ad
affrontare
la
nonna
,
disse
i
fatti
sino
al
momento
in
cui
s
'
era
convinta
che
Maria
non
aveva
più
vita
.
Quand
'
ebbe
finito
s
'
inginocchiò
a
baciar
la
sua
morta
e
le
sussurrò
:
«
Il
tuo
papà
ha
in
mente
che
t
'
ho
uccisa
io
,
adesso
,
ma
non
è
vero
,
sai
,
non
è
vero
»
.
Egli
si
alzò
,
tutto
vibrante
di
una
commozione
senza
nome
,
si
chinò
sopra
di
lei
,
la
raccolse
da
terra
,
non
renitente
né
abbandonantesi
,
con
mani
risolute
e
riguardose
,
se
la
collocò
vicina
sulla
dormeuse
,
le
cinse
con
un
braccio
le
spalle
,
la
strinse
a
sé
,
le
parlò
sui
capelli
,
bagnandoli
di
poche
lagrime
ardenti
che
a
quando
a
quando
gli
rompevan
la
voce
:
«
Povera
Luisa
mia
,
no
,
non
l
'
hai
uccisa
tu
.
Come
vuoi
che
io
pensi
questa
cosa
?
Oh
,
no
,
cara
,
no
.
Io
ti
benedico
,
invece
,
per
tutto
che
hai
fatto
per
lei
da
quando
è
nata
.
Io
che
non
ho
fatto
niente
,
ti
benedico
,
te
che
hai
fatto
tanto
.
Non
dir
più
,
non
dir
più
quella
cosa
!
La
nostra
Maria
...
»
Un
violento
singhiozzo
gli
ruppe
le
parole
,
ma
subito
l
'
uomo
,
con
forte
volere
,
si
vinse
,
continuò
:
«
Non
sai
cosa
dice
la
nostra
Maria
in
questo
momento
?
Dice
:
mamma
mia
,
papà
mio
,
adesso
siete
soli
,
ciascuno
di
voi
non
ha
che
l
'
altro
,
siate
uniti
più
che
mai
,
donatemi
a
Dio
perché
mi
ridoni
a
voi
,
perché
io
sia
il
vostro
angelo
e
vi
conduca
un
giorno
a
Lui
e
stiamo
insieme
per
sempre
.
La
senti
,
Luisa
,
che
dice
così
?
»
.
Ella
fremeva
nelle
sue
braccia
,
scossa
da
sussulti
violenti
,
col
viso
basso
,
resistendo
a
Franco
che
glielo
voleva
alzare
.
Finalmente
gli
prese
in
silenzio
una
mano
e
gliela
baciò
.
Egli
pure
,
allora
,
la
baciò
sui
capelli
.
Poi
gli
sussurrò
:
«
Rispondimi
»
.
«
Tu
sei
buono
»
,
rispose
Luisa
con
voce
accorata
e
debole
,
«
tu
hai
pietà
di
me
ma
non
pensi
quello
che
tu
dici
.
Tu
devi
pensare
che
la
causa
della
sua
morte
sono
io
,
che
se
avessi
seguito
i
tuoi
sentimenti
,
le
tue
idee
,
non
sarei
uscita
di
casa
,
e
se
non
uscivo
di
casa
non
succedeva
niente
,
Maria
sarebbe
viva
.
»
«
Lascia
star
questo
,
lascia
star
questo
.
Tu
potevi
credere
che
Maria
fosse
in
camera
o
con
la
Veronica
,
tu
potevi
rimanere
in
sala
con
gli
sposi
e
la
disgrazia
sarebbe
successa
ugualmente
.
Non
pensar
più
a
questo
,
Luisa
.
Ascolta
invece
quello
che
ti
dice
Maria
.
»
«
Povero
Franco
!
Poveretto
,
poveretto
!
»
,
disse
Luisa
,
con
un
'
amarezza
di
sottintesi
paurosi
,
da
far
gelare
il
sangue
.
Franco
tacque
,
tremando
,
non
valendo
a
immaginare
cosa
ella
pensasse
,
eppure
temendo
udirlo
.
Si
sciolsero
lentamente
dalla
loro
stretta
,
Luisa
per
la
prima
.
Ella
riprese
però
la
mano
di
suo
marito
,
volle
accostarsela
da
capo
alle
labbra
.
Franco
trasse
teneramente
a
sé
quella
di
lei
,
tentò
un
'
ultima
parola
:
«
Perché
non
mi
vuoi
rispondere
?
»
«
Ti
farei
troppo
male
»
,
diss
'
ella
,
sottovoce
.
Egli
ebbe
il
senso
di
una
irreparabile
rovina
nell
'
anima
di
lei
e
tacque
.
Non
ritirò
la
mano
ma
si
sentì
mancare
ogni
forza
,
invader
da
uno
scuro
,
da
un
gelo
,
come
se
Maria
,
chiamata
inutilmente
,
fosse
morta
una
seconda
volta
.
L
'
angoscia
,
la
stanchezza
,
l
'
afa
,
i
misti
odori
della
camera
poterono
tanto
sopra
di
esso
che
dovette
uscire
per
non
venir
meno
.
Andò
in
loggia
.
Le
finestre
erano
aperte
;
l
'
aria
pura
,
fresca
,
lo
rianimò
.
Pianse
,
al
buio
,
la
sua
figliuola
,
senza
ritegno
,
senza
nemmeno
quel
ritegno
che
vien
dalla
luce
.
S
'
inginocchiò
ad
una
finestra
,
s
'
incrociò
le
braccia
sul
petto
,
pianse
,
col
viso
al
cielo
,
lagrime
e
parole
a
flutti
,
parole
incomposte
di
strazio
e
di
fede
ardente
,
chiamando
Dio
in
aiuto
,
Dio
,
Dio
che
lo
aveva
colpito
.
E
glielo
disse
,
a
Dio
,
con
la
piena
delle
lagrime
,
che
gli
permettesse
di
piangere
ma
che
sapeva
bene
perché
la
bambina
era
morta
.
Non
aveva
egli
tanto
pregato
che
il
Signore
la
salvasse
dal
pericolo
di
perdere
la
fede
stando
con
sua
madre
?
Ah
quella
sera
,
quella
ultima
sera
che
Maria
gli
aveva
detto
«
papà
mio
,
un
bacio
»
e
tante
altre
tenerezze
e
non
voleva
lasciar
la
sua
mano
,
come
come
aveva
pregato
!
Era
un
terrore
,
una
gioia
,
uno
spasimo
di
ricordarlo
.
«
Signore
,
Signore
»
,
diss
'
egli
verso
il
cielo
,
«
Tu
tacevi
e
mi
ascoltavi
,
Tu
mi
hai
esaudito
secondo
le
tue
vie
misteriose
,
Tu
hai
preso
il
mio
tesoro
con
Te
,
ella
è
sicura
,
ella
gode
,
ella
mi
aspetta
,
Tu
ne
congiungerai
!
»
Non
fu
amaro
il
dirotto
pianto
in
cui
le
parole
morirono
.
Ma
dopo
,
pensando
ancora
quest
'
ultima
sera
,
gli
fu
amarissimo
di
esser
partito
senza
dirlo
a
Maria
,
di
averla
ingannata
.
«
Maria
,
Maria
mia
»
,
supplicò
piangendo
,
«
perdonami
!
»
Dio
,
come
gli
pareva
impossibile
che
tutto
questo
fosse
vero
,
come
gli
pareva
di
andar
nell
'
alcova
,
di
doverla
trovar
là
,
dormente
nel
suo
lettino
,
con
la
testa
piegata
sulle
spalle
e
le
manine
aperte
abbandonate
sulle
lenzuola
,
con
le
palme
in
su
!
E
invece
vi
era
,
sì
,
ma
!
...
Oh
che
cosa
!
non
poteva
,
non
poteva
essere
fine
al
pianto
.
Venne
la
Leu
col
lume
e
gli
portò
il
caffè
.
L
'
aveva
mandata
la
signora
.
Egli
ebbe
un
movimento
di
tenera
gratitudine
per
sua
moglie
.
Dio
,
povera
Luisa
,
che
infelicità
nera
la
sua
!
E
quali
spaventose
apparenze
di
castigo
per
lei
nel
colpo
che
le
piombava
sopra
in
quel
momento
,
proprio
in
quel
momento
!
Lo
aveva
ben
compreso
,
lei
,
ch
'
egli
doveva
pensar
così
e
lo
pensava
davvero
e
aveva
negato
per
pietà
,
sì
,
per
pietà
com
'
ella
aveva
inteso
pure
.
E
queste
spaventose
apparenze
di
castigo
non
frutterebbero
dunque
niente
?
Ella
si
separava
da
Dio
più
che
mai
,
chi
sa
fino
a
qual
punto
.
Povera
,
povera
Luisa
!
Non
era
da
pregar
per
Maria
,
Maria
non
ne
aveva
bisogno
,
era
da
pregar
per
Luisa
,
da
pregar
dì
e
notte
,
da
sperar
nelle
preghiere
dell
'
animetta
cara
,
nascosta
in
Dio
.
Egli
parlò
con
la
Leu
,
abbastanza
calmo
,
si
fece
raccontar
da
lei
tutto
che
aveva
veduto
,
tutto
che
aveva
udito
della
cosa
terribile
.
«
La
voreva
propi
el
Signor
la
Soa
tosetta
»
,
disse
la
Leu
per
ultimo
.
«
Bisoeugnava
vedèlla
in
gièsa
,
cont
i
so
manitt
in
crôs
cont
el
so
bel
faccin
seri
.
La
somejava
on
angiol
tal
e
qual
!
Propi
.
»
Poi
domandò
a
Franco
se
desiderasse
tener
il
lume
.
No
,
preferiva
star
allo
scuro
.
E
il
funerale
,
a
che
ora
si
farebbe
?
La
Leu
credeva
che
si
farebbe
alle
otto
.
La
Leu
,
quando
cominciava
a
discorrere
,
non
smetteva
facilmente
e
forse
aveva
anche
paura
di
starsene
soletta
in
cucina
:
«
El
so
papà
!
»
,
diss
'
ella
ancora
prima
di
andarsene
.
«
El
so
car
papà
!
L
'
è
forsi
minga
vott
dì
che
son
vegnüda
chì
a
portagh
di
castegn
a
la
sciora
e
sta
cara
tosetta
,
che
la
parlava
inscì
polito
,
propi
come
on
avocàt
,
la
fa
:
"
Sai
,
Leu
,
presto
il
mio
papà
viene
a
Lugano
e
io
vado
a
trovarlo
"
.
Ciào
,
l
'
è
ona
gran
roba
!
»
Lagrime
e
lagrime
.
Ah
Iddio
aveva
preso
la
bambina
per
toglierla
agli
errori
del
mondo
,
Iddio
aveva
punito
Luisa
degli
errori
suoi
ma
non
era
disegnato
l
'
orribile
castigo
anche
per
lui
?
Non
aveva
egli
colpe
?
Oh
sì
,
quante
,
quante
!
Ebbe
la
chiara
visione
di
tutta
la
propria
vita
miseramente
vuota
di
opere
,
piena
di
vanità
,
mal
rispondente
alle
credenze
che
professava
,
tale
da
renderlo
responsabile
dell
'
irreligiosità
di
Luisa
.
Il
mondo
lo
giudicava
buono
per
le
qualità
di
cui
non
aveva
merito
alcuno
,
essendo
nato
con
esse
;
tanto
più
severo
sentiva
sopra
di
sé
il
giudizio
di
Dio
che
molto
gli
aveva
dato
e
frutto
non
ne
aveva
colto
.
S
'
inginocchiò
da
capo
,
si
umiliò
sotto
il
castigo
,
nella
desolata
contrizione
del
cuore
,
nell
'
ardor
di
espiare
,
di
purificarsi
,
di
farsi
degno
che
Iddio
lo
ricongiungesse
con
Maria
.
Pregò
e
pianse
a
lungo
a
lungo
,
poi
uscì
sulla
terrazza
.
Il
cielo
imbiancava
sopra
la
Galbiga
e
le
montagne
del
lago
di
Como
;
veniva
giorno
.
Dal
nero
Boglia
imminente
soffiavano
le
tramontane
fredde
.
Da
vicino
e
da
lontano
,
a
riva
di
lago
e
nell
'
alto
grembo
della
valle
,
si
levaron
suoni
di
campane
.
L
'
idea
che
Maria
e
la
nonna
Teresa
erano
insieme
,
felici
,
salì
al
cuore
di
Franco
spontanea
,
chiara
e
soave
.
Gli
parve
che
il
Signore
gli
dicesse
:
ti
addoloro
ma
ti
amo
,
aspetta
,
confida
,
saprai
.
Le
campane
suonavano
da
vicino
e
da
lontano
,
a
riva
di
lago
e
nell
'
alto
grembo
della
valle
,
il
cielo
diventava
più
e
più
bianco
sopra
la
Galbiga
,
verso
il
lago
di
Como
,
lungo
l
'
erto
profilo
nero
del
Picco
di
Cressogno
;
e
le
distese
dell
'
acqua
piana
prendevano
laggiù
in
levante
,
fra
le
grandi
ombre
dei
monti
,
un
chiaror
di
perla
.
Le
frondi
della
passiflora
,
tocche
dalle
tramontane
,
ondulavano
silenziosamente
sopra
il
capo
di
Franco
,
agitate
dall
'
aspettazione
della
luce
,
della
gloria
immensa
che
scendeva
in
oriente
colorando
di
sé
nuvoli
e
sereno
,
salutata
dalle
campane
.
Vivere
,
vivere
,
operare
,
soffrire
,
adorare
,
ascendere
!
La
luce
voleva
questo
.
Portarsi
via
i
vivi
tra
le
braccia
,
portarsi
via
i
morti
nel
cuore
,
ritornare
a
Torino
,
servir
l
'
Italia
,
morir
per
lei
!
Il
nuovo
giorno
voleva
questo
.
Italia
,
Italia
,
madre
cara
!
Franco
giunse
le
mani
in
uno
slancio
di
desiderio
.
Anche
Luisa
udì
le
campane
.
Non
avrebbe
voluto
udirle
,
non
avrebbe
voluto
che
venisse
giorno
mai
più
,
che
venisse
l
'
ora
di
ceder
Maria
alla
terra
.
Inginocchiata
presso
il
corpicino
della
sua
creatura
le
promise
che
ogni
giorno
,
finché
avesse
vita
,
sarebbe
venuta
a
parlarle
,
a
portarle
fiori
,
a
tenerle
compagnia
,
mattina
e
sera
.
Poi
sedette
,
affondò
nei
pensieri
cupi
che
non
aveva
voluto
dire
al
marito
,
cresciuti
e
maturati
in
lei
nel
corso
di
ventiquattr
'
ore
come
una
maligna
infezione
assorbita
da
lungo
tempo
,
rimasta
inerte
per
lungo
tempo
,
colta
,
un
dato
momento
,
dalla
corrente
del
sangue
,
divampata
con
fulminea
violenza
.
Tutte
le
sue
idee
religiose
,
la
sua
fede
nell
'
esistenza
di
Dio
,
il
suo
scetticismo
circa
la
immortalità
dell
'
anima
tendevano
a
capovolgersi
.
Ella
era
convinta
di
non
essere
affatto
in
colpa
della
morte
di
Maria
.
Se
realmente
esisteva
una
Intelligenza
,
una
Volontà
,
una
Forza
padrona
degli
uomini
e
delle
cose
,
la
mostruosa
colpa
era
sua
.
Questa
Intelligenza
aveva
freddamente
disegnato
la
visita
della
Pasotti
e
il
suo
dono
,
aveva
allontanato
da
Maria
le
persone
che
potevano
custodirla
in
assenza
della
madre
,
l
'
aveva
tratta
senza
difesa
nelle
sue
insidie
feroci
,
e
uccisa
.
Questa
Forza
aveva
fermato
lei
,
la
madre
,
proprio
nel
momento
in
cui
stava
per
compiere
un
atto
di
giustizia
.
Stupida
lei
che
aveva
prima
creduto
nella
Giustizia
Divina
!
Non
v
'
era
Giustizia
Divina
,
vi
era
invece
l
'
altare
alleato
del
Trono
,
il
Dio
austriaco
,
socio
di
tutte
le
ingiustizie
,
di
tutte
le
prepotenze
,
autore
del
dolore
e
del
male
,
uccisore
degl
'
innocenti
e
protettore
degl
'
iniqui
.
Ah
s
'
egli
esisteva
,
meglio
che
Maria
fosse
tutta
lì
,
in
quel
corpo
,
meglio
che
nessuna
parte
di
lei
cadesse
,
sopravvissuta
,
nelle
mani
della
sua
Onnipotenza
malvagia
!
Ma
era
possibile
dubitare
che
quest
'
orribile
Iddio
esistesse
.
E
se
non
esistesse
si
potrebbe
desiderare
che
una
parte
dell
'
essere
umano
continuasse
a
vivere
,
non
miracolosamente
,
ma
naturalmente
,
oltre
la
tomba
.
Ciò
era
forse
più
facile
a
concepire
,
che
la
esistenza
di
un
tiranno
invisibile
,
di
un
Creatore
feroce
contro
le
proprie
creature
.
Meglio
la
signoria
della
Natura
senza
Dio
,
meglio
un
padrone
cieco
ma
non
nemico
,
non
deliberatamente
cattivo
.
Certo
non
bisognava
pensare
più
in
alcun
modo
né
in
questa
vita
né
in
una
vita
futura
,
se
vi
fosse
,
al
fantasma
vano
,
Giustizia
.
La
fioca
luce
dell
'
alba
si
mesceva
a
'
suoi
pensieri
come
a
quelli
di
Franco
,
solenne
e
consolante
per
lui
,
odiosa
per
lei
.
Egli
,
cristiano
,
pensava
una
insurrezione
di
collera
e
d
'
armi
contro
fratelli
in
Cristo
per
l
'
amore
di
un
punto
sopra
un
minimo
astro
dei
cieli
;
ella
pensava
una
ribellione
immensa
,
una
liberazione
dell
'
Universo
.
Il
pensiero
di
lei
poteva
parere
più
grande
,
l
'
intelletto
di
lei
poteva
parere
più
forte
;
ma
Colui
che
meglio
è
conosciuto
dalle
generazioni
umane
quanto
più
ascendono
nella
civiltà
e
nella
scienza
;
Colui
che
consente
venire
onorato
da
ciascuna
generazione
secondo
il
poter
suo
e
che
gradatamente
trasforma
ed
alza
gl
'
ideali
dei
popoli
,
servendosi
per
il
governo
della
terra
,
nel
tempo
opportuno
,
anche
degl
'
ideali
inferiori
e
perituri
;
Colui
ch
'
essendo
la
Pace
e
la
Vita
sofferse
venir
chiamato
il
Dio
degli
eserciti
,
aveva
impresso
il
segno
del
Suo
giudizio
sul
viso
della
donna
e
sul
viso
dell
'
uomo
.
Mentre
l
'
alba
si
accendeva
in
aurora
,
la
fronte
di
Franco
venivasi
irradiando
di
una
luce
interiore
,
gli
occhi
suoi
ardevano
,
fra
le
lagrime
,
di
vigor
vitale
:
la
fronte
di
Luisa
sempre
più
si
oscurava
,
le
tenebre
salivano
in
fondo
a
'
suoi
occhi
spenti
.
Al
levar
del
sole
una
barca
comparve
alla
punta
della
Caravina
.
Era
l
'
avvocato
V
.
che
veniva
da
Varenna
alla
chiamata
di
Luisa
.
12
.
Fantasmi
La
sera
di
quello
stesso
giorno
una
conversazione
fiorita
si
raccolse
nella
sala
rossa
della
marchesa
.
Pasotti
vi
portò
seco
a
forza
la
sua
disgraziata
moglie
e
quasi
a
forza
il
signor
Giacomo
Puttini
riluttante
invano
ai
capricci
dispotici
del
Controllore
gentilissimo
.
Vennero
pure
il
curato
di
Puria
e
il
Paolin
,
curiosi
di
veder
l
'
effetto
della
tragedia
di
Oria
sulla
vecchia
faccia
di
marmo
.
Il
Paolin
trascinò
seco
il
buon
Paolon
,
mollemente
riluttante
anche
lui
come
un
pecorone
.
Venne
il
curato
di
Cima
,
devoto
alla
marchesa
,
venne
il
prefetto
della
Caravina
,
tutto
,
in
cuor
suo
,
per
Franco
e
Luisa
,
obbligato
,
come
parroco
di
Cressogno
,
a
certi
riguardi
verso
la
loro
nemica
.
Costei
accolse
tutti
col
solito
viso
impassibile
,
col
solito
flemmatico
saluto
.
Si
fece
sedere
accanto
,
sul
canapè
,
la
signora
Barborin
alla
quale
il
padrone
aveva
proibito
il
menomo
accenno
ai
casi
di
Oria
,
si
lasciò
ossequiare
dagli
altri
,
fece
le
solite
domande
al
Paolin
e
al
Paolon
circa
le
rispettive
loro
dame
e
soddisfatta
d
'
aver
appreso
che
la
Paolina
e
la
Paolona
stavano
bene
,
incrociò
le
mani
sul
ventre
e
tacque
dignitosamente
in
faccia
al
semicerchio
de
'
suoi
cortigiani
.
Pasotti
,
non
vedendo
Friend
,
s
'
informò
subito
di
lui
con
ossequiosa
premura
:
«
E
'
l
Friend
?
Poer
Friend
!
»
benché
se
lo
avesse
avuto
nelle
granfie
,
solus
cum
solo
,
quel
brutto
diavolaccio
ringhioso
che
sciupava
i
calzoni
a
lui
e
le
sottane
a
sua
moglie
,
lo
avrebbe
strozzato
con
gioia
.
Friend
era
infermo
da
due
giorni
.
Tutta
la
brigata
si
commosse
e
lamentò
il
caso
con
la
segreta
speranza
che
il
maledetto
mostro
fosse
per
crepare
.
La
Pasotti
vedendo
tante
bocche
parlare
,
tante
facce
diventar
contrite
,
e
non
udendo
una
parola
,
suppose
che
si
discorresse
di
Oria
,
si
rivolse
al
Paolon
suo
vicino
,
lo
interrogò
con
gli
occhi
,
spalancando
la
bocca
,
indicando
col
dito
la
direzione
di
Oria
.
Il
Paolon
le
fece
segno
di
no
.
«
Parlen
del
cagnoeu
»
,
diss
'
egli
.
La
sorda
non
intese
,
fece
«
ah
!
»
e
prese
,
a
caso
,
un
'
aria
compunta
.
Friend
mangiava
troppo
e
troppo
bene
,
soffriva
d
'
una
malattia
schifosa
.
Il
Paolin
e
il
curato
di
Puria
diedero
premurosi
consigli
.
Il
prefetto
della
Caravina
aveva
espresso
altrove
la
temperata
opinione
che
fosse
da
buttarlo
nel
lago
con
la
sua
padrona
al
collo
.
Mentre
si
parlava
con
tanto
interesse
della
bestia
di
casa
,
egli
pensava
a
Luisa
stravolta
,
livida
,
come
l
'
aveva
vista
la
mattina
,
quando
s
'
era
opposta
come
una
forsennata
,
prima
alla
chiusura
della
bara
,
poi
al
trasporto
,
e
quando
nel
cimitero
aveva
gettato
lei
con
le
sue
proprie
mani
la
terra
sulla
sua
bambina
,
dicendole
d
'
aspettarla
e
che
sarebbe
presto
discesa
a
giacer
con
lei
e
che
quello
doveva
essere
il
loro
paradiso
.
Se
si
parlava
con
interesse
del
rognoso
Friend
,
i
fantasmi
della
bambina
morta
e
della
madre
disperata
erano
però
nella
sala
.
Quando
nessuno
seppe
più
che
dire
del
cane
e
vi
ebbe
un
momento
di
silenzio
,
i
due
fantasmi
squallidi
furono
uditi
da
tutti
domandar
che
si
parlasse
di
loro
;
e
ciascuno
li
vide
negli
occhi
della
persona
che
li
amava
,
la
sorda
Pasotti
.
Suo
marito
cercò
subito
una
diversione
,
propose
al
signor
Giacomo
un
problema
di
tarocchi
.
Uno
scartante
che
ha
tre
cartine
,
tutte
figure
,
una
dama
e
due
cavalli
,
e
ha
pure
il
matto
,
cosa
deve
fare
?
Scartare
la
dama
e
un
cavallo
o
i
due
cavalli
?
Il
signor
Giacomo
si
mise
a
soffiare
a
tutto
vapore
,
gonfiando
le
gote
rosse
e
il
cravattone
bianco
:
«
Apff
!
No
.
Controllore
gentilissimo
,
no
,
La
me
dispensa
.
Da
le
dame
no
digo
ma
dai
cavai
mi
son
stà
sempre
lontan
.
Apff
!
»
.
Gli
altri
tarocchisti
raccolsero
in
fretta
il
problema
,
i
fantasmi
non
furono
più
uditi
e
ciascuno
respirò
.
Erano
le
nove
.
Alle
nove
,
di
solito
,
il
cameriere
entrava
con
due
candele
accese
e
apparecchiava
il
tavolino
del
tarocco
in
un
angolo
della
sala
,
fra
il
gran
camino
e
il
balcone
di
ponente
.
Allora
la
marchesa
si
alzava
e
diceva
con
la
sua
flemma
sonnolenta
:
«
Se
creden
»
.
I
due
o
tre
presenti
rispondevano
«
sem
chì
»
e
incominciava
l
'
entro
in
tre
o
la
partita
in
quattro
.
Il
vecchio
cameriere
,
affezionatissimo
a
don
Franco
,
esitò
,
quella
sera
,
a
portare
i
lumi
.
Non
gli
pareva
possibile
che
la
padrona
e
i
signori
avessero
il
coraggio
di
giuocare
.
Alle
nove
e
cinque
minuti
,
non
vedendolo
entrare
,
ciascuno
commentò
il
ritardo
fra
sé
.
Il
Paolin
,
prima
di
entrar
in
casa
,
aveva
sostenuto
contro
il
prefetto
che
non
si
sarebbe
giuocato
.
Egli
guardò
trionfante
il
suo
avversario
e
lo
guardò
pure
il
Paolon
compiacendosi
,
per
una
solidarietà
di
Paoli
,
che
avesse
ragione
il
Paolin
.
Pasotti
,
che
si
era
tenuto
sicuro
di
giuocare
,
cominciò
a
dar
segni
d
'
inquietudine
.
Alle
nove
e
sette
minuti
,
la
marchesa
pregò
il
prefetto
di
suonare
il
campanello
.
Quegli
restituì
al
Paolin
l
'
occhiata
trionfante
e
vi
aggiunse
tutto
il
muto
disprezzo
per
la
vecchia
,
che
poté
.
«
Apparecchiate
»
,
diss
'
ella
al
cameriere
.
Questi
entrò
poco
dopo
con
le
due
candele
.
Anche
in
fondo
agli
occhi
suoi
crucciosi
si
vedeva
il
fantasma
della
bambina
morta
.
Mentr
'
egli
disponeva
sul
tavolino
le
candele
,
le
carte
da
giuoco
e
i
gettoni
d
'
avorio
,
si
fece
nella
sala
quel
silenzio
di
aspettazione
che
soleva
precedere
l
'
alzarsi
della
marchesa
.
Ma
la
marchesa
non
diede
segno
di
volersi
alzare
.
Si
voltò
a
Pasotti
e
gli
disse
:
«
Controllore
,
se
desideran
giuocare
Loro
...
»
«
Marchesa
»
,
rispose
Pasotti
,
pronto
,
«
la
presenza
di
mia
moglie
non
deve
impedirle
di
fare
la
Sua
partita
.
Barbara
giuoca
male
ma
si
diverte
moltissimo
a
guardare
.
»
«
Stasera
non
giuoco
»
,
rispose
la
marchesa
.
La
voce
era
molle
ma
il
no
era
duro
.
Il
buon
Paolon
,
che
taceva
sempre
e
non
sapeva
giuocare
a
tarocchi
,
credette
aver
finalmente
trovato
una
parola
ossequiosa
e
savia
da
metter
fuori
.
«
Già
!
»
,
diss
'
egli
.
Pasotti
lo
guardò
in
cagnesco
,
pensò
:
«
cosa
c
'
entra
lui
?
»
,
ma
non
osò
parlare
.
La
marchesa
non
parve
accorgersi
della
scoperta
del
Paolon
e
soggiunse
:
«
Posson
giuocare
Loro
»
.
«
Mai
più
!
»
,
esclamò
il
prefetto
.
«
Neanche
per
sogno
!
»
Pasotti
levò
di
tasca
la
tabacchiera
.
«
Il
signor
prefetto
»
,
diss
'
egli
facendo
spiccare
le
sillabe
e
alzando
un
poco
la
mano
aperta
con
una
presa
tra
il
pollice
e
l
'
indice
,
«
parla
per
sé
.
Per
parte
mia
,
se
la
signora
marchesa
lo
desidera
,
son
pronto
a
soddisfare
il
suo
desiderio
.
»
La
marchesa
tacque
e
il
focoso
prefetto
,
incoraggiato
da
quel
silenzio
,
borbottò
a
mezza
voce
:
«
È
un
lutto
di
famiglia
,
infine
»
.
Da
quando
Franco
era
uscito
di
casa
il
suo
nome
non
era
mai
stato
pronunciato
nelle
conversazioni
serali
della
sala
rossa
,
la
marchesa
non
aveva
mai
fatto
allusione
a
lui
né
a
sua
moglie
.
Ella
ruppe
adesso
il
silenzio
di
quattro
anni
.
«
Mi
rincresce
per
la
creatura
»
,
diss
'
ella
,
«
ma
per
suo
padre
e
sua
madre
è
un
castigo
di
Dio
.
»
Tutti
tacquero
.
Dopo
alcuni
minuti
,
Pasotti
disse
a
voce
bassa
,
in
tono
solenne
:
«
Fulmineo
»
.
E
il
curato
di
Cima
soggiunse
più
forte
:
«
Evidente
»
.
Il
Paolin
ebbe
paura
di
tacere
e
di
parlare
,
fece
«
ma
!
»
e
allora
il
Paolon
osservò
:
«
Proprio
!
»
.
Il
signor
Giacomo
soffiò
.
«
Un
castigo
di
Dio
!
»
,
ripeté
con
enfasi
il
curato
di
Cima
.
«
E
anche
,
date
le
circostanze
,
un
segno
della
Sua
protezione
sopra
qualche
altra
persona
.
»
Tutti
,
meno
il
prefetto
che
si
rodeva
,
guardarono
la
marchesa
come
se
la
Mano
protettrice
dell
'
Onnipotente
fosse
sospesa
sopra
la
sua
parrucca
.
Invece
quella
Mano
Divina
stava
sopra
il
cappellone
della
Pasotti
e
le
teneva
ben
chiusi
gli
orecchi
onde
non
avessero
a
penetrarvi
contaminatrici
parole
d
'
iniquità
.
«
Curato
»
,
disse
Pasotti
,
«
poiché
la
signora
marchesa
lo
propone
,
facciamo
una
partitina
?
Lei
,
il
Paolin
,
il
signor
Giacomo
e
io
.
»
I
quattro
che
sedettero
al
tavolino
da
giuoco
si
lasciarono
subito
dolcemente
andare
,
nel
loro
angolo
,
alle
comode
mollezze
della
conversazione
sbottonata
,
alle
vecchie
barzellette
ambrosiane
attaccate
ai
tarocchi
come
l
'
unto
.
«
Hin
nanca
arrivaa
a
Barlassina
!
»
,
esclamò
Pasotti
dopo
la
prima
giuocata
,
ridendo
forte
per
far
suonare
la
sua
vittoria
e
la
sua
allegria
.
Quelli
là
si
erano
liberati
dai
fantasmi
;
gli
altri
no
.
La
sorda
,
impettita
e
immobile
sul
canapè
,
aveva
sofferto
angosce
mortali
aspettando
un
gesto
del
marito
che
le
imponesse
di
giuocare
.
Oh
Signore
,
dovrebbe
toccarle
anche
questa
condanna
?
Per
grazia
del
cielo
il
gesto
non
venne
fatto
e
la
sua
prima
impressione
nel
veder
i
quattro
prender
posto
al
tavolino
fu
di
sollievo
.
Ma
poi
le
riprese
subito
un
disgusto
amaro
.
Che
insulto
,
quel
giuoco
,
alla
sua
Luisa
,
che
disprezzo
per
la
povera
cara
Ombrettina
morta
!
Nessuno
le
parlava
,
nessuno
faceva
attenzione
a
lei
:
ella
si
mise
a
recitare
mentalmente
una
fila
di
Pater
,
Ave
e
Gloria
,
per
la
cattiva
creatura
seduta
all
'
altro
angolo
del
canapè
,
tanto
vecchia
,
tanto
vicina
a
comparire
davanti
a
Dio
.
Le
dedicò
la
preghiera
per
la
conversione
dei
peccatori
che
soleva
dire
mattina
e
sera
per
suo
marito
da
quando
aveva
scoperto
certe
sue
familiarità
con
una
bassa
persona
di
casa
.
Il
prefetto
,
a
udir
gli
schiamazzi
di
Pasotti
,
si
alzò
e
prese
congedo
.
«
Aspetti
»
,
gli
disse
la
marchesa
,
«
di
prender
un
bicchier
di
vino
.
»
Alle
nove
e
mezzo
soleva
capitare
una
bottiglia
preziosa
di
San
Colombano
vecchio
.
«
Stasera
non
bevo
»
,
rispose
il
prefetto
,
eroicamente
.
«
Son
troppo
sottosopra
da
questa
mattina
in
poi
.
Il
Puria
sa
perché
.
»
«
Ma
!
»
,
fece
il
Puria
,
sottovoce
.
«
È
stata
una
gran
tragedia
,
già
.
»
Silenzio
.
Il
prefetto
s
'
inchinò
alla
marchesa
,
salutò
la
Pasotti
con
l
'
espressione
del
«
c
'
intendiamo
»
e
partì
.
Il
curato
di
Puria
,
corpo
grosso
e
cervello
fino
,
studiava
la
marchesa
senza
parere
.
Era
ella
tocca
o
no
dai
fatti
di
Oria
?
L
'
essersi
astenuta
dal
giuoco
gli
pareva
un
indizio
dubbio
.
Poteva
averlo
fatto
per
rispetto
al
proprio
sangue
in
astratto
.
Osservandola
bene
il
curato
notò
che
le
sue
mani
tremavano
:
cosa
nuova
.
Ella
dimenticò
di
domandare
a
Pasotti
se
il
vino
fosse
buono
:
cosa
nuova
.
La
maschera
cerea
del
viso
aveva
di
tratto
in
tratto
qualche
contrazione
:
cosa
nuovissima
.
«
È
tocca
»
,
pensò
il
curato
.
Siccome
ella
taceva
,
la
Pasotti
taceva
,
il
Paolon
taceva
,
tutto
il
gruppo
pareva
petrificato
,
cercò
lui
di
rompere
il
ghiaccio
,
non
trovò
di
meglio
che
voltar
quelle
teste
verso
il
tavolino
del
giuoco
e
commentare
le
apostrofi
di
Pasotti
,
le
proteste
del
Paolin
,
i
«
no
digo
»
e
gli
«
apff
»
del
signor
Giacomo
.
La
marchesa
si
scosse
un
poco
,
si
compiacque
di
osservare
che
i
giuocatori
si
divertivano
.
La
Pasotti
non
udì
né
disse
mai
parola
e
gli
altri
tre
finirono
con
parlar
di
lei
.
La
marchesa
si
dolse
che
fosse
tanto
sorda
,
che
non
si
potesse
farle
un
po
'
di
conversazione
.
Gli
altri
due
dissero
di
lei
tutto
il
gran
bene
che
meritava
e
che
dice
ancora
chi
la
ricorda
.
Ella
stava
lì
malinconica
e
muta
,
non
sospettando
affatto
d
'
esser
il
soggetto
dei
loro
discorsi
.
Il
Signore
proteggeva
la
sua
profonda
,
ingenua
umiltà
,
non
le
lasciava
penetrar
negli
orecchi
le
lodi
della
gente
ma
solo
le
strapazzate
del
consorte
.
I
suoi
grandi
,
compunti
occhi
neri
si
ravvivarono
quando
il
signor
Giacomo
pronunciò
un
gran
soffio
finale
,
e
i
colleghi
,
lasciate
le
carte
,
si
abbandonarono
sulle
spalliere
delle
rispettive
seggiole
a
riposare
alquanto
,
a
ruminar
il
piacere
del
giuoco
.
Finalmente
il
suo
signore
si
avvicinò
al
canapè
,
le
fece
segno
di
alzarsi
.
Per
la
prima
volta
in
vita
sua
,
forse
,
ella
fu
contenta
di
salire
in
barca
,
con
grande
meraviglia
del
Puria
il
quale
dichiarò
che
sul
lago
,
di
notte
,
era
un
«
fifone
»
.
È
vero
che
a
cento
passi
da
Cressogno
l
'
orrore
del
lago
e
delle
tenebre
la
riprese
.
Pensò
allora
con
invidia
al
curato
del
quale
udiva
la
voce
sopra
il
Tentiòn
,
fra
gli
ulivi
.
«
Addio
,
fifone
!
»
,
gridò
Pasotti
.
Il
«
fifone
»
non
udì
.
Egli
e
il
Paolin
discorrevano
sottovoce
ma
con
gran
calore
,
commentando
le
parole
della
marchesa
,
del
prefetto
,
di
Pasotti
,
cercando
di
frugar
nel
cuore
della
vecchia
,
disputando
se
vi
fossero
pietà
e
rimorsi
.
Il
curato
era
per
il
sì
,
il
Paolin
per
il
no
.
Il
Paolon
precedeva
con
la
lanterna
mettendo
continui
,
inintelligibili
grugniti
.
Il
Paolin
andò
poi
mordendo
tutto
che
fosse
da
mordere
,
la
durezza
della
marchesa
,
la
malignità
di
Pasotti
,
la
dabbenaggine
di
sua
moglie
,
la
cortigianeria
del
Cima
,
la
temerità
del
prefetto
,
le
pazzie
di
Luisa
e
di
Franco
,
la
debolezza
dell
'
ingegnere
Ribera
,
tante
altre
colpe
di
vivi
e
di
morti
.
Durezze
,
debolezze
,
malignità
,
ostinazioni
,
cortigianerie
:
dappertutto
,
secondo
lui
,
c
'
era
in
fondo
quell
'
egoismo
porco
.
«
Che
gran
mond
mincion
!
»
,
fu
il
suo
riassunto
finale
.
«
Ch
'
el
senta
car
el
me
curat
,
quand
gh
'
è
quel
poo
de
ris
e
verz
con
quel
poo
de
formagg
per
sora
,
lassèm
pür
andà
tüsscoss
al
diavol
che
l
'
è
mej
.
»
Dopo
una
sentenza
tanto
logica
nulla
restava
più
a
dire
né
a
grugnire
e
la
piccola
comitiva
giunta
in
capo
alla
salita
procedette
silenziosa
per
le
umide
ombre
del
Campò
,
nell
'
odor
fresco
dei
castagni
e
dei
noci
,
senz
'
accorgersi
di
uno
spettro
che
passava
in
aria
,
vôlto
a
Cressogno
.
Partiti
i
suoi
ospiti
,
la
marchesa
suonò
il
campanello
per
il
rosario
che
non
s
'
era
potuto
dire
alla
solita
ora
.
Il
rosario
di
casa
Maironi
era
una
cosa
viva
che
aveva
le
sue
radici
nei
peccati
antichi
della
marchesa
e
veniva
sempre
più
sviluppandosi
,
mettendo
nuovi
Ave
e
nuovi
Gloria
a
misura
che
la
vecchia
dama
avanzava
negli
anni
e
si
scorgeva
più
netto
e
più
visibile
a
fronte
un
teschio
schifoso
,
il
proprio
.
Perciò
il
suo
rosario
era
lungo
assai
.
I
peccati
dolci
della
protratta
gioventù
non
le
pesavano
troppo
sulla
coscienza
;
ma
qualche
grossa
furfanteria
d
'
altro
genere
,
misurabile
in
lire
,
soldi
e
denari
,
mal
confessata
e
quindi
mal
perdonabile
,
le
dava
una
molestia
sempre
compressa
a
furia
di
rosari
e
sempre
rinascente
.
Mentre
chiedeva
al
Creditore
Grande
la
remissione
de
'
suoi
debiti
le
pareva
ch
'
Egli
avesse
facoltà
d
'
accordarla
intera
;
invece
dopo
le
si
levavano
da
capo
in
mente
le
facce
crucciose
dei
creditori
piccoli
,
ritornava
con
esse
il
dubbio
del
perdono
,
e
la
sua
avarizia
,
la
sua
superbia
avevano
a
lottare
con
il
terrore
di
un
carcere
perpetuo
per
debiti
,
oltre
la
tomba
.
Recitare
le
preghiere
per
la
conversione
dei
peccatori
e
quelle
per
la
guarigione
degl
'
infermi
,
prima
di
venire
ai
Deprofundis
,
annunciò
tre
Avemarie
nuove
secondo
la
sua
intenzione
.
La
guattera
,
una
semplice
pia
contadina
di
Cressogno
,
suppose
che
le
tre
Avemarie
fossero
domandate
per
quei
poveretti
di
Oria
e
le
recitò
con
tutto
lo
zelo
.
Le
Avemarie
della
guattera
urtarono
e
dispersero
quelle
della
padrona
,
che
chiedevano
sonno
,
riposo
di
nervi
e
di
coscienza
.
Quanto
alle
Avemarie
degli
altri
,
esse
furono
dette
secondo
la
loro
comune
intenzione
che
non
restassero
,
come
troppo
spesso
accadeva
,
definitivamente
appiccicate
al
rosario
.
Nessuna
insomma
poté
arrestare
lo
spettro
nel
suo
cammino
.
La
marchesa
si
ritirò
verso
le
undici
.
Prese
dell
'
acqua
di
cedro
e
avendo
la
cameriera
incominciato
a
parlare
di
Oria
,
di
don
Franco
che
si
sussurrava
essere
arrivato
,
le
impose
silenzio
.
Era
tocca
,
sì
.
Aveva
sempre
davanti
agli
occhi
l
'
immagine
di
Maria
come
l
'
aveva
veduta
una
volta
passando
in
gondola
sotto
la
villetta
Gilardoni
,
piccina
,
con
un
grembiale
bianco
,
i
capelli
lunghi
e
le
braccia
nude
,
stranamente
somigliante
ad
un
bambino
suo
,
mortole
a
tre
anni
.
Sentiva
ella
affetto
,
pietà
?
Non
sapeva
ella
stessa
quello
che
sentisse
.
Forse
dispetto
e
sgomento
di
non
sapersi
liberare
da
una
immagine
molesta
;
forse
paura
di
questo
pensiero
,
che
se
non
fosse
stato
commesso
certo
grosso
peccato
antico
,
se
il
testamento
del
marchese
Franco
non
fosse
stato
arso
,
la
bambina
non
sarebbe
morta
.
Come
fu
a
letto
si
fece
leggere
altre
preghiere
dalla
cameriera
,
le
ordinò
di
spegnere
il
lume
e
la
congedò
.
Chiuse
gli
occhi
,
cercò
di
non
pensare
a
niente
,
e
si
vide
sotto
le
palpebre
una
chiara
macchia
informe
che
si
venne
disegnando
in
un
guancialetto
,
poi
in
una
lettera
,
poi
in
un
gran
crisantemo
bianco
e
poi
in
un
viso
supino
,
morto
,
che
diventava
via
via
più
piccolo
.
Le
pareva
già
di
assopirsi
ma
per
effetto
di
quest
'
ultima
trasformazione
le
vibrò
nel
cuore
il
pensiero
della
bambina
,
non
vide
più
nulla
sotto
le
palpebre
,
il
sopore
si
dileguò
ed
ella
aperse
gli
occhi
,
inquieta
,
malcontenta
.
Si
propose
di
pensar
una
partita
di
tarocchi
per
cacciar
le
immaginazioni
moleste
e
richiamar
il
sonno
.
Pensò
ai
tarocchi
,
poté
,
con
uno
sforzo
,
vedersi
nella
testa
il
tavolino
da
giuoco
,
i
giuocatori
,
i
lumi
,
le
carte
;
ma
quando
cessò
dallo
sforzo
per
abbandonarsi
ad
una
visione
passiva
di
questi
soporifici
fantasmi
,
le
comparve
sotto
le
palpebre
tutt
'
altra
cosa
,
una
testa
che
cambiava
continuamente
lineamenti
,
espressione
,
attitudini
e
che
venne
per
ultimo
lentamente
ripiegandosi
avanti
sopra
se
stessa
come
nel
sonno
o
nella
morte
,
non
mostrando
più
che
i
capelli
.
Altra
scossa
di
nervi
;
la
marchesa
riaperse
gli
occhi
e
udì
l
'
orologio
della
scala
suonare
.
Contò
le
ore
:
dodici
.
Già
mezzanotte
e
non
poter
dormire
!
Stette
alquanto
ad
occhi
aperti
ed
ecco
adesso
immagini
nel
buio
come
prima
sotto
le
palpebre
.
Cominciavano
da
un
nucleo
informe
e
si
svolgevano
continuamente
.
Si
disegnò
un
quadrante
d
'
orologio
,
che
diventò
un
occhio
spaventato
di
pesce
,
un
occhio
umano
severo
.
Ad
un
tratto
venne
alla
marchesa
l
'
idea
che
non
riuscirebbe
a
dormire
e
il
sopore
già
inoltrato
andò
rotto
da
capo
.
Allora
ella
suonò
il
campanello
.
La
cameriera
si
fece
chiamar
due
volte
e
poi
venne
mezzo
svestita
,
dormigliosa
.
L
'
ordine
fu
di
posar
il
lume
sopra
una
sedia
per
modo
che
dal
letto
non
si
potesse
veder
la
fiamma
;
di
prendere
un
volume
di
prediche
del
Barbieri
e
di
leggere
a
mezza
voce
.
La
cameriera
era
abituata
a
somministrare
questi
narcotici
.
Si
pose
a
leggere
e
in
capo
alla
seconda
pagina
,
udendo
il
respiro
della
padrona
farsi
greve
,
andò
pian
piano
smorzando
la
voce
per
un
mormorio
inarticolato
,
fino
al
silenzio
.
Aspettò
un
poco
,
ascoltò
il
respiro
regolare
e
pesante
,
si
alzò
a
guardar
la
faccia
cupa
,
supina
sul
doppio
guanciale
con
le
sopracciglia
aggrottate
e
la
bocca
semiaperta
,
prese
il
lume
e
si
ritirò
in
punta
di
piedi
.
La
marchesa
dormiva
e
sognava
.
Sognava
di
giacer
sulla
soglia
nello
stanzone
buio
di
un
carcere
,
con
i
ceppi
ai
piedi
,
accusata
di
assassinio
.
Entrava
il
giudice
con
un
lume
,
sedeva
presso
a
lei
e
leggeva
una
predica
sulla
necessità
della
confessione
.
Ella
gli
si
protestava
innocente
,
ripeteva
:
«
Ma
non
sa
che
si
è
annegata
da
sé
?
»
.
Il
giudice
non
rispondeva
,
leggeva
,
leggeva
sempre
con
voce
compunta
e
solenne
,
e
la
marchesa
insisteva
:
«
No
,
non
l
'
ho
uccisa
»
.
Non
era
flemmatica
nel
sogno
,
si
agitava
come
una
disperata
.
«
Badi
»
,
rispondeva
il
giudice
.
«
La
bambina
lo
dice
.
»
Egli
si
alzava
in
piedi
e
ripeteva
:
«
Lo
dice
»
.
Poi
batté
forte
le
mani
palma
a
palma
ed
esclamò
:
«
Entrate
!
»
.
Fino
a
questo
punto
la
marchesa
aveva
sentito
,
sognando
,
di
sognare
;
qui
credette
svegliarsi
,
vide
con
orrore
che
qualcuno
era
entrato
infatti
.
Una
forma
umana
debolmente
luminosa
stava
a
sedere
sulla
poltrona
ingombra
di
vesti
,
presso
il
suo
letto
,
sì
ch
'
ella
non
poteva
vedere
la
parte
inferiore
dell
'
Apparizione
.
Il
busto
,
le
braccia
,
le
mani
raccolte
insieme
avevano
un
colore
biancastro
e
contorni
alquanto
incerti
;
la
testa
,
appoggiata
alla
spalliera
,
era
nitida
e
circonfusa
d
'
un
chiaror
pallido
.
Gli
occhi
scuri
,
vivi
,
fissavano
la
marchesa
.
Che
orrore
!
Era
veramente
la
bambina
morta
.
Che
orrore
,
che
orrore
!
Gli
occhi
dell
'
Apparizione
parlavano
,
lo
dicevano
.
Il
giudice
aveva
ragione
,
la
bambina
lo
diceva
,
senza
parole
,
con
gli
occhi
.
«
Tu
,
nonna
,
tu
sei
stata
,
tu
.
Io
avrei
dovuto
nascer
e
vivere
nella
tua
casa
.
Tu
non
l
'
hai
voluto
.
Sei
condannata
alla
morte
eterna
.
»
Gli
occhi
soli
,
i
fissi
,
tristi
,
pietosi
occhi
dicevano
tutto
questo
ad
un
tempo
.
La
marchesa
mise
un
lungo
gemito
,
stese
le
braccia
verso
l
'
Apparizione
,
credendo
dir
qualche
cosa
e
non
riuscendo
che
a
rantolare
«
ah
...
ah
...
ah
...
»
mentre
le
mani
,
le
braccia
,
il
busto
del
fantasma
sfumavano
in
una
nebbia
,
i
contorni
del
viso
illanguidivano
e
solo
rimaneva
intenso
lo
sguardo
,
che
finalmente
pure
si
velò
e
rientrò
quasi
in
un
lontano
e
profondo
Se
stesso
,
null
'
altro
rimanendo
dell
'
Apparizione
che
poca
fosforescenza
poi
assorbita
dall
'
ombra
.
La
marchesa
si
svegliò
di
soprassalto
,
ansante
,
non
si
ricordò
del
campanello
,
si
provò
a
gridare
e
non
riuscì
a
metter
fuori
la
voce
.
Con
un
impeto
della
sua
volontà
potente
ancora
nello
sfacelo
delle
forze
,
cacciò
le
gambe
dal
letto
,
discese
,
fece
due
passi
brancolando
nel
buio
,
incespicò
nella
poltrona
,
si
aggrappò
a
una
sedia
,
cadde
con
essa
pesantemente
sul
pavimento
,
si
mise
a
gemere
.
La
cameriera
si
svegliò
al
tonfo
,
chiamò
,
non
ebbe
risposta
,
udì
il
gemito
e
,
acceso
il
lume
,
accorse
,
vide
nella
penombra
,
tra
la
sedia
e
la
poltrona
,
qualche
cosa
di
bianco
e
d
'
enorme
che
si
divincolava
sul
pavimento
come
una
bestia
mostruosa
del
mare
tirata
in
secco
.
Gridò
,
corse
al
campanello
,
svegliò
d
'
un
colpo
tutta
la
casa
e
si
precipitò
ad
aiutar
la
vecchia
che
rantolava
:
«
Il
prete
,
il
prete
!
Il
prefetto
,
il
prefetto
!
»
13
.
In
fuga
Alle
due
e
mezzo
dopo
la
mezzanotte
,
Franco
,
l
'
avvocato
V
.
e
il
loro
amico
Pedraglio
erano
seduti
in
loggia
,
al
buio
,
in
silenzio
.
A
un
tratto
Pedraglio
si
alzò
dicendo
:
«
Cosa
fa
questo
asino
?
»
,
uscì
sulla
terrazza
,
vi
stette
in
ascolto
e
rientrò
.
«
Niente
»
,
diss
'
egli
.
«
Disi
mi
,
e
per
quell
'
asino
che
si
sarà
addormentato
dobbiamo
star
qui
da
minchioni
ad
aspettare
che
ci
prendano
?
Tu
,
Maironi
,
la
strada
presso
a
poco
la
sai
e
siamo
poi
anche
in
tre
che
abbiamo
il
fegato
buono
.
Se
occorrerà
de
dà
via
on
quai
cazzott
el
darèm
via
,
neh
ti
avocàt
?
»
Il
Pedraglio
s
'
era
trovato
la
sera
prima
,
verso
le
sette
,
sulla
strada
fra
Loveno
e
Menaggio
nel
luogo
che
chiamano
«
el
crott
del
Bertin
»
.
Un
uomo
gli
aveva
chiesto
l
'
elemosina
e
posto
in
mano
un
biglietto
.
Poi
si
era
allontanato
rapidamente
.
Il
biglietto
diceva
:
«
Perché
il
Carlino
Pedraj
non
valo
mica
subito
a
Oria
a
trovare
il
Signor
Maironi
e
il
signor
avocatto
di
Varenna
per
fare
una
bella
spasseggiata
con
gli
amici
cari
da
quel
co
di
quel
palo
?
»
.
Dopo
l
'
arresto
del
medico
di
Pellio
,
amico
suo
,
Pedraglio
era
in
sospetto
di
qualche
tiro
della
Polizia
,
e
quel
biglietto
non
era
il
primo
avviso
salutare
e
sgrammaticato
che
pervenisse
a
un
patriota
.
Il
biglietto
parlava
chiaro
;
bisognava
passar
subito
il
palo
del
confine
.
Il
Pedraglio
non
sapeva
niente
della
disgrazia
di
Franco
né
del
suo
ritorno
né
che
l
'
avvocato
fosse
a
Oria
,
ma
non
andò
a
cercar
altro
,
corse
a
Loveno
,
si
provvide
di
denaro
e
si
pose
in
cammino
.
Non
si
fidò
di
venire
a
Porlezza
,
prese
il
sentiero
che
presso
Tavordo
sale
per
un
vallone
deserto
al
Passo
Stretto
.
Agile
come
un
camoscio
,
arrivò
in
quattr
'
ore
a
Oria
,
trovò
che
Franco
e
l
'
avvocato
si
preparavano
a
partire
per
un
altro
avvertimento
misterioso
pervenuto
loro
dal
curato
di
Castello
,
ch
'
era
stato
a
Porlezza
e
ne
aveva
ricevuto
l
'
incarico
in
confessione
.
Ismaele
doveva
guidarli
oltre
il
confine
.
I
passi
del
Boglia
erano
guardatissimi
.
Ismaele
si
proponeva
di
passar
fra
il
monte
della
Nave
e
Castello
per
calar
poi
nella
valle
,
tagliar
dritto
all
'
Alpe
di
Castello
sotto
il
Sasso
Grande
e
di
là
scendere
a
Cadro
,
un
'
ora
sopra
Lugano
.
Ma
Ismaele
doveva
venire
alle
due
,
e
alle
due
e
mezzo
non
s
'
era
veduto
ancora
.
Anche
Luisa
era
in
piedi
.
Stava
nell
'
alcova
rammendando
un
paio
di
calze
di
Maria
per
metterle
poi
sul
lettino
dove
aveva
disposto
le
cosucce
di
Ombretta
con
la
stessa
cura
di
quando
la
piccina
era
viva
.
Non
aveva
voluto
vedere
né
l
'
avvocato
né
Pedraglio
.
Dopo
le
smanie
del
funerale
il
suo
dolore
aveva
ripreso
quell
'
aspetto
cupo
che
più
dispiaceva
al
dottor
Aliprandi
.
Non
smaniava
più
,
non
parlava
;
pianto
,
non
aveva
mai
.
Il
suo
contegno
con
Franco
era
un
contegno
di
pietà
per
l
'
uomo
che
l
'
amava
e
il
cui
affetto
,
la
cui
presenza
le
erano
,
malgrado
lei
stessa
,
indifferenti
.
Franco
,
sperando
nell
'
impiego
di
cui
gli
aveva
tenuto
parola
il
suo
direttore
,
aveva
parlato
di
portar
seco
la
famiglia
a
Torino
.
Lo
zio
,
poveretto
,
era
disposto
anche
a
questo
sacrificio
ma
Luisa
aveva
detto
chiaro
che
piuttosto
di
allontanarsi
dalla
sua
figliuola
finirebbe
nel
lago
come
lei
.
Franco
,
udita
la
proposta
di
partire
senza
Ismaele
,
si
alzò
e
disse
che
andava
a
congedarsi
da
sua
moglie
.
Nello
stesso
momento
l
'
avvocato
udì
un
passo
nella
strada
.
«
Silenzio
!
»
,
diss
'
egli
.
«
È
qui
.
»
Franco
uscì
sulla
terrazza
.
Qualcuno
veniva
infatti
dalla
parte
di
Albogasio
.
Franco
attese
che
arrivasse
sul
sagrato
e
chiamò
a
mezza
voce
:
«
Ismaele
!
»
«
Sono
io
»
,
rispose
una
voce
che
non
era
quella
di
Ismaele
.
«
Sono
il
prefetto
.
Vengo
su
.
»
Il
prefetto
?
A
quell
'
ora
?
Che
poteva
essere
accaduto
?
Franco
andò
in
cucina
ad
accendere
un
lume
e
discese
le
scale
in
fretta
.
Passarono
cinque
minuti
e
gli
amici
non
lo
videro
ricomparire
.
Capitò
invece
la
moglie
d
'
Ismaele
a
dire
che
suo
marito
si
sentiva
male
e
non
poteva
muoversi
.
Parlò
dal
sagrato
a
Pedraglio
che
stava
sulla
terrazza
.
Quegli
corse
a
chiamar
Franco
.
Lo
trovò
sulle
scale
che
saliva
col
prefetto
.
«
La
guida
è
ammalata
»
,
diss
'
egli
,
conoscendo
il
prete
per
un
galantuomo
.
«
Andiamo
e
non
perdiamo
tempo
.
»
Franco
gli
rispose
che
subito
non
poteva
venire
e
che
lo
precedessero
.
Come
,
non
poteva
venire
?
No
,
non
poteva
.
Fece
passare
il
prefetto
in
sala
,
chiamò
l
'
avvocato
,
insistette
con
lui
e
con
Pedraglio
perché
partissero
subito
.
Era
successa
una
cosa
straordinaria
,
doveva
parlarne
a
sua
moglie
,
non
poteva
dire
che
risoluzione
prenderebbe
.
Gli
amici
protestarono
che
mai
non
l
'
avrebbero
abbandonato
.
L
'
allegro
Pedraglio
,
uso
a
spendere
oltre
i
desideri
di
suo
padre
,
osservò
che
alla
peggio
a
Josephstadt
o
a
Kufstein
si
viveva
più
a
buon
mercato
e
più
virtuosamente
che
a
Torino
e
che
ciò
avrebbe
consolato
il
suo
«
regiôr
»
.
«
No
no
!
»
,
esclamò
Franco
.
«
Andate
,
andate
!
Prefetto
,
persuadili
tu
!
»
Ed
entrò
nell
'
alcova
.
«
Partite
?
»
,
gli
disse
Luisa
con
quella
voce
che
pareva
venire
da
un
mondo
lontano
.
«Addio.»
Egli
le
si
avvicinò
,
si
chinò
a
baciar
la
calzettina
che
teneva
in
mano
.
«
Luisa
»
,
mormorò
,
«
c
'
è
qui
il
prefetto
della
Caravina
.
»
Ella
non
mostrò
alcuna
sorpresa
.
«
La
nonna
lo
ha
fatto
chiamare
stanotte
»
,
continuò
Franco
.
«
Gli
ha
detto
di
aver
veduto
la
nostra
Maria
,
luminosa
come
un
angelo
.
»
«
Oh
,
che
menzogna
!
»
,
fece
Luisa
con
una
voce
grossa
di
disprezzo
,
senz
'
ira
.
«
Come
se
fosse
possibile
che
andasse
da
lei
e
non
venisse
da
me
!
»
«
Maria
le
ha
toccato
il
cuore
»
,
riprese
Franco
.
«
Ella
ci
domanda
perdono
,
ha
paura
di
morire
,
mi
supplica
di
andar
da
lei
,
di
portarle
una
parola
di
pace
anche
per
te
.
»
Neppure
Franco
credeva
all
'
Apparizione
,
scettico
profondamente
com
'
era
per
tutto
il
soprannaturale
non
religioso
,
ma
credeva
che
Maria
,
nella
sua
esistenza
superiore
,
avesse
già
potuto
operare
un
miracolo
,
toccar
il
cuore
della
nonna
e
ciò
gli
recava
una
commozione
indicibile
.
Luisa
restò
di
ghiaccio
.
Neppur
s
'
irritò
,
come
Franco
temeva
,
all
'
idea
di
mandar
un
messaggio
amorevole
.
«
La
nonna
avrà
paura
dell
'
inferno
»
,
osservò
con
quella
sua
freddezza
mortale
.
«
L
'
inferno
non
c
'
è
,
tutto
si
riduce
a
un
po
'
di
spavento
,
è
una
pena
da
niente
,
la
subisca
e
poi
muoia
anche
lei
come
si
muore
tutti
e
amen
.
»
Franco
intese
che
sarebbe
stato
inutile
insistere
.
«
Allora
vado
»
,
diss
'
egli
.
Ella
tacque
.
«
Non
credo
che
potrò
ripassar
da
casa
,
nel
ritorno
»
,
riprese
Franco
.
«
Dovrò
prendere
la
montagna
.
»
Nessuna
risposta
.
Il
giovane
disse
sottovoce
:
«
Luisa
!
»
.
Rimprovero
,
dolore
,
passione
:
tutto
questo
era
nel
suo
richiamo
.
Le
mani
di
Luisa
,
che
mai
non
avevano
smesso
il
lavoro
,
si
fermarono
.
Ella
mormorò
:
«
Non
sento
più
niente
.
Sono
un
sasso
»
.
Franco
si
sentì
mancare
,
baciò
sua
moglie
sui
capelli
,
le
disse
addio
,
entrò
nell
'
alcova
,
s
'
inginocchiò
,
abbracciò
il
lettuccio
voto
,
pensò
alla
vocina
del
suo
tesoro
:
«
ancora
un
bacio
,
papà
»
,
ebbe
un
assalto
di
pianto
,
si
contenne
,
corse
via
precipitosamente
.
Gli
amici
lo
attendevano
in
sala
impazienti
.
Come
partire
se
non
conoscevan
le
strade
?
L
'
avvocato
conosceva
la
strada
di
Boglia
,
sì
,
ma
era
da
prendere
,
volendo
sfuggire
alle
guardie
?
Quando
udirono
che
Franco
intendeva
andare
a
Cressogno
rimasero
sbalorditi
.
Pedraglio
uscì
dai
gangheri
,
disse
ch
'
era
un
'
indegnità
di
piantar
così
gli
amici
nell
'
imbarazzo
.
Il
prefetto
,
udito
come
le
cose
stavano
,
s
'
unì
a
Pedraglio
,
offerse
di
giustificare
Franco
,
gli
propose
di
scrivere
due
parole
ch
'
egli
avrebbe
portate
a
Cressogno
.
Ma
Franco
aveva
l
'
idea
che
la
sua
Maria
volesse
da
lui
questa
cosa
e
non
cedette
.
Gli
venne
in
mente
che
il
prefetto
era
pratico
di
tutti
i
sentieri
come
una
lepre
.
«
Va
'
tu
!
»
,
gli
diss
'
egli
.
«
Accompagnali
tu
!
»
Il
prefetto
stava
per
rispondere
che
forse
la
marchesa
potrebbe
aver
bisogno
di
lui
,
quando
l
'
avvocato
fece
:
«
Zitto
!
guardate
»
.
Proprio
davanti
alla
casa
,
dove
l
'
ombra
del
monte
Bisgnago
si
profilava
sull
'
acqua
ondulando
,
c
'
era
una
barca
ferma
.
Franco
riconobbe
la
lancia
delle
guardie
di
finanza
.
«
Scommetto
che
quei
porci
là
ci
fanno
la
guardia
»
,
mormorò
Pedraglio
.
«
Temono
che
si
scappi
in
barca
.
Almeno
spiano
!
»
«
Zitto
!
»
,
fece
ancora
l
'
avvocato
affacciandosi
alla
finestra
verso
il
sagrato
.
Tutti
tacquero
,
trattenendo
il
respiro
.
«
Fioeui
!
»
,
disse
V
.
scostandosi
bruscamente
dalla
finestra
:
«
Ghe
semm
!
»
.
Franco
andò
alla
finestra
,
vide
un
uomo
solo
che
veniva
correndo
,
credette
a
un
falso
allarme
;
ma
l
'
uomo
,
quel
tale
che
portava
il
nomignolo
di
«
légora
fügada
»
,
che
vedeva
e
sapeva
tutto
,
gli
gittò
,
passando
sotto
la
finestra
,
due
parole
:
«
La
forza
!
»
.
Si
udirono
in
pari
tempo
i
passi
di
molte
persone
.
Franco
esclamò
«
Con
me
!
anche
tu
,
prefetto
!
»
.
Si
slanciò
,
seguito
da
tutti
,
nel
cortiletto
ch
'
è
tra
la
casa
e
il
monte
,
raggiunse
,
passando
per
una
legnaia
,
la
scorciatoia
che
mette
ad
Albogasio
Superiore
.
Faceva
così
scuro
che
nessuno
si
accorse
di
una
guardia
di
finanza
appostata
con
la
carabina
in
pugno
a
due
passi
dall
'
uscio
della
legnaia
.
Per
fortuna
la
guardia
,
certo
Filippini
di
Busto
,
era
un
galantuomo
che
mangiava
a
malincuore
il
pane
austriaco
per
non
averne
potuto
trovare
altro
.
«
Presto
!
»
,
diss
'
egli
sottovoce
.
«
Prendano
i
campi
e
poi
la
strada
di
Boglia
!
Il
sentiero
sotto
il
faggio
della
Madonnina
,
a
sinistra
!
»
Franco
ringraziò
quell
'
uomo
,
si
avventò
con
i
compagni
sul
ripido
sentiero
che
mette
alla
stradicciuola
comunale
di
Albogasio
Superiore
.
Giunti
a
mezza
via
,
saltarono
tutti
a
destra
in
un
campo
di
granturco
e
stettero
in
ascolto
.
Udirono
passi
sulla
scaletta
che
sale
dal
sagrato
e
poi
sul
sentiero
dov
'
era
appostata
la
guardia
.
Evidentemente
si
voleva
accertarsi
che
tutte
le
uscite
fossero
ben
guardate
.
I
quattro
strisciarono
subito
via
attraverso
il
granturco
e
giunti
sotto
lo
scoglio
che
chiamano
«
Sass
del
Lori
»
,
tennero
consiglio
.
Avrebbero
potuto
prendere
il
sentiero
che
monta
sulla
strada
di
Albogasio
proprio
alla
porta
del
giardino
Pasotti
,
e
poi
arrampicarsi
di
campo
in
campo
fino
alla
strada
di
Boglia
.
Ma
il
sentiero
era
difficile
a
trovare
a
quell
'
ora
;
temendo
perdere
troppo
tempo
,
prescelsero
di
raggiungere
una
scaletta
che
da
Albogasio
Inferiore
sale
presso
alla
casa
Puttini
.
Quindi
,
girando
a
destra
la
casa
Puttini
,
avrebbero
raggiunto
in
due
salti
la
strada
di
Boglia
.
Faceva
già
un
po
'
meno
scuro
;
ciò
era
male
per
un
verso
ma
era
bene
per
cavarsela
da
quel
labirinto
di
campicelli
e
di
muricciuoli
.
Nessuno
parlava
.
Il
solo
Pedraglio
,
qualche
volta
,
inciampando
in
un
sasso
o
pungendosi
in
una
siepe
,
tirava
una
maledizione
meneghina
.
Allora
gli
altri
zittivano
.
Arrivarono
sulla
scaletta
preceduti
dal
prefetto
che
saltava
muri
e
siepi
come
uno
scoiattolo
.
Quando
furono
tutti
raccolti
sulla
scaletta
,
Franco
si
staccò
dal
gruppo
.
Per
la
strada
di
Boglia
non
avevano
bisogno
di
lui
,
egli
andava
a
Cressogno
.
Invano
Pedraglio
lo
afferrò
per
le
braccia
,
invano
il
prefetto
lo
supplicò
di
non
esporsi
a
un
arresto
sicuro
,
magari
all
'
ergastolo
.
Egli
credeva
di
obbedire
alla
voce
di
Maria
,
a
un
dovere
di
coscienza
.
Si
strappò
da
Pedraglio
e
disparve
su
per
la
scaletta
,
non
volendo
andar
a
Cressogno
per
S
.
Mamette
che
sarebbe
stato
troppo
pericoloso
.
«
Avanti
!
»
,
disse
il
prefetto
.
«
Quello
là
è
matto
,
pensiamo
a
noi
.
»
Girando
la
casa
del
Puttini
udirono
gente
che
veniva
loro
incontro
e
ridiscesero
.
La
porta
di
casa
Puttini
era
aperta
.
Vi
entrarono
.
La
gente
passò
discorrendo
.
Erano
contadini
e
uno
diceva
:
«
Dove
diavol
el
va
a
st
'
ora
chì
?
»
.
Ahimè
,
hanno
incontrato
e
riconosciuto
Franco
.
Se
i
gendarmi
e
le
guardie
si
mettono
alla
caccia
dei
fuggitivi
e
s
'
imbattono
in
quella
gente
,
ecco
che
trovano
una
traccia
.
Sull
'
alba
si
trova
sempre
gente
.
Stavolta
s
'
è
potuta
evitare
;
un
'
altra
volta
,
forse
,
non
si
potrà
;
un
altro
incontro
può
riescir
fatale
all
'
avvocato
e
a
Pedraglio
come
il
primo
riuscirà
probabilmente
fatale
a
Franco
.
«
Bisognerebbe
che
vi
travestiste
da
contadini
»
,
dice
il
prefetto
.
All
'
avvocato
,
che
ha
dell
'
artista
e
del
poeta
e
conosce
bene
il
Puttini
,
viene
un
'
idea
:
pigliar
gli
abiti
del
sior
Zacomo
per
il
Pedraglio
ch
'
è
piccolo
anche
lui
,
pigliar
per
sé
un
vestito
della
serva
ch
'
è
grande
e
grossa
,
cacciar
le
spoglie
proprie
in
una
gerla
,
caricarsene
le
spalle
e
via
per
Boglia
.
Il
primo
deputato
politico
di
Albogasio
ha
cento
ragioni
di
andare
nel
bosco
del
Comune
.
Detto
fatto
salgon
le
scale
e
il
prefetto
,
ch
'
è
pratico
,
va
diritto
a
chiamare
la
Marianna
.
Costei
non
risponde
;
la
sua
camera
è
vuota
.
Il
prefetto
indovina
subito
che
la
perfida
servente
è
andata
a
S
.
Mamette
per
qualche
negozio
segreto
,
come
quello
dell
'
olio
.
Ecco
perché
l
'
uscio
di
strada
era
aperto
!
Vanno
in
cucina
,
accendono
due
lumi
,
l
'
avvocato
ne
piglia
uno
e
si
fa
insegnare
la
camera
del
sior
Zacomo
.
Intanto
Pedraglio
esplora
la
cucina
con
l
'
altro
lume
,
in
cerca
«
de
on
quai
diavol
de
bev
»
per
pigliar
fiato
.
Il
sior
Zacomo
dormiva
in
una
stanza
d
'
angolo
oltre
una
sala
che
l
'
avvocato
attraversò
in
punta
di
piedi
camminando
tra
mucchi
di
castagne
,
di
noci
,
di
nocciuole
e
di
pere
.
Egli
si
accosta
all
'
uscio
:
è
chiuso
.
Origlia
:
silenzio
.
Gira
pian
piano
la
maniglia
e
spinge
.
L
'
infame
uscio
scricchiola
,
si
ode
un
formidabile
soffio
e
il
sior
Zacomo
dice
rabbiosamente
:
«
Andé
!
No
seché
!
Andé
via
!
»
.
L
'
avvocato
entrò
senz
'
altro
.
«
Via
,
maledeta
,
digo
!
»
,
gridò
il
sior
Zacomo
,
rizzando
sul
guanciale
la
punta
bianca
del
suo
berretto
da
notte
.
Veduto
l
'
avvocato
,
si
mise
a
gemere
.
«
Oh
Dio
,
oh
Dio
!
povareto
mi
,
La
me
perdoni
per
carità
,
credeva
che
fosse
la
servente
!
Avvocato
distintissimo
,
in
nome
de
Dio
,
cossa
xe
nato
?
»
«
Gnente
gnente
,
sior
Zacomo
»
,
fece
l
'
avvocato
contraffacendolo
molto
lombardamente
col
suo
imperturbabile
umorismo
.
«
Ghe
xe
qua
,
digo
,
ciò
,
el
Commissario
de
Porlezza
.
»
«
Oh
Dio
!
»
Il
sior
Zacomo
fece
atto
di
gettar
le
gambe
fuori
del
letto
.
«
Gnente
,
gnente
,
quieto
quieto
,
soto
soto
.
Andemo
in
Boglia
,
digo
,
ciò
,
per
quel
maledeto
toro
!
»
«
Oh
Dio
,
cossa
disela
,
che
a
sta
stagion
in
Boglia
no
ghe
xe
tori
!
Mi
sudo
tuto
!
»
«
No
fa
gnente
,
andemo
,
digo
,
a
veder
el
posto
,
ciò
,
dove
ch
'
el
gera
.
Ma
il
signor
Commissario
»
,
continuò
il
beffardo
avvocato
lasciando
un
linguaggio
che
troppo
lo
imbarazzava
,
«
Le
proibisce
assolutamente
di
venire
con
noi
,
per
le
sue
buone
ragioni
.
Le
proibisce
di
uscire
prima
del
nostro
ritorno
e
anzi
mi
ha
ordinato
di
portarle
via
gli
abiti
.
»
E
si
diede
a
raccogliere
rapidamente
gli
abiti
del
sior
Zacomo
,
gl
'
intimò
il
silenzio
in
nome
del
Commissario
,
pigliò
il
cappellone
a
cilindro
,
arraffò
la
mazza
di
canna
d
'
India
,
ordinò
al
disgraziato
di
dare
il
chiavistello
appena
uscito
lui
e
di
non
aprire
a
nessuno
,
di
non
parlare
a
nessuno
prima
del
ritorno
del
Commissario
e
tutto
in
nome
del
signor
Commissario
.
Poi
,
lasciatolo
più
morto
che
vivo
,
raggiunse
i
compagni
che
,
fruga
qua
e
fruga
là
,
avevano
scovato
un
lurido
vestito
della
Marianna
,
un
fazzolettone
rosso
,
una
gerla
e
una
bottiglia
di
anesone
triduo
.
«
Accidenti
!
»
,
fece
l
'
avvocato
,
quando
vide
la
roba
immonda
che
doveva
mettere
.
Il
suo
travestimento
andava
veramente
male
,
la
sottana
era
corta
,
il
fazzolettone
non
gli
nascondeva
abbastanza
la
faccia
,
ma
non
c
'
era
tempo
di
far
meglio
.
Invece
il
Pedraglio
,
cappellone
in
testa
e
canna
d
'
India
in
mano
,
riescì
un
sior
Zacomo
perfetto
.
L
'
avvocato
gli
fece
prendere
sotto
l
'
ascella
uno
scartafaccio
che
trovò
in
cucina
,
gl
'
insegnò
come
doveva
camminare
e
soffiare
.
Prese
per
ultimo
le
chiavi
della
cantina
,
due
chiavi
enormi
,
ne
diede
una
al
Pedraglio
e
una
ne
mise
in
tasca
per
due
possibili
pugni
,
uno
in
chiave
di
violino
,
disse
,
e
l
'
altro
in
chiave
di
basso
.
E
così
uscirono
,
il
prefetto
davanti
,
poi
il
finto
sior
Zacomo
che
soffiava
come
una
macchina
a
vapore
,
poi
la
finta
Marianna
con
la
gerla
.
Appena
furono
in
istrada
ecco
spuntar
la
Marianna
vera
di
ritorno
da
San
Mamette
con
un
fiasco
vuoto
.
Vista
,
tra
il
fosco
e
il
chiaro
,
la
tuba
del
padrone
,
diede
volta
e
via
a
gambe
.
«
Brutta
ladra
»
,
fece
il
prefetto
.
«
Benone
.
Il
travestimento
va
benone
.
»
In
cinque
minuti
furono
sulla
strada
di
Boglia
.
Il
prefetto
ridiscese
,
udì
persone
che
salivano
da
Albogasio
Superiore
discorrendo
di
gendarmi
e
di
guardie
,
andò
loro
incontro
,
domandò
che
ci
fosse
di
nuovo
.
Una
bagatella
.
Polizia
,
gendarmi
,
soldati
a
casa
Ribera
per
arrestare
don
Franco
Maironi
e
pare
anche
l
'
avvocato
V
.
,
perché
sapevano
che
ci
doveva
essere
e
hanno
molto
domandato
di
lui
.
Non
hanno
trovato
né
l
'
uno
né
l
'
altro
benché
le
guardie
di
finanza
sieno
state
di
piantone
intorno
alla
casa
fin
dalla
mezzanotte
.
Adesso
la
Polizia
perquisisce
tutte
le
case
di
Oria
ritenendo
che
i
due
sieno
scappati
per
il
tetto
.
Mentre
si
danno
queste
informazioni
al
prefetto
,
ecco
un
ragazzo
venir
di
corsa
dalla
parte
di
Albogasio
Superiore
.
Lo
fermano
.
«
I
gendarmi
!
»
,
dice
.
«
I
gendarmi
!
»
È
pallido
come
un
cencio
lavato
e
scappa
senza
saper
perché
,
non
gli
si
può
cavare
dove
questi
gendarmi
sieno
.
Arriva
una
donna
che
si
spiega
meglio
.
Quattro
guardie
di
finanza
e
quattro
gendarmi
sono
passati
in
questo
punto
dalla
piazza
di
Albogasio
Superiore
.
Pare
che
don
Franco
sia
stato
veduto
sulla
strada
di
Castello
.
Due
gendarmi
e
due
guardie
hanno
preso
la
strada
di
Boglia
.
Il
prefetto
rabbrividisce
.
«
Già
»
,
dice
qualcuno
.
«
La
strada
di
Boglia
per
tagliargli
il
passo
.
»
Questa
è
la
speranza
del
prefetto
,
che
gendarmi
e
guardie
abbiano
di
mira
il
solo
Franco
.
Egli
è
tanto
smilzo
,
tanto
alto
:
né
il
finto
Puttini
né
la
finta
Marianna
possono
dar
sospetto
di
esser
lui
.
Il
loro
destino
è
ormai
fuori
delle
sue
mani
mentre
per
Franco
egli
può
far
molto
ancora
.
Si
incammina
verso
Cressogno
,
confidando
che
a
Cressogno
Franco
arriverà
sano
e
salvo
se
i
gendarmi
non
ne
trovano
nuove
tracce
,
perché
lo
cercheranno
su
tutti
i
sentieri
che
da
Castello
menano
al
confine
e
non
mai
sulla
via
di
Cressogno
.
Pedraglio
e
l
'
avvocato
fecero
il
primo
tratto
di
strada
,
da
Albogasio
alle
stalle
di
Püs
,
strisciando
su
per
la
ripidissima
erta
come
gatti
,
a
passi
lunghi
e
cauti
.
L
'
avvocato
camminava
in
silenzio
,
l
'
altro
malediceva
continuamente
,
sottovoce
,
il
suo
vestiario
,
«
el
loder
d
'
on
cappel
»
che
gl
'
invischiava
la
fronte
d
'
unto
;
«
el
boia
d
'
un
marsinon
»
che
gli
puzzava
di
troppi
sudori
antichi
.
Sino
a
Püs
non
incontrarono
anima
nata
.
A
Püs
una
vecchia
uscì
tra
le
stalle
un
momento
dopo
ch
'
eran
passati
,
disse
stupefatta
:
«
Sü
per
de
chì
,
scior
Giacom
?
A
st
'
ora
?
»
.
L
'
avvocato
mormorò
:
«
Boffa
!
»
,
e
l
'
altro
si
mise
a
soffiar
«
apff
!
apff
!
»
come
un
mantice
.
«
Se
perd
el
fiaa
per
sti
strad
chì
,
cara
lü
»
,
disse
la
vecchia
.
Non
incontrarono
più
nessuno
fino
alla
Sostra
.
La
Sostra
è
una
stalla
a
mezza
montagna
,
circa
,
con
un
fienile
,
un
portico
e
una
cisterna
,
alquanto
in
disparte
dalla
strada
.
Quella
strada
è
la
più
dannata
che
sia
in
Valsolda
,
farebbe
cacciar
la
lingua
a
uno
stambecco
.
Pedraglio
e
l
'
avvocato
,
trafelati
,
grondanti
di
sudore
,
entrarono
un
momento
alla
Sostra
.
Anche
lì
silenzio
e
deserto
.
A
quella
altezza
si
respirava
già
un
'
aria
diversa
.
E
come
tutte
le
cime
all
'
intorno
erano
abbassate
!
E
come
il
lago
,
giù
nel
profondo
,
pareva
diventato
un
fiume
!
L
'
avvocato
guardava
su
amorosamente
alla
prima
cresta
del
Boglia
dove
cominciava
il
gran
bosco
dei
faggi
;
un
'
altra
mezz
'
ora
di
arrampicata
.
«
Andiamo
»
,
diss
'
egli
.
Ma
Pedraglio
che
aveva
nelle
gambe
la
memoria
dell
'
altra
gran
corsa
da
Loveno
ad
Oria
per
il
Passo
Stretto
,
chiese
di
sostare
un
altro
poco
e
si
mise
tranquillamente
a
sfogliar
lo
scartafaccio
del
Puttini
,
un
poema
fratesco
,
inedito
,
d
'
un
anonimo
cremonese
del
secolo
decimosettimo
.
«
Andiamo
!
»
,
ripeté
il
suo
compagno
dopo
un
paio
di
minuti
,
e
si
alzava
già
quando
udì
venir
gente
.
Ebbe
appena
il
tempo
di
dire
«
attento
!
»
e
di
voltar
le
spalle
per
non
lasciarsi
vedere
in
viso
.
Pedraglio
,
pur
ficcando
il
naso
nello
scartafaccio
,
vide
spuntar
sulla
strada
prima
due
guardie
di
finanza
e
poi
due
gendarmi
.
Avvertì
l
'
amico
sottovoce
,
non
batté
palpebra
.
Le
due
guardie
si
fermarono
.
Una
di
loro
salutò
:
«
Riverito
,
signor
Puttini
»
,
e
disse
ai
gendarmi
:
«
È
il
primo
deputato
politico
di
Albogasio
»
.
I
gendarmi
salutarono
pure
,
Pedraglio
si
levò
il
cappello
,
alzando
un
poco
lo
scartafaccio
.
Le
guardie
volevano
fare
un
po
'
di
fermata
ma
un
gendarme
intimò
loro
di
proseguire
e
quando
vide
incamminata
la
compagnia
venne
alla
Sostra
egli
stesso
.
Era
di
Ampezzo
e
parlava
italiano
benissimo
.
«
Tu
,
cane
,
non
mi
conosci
,
spero
»
,
pensò
Pedraglio
con
una
torbida
coscienza
della
sua
doppia
personalità
.
«
Lascia
fare
a
me
.
»
«
Signor
deputato
politico
»
,
disse
colui
,
«
avrebbe
veduto
stamattina
il
signor
Maironi
di
Oria
?
»
«
Io
?
Mai
più
.
Il
signor
Maironi
dorme
,
a
quest
'ora.»
«
E
Lei
dove
va
?
»
«
Vado
lì
su
quel
monte
,
su
quel
dannato
Boglia
lì
.
Vado
su
per
l
'
affar
del
toro
comunale
.
»
«
Bestia
»
,
pensò
l
'
avvocato
.
«
Comunale
me
lo
fa
diventare
!
»
Ma
passò
felicemente
anche
il
toro
comunale
.
Il
gendarme
,
un
muso
da
mastino
,
squadrò
bene
il
suo
interlocutore
in
viso
.
«
Lei
è
deputato
politico
»
,
diss
'
egli
insolentemente
,
«
e
porta
quella
roba
sul
viso
?
»
Pedraglio
si
prese
istintivamente
il
suo
piccolo
sottile
pizzo
nero
,
barba
reproba
da
liberale
.
«
Taglieremo
,
taglieremo
»
,
diss
'
egli
con
serietà
comica
.
«
Sì
signore
.
Va
sul
Boglia
anche
Lei
?
»
Il
gendarme
se
n
'
andò
duro
duro
senza
rispondergli
,
senza
udire
su
quale
ignominioso
patibolo
il
deputato
politico
lo
mandava
.
I
due
si
rallegrarono
a
vicenda
di
averla
scampata
bella
ma
riconobbero
che
il
giuoco
si
era
fatto
molto
serio
.
Adesso
bisognava
contare
con
le
guardie
che
conoscevano
bene
il
Puttini
,
e
saperne
stare
a
distanza
.
E
se
quel
mastino
di
gendarme
parlasse
della
barba
?
«
Su
su
»
,
fece
l
'
avvocato
,
«
teniamo
loro
dietro
e
se
li
vediamo
o
li
udiamo
tornar
giù
,
gambe
in
spalla
e
via
a
sinistra
verso
il
confine
.
»
Partito
disperato
,
quest
'
ultimo
,
perché
non
conoscevano
il
terreno
,
certo
familiare
alle
guardie
.
Il
mastino
dovette
sudare
e
ansar
troppo
dietro
ai
suoi
compagni
per
aver
poi
voglia
di
parlar
di
barbe
,
Pedraglio
e
l
'
avvocato
,
salendo
adagio
,
videro
il
nemico
guadagnar
la
cresta
del
monte
al
faggio
della
Madonnina
,
fermarvisi
alquanto
e
sparire
.
Il
gran
faggio
antico
che
portava
nel
tronco
una
immagine
della
Madonna
e
che
cedette
,
morendo
,
quest
'
onore
a
una
cappelletta
,
era
come
la
sentinella
del
gran
bosco
di
Boglia
,
il
soldato
posto
in
una
insellatura
della
cresta
a
spiar
il
pendio
precipitoso
,
il
lago
,
i
clivi
di
Valsolda
.
Il
venerabile
esercito
di
faggi
colossali
stava
tutto
raccolto
in
un
'
altra
conca
silenziosa
fra
l
'
erta
della
Colmaregia
,
i
facili
Dorsi
della
Nave
,
le
radici
rocciose
dei
Denti
di
Vecchia
o
Canne
d
'
Organo
e
l
'
altra
sella
del
Pian
Biscagno
fra
la
Colmaregia
e
il
Sasso
Grande
,
fronteggiante
le
profondità
della
Val
Colla
da
Lugano
a
Cadro
.
Una
lista
scoperta
,
erbosa
,
correva
fra
il
faggio
della
Madonnina
e
il
bosco
,
sull
'
orlo
della
cresta
.
I
due
fuggiaschi
pensarono
ai
casi
loro
.
Quale
partito
prendere
?
Cercar
il
sentiero
sotto
il
faggio
di
cui
aveva
parlato
la
guardia
salvatrice
,
o
entrar
nel
bosco
?
No
,
entrar
nel
bosco
non
conveniva
,
con
quella
selvaggina
che
vi
era
entrata
prima
.
Nel
bosco
avrebbero
trovato
un
palmo
di
foglie
secche
.
Era
impossibile
passarvi
senza
farsi
correre
addosso
tutti
i
segugi
che
vi
si
aggiravano
;
e
da
vicino
il
travestimento
non
poteva
servire
.
Prender
il
sentiero
?
Ce
n
'
era
più
d
'
uno
,
sotto
il
faggio
;
qual
era
il
buono
?
Pedraglio
maledisse
Franco
che
non
era
venuto
con
loro
.
Invece
l
'
avvocato
studiava
la
Colmaregia
che
si
poteva
salire
senza
entrare
nel
bosco
.
Egli
era
stato
due
volte
sulla
Colmaregia
,
il
superbo
,
sottile
vertice
erboso
del
Boglia
,
tagliato
per
metà
dalla
linea
di
confine
;
sapeva
ch
'
era
possibile
scendere
di
lassù
al
villaggio
svizzero
di
Brè
e
risolse
di
tentar
quella
via
.
Sulla
cresta
che
ascende
dal
faggio
della
Madonnina
verso
la
Colmaregia
non
si
vedeva
nessuno
.
La
punta
era
avvolta
nelle
nuvole
.
Pochi
passi
sotto
il
faggio
i
due
furono
colti
da
un
'
ondata
di
nebbia
che
venuta
su
per
un
versante
si
riversava
rapidamente
per
l
'
altro
,
una
nebbia
fredda
e
densa
,
un
«
Dio
fece
»
disse
V
.
Non
si
vedeva
niente
a
cinque
passi
.
Così
avvenne
che
,
presso
al
faggio
,
Pedraglio
andò
quasi
a
urtare
una
guardia
di
finanza
.
Era
uno
dei
quattro
e
aveva
la
consegna
di
sorvegliare
la
lista
scoperta
fra
la
cresta
del
monte
e
il
bosco
.
Visto
l
'
ometto
dal
cappellone
,
fece
:
«
In
Boglia
,
signor
...
?
»
.
L
'
avvocato
si
sbarazzò
immediatamente
della
gerla
.
Infatti
la
guardia
non
compié
la
frase
,
restò
un
momento
a
bocca
aperta
,
poi
esclamò
:
«
Come
?
»
.
L
'
avvocato
non
aspettò
altro
.
«
Così
»
,
diss
'
egli
placidamente
;
e
raccoltisi
sul
petto
i
due
pugni
in
uno
ne
menò
a
colui
nello
stomaco
una
terribile
puntata
che
lo
buttò
sul
prato
a
gambe
all
'
aria
.
Pedraglio
gli
saltò
subito
addosso
,
gli
strappò
la
carabina
.
«
Se
gridi
,
cane
,
ti
brucio
»
,
diss
'
egli
.
Ma
che
gridare
?
Con
un
pugno
di
V
.
nello
stomaco
non
c
'
era
,
per
un
quarto
d
'
ora
,
neanche
da
tirare
il
fiato
.
Infatti
l
'
uomo
pareva
morto
e
ci
volle
del
buono
perché
arrivasse
a
gemer
sottovoce
«
ahi
ahi
!
»
.
«
L
'
è
nient
,
l
'
è
nient
»
,
gli
diceva
V
.
con
la
solita
flemma
canzonatoria
.
«
Sono
scosse
che
fanno
bene
.
Vedrà
.
Lü
adess
el
se
drizza
in
pee
ben
polito
e
viene
con
noi
in
Colmaregia
.
Vedrà
come
va
bene
.
Non
ho
adoperato
questo
a
posta
.
»
E
gli
mostrò
la
chiave
.
«
Oh
che
pugno
!
»
,
gemeva
la
guardia
.
«
Oh
che
razza
di
pugno
!
»
«
La
salita
è
un
po
'
maledetta
»
,
riprese
l
'
avvocato
pigliando
la
carabina
dalle
mani
di
Pedraglio
.
«
Ma
noi
le
terremo
su
,
con
licenza
,
il
di
dietro
con
questo
affare
qui
.
A
questa
maniera
si
va
su
che
l
'
è
un
piacere
.
Poi
Lei
viene
giù
con
noi
a
Brè
.
La
carabina
gliela
portiamo
noi
.
Lei
,
per
compenso
,
ci
porta
una
piccola
gerla
.
Parli
polito
?
Andemm
,
marsch
!
»
Il
disgraziato
non
riusciva
a
mettersi
in
piedi
e
non
si
poteva
certo
lasciarlo
lì
a
rischio
che
poi
si
mettesse
a
chiamar
aiuto
.
«
Mincion
!
»
,
fece
Pedraglio
.
«
Ghet
daa
tropp
fort
!
»
V
.
rispose
che
gli
aveva
dato
un
pugno
da
donna
,
restituì
la
carabina
all
'
amico
e
ghermita
la
guardia
per
il
colletto
dell
'
uniforme
,
la
tirò
in
piedi
,
le
fece
imbracciare
la
gerla
.
«
Andem
,
lizòn
»
,
diss
'
egli
.
«
Poltronaccio
,
andiamo
!
»
Su
tra
il
nebbione
freddo
e
denso
,
su
,
su
.
L
'
erta
è
ripidissima
,
si
dura
fatica
a
piantar
la
punta
del
piede
fra
i
ciuffi
dell
'
erba
molle
,
si
sdrucciola
,
si
lavora
di
piedi
e
di
mani
,
ma
fa
niente
,
su
,
su
,
per
la
libertà
.
Su
tra
il
nebbione
,
invisibili
come
spiriti
,
prima
la
finta
Marianna
,
poi
la
guardia
che
soffia
e
geme
sotto
il
peso
della
gerla
,
poi
il
finto
sior
Zacomo
che
le
promette
le
belle
viste
e
la
urta
con
la
carabina
.
La
carabina
fa
miracoli
.
In
mezz
'
ora
i
tre
raggiungono
la
cresta
che
scende
verso
Bré
,
pochi
passi
sotto
il
cocuzzolo
.
Allora
siedono
sull
'
erba
e
giù
,
e
giù
a
precipizio
,
scivoloni
.
Si
mette
a
piovere
,
la
nebbia
si
dirada
,
ecco
in
fondo
,
tra
i
piedi
,
il
rosso
dei
boschi
cedui
.
Primo
vi
arriva
di
volo
il
venerabile
cappellone
del
sior
Zacomo
scaraventato
abbasso
da
Pedraglio
con
un
«
viva
l
'
Italia
!
»
mentre
scivola
a
braccetto
della
guardia
.
A
Bré
Pedraglio
fece
correre
tutto
il
paese
sparando
a
festa
la
carabina
,
distribuì
anesone
triduo
agli
uomini
e
mezz
'
once
alle
ragazze
,
domandò
al
curato
di
poter
appendere
in
chiesa
il
«
marsinon
»
per
grazia
ricevuta
,
si
attavolò
a
mangiare
con
la
guardia
,
gli
fece
predicar
dal
prete
il
perdono
dei
pugni
nello
stomaco
e
gli
diede
lettura
di
una
stanza
del
poema
fratesco
che
finiva
così
:
A
questo
punto
il
Padre
Lanternone
Disse
:
ho
mutato
ancor
io
opinione
.
Gli
dimostrò
che
se
aveva
mutato
un
Padre
Lanternone
poteva
mutar
anche
lui
e
lo
persuase
a
disertare
,
gli
fece
buttar
via
l
'
uniforme
e
indossare
il
«
marsinon
»
fra
le
risate
e
gli
applausi
.
Il
solo
che
non
rideva
era
l
'
avvocato
.
«
E
quel
povero
Maironi
?
»
,
diss
'
egli
.
Franco
non
attraversò
Castello
.
Giunto
alla
cappelletta
di
Rovajà
,
saltò
giù
per
il
sentiero
che
mena
alla
fontana
di
Caslano
,
raggiunse
la
stradicciuola
di
Casarico
,
si
mise
a
salir
per
quella
e
all
'
ultima
svolta
che
fa
sotto
Castello
,
dove
appare
la
chiesa
di
Puria
sotto
un
anfiteatro
di
dirupi
,
si
gittò
a
destra
nella
valle
per
un
sentiero
da
capre
,
ne
risalì
sotto
la
chiesa
di
Loggio
e
giunse
a
Villa
Maironi
senz
'
aver
incontrato
nessuno
.
Carlo
,
il
vecchio
servitore
che
gli
aperse
,
tramortì
,
quasi
,
dalla
commozione
e
gli
baciò
le
mani
.
In
quel
momento
c
'
era
il
medico
.
Franco
decise
di
attender
che
uscisse
e
intanto
confidò
al
vecchio
fedele
che
aveva
i
gendarmi
alle
calcagna
.
Il
dottor
Aliprandi
uscì
presto
e
Franco
,
sapendolo
patriota
,
si
confidò
anche
a
lui
,
poiché
gli
occorreva
mostrarsi
,
informarsi
dello
stato
della
nonna
.
L
'
Aliprandi
era
stato
chiamato
nella
notte
ed
era
venuto
dopo
la
partenza
del
prefetto
per
Oria
,
aveva
trovato
dell
'
agitazione
nervosa
,
una
terribile
paura
di
morire
ma
nessuna
malattia
.
Adesso
la
marchesa
pareva
tranquilla
.
Franco
si
fece
annunciare
e
fu
introdotto
dalla
cameriera
che
lo
guardò
con
ossequiosa
curiosità
e
uscì
dalla
camera
.
Le
imposte
socchiuse
della
camera
dove
la
marchesa
giaceva
a
letto
lasciavano
entrare
due
sole
oblique
lame
di
luce
grigia
che
non
giungevano
alla
faccia
supina
sul
guanciale
.
Franco
,
entrando
,
non
la
vide
,
udì
solo
la
nota
voce
dormigliosa
:
«
Sei
qui
,
Franco
?
»
«
Sì
,
addio
nonna
»
,
diss
'
egli
e
si
chinò
a
darle
un
bacio
.
La
maschera
di
cera
non
era
scomposta
;
lo
sguardo
aveva
però
qualche
cosa
di
vago
e
di
scuro
che
pareva
insieme
desiderio
e
sgomento
.
«
Muoio
,
sai
,
Franco
»
,
disse
la
marchesa
.
Franco
protestò
,
riferì
ciò
che
gli
aveva
detto
il
medico
.
La
nonna
lo
ascoltava
fissandolo
avidamente
,
cercando
di
leggergli
negli
occhi
se
il
medico
gli
avesse
proprio
detto
così
.
Poi
rispose
:
«
Non
fa
niente
.
Son
pronta
»
.
Dalla
nuova
espressione
dello
sguardo
e
della
voce
,
Franco
intese
perfettamente
che
la
nonna
era
pronta
a
vivere
altri
vent
'
anni
.
«
Mi
rincresce
della
tua
disgrazia
»
,
diss
'
ella
,
«
e
ti
perdono
tutto
.
»
Non
eran
parole
di
perdono
che
Franco
si
aspettava
da
lei
.
Egli
credeva
esser
venuto
a
portarlo
il
perdono
,
e
non
a
riceverlo
.
Confortata
,
rassicurata
,
la
marchesa
di
ogni
giorno
ricompariva
poco
a
poco
sotto
la
marchesa
di
un
'
ora
.
Voleva
bene
acquistar
la
pace
ma
come
un
sordido
avaro
tentato
da
qualche
cupidigia
,
che
spremendosi
dolorosamente
dal
pugno
il
prezzo
del
suo
piacere
cerca
trattenersene
fra
le
unghie
quanto
può
.
In
altri
momenti
Franco
avrebbe
scattato
,
avrebbe
respinto
sdegnosamente
quel
perdono
;
ora
,
con
la
dolce
Maria
nel
cuore
,
non
poteva
essere
così
.
Aveva
però
notato
che
la
nonna
si
era
rivolta
,
col
suo
perdono
,
a
lui
solo
.
Questo
no
,
non
glielo
poteva
permettere
.
«
Mia
moglie
,
lo
zio
di
mia
moglie
ed
io
abbiamo
sofferto
molto
»
,
diss
'
egli
,
«
prima
dell
'
ultima
sventura
;
e
adesso
abbiamo
perduto
tutta
la
nostra
consolazione
.
Lo
zio
Ribera
lo
metto
fuori
di
causa
;
davanti
a
lui
bisogna
che
ci
inchiniamo
,
tu
,
io
,
tutti
;
ma
se
mia
moglie
ed
io
abbiamo
delle
colpe
verso
di
te
,
perdoniamoci
a
vicenda
.
»
Era
un
boccone
amaro
;
la
marchesa
lo
trangugiò
e
tacque
.
Benché
non
vedesse
più
la
morte
al
suo
capezzale
aveva
però
nel
cuore
lo
sgomento
dell
'
Apparizione
e
di
certe
parole
del
prefetto
che
l
'
aveva
confessata
.
«
Farò
testamento
»
,
diss
'
ella
,
«
e
desidero
che
tu
sappia
che
tutta
la
roba
Maironi
sarà
per
te
.
»
Ah
marchesa
,
marchesa
!
Misera
,
gelida
creatura
!
Credeva
ella
di
aver
comperato
la
pace
con
questo
?
Qui
veramente
aveva
sbagliato
anche
il
prefetto
perché
il
consiglio
di
far
questa
dichiarazione
al
nipote
gliel
'
aveva
dato
egli
,
buon
galantuomo
ma
privo
di
tatto
,
incapace
di
comprendere
l
'
alto
animo
di
Franco
.
A
Franco
l
'
idea
che
si
potesse
credere
esser
egli
venuto
per
interesse
,
riuscì
intollerabile
.
«
No
no
»
,
esclamò
fremendo
tutto
e
temendo
del
proprio
sangue
focoso
,
«
no
no
,
non
mi
lasciar
niente
!
Basta
che
tu
faccia
pagare
i
miei
interessi
a
Oria
.
La
roba
Maironi
,
nonna
,
lasciala
all
'
Ospitale
Maggiore
.
Ho
paura
che
i
miei
vecchi
abbiano
sbagliato
a
tenerla
!
»
La
nonna
non
ebbe
tempo
di
rispondere
perché
fu
picchiato
all
'
uscio
.
Entro
il
prefetto
e
fece
che
Franco
pigliasse
congedo
per
non
stancare
l
'
ammalata
.
«
Bisogna
sbrigarsi
!
»
,
diss
'
egli
,
fuori
.
«
Qui
hai
fatto
più
che
il
tuo
dovere
.
Lo
sanno
in
troppi
,
oramai
,
che
sei
qui
e
i
gendarmi
possono
capitare
da
un
momento
all
'
altro
.
Ho
combinato
tutto
coll
'
Aliprandi
.
L
'
Aliprandi
suppone
che
per
la
marchesa
ci
sia
bisogno
di
un
consulto
,
piglia
la
gondola
di
casa
e
va
a
Lugano
per
cercar
un
medico
.
I
due
barcaiuoli
sarete
Carlo
e
tu
.
Piove
.
Ci
sono
i
mantelli
di
tela
incerata
col
cappuccio
.
Mettete
quelli
e
tu
sta
a
poppa
.
Adesso
ti
tagliamo
il
pizzo
;
col
cappuccio
in
testa
sfido
a
riconoscerti
.
Sei
sicuro
.
Forse
non
vi
faranno
neanche
approdare
alla
Ricevitoria
.
A
ogni
modo
non
ti
riconosceranno
.
Se
c
'
è
da
parlare
,
parla
Carlino
.
»
L
'
idea
era
buona
.
La
gondola
della
marchesa
era
sempre
guardata
dagli
agenti
dell
'
Austria
con
grande
rispetto
come
se
portasse
un
uovo
dell
'
aquila
dalle
due
teste
;
anche
quando
ritornava
da
Lugano
non
si
faceva
approdare
alla
Ricevitoria
che
pro
forma
.
La
gondola
uscì
dalla
darsena
dopo
le
otto
.
Le
nebbie
delle
alte
cime
erano
calate
sul
lago
e
pioveva
.
Triste
triste
giorno
,
triste
triste
viaggio
!
Né
Franco
,
né
il
domestico
,
né
l
'
Aliprandi
parlarono
mai
.
Passarono
San
Mamette
e
Casarico
.
Ecco
tra
i
vapori
,
oltre
gli
ulivi
di
Mainè
,
le
bianche
mura
della
dimora
di
Ombretta
.
Gli
occhi
di
Franco
si
riempirono
di
lagrime
.
«
No
,
cara
»
,
egli
pensa
,
«
no
,
amore
,
no
,
vita
,
tu
non
sei
là
dentro
e
sia
benedetto
il
Signore
,
che
mi
dice
di
non
credere
questa
cosa
orribile
!
»
Poche
remate
ancora
ed
ecco
la
casetta
del
tempo
felice
,
delle
ore
amare
,
della
sventura
;
la
finestra
della
stanza
dove
Luisa
si
perde
in
un
dolore
tenebroso
,
la
loggia
dove
passerà
quind
'
innanzi
solo
le
sue
giornate
il
vecchio
zio
Piero
,
l
'
uomo
giusto
che
discende
silenziosamente
,
tribolato
e
stanco
,
verso
la
tomba
.
Franco
vorrebbe
pur
sapere
cosa
è
successo
dopo
la
sua
partenza
,
se
lo
zio
,
se
Luisa
hanno
avuto
molestie
dalla
Polizia
.
Guarda
,
guarda
,
non
vede
persona
viva
né
sulla
terrazza
né
in
giardinetto
né
alle
finestre
della
loggia
;
tutto
è
silenzioso
,
tutto
è
tranquillo
.
Cessa
di
remare
,
vorrebbe
vedere
qualche
segno
di
vita
.
Il
dottor
Aliprandi
apre
lo
sportello
di
poppa
del
felze
e
lo
supplica
di
remare
,
di
non
tradirsi
.
In
quel
momento
la
Leu
si
affaccia
alla
ringhiera
del
giardinetto
con
un
vassoio
in
mano
,
guarda
la
gondola
,
entra
in
loggia
.
Dunque
lo
zio
Piero
è
in
loggia
,
quello
è
il
solito
bicchier
di
latte
che
gli
portano
,
nulla
dev
'
essere
successo
.
Franco
torna
a
remare
e
il
dottor
Aliprandi
chiude
lo
sportello
.
Passa
il
giardinetto
,
passano
le
case
di
Oria
,
la
gondola
piega
all
'
approdo
della
Ricevitoria
.
Il
Biancòn
,
che
sta
pescando
alle
tinche
,
con
l
'
ombrello
,
vede
la
gondola
,
abbandona
le
sue
lenze
,
e
viene
ad
ossequiare
la
marchesa
.
Ma
trova
invece
il
dottor
Aliprandi
il
quale
lo
turba
tanto
con
le
cattive
notizie
della
dama
ch
'
egli
sente
il
bisogno
di
chiamare
anche
la
sua
Peppina
e
di
parteciparle
la
cosa
;
e
la
Peppina
,
poveretta
,
recita
sotto
l
'
ombrello
del
suo
Carlascia
una
piccola
commedia
d
'
intenerimento
.
Marito
e
moglie
eccitano
l
'
Aliprandi
a
far
presto
,
a
ritornar
presto
.
Il
bestione
gli
permette
di
filar
dritto
,
al
ritorno
,
da
Gandria
a
Cressogno
e
il
dottore
si
volta
a
Franco
,
dice
:
«
Andiamo
!
»
.
Franco
ha
assistito
impassibile
al
colloquio
,
con
le
mani
sul
remo
,
sperando
apprender
qualche
cosa
de
'
suoi
amici
e
di
casa
sua
;
ma
nessuno
ha
fiatato
di
Polizia
né
d
'
arresti
né
di
fughe
come
se
casa
Ribera
fosse
nella
China
.
La
gondola
indietreggia
lentamente
dall
'
approdo
,
gira
la
prora
verso
Gandria
,
si
allontana
,
sfuma
oltre
il
confine
,
nella
nebbia
.
Alla
riva
di
Lugano
il
dottor
Aliprandi
aperse
lo
sportello
e
fece
entrare
Franco
.
Si
conoscevano
poco
ma
si
abbracciarono
come
fratelli
.
«
Quando
verrà
l
'
ora
delle
cannonate
»
,
disse
l
'
Aliprandi
,
«
ci
sarò
anch
'io.»
Convennero
di
congedarsi
lì
e
che
Franco
uscisse
prima
,
solo
,
perché
Lugano
era
piena
di
spie
e
il
dottore
doveva
pure
usare
certi
riguardi
.
Il
dottore
non
aveva
fretta
,
del
resto
;
gli
premeva
più
di
trovar
un
barcaiuolo
che
un
medico
.
Franco
si
tirò
il
cappuccio
sugli
occhi
e
scese
a
terra
,
andò
all
'
albergo
della
Corona
.
Alcune
ore
più
tardi
,
quando
la
gondola
era
ripartita
,
egli
usci
in
cerca
di
valsoldesi
per
avere
notizie
,
si
avviò
alla
farmacia
Fontana
e
incontrò
sotto
i
portici
i
suoi
amici
che
uscivano
appunto
dalla
farmacia
insieme
a
un
vecchio
.
Gli
saltarono
al
collo
,
piansero
di
commozione
.
Erano
andati
anche
loro
a
cercar
notizie
.
Alla
farmacia
si
diceva
che
Franco
fosse
stato
arrestato
.
Che
gioia
di
trovarlo
e
che
gioia
di
sentirsi
terra
libera
sotto
i
piedi
!
Mi
sia
permesso
di
ricordare
il
vecchio
che
accompagnava
Pedraglio
e
l
'
avvocato
,
bizzarra
figura
del
piccolo
mondo
antico
luganese
,
artista
e
degno
che
un
altro
artista
,
passandogli
così
vicino
,
gli
renda
onore
.
Egli
era
un
tal
Sartorio
,
pittore
,
poeta
e
suonatore
di
chitarra
,
che
a
quei
tempi
si
vedeva
spesso
balenar
qua
e
là
per
le
oscure
vie
di
Lugano
con
la
sua
bella
barba
bianca
,
con
il
suo
cappello
bianco
tirato
sull
'
occhio
destro
,
con
il
suo
nobile
abito
nero
e
il
fiore
all
'
occhiello
.
Poverissimo
ma
pulitissimo
,
cavaliere
con
le
dame
e
con
le
pedine
,
pronto
sempre
a
un
'
anacreontica
e
a
una
chitarrinata
,
adoratore
della
propria
città
,
egli
viveva
di
pane
,
formaggio
e
acqua
,
fiutava
e
rincorreva
i
forestieri
per
far
loro
gli
onori
di
Lugano
,
era
sempre
pieno
di
queste
faccende
,
sempre
in
moto
fra
Villa
Ciani
,
l
'
Hôtel
du
Parc
e
Villa
Chialiva
.
L
'
Hôtel
du
Parc
era
per
lui
l
'
ottava
meraviglia
del
mondo
.
Aveva
aiutato
a
inaugurarlo
e
se
ne
compiaceva
assai
,
godeva
particolarmente
citare
,
col
suo
classico
accento
luganese
,
la
strimpellata
e
la
lirica
ispirategli
dalla
sala
da
pranzo
:
«
ca
l
'
è
poeu
quand
ca
ga
disi
:
Le
trombe
squillano
Nel
gran
salone
,
Ai
suoni
accordisi
Questa
canzone
.
Ora
egli
si
era
spontaneamente
accompagnato
a
Pedraglio
e
a
V
.
che
gli
avevan
narrata
la
loro
fuga
.
Li
aveva
condotti
lui
alla
farmacia
Fontana
per
cercarvi
notizie
di
Franco
.
«
Come
?
»
,
diss
'
egli
dopo
l
'
incontro
.
«
È
questo
il
Loro
amico
?
Sfuggito
anche
lui
agli
artigli
dell
'
aquila
rapace
di
Asburgo
?
Benissimo
!
Benissimo
!
Ho
fatto
anni
sono
,
per
altri
lombardi
fuggiti
qua
dopo
la
rivoluzione
di
Vall
'
Intelvi
,
un
'
ode
ca
l
'
era
minga
mal
.
Ho
descritto
,
neh
,
la
loro
fuga
per
la
Val
Mara
,
la
calata
a
Maroggia
,
l
'
arrivo
a
Lugano
,
ca
l
'
è
poeu
quand
ca
ga
disi
:
O
baldi
figli
di
Lombardia
,
V
'
apre
le
braccia
Lugano
mia
.
È
una
cosetta
che
va
benissimo
anche
per
Loro
.
Adesso
corro
a
prender
la
chitarra
e
poi
gliela
faccio
sentire
all
'albergo.»
«
Madonna
!
»
,
fece
Pedraglio
.
PARTE
TERZA
1
.
Il
savio
parla
Non
una
ma
tre
primavere
erano
passate
dopo
quell
'
autunno
del
1855
senza
la
fioritura
d
'
armi
e
di
stendardi
che
gl
'
italiani
aspettavano
sulle
rive
del
Ticino
.
Nel
febbraio
del
1859
si
era
sicuri
che
non
sarebbe
passata
così
la
quarta
.
Grandi
avvenimenti
,
annunciati
debitamente
da
una
splendida
cometa
,
erano
in
cammino
.
Correvano
nelle
viscere
del
mondo
antico
fremiti
e
scricchiolii
sordi
,
come
nelle
viscere
d
'
un
fiume
gelato
alla
vigilia
dello
sgelo
.
Il
freddo
mortale
,
il
silenzio
pauroso
di
dieci
anni
erano
per
passare
portati
via
in
un
fragor
d
'
urti
e
di
rovine
da
correnti
nuove
,
calde
,
brillanti
.
Il
Carlascia
faceva
lo
spaccone
e
parlava
alle
sue
guardie
,
che
tacevano
,
di
una
prossima
passeggiata
militare
a
Torino
.
Il
signor
Giacomo
Puttini
non
s
'
era
più
riavuto
bene
dal
colpo
di
quella
mattina
,
dal
tradimento
dell
'
avvocato
,
dalla
fine
tragica
del
cappellone
e
dalla
fine
comica
del
«
marsinon
»
,
aveva
perduto
ogni
stima
per
i
patrioti
.
Appunto
nel
febbraio
del
'59
il
Paolin
,
tedescone
,
gli
parlava
alla
farmacia
di
S
.
Mamette
delle
pazze
speranze
dei
liberali
.
«
No
,
signor
Paolo
riveritissimo
»
,
gli
disse
l
'
ometto
.
«
Mi
son
nato
soto
San
Marco
,
gran
santo
;
go
visto
i
franzesi
,
bona
zente
;
adesso
vedo
i
tedeschi
,
lassemo
star
,
podaria
vederghene
anca
dei
altri
ma
i
birbanti
,
La
me
creda
,
i
birbanti
no
pol
trionfar
.
»
Il
dottor
Aliprandi
era
già
in
Piemonte
.
Un
vecchio
sott
'
ufficiale
di
Napoleone
che
abitava
a
Puria
si
rimetteva
segretamente
in
ordine
l
'
uniforme
con
l
'
idea
di
presentarsi
all
'
imperatore
dei
francesi
quando
venisse
in
Italia
.
Il
curato
di
Castello
,
Introini
,
quando
incontrava
don
Giuseppe
Costabarbieri
,
gli
ricordava
la
canzone
del
1796
che
don
Giuseppe
aveva
tirata
fuori
nel
1848
e
poi
nascosta
da
capo
:
Stare
nostre
crante
ulane
Qua
fenute
d
'
Ungheria
,
Ma
franzose
crante
...
!
Fato
tuti
scappar
fia
!
E
don
Giuseppe
,
tutto
spaventato
:
«
Citto
,
citto
,
citto
!
»
Intanto
sui
pendii
di
Valsolda
fiorivano
pacificamente
le
viole
come
se
nulla
fosse
.
La
sera
del
venti
febbraio
Luisa
ne
portò
un
mazzolino
in
Camposanto
.
Ella
vestiva
ancora
a
lutto
,
era
terrea
,
macilenta
,
aveva
gli
occhi
più
grandi
e
molti
fili
d
'
argento
in
testa
.
Pareva
che
dal
giorno
della
sua
sventura
fossero
passati
vent
'
anni
.
Uscita
dal
Camposanto
si
avviò
verso
Albogasio
e
si
accompagnò
ad
alcune
donne
di
Oria
che
andavano
a
dire
il
rosario
alla
parrocchia
.
Non
pareva
più
lo
spettro
cupo
che
aveva
posato
le
viole
sopra
la
fossa
di
Maria
.
Parlò
serena
,
ilare
quasi
,
con
l
'
una
e
con
l
'
altra
,
domandò
di
una
bestia
malata
,
accarezzò
e
lodò
una
bambina
che
andava
al
rosario
con
la
nonna
,
le
raccomandò
di
stare
tranquilla
in
chiesa
come
sempre
vi
stava
la
sua
Maria
.
Disse
questo
e
nominò
Maria
quietamente
,
mentre
quelle
donne
rabbrividivano
e
anche
stupivano
perché
adesso
Luisa
non
andava
in
chiesa
mai
.
Domandò
a
una
ragazza
se
i
giovanotti
pensassero
,
come
al
solito
,
di
recitare
,
se
recitasse
anche
suo
fratello
;
udito
che
sì
,
offerse
aiuto
per
i
costumi
.
Si
accomiatò
sul
sagrato
dell
'
Annunciata
e
nello
scender
soletta
la
Calcinera
riprese
il
viso
di
spettro
.
Andava
a
Casarico
,
dai
Gilardoni
,
sposi
da
tre
anni
.
La
felicità
del
professore
,
la
sua
adorazione
per
Ester
vorrebbero
un
poema
.
Lo
zio
Piero
diceva
di
lui
ch
'
era
diventato
ebete
.
Ester
temeva
che
diventasse
ridicolo
e
non
gli
permetteva
,
quando
c
'
era
gente
,
di
prender
davanti
a
lei
certe
pose
estatiche
.
La
sola
persona
per
la
quale
non
valesse
questa
proibizione
era
Luisa
.
Ma
di
Luisa
il
Gilardoni
aveva
un
certo
riguardo
;
ella
era
sempre
per
lui
un
essere
sovrumano
;
al
rispetto
per
la
persona
s
'
era
aggiunto
il
rispetto
per
il
dolore
e
in
presenza
di
lei
egli
teneva
sempre
un
contegno
riguardoso
.
Da
due
anni
,
circa
,
Luisa
andava
a
casa
Gilardoni
quasi
ogni
sera
e
,
se
qualche
cosa
poteva
turbare
la
pace
degli
sposi
,
erano
queste
visite
.
Esse
avevano
infatti
un
motivo
strano
e
antipatico
a
Ester
;
ma
Ester
aveva
un
tale
affetto
per
l
'
amica
sua
,
una
tale
pietà
della
sua
sventura
e
si
sentiva
fitto
nel
cuore
un
tal
rammarico
di
non
aver
fatto
più
attenzione
a
Maria
nel
giorno
terribile
,
che
non
osava
opporsi
risolutamente
ai
desideri
di
lei
né
distogliere
suo
marito
dall
'
accondiscendervi
.
Espresse
a
Luisa
la
sua
disapprovazione
,
la
pregò
di
volere
almeno
tener
segreto
ciò
che
faceva
di
sera
nello
studio
del
professore
;
non
andò
più
oltre
.
Il
professore
,
invece
,
sarebbe
stato
felice
di
questi
convegni
ma
soffriva
del
dispiacere
di
Ester
.
Era
già
notte
quando
Luisa
suonò
alla
porticina
di
casa
Gilardoni
.
Fu
Ester
che
le
aperse
.
Luisa
non
rispose
al
suo
saluto
che
le
parve
imbarazzato
,
la
guardò
soltanto
e
quando
fu
nel
salottino
terreno
dove
Ester
soleva
passar
le
sue
serate
,
l
'
abbracciò
tanto
appassionatamente
che
l
'
altra
si
mise
a
piangere
.
«
Abbi
pazienza
»
,
le
disse
Luisa
.
«
Non
mi
resta
che
questo
»
.
Ester
si
provò
a
confortarla
,
a
dirle
che
si
avvicinava
per
lei
un
tempo
migliore
,
la
riunione
con
suo
marito
.
Fra
pochi
mesi
la
Lombardia
sarebbe
libera
,
Franco
ritornerebbe
a
casa
.
E
allora
...
allora
...
Potrebbero
succedere
tante
cose
...
Potrebbe
ritornare
anche
Maria
!
Luisa
diede
un
balzo
,
le
afferrò
le
mani
.
«
No
!
»
,
diss
'
ella
.
«
Non
dire
questa
cosa
!
Mai
!
mai
!
Son
tutta
sua
!
Son
tutta
di
Maria
!
»
Ester
non
poté
replicare
perché
,
frettoloso
e
sorridente
,
entrò
il
professore
.
Egli
vide
che
sua
moglie
aveva
gli
occhi
bagnati
di
lagrime
e
che
Luisa
pareva
sovreccitata
.
Salutò
mogio
mogio
e
sedette
in
silenzio
accanto
a
Ester
,
immaginando
che
avessero
parlato
del
solito
argomento
spiacevole
a
sua
moglie
.
Questa
avrebbe
voluto
mandarlo
via
,
riprendere
il
discorso
con
Luisa
,
ma
non
osò
farlo
.
Luisa
fremeva
contro
quella
immagine
di
futuro
pericolo
che
di
quando
in
quando
le
si
era
affacciata
confusamente
all
'
anima
,
che
aveva
sempre
cacciata
con
orrore
prima
di
considerarla
,
e
che
ora
,
per
le
parole
dell
'
amica
sua
,
le
risorgeva
davanti
scoperta
e
netta
.
Dopo
un
lungo
,
penoso
silenzio
,
Ester
sospirò
e
le
disse
sottovoce
:
«
Va
'
pure
,
sai
.
Andate
pure
»
.
Luisa
ebbe
un
impeto
di
gratitudine
,
s
'
inginocchiò
davanti
all
'
amica
sua
,
le
posò
il
capo
in
grembo
.
«
Sai
»
,
diss
'
ella
,
«
io
non
credo
più
in
Dio
.
Prima
credevo
che
ci
fosse
un
Dio
cattivo
,
adesso
non
credo
più
che
esista
;
ma
se
vi
fosse
il
Dio
buono
nel
quale
credi
tu
,
non
potrebbe
condannare
una
madre
che
ha
perduto
la
sua
unica
figliuola
e
cerca
persuadersi
che
una
parte
di
lei
vive
ancora
!
»
Ester
non
rispose
.
Quasi
ogni
sera
,
da
due
anni
,
suo
marito
e
Luisa
evocavano
la
bambina
morta
.
Il
professore
Gilardoni
,
strano
miscuglio
di
libero
pensatore
e
di
mistico
,
aveva
letto
con
moltissimo
interesse
le
cose
meravigliose
che
si
raccontavano
delle
sorelle
americane
Fox
,
degli
esperimenti
di
Eliphas
Levi
,
aveva
seguito
il
movimento
spiritista
propagatosi
rapidamente
in
Europa
come
una
mania
che
prendeva
le
teste
e
le
tavole
.
Ne
aveva
parlato
a
Luisa
,
e
Luisa
,
invasa
,
acciecata
dall
'
idea
di
poter
sapere
se
la
sua
bambina
esistesse
ancora
e
,
posto
che
esistesse
,
di
aver
qualche
comunicazione
con
lei
,
non
vedendo
altro
in
tutto
il
meraviglioso
dei
fatti
e
lo
strano
delle
teorie
che
questo
punto
lucente
,
lo
aveva
supplicato
di
tentar
qualche
esperimento
con
Ester
e
con
lei
.
Ester
non
credeva
in
fatto
di
soprannaturale
che
alla
dottrina
cristiana
.
Non
pigliò
quindi
la
cosa
sul
serio
e
acconsentì
subito
a
posar
le
mani
sopra
un
tavolino
insieme
all
'
amica
e
al
marito
,
il
quale
,
dal
canto
suo
,
mostrava
un
gran
zelo
,
una
gran
fede
di
riuscire
.
I
primi
esperimenti
non
riuscirono
.
Ester
,
molto
annoiata
,
avrebbe
voluto
che
si
rinunciasse
a
continuare
;
ma
una
sera
il
tavolino
,
dopo
venti
minuti
di
aspettazione
,
si
chinò
lentamente
da
un
lato
alzando
un
piede
in
aria
,
si
riabbassò
,
tornò
ad
alzarsi
,
con
grande
sgomento
di
Ester
,
con
gran
gioia
del
professore
e
di
Luisa
.
La
sera
dopo
bastarono
cinque
minuti
a
farlo
muovere
.
Il
professore
gl
'
insegnò
l
'
alfabeto
e
tentò
un
'
evocazione
.
Il
tavolino
rispose
battendo
il
piede
a
terra
secondo
l
'
alfabeto
suggeritogli
.
Lo
spirito
evocato
diede
il
suo
nome
:
Van
Helmont
.
Ester
tremava
di
paura
come
una
foglia
,
il
professore
tremava
di
commozione
,
voleva
far
sapere
a
Van
Helmont
che
aveva
in
biblioteca
le
sue
opere
,
ma
Luisa
lo
scongiurò
di
chiedergli
dove
fosse
Maria
.
Van
Helmont
rispose
:
«
Vicina
»
.
Allora
Ester
,
pallida
come
un
cadavere
,
si
alzò
protestando
che
non
voleva
continuare
.
Né
le
suppliche
né
le
lagrime
di
Luisa
valsero
a
persuaderla
.
Era
peccato
,
era
peccato
!
Ester
non
aveva
un
sentimento
religioso
profondo
,
ma
paura
del
diavolo
e
dell
'
inferno
sì
,
molto
.
Per
parecchio
tempo
non
fu
possibile
ricominciare
le
sedute
.
Ella
ne
aveva
orrore
e
suo
marito
non
osava
contraddirla
.
Fu
Luisa
che
a
forza
di
scongiuri
ottenne
una
transazione
.
Le
sedute
ricominciarono
ma
Ester
non
vi
prese
parte
più
.
Non
volle
neanche
sapere
cosa
vi
accadesse
.
Solamente
,
quando
vedeva
sua
marito
preoccupato
,
distratto
,
gli
gittava
un
'
allusione
crucciosa
alle
pratiche
segrete
dello
studio
.
Allora
egli
si
affliggeva
,
offriva
di
desistere
,
ed
era
Ester
che
si
sentiva
debole
di
fronte
a
Luisa
.
Poiché
,
indirettamente
,
aveva
capito
che
Luisa
credeva
di
comunicare
con
lo
spirito
della
bambina
.
Ella
le
aveva
detto
una
volta
:
«
Domani
sera
non
vengo
perché
Maria
non
vuole
»
.
E
un
'
altra
volta
:
«
Vado
a
Looch
perché
Maria
vuole
un
fiore
dalla
Nonna
»
.
A
Ester
pareva
incredibile
che
una
testa
lucida
e
forte
come
quella
si
smarrisse
così
.
Comprendeva
in
pari
tempo
la
difficoltà
immensa
di
persuaderla
con
le
buone
e
la
crudeltà
di
opporsele
con
le
cattive
.
Il
professore
accese
una
candela
e
salì
,
seguito
da
Luisa
,
nello
studio
.
Noi
conosciamo
lo
studiolo
simile
a
una
cabina
di
bastimento
,
con
gli
scaffali
pieni
di
libri
,
il
caminetto
,
la
finestra
che
guarda
il
lago
,
la
poltrona
dove
Maria
s
'
era
addormentata
la
notte
di
Natale
.
Adesso
v
'
era
di
più
,
fra
il
caminetto
e
la
finestra
,
un
piccolo
tavolino
rotondo
con
un
sol
piede
tripartito
a
un
palmo
da
terra
.
«
Mi
rincresce
molto
»
,
disse
il
Gilardoni
,
entrando
,
«
di
far
tanto
dispiacere
a
Ester
.
»
Posò
il
lume
sulla
scrivania
e
invece
di
disporre
,
secondo
il
solito
,
il
tavolino
e
le
sedie
,
andò
a
guardar
dalla
finestra
il
chiaror
vago
dell
'
acqua
e
dei
cielo
nelle
ombre
della
notte
.
Luisa
rimase
immobile
e
subito
egli
si
voltò
bruscamente
come
avesse
sentito
per
virtù
magnetica
l
'
angoscia
di
lei
.
Gliela
vide
spaventosa
in
faccia
,
intese
ch
'
ella
lo
credeva
risoluto
di
troncare
mentre
ne
aveva
solamente
avuta
la
tentazione
e
le
prese
,
commosso
,
le
mani
,
le
disse
che
Ester
era
tanto
buona
,
che
l
'
amava
tanto
,
che
né
lui
né
lei
avrebbero
mai
voluto
recarle
volontariamente
un
'
afflizione
.
Luisa
non
rispose
ma
il
professore
durò
fatica
a
impedire
che
gli
baciasse
la
mano
.
Mentre
egli
collocava
in
mezzo
alla
stanza
il
tavolino
e
le
due
sedie
,
ella
sedette
sulla
poltrona
,
come
oppressa
.
«
Ecco
»
,
fece
il
professore
.
Luisa
si
levò
di
tasca
e
gli
tese
una
lettera
.
«
Ho
tanto
bisogno
di
Maria
e
di
Lei
,
stasera
!
»
,
diss
'
ella
«
Legga
,
è
di
Franco
.
Può
cominciare
dalla
quarta
pagina
.
»
Il
professore
non
intese
queste
ultime
parole
,
si
accostò
al
lume
e
lesse
ad
alta
voce
:
Torino
,
18
febbraio
1859
.
Luisa
mia
,
Sai
che
non
mi
hai
scritto
da
quindici
giorni
?
«
Questo
lo
può
saltare
»
,
interruppe
Luisa
,
ma
poi
si
corresse
.
«
No
,
legga
pure
,
è
meglio
.
»
Il
professore
continuò
:
Ecco
la
terza
lettera
che
io
ti
mando
dopo
ricevuta
la
tua
del
6
.
Sono
stato
forse
,
nella
prima
,
troppo
vivace
e
ti
ho
ferita
.
Benedetto
temperamento
il
mio
,
che
non
solo
mi
fa
dire
parole
troppo
vivaci
quando
il
sangue
mi
si
riscalda
,
ma
me
le
fa
anche
scrivere
!
E
benedetto
sangue
che
a
trentadue
anni
suonati
si
riscalda
come
a
ventidue
!
Perdonami
,
Luisa
,
e
permettimi
di
ritornare
sull
'
argomento
onde
riprendermi
quelle
parole
che
hanno
potuto
offenderti
.
Adesso
non
si
discorre
più
né
di
tavolini
né
di
spiriti
,
non
si
discorre
che
di
diplomazie
e
di
guerra
;
ma
gli
anni
scorsi
se
ne
parlò
moltissimo
e
parecchie
persone
che
io
stimo
e
onoro
ci
credevano
.
Di
alcune
so
positivamente
che
erano
illuse
ma
non
ho
mai
dubitato
,
quando
mi
riferivano
conversazioni
avute
con
gli
spiriti
,
della
loro
buona
fede
.
Pare
che
l
'
immaginazione
,
eccitata
,
possa
far
udire
e
vedere
come
reale
ciò
che
non
è
.
Ma
io
voglio
credere
che
nel
tuo
caso
non
v
'
inganni
l
'
immaginazione
,
che
il
vostro
tavolino
si
muova
e
si
esprima
davvero
come
dici
.
Ho
avuto
torto
di
metter
questo
in
dubbio
,
lo
confesso
,
poiché
tu
sei
talmente
sicura
di
non
ingannarti
e
poiché
conosco
abbastanza
l
'
onestà
del
professor
Gilardoni
.
Ma
vi
è
poi
per
me
una
questione
di
sentimento
.
Io
so
che
la
mia
dolce
Maria
vive
con
Dio
,
io
ho
la
speranza
di
andare
un
giorno
,
con
altre
anime
a
me
care
,
dov
'
ella
è
.
Se
mi
comparisse
spontaneamente
,
se
udissi
,
senz
'
averla
chiamata
,
il
suono
della
sua
voce
viva
e
vera
,
forse
non
potrei
sopportare
una
gioia
così
grande
;
chiamarla
,
costringerla
di
venire
non
vorrei
mai
.
Mi
ripugna
,
è
contrario
a
quel
senso
di
venerazione
che
ho
per
un
Essere
tanto
più
vicino
a
Dio
di
me
.
Anch
'
io
,
Luisa
,
parlo
al
nostro
tesoro
ogni
giorno
,
le
parlo
di
me
e
anche
di
te
,
sapendo
che
ci
vede
,
che
ci
ama
,
che
potrà
molto
ancora
,
in
questa
vita
stessa
,
sopra
di
noi
.
Tali
vorrei
pure
i
colloqui
tuoi
con
essa
;
e
se
rispondendo
alla
lettera
in
cui
alludevi
a
una
comunicazione
di
lei
mi
sono
espresso
con
acerbità
,
perdonami
in
grazia
non
solamente
del
mio
cattivo
carattere
ma
delle
idee
altresì
e
dei
sentimenti
che
sono
come
parte
della
mia
natura
.
Perdonami
pure
in
grazia
della
sovreccitazione
immensa
in
cui
si
vive
qui
.
La
mia
gola
sta
bene
;
da
quando
si
parla
di
guerra
ho
gittato
canfora
e
acqua
sedativa
,
ma
i
nervi
sono
tesi
straordinariamente
,
mi
par
che
a
toccarli
dieno
scintille
.
Questo
viene
anche
dall
'
intenso
lavoro
che
abbiamo
al
Ministero
,
dove
non
c
'
è
più
orario
e
chi
più
gode
fiducia
,
sia
pure
un
segretariucolo
,
più
deve
sgobbare
.
Quando
ebbi
questo
posto
dalla
bontà
del
conte
di
Cavour
,
mi
pareva
di
mangiare
il
pane
dello
Stato
a
tradimento
.
Adesso
non
è
così
ma
sto
per
togliermi
a
questo
gran
lavoro
e
ciò
mi
conduce
a
un
altro
discorso
che
ho
nel
cuore
da
un
pezzo
e
che
adesso
ti
faccio
con
una
commozione
indicibile
.
Fra
otto
giorni
i
miei
amici
ed
io
ci
arruoliamo
nell
'
esercito
come
volontari
per
la
durata
della
campagna
;
Si
entra
nel
9°
fanteria
che
ha
il
deposito
a
Torino
.
Qui
al
Ministero
si
vorrebbe
trattenermi
ancora
ma
io
intendo
di
trovarmi
istruito
al
reggimento
quando
entrerà
in
campagna
e
ho
solamente
preso
l
'
impegno
di
non
lasciar
l
'
ufficio
che
un
giorno
prima
di
arruolarmi
.
Luisa
,
sono
tre
anni
e
quasi
cinque
mesi
che
non
ci
vediamo
.
Vero
che
tu
sei
sorvegliata
dalla
Polizia
e
che
ti
è
proibito
di
venire
a
Lugano
;
però
io
ti
ho
proposto
più
volte
più
modi
di
venirmi
a
incontrare
segretamente
almeno
al
confine
,
sulla
montagna
,
e
tu
non
mi
hai
risposto
.
Ho
creduto
indovinare
che
tu
non
ti
sapessi
allontanare
neppure
per
poco
tempo
da
un
luogo
sacro
.
Mi
pareva
troppo
e
ti
confesso
che
ne
provai
un
'
amarezza
molto
profonda
!
Poi
mi
pentivo
,
mi
pareva
d
'
essere
egoista
,
ti
assolvevo
.
Adesso
,
Luisa
,
le
circostanze
sono
mutate
.
Non
ho
cattivi
presentimenti
,
mi
par
impossibile
di
aver
a
restare
sopra
un
campo
di
battaglia
,
ma
impossibile
non
è
.
Prenderò
parte
ad
una
guerra
che
si
annuncia
tra
le
più
grosse
,
tra
le
più
lunghe
e
disperate
,
perché
se
l
'
Austria
ha
in
giuoco
le
sue
provincie
italiane
,
noi
,
e
forse
anche
l
'
imperatore
Napoleone
,
abbiamo
in
giuoco
tutto
.
Si
dice
che
passeremo
l
'
inverno
venturo
sotto
Verona
.
Luisa
,
io
non
voglio
correre
il
pericolo
di
morire
senz
'
averti
riveduta
.
Ho
ventiquattr
'
ore
sole
,
non
posso
venire
al
confine
né
a
Lugano
,
né
mi
può
bastare
di
star
con
te
dieci
minuti
!
Fatti
portare
a
Lugano
,
in
qualche
modo
,
da
Ismaele
la
mattina
del
25
corr
.
Parti
da
Lugano
in
tempo
di
essere
a
Magadino
per
il
tocco
poiché
da
Luino
non
puoi
passare
.
A
Magadino
piglierai
il
battello
che
parte
di
là
circa
al
tocco
e
mezzo
.
Scenderai
circa
alle
quattro
a
Isola
Bella
dove
,
presso
a
poco
alla
stess
'
ora
,
arriverò
anch
'
io
da
Arona
.
L
'
Isola
Bella
,
a
questa
stagione
,
è
un
deserto
.
Vi
passeremo
la
sera
insieme
e
ripartiremo
la
mattina
,
tu
per
Oria
,
io
per
Torino
.
Scrivo
allo
zio
Piero
per
chiedergli
perdono
se
gli
tolgo
un
giorno
della
tua
compagnia
.
Maggior
male
non
temo
.
Anche
gli
austriaci
non
pensano
che
alle
armi
,
la
loro
Polizia
si
lascia
sfuggire
migliaia
di
giovani
che
vengono
a
prenderle
qui
.
Sarebbero
terribili
all
'
indomani
di
una
vittoria
ma
quel
giorno
,
per
essi
,
viva
Dio
!
non
verrà
.
Luisa
,
è
possibile
ch
'
io
non
ti
trovi
all
'
Isola
Bella
,
che
tu
creda
far
piacere
a
Maria
non
venendo
?
Ma
non
sai
,
la
mia
Maria
,
la
mia
povera
piccina
,
se
le
avessero
detto
corri
a
salutar
il
tuo
papà
che
forse
va
a
morire
come
...
La
voce
del
lettore
oscillò
,
si
ruppe
,
mancò
in
un
singhiozzo
.
Luisa
si
nascose
il
viso
fra
le
mani
.
Egli
le
posò
la
lettera
sulle
ginocchia
e
disse
a
stento
:
«
Donna
Luisa
,
può
avere
un
dubbio
?
»
«
Sono
cattiva
»
,
rispose
Luisa
sottovoce
,
«
sono
matta
.
»
«
Ma
non
gli
vuol
bene
?
»
«
Alle
volte
mi
pare
tanto
e
alle
volte
niente
.
»
«
Dio
mio
!
»
,
fece
il
professore
.
«
Ma
adesso
?
Non
La
commuove
l
'
idea
che
potrebbe
non
vederlo
mai
più
?
»
Luisa
tacque
;
parve
che
piangesse
.
Balzò
improvvisamente
in
piedi
stringendosi
le
tempie
fra
le
mani
,
piantò
in
viso
al
professore
due
occhi
dove
non
erano
lagrime
ma
invece
una
luce
sinistra
di
corruccio
.
«
Ella
non
sa
»
,
esclamò
,
«
cosa
c
'
è
nella
mia
testa
,
che
cumulo
di
contraddizioni
,
quante
idee
opposte
che
si
combattono
e
prendono
continuamente
il
luogo
l
'
una
dell
'
altra
!
Quando
ho
ricevuto
la
lettera
ho
pianto
tanto
,
mi
son
detta
:
"
sì
,
povero
Franco
,
stavolta
vado
"
,
e
poi
ecco
una
voce
che
mi
dice
qui
nella
fronte
:
"
no
,
non
devi
andare
perché
...
perché
...
perché
...
".»
Luisa
s
'
interruppe
e
il
professore
,
spaventato
da
bagliori
di
pazzia
negli
occhi
che
lo
fissavano
,
non
osò
chiedere
spiegazioni
.
Gli
occhi
strani
sempre
fissi
ne
'
suoi
vennero
raddolcendosi
,
velandosi
.
Luisa
gli
prese
le
mani
,
gli
disse
piano
,
timidamente
:
«
Domandiamo
a
Maria
»
.
Sedettero
al
tavolino
,
vi
posarono
le
mani
su
.
Il
professore
voltava
le
spalle
al
lume
che
batteva
sul
viso
di
Luisa
.
Il
tavolino
era
nell
'
ombra
.
Dopo
undici
minuti
di
silenzio
profondo
il
professore
mormorò
:
«
Si
muove
»
.
Infatti
il
tavolino
si
andava
lentamente
inclinando
da
un
lato
.
Ricadde
e
batté
un
piccolo
colpo
.
Il
viso
di
Luisa
s
'
illuminò
.
«
Chi
sei
?
»
,
disse
il
professore
.
«
Rispondi
col
solito
alfabeto
.
»
Il
tavolino
batté
diciassette
colpi
,
poi
quattordici
,
poi
diciotto
,
poi
uno
.
«
Rosa
»
,
disse
il
professore
,
piano
.
Rosa
era
il
nome
di
una
sorellina
di
sua
moglie
,
morta
nell
'
infanzia
,
e
il
tavolino
aveva
battuto
parecchie
altre
volte
questo
nome
.
«
Va
'
»
,
ripeté
il
Gilardoni
,
«
mandaci
Maria
.
»
Il
tavolino
si
rimise
tosto
in
movimento
e
batté
queste
parole
:
«
Son
qui
.
Maria
.
»
«
Maria
,
Maria
,
Maria
mia
!
»
,
sussurrò
Luisa
con
un
'
espressione
,
in
viso
,
di
beatitudine
.
«
Conosci
»
,
disse
il
Gilardoni
,
«
la
lettera
che
tuo
padre
ha
scritto
a
tua
madre
?
»
Il
tavolino
rispose
:
«
Sì
»
.
«
Cosa
deve
fare
tua
madre
?
»
Luisa
tremava
da
capo
a
piedi
,
aspettando
.
Il
tavolino
rimase
immobile
.
«
Rispondi
»
,
fece
il
professore
.
Il
tavolino
si
mosse
e
batté
un
miscuglio
incomprensibile
di
lettere
.
«
Non
abbiamo
capito
.
Ripeti
.
»
Il
tavolino
non
si
mosse
più
.
«
Ripeti
dunque
!
»
,
fece
il
professore
quasi
bruscamente
.
«
No
!
»
,
supplicò
Luisa
.
«
Non
insista
,
non
insista
!
Maria
non
vuol
rispondere
!
»
Ma
il
professore
voleva
insistere
.
«
Non
è
possibile
»
,
diceva
,
«
che
lo
spirito
non
risponda
.
Lei
lo
sa
,
ci
è
successo
altre
volte
di
non
intendere
quel
che
dice
.
»
Luisa
si
alzò
agitatissima
,
dicendo
che
piuttosto
di
costringere
Maria
era
contenta
d
'
interrompere
la
seduta
.
Il
professore
rimase
meditabondo
al
proprio
posto
.
«
Zitto
!
»
,
diss
'
egli
.
Il
tavolino
si
moveva
,
ricominciò
a
batter
colpi
.
«
Sì
»
,
esclamò
il
Gilardoni
,
raggiante
.
«
Ho
domandato
col
pensiero
s
'
Ella
deve
andare
e
il
tavolino
ha
risposto
"
sì
"
.
Ridomandi
lei
ad
alta
voce
.
»
Cinque
o
sei
minuti
passarono
prima
che
il
tavolino
si
rimettesse
in
moto
.
Alla
domanda
di
Luisa
«
debbo
andare
?
»
batté
prima
tredici
colpi
poi
quattordici
.
La
risposta
era
«
no
»
.
Il
professore
impallidì
e
Luisa
lo
interrogò
con
lo
sguardo
.
Egli
rimase
lungamente
muto
,
poi
rispose
sospirando
:
«
Potrebbe
non
essere
Maria
.
Potrebb
'
essere
uno
spirito
di
menzogna
»
.
«
E
come
si
può
sapere
?
»
,
fece
Luisa
ansiosamente
.
«
Impossibile
.
Non
si
può
sapere
.
»
«
Ma
e
le
altre
comunicazioni
,
dunque
?
Non
vi
è
certezza
mai
?
»
«Mai.»
Ella
tacque
,
atterrita
.
Poi
sussurrò
:
«
Doveva
essere
così
.
Doveva
mancarmi
anche
questo
»
.
E
posò
la
fronte
sul
tavolino
.
Il
lume
della
candela
batteva
sui
capelli
,
sulle
braccia
,
sulle
mani
di
lei
.
Ella
non
si
moveva
,
nulla
si
moveva
nella
camera
,
tranne
la
fiammella
oscillante
della
candela
.
Un
'
altra
fiammella
,
un
ultimo
lume
di
speranza
e
di
conforto
stava
morendo
nella
povera
testa
caduta
sotto
il
colpo
d
'
un
dubbio
amaro
e
invincibile
.
Che
poteva
fare
,
che
poteva
dire
il
Gilardoni
?
Egli
vedeva
prossimo
a
compiersi
,
non
per
opera
sua
,
il
desiderio
di
Ester
.
Tre
o
quattro
minuti
dopo
si
udirono
passi
al
piano
inferiore
e
la
voce
di
Ester
.
Luisa
,
lentamente
,
si
alzò
.
«
Andiamo
»
,
diss
'
ella
.
«
Bisognerebbe
forse
pregare
»
,
osservò
il
Gilardoni
,
senza
muoversi
.
«
Bisognerebbe
forse
domandare
agli
spiriti
se
confessano
Cristo
.
»
«
No
no
no
no
no
»
,
fece
sottovoce
Luisa
,
negando
,
anche
con
la
mano
,
ostilmente
.
Il
professore
prese
la
candela
in
silenzio
.
Ritornando
a
Oria
Luisa
salì
al
cancello
del
Camposanto
.
Vi
appoggiò
la
fronte
,
gittò
verso
la
fossa
di
Maria
un
soffocato
addio
e
ridiscese
.
Giunta
sul
sagrato
andò
ad
affacciarsi
al
parapetto
,
guardò
giù
il
lago
addormentato
nell
'
ombra
.
Stette
lì
alquanto
lasciando
andar
il
pensiero
per
la
sua
china
.
Posò
i
gomiti
sul
parapetto
,
si
piegò
,
si
appoggiò
il
viso
alle
mani
sempre
guardando
l
'
acqua
,
l
'
acqua
che
aveva
preso
Maria
.
Il
suo
pensiero
veniva
pigliando
una
forma
precisa
non
dentro
a
lei
ma
laggiù
nell
'
acqua
.
Essa
lo
considerò
.
Morire
,
finire
.
Lo
conosceva
,
lo
aveva
veduto
ancora
questo
pensiero
guardando
nell
'
acqua
così
,
molto
tempo
addietro
,
prima
di
cominciare
le
evocazioni
col
professore
.
Poi
era
scomparso
.
Adesso
ritornava
.
Era
un
pensiero
dolce
e
pietoso
,
pieno
di
riposo
e
di
abbandono
,
pieno
di
pace
.
Faceva
bene
di
starlo
a
guardare
poiché
anche
la
fede
negli
spiriti
era
perduta
.
Morire
,
finire
.
L
'
altra
volta
molto
aveva
potuto
contro
il
fascino
dell
'
acqua
la
immagine
del
vecchio
zio
.
Ora
poteva
meno
.
Lo
zio
era
caduto
,
dalla
morte
di
Maria
in
poi
,
in
un
mutismo
quasi
completo
che
Luisa
attribuiva
a
un
principio
di
apatia
senile
.
Ella
non
aveva
capito
come
nell
'
animo
del
vecchio
vi
fossero
insieme
al
dolore
disapprovazioni
profonde
;
quanto
lo
urtassero
le
quotidiane
ripetute
visite
al
cimitero
e
i
fiori
e
le
gite
misteriose
a
Casarico
e
,
sopra
tutto
,
l
'
abbandono
completo
della
chiesa
.
Se
non
fosse
stata
così
presa
dalla
sua
morta
,
avrebbe
potuto
intender
meglio
lo
zio
almeno
in
quest
'
ultimo
punto
della
chiesa
,
perché
adesso
il
vecchio
silenzioso
ci
andava
lui
,
in
chiesa
,
più
di
prima
,
tornava
col
cuore
alla
religione
di
suo
padre
e
di
sua
madre
praticata
sinora
freddamente
,
per
abitudine
,
per
ossequio
alle
tradizioni
di
casa
.
Pareva
a
Luisa
ch
'
egli
fosse
diventato
alquanto
ottuso
e
che
se
ai
bisogni
suoi
fosse
provveduto
non
gli
occorrerebbe
altro
.
Per
le
cure
materiali
v
'
era
la
Cia
e
le
risorse
che
bastavano
per
tre
meglio
avrebbero
bastato
per
due
.
Luisa
credette
veder
l
'
acqua
salire
un
palmo
.
E
Franco
?
Franco
si
desolerebbe
,
piangerebbe
per
qualche
anno
e
poi
sarebbe
più
felice
.
Franco
aveva
il
segreto
di
consolarsi
presto
.
L
'
acqua
parve
salire
un
altro
palmo
.
Nello
stesso
momento
in
cui
ella
s
'
era
affacciata
al
parapetto
,
Franco
,
passando
in
via
di
Po
davanti
a
San
Francesco
di
Paola
,
aveva
veduto
lumi
e
udito
l
'
organo
.
Era
entrato
.
Appena
detta
una
preghiera
,
il
pensiero
dominante
lo
aveva
ripreso
,
il
suono
dell
'
organo
gli
si
era
trasformato
in
un
fragore
di
trombe
,
di
tamburi
e
d
'
armi
e
,
mentre
un
canto
di
pace
si
levava
sull
'
altare
,
a
lui
era
parso
caricar
con
furore
il
nemico
.
A
un
tratto
si
vide
in
mente
l
'
immagine
di
Luisa
vestita
a
lutto
,
pallida
.
Si
mise
a
pensare
a
lei
,
a
pregare
per
lei
con
fervore
intenso
.
Allora
là
sul
sagrato
di
Oria
ella
sentì
un
freddo
,
un
'
uggia
,
un
mancar
della
tentazione
.
Volle
richiamarla
e
non
poté
.
L
'
acqua
ridiscendeva
.
Una
voce
intima
le
disse
:
e
se
il
professore
si
è
ingannato
?
Se
non
è
vero
che
il
tavolino
abbia
risposto
prima
di
si
e
poi
di
no
?
Se
non
è
vero
di
questi
spiriti
menzogneri
?
Si
tolse
dal
parapetto
e
sali
,
a
passi
lenti
,
in
casa
.
Trovò
lo
zio
in
cucina
,
seduto
sotto
la
cappa
del
camino
,
con
le
molle
in
mano
e
col
bicchiere
di
latte
accanto
.
La
Cia
e
la
Leu
cucinavano
.
«
Dunque
»
,
disse
lo
zio
,
«
sono
andato
alla
Ricevitoria
.
Il
Ricevitore
è
a
letto
con
l
'
itterizia
,
ma
ho
parlato
col
Sedentario
.
»
«
Di
che
cosa
,
zio
?
»
«
Di
Lugano
,
della
tua
andata
a
Lugano
il
25
.
Mi
ha
detto
che
chiuderà
un
occhio
e
che
passerai
.
»
Luisa
tacque
,
stette
a
guardar
il
fuoco
meditabonda
.
Poi
diede
certi
ordini
alla
Leu
per
l
'
indomani
e
pregò
lo
zio
di
venire
in
salotto
con
lei
.
«
Cosa
serve
?
»
,
diss
'
egli
con
la
solita
semplicità
.
«
Non
avrai
gran
segreti
.
Stiamo
qui
che
c
'
è
il
fuoco
.
»
La
Cia
accese
il
lume
.
«
Usciremo
noi
»
,
diss
'
ella
.
Lo
zio
fece
la
sua
solita
smorfia
di
compassione
per
le
altrui
sciocchezze
ma
tacque
,
bevve
il
suo
bicchier
di
latte
e
lo
porse
silenziosamente
a
Luisa
.
Luisa
prese
il
bicchiere
e
disse
piano
:
«
Non
ho
ancora
deciso
»
.
«
Cosa
?
»
,
fece
lo
zio
bruscamente
.
«
Cosa
non
hai
deciso
?
»
«
Se
andrò
all
'
Isola
Bella
.
»
«
Euh
!
Che
diavolo
?
»
Lo
zio
Piero
non
la
poteva
neanche
intendere
una
cosa
simile
.
«
E
perché
non
andresti
?
»
Ella
rispose
con
tranquillità
,
come
se
dicesse
una
cosa
ovvia
:
«
Ho
paura
di
non
poter
lasciare
Maria
»
.
«
Ah
senti
!
»
,
fece
lo
zio
.
«
Siediti
là
.
»
Le
additò
il
sedile
in
faccia
,
sotto
la
cappa
del
camino
,
lasciò
le
molle
e
disse
con
quella
sua
voce
grave
,
onesta
voce
del
cuore
:
«
Cara
Luisa
,
hai
perso
la
bussola
»
.
E
alzate
le
braccia
con
un
«
euh
!
»
profondo
,
le
lasciò
ricadere
sulle
ginocchia
.
«
Persa
!
»
,
diss
'
egli
.
Stette
un
poco
in
silenzio
,
a
capo
chino
,
porgendo
le
labbra
con
un
brontolio
di
parole
in
formazione
,
che
poi
uscirono
.
«
Cose
che
non
avrei
mai
creduto
!
Cose
che
paiono
impossibili
.
Ma
quando
»
(
così
dicendo
rialzò
il
capo
e
guardò
Luisa
in
faccia
)
«
si
comincia
a
perderla
,
la
bussola
,
l
'
è
fatta
.
E
tu
,
cara
,
hai
cominciato
a
perderla
da
un
pezzo
.
»
Luisa
trasalì
.
«
Eh
sì
!
»
,
esclamò
lo
zio
a
gola
piena
.
«
Hai
cominciato
a
perderla
da
un
pezzo
.
Ed
è
questo
che
volevo
dirti
.
Senti
:
mia
madre
ha
perso
dei
figli
,
tua
madre
ha
perso
dei
figli
,
ho
visto
tante
madri
perdere
dei
figli
e
nessuna
faceva
come
te
.
Ci
vuol
altro
,
siamo
tutti
mortali
e
dobbiamo
accettare
la
nostra
condizione
.
Si
rassegnavano
.
Ma
tu
,
no
.
E
questo
cimitero
!
E
queste
due
,
tre
,
quattro
visite
al
giorno
!
E
questi
fiori
,
e
cosa
so
io
,
oh
povero
me
!
E
anche
queste
scempiaggini
che
fai
a
Casarico
con
quell
'
altro
povero
imbecille
,
che
voi
credete
farle
in
segreto
e
tutti
ne
parlano
,
persino
la
Cia
!
Oh
povero
me
!
»
«
No
,
zio
»
,
disse
Luisa
tristemente
ma
tranquillamente
.
«
Non
dir
queste
cose
.
Non
puoi
capire
.
»
«
Siamo
intesi
»
,
rispose
lo
zio
con
tutta
l
'
ironia
di
cui
era
capace
.
«
Non
posso
capire
.
Ma
poi
ce
n
'
è
un
'
altra
.
Tu
non
vai
più
in
chiesa
.
Io
non
ti
ho
mai
detto
niente
perché
in
queste
cose
il
mio
principio
è
stato
sempre
di
lasciar
fare
a
ciascuno
quel
che
crede
;
ma
quando
ti
vedo
perdere
,
dirò
così
,
il
buon
senso
e
anche
il
senso
comune
,
non
posso
a
meno
di
farti
riflettere
che
se
si
voltano
le
spalle
a
Domeneddio
,
si
fanno
di
questi
guadagni
.
Adesso
poi
questa
idea
di
non
voler
andare
a
vedere
tuo
marito
,
in
circostanze
simili
,
passa
tutti
i
limiti
.
»
«
Vuol
dire
»
,
riprese
dopo
una
breve
pausa
,
«
che
ci
andrò
io
.
»
«
Tu
?
»
,
esclamò
Luisa
.
«
Perché
no
?
Io
,
sì
.
Contavo
di
accompagnarti
ma
,
se
non
vieni
,
andrò
solo
.
Andrò
a
dire
a
tuo
marito
che
hai
perduto
la
testa
e
che
spero
di
andar
presto
anch
'
io
a
trovar
la
povera
Maria
.
»
Mai
nessuno
aveva
udito
dal
labbro
dello
zio
Piero
una
parola
tanto
amara
.
Fosse
questo
,
fosse
l
'
autorità
dell
'
uomo
,
fosse
il
nome
di
Maria
pronunciato
così
,
Luisa
fu
vinta
.
«
Andrò
»
,
diss
'
ella
.
«
Ma
tu
devi
restar
qui
.
»
«
Niente
affatto
»
,
rispose
lo
zio
contento
.
«
Sono
quarant
'
anni
che
non
vedo
le
Isole
.
Approfitto
dell
'
occasione
.
E
chi
sa
che
non
mi
arruoli
in
cavalleria
,
io
?
»
«
E
così
»
,
disse
la
Cia
a
Luisa
dopo
che
lo
zio
era
andato
a
letto
.
«
Vuol
proprio
partire
anche
il
mio
padrone
?
Cara
lei
,
per
amor
del
Cielo
,
non
glielo
permetta
!
»
E
le
raccontò
che
due
ore
prima
egli
aveva
stralunato
gli
occhi
e
piegata
la
testa
sul
petto
;
che
chiamato
da
lei
non
aveva
risposto
;
che
poi
si
era
riavuto
e
che
alle
premurose
domande
di
lei
era
andato
in
collera
protestando
di
non
aver
avuto
male
,
di
aver
sentito
solo
un
po
'
di
sonno
.
Luisa
l
'
ascoltava
in
piedi
,
col
lume
in
mano
,
con
gli
occhi
vitrei
,
divisa
fra
l
'
attenzione
alle
parole
che
udiva
e
qualche
altro
pensiero
assai
diverso
,
assai
lontano
,
dallo
zio
,
dalla
casa
,
dalla
Valsolda
.
2
.
Solenne
rullo
Il
venticinque
febbraio
,
giorno
della
partenza
,
lo
zio
Piero
si
alzò
alle
sette
e
mezzo
e
andò
alla
finestra
.
Un
denso
nebbione
pendeva
sul
lago
biancastro
e
nascondeva
le
montagne
per
modo
che
se
ne
vedevano
solamente
due
brevi
liste
nere
,
una
a
destra
e
l
'
altra
a
sinistra
,
fra
il
lago
e
la
nebbia
.
«
Ahimè
!
»
,
sospirò
lo
zio
.
Non
s
'
era
ancora
finito
di
vestire
che
Luisa
entrò
e
lo
pregò
,
col
pretesto
del
cattivo
tempo
,
di
restare
,
di
lasciarla
partir
sola
.
La
Cia
era
in
grande
angoscia
,
e
avea
pregato
Luisa
di
insistere
sapendo
ch
'
egli
era
stato
côlto
,
il
giorno
venti
,
da
forti
vertigini
e
che
il
ventidue
,
senza
dir
niente
a
nessuno
,
era
andato
a
confessarsi
.
Egli
s
'
irritò
,
convenne
tacere
,
lasciargli
fare
la
sua
volontà
.
Povero
zio
,
aveva
goduto
sempre
una
salute
di
ferro
ed
era
molto
apprensivo
,
il
menomo
disturbo
lo
allarmava
;
ma
ora
non
gli
pareva
bene
che
Luisa
partisse
sola
in
quelle
condizioni
di
spirito
,
e
si
sacrificava
per
lei
.
Si
vestì
,
ritornò
alla
finestra
e
chiamò
trionfalmente
Luisa
che
stava
nel
giardinetto
.
«
Alza
la
testa
!
»
,
diss
'
egli
.
«
Guarda
su
in
Boglia
!
»
In
alto
,
sopra
Oria
,
attraverso
la
nebbia
fumante
,
si
vedeva
l
'
oro
pallido
del
sole
sulla
montagna
e
più
in
alto
ancora
una
trasparenza
serena
.
«
Bella
giornata
!
»
Luisa
non
rispose
e
il
vecchio
discese
allegro
in
loggia
,
uscì
sulla
terrazza
a
goder
la
battaglia
magnifica
della
nebbia
e
del
sole
.
Tutto
il
lago
d
'
oriente
fra
la
Ca
Rotta
,
l
'
ultima
casa
di
S
.
Mamette
,
a
sinistra
,
e
il
golfo
del
Dòi
a
destra
,
pareva
un
mare
immenso
,
bianco
.
La
Ca
Rotta
traspariva
appena
,
come
un
fantasma
.
Al
golfo
del
Dòi
cominciava
la
sottile
lista
nera
scoperta
fra
il
piombo
del
lago
e
il
nebbione
.
A
poco
a
poco
quel
nebbione
si
faceva
turchiniccio
,
vaghi
chiarori
rompevano
in
cielo
verso
Osteno
,
in
fondo
al
mare
d
'
oriente
tremavano
luccicori
nuovi
,
venivan
liste
,
chiazze
brune
di
brezza
;
un
occhio
di
sole
appariva
e
scompariva
sopra
Osteno
nei
vapori
turbinanti
,
ingrandiva
rapidamente
,
splendé
vincitore
.
La
nebbia
fuggì
da
ogni
parte
,
a
brani
e
fiocchi
.
Molti
ne
passarono
davanti
a
Oria
,
grandi
e
veloci
,
altri
si
buttarono
alla
costa
,
il
grosso
ripiegò
verso
l
'
ultimo
levante
;
colà
,
dietro
e
sopra
un
pesante
sipario
bianco
,
le
montagne
del
lago
di
Como
sorsero
gloriose
nel
sereno
.
Lo
zio
Piero
chiamò
Luisa
perché
vedesse
lo
spettacolo
,
l
'
ultima
scena
splendida
del
dramma
;
il
trionfo
del
sole
,
la
fuga
delle
nebbie
,
la
gloria
delle
montagne
.
Egli
ammirava
patriarcalmente
,
senza
finezze
di
senso
artistico
ma
con
calor
giovanile
,
con
sincera
enfasi
di
voce
,
da
vecchio
che
ha
vissuto
castamente
,
che
non
ha
sciupata
la
freschezza
del
cuore
,
che
conserva
una
certa
innocenza
d
'
immaginazione
.
«
Guarda
,
Luisa
»
,
esclamò
,
«
se
non
bisogna
dire
:
Gloria
al
Padre
,
al
Figliuolo
,
allo
Spirito
Santo
!
»
Luisa
non
rispose
,
si
allontanò
subito
per
non
veder
quel
recinto
bianco
,
di
là
dall
'
orto
,
che
l
'
attirava
con
violenza
,
con
una
tacita
voce
di
rimprovero
e
di
dolore
.
Ella
vi
era
andata
alle
sei
,
vi
aveva
passata
un
'
ora
nella
nebbia
,
seduta
sull
'
erba
fradicia
.
Lo
zio
rimase
in
contemplazione
sulla
terrazza
fino
al
momento
di
partire
.
S
'
egli
fosse
stato
un
poeta
presuntuoso
avrebbe
supposto
che
la
Valsolda
gli
desse
il
buon
viaggio
con
uno
spettacolo
d
'
addio
,
volesse
mostrarglisi
bella
come
forse
non
l
'
aveva
veduta
mai
;
ma
queste
fantasie
poetiche
a
lui
non
venivano
e
poi
si
trattava
di
un
viaggio
così
breve
!
No
,
gli
passò
invece
nella
mente
l
'
immagine
di
Maria
,
l
'
idea
di
vedersela
capitar
correndo
fra
le
gambe
,
di
prenderla
sulle
ginocchia
,
di
recitarle
la
canzonetta
antica
:
Ombretta
sdegnosa
Del
Missipipì
.
«
Basta
!
»
,
sospirò
.
«
È
stata
una
gran
cosa
!
»
,
e
,
chiamato
dalla
Cia
,
si
avviò
lentamente
verso
il
giardinetto
dove
l
'
attendeva
Luisa
,
pronta
a
scendere
in
barca
.
«
Oh
,
son
qui
»
,
diss
'
egli
,
«
e
voi
guardate
bene
,
mentre
staremo
via
,
di
non
lasciar
cadere
la
casa
nel
lago
.
»
Durante
il
tragitto
sul
Lago
Maggiore
,
a
bordo
del
San
Bernardino
,
Luisa
stette
quasi
sempre
nella
sala
di
seconda
classe
.
Ne
salì
una
volta
onde
persuadere
lo
zio
Piero
a
discendere
anche
lui
;
ma
lo
zio
Piero
,
chiuso
nel
suo
zimarrone
grigio
,
non
volle
muoversi
,
malgrado
l
'
aria
fredda
,
dal
ponte
dove
stava
pacificamente
a
guardar
montagne
e
paesi
,
e
far
un
po
'
di
conversazione
con
un
prete
di
Locarno
,
con
una
vecchierella
di
Belgirate
e
con
altri
viaggiatori
di
seconda
classe
.
Luisa
dovette
lasciarvelo
e
ridiscese
,
preferendo
star
sola
con
i
propri
pensieri
.
Più
si
avvicinava
all
'
Isola
Bella
più
le
cresceva
dentro
un
'
agitazione
sorda
,
una
incerta
attesa
di
tante
cose
.
Come
avverrebbe
l
'
incontro
con
Franco
?
Quale
contegno
terrebb
'
egli
con
lei
?
Le
farebbe
i
discorsi
che
le
aveva
fatto
lo
zio
?
Le
lettere
erano
molto
pietose
e
tenere
,
ma
chi
non
sa
che
si
scrive
in
un
modo
e
si
parla
in
un
altro
?
Come
,
dove
,
passerebbero
la
sera
?
E
poi
l
'
altra
cosa
,
la
cosa
terribile
a
pensare
...
?
Tutte
queste
preoccupazioni
salivano
,
salivano
,
tendevano
a
diventar
dominanti
,
a
porsi
in
antagonismo
con
l
'
immagine
del
Cimitero
di
Oria
che
ogni
tratto
ritornava
impetuosa
,
come
a
riprendere
il
suo
.
Alla
stazione
di
Cannero
,
Luisa
si
udì
sul
capo
un
grande
strepito
di
passi
,
un
grande
chiasso
di
voci
e
di
grida
,
salì
a
vedere
dello
zio
.
Erano
militari
richiamati
alle
bandiere
,
venuti
al
battello
con
due
grandi
barche
.
Altre
barchette
portavano
donne
,
bambini
,
vecchi
,
che
salutavano
e
piangevano
.
I
soldati
,
la
maggior
parte
bersaglieri
,
bei
giovinotti
allegri
,
rispondevano
ai
saluti
,
gridando
:
«
Viva
l
'
Italia
!
»
promettevano
regali
da
Milano
.
Una
vecchia
,
che
aveva
tre
figli
fra
quei
soldati
,
gridava
loro
,
tutta
scarmigliata
ma
non
piangente
,
che
si
ricordassero
del
Signore
e
della
Madonna
.
«
Sì
»
,
brontolo
un
vecchio
sergente
che
li
accompagnava
,
«
ca
s
'
ricordo
del
Sgnour
,
d
'
la
Madonna
,
del
Vescov
e
del
prevost
!
»
I
soldati
molto
pratici
del
«
prevost
»
,
la
prigione
militare
,
risero
della
barzelletta
e
il
battello
partì
.
Grida
,
sventolar
di
fazzoletti
e
poi
un
canto
,
un
canto
potente
di
cinquanta
voci
gagliarde
:
Addio
,
mia
bella
,
addio
,
L
'
armata
se
ne
va
.
I
soldati
si
erano
tutti
ammucchiati
a
prora
su
cataste
di
sacchi
e
barili
,
quale
seduto
,
quale
sdraiato
,
quale
in
piedi
,
e
cantavano
a
squarciagola
,
con
l
'
accompagnamento
cupo
delle
ruote
del
vapore
che
filava
diritto
giù
verso
lo
sfondo
di
cielo
cui
le
sottili
colline
d
'
Ispra
dividono
dall
'
immenso
specchio
dell
'
acque
,
verso
il
Ticino
.
Quei
giovinotti
avevano
a
passarlo
presto
,
il
Ticino
,
probabilmente
al
grido
di
Savoia
,
fra
una
furia
di
cannonate
.
Molti
di
loro
erano
attesi
laggiù
,
sotto
quel
cielo
sereno
,
dalla
morte
;
ma
tutti
cantavano
allegri
e
solo
il
rumor
cupo
delle
ruote
del
vapore
pareva
saperne
qualche
cosa
.
Le
libere
montagne
piemontesi
lungo
le
quali
filava
il
battello
parevano
fiere
e
paghe
,
benché
nell
'
ombra
,
di
aver
dato
i
propri
figli
alle
schiave
montagne
lombarde
,
tragiche
nell
'
aspetto
benché
illuminate
dal
sole
.
Luisa
si
sentì
un
lieve
formicolio
nel
sangue
,
un
palpito
del
suo
patriottismo
ardente
d
'
una
volta
.
E
quelle
madri
che
avevan
visto
partire
i
loro
figli
così
?
Prevenne
il
proprio
pensiero
,
si
disse
subito
che
anche
lei
avrebbe
donato
volentieri
un
figlio
all
'
Italia
,
che
quelle
madri
non
potrebbero
in
nessun
caso
paragonarsi
a
lei
.
Ma
com
'
era
diverso
di
leggere
in
Valsolda
una
lettera
che
parlava
di
guerra
e
di
sentir
veramente
il
soffio
e
il
rumor
della
guerra
intorno
a
sé
,
di
respirarla
nell
'
aria
!
Nella
quieta
della
Valsolda
era
un
'
ombra
senza
realtà
:
qui
l
'
ombra
pigliava
corpo
.
Qui
il
dolore
privato
di
Luisa
,
il
dolore
immenso
che
le
riempiva
intorno
l
'
aria
morta
di
Oria
,
s
'
impiccioliva
a
fronte
della
emozione
pubblica
,
ed
ella
lo
sentiva
e
ciò
le
recava
una
molestia
,
un
malessere
indefinibile
.
Era
paura
di
perdere
parte
del
dolore
proprio
,
come
dire
parte
di
se
stessa
?
Era
desiderio
di
sottrarsi
ad
un
paragone
che
le
ripugnava
di
fare
?
In
pari
tempo
l
'
idea
che
Franco
andrebbe
a
questa
guerra
,
l
'
idea
onde
poco
ella
si
era
commossa
in
Valsolda
,
prendeva
pure
una
realtà
nuova
nella
sua
mente
,
le
dava
delle
scosse
al
cuore
,
lottava
essa
pure
con
l
'
immagine
del
Camposanto
di
Oria
.
Per
la
prima
volta
l
'
immagine
del
passato
non
era
più
sola
,
assoluta
,
onnipotente
signora
dell
'
anima
sua
;
ne
avesse
pure
sdegno
quest
'
anima
e
rincrescimento
,
nuove
immagini
,
immagini
del
presente
e
del
futuro
,
le
facevano
assalto
.
Lo
zio
cominciò
ad
aver
freddo
e
discese
sotto
coperta
.
«
Fra
poco
più
d
'
un
'
ora
»
,
diss
'
egli
,
«
saremo
a
Isola
Bella
.
»
«
Sei
stanco
?
»
«
Niente
affatto
.
Sto
benone
.
»
«
Però
andrai
a
letto
presto
questa
sera
?
»
Lo
zio
,
distratto
,
non
rispose
.
Invece
dopo
un
poco
esci
a
dire
:
«
Sai
cosa
pensavo
?
Pensavo
che
dovrebbe
capitare
un
'
altra
Maria
»
.
Luisa
,
che
gli
era
seduta
accanto
,
si
alzò
di
botto
,
fremente
,
e
andò
a
guardar
fuori
dal
finestrino
in
faccia
,
voltando
le
spalle
allo
zio
.
Questi
non
capi
affatto
,
credette
a
un
senso
d
'
imbarazzo
e
si
addormentò
nel
suo
angolo
.
Il
battello
tocca
Intra
.
Adesso
prima
dell
'
Isola
non
c
'
è
che
Pallanza
.
Il
battello
rade
la
costa
;
Luisa
guarda
dal
finestrino
ovale
passar
le
rive
,
le
case
,
gli
alberi
.
Come
si
corre
,
come
si
corre
!
Pallanza
.
Il
battello
resta
fermo
cinque
minuti
.
Luisa
sale
sul
ponte
,
domanda
quando
si
arriverà
all
'
Isola
Bella
.
Il
battello
non
toccherà
Suna
né
Baveno
.
Sarà
un
viaggio
di
pochi
minuti
.
E
il
battello
di
Arona
,
quando
arriva
?
Pare
che
sia
in
ritardo
.
Ella
scende
e
sveglia
lo
zio
che
sale
sul
ponte
con
lei
.
L
'
ultimo
tratto
del
viaggio
è
fatto
in
silenzio
:
lo
zio
sta
a
guardar
Pallanza
che
si
allontana
e
Luisa
ha
fissi
gli
occhi
sull
'
Isola
che
s
'
avanza
,
non
vede
altro
.
Il
battello
giunse
all
'
approdo
dell
'
Isola
Bella
alle
tre
e
quaranta
minuti
.
Nessun
indizio
del
battello
di
Arona
.
Un
inserviente
disse
a
Luisa
che
quel
battello
era
sempre
in
ritardo
per
colpa
del
treno
di
Novara
che
non
aveva
quasi
più
regola
,
causa
i
movimenti
militari
.
Nessuno
discese
all
'
Isola
,
nessuno
era
sulla
riva
tranne
l
'
uomo
addetto
allo
sbarco
.
Partito
il
battello
,
accompagnò
egli
stesso
i
due
viaggiatori
all
'
albergo
del
Delfino
.
Era
un
caso
,
diss
'
egli
,
che
trovassero
il
Delfino
aperto
a
quella
stagione
.
Ci
svernava
una
grossa
famiglia
inglese
.
Pareva
l
'
isola
del
Silenzio
,
del
resto
.
Il
lago
le
taceva
intorno
immobile
,
la
spiaggia
era
deserta
,
sui
ballatoi
delle
povere
vecchie
casucce
ammonticchiate
sul
porto
,
fra
un
bastione
rotondo
del
giardino
e
l
'
albergo
,
non
si
vedeva
persona
viva
.
Gl
'
inglesi
erano
fuori
,
in
barca
;
l
'
albergo
taceva
come
la
riva
e
l
'
acqua
.
I
nuovi
venuti
ebbero
due
camere
grandi
del
secondo
piano
,
a
mezzogiorno
,
di
fronte
al
malinconico
stretto
fra
l
'
isola
e
la
costa
boscosa
che
va
da
Stresa
a
Baveno
.
La
prima
camera
,
sull
'
angolo
di
ponente
,
aveva
una
finestra
verso
la
chiesetta
di
S
.
Vittore
,
che
sorge
a
fianco
dell
'
albergo
,
e
l
'
isolotto
lontano
dei
Pescatori
.
Lo
zio
Piero
si
piantò
a
quella
finestra
contemplando
l
'
isolotto
,
il
mucchietto
di
case
sporgente
dallo
specchio
del
lago
e
appuntato
in
un
campanile
,
le
grandi
montagne
di
Val
di
Toce
e
di
Val
di
Gravellone
,
mezzo
nascoste
da
una
nebbiolina
penetrata
di
sole
.
Luisa
,
visto
che
lì
v
'
eran
due
letti
,
passò
rapidamente
nell
'
altra
camera
dov
'
era
un
'
alcova
con
due
letti
pure
.
«
Ecco
»
,
disse
lo
zio
Piero
entrandovi
un
momento
dopo
,
«
questa
va
bene
per
voialtri
.
»
Luisa
domandò
sottovoce
all
'
albergatore
se
non
si
potessero
avere
tre
camere
invece
di
due
.
No
,
non
si
potevano
avere
.
«
Ma
se
così
va
bene
!
Ma
se
così
va
benone
!
»
,
ripeteva
lo
zio
.
«
Voi
qui
e
io
là
.
»
Luisa
tacque
e
l
'
albergatore
se
n
'
andò
.
«
Non
vedi
che
hai
l
'
alcova
come
a
casa
?
»
Non
gli
veniva
in
mente
,
all
'
uomo
patriarcale
,
che
per
Luisa
la
sola
vista
di
quell
'
alcova
fosse
un
tormento
.
Ella
gli
rispose
che
preferiva
l
'
altra
camera
,
più
chiara
,
più
allegra
.
«
Amen
»
,
disse
lo
zio
,
«
fate
vobis
.
M
'
inalcoverò
io
.
»
Anche
quell
'
angolo
dell
'
albergo
ritornò
nel
silenzio
.
Luisa
si
pose
alla
finestra
.
Il
battello
di
Arona
doveva
esser
vicino
,
l
'
uomo
di
prima
s
'
incamminava
lentamente
verso
lo
sbarco
e
poco
dopo
si
udì
un
rumor
lontano
di
ruote
.
Lo
zio
disse
a
Luisa
che
si
sentiva
stanco
e
rimaneva
in
camera
.
Ella
discese
verso
il
ponte
dello
sbarco
e
si
fermò
presso
una
casupola
che
toglieva
di
vedere
il
battello
di
cui
udiva
il
fragore
.
A
un
tratto
la
prora
del
San
Gottardo
le
uscì
davanti
lentamente
e
si
fermò
.
Luisa
riconobbe
suo
marito
fra
un
gruppo
di
persone
che
gli
facevano
un
grande
chiasso
intorno
.
Franco
la
vide
,
saltò
sul
ponte
,
corse
a
lei
che
fece
due
passi
avanti
.
Si
abbracciarono
,
egli
muto
,
cieco
d
'
emozione
,
ridente
e
lagrimoso
,
pieno
di
gratitudine
e
anche
trepido
,
incerto
circa
l
'
animo
di
lei
,
circa
il
modo
di
regolarsi
;
ella
più
composta
,
pallidissima
e
seria
.
«
Addio
»
,
ripeteva
,
«
addio
»
,
e
s
'
incamminò
verso
l
'
albergo
.
Venne
allora
da
Franco
una
furia
di
domande
sul
suo
viaggio
,
sul
passaggio
del
confine
,
prima
;
poi
sullo
zio
.
Quando
nominò
lo
zio
,
Luisa
alzò
il
viso
e
disse
:
«
Guarda
!
»
.
Lo
zio
era
lassù
alla
finestra
e
gittò
abbasso
un
addio
sonoro
agitando
il
fazzoletto
.
«
Oh
!
»
,
fece
Franco
,
stupefatto
;
e
prese
la
corsa
.
Lo
zio
aspettò
sul
pianerottolo
della
scala
con
una
espressione
di
contentezza
persino
nel
ventre
pacifico
.
«
Ciao
,
neh
»
,
diss
'
egli
e
gli
prese
le
mani
,
gliele
scosse
tenendolo
a
distanza
.
Non
avrebbe
voluto
baci
,
come
se
in
quel
momento
significassero
ringraziamenti
,
ma
non
poté
difendersi
dall
'
impeto
di
Franco
.
«
Figurati
»
,
diss
'
egli
appena
svincolatosi
dalle
braccia
del
giovane
,
«
se
una
Maironi
può
viaggiare
senza
maggiordomo
!
Son
poi
anche
venuto
ad
arruolarmi
nei
bersaglieri
!
»
E
l
'
uomo
stanco
discese
le
scale
dicendo
che
andava
a
ordinare
il
pranzo
.
Non
v
'
era
canapè
nella
stanza
degli
sposi
.
Franco
trasse
Luisa
a
sedere
sul
letto
,
le
sedette
accanto
,
le
cinse
con
un
braccio
le
spalle
,
incapace
di
un
discorso
qualsiasi
,
non
sapendo
dire
che
«
ti
ringrazio
,
ti
ringrazio
»
,
non
trovando
che
impetuose
carezze
,
impetuosi
baci
,
nomi
di
tenerezza
.
Luisa
tremava
a
capo
chino
,
non
gli
rispondeva
in
alcun
modo
ed
egli
si
frenò
,
le
prese
il
capo
come
una
cosa
santa
,
le
andò
sfiorando
con
le
labbra
,
qua
,
là
,
i
capelli
bianchi
che
vedeva
.
Ella
capì
che
cercava
i
capelli
bianchi
,
intese
quei
timidi
baci
,
si
commosse
,
le
parve
sentirsi
sgelare
il
cuore
,
fu
presa
da
sgomento
,
volle
difendersi
più
contro
se
stessa
che
contro
Franco
.
«
Sai
»
,
disse
,
«
ho
il
cuore
tanto
freddo
,
non
volevo
neanche
venire
,
non
volevo
lasciar
Maria
né
che
tu
avessi
l
'
amarezza
di
trovarmi
così
.
È
stato
causa
lo
zio
che
venissi
.
Voleva
venir
solo
e
allora
mi
sono
decisa
.
»
Dette
le
parole
crudeli
,
sentì
levarsi
dai
suoi
capelli
le
labbra
di
Franco
,
levarsi
il
braccio
dalle
sue
spalle
.
Tacquero
ambedue
;
poi
Franco
mormorò
con
dolcezza
:
«
Sono
tredici
ore
.
Forse
dopo
non
ti
darò
noia
mai
più
»
.
In
quel
punto
entrò
lo
zio
Piero
e
annunciò
che
il
pranzo
era
pronto
.
Luisa
prese
la
mano
di
suo
marito
,
gliela
strinse
in
silenzio
,
non
con
la
stretta
d
'
un
'
amante
,
ma
pure
abbastanza
forte
per
significargli
ch
'
era
una
commossa
risposta
.
A
pranzo
né
Luisa
né
Franco
mangiarono
.
Invece
lo
zio
mangiò
con
appetito
e
parlò
molto
.
Egli
non
approvava
che
Franco
prendesse
le
armi
.
«
Che
soldato
vuoi
riuscire
tu
?
»
,
gli
diceva
.
«
Cosa
farai
senza
la
canfora
,
l
'
acqua
sedativa
e
il
cossa
soja
mi
?
»
Franco
dichiarò
che
aveva
buttato
via
tutti
i
rimedi
,
che
si
sentiva
di
ferro
,
che
sarebbe
stato
il
più
robusto
soldato
del
9°
.
«
Sarà
!
»
,
brontolò
lo
zio
.
«
Sarà
!
E
tu
,
Luisa
,
non
dici
niente
?
»
Luisa
rispose
ch
'
era
persuasa
di
quanto
aveva
detto
suo
marito
.
«
N
'
occor
alter
!
»
,
fece
lo
zio
.
«
Evviva
!
»
Egli
aveva
poi
anche
un
gran
concetto
della
potenza
austriaca
e
non
vedeva
roseo
come
Franco
.
Secondo
Franco
,
non
c
'
era
da
dubitare
della
vittoria
.
Egli
aveva
veduto
un
aiutante
di
Niel
venuto
segretamente
a
Torino
,
gli
aveva
udito
dire
ad
alcuni
ufficiale
piemontesi
di
Stato
Maggiore
:
«
Nous
allons
supprimer
l
'
Autriche
»
.
Certo
,
bisognava
lasciare
almeno
cinquantamila
cadaveri
italiani
e
francesi
tra
il
Ticino
e
l
'
Isonzo
.
«
Scusi
,
signore
»
,
disse
il
cameriere
che
serviva
.
«
Mi
pare
che
il
signore
parlasse
di
entrare
nel
9°
reggimento
!
»
«
Sì
!
»
«
Brigata
Regina
.
Brava
brigata
.
Io
ho
servito
nel
10°
.
Ci
siamo
fatti
onore
nel
1848
,
ehi
!
Goito
,
Santa
Lucia
,
Governolo
,
Volta
!
Adesso
tocca
a
Loro
.
»
«
Faremo
il
possibile
.
»
Luisa
ebbe
un
lieve
brivido
.
Gl
'
inglesi
che
pranzavano
alla
tavola
vicina
intesero
il
dialogo
,
guardarono
Franco
.
Per
qualche
momento
nessuno
parlò
nella
sala
;
vi
passò
la
visione
di
una
colonna
di
fanteria
lanciata
alla
baionetta
,
fra
la
mitraglia
.
Dopo
pranzo
lo
zio
rimase
all
'
albergo
per
il
suo
solito
chilo
e
Franco
uscì
con
Luisa
.
Presero
a
destra
,
verso
il
Palazzo
.
Faceva
piuttosto
scuro
,
cadeva
qualche
rara
gocciolina
,
gli
scalini
che
mettevano
dalla
riva
al
cortile
della
villa
erano
umidi
,
si
sdrucciolava
.
Franco
offerse
il
braccio
a
sua
moglie
che
lo
prese
in
silenzio
.
Si
fermarono
tra
il
cortile
deserto
e
la
scala
dello
sbarco
a
contar
le
ore
che
suonavano
all
'
orologio
del
Palazzo
.
Sei
.
Erano
passate
due
ore
,
ne
restavano
altre
undici
;
poi
veniva
la
separazione
,
l
'
ignoto
.
Si
incamminarono
lentamente
,
sempre
senza
parlare
,
per
il
viale
diritto
fra
il
lago
e
il
fianco
del
Palazzo
,
a
quell
'
angolo
che
guarda
l
'
isola
dei
Pescatori
,
dove
si
vedeva
già
qualche
lume
.
Due
donne
venivano
loro
incontro
a
braccetto
,
chiacchierando
.
Franco
le
lasciò
passare
e
poi
domandò
a
sua
moglie
se
si
ricordava
dei
Rancò
.
Due
anni
prima
del
loro
matrimonio
avevano
fatto
con
altri
amici
una
passeggiata
a
Drano
e
ai
Rancò
,
alti
pascoli
di
Valsolda
,
che
si
attraversano
per
salire
al
Passo
Stretto
.
Avevano
avuto
una
disputa
vivace
,
un
'
ora
di
broncio
e
di
tormento
.
«
Sì
»
,
rispose
Luisa
.
«
Mi
ricordo
.
»
Sentirono
ambedue
nello
stesso
momento
quanto
l
'
ora
presente
fosse
diversa
da
quella
e
quanto
ciò
fosse
doloroso
a
dire
.
Non
parlarono
più
fino
all
'
angolo
.
Un
suono
di
campane
veniva
dall
'
isola
dei
Pescatori
.
Franco
lasciò
il
braccio
di
sua
moglie
,
si
appoggiò
al
parapetto
.
Il
lago
nebbioso
taceva
,
nulla
si
vedeva
oltre
i
lumi
dell
'
altra
isola
.
Il
lago
,
la
nebbia
,
quei
lumi
,
quelle
campane
che
parevano
di
una
nave
perduta
in
mare
,
il
silenzio
delle
cose
,
le
stesse
rade
minute
goccioline
di
piova
,
tutto
era
così
triste
!
«
E
ti
ricordi
poi
?
»
,
mormorò
Franco
senza
voltar
il
viso
.
Anche
Luisa
s
'
era
appoggiata
al
parapetto
.
Tacque
un
poco
,
indi
rispose
sottovoce
:
«
Sì
,
caro
»
.
Ah
vi
era
nel
suo
caro
un
lieve
recondito
principio
di
calore
,
di
emozione
affettuosa
.
Franco
lo
sentì
,
n
'
ebbe
una
scossa
di
gioia
ma
si
contenne
.
«
Penso
»
,
riprese
,
«
alla
lettera
che
t
'
ho
scritto
subito
,
appena
ritornato
a
casa
e
alle
tre
parole
che
mi
hai
detto
il
giorno
dopo
,
a
Muzzaglio
,
quando
gli
altri
ballavano
sotto
i
castagni
e
tu
mi
sei
passata
vicina
per
andar
a
prendere
il
tuo
scialletto
che
avevi
posato
sull
'
erba
.
Te
le
ricordi
?
»
«Sì.»
Egli
le
prese
una
mano
,
se
la
recò
alle
labbra
.
«
Ti
ringrazio
ancora
»
,
diss
'
egli
,
«
per
quelle
tre
parole
.
Allora
sono
state
la
vita
per
me
.
Ti
ricordi
che
nella
discesa
t
'
ho
dato
il
braccio
e
che
c
'
era
chiaro
di
luna
?
»
«Sì.»
«
E
ti
ricordi
che
ho
fatto
uno
sdrucciolone
prima
di
arrivare
al
ponte
e
che
tu
mi
hai
detto
:
"
Caro
signore
,
tocca
a
Lei
di
sostenere
me
"
?
»
Luisa
non
rispose
,
gli
strinse
la
mano
.
«
Non
sono
stato
buono
a
nulla
»
,
diss
'
egli
tristemente
.
«
Non
ti
ho
saputo
sostenere
.
»
«
Hai
fatto
tutto
quello
che
potevi
.
»
La
voce
di
Luisa
,
dicendo
così
,
era
fioca
,
ma
ben
diversa
da
quando
ell
'
aveva
detto
:
il
mio
cuore
è
freddo
.
Suo
marito
le
riprese
il
braccio
,
ritornò
con
lei
,
a
passi
lenti
,
verso
lo
sbarco
.
Il
caro
braccio
non
era
inerte
quanto
prima
,
tradiva
un
'
agitazione
,
una
lotta
.
Franco
si
fermò
e
disse
piano
:
«
E
se
vado
dalla
Maria
?
Cosa
le
devo
dire
di
te
?
»
Ella
fu
presa
da
un
tremito
,
gli
posò
il
capo
sulla
spalla
e
sussurrò
:
«
No
,
resta
»
.
Franco
non
intese
,
domandò
:
«
Cosa
?
»
.
Non
udì
rispondere
,
piegò
adagio
adagio
il
viso
,
vide
le
labbra
di
lei
porgersi
,
vi
posò
le
sue
.
Il
cuore
gli
batté
,
gli
batté
forte
,
più
forte
ancora
di
quando
aveva
baciato
Luisa
la
prima
volta
come
amante
.
Rialzò
il
viso
,
non
poteva
neppur
parlare
.
Finalmente
gli
riuscì
di
metter
fuori
queste
parole
:
«
Le
dirò
che
hai
promesso
...
»
.
«
No
»
,
mormorò
Luisa
,
accorata
,
«
quello
non
lo
posso
,
non
domandarmelo
,
non
è
più
possibile
.
»
«
Cosa
,
non
è
possibile
?
»
«
Oh
,
intendi
bene
!
Anch
'
io
ho
inteso
bene
cosa
volevi
dir
tu
.
»
Ella
riprese
a
camminare
,
volendo
staccarsi
da
quel
discorso
.
Tenne
però
il
braccio
del
marito
,
che
la
fermò
.
«
Luisa
!
»
,
diss
'
egli
,
severo
,
quasi
impetuoso
.
«
Mi
lascerai
partire
così
?
Sai
cosa
vuol
dire
per
me
partire
così
?
»
Ella
ritirò
allora
lentamente
il
braccio
di
sotto
quello
di
lui
e
si
voltò
a
destra
verso
il
parapetto
,
vi
si
appoggiò
guardando
l
'
acqua
come
a
Oria
,
quella
sera
.
Franco
le
restò
diritto
accanto
,
attese
un
poco
e
poi
le
domandò
di
rispondergli
.
«
Per
me
sarebbe
meglio
finirla
nel
lago
»
,
diss
'
ella
,
amaramente
.
Suo
marito
le
cinse
la
vita
con
un
braccio
,
la
strappò
dal
parapetto
e
la
lasciò
libera
,
levò
il
braccio
in
aria
.
«
Tu
?
»
,
esclamò
con
sdegno
.
«
Parlar
così
,
tu
che
dicevi
sempre
di
prender
la
vita
come
una
guerra
?
E
il
tuo
modo
di
combattere
sarebbe
questo
?
Io
credevo
una
volta
che
la
più
forte
fossi
tu
.
Adesso
intendo
che
sono
io
il
più
forte
.
Molto
più
!
Sai
neanche
immaginare
cosa
ho
sofferto
io
in
questi
anni
?
Sai
neanche
immaginare
...
»
Sentì
la
voce
sfuggirsi
un
momento
ma
si
padroneggiò
e
proseguì
:
«
Sai
neanche
immaginare
cosa
tu
sei
per
me
e
cosa
farei
per
non
darti
senza
necessità
un
piccolo
dolore
,
mentre
pare
che
a
te
non
importi
nulla
di
lacerarmi
l
'
anima
?
»
.
Ella
gli
si
gettò
fra
le
braccia
.
Nel
silenzio
che
seguì
,
rotto
solo
da
uno
spasimo
di
singhiozzi
repressi
,
Franco
udì
venir
gente
e
durò
fatica
a
staccarsi
sua
moglie
dal
petto
,
a
riprender
con
essa
il
cammino
dell
'
albergo
.
«
Tu
!
tu
!
»
,
sussurrò
.
«
E
non
vuoi
che
desideri
di
morire
io
,
quando
posso
morir
bene
,
per
il
mio
paese
?
»
Luisa
gli
stringeva
il
braccio
senza
parlare
.
Incontrarono
due
giovani
amanti
,
che
passando
loro
accanto
li
guardarono
curiosamente
.
La
ragazza
sorrise
.
Giunti
agli
scalini
che
scendono
sul
piazzaletto
davanti
a
S
.
Vittore
,
udiron
voci
di
ragazzi
e
di
donne
.
Luisa
si
fermò
un
momento
sul
primo
scalino
e
disse
piano
le
tre
parole
di
Muzzaglio
:
«
Ti
amo
tanto
»
.
Franco
non
rispose
che
con
una
stretta
del
braccio
.
Discesero
gli
scalini
adagio
adagio
,
rientrarono
all
'
Albergo
del
Delfino
.
Alcuni
giovinotti
che
bevevano
,
fumavano
e
schiamazzavano
si
alzarono
all
'
apparir
di
Franco
e
di
Luisa
,
si
fecero
loro
incontro
tutti
,
tranne
uno
che
approfittò
del
momento
buono
per
vuotare
l
'
ultima
bottiglia
.
«
Signora
»
,
disse
il
primo
che
si
presentò
a
Luisa
.
«
Suo
marito
Le
avrà
già
annunciato
i
Sette
Sapienti
.
»
Successe
subito
un
gran
baccano
perché
Franco
aveva
dimenticato
di
dire
a
Luisa
che
i
suoi
amici
eran
venuti
con
lui
da
Torino
e
s
'
erano
spinti
,
per
discrezione
,
fino
a
Pallanza
,
promettendo
una
visitina
d
'
omaggio
alla
signora
.
«
El
più
sapiente
son
mi
»
,
disse
alzandosi
il
Padovano
,
che
aveva
vuotata
la
bottiglia
.
«
Vualtri
fe
'
bordelo
e
non
bevì
;
mi
bevo
e
no
fazzo
bordelo
.
»
«
Quello
,
signora
»
,
disse
un
bel
giovane
,
«
è
,
com
'
Ella
ben
intende
,
l
'
asino
sapiente
della
compagnia
.
»
«
Tasi
,
Fante
!
»
«
Signora
!
»
,
fece
il
Padovano
avanzandosi
e
salutando
.
«
Ah
,
Lei
è
il
signor
Fante
di
bastoni
?
»
,
disse
Luisa
,
sorridendo
,
al
bel
giovane
.
Ella
fu
affabile
con
tutti
,
ebbe
un
gran
successo
dicendo
a
un
uomo
alto
,
magro
,
dai
baffi
arricciati
:
«
Lei
dev
'
essere
il
signor
Caval
di
spade
»
.
«
No
xe
vero
,
signora
»
,
esclamò
il
Padovano
mentre
gli
altri
applaudivano
,
«
che
se
vede
la
bestia
?
»
Erano
venuti
da
Pallanza
in
barca
e
volevano
ripartire
subito
,
ma
Franco
fece
portare
altre
due
bottiglie
e
il
chiasso
divenne
così
enorme
,
malgrado
la
presenza
di
Luisa
,
che
l
'
albergatore
venne
a
pregare
,
per
amore
de
'
suoi
inglesi
,
di
non
far
tanto
«
rabello
»
.
Il
Padovano
gli
snocciolò
dolcemente
una
litania
placida
di
vituperi
padovani
.
Colui
non
capì
,
fece
un
risolino
stupido
e
se
n
'
andò
.
I
Sapienti
eran
venuti
sul
lago
per
godere
anche
loro
una
giornata
di
libertà
prima
di
arruolarsi
.
Entravano
tutti
,
meno
il
Caval
di
spade
,
nello
stesso
reggimento
.
Bevvero
al
9°
fanteria
,
alla
brigata
Regina
,
a
tutti
i
«
pistapauta
»
nazionali
nel
presente
e
nell
'
avvenire
e
discussero
sul
luogo
e
il
nome
della
prima
battaglia
che
si
darebbe
agli
austriaci
.
Tutti
i
voti
meno
quello
del
Padovano
furono
per
una
«
battaglia
del
Ticino
»
.
Il
Padovano
voleva
una
battaglia
di
Gorgonzola
.
«
No
sentì
che
nome
militar
?
Battaglia
di
Gorgonzola
erborinato
.
Asèo
!
»
Era
scritto
nel
Libro
del
Destino
ch
'
egli
sarebbe
caduto
appunto
nella
prima
battaglia
,
a
Palestro
,
con
una
scheggia
di
granata
nella
coscia
,
combattendo
da
buon
soldato
a
due
passi
dal
colonnello
Brignone
.
Quei
giovani
parlavano
di
battaglie
con
entusiasmo
ma
senza
spacconate
,
parlavano
della
futura
Italia
dicendo
alquante
corbellerie
,
ma
si
sentiva
che
non
importava
loro
un
fico
secco
della
vita
pur
di
farla
libera
,
questa
vecchia
patria
,
e
grande
.
«
Ghe
pàrele
teste
da
far
l
'
Italia
?
»
,
disse
il
Padovano
a
Luisa
.
«
Gnanca
So
marìo
,
sala
.
Un
bon
toso
,
ma
par
far
l
'
Italia
,
gnente
.
La
vedarà
che
razza
de
Italia
che
vien
fora
!
I
nostri
fioi
ne
farà
un
monumento
,
ma
dopo
vegnarà
,
capisela
,
con
licenza
,
quelle
figure
porche
de
quei
nevodi
,
che
me
par
de
sentirli
:
"
Che
da
can
"
,
i
dirà
,
"
che
i
la
ga
fata
,
quei
veci
insensai
,
sta
Italia
!
"
»
I
Sapienti
partirono
dopo
essersi
accordati
con
Franco
di
trovarsi
l
'
indomani
mattina
sul
primo
battello
.
Franco
li
accompagnò
alla
barca
e
intanto
sua
moglie
salì
a
vedere
lo
zio
Piero
.
Egli
aveva
dato
l
'
incarico
all
'
albergatore
di
avvertire
i
suoi
nipoti
che
,
sentendosi
molto
sonno
,
era
andato
a
letto
.
Infatti
Luisa
lo
udì
dormire
rumorosamente
.
Posò
il
lume
e
attese
Franco
.
Egli
venne
subito
e
fu
sorpreso
di
udire
che
lo
zio
dormiva
già
.
Avrebbe
voluto
pigliar
congedo
da
lui
prima
d
'
andar
a
letto
,
perché
il
battello
partiva
di
gran
mattino
,
alle
cinque
e
mezzo
.
L
'
uscio
della
camera
era
chiuso
,
tuttavia
Luisa
pregò
suo
marito
di
camminare
in
punta
di
piedi
e
di
parlar
sottovoce
.
Gli
raccontò
ciò
che
le
aveva
detto
la
Cia
.
Lo
zio
aveva
bisogno
di
riposo
.
Ella
sperava
che
sarebbe
rimasto
a
letto
fino
alle
nove
o
alle
dieci
e
contava
partire
al
tocco
,
andar
a
dormire
a
Magadino
per
non
affaticarlo
troppo
.
Insistette
molto
su
queste
apprensioni
per
la
salute
dello
zio
;
parlava
,
parlava
,
nervosamente
,
volendo
tener
lontani
altri
discorsi
,
tener
lontane
con
quest
'
ombra
carezze
troppo
tenere
.
In
pari
tempo
andava
e
veniva
per
la
camera
,
pigliando
e
posando
le
stesse
cose
,
un
po
'
per
nervosità
,
un
po
'
con
la
intenzione
che
suo
marito
si
coricasse
prima
di
lei
.
Egli
pareva
dal
canto
suo
molto
occupato
di
una
borsa
a
tracolla
che
non
riusciva
ad
aprire
.
Finalmente
l
'
aperse
,
chiamò
sua
moglie
a
sé
,
le
diede
un
rotolo
d
'
oro
,
cinquanta
pezzi
da
venti
lire
.
«
Capisci
»
,
le
disse
,
«
che
almeno
per
qualche
mese
non
potrò
mandar
nulla
.
Questi
non
sono
miei
,
li
ho
avuti
a
prestito
.
»
Poi
trasse
di
tasca
una
lettera
suggellata
.
«
E
questo
è
il
mio
testamento
»
,
soggiunse
.
«
Ho
poco
ma
devo
pur
disporre
anche
di
quel
poco
.
Vi
è
un
legato
solo
,
la
spilla
di
mio
padre
che
hai
tu
,
per
lo
zio
Piero
;
e
vi
è
il
nome
della
persona
cui
devo
le
mille
lire
.
A
parte
del
testamento
ci
sono
due
righe
particolari
per
te
.
Ecco
.
»
Egli
parlava
con
dolcezza
grave
,
senza
commozione
.
A
lei
,
nel
prendere
la
lettera
,
le
mani
tremavano
.
Gli
disse
«
grazie
»
,
cominciò
a
sciogliersi
le
trecce
,
poi
se
le
riannodò
,
non
sapeva
bene
che
si
facesse
,
combattuta
dal
fantasma
della
sua
morta
e
da
un
'
altra
visione
di
guerra
e
di
morte
.
Disse
con
voce
rotta
che
dovendo
alzarsi
presto
per
accompagnarlo
al
vapore
pensava
di
non
sciogliersi
le
trecce
e
di
coricarsi
vestita
.
Franco
non
fece
parola
,
pregò
brevemente
e
si
cominciò
a
spogliare
,
si
levò
dal
collo
una
catenella
e
una
crocettina
d
'
oro
ch
'
erano
state
di
sua
madre
.
«
Tienle
tu
»
,
diss
'
egli
porgendole
a
Luisa
.
«
È
meglio
.
Non
si
sa
mai
,
potrebbero
cadere
in
mano
ai
croati
.
»
Ella
inorridì
,
tremò
,
esitò
un
istante
,
gli
si
gettò
al
collo
,
glielo
strinse
da
soffocarlo
.
Il
cameriere
bussò
all
'
uscio
degli
sposi
verso
le
quattro
e
mezzo
.
Alle
cinque
Franco
entrò
col
lume
nella
camera
dello
zio
ch
'
era
svegliato
.
Prese
congedo
da
lui
e
propose
quindi
a
Luisa
che
anche
il
loro
congedo
seguisse
lì
.
Ell
'
aveva
nel
viso
e
anche
nella
voce
una
espressione
di
stupore
grave
,
dolente
.
Non
si
commosse
,
non
pianse
,
abbracciò
e
baciò
suo
marito
come
trasognata
e
come
trasognata
discese
le
scale
insieme
a
lui
.
Passò
forse
in
esso
un
lampo
del
pensiero
che
occupava
l
'
animo
di
lei
?
Se
ciò
avvenne
fu
nel
salotto
dell
'
albergo
mentre
prendeva
il
caffè
e
sua
moglie
gli
sedeva
in
faccia
.
Parve
che
scoprisse
qualche
cosa
in
quello
sguardo
,
in
quella
fisionomia
,
perché
si
fermò
a
contemplarla
con
la
tazza
di
caffè
in
mano
e
poi
gli
si
diffuse
sul
volto
una
tenerezza
,
un
'
ansia
,
una
commozione
inesprimibile
.
Ella
,
manifestamente
,
non
desiderava
di
parlare
ma
egli
sì
.
Una
parola
occulta
gli
fremeva
in
tutti
i
muscoli
del
viso
,
gli
luceva
negli
occhi
;
la
bocca
non
osò
dire
niente
.
Discesero
al
ponte
di
sbarco
tenendosi
per
mano
,
si
appoggiarono
al
muro
cui
s
'
era
appoggiata
Luisa
il
giorno
prima
.
Quando
udirono
il
fragore
delle
ruote
si
abbracciarono
per
l
'
ultima
volta
,
si
dissero
addio
senza
lagrime
,
piuttosto
sconvolti
dal
loro
comune
pensiero
occulto
che
afflitti
dalla
separazione
.
Il
battello
arrivò
con
fracasso
,
furon
gittate
e
legate
le
corde
.
Una
voce
gridò
:
«
Avanti
chi
parte
!
»
.
Un
bacio
ancora
:
«
Dio
ti
benedica
!
»
,
disse
Franco
e
saltò
sul
battello
.
Ella
rimase
fino
a
che
fu
possibile
udire
il
rumor
delle
ruote
che
si
allontanavano
verso
Stresa
.
Poi
ritornò
all
'
albergo
,
sedette
sul
letto
,
stette
lì
come
petrificata
in
quest
'
idea
,
in
questa
istintiva
certezza
ch
'
era
madre
una
seconda
volta
.
Benché
fosse
appunto
la
cosa
tanto
temuta
,
non
si
può
dire
che
ne
provasse
afflizione
.
Lo
stupore
di
sentirsi
dentro
una
voce
così
forte
,
chiara
e
inesplicabile
,
vinse
in
lei
ogni
altro
sentimento
.
Era
sbalordita
.
Aveva
sempre
pensato
,
dopo
la
morte
di
Maria
,
che
il
Libro
del
Destino
nulla
potesse
più
avere
di
nuovo
per
lei
,
che
certe
intime
fibre
del
suo
cuore
fossero
morte
.
E
adesso
una
Voce
arcana
parlava
proprio
là
dentro
,
diceva
:
«
Sappi
che
nel
Libro
del
tuo
Destino
una
pagina
si
chiude
,
un
'
altra
si
apre
.
Vi
è
ancora
per
te
un
avvenire
di
vita
intensa
;
il
dramma
,
che
tu
credevi
finito
al
secondo
atto
,
continua
e
dev
'
essere
straordinario
se
Io
te
lo
annuncio
»
.
Per
tre
ore
,
sino
a
che
lo
zio
Piero
non
la
chiamò
,
Luisa
restò
assorta
in
questa
Voce
.
Lo
zio
si
alzò
alle
nove
e
mezzo
.
Stava
bene
.
Il
tempo
era
umido
ancora
,
quasi
piovigginoso
,
ma
egli
non
volle
saperne
di
restar
in
casa
,
come
Luisa
avrebbe
desiderato
,
sino
all
'
ora
di
partire
per
Magadino
.
Sapeva
,
per
averne
chiesto
all
'
albergatore
,
che
dalle
nove
in
poi
si
poteva
visitare
il
giardino
,
e
alle
dieci
,
preso
il
suo
latte
,
vi
si
avviò
con
Luisa
.
Passando
da
San
Vittore
desiderò
entrarvi
,
veder
le
pitture
.
Vi
si
stava
dicendo
messa
,
il
celebrante
si
voltava
a
dire
:
«
Benedicat
vos
omnipotens
Deus
»
.
Lo
zio
si
fece
un
gran
crocione
,
ascoltò
l
'
ultimo
vangelo
,
rinunciò
a
veder
le
pitture
perché
c
'
era
poca
luce
e
uscì
di
chiesa
dicendo
con
la
sua
giovialità
solita
:
«
Eccomi
felice
e
contento
d
'
essere
andato
a
farmi
benedire
»
.
Non
era
possibile
aver
fretta
,
con
lui
.
Si
fermava
ad
ogni
passo
,
guardando
tutto
che
avesse
forma
d
'
arte
,
tutto
che
fosse
disposto
per
venir
guardato
.
Contemplò
la
facciata
della
chiesa
,
la
triplice
gradinata
della
sbarco
Borromeo
,
ciascuno
dei
tre
lati
del
cortile
e
la
gran
palma
nel
mezzo
,
che
Luisa
,
con
grave
scandalo
di
lui
,
non
aveva
neppur
veduta
passando
di
là
insieme
a
Franco
,
la
sera
prima
.
Quando
il
custode
li
introdusse
nel
Palazzo
ci
vollero
almeno
dieci
minuti
per
salire
,
ammirando
,
lo
scalone
.
Come
ne
fu
a
capo
uscì
un
raggio
di
sole
e
il
custode
propose
di
approfittarne
per
vedere
il
giardino
.
Prese
a
sinistra
e
per
una
fila
di
sale
vuote
accompagnò
i
visitatori
al
cancello
di
ferro
,
suonò
il
campanello
.
Venne
un
giardiniere
,
un
giovinetto
educato
che
piacque
molto
allo
zio
perché
gli
spiegava
tutto
con
buon
garbo
,
e
lo
zio
non
domandava
poco
.
Ci
vollero
cinque
minuti
per
l
'
albero
della
canfora
,
presso
l
'
entrata
.
Luisa
ci
soffriva
,
temeva
che
lo
zio
si
stancasse
troppo
e
si
stancava
moltissimo
ella
stessa
di
dover
guardare
tante
piante
,
udire
tanti
nomi
latini
e
volgari
,
fare
attenzione
allo
zio
,
mentre
i
suoi
pensieri
avrebbero
voluto
silenzio
e
solitudine
.
Il
giardiniere
propose
di
salire
al
Castello
di
Nettuno
.
Lo
zio
avrebbe
desiderato
veder
da
vicino
il
liocorno
dei
Borromei
che
s
'
impenna
lassù
,
ma
c
'
erano
parecchi
scalini
a
fare
,
l
'
aria
era
pesante
ed
egli
esitava
.
Luisa
approfittò
di
quell
'
esitazione
per
chiedere
al
giardiniere
dove
avrebbero
trovato
un
sedile
.
«
Qui
sotto
»
,
rispose
colui
,
«
a
sinistra
,
sulla
piazza
degli
Strobus
.
»
Lo
zio
si
lasciò
persuadere
a
discendere
su
questa
piazza
degli
Strobus
.
Era
stanco
ma
non
tralasciava
di
guardar
tutto
e
d
'
interrogar
su
tutto
.
Avviandosi
verso
gli
Strobus
udì
venir
da
lontano
,
dalla
parte
dell
`
Isola
Madre
,
un
rullo
di
tamburi
e
ne
domandò
al
giardiniere
.
Erano
i
tamburi
della
Guardia
Nazionale
di
Pallanza
,
che
faceva
gli
esercizi
sulla
riva
.
«
Adesso
si
fa
per
giuoco
»
,
disse
il
giovinetto
.
«
Mica
per
giuoco
,
ma
insomma
...
!
Il
mese
venturo
faremo
sul
serio
.
Dobbiamo
dare
una
lezione
a
una
bestia
grossa
.
Eccolo
là
,
quel
mostro
.
»
Il
mostro
era
il
vapore
austriaco
da
guerra
Radetzki
,
detto
dai
riverani
piemontesi
Radescòn
.
«
Entra
adesso
nel
porto
di
Laveno
»
,
disse
il
giovinetto
.
«
Viene
da
Luino
.
Vengano
qui
se
vogliono
vederlo
bene
.
»
Lo
zio
sapeva
di
non
avere
occhi
bastantemente
buoni
e
sedette
sul
primo
sedile
che
trovò
sotto
gli
strobus
,
posto
a
ridosso
di
una
macchia
di
bambù
e
fiancheggiato
da
due
altre
macchie
di
grandi
azalee
.
Dietro
ai
bambù
,
fra
i
grossi
tronchi
distorti
degli
strobus
,
si
vedeva
tremolare
lo
specchio
delle
acque
bianche
fino
alla
lista
nera
delle
colline
d
'
Ispra
.
Il
cielo
,
fosco
a
settentrione
,
era
chiaro
laggiù
.
Luisa
e
il
giardiniere
andarono
fino
al
cancello
stemmato
che
guarda
la
verde
Isola
Madre
,
Pallanza
e
il
lago
superiore
.
Luisa
si
affacciò
alla
gran
distesa
delle
acque
plumbee
,
incoronate
di
colossi
nebbiosi
dal
gruppo
del
Sasso
di
Ferro
sopra
Laveno
ai
monti
di
Maccagno
,
alle
nevi
lontane
della
Spluga
.
Del
Radetzki
si
vedeva
più
il
fumo
che
il
corpo
.
I
tamburi
di
Pallanza
rullavano
sempre
.
Lo
zio
Piero
chiamò
il
giardiniere
e
Luisa
andò
ad
appoggiarsi
al
parapetto
di
fianco
al
cancello
,
presso
il
tasso
che
sale
dal
ripiano
inferiore
.
L
'
albero
le
toglieva
la
vista
del
chiaro
levante
;
ella
era
contenta
di
esser
finalmente
sola
,
di
riposar
i
suoi
sguardi
e
i
suoi
pensieri
nel
grigio
delle
montagne
lontane
e
delle
acque
immense
.
Il
giardiniere
tornò
dopo
un
momento
per
mostrarle
le
gialle
acacie
fiorite
e
le
eriche
bianche
del
ripiano
inferiore
,
pure
fiorite
.
«
Le
bruyères
blanches
portano
fortuna
»
,
diss
'
egli
.
Vedendo
che
Luisa
,
distratta
,
non
gli
badava
,
si
allontanò
verso
la
serra
delle
begonie
.
«
Vecchio
strobus
»
,
diss
'
egli
parlando
forte
per
farsi
udire
dai
forestieri
,
ma
senza
voltarsi
.
«
Vecchio
strobus
colpito
dal
fulmine
.
Se
vogliono
veder
il
giardino
privato
...
»
Luisa
si
alzò
e
andò
a
prender
lo
zio
per
dargli
il
braccio
se
ne
avesse
bisogno
.
Il
giardiniere
che
stava
aspettando
presso
l
'
entrata
del
boschetto
di
lauri
,
vide
la
signora
muovere
verso
il
signore
seduto
,
affrettare
il
passo
,
precipitarsi
con
un
grido
sopra
di
lui
.
Come
la
vecchia
innocente
pianta
,
anche
lo
zio
Piero
era
stato
colpito
dal
fulmine
.
Il
suo
corpo
era
appoggiato
alla
spalliera
del
sedile
,
la
testa
gli
toccava
il
petto
col
mento
,
gli
occhi
erano
aperti
,
fissi
,
senza
sguardo
.
Era
proprio
stato
uno
spettacolo
di
addio
quello
che
la
sua
Valsolda
gli
aveva
offerto
.
Lo
zio
Piero
,
il
caro
venerato
vecchio
,
l
'
uomo
savio
,
l
'
uomo
giusto
,
il
benefattore
de
'
suoi
,
lo
zio
Piero
era
partito
per
sempre
.
Egli
era
venuto
,
sì
,
ad
arruolarsi
,
Iddio
lo
voleva
in
una
milizia
superiore
,
ed
ecco
era
suonato
l
'
appello
,
egli
aveva
risposto
.
I
tamburi
di
Pallanza
rullavano
,
rullavano
la
fine
di
un
mondo
,
l
'
avvento
di
un
altro
.
Nel
grembo
di
Luisa
spuntava
un
germe
vitale
preparato
alle
future
battaglie
dell
'
era
nascente
,
ad
altre
gioie
,
ad
altri
dolori
da
quelli
onde
l
'
uomo
del
mondo
antico
usciva
in
pace
,
benedetto
all
'
ultimo
momento
,
senza
saperlo
,
da
quell
'
ignoto
prete
dell
'
Isola
Bella
,
che
mai
,
forse
,
non
aveva
detto
le
sante
parole
a
un
più
degno
.
FINE