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MEMORIE E PROPOSITI ( MARTINI FERDINANDO , 1882 )
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Non ci siamo lasciati senza rammarico ; lo vidi nascere quel Fanfulla della Domenica e mi costò , nei suoi primi giorni specialmente , ogni maniera di fatiche e di angoscie . S ' era di luglio : la mia Valdinievole , sorridente tra il verde delle pinete , inaugurava il monumento del Giusti e me aveva prescelto a ricevere le deputazioni , a sorvegliare l ' imbandigione delle tavole e a dar l ' aire ai fuochi d ' artifizio . Forse parve alla gente che io compiessi gli uffici o solenni o modesti con assai dignità : e non ero che un uomo scombussolato ; pensavo che il futuro giornale sarebbe stato il Fanfulla del martedì o del mercoledì , ma della domenica no di certo : perché nessuno aveva scritto una riga , ed io non potevo mandare in luce il foglio , candido come le nevi alpine , o come i sogni di una adolescente . Paragoni che non erano nuovi lo so : ma chi aveva tempo in quel brusio , in quell ' assillo di cercarne dei più originali ? E poi non si trattava mica di stamparli nel primo numero ! ... La sorella del poeta morta a 70 anni giorni or sono , ultima della famiglia non si sapeva capacitare che ci fossero musi lunghi quando la presidenza della Camera e i Lincei si muovevano a posta da Roma per fare omaggio alla memoria del suo Geppino ; i Lincei segnatamente le avevano ferito la fantasia . Vedendomi pensieroso a quel modo mi domandava ogni poco colla voce lenta e sottile : Che fa ? È stanco ? Lo credo , dopo tutto quello che ha fatto ! Ed era invece il non aver fatto , ciò che mi impensieriva ! Buona signora Ildegarde ! Mi sia lecito rammentarla qui col rispetto che meritò , colla affettuosa melanconia onde ricordo ogni cosa di quel tempo pieno di trepidazioni che or si rinnovano . Parlando di lei qui , mentre son calde ancora le ceneri sue , mi par quasi di invocare il patrocinio del suo illustre congiunto sopra queste pagine ; e mi dà nuovi vigori il desiderio di non far scomparire per me quel paesello che ci fu patria comune , e alla cui solitudine tanto più vanamente oggi sospiro quanto più cresce il dovere e la necessità del lavoro . Era una donna semplice , assai più meravigliata che persuasa della gloria che aveva a un tratto circondato il suo nome : della madre , bella così che discorrendo di lei i pochi decrepiti i quali la videro mezzo secolo fa si accendono ancora di fiamme quasi giovanili , non aveva né l ' ingegno acuto né le forme opulente ; mingherlina , asciutta , tirava , nel fisico , dal padre : ma tanto rimessa e pacifica quant ' egli disinvolto e irrequieto : culto , scettico , arguto : peccatore impenitente sino all ' ultimo , ripicchiato , vago di gingilli e di mode , che morendo lasciò nel guardaroba centododici paia di pantaloni ! Ma torniamo al giornale . Enrico Panzacchi aveva promesso due cose : leggere il discorso inaugurale a piè della statua e scrivere un articolo per il giornale nascituro . Capitò all ' alba in frac e cravatta bianca , ricusò una tazza di caffè e chiese una penna : all ' articolo non aveva neppure pensato , del discorso aveva scritto due pagine a mala pena . E lì nella stanza del Sindaco , non visitata sino a quel giorno dalle vergini Muse , improvvisò quello studio critico che avete letto ( No ? leggetelo e ve ne troverete bene ) nel volume delle Teste quadre . La orazione parve breve a tutti , a me eterna ; avrei voluto che l ' amico si sbrigasse ; due periodi più , due meno la fama del Giusti rimaneva tal quale , ma senza la prosa del Panzacchi il giornale non veniva alla luce . Uscì , come Dio volle , e le angustie si fecero anche più dure . Primo , ineffabile strazio i consigli . Peuh ! ammoniva un avvocato semi - illustre , tra una sonata e l ' altra della banda municipale in piazza Colonna . Peuh ! Tentativi , nobili tentativi , ma tentativi . Conati . Il mondo , caro Martini , non legge più ; ha troppo da fare . Capisco : il vostro non è un libro , è un giornale , ma fa lo stesso . Oh ! Ci sarebbe , sicuro , da farlo un giornale ; ma niente letteratura ; un giornale finanziario a un soldo ; s ' incassano 50,000 lire di annunzi per anno . Piglio io l ' appalto . Conati , amico mio . Generosi , non lo nego : ma conati . E poi , chi scriverà ? Gli italiani son pigri . Basta , provate . Cercate i migliori , e forse ... Associatevi , associatevi , date retta a me : l ' associazione è la gran forza del mondo moderno . Cerea . Non ho mai capito perché , a dare il buon esempio , non si associava lui per il primo . Poi veniva il giornalista provetto che conosce il suo pubblico : si piantava innanzi a me , colle lenti sul naso , le mani in tasca e alzava la testa e torceva le pupille come uno strabico per darsi il gusto , lui più piccolo , di guardarmi dall ' alto in basso . Amico mio , quello è un giornale che ti muore in mano fra un mese . Un articolo sul Beccaria ? Ma ci hai pensato ? Sul Beccaria ? Ma come si fa a scovare il Beccaria ? Neanche a farlo apposta . E poi tre colonne e mezzo ! Io , lo sai , son vecchio di queste cose : i giornali si fanno col metro . « Lei mi farà trentacinque centimetri d ' articolo » : se no , il pubblico non legge . E fa ' metter de ' cartelloni , santo Dio ! sulle cantonate ! Pare un giornale clandestino . E nomi , nomi , nomi . E articoli brevi , e roba leggera , commovente . Pensa alle donne e il Beccaria lascialo in santa pace . Quattro cose , tienlo bene a mente : le donne , i nomi , i cartelloni e il metro . Tò ! un endecasillabo Le donne , i cavalier , l ' armi e gli amori . Ciao . Dopo queste due cavatine , il coro . Il giornale era uggioso , era peso , era insopportabile . Non si adoperava in Italia che una sola forma di maledizione : che tu possa leggere il Fanfulla della Domenica ! Chi ci voleva una cosa , chi un ' altra : i più l ' attualità . « Non muore nessuno , non muore nessuno » smaniava ogni giorno uno dei compilatori invocando l ' attualità dalla biografia d ' un illustre defunto . Il grand ' uomo non si risolse a morire in quel subito , per far piacere all ' amico : ma il giornale visse . Vita , mi sia conceduto affermarlo , non inonorata né inutile . Ed oggi , daccapo ; daccapo cogli stessi intenti , colla stessa energia , colla stessa schiettezza : daccapo quali che sieno gl ' impedimenti che ci si frappongano o la sorte che ci si prepari . Già , la sorte di noi che ci affatichiamo in questa tormentosa opera del giornalismo , vuoi politico , vuoi letterario , è una sola . Dopo aver lavorato ogni giorno e nutriti gli altri de ' propri studi e svagatili colle proprie fantasie , ed esserci stillati il cervello a contentare gli incontentabili ; dopo aver sofferto le calunnie de ' malvagi e i dileggi degli sciolti e costretto noi stessi a serbare nelle pubbliche polemiche quella pacatezza di cui ci saremmo volentieri liberati nel disputare a quattr ' occhi ; e misurati gli atti propri e le proprie parole In verbis etiam tenuis cautusque serendis , che ci resta di tanti sopraccapi , di così assidua fatica , di così difficile pazienza ? Uditeli i lamenti di quanti più famosi salirono ai massimi gradi di quest ' arte effimera del giornale , rumore d ' un giorno , potenza d ' un momento . Chi tocca più , se non forse i custodi delle biblioteche per spolverarli ogni tanto , i settanta volumi delle Nouvelles de la Republique des lettres ? E Pietro Bayle fu de ' giornalisti il primo e il più grande ! Quel pezzo di foglio sciagattato , stracciato , strascicato per le tavole dei caffè , macchiato di birra e di vino , ecco l ' opera mia e la mia vita e la mia anima e il mio ingegno , e le lezioni de ' miei maestri , il mio zelo , la mia ambizione , la mia fortuna hic jacent . E gli altri scritti più gravi muoiono , lo so ; ma il non omnis moriar o il plaudite cives sono felici speranze di chi compie il libro o dà al dramma l ' ultima mano ; inganno non consentito a noi che istilliamo nell ' opera nostra giorno per giorno il germe dell ' oblio . Giornalisti e trappisti , uno stesso ammonimento e una stessa divisa : fratelli , bisogna morire . E nondimeno chi entrò in questa via non se ne ritrarrà se non quando abbia logora la salute e infrante le membra . Chi ha la testa alle melanconie il dì de ' conforti ? E bisogna aver fatto un giornale dubitando delle sorti sue e della sua vita , per sapere che conforto sieno l ' aiuto e la simpatia de ' migliori . Bisogna aver annunziato il Fanfulla della Domenica senza un ' ombra di manoscritto per capire che cosa portassero con sé , quando giunsero , uno scritto del Carducci , una novella del Guerrini , e gli articoli del Bartoli , del Nencioni , del Chiarini , del De Zerbi , degli altri che allora mi soccorsero ed oggi mi seguono ; bisogna aver sfogliato , trepido , tutta quanta la raccolta di un giornale compilato per quattro anni con amore operoso , per sapere che beato orgoglio si senta nel ripetere sicuri a se stessi : posso avere sbagliato , ma non ho mentito mai . L ' animo s ' invigorisce , le forze s ' accrescono preparate ad ogni traversia , disposte a ogni prova più ardua : e ci si sente il coraggio di presentarsi di nuovo ai lettori culti ed onesti , di chieder loro anche una volta la confidenza , necessaria perché non sia inefficace l ' opera che continuiamo e a cui ci consacriamo risoluti ed interi . Roma , 4 febbraio 1882 .
LA «FAUSTIN» DI EDMONDO DE GONCOURT ( MARTINI FERDINANDO , 1882 )
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Una volta si diceva : « i Goncourt » , né l ' un fratello si distingueva dall ' altro ; le loro opere andavano innanzi al pubblico , le loro lettere pervenivano agli amici firmate con ambedue i nomi , Giulio ed Edmondo ; tracciavano insieme il piano de ' loro lavori , poi ci pensavano ognun da sé , scrivevano ciascuno per conto proprio : ma dalla consuetudine degli studi comuni , dalla convivenza non interrotta , tale era uscita una conformità intellettuale e morale che non di rado l ' uno e l ' altro , rispetto a un istesso argomento , sentivano e scrivevano ad un modo . Frutti di questo doppio e pur simile lavoro diuturno furono Germinie Lacerteux , Manette Salomon , Renée Mauperin , de ' più notevoli romanzi di questo tempo , e l ' Henriette Marechal , audacissimo dramma , caduto all ' Odeon tra ' fischi della masnada guidata da un oscuro abitatore del quartier latino , avvocato senza clienti , il Gambetta ; non perché il dramma gli paresse cattivo , ma perché gli autori andavano in casa della Principessa Matilde . La recente caduta di lui non ebbe forse causa diversa : alla più parte di coloro che gli si scandagliarono contro non parve forse il suo governo peggiore d ' un altro : intollerabile bensì ch ' egli preferisse le nuove sale lucenti del Palazzo Borbone ai biliardi affumicati del Caffè di Madrid ! Un giorno , saranno dodici anni fra poco , quella feconda comunione fu spezzata ad un tratto . Il più giovine de ' fratelli , Giulio , morì : morì della malattia della quale morremo noi tutti , qualunque sia l ' occasione ch ' essa scelga a percuoterci , qualunque sia il nome onde la battezzino i medici : morì per la perpetua tensione dello spirito , per lo sforzo senza riposo , per la fatica del maneggiare la penna , assai più grave arnese a chi l ' ha sempre fra mano che la marra o la vanga . Quel giorno anche Teofilo Gautier il quale aveva insegnato colla parola e coll ' esempio che bisogna serbare il pudore della commozione pianse in pubblico dietro al feretro , dal villino d ' Auteil al cimitero di Montmartre : pianse un amico morto giovane e due baldi intelletti perduti . Due ; e il vaticinio si avverò : i libri pubblicati da Edmondo dopo quel tempo son difatti libri incompiuti : la Fille Eliza , i Frères Zemganno , questa stessa Faustin appaiono quasi materiali aspettanti invano chi scelga con giudizio e disponga con ordine ; libri accozzati , non discussi . Si direbbe che , assuefatto ai consigli del morto , il superstite reputi quasi irriverente chiedere consiglio a sé stesso intorno all ' opera propria ! O c ' è forse un ' altra ragione . Un quindici anni fa , prima assai che le battaglie parlamentari chiamassero sotto le bandiere anche me milite debole e pigro , accompagnai un amico , gentiluomo di casata antica , lindo , elegante , pieno di delicature , in un suo giro elettorale . Che triste fatica ! Gli toccava perorare nelle stalle , banchettare nelle bettole , baciare sul viso inzavardato i bambini del collegio , stringere mani ! ... che , in barba alla legge , lasciarono certo più d ' un segno sopra la scheda . Che vuoi ? mormorava contrito Oramai ci sono , bisogna starci . La sera , subito appena fermato il legno alla porta di casa , non scendeva , schizzava : e senza ascoltare neppure uno dei molti che gli s ' affollavano intorno , colle braccia tese in alto correva su per le scale gridando a squarciagola : sapone , sapone , sapone ! Tale , secondo me , il Goncourt . Egli è dei pochi per i quali lo Zola abbia consentito a scerpare una fronda da quella pianta di alloro sotto cui si sdraia persuaso . S ' è oramai rassegnato a eseguire in tutto e per tutto gli ordini del maestro ; s ' è imposto di cercare i documenti umani nei lupanari , nei circhi , nelle taverne , nei camerini delle prime e delle seconde donne ; e lo fa : ma il farlo ripugna a lui uomo elegante , educato alla castigatezza del linguaggio , assuefatto alle contegnose reticenze della gente per bene . Sopporta per rifornire l ' archivio delle sue note il lezzo di certe alcove , il tanfo di certi palcoscenici , ma tornato a casa , in quella casa ch ' egli stesso ha descritta , tra le acque forti dell ' Eisen e le porcellane di Sèvres , fra i quadri del Watteau e i ricami di Maria Lezinska , non gli basta l ' animo a rimuginare quella sozza congerie . Lo nausea quel dovere incastonare in un dialogo ordinato con laboriosa economia la frase ch ' ei non pronunzierebbe neanche innanzi al suo servitore : e non scerne , non dispone , non sintetizza : scodella addirittura i suoi taccuini : onde la mancanza di quella lenta elaborazione che conservando trasforma e impiccolisce il volume aumentando la massa , e dalla materia greggia che è a disposizione di tutti trae per il paziente ingegno d ' uno solo l ' opera d ' arte . Così può giudicare chi conosce l ' indole e le costumanze dell ' uomo , ma può anche sbagliare ; e ad ogni modo qui dell ' uomo non si tratta , si tratta del libro . Discorriamo del libro . Una attrice , la Faustin , s ' innamorò di un inglese il quale sul più bello fu costretto a partire per l ' Indie . La Faustin pianse , inconsolabile dell ' abbandono : nondimeno accolse le offerte di un banchiere ricco a milioni che rovina il prossimo per sodisfare ogni più bizzarro capriccio di lei . Se essa chiedesse la luna , Blancheron troverebbe il modo di comprargliela . Tempo perso : per far ch ' egli faccia , a cancellare dalla mente della Faustin l ' imagine di William Rayne non ci riesce . Quell ' imagine la segue fino presso il dotto solitario che vive chiuso in una soffitta sei mesi dell ' anno tra centinaia d ' uccelli gorgheggianti e volanti e dov ' ella va a farsi leggere Euripide in greco : la segue fin nella sala d ' armi dov ' ella entra per caso e dove le acri esalazioni di sudore ond ' è impregnata la stanza le mettono addosso il prurito di darsi lì per lì al maestro di scherma ; la segue a cena dove così incantevole le suona agli orecchi la voce del giovinotto il quale le siede accanto , che ella gli dà non richiesta , un appuntamento ; e dove un ' ora dopo si scorda perfino d ' aver discorso con lui . E intanto s ' approssima la recita della Fedra , prova solenne . L ' inglese quando si dice il caso ! torna giusto in quel punto ; cerca della Faustin , la ritrova , la consola , l ' ama come quando partì . Ella che recita la Fedra non più per il pubblico ma per lui , si palesa naturalmente attrice grandissima degna di succedere alla Duchesnois , alla Clairon , alla Rachel ; così l ' Inghilterra stitica tanto ne ' trattati di commercio dà senza saperlo alla Francia una gloria di più . Licenziato con parole che nel Racine non si trovano , il Blancheron non hanno forse un ' anima i banchieri ? si affoga . Ma l ' inglese è geloso : geloso di tutti e specialmente dei palchi , dei posti distinti e della platea : e l ' attrice all ' apice della gloria e della fortuna si ritira dal teatro e va con lui a stabilirsi in una villa presso il lago di Costanza . Se i lettori non lo avessero indovinato , aggiungerei che nelle solitudini di Lindau una fiera battaglia si combatte tra l ' attrice e la donna : quella vogliosa di nuovi trionfi , questa risoluta a non dare dispiaceri all ' uomo che adora . L ' attrice passa gl ' interi giorni a rimpiangere : come passi la donna le notte intere il Goncourt dice con molta crudezza di parole e precisa abbondanza di particolari . In una di quelle notti William è colto da una malattia fulminea , strana , qualificata per tale anche dal medico di Lindau , che nemmen lui l ' ha mai vista , né l ' ha mai trovata descritta ne ' libri . Come è indietro la scienza ! Sebbene amante appassionata di William , disperata di salvarlo e desolata di perderlo , la Faustin non può dimenticarsi d ' essere attrice : e mentre egli sta per morire , ella presso al letto e davanti allo specchio osserva ed imita le contrazioni del muscolo risorio e del gran zigomatico che danno alla faccia del moribondo aspetti paurosamente grotteschi . Impara l ' arte e mettila da parte . L ' altro la scorge : suona , raccogliendo le forze estreme , il campanello , e al cameriere che si presenta ordina : Turn out that woman . Mandate via questa donna . Questa , sceverata dalle sconcezze del dialogo , dagli episodi nauseabondi , è la tela di un romanzo ordita , dice , sui soliti documenti umani . Dice e sarà : ma una delle due : o il Goncourt ha visto male , o non ha saputo riprodurre ciò che ha visto . Metto pegno che se il libro andasse per le mani di centomila lettori , non uno penserebbe « quella donna l ' ho conosciuta o ne ho conosciuta una simile . » Non tutte le contradizioni di quel carattere si posson desumere da questo sunto brevissimo ; ma sono tali e tante che mancherebbe qui lo spazio ad enumerarle . Il Goncourt avverte più volte : la Faustin era una donna nervosa . Me ne dispiace tanto : ma la parola che non ha nessun preciso significato nella scienza non basta nell ' arte a scusare così gran cumulo d ' inverisimiglianze . E fosse pur vera ogni cosa , ecco il gran guaio dell ' andare a scegliere i personaggi del romanzo o del dramma nella teratologia morale . I tipi , i caratteri che durano nell ' epopea , nel dramma , nel romanzo , durano perché sono umani : e sono umani perché chi li consideri anche dopo centinaia d ' anni può dire a se stesso : « Sì ; quella figura l ' ho vista : di faccia , di profilo , di scorcio , poco importa , ma l ' ho vista : i sentimenti che quest ' uomo esprime son quelli stessi che io ho provati o osservati in altri : gli atti che compie altri li compié , ed io intendo come e perché li compiesse . » Sopra tali figure esercitano i secoli il loro sindacato : ma qui ? Voi dite : « tutto è vero dall ' alfa all ' omega . » E chi me lo accerta ? Come è possibile il raffronto ? Oggi lo dite voi ed io , per voi , credo : ma fra cinquant ' anni quando né voi né io saremo più a questo mondo , quando all ' opera vostra mancherà il sussidio della vostra parola , chi crederà al vostro vantato scrupolo d ' osservatore ? E poi , chi mi sta garante che abbiate osservato bene , bene rappresentato il vero ? Avete visto un feto con trentacinque gambe ? Vi siete sbagliato , caro mio ; mostratemelo nello spirito e vi crederò . Andiamo innanzi . Poiché lo Zola desidera che i romanzi sieno processi verbali , nulla più , nulla meno , questo del Goncourt gli piacerà . Per oltre trecento pagine l ' autore narra , descrive ogni minimo atto de ' suoi personaggi . Or fra questi atti ve n ' ha , com ' è naturale , che son comuni a tutti gli uomini e che non parrebbe necessario di rilevare . Dalla frettolosa trasandataggine del Sue e del Capendu siamo passati all ' eccesso opposto : questi null ' altro dicevano de ' loro personaggi se non quanto si riferisse direttamente e immediatamente all ' azione ; il Goncourt e i compagni suoi vogliono che se ne sappia ogni cosa . Ma che importa , Dio buono ! che importa mi raccontiate che il vostro eroe si svegliò la mattina , s ' infilò gli stivali , si fece il fiocco alla cravatta , bevve una tazza di caffè e accese un sigaro ? Che importa me lo descriviate nell ' atto di trarre un fiammifero dalla scatola ? Che giova alla identità del carattere ? Il più onesto padre di famiglia e il più sozzo furfante si mettono l ' uno e l ' altro le scarpe , e accendono tutti due i fiammiferi nel medesimo modo . Sarà , se volete , roba buona per voi scrittore , pegno della vostra diligenza ; ma risparmiatela a noi che del carattere non vi domandiamo se non contrassegni essenziali . A che serve ch ' io sappia , per dirne una , che nei cocenti spasmi della voluttà alla Faustin scappò detto una tal volta maman ? E se avesse detto nonna , quale sarebbe il divario ? Ditemi pure , per darmi un segno dell ' opulenza di William ch ' egli teneva dodici servitori : ma non mi regalate quattro pagine di censimento col nome e gli uffici di ciascuno di loro . Il boy faceva le commissioni e aveva sedici anni : il footman stava nell ' anticamera e aveva delle bellissime gambe . E va bene . Ma se il boy con un anno di più avesse fatto qualch ' altra cosa , se madre natura fosse stata co ' garetti del footman meno benigna di contorni apollinei , la gelosia di William sarebbe stata minore , o migliore l ' animo della Faustin ? C ' è , fo per saperlo , giacché il vostro romanzo è scientifico , c ' è una scienza nuova che determina i rapporti tra i sentimenti dei padroni e le gambe de ' servitori ? E giacché si parla di scienza , questi necessarii portati dell ' atavismo , fondamento dei vostri romanzi , sono proprio tenuti dagli scienziati per verità indiscutibili ? E qual è il fisiologo che insegna , ciò che voi asserite assiomaticamente , che i biondi son più crudeli de ' bruni ? Purché con questo sconfinare di ogni parte dello scibile , con tanta scienza che entra nel romanzo , un po ' di romanzo non entri nella scienza : badiamo ! Così delle descrizioni . S ' intende la descrizione là dove si tratta di determinare l ' ambiente , perché a sua volta l ' ambiente determini l ' indole , le consuetudini del personaggio ; ma il descrivere la strada che questi percorre , il teatro dove va , la bottega del sarto da cui si serve è inutile , e per giunta noioso . Che si descriva la camera , tutta quanta la casa della Faustin , passi : ma perché la si conduce a una vendita di mobilia usata , che noi ci abbiamo a succiare l ' inventario illustrato delle seggiole e dei canapé , messi all ' incanto , come se non si fossero visti né seggiole , né canapé , né incanti in vita nostra , è una pretensione curiosa . Di questo lo Zola ha ormai convenuto : ma non ne sono , pare , persuasi i discepoli . Sola originalità degli imitatori , la esagerazione . E quello che dei luoghi o degli oggetti è a dire anche dalle descrizioni , del fisico de ' personaggi . La Faustin è tratteggiata cinque volte : ora ha la bocca semi - aperta semblable à une fleur rose au fond de laquelle il y a de l ' ombre humide ; ora scollata mostra dans la courbe suave de son dos , près de l ' attache des bras deux petites fossettes qui rient ; ora fissa gli occhi grigi , des yeux à la fois obscurs et clairs , des yeux que la mauvaise humeur faisait noirs et presque méchants , des yeux que la sympathie faisait bleus et tout doux ; ora finalmente l ' acconciatura del capo donne à son regard cerné et souriant un rien du regard d ' un demon angélique . Occhi grigi che diventano neri e turchini secondo le circostanze e hanno sguardi di angelico demonio . Riconosceteli . Ora finalmente si disegnano tutte linee del suo gracile corpo quand ' ella si siede accanto ad William avec le frou frou que fait la soie de la robe d ' une femme heureuse . Donne felici vestite di seta Che per la via della pietà passate , diteci voi qual è il frou frou , privilegio delle vostre gonne e indizio della nostra felicità . Taccio de ' personaggi secondari , o insulsi o grotteschi ; né domando Dio me ne guardi al lavoro dell ' arte intenti o morali o civili . Ma perché ( ripeto una cosa detta le mille volte e che certi traviamenti fanno sempre utile a dirsi ) perché condurci sempre tra gli sciocchi o i marioli , tra i mezzani e le cortigiane , senza che ci sia caso di imbattersi in una persona di garbo ? Sta bene il vero , ma il vero tutto quanto ; non soltanto la realtà più disgustosa e più scempia . Perché non guardare che uno dei tanti aspetti della natura , perché frugare soltanto e sempre in un cantuccio del mondo ? Che differenza , se no , tra gli Arcadi e voi ? Voi cercate le sources de Balzac , voi volete sapere e dire où en est le mouvement que l ' auteur de la Comédie humaine a déterminé dans la littérature . Ma ha egli solamente messo al mondo il Balzac Madame Marneffe e Vautrin ? E Orsola Mirouet , e la Fosseuse e Eugenia Grandet e Renée de Maucombe , e Mademoiselle d ' Esgrignon , e il curato Bonnet e Minoret , e Giuseppe Le Bas e Benassis e i due Birotteau ? Cito i primi che mi tornano alla memoria . Il Balzac ha tentato gli abissi d ' ogni corruzione nella Recherche de l ' absolu , è salito fino in troppo alte regioni col Lys dans la Vallée : e il capitolo più vasto e più vero della commedia umana , Les parents pauvres , è anche il capitolo più vario . Triste anch ' egli , lo so ; Shakespeare e Molière furono tristi del pari ; sunt lacrymae rerum ; non è gaio il mondo , né possono essere allegri gl ' istoriografi della natura e della società : ma i libri loro si depongono mal volentieri e colle lacrime agli occhi , i vostri si buttan via schifati e sdegnosi . Gli è che essi vedevano tutto quanto il vero : voi sperimentate ; « nous experimentons ; son parole dello Zola cela veut dire que nous devons pendant longtemps encore employer le faux pour arriver au vrai ... » « J ' ai fait de l ' ordre avec du désordre » diceva il cittadino Caussidière . Paradossi . Per la via del falso al vero non ci s ' arriva : il vero è : e quando si ha l ' ingegno del Goncourt si vede e si riproduce ; si finisce col non vederlo più quando l ' ingegno ottenebrato dalle bizzose cocciutaggini della scuola , si strascica dietro alla più implacata nemica che l ' arte abbia la moda .
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Il primo volume di poesie , pubblicato due anni fa da Gabriele D ' Annunzio , ha per epigrafe questi due versi di Felicia Hemans : « I come ! come ! ye have call ' d me long , I come o ' er the mountains with light and song . » Infatti il poeta , allora appena sedicenne , ci veniva dai nativi Abruzzi , ricco di luce e di canto e già in quel suo primo libro , fra molte reminiscenze , si fanno sentire note originali , fresche di giovanile ispirazione , e il colorito e la melodia ne sono i pregi caratteristici . Era molto facile appuntare i difetti e le inesperienze dell ' artista adolescente , in quel volumetto : ma nessuno poteva in buona fede mettere in dubbio che quelle prime note uscivano dall ' anima di un vero poeta ; e quel preludio già annunziava una nuova voce fra tanti echi che ci assordiscono e ci annoiano da dieci anni in qua . Il Canto novo pubblicato oggi mette in aperta luce i pregi del D ' Annunzio , e i difetti . È dovere della critica indicare gli uni e gli altri , pesandoli in equa bilancia . La natura è stata liberale , anzi prodiga di doni al D ' Annunzio ; egli ha , in potenza , facoltà poetiche realmente straordinarie . Immaginazione , osservazione , colorito , melodia , efficacia di parola , calore di simpatia umana , vivo sentimento della natura , entusiasmo lirico . Ma questi doni preziosi , uno solo dei quali è bastato a molti per farsi nome in Italia , ei li converte spesso in difetti con l ' abusarne . Egli è un vero figliuol prodigo della poesia . Ha come una plètora di immagini e di colori . Ama la natura di un amore istintivo , sfrenato . Non adora l ' arte come una casta vergine , ma sembra dirle invece : Veni et inebriemur uberibus ! ... Vi è in lui una esuberanza , un ' ebbrezza , una febbre di sensi più che di sentimenti , un orgoglio di gioventù e di salute che gli dà le vertigini e le comunica ai suoi lettori . La sua poesia e la sua prosa bisogna leggerle a piccole dosi , per gustarle e apprezzarle ; la luce dei suoi paesaggi è così abbagliante che verrebbe voglia , leggendo , di mettersi le lenti da sole . Canto novo e Terra vergine sono una vera kermesse di immagini , di colori , di suoni ; i paesaggi reali e fantastici si succedono come in una sfolgorante galleria ; profili e ritratti di pescatrici e di montanari , di pazzi e di frati , di bambine e di vecchie , belli e grotteschi , strani e veri , vivi sempre e indimenticabili , schizzati spesso alla brava , a pochi tratti , ci vengono messi sott ' occhio , e sono direi quasi imposti ai nostri sguardi , da una straordinaria , ma spesso abusata , potenza di colorito . Nel Canto novo , il paesaggio , ora reale ora fantastico , è popolato e animato da figure voluttuose di giovani innamorati , dal tragico episodio di Rossaccio , dall ' apparizione finale del poeta l ' altero fanciullo che cavalca in arme brunita per la scabra compagna , e si affretta alle pugne , e a cui arde nell ' occhio di falco un superbo pensiero ... Vi sono al principio del volume dei notturni di una ineffabile melodia Swinburniana , delle misteriose marine a lume di luna , murmuri arcani di fronde e d ' acque , che fa meraviglia veder espressi e fermati nel verso . Il D ' Annunzio che tanto abusa del sole , appar qui come trasfigurato e risponde vittoriosamente a chi lo accusa di non saper descriver altro che quello che salta agli occhi . « O falce di luna calante che brilli su l ' acque deserte , o falce d ' argento , qual messe di sogni ondeggia al tuo mite chiarore qua giù ! Un grande arco amazonio di rame folgora tra lievi nugole ; ferme la barca ha l ' àncore nel fondo ; immobile a poppa io vigilo . Un diadema fulvido da ' l cielo irradia l ' acque di gemmee faville , a ' l fondo le alighe destate anelano un raggio . Un pallido raggio a lor giunge ; guardano le malinconiche su per lo speglio . Venti l ' alighe pregano oh , date palpiti al mare ! dàtene ! Una biscia azzurrognola ricurva luccica nel violaceo lembo del cielo ; cantici umani vengono stanchi per Paure . O pescatore , ammàina ! dicon quei cantici È il novilunio ; di sirene un esercito sott ' acqua insidie prepara : ammàina ! Poche pagine dopo , ecco un paesaggio meridionale che rassomiglia a un luminoso quadro del Michetti , col quale il poeta ha molte ed evidenti analogie . « Come gioconde l ' ombre si allungano giù dai ciliegi ! Dinanzi l ' arida giallezza de ' liti e il fiammante , a ' l sol di giugno tacito mare ; lungi , su ' l cielo chiaro , la sagoma di Francavilla , netta agilissima tra ' l verde ; più lungi , sfumate molli caligini di viola . » Ma qui , nella seconda di queste strofe , abbiamo l ' esempio di una caratteristica della poesia e della prosa del D ' Annunzio la quale spesso degenera in difetto , anzi è per sé stessa un difetto , voglio dire l ' abitudine di servirsi delle parole come delle tinte di una tavolozza , violando così i limiti delle due arti . Questa smania coloritrice lo spinge a esprimere anche le idee puramente letterarie con lo stesso metodo con cui esprime le idee puramente plastiche e visuali . A me piacerebbe che qualche volta almeno , il D ' Annunzio temperasse il bagliore delle sue materiali descrizioni con qualcuno di quelli epiteti che uniscono alla sensazione un sentimento , e da cui resulta la vera impressione poetica : qualche cosa come il noctis signa severa di Lucrezio , l ' amica silentia lunae di Virgilio , e tanti altri consimili di Dante e del Petrarca . Talora questa abitudine di ricorrere al vocabolo puramente pittorico , e di dipingere sempre tutto , nuoce all ' effetto di alcune delle sue più belle poesie . Per esempio , nei versi dove ci descrive il povero pescatore che seminudo sopra lo scoglio contempla il sughero galleggiante sull ' acqua verdastra , e sta lì immobile come fuso nel bronzo antico , e gli passan vicine le barche dei signori , bianche di ombrelli , gettandogli in faccia un ' ondata di risa e allora gli balena un lampo nei torbidi occhi , e scricchiola la povera canna serrata entro il convulso pugno d ' acciajo ... fra tanti belli e potenti versi stuona orribilmente , al mio orecchio , il verso : « Gialla è la canna nel ciel turchino . » Ma io non mi curo saperlo , non voglio saperlo , in tal momento , cotesto effetto pittorico . Mi interessa solo ciò che direttamente riguarda l ' uomo . Se la canna fa una macchia gialla sul turchino del cielo , è un particolare di cui deve occuparsi il Michetti pittore , non il D ' Annunzio poeta . E per l ' appunto in questo difetto i suoi imitatori ( ne conta già parecchi fra i giovani ) si sforzano di emularlo , di sorpassarlo . E così leggiamo settimanalmente nei varj giornali letterarj d ' Italia bozzetti e novelle pieni di mari paonazzi , di cieli violacei , di biacca , di lacca , di opale , di oltremare , di amatista , e via discorrendo ... E ciò nuoce al D ' Annunzio nella pubblica opinione più dei suoi propri difetti , che son sempre largamente compensati da singolari pregi . Né è da tacere com ' egli , così avvezzo alla osservazione e alla descrizione del caldo paesaggio abruzzese , abbia saputo veder con occhio d ' artista e di poeta le linee caratteristiche del paesaggio fiorentino ; per esempio in queste strofe : « Oh brevi soste là tra ' cinerei olivi , e al piano slanci di cupole su ' l cielo , e da lungi nevate le prime vette del Casentino ! Silenziose l ' acque de l ' Africo tra l ' erba corta scorreano : i vetrici chiazzati di musco , rossastri , senza una voce tremuli , in fila ; senza una voce in fila tremuli i pioppi dentro l ' azzurro ergeano in su come verghe di argento lucide a ' l sole le nude rame . » Ma ciò che meglio risponde all ' indole dell ' ingegno poetico del D ' Annunzio la sua più viva simpatia la sua più costante e felice ispirazione è il mare . Egli lo ama di un amore passionato : lo contempla , lo vagheggia , lo descrive in tutti i suoi aspetti , in tutte le stagioni , a tutte l ' ore . Ha per lui dei gridi d ' entusiasmo , dei sospiri d ' amante . Le più belle poesie di Canto novo sono delle marine . È una nota poetica famigliare a qualche vecchio poeta italiano , ( il Marino per esempio ) e non si sa perché tanto negletta poi dagli scrittori della penisola . Leggendo i nostri più insigni poeti moderni , si direbbe che vivono tutti nel paese più continentale d ' Europa ; che non esistono né il Mediterraneo né l ' Adriatico . Scelgo qua e là nel volume del D ' Annunzio dei versi che diano un ' idea di questa ricca e caratteristica vena poetica : « A ' l mare , a ' l mare , Lalla , al mio libero , tristo , fragrante , verde Adriatico , a ' l mar dei poeti , al presente dio che mi tempra nervi e canzoni ! .... freschissime l ' albe di giugno surgono : brividi e fremiti increspano l ' acque ; cantano a ' l vento le selve in fiore . Splendidamente azzurro s ' affaccia il gran mar tra li ulivi . Si frangono l ' acque odorose con fievole musica a ' l lido ; scintillano l ' Orse nel cielo profondo : un filo di luna su ' l mar tramontò . Io veleggio pe ' l golfo si come un buon nauta sannite tra ' delfini scherzanti , greggia a le muse cara . Corrono per selve di rossi coralli le nozze , via per le vive selve corre la primavera . » Il mare gli suggerisce talora spaventose e tragiche fantasie : questo naufragio per esempio , che sembra visto in un momento di lucida intensa visione febbrile , e che vi fa raccapricciare come una pagina di Edgardo Poe : « Ancora , ancor su l ' ultima bandiera come un enorme grappolo vivente , i naufraghi per entro a la bufera gittan le grida disperatamente . E in vano . Scenderà la nave nera , orrida bara , in grembo a la muggente profondità de l ' acque : una brughiera d ' alghe l ' aspetta altissima e silente . I polpi guateran con li affamati occhi da la giallastra iride immane quel tragico viluppo d ' annegati ; poi lì , in un gioco di penombre strane , come serpi staranno aggrovigliati tentacoli di polpi a membra umane . » La prosa di Terra vergine ha gli stessi pregi e anche gli stessi difetti dei versi di Canto novo . La lingua è buona generalmente , lo stile franco e sicuro : si sente che l ' autore ha vissuto per anni interi in Toscana . Egli non dubita , non tentenna mai nella scelta della sua frase e se pecca per sovrabbondanza di epiteti pittoreschi , non pecca mai per improprietà di vocabolo . Anche nella eccessività delle sue descrizioni resta sempre italiano . Ed è questo uno dei più grandi pregi del D ' Annunzio , tanto più notevole quanto oggi è più raro oggi che fra noi sembra quasi inevitabile l ' andare sulla falsariga dei Goncourt o dello Zola . I ritratti , i paesaggi , son fatti generalmente con poche parole : vi è troppo colorito , troppo sfolgorio , troppi epiteti , ne convengo ; ma in compenso non vi trovate mai quei tremendi cataloghi e inventari che tanto ci impazientiscono quando non ci addormentano ... Nei diversi racconti o bozzetti c ' è varietà di tipi e di scene ; da Fra Lucerta a Toto dalla Gatta a Lazzaro : ma nell ' insieme si rassomiglian troppo nella fattura , per dir così : vi è in tutti una troppo costante ricerca e preoccupazione dell ' effetto . Mi piacerebbe che a queste calde pagine si alternasse qualche pagina di tranquilla analisi , di semplice narrazione ; e allora mi troverei riposato e preparato a nuovi effetti . Qui invece non c ' è mai né crepuscolo né ombra è un continuo miraggio , un lusso abbagliante di colori , che finisce con lo stancarmi . - Ma d ' altra parte , quanta originalità d ' invenzione , quanta verità ed efficacia , in questo volume ! Chi potrà scordarsi , una volta lettolo , di Fra Lucertola nel suo chiostro , di Fiora e Tulespre alla Pescara , di Cincinnato sulla riva del mare , dell ' omicidio di Dalfino , della Gatta che pesca e canta ? « Nel mare ci stava dentro tutta la mattinata a pescar le telline , ci stava anche quando le onde crescenti le spumavan d ' intorno spruzzandole la gonna succinta , e la facevano traballare ; e in quei momenti era una splendida figura anche ne ' cenci , mentre i gabbiani sentendo la bufera le turbinavano sul capo . « Non era triste però : i suoi canti avevano una monotonia malinconica , ritmi bizzarri che facean pensare agli incantatori egiziani ; lei li diceva guardando una nuvola , un uccello , una vela , con le pupille sbarrate , quasi attonite , affondando nella sabbia la sua piccola rete , senza stancarsi mai . « Le sue compagne cantavano anche loro ; ma a volte erano vinte da un senso di sgomento , di solitudine , di angoscia , a quelle note , a quella voce ; e tacevano e chinavano il capo scottato dal solleone , e provavano più gelidi i brividi su pe ' ginocchi , più doloroso nelle pupille il barbaglio di quell ' incendio : e tendevano le braccia affrante , mentre la cantilena della Gatta perdevasi nella immensa afa accidiosa . » Verità ed efficacia , proprietà e precisione , nulla manca , secondo me , a questa pagina di prosa e notisi che di simili ve ne sono parecchie in questo volume . Talora il D ' Annunzio ci sa descrivere una scena , e fare un quadro o un ritratto , anche in pochissime parole . Ecco , per esempio , in cinque o sei righe , dipinto il mare in tempesta ed in calma : « Col garbino quella notte venne anche la burrasca ; e il mare arrivava fino alle case , con certi urli da far rabbrividire ... « La mattina dopo , l ' Adriatico era calmo , viscido come nafta , senza l ' anima di una vela , muto , spietato . » E quanto è evidente nella sua brevità questa descrizione del corpo di Zolfina morta di tifo . « Biasce l ' andò a vedere la sua povera morta . Guardò istupidito , con occhi vitrei , la bara tutta olezzante di fiori freschi , fra cui si allungava quello sfacelo di carni giovani , quel putridume di umori già fermentanti sotto la candidezza del lino . » I tre racconti che a me paiono più ricchi di solide qualità artistiche , sono Fra Lucerta , Cincinnato , e la Gatta . Il più semplice , il più commovente , un vero e patetico idillio , è Toto . La scena d ' amor nascente fra Toto e la Ninní è descritta con una grazia ed una freschezza ingenuamente rurali . La fine fa piangere : quei presentimenti , quei terrori dell ' inverno vicino nei due poveri ragazzi abbandonati quell ' ultima corsa di Toto con la morticina in collo , non si dimentican più . Toto spande un ' ombra di soave malinconia fra tanti gridi passionati , fra tanto sangue , fra tanto incendio di sole che avvampa in tutto il resto del libro . Vorrei poter cancellare da Canto novo e da Terra vergine alcune espressioni troppo sensuali che a me paiono inescusabili . Mi limiterò a indicarne e deplorarne due o tre : « Il petto della Zarra ficcava nel sangue la smania de ' morsi ... » « Tulespre ( a un gesto provocante di Fiora ) sentì l ' odore della femmina , più acuto e più inebriante che l ' odore del fieno ... » Queste espressioni sono inoltre di cattivo gusto ; e il D ' Annunzio dovrebbe d ' ora innanzi guardarsene , anche per amore dell ' Arte . I pregi singolari del D ' Annunzio come poeta e come prosatore , sui quali volentieri mi son trattenuto , sono eclissati , come più volte ho detto in questo mio studio , da vari difetti . Ma sarebbe ingiusto dimenticare che questi ultimi sono in gran parte inerenti alla giovanissima età dell ' autore . A diciotto anni , con quel suo temperamento meridionale , e con quella immaginazione , è difficile distinguersi per castigatezza di stile , sobrietà di colorito , armonia di composizione , profondità di psicologica analisi . Egli nuota ora in piena luce di sole e grida ai quattro venti che è pieno di salute , di poesia , di coraggio e di vita . L ' amore , la natura , il fresco sorriso della sua Lalla , i fiori selvaggi dei suoi Abruzzi , il verde fragrante Adriatico , sono le luminose sue ispirazioni ... Pur troppo la vita gli insegnerà tante cose fosche e glaciali e l ' iride che si riflette oggi nelle sue pagine sarà offuscata quando la vedrà attraverso le inevitabili lacrime . Ma intanto l ' aura di giovinezza che emana dalle pagine di questi due volumi come da un giardino di rose , è già un pregio singolare ed anche quando il D ' Annunzio ci avrà dato , come gli auguro e credo , cose più artisticamente perfette , si tornerà sempre volentieri a rileggere alcune strofe del Canto novo , alcune pagine di Terra vergine , come si torna volentieri col pensiero alle memorie dei nostri primi belli anni .
UNA VISITA A BRUSUGLIO ( RUGGERO BONGHI , 1882 )
StampaPeriodica ,
Son dieci anni , che non rivedeva Brusuglio . L ' ultima volta che son venuto a vedervi il Manzoni , fu nell ' autunno , se non erro , del 1872; ed egli non mi parve quello di prima . Mi soleva fare gran festa ; ma non so come , mi persuasi che me ne facesse meno . Avevo qualche mese prima scritto nella Nuova Antologia del Concilio tenuto in Roma da Pio IX e del movimento Vecchio - Cattolico di Germania . Egli non approvò in cuor suo ciò che io dicevo dell ' uno e dell ' altro . Mi credette ardito più del dovere nelle censure della Chiesa di Roma e nel patrocinio della nuova eresia . Per l ' avvenire di questa non sentiva nessuna fiducia , né per le sue dottrine nessun rispetto . L ' infallibilità del Pontefice , com ' era stata definita dal Concilio , a lui pareva un dottrina logicamente dedotta e necessaria . Il dissenso mio con lui su questi punti lo faceva con me meno espansivo del solito . Pure non me ne parlò ; ed io seppi d ' altra parte , dimandando , donde nascesse quella sua taciturnità meco insolita . E appunto perché insolita , e perché il dissenso con uno cui voleva bene gli era stato cagione , sinché la sua salute s ' era conservata in tutto buona , non già di tacere , ma di parlare , poiché nessuno amava più di lui il discutere e il conversare , appunto perciò , dico , e per tutto l ' insieme io mi persuasi , che qualche turbamento vi fosse nell ' intelletto di lui . Pure lavorava tuttora , ma a stento ; e si lagnava che nello scritto a cui allora attendeva , andasse avanti a mala pena e a passi di formica , se pure . Qualche anno prima , nell ' ottobre del 1868 , nel ricercare un libro nella sua stanza di studio era caduto dalla sedia su cui era salito , per non aver voluto porre il piede sul sedile di paglia , temendo di sfondarlo , bensì sullo stretto orlo di legno , a cui quello è inchiodato . Di quella caduta pareva risanato affatto , come poi non risanò di quella sui gradini di San Fedele . Rifaceva le sue passeggiate solite , come le aveva fatte per sessanta anni . Poiché non v ' era uomo di più tenaci abitudini delle sue . Levatosi la mattina alle 8 œ , usciva di stanza subito , e prendeva in sala il suo cioccolatte , senza pane né altro . Poi , accompagnato da qualcuno , faceva il lungo giro del giardino , discorrendo degli alberi che trovava lungo il cammino , piantati tutti da lui , e in tempi che quelle specie eran rare od uniche in Lombardia , e ricordando da chi gli avesse avuti , ovvero parlando di qualunque altro soggetto , che gli occorresse . Dopo il qual passeggio si ritirava nella sua stanza di studio , e vi rimaneva sino a venticinque minuti prima dell ' ora del desinare ; che era le cinque . Questi venticinque minuti erano impiegati a percorrere dieci volte , cinque all ' andare e cinque al tornare , un viale , d ' un trecento passi , ombreggiato da platani , sul fianco destro della casa . E bisognava spendervi due minuti e mezzo per lo appunto nell ' andata , e altrettanti nel ritorno ; e se per caso si fosse affrettato il passo , il Manzoni , coll ' orologio alla mano , aspettava , prima di voltare , che fosser passati . Poi s ' andava a desinare ; e la sera si conversava sino alle undici ; però il Manzoni prendeva sempre seco un libro , per lo più un classico , e quando non aveva con chi conversare o la conversazione languiva , apriva il libro e leggicchiava qua e là . E talora comunicava le osservazioni che gli sorgevano nello spirito a chi gli stava attorno , o rientrava con quelle nella conversazione . La sua stanza di studio è rimasta tale e quale . A pian terreno , non ben grande , con due cancellate alle finestre che guardano nel giardino , nel fianco destro della casa , è tutta intorno intorno circondata di scaffali di libri , che vanno sino al soffitto . La più parte di questi erano sempre gli stessi , ma ogni anno nel venire a villeggiare il Manzoni ne portava di nuovi , secondo occorrevano al lavoro cui voleva attendere , e li riportava alla fine della villeggiatura a Milano . Poiché egli è morto nella città , i libri che si vedono ora nella sua stanza di Brusuglio sono di quelli che vi solevano restar sempre ; i classici latini dell ' edizione Bipontina , gli italiani della milanese , un Sant ' Agostino e un San Giovanni Crisostomo della Maurina , l ' Enciclopedia francese , la Storia Universale tradotta dall ' inglese e pubblicata in molti volumi in quarto in Venezia , il Tillemont , e molti libri di agricoltura . Il Manzoni amava i libri anche nel loro di fuori ; sopra alcuni ha notato che erano rari ; ma ne schiccherava i margini ; né v ' è edizione , per bella che fosse , che lo trattenesse dal farlo . Stanza di studio più semplicemente mobigliata di questa non si può pensare . Di rimpetto alla porta d ' entrata v ' ha tra i due scaffali di libri una nicchia nella quale i palchetti di quelli continuano . In questa v ' è la sua sedia a bracciuoli , e dinanzi un tavolino . Davanti alla libreria , nella parte di destra , un altro tavolino , quello che usò nel collegio , e sopra questo una bilancia , nella quale egli soleva pesare gli abiti che indossava . Poiché era minutissimo nel volerli più o meno grevi o leggieri secondo la temperatura non del giorno solo , ma dell ' ora ; sicché si vestiva e spogliava più volte . Davanti alla parete sinistra un tavolino tondo . Sparse per la stanza poche sedie , qualcuna a bracciuoli . Quando s ' era ritirato in cotesta stanza , non voleva che si facesse per la casa nessun rumore che potesse giungere sino a lui . Però si levava da tavolino di tratto in tratto , e per il balcone della stanza avanti alla sua usciva nel giardino e passeggiava lungo le mura qualche minuto . Suo figlio Pietro aveva la stanza vicino alla sua ; e il padre , anche quand ' egli era andato a dormire , soleva di botto svegliarlo per dimandargli tale o talaltra cosa . Pier , te dormet ? era la solita dimanda con cui principiava a svegliarlo . Onde Pietro non aveva altra difesa che questa : buttare dell ' acqua avanti alla porta dello studio ; poiché il Manzoni non avrebbe messo il piede in un luogo umido a nessun patto mai ; sicché quel po ' d ' acqua lo forzava a tornarsene e a rinviare a più tardi la domanda . In questa stanza il Manzoni ha scritto i Promessi sposi ; e per non dire d ' altro , il Cinque maggio . Il quale fu scritto in una notte ; e rimase come uscì al primo getto ; cosa ben rara per uno scrittore , del quale credo che nessun abbia più corretto e ricorretto gli scritti suoi , sia stato più difficile a contentarsi di ciò che avesse scritto alla prima , e solesse ritornarvi su più volte . Era nel giardino colla moglie e colla madre seduto su una panca , quando la notizia della morte di Napoleone giunse a Brusuglio . La commozione che n ' ebbe fu grande ; ma non lo distolse dalle sue abitudini solite . Desinò secondo l ' usato , e la sera la musa lo prese per i capelli e lo forzò a scrivere l ' ode concitata più che altra ode sua , ed inspirata non meno dalla grande gloria che dalla grande sventura . Com ' è rimasta intatta la sua stanza di studio , così anche la sua stanza da letto , più semplice ancora . In un ' alcova sta il letto , basso , di legno ; sulla parete un crocifisso ; qualche sedia di qua e di là , ed un tavolino : ecco tutto . Ricordo ancora , quando , venutolo a trovare un giorno ch ' egli non s ' era potuto levare , per ragione della caduta nella biblioteca , se non isbaglio mi fece leggere accanto a lui l ' introduzione alle considerazioni sue sulla Rivoluzione francese , opera non mai finita , e della quale la parte che n ' ha lasciata scritta non è stata ancor pubblicata . Così , qui a Brusuglio , tutto ancora ricorda il Manzoni . Il paese deve averne obbligo a Pietro Brambilla , un cavalier , si può dire , che tutta Italia onora , smarritosi tra i banchieri e gli uomini di finanza , dei quali nessuno lo supera per sagacia ed ingegno , ma che son superati tutti da lui per altezza e generosità di animo . Morto Pietro Manzoni un mese prima del padre Alessandro , Pietro Brambilla che si era fidanzato con Vittoria , la primogenita di Pietro , innanzi che questi morisse annunciò pubblicamente il matrimonio in quel tratto di tempo così triste per la famiglia tutta , che scorse tra le due morti , e consolò colla speranza che ai figliuoli e a ' nepoti non sarebbe mancato un aiuto e una guida le ultime ore del padre e i rari momenti di lucido intervallo dell ' avo . Pietro Brambilla ha comperato Brusuglio , e lo custodisce come ricordo di una gloria , che appartiene ora anche a lui . Questa casa , questi alberi , la montagnola alzata in fondo al giardino collo sterro del fosso che lo circonda da tre lati , la vista che si scovre da essa del monte Rosa e dei monti del lago Maggiore e del lago di Como , e più in là , più in là , come il Manzoni si compiaceva ad indicare a parte a parte , non sono il più piccolo lato della vita e dello spirito del grande scrittore . Si sente , s ' intende sopratutto qui un aspetto suo ; non il maggiore , ma non il men singolare , sopratutto nella storia della letteratura nostra ; l ' aspetto , voglio dire , del gentiluomo in lui . Poiché di gentiluomini letterati ne abbiamo avuti di certo altri ; ma letterato gentiluomo credo che sia stato il primo lui . E a certi segni si dovrebbe temere non che sia stato anche l ' ultimo , poiché ne possiamo ricordare dopo lui qualche altro ; ma se il seme se ne debba disperdere . Invece il bisogno era , che germogliasse e moltiplicasse .
AL FERETRO DI GIUSEPPE REGALDI ( CARDUCCI GIOSUÈ , 1883 )
StampaPeriodica ,
Dicendo le ultime parole su gli avanzi mortali di Giuseppe Regaldi , che la città e la Università di Bologna onorando e commemorando restituiscono agli affetti de ' suoi e della terra natale , io farò prova di vincere la tristezza che m ' invade dinanzi al mancare di questo collega che anche mi fu per quindici anni amico buono , al disparire di questo quasi ultimo raggio della poesia de ' nostri padri . I pianti delle prefiche e gli strilli dei panegiristi sono per i morti volgari : dalle bare degli uomini che servirono nobilmente la patria sorge il documento della vita loro a confortare ad ammonire a illuminare i superstiti . Se bene a ripensare che della gioventù di quest ' uomo , il quale passò biondo cantore fra le genti latine , che vedendolo e udendolo si domandavano ammirate Or come ritornano gli aedi e i trovatori nell ' età della stampa e delle gazzette ? se bene , dico , a ripensare che di quella gioventù ed energia di spiriti , di quell ' espansione dell ' anima , di quelle gioie , di quelle glorie , di quelli amori , resta a pena una languida memoria , e che sparirono come l ' ombra d ' un sogno ; se bene , a ripensare tutto cotesto , la tristezza è necessaria e profondamente umana . Ma lasciamo alla storia letteraria le ricordanze di questo ultimo dei trovatori , il quale fu anche egli attratto , come i predecessori suoi del medio evo , dalla visione del mistico oriente , dal desio dei pellegrinaggi nella terra madre dei popoli , delle religioni e delle scienze , e infine , come i trovatori antichi si rendevano a Dio raccogliendo nella solitudine d ' un chiostro l ' età sfiorita , si raccolse , obbedendo ai tempi , in miglior solitudine , per consacrare alla scienza e all ' insegnamento gli anni della vita matura nell ' esperienza . Alla storia letteraria il giudizio e la lode del facile poeta ritemperato nei forti studi e nei fermi ideali . A noi , suoi colleghi ed amici , a voi , suoi discepoli , la testimonianza del culto ch ' egli ebbe per l ' arte e la scienza , della religione ch ' egli portò nell ' adempimento del dovere : della religione del dovere , che è la qualità più alta del carattere e la parte più nobile della vita , perché la più disinteressata . Per degnamente apprezzare la coscienza di Giuseppe Regaldi e trar documenti dal suo esempio , bisogna aver veduto e udito come cotesto poeta estemporaneo si fosse condotto a pesare , infaticato e incontentabile , su bilance sempre nuove di giudizio e disamina , non pure ogni fatto , ogni cifra , ogni asserzione , ma ogni espressione ed ogni parola , prima di pronunziarla dalla cattedra o di consegnarla al libro : bisogna aver saputo e veduto com ' egli , così innanzi negli anni , vegliasse le notti o sorgesse con l ' alba per preparare in lunghe cure di ricerche e raffronti quelle lezioni di storia , delle quali gli uditori ammiravano la colorita facondia . Come egli , già strascinantesi negli ultimi passi della vita , fosse rigido osservatore dell ' officio suo a tutte le lezioni , nelle ore anche men comode , nelle stagioni anche più rigide , gli studenti lo sanno : lo sappiamo , con dolore , noi suoi amici , che in vano ci adoperammo a persuaderlo di risparmiarsi . Il voto supremo del vecchio era finire il suo Egitto : come chiamava egli il libro , pubblicato nell ' ultima estate , ove raccolse le sue peregrinazioni di poeta e i suoi studi di professore . Gli ultimi due anni della vita egli travagliò intorno all ' Egitto , quasi ricercando dall ' oriente la luce che gli consolasse e riscaldasse il solitario crepuscolo . Finito il suo Egitto , al Regaldi parve oramai finita la parte sua nel mondo ; e rassegnato chinò il bianco capo sotto il volo della Parca che veniva . E la Parca lo toccò pur allora uscito dalle soglie dell ' Università , dal tempio , così egli diceva , della sapienza : lo toccò e gli disse : Basta , buono operaio ; va , e riposa . Or ecco quello che avanza di Giuseppe Regaldi . La spoglia e gli affetti ultimi del poeta , la gentile alterezza della sua fama , alla terra nativa : le sue ispirazioni e gli studi alla storia letteraria e civile d ' Italia : a noi suoi colleghi ed amici , la memoria , sempre onorata , sempre cara , delle virtù sue e della bontà ; a voi , giovani , l ' ammaestramento e l ' esempio . O giovani , ogni qual volta vi avviene ( in questi anni ahi troppo spesso ) di assistere al passaggio supremo di alcuno dei valenti di quella generazione che cooperò a riconstituirvi la patria , a riconstituire di tanti volghi dispersi , la più gloriosamente dotata delle nazioni latine , o giovani , voi dovete pensare : pensare quanto voi dovete ai vostri maggiori , quanto da voi aspetta la patria . I vostri maggiori , o giovani , come apprese loro il padre ideale della nuova Italia , vollero , sempre vollero , fortemente vollero ; e vollero le nobili e alte cose . Giuseppe Regaldi diceva a me nelle famigliari conversazioni , e lo scrisse per avventura in alcun de ' suoi libri : Io ebbi sempre innanzi tre ideali che mi si andavano a grado a grado allargando nella poesia e negli studi : Dio , Patria , Umanità . Tre grandi ideali in vero , o giovani : Dio empié la storia dei popoli semiti : la Patria fece la storia di Grecia e di Roma ; l ' Umanità va informando la storia nuova iniziata dal pensiero rivendicatosi a libertà . E o che gl ' ideali della Patria e dell ' Umanità si voglia considerare come trasformantisi rispecchiati nell ' ideale immanente di Dio , o che gl ' ideali di Dio e della Patria si considerino come trasformantisi e modificati nell ' ideale permanente dell ' Umanità , il vero è che senza ideali le civiltà non fioriscono , che senza ideali non v ' è disciplina non v ' è instituzione . L ' arte , per sé sola , è trastullo inutile : la scienza , fine a sé stessa , è inutile tormento : ambedue conspiranti all ' azione fraternamente umana nella luce che viene dagli esempi degli spiriti magni sono la corona della vita . Milizia è la vita degli uomini su la terra sentenziò il savio orientale : milizia di combattenti per il vero e per il buono , dove solo è la felicità . E se questo pensando , se ripensando al passato e all ' avvenire d ' Italia , con una mano sul cuore , voi solleverete un momento gli occhi al cielo della patria , vi parrà , o giovani , vedere i vostri padri , i vostri morti , accennarvi dall ' alto e inanimarvi con gli scudi circonfusi di gloria e rutilanti di luce , con i vessilli sventolanti vittoria nell ' azzurra eternità senza passione . Bologna , 16 Febbraio 1883 .
MAURIZIO ROLLINAT ( SERAO MATILDE , 1883 )
StampaPeriodica ,
Per quindici giorni , dalla metà alla fine di novembre scorso , tutta Parigi letteraria si è occupata di questo nuovo poeta . Non nuovo affatto . Egli era l ' idolo , il maestro le maître di un oscuro cenacolo letterario composto di falsi bohèmes , di scrittori falliti , di chiacchieroni d ' arte , di vagabondi e di oziosi nella poesia . Quando una di queste piccole accademie si forma , questi spostati , questi sognatori inetti , questi letterari magniloquenti e impotenti , trovano subito un genio sconosciuto da poter adorare e Parigi è piena di questi cenacoli stravaganti , vere orgie intellettuali che spossano le ultime forze di quegli ingegni mediocri . Sarah Bernhardt ha preso con due ditini della sua lunga e sottile mano il poeta ignoto e lo ha presentato al pubblico di Parigi , ai cronisti letterari , agli scrittori , agli editori , ai direttori di teatro . Immediatamente il battesimo letterario è caduto sulla fronte del poeta in forma di articoli , di profili , di cronache , di indiscrezioni , di novellette . Gli è che questo Rollinat si presta meravigliosamente all ' articolo . Egli comincia dall ' essere impiegato alle pompe funebri , il che gli dà subito un carattere di protagonista d ' Hoffmann ; poi ha il volto pallido , una criniera leonina foltissima , gli occhi neri e fatali , la bocca seria , pensosa e veste di nero e nel ritratto che ho qui innanzi è avvolto in una pelliccia nera . Poi egli improvvisa spesso le sue poesie , in un salotto tetro , coi lumi abbassati , tre o quattro astanti silenziosi e una donna magra , vestita di bianco , che suoni , in minore , una polacca malaticcia di Chopin . Poi egli siede al pianoforte e le sue poesie le canta , a mezza voce , sopra ritmi bizzarri , scotendo la grossa testa chiomata , ripetendo malinconicamente il ritornello musicale e poetico . Poi egli è nevrotico , come sono tutti un po ' , a Parigi , da Sarah Bernhardt a Barbey d ' Aurevilly , da Luisa Michel a Sardou , da Cassagnac a Rochefort . Salvo che Rollinat è molto nevrotico ; anzi il suo grosso volume di poesie , uscito dieci giorni fa , dall ' editore Charpentier , è intitolato : les névroses . Il contenuto di questa sua forma poetica è il fantastico . Rollinat ha dovuto leggere e rileggere , sempre , Edgardo Poe , tanto sono forti in lui le influenze del grande scrittore americano . Ma il fantastico di Poe ha un tale carattere di lucidità , una costruzione così matematica , una evidenza così netta e così terribile talvolta , da rimanere una forma aristocratica e squisitamente sensibile dell ' arte . Quest ' uomo mezzo pazzo , mezzo alcoolizzato , portava nelle sue mostruose concezioni una profondità d ' analisi fredda , un lavorío tranquillo e impersonale , rigido , inflessibile . Era il sogno squadrato e misurato col compasso ; il paradosso immenso dimostrato , l ' impossibile che pareva realtà , l ' incubo disegnato nei suoi contorni precisi , la follia diventata logica . Il più solido ragionatore non resiste alla prolungata lettura di Poe , tanto lo seduce , lo conquide l ' efficacia assoluta , precisa di quel fantastico . Invece il fantastico di Rollinat , fabbricato su ricordi di Poe e di Hoffmann , è un vagabondaggio di sogni paurosi che lasciano glaciale il lettore , è una vecchia ridda di spettri troppo conosciuti , è l ' incubo convenzionale o cercato troppo o assolutamente nebuloso . Il fantastico in poesia , come il paesaggio in pittura , è una forma altissima , accessibile solo alle nature più elette . Chi vi si arrischia senza queste acute , raffinate , tormentose qualità d ' intelligenza , corre il grave pericolo di essere volgare . Così Rollinat . Immediatamente dopo l ' imitazione di Poe , viene quella di Baudelaire anzi , questa seconda più chiara , trattandosi di poeta e poeta . Come Baudelaire , Rollinat canta i cieli clorotici , le donne - serpenti , le apparizioni notturne , le vergini anemiche dalle labbra bianche , i paesaggi metallici e senz ' aria . Egli ha come Baudelaire la passione piena di terrore pei gatti , egli ha come Baudelaire la passione voluttuosa pei profumi . Di Baudelaire egli imita la forma del periodo , il verso finale d ' ogni poesia , il titolo , tanto che molti pezzi delle Névroses sembrano decalcati su quelli dei Fleurs du mal . Ma le qualità simpatiche di Baudelaire , quella brevità quasi sdegnosa dell ' artista che non vuole far dilagare la forza del pensiero nel flusso della parola , quella misura del colore e del sentimento , quella cesellatura della forma come un gioiello del Cellini mancano nel Rollinat . Quello che Baudelaire dice in quattordici versi , pieni di senso intimo nella scelta delle parole , quasi nella loro posizione , Rollinat lo allunga in quindici strofe , perdendo così ogni efficacia . La poesia Réversibilité di Baudelaire che comincia : Ange plein de gaieté , connaissez - vous l ' angoisse ? si sperde miserabilmente nell ' Introuvable di Rollinat . È come un motivo saliente , concentrato e vivo , su cui uno scolaro esagera una quantità di variazioni insistenti salendo alle ottave acute , scendendo a quelle gravi , dando prima l ' oppressione , poi la nausea all ' uditorio . La fierezza di Baudelaire che consisteva nel non concedere nulla alla rettorica , nulla all ' effetto teatrale , nulla al pubblico , scompare in Rollinat . Egli si preoccupa del lettore , teme che egli non comprenda bene , ritorna su quello che ha detto , lo spiega , lo infiora e giù i trilli , le appoggiature , gli allargamenti sul motivo conosciuto . L ' opera di Baudelaire ha questa impronta quasi selvaggia del poeta che scrive per i pochi e del resto non si cura : è un ' opera orgogliosa ed aspra , piena di fermezza nei suoi pregi . Invece l ' opera di Rollinat è molliccia , molto facile , indulgente alla sciocchezza dei lettori , piena di concessioni borghesi . Poi , in questo grosso volume straripa un subbiettivismo affogante . Questo poeta non sa vedere , pensare , ideare , niente fuori di sé . Il suo ideale è nell ' anima propria , anzi nelle proprie sensazioni , sottomesse a un ' osservazione , che è quasi sempre ammirazione . Sue le lagrime , i sorrisi , i singhiozzi , gli strappi , i sussulti , gli incubi , i succubi , le paure , le follie il mondo intorno non esiste , altri viventi non esistono , altri cuori non battono . Mai l ' egoismo sensuale trovò tanto largamente la forma poetica . Mentre nei veri e forti poeti vi è la tendenza all ' irradiazione , in Rollinat vi è la tendenza a una restrizione assoluta nel proprio individuo . Egli non ha il disdegno dell ' umanità che può essere sorgente di buona poesia , ma ne ha la dimenticanza . Anche i suoi paesaggi sono subbiettivi , uno tutto rosso , l ' altro tutto verde , l ' altro tutto bigio , come egli li vede , in una specie di sogno fantastico , che è il Daltonismo della immaginazione . E finalmente quello che dà un carattere di monotonia , di romanza per camera , è il ritornello continuo , è la ripetizione costante dell ' ultimo verso alla fine di ogni quartina , di ogni ottava , è questo martellamento fastidioso che rammenta i componimentini poetici recitati dai bimbi per l ' onomastico del nonno . Gli è che Rollinat ha da cantare i suoi versi . Eppure , questo libro di versi , non è scritto senza un singolare ingegno poetico . Qua e là sgorga una nota pura e originale , trapela un raggio sottile e acuto di luce propria . In sostanza quello che guasta questo libro è la ricerca affannata del bizzarro , la volontà di fare l ' orrido a ogni costo , il desiderio di stordire con l ' immane , con l ' inaudito è il partito preso dello scrittore , la rovina dell ' opera . Manca a Rollinat la serenità larga dell ' artista , gli manca l ' indipendenza . Avido di successo , egli lo domanda a tutte le stravaganze e a tutti i pimenti . Senza questa sciagurata tendenza , egli sarebbe un altro Coppée , vale a dire un poeta armonioso , delicato , placidamente lacrimoso e roseamente innamorato , miniaturista elegante , sinfonia in tôno minore , gruppo di fiori dai profumo blandi . Attraverso les névroses si scatena una danza macabra di scheletri e vi si respira un forte odore di acido fenico . Vi si sente dentro l ' impiegato alla pompe funebri .
AU BONHEUR DES DAMES ( SALVADORI GIULIO , 1883 )
StampaPeriodica ,
La nostra generazione , non voglio negarlo , avrà tutte le virtù ; certo , crede d ' averne molte che non ebbero le generazioni passate : ma una ve n ' ha che nei nostri padri fu tanto forte e a noi pare sia stata negata inesorabilmente : la compassione . La nostra generazione ha troppa fretta , perché gli rimanga tempo da compatire ; se nella corsa vertiginosa che la sospinge in alto i deboli rimangono a mezza strada spossati , non sarà certo ora che li raccoglieremo pietosamente per metterli bocconi a bisdosso dei muli dell ' ambulanza : chi muore giace ; le file che incalzano non sanno guardarsi i piedi , e passano sopra . Si cammina , non v ' è da dubitare ; e non mi parrebbe strano se una delle prossime legislature cercasse d ' avvalorare la legge suprema della vita ordinando la soppressione assoluta dei deboli : qualche cosa da sostituire al Taigeta si troverebbe . Certo , la nuova vita sociale , che offre ogni altezza libera a chi la vuoi raggiungere , doveva , animata dalle idee nuove , portare a queste conseguenze ; ma nell ' insolita ferocia entra senza dubbio per un pochino anche la reazione contro la troppo tenerezza di cuore dei padri . Gran parte del romanticismo non fu , a guardarlo bene , che una società di mutuo soccorso fra i deboli : uniti , essi capirono che avrebbero fatto passare la propria fiacchezza come una tirannia . Oh la bella schiera di fatali dalle bionde capigliature spioventi che il vento dell ' ispirazione sollevava e agitava ! povere arpe eolie , essi aspettavano la mano invisibile che flagellasse le corde tese oltre l ' ordinario ; gentili giovinette angelicate , essi reclinavano la testa sul braccio manco levato , e i lunghi capelli raccolti in sette corde d ' oro , poi riuniti tutti fra un dito e l ' altro del piede , facevano l ' arpa divina su cui la mano destra doveva correre guidata dall ' alto . Ora , all ' esigenza del pubblico ci vuol altro . Si guardi il Carducci in Italia ; si guardi Zola in Francia . Se qualche atteggiamento speciale ce li raffigura nella loro lotta col pubblico , essi non possono apparire che atleti : hanno le maniche rimboccate fino all ' ascella , e le loro braccia si gonfiano di muscoli michelangioleschi a domar le sette teste dell ' idra ribelle . Col pubblico , insomma , gli scrittori ora son uomini , e cercano di vincere ; quarant ' anni sono eran donne , e come le donne si corazzavano di debolezza . Ma la lotta , per questo , non è che assai più pericolosa . Guai se gli atleti vacillano ! Guai se un di quei tremiti istantanei e irragionevoli , che hanno anche i più gagliardi , pervade loro le braccia e le fa sentire ai vinti infiacchite : la riscossa è pronta , e alla riscossa segue la vendetta feroce , implacabile . Perché , anche la tirannìa intellettuale è una tirannìa , e delle più difficili a sopportare : se gli uomini riescono a scuoterla , non v ' ha dubbio , si vendicano Contro Zola questa vendetta comincia di già : in Francia non ancora , perché la Francia è stata più lenta a piegare ; ma proprio e specialmente in Italia dove il fiero novelliere ebbe più pronta e intera vittoria . Si loda , sì ancora , per forza d ' inerzia ; ma si compra anche , più che per ammirare per giudicare . Si giudica anzi , senza comprare e senza leggere ; si condanna anche a torto , solo perché si sente venuta l ' ora di condannare . E questo è il peggiore dei sintomi : vuoi dire che all ' accusato non si concede difesa , che , consenta o no la giustizia apparente , la giustizia suprema vuole inesorabilmente così . La nuova generazione italiana ha addosso una gran fregola novellistica ; ella si sente , e forse ha , linfa bastante a buttate vigorose e durevoli : ma per questo , ella sente , è necessario l ' affrancamento dalla servitù zoliana ; per questo è necessario che Zola cada . Contro una forza di questo genere non v ' è remissione : expedit ut moriatur unus homo pro populo . Ma bisogna anche dire che Zola fa per conto suo tutto il possibile per affrettare la morte . Non giova ch ' egli si mantenga all ' altezza acquistata : uno scrittore che non aggiunge ogni primavera nuove penne e più forti alle sue ali , è caduto . La Page d ' amour , Nana , Pot - Bouille furon tutte battute d ' ala per reggersi ; ora Au bonheur des dames è lo stesso : il pubblico non vuol altro ; egli sa oramai che al forte novelliere manca la forza che un nuovo slancio gli chiederebbe . Quest ' ultimo romanzo ( come del resto quasi tutti gli altri di Zola , ed è naturale ) sfuma al racconto : se ne dà il primo schema con una frase : la lotta del gran commercio col piccolo . Il gran commercio , polipo immane , conoscitore sicuro di tutte le debolezze moderne applica ad ognuna di esse le sue ventose , e tira a suo profitto il danno comune : intorno i piccoli commercianti , retti soli dall ' abitudine , sdegnando ogni lusinga intesa a mantenere fedele la donna muoiono a uno a uno d ' inedia e le donne li abbandonano attratte in folla dal fascino del gran seduttore . Mouret stesso , il protagonista , lo mostra all ' opera . « Prima di tutto è la potenza moltiplicata dell ' accumulazione , tutte le merci radunate in un luogo a sostenersi e a incalzarsi ; mai mancanze , sempre l ' articolo della stagione è là : l ' avventrice si trova stretta , compra il panno qui , là il filo , in un altro luogo il mantello ; si veste , poi trova cose non prevedute , cede al bisogno dell ' inutile e dell ' elegante . Poi la marca a prezzi fissi . La gran rivoluzione parte da questa novità . Se il vecchio commercio , il commercio minuto agonizza , è perché non può sostenere la lotta al ribasso intrapresa dalla marca . Ora la concorrenza avviene sotto gli occhi stessi del pubblico : un ' occhiata alle vetrine stabilisce i prezzi , ogni magazzino ribassa contentandosi del minore guadagno possibile : nessuna truffa , non arricchimenti meditati a lungo sur un genere venduto il doppio del costo , ma operazioni correnti , un tanto per cento regolare defalcato da tutti i generi ; la fortuna affidata al buon andamento d ' una vendita , tanto più larga quanto si faceva alla luce . La rivoluzione metteva lo scompiglio nella piazza , trasformava Parigi , perché era fatta con la carne e col sangue della donna . Questa l ' anima del gran mostro : chi glie la infonde è Mouret . Agitato da quest ' anima , esso cresce fino a proporzioni inaudite . Tutte le lusinghe per le quali si può attirare la donna esso le sfoggia ; tutte le vie per le quali l ' oro può rifluire alle sue vene le trova : e il suo sangue poi serve a nutrire tutto un popolo di larve umane , un gran falanstèro , che nella mente di Zola sarebbe un ' immagine delle famiglie operaie che avrà la società di quest ' altro secolo . A capo , Mouret . Ma dal basso , dalla rovina generale del commercio minuto si leva una cara e soave immagine di giovinetta . Fattasi forte della sua debolezza ella entra fra quel popolo di larve maligne e lo domina ; rassegnata e costante , ferma , incrollabile sotto la grazia apparente delle maniere essa sale sempre più alto , fino a che non arriva alle braccia aperte di Mouret , divenuta « onnipotente » . Zola , certo , non ci ha pensato , si potrebbe giurare ; ma la distribuzione delle masse di quest ' azione richiama , a rovescio , la distribuzione del Ruy - Blas . Là è la nobiltà che crolla , finita , di contro all ' ascensione del popolo ; solo della nobiltà una donna rimane alta su le ruine , e dal popolo si stacca un uomo , un servo , che sale tanto da arrivar fino a lei . Questo raffronto non è senza ragione : non se n ' abbia a male il mio amico Renier , ma l ' idea prima di questo romanzo sperimentale è romantica . Proprio così . Nella maggior parte dei romanzi di Zola c ' è il mostro che divora l ' uomo . C ' è un ' azione meccanica o una macchina che prende gli uomini e li assorbe , costituendone e crescendone la propria azione , o adoperandoli come ordigni . La piena trascinatrice o la macchina : nel corso dei fatti umani , Zola non intende , non vede , non riproduce altro . Ora questo male posa sopra una concezione debole e falsa del mondo , non solo umano , ma organico ; da una concezione di quel mondo puramente e rudimentalmente meccanica . Nella Conquête de Plassans , per esempio , è l ' invasione clericale bonapartista che si ripercuote in una famiglia ; nella Curée è lo sbrigliamento degli appetiti , lo strepito , delle mascelle di centomila cani affamati che assorda Parigi e lo copre ; nel Ventre de Paris sono i grandi mercati ; nel Pot - Bouille la casa borghese ; nel Bonheur des dames il magazzino titanico . Si vedano i titoli , per esempio : non paia pedanterìa ; in un ' opera d ' immaginazione i titoli rappresentano generalmente l ' immagine nella quale lo scrittore raccoglie tutta la vita dell ' opera . Gli altri novellieri , generalmente , si tengono al nome del protagonista ; se fanno prevalere l ' analisi psicologica , dànno al libro il nome della malattia presa in esame . Zola no : dà il nome della cosa , il nome dell ' azione che domina nel racconto senza contrasto , il nome della macchina trionfatrice . E questo concetto della vita , scientificamente falso , se n ' avveda egli o no , gli si fa sempre più fermo e sicuro . Nel penultimo romanzo , Pot - Bouille , è la casa che vive , non gli uomini . L ' anima della casa viene alle penombra del grande scalone silenzioso , trasfusa dalle grandi porte lucide , dietro le quali s ' intravedono abissi d ' onestà . Letto il romanzo , di quelle donne , di quegli uomini , che cosa rimane ? Nulla . Il frutto è fresco e colorito di fuori : chi lo spacchi e apra a una a una le loggie che chiudono i semi , trova in tutte una famiglia di vermi . Tutto il romanzo dà l ' impressione del brulicame d ' una gran verminaia , d ' un rosichío senza posa di boccucce nere . Così nel Bonheur des dames . La vita è lontana , molto lontana , da tutti quei piccoli commercianti , da tutti quei commessi senza numero , code di rondine che si muovono , da tutte quelle venditrici , abiti di seta ripieni . Non è neppure in Dionisia , neppure in Mouret . Dionisia non è veduta , è voluta ; Mouret è una personificazione . Ciascuno di questi uomini sacrifica la sua animuccia primitiva alla grande anima del magazzino : son ordigni , non uomini , ed entrano tutti nel moto della gran macchina : le loro voci muoiono ; il rombo assordante del grande arnese le assorbe . Ora questa , come costruzione fantastica potrà anche piacere , potrà anche esser bella : anche questa è mitologia ; mitologia che non oltrepassa la concezione meccanica , che non arriva alla concezione umana , frutto insomma di mente ristretta : ma non importa ; come ogni mitologia , è discutibile ed accettabile . Non ci si domandi però se lì noi troviamo riprodotta la vita : risponderemmo di no . Non ci si domandi se lì noi troviamo arte vera ; risponderemmo di no . Che i novellieri ci diano gli uomini vivi , e noi nelle sue novelle troveremo la vita ; che li facciano immortali con gli uomini , e ci troveremo l ' arte . Il rombo ci darà la voce d ' un alveare ; a darci la voce degli uomini , non basta : per questo , bisogna ch ' essi parlino , bisogna che si mostrino e operino nel dramma . Qui lo svolgimento del dramma è impedito e soffocato dallo strepito disarmonico dell ' orchestra .
LUIGI CAPUANA ( SCARFOGLIO EDOARDO , 1883 )
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Luigi Capuana è un vecchio giovine , o , se vi piace meglio , un giovine vecchio ; e a chi lo conosca pel complesso della sua molta attività di novellatore e di critico , fa una strana maraviglia lo spettacolo di quella bella maturità vigorosa improntata nella testa calva e nel poco pelame bianco . La sua persona inclinante sensibilmente alla pinguedine parrebbe in punto di precipitare nella vecchiaia adiposa e sonnacchiosa ; ma sotto quell ' apparenza senile si sente la forza del sistema muscolare nel pieno rigoglio dello sviluppo organico , e dagli occhietti grigi balena la gioventù dello spirito . Luigi Capuana è giunto , ora alla perfezione della sua costituzione fisica e mentale : vi è giunto col sacrifizio dei suoi capelli e della barba . È colpa del pelo , morto troppo presto , o del Capuana , maturato con troppa lentezza ? Io non ho mai veduto la sua fede di nascita , e non credo che lo stato civile sia un utile elemento di critica . Certo questo singolare scrittore sta ora nel sommo della sua curva , e le ultime opere del suo intelletto hanno la franchezza robusta della virilità piena . Non piccolo segno questo di serietà e di forte tempra artistica in un paese ove da vent ' anni in qua i novellatori vanno innanzi con le bende sugli occhi , deviando e tentennando , senza sapere quello che si vogliono , né quel che si facciano , senz ' altro pensiero che di una faticosa e vana produzione di materia grezza , pubblicando ad un tempo un libro ove qualche barlume d ' arte trapela e un altro che non è se non lo sforzo della più abietta e più miserabile necessità industriale . Il Capuana non ha avuto mai sdrucciolamenti , né pencolamenti , né pentimenti ; ma un pensiero solo , anzi un solo caldissimo e purissimo sentimento di religioso amore per l ' arte lo ha tratto sempre più in alto , dalle prime prove , romantiche tuttavia e mal sicure , dei Ritratti di donna e di Giacinta , alle opere quasi perfette di C ' era una volta e di Homo . Il Capuana ha avuto una maturità lenta e faticosa . A lui non concessero i numi una materia cerebrale spumante per la fermentazione precoce , ed effervescente in una bella fumata di vario colore , graziosa e leziosa e capziosa al contrasto dei raggi solari , né volle il divo Apolline assentirgli quel facile e prezioso talento di assimilazione , pel quale tanti cervellini mascolini e femminili assorbono tanto materiale d ' importazione francese , e con poca fatica di ruminamento lo rivomitano maldigerito e sporco ancora dei colori repubblicani . Egli è giunto all ' altezza presente non senza molto sforzo della volontà e una assai pertinace tensione di tutta la sua attività vitale . Non si è ritrovato sbalestrato in alto per un capriccio della fortuna o del favor popolare ; ma ci è giunto per proposito deliberato , arrampicandosi . Per questo , mentre gli altri che pur non sono rimasti in terra , si guardano intorno sbigottiti per l ' altezza e già colti dalla vertigine , egli sta sicuro e spazia intorno tranquillamente , poiché sa il terreno , e la via fatta , e quella che ancora resta a fare . Guardatelo nella vita privata . Non cerca i convegni , ove tra il fumo dei cattivi sigari , nel cemento dell ' adulazione reciproca , si gettano e si ribadiscono le reputazioni traballanti . Egli vive solitario , o esercitando quell ' attività non usurpata dall ' arte a benefizio del comune , della patria Mineo , o a Roma , tra pochi amici non investiti di nessuna potestà sacerdotale e non turiferarii , né torcieri , né vessilliferi . Egli studia e lavora , e fuma sigarette tranquillamente , estraneo al rimescolìo delle mediocrità impazienti nell ' ambizione , gittando senza strepiti e senza spavalderie una base veramente solida al futuro romanzamento italiano . Per le quali cose , il Capuana non può essere giudicato equamente da un libro solo ; ma è necessario seguirlo a traverso tutta la sua attività critica e risalire tutta la curva della sua ascensione narrativa per abbracciare l ' efficace opera di ammaestramento e di moralizzamento ch ' egli ha fatto e va tuttavia facendo nell ' arte del novellatore . Egli è stato dei primi a gittar le grida contro l ' empirismo dell ' arte costituzionale ; e , venuto di Sicilia rozzo ancora e immaturo , e in molta parte impreparato e ineducato , si gittò a combattere a mezza spada con quei brillanti spiriti , che tra l ' accasermamento italiano in Firenze andavano rivendendo a buon mercato le scolature del Figaro , che nella rocca di Milano abbandonata dal Manzoni nelle mani dei Farisei costruivano teoriche estetiche ed etiche tra le piramidi del Gorgonzola e le cataste dello Stracchino . In una prefazione che il buon Leopoldo Marenco pose innanzi a certa sua commedia , si domanda al lettore con un tono tra di maraviglia dispettosa e di compassione stizzosa se conoscono un certo Capuana che osa dir male di lui , Leopoldo Marenco , grande ciambellano della pastorelleria comica e del lattime teatrale e conferitore patentato di speroni d ' oro in cartone dipinto a tutti gli attori giovani del felice regno d ' Italia . E si seccavano , a Firenze e a Milano , di questo barbuto nero che veniva a intorbidare la soave persuasione del rinascimento spirituale crescente all ' ombra del gran caprifico della Costituzione ; poiché temevano una novità nella loro arte da rigattieri peggio d ' una riforma dello Statuto , e un pungiglione critico più che tutti gli assilli repubblicani . Leone Fortis lo guardò come il cane della favola quando si vide insidiato il mucchio della paglia , e Paolo Ferrari sudò freddo pel tremito e per l ' orrore vedendo la prima volta quella barba siciliana . Tutti così , questi robivecchi provveditori di materiale scenico e di bambagia gazzettiera ! Non hanno nemmeno la virtù della resistenza ; ma si oppongono col peso della loro inerzia , e brontolano , percossi dalla paura e dallo stupore . Così , quando Paolo Ferrari vide nelle vetrine dei librai milanesi il libretto di Luigi Lodi consacrato a lui , si voltò a Leone Fortis con un ' aria d ' uomo infastidito , dicendo : Sarà uno dei soliti adulatori . Ma come ne ebbe letto due pagine , la faccia gli diventò verde , e le braccia gli cascarono lungo i fianchi , e il libro cadde per terra . E pure , in questo ambiente lombardo riescì il Capuana a piantare una incudine ; e battendo , battendo , battendo , e sempre più liberando se stesso dalle scorie , fu il primo e più efficace predicatore dei canoni naturalisti ; e certamente giovò assai a fermare sull ' orlo del precipizio il suo compatriota Giovanni Verga , che da principio cedeva troppo volentieri alle furie del suo intelletto caldissimo . Il Verga giova anch ' esso non poco a porre in miglior luce il Capuana ; poiché quel siciliano lombardizzato e incivilito , dopo aver gittato molto calore della fantasia e molto fremito nervoso ad aliare un alito afrodisiaco in certa bambagina avviluppata intorno ad esili scheletri narrativi , dopo aver buttato le ultime scorie romantiche in certi strani compiacimenti di lascivia idilliaca , pareva che dovesse morire di spinite mentale ; quando , inaspettatamente , ricomparve rinnovato , riapparve in forma d ' un uomo maturo e del più serio fra i nostri artisti leggieri . E la gente , maravigliando , se bene i Malavoglia seccassero alquanto i lettori , lo contrappose ai naturalisti francesi ; e lo vide sempre più ascendere sino alla gloria delle Novelle rusticane , gridando quasi al miracolo . E nessuno pensò che forse una buona parte del miracolo si doveva a quel singolare martellatore di Luigi Capuana , il quale , dopo aver predicato il vangelo naturalista , aveva dedicato ad Emilio Zola un romanzo , il primo romanzo sperimentale e veramente serio stampato in Italia dopo il Manzoni . La grande fortuna di Zola in Italia procede segnatamente dal Capuana ; il quale , mentre i capelli cadevano e andavano sempre più brizzolandosi , studiava la letteratura contemporanea in Italia e in Francia con più di serietà , che non i farfallini fanfulleggianti che camparono quindici anni sul panciotto rosso di Teofilo Gautier e sulle bricciche di Alfonso Karr . Di più egli ebbe una fortunata intuizione ; una di quelle intuizioni che non possono lampeggiare se non in un intelletto veramente materiato d ' arte . Intese tutto il beneficio che potrebbe venire all ' arte narrativa dallo studio del materiale popolaresco ; e con tanto amore studiò e si compenetrò delle forme e dello spirito dell ' arte del popolo che nel 1879 , pubblicando le poesie siciliane di Paolo Maura poté aggiungervene in fine due che paiono affatto simili alle popolari , che ha potuto nell ' autunno scorso pubblicare un libro di fiabe , le quali , come già ho avuto occasione di dire , a me paiono una cosa perfetta . E nel nuovo volume di novelle intitolato Homo ! che certamente con le Rusticane del Verga è il migliore libro narrativo pubblicato in Italia dopo i Promessi Sposi , l ' utilità degli studi di letteratura popolare appare evidente . Per esempio , una delle novelle , Comparatico , che io senza esitare giudico meravigliosa , è tale da stare gloriosamente anche nel Decamerone o tra le più perfette cose di Balzac , è un rifacimento in prosa italiana d ' una storia in poesia siciliana che il Capuana , con una straordinaria imitazione dello stile e dell ' andamento popolaresco scrisse , nel 1868 , e presentò al Vigo , che , senza punto avvedersi dell ' inganno , la stampò nella sua Raccolta amplissima di canti popolari siciliani . Confrontino i lettori la novella e la storia , e leggano gli altri racconti di questo volume così maschiamente palpitante di umanità , così vivo , così forte , così originale ; e mi sappiano dire se ho avuto torto io di collocare il Capuana sopra tutti quanti gli altri romanzatori d ' Italia .
StampaPeriodica ,
Un arguto e gentile scrittore di questo giornale due settimane fa mi domandava : « Fa il piacere , lei , d ' insegnarmi che cosa è un poeta porco ? di darmi i segni caratteristici , o , alla maniera che dicono gli impiegati di polizia , i connotati del poeta porco ? » E soggiungeva : « Se si parla del Casti o del Batacchi , quell ' aggettivo viene spontaneo sulle labbra anche a me ; ma quando siamo in presenza di un artista , il quale crede mostrare serenamente le qualità del suo ingegno , del suo gusto e del suo stile , quando stiamo a sentire un periodo o una strofa magnifica di proprietà , di fantasimi e di armonia , ecc . , ecc . , come faremo e in che modo dovremo fare per sapere quando comincia la porcheria ? » ecc . , ecc . Poi , più giù , detto come il poeta da me chiamato porco era Gabriele D ' Annunzio , e il libro pel quale io lo avevo chiamato porco l ' Intermezzo di rime , assicurava i lettori di aver cercato pagina per pagina , da verso a verso , entro l ' elegante volumetto , e di non aver trovato nulla , proprio nulla , né di porco né di sporco . Queste parole io me le sono dovute rileggere più volte per convincermi che c ' era proprio scritto quello che ci leggevo . E quando mi sono convinto , ho detto fra me : Che giova dare al mio egregio contradittore le spiegazioni ch ' egli mi chiede ? che giova cercare di fargli intendere che cosa sono la decenza e la moralità nell ' arte ? che giova dargli i segni caratteristici del poeta porco ; se , quando io glie li avrò dati , lui , facendomi una risata sul viso , mi risponderà : « To ' , ma questo è il poeta che io chiamo verecondo ? » Posta in questi , che sono i veri suoi termini , la questione è bell ' e finita . Non resta che citare i versi pei quali io chiamo inverecondo il poeta che al mio contradittore pare verecondo , e rimettersi al giudizio delle poche persone culte e serie che , come il mio contradittore dice , sono tuttavia in Italia . Apriamo dunque l ' Intermezzo di rime , apriamolo , non precisamente dove l ' aprì il mio contradittore , e citiamo : Noi ci fermammo . A noi sovra il capo il fulgore piovea placido e fresco ; ne le carni un languore novo metteane , quasi penetrasse la cute ammollendo le vene . Ora un desìo di acute voluttà mi pungeva , innanzi a quella bianca vergine inconsapevole Io sono tanto stanca ella disse , piegando ne la persona ... Oh come si scoperse la gola tra l ' onda de le chiome e le iridi si persero , fiori ne ' l latte , in fondo a ' l cerchio de le pàlpebre ! Oh come il sen rotondo sgorgò fuor de la tunica ! Io mi sentii su li occhi scendere un denso velo ; e le caddi ai ginocchi Adagio a ' ma ' passi . Certi dibattimenti nei tribunali si fanno a porte chiuse ; e qui non c ' è porte da chiudere ; qui siamo in piazza . No , io non andrò innanzi nella citazione ; io debbo rispetto ai miei lettori ed a me ; io non debbo contaminare di citazioni immonde l ' onesta mia prosa . Ma a tutto c ' è il suo rimedio : sèguiti la citazione il mio contradittore ; lui , al quale paiono verecondi versi ch ' io debbo per verecondia tacere , non può averci difficoltà ; séguiti dunque a citare fino a tutta la pagina 34; citi , se non gli basta , qualche ottava della Venere d ' acqua dolce , fermandosi specialmente alla pagina 65 : e , terminate le citazioni , ripeta in cospetto delle poche persone culte e serie che ci sono tuttavia in Italia la sua affermazione , che cioè entro l ' elegante volumetto egli non ha trovato niente né di porco né di sporco ; la ripeta , e ripeta poi la domanda : « Che sia io il poco pulito animale ? » Quando le poche persone culte e serie che sono tuttavia in Italia gli avranno risposto , mi faccia poi sapere la risposta ; con la quale rimarrà completamente esaurita e risolta , senza disputa nessuna , la nostra questione . Ma no , veda , mio bravo signor Lodi , nei versi del D ' Annunzio che io ho stigmatizzati non è questione di nudità , com ' Ella sembrò credere , o volle forse far credere . Il sonetto che Ella riporta , come uno dei più nudi e dei meno belli ( anche a me piace assai poco ) , non mi dà molta noia : ciò che nei versi del D ' Annunzio mi dà noia , ciò che fece traboccare il mio sdegno , ora , dopo quelle citazioni , lo avrà , spero , capito anche Lei : caso mai non lo avesse capito bene , ci torneremo sopra . Il nudo , quando è fuso in bronzo , o scolpito in marmo , mi dà tanto poca noia , che io non solo non pensai a scandalizzarmi , com ' Ella nota , davanti al Nettuno del Giambologna , ma non ci pensai nemmeno nelle gallerie di Firenze e di Roma , e nel museo di Napoli , dove del nudo , come Lei sa , ce n ' è da cavarsene la voglia . Veda , però , proprio al museo di Napoli , che ebbi la fortuna di visitare parecchi anni sono in compagnia di un illustre personaggio , il senatore Fiorelli che ci accompagnava , dopo che avemmo veduto tutto , trasse fuori da una stanza , chiusa al pubblico , un piccolo gruppo , dinanzi al quale io restai meravigliato : poche opere d ' arte avevo vedute di tanta perfezione . « Oh perché dirà Lei se quel gruppo è tanto bello , lo tengono chiuso ? » E veda , rispondo io , quel gruppo è molto meno nudo delle altre statue , perché rappresenta una capra , che , come Lei sa , non ha bisogno , per vestirsi , d ' incomodare la sarta , e un satiro , che per buona parte del corpo è vestito anche lui , vestito di un abito non confezionato a Parigi , ma insomma vestito . E veda ancora : né il satiro né la capra non mostrano nessuna di quelle parti per le quali fu inventata la foglia di fico . « Oh dunque ? » Ecco : il satiro però e la capra stanno fra loro in una certa posizione , fanno fra loro una certa faccenda , naturali l ' una e l ' altra fra maschio e femmina , ma che tuttavia le leggi e le usanze della nostra civiltà non vogliono , per molte buone ragioni , che sieno esposte né fatte , vuoi realmente , vuoi per rappresentazione artistica , sotto gli occhi del pubblico . Qui , vede , proprio qui , mio bravo signor Lodi , sta il punto delicato e culminante della questione : qui , proprio qui , comincia , anzi è cominciata , e ci siamo proprio in mezzo , la porcheria dell ' artista che crede mostrare serenamente le qualità del suo ingegno , del suo gusto e del suo stile ; qui , proprio qui , io potrei cominciare a darle ( se oramai non fosse inutile ) i connotati del poeta porco . Io non sono mica un impiegato di polizia , che non sappia il suo mestiere : lo so almeno tanto bene , quanto sanno il loro gl ' impiegati , diremo così , di pornografia . Mi permetta , mio bravo signor Lodi , Lei che ha fatto tante domande a me , che ne faccia una io a Lei . Ecco : dica , Le piacerebbe , Le parrebbe innocuo , decente , morale , che quel mirabile gruppo della capra e del satiro , riprodotto in terra cotta od in bronzo , stèsse esposto nelle vetrine del Janetti , a Roma , a Torino , a Firenze , dove fanciulli , giovinetti e ragazze potessero liberamente ammirarlo ? Mi risponda schietto e franco , dimenticando , se è possibile , la cattiva causa e il cattivo poeta che ha preso a difendere ; mi risponda come farebbe a caso vergine , dopo avere interrogato soltanto la sua educazione e i suoi sentimenti di cittadino onesto , che desidera alla patria una generazione d ' uomini sani e forti di corpo e di mente , non isfiaccolati e stupiditi dalla venere terrena e solitaria . Se Lei mi risponde , come credo , di no ( e me lo fanno credere i nobili sensi e il forte amor patrio pei quali mi piacquero parecchi suoi articoli del Don Chisciotte ) , Lei deve anche , per inesorabile necessità di logica , convenire che è tutt ' altro che innocua , decente e morale la esposizione che il D ' Annunzio ha fatto de ' suoi erotismi nell ' Intermezzo di rime . Andiamo , via : descrivere tutte le particolarità più lascive che precedono accompagnano e seguono il congresso amoroso di un giovinotto con una signorina che gentilmente si presta , questo Lei lo chiama malinconie profonde , amori ardenti e nudità candide , nobilmente umane , che non hanno mai offeso la verecondia di alcuno ? Andiamo , via ; queste cose non si dicono nemmeno per ridere : se non sapessi che Lei è uno scrittore onesto e gentile , quasi quasi crederei che , scrivendole , avesse voluto farsi beffe de ' suoi lettori e di me . Lei finge di non capire la cagione del mio sdegno per il richiamo a Virgilio . Ma come ! Sentirsi nelle membra i fremiti della libidine per il ricordo di una avventura amorosa , prendere cotesti fremiti per ispirazione poetica , e apostrofare il gentile poeta mantovano : olà , dammi tu la tua arte , sì ch ' io racconti ai bravi giovinetti italiani , ammiratori dei miei versi e frequentatori dei postriboli , come qualmente io mi presi diletto della bianca vergine inconsapevole ( fra parentesi le raccomando quella po ' po ' d ' inconsapevolezza … .. come ! far questo non è per Lei un profanare l ' arte e Virgilio ? Mi scusi , ma non Le credo : e da Lei difensore di una causa spallata m ' appello a Lei scrivente senza nessuna causa da difendere . « Ma se il grande Mantovano , dice Lei , invitava sotto l ' ombre compiacenti dei faggi i giovanetti pastori , perché non potrà il D ' Annunzio chiamare nel silenzio odoroso d ' un bosco una fanciulla innamorata ? » Non confondiamo : io non ho mai negato al D ' Annunzio il diritto di chiamare nel silenzio odoroso dei boschi quante fanciulle gli pare ; gli ho solamente negato ( che è cosa molto diversa ) il diritto di raccontare in poesia quel che va a fare con loro , quando va a far cose che non si ridicono fra la gente per bene . Certi amori , abbominevoli per noi , non avevano niente di turpe per gli antichi greci e romani . Anche di ciò va tenuto conto . Tuttavia io non mi ricordo che nelle ecloghe di Virgilio ci sia nulla che faccia arrossire una persona beneducata . Veda : se il D ' Annunzio , invece di descrivere i carnosi fiori del petto di Yella , drizzantisi al lascivo tentare delle sue dita , si fosse contentato , come il pastore Coridone apostrofante il formoso Alessi , di sfogare gli ardori suoi parlando di pecore e di capretti , di noci e di corbezzole , di latte e di cacio fresco ; o se , magari , si fosse messo a sedere sull ' erba , lui da una parte e la sua Yella dall ' altra , e lì , Arcades ambo Et cantare pares et respondere parati , avessero intonato un duetto a uso Coridone e Tirsi ( il D ' Annunzio , secondo me , sarebbe stato meglio in carattere ) ; io , veda , invece di rinfrescare queste che Lei chiama anticaglie polemiche , e mettere Lei nell ' impaccio di domandarmi i connotati del poeta porco , sarei stato zitto zitto a sentire , facendo molto volentieri la parte di Melibeo . Mi spiego ? La questione non è del fatto amoroso , ma della parte di esso che si racconta , e del modo come si racconta . Pare a Lei che in ciò siavi nessun punto di contatto fra le ecloghe di Virgilio e il Peccato di maggio e la Venere d ' acqua dolce ? Chiedo perdono agli ammiratori del poeta latino della sacrilega domanda a cui la discussione m ' ha condotto . Io diceva dunque che nei versi del D ' Annunzio non è questione di nudità , e che della nudità sola io non sono molto facile a scandalizzarmi . Mi pare d ' aver dimostrato e chiarito tanto quanto quel ch ' io diceva : tuttavia , se il signor Lodi permette , mi proverò a chiarirlo anche meglio . Aggiungo che , quando la rappresentazione del modo non è fatta a sfogo ed eccitamento di sensualità ( che subito si conosce ) , io non me ne scandalizzo niente affatto ; come non mi scandalizzo niente affatto se prosatori e poeti nominano a tempo e luogo , senza reticenze vigliacche , senza impiastricciamenti ipocriti di circonlocuzioni e di metafore , cose e parole che fanno arricciare il naso alle schifiltose damine . Quando il Carducci mandò al Fanfulla della Domenica la poesia A proposito del processo Fadda , una certa strofe diceva : Poi se un puttin di bronzo avvien che mostri Un po ' di pipi al sole , Protesterete con furor d ' inchiostri , Con fulmin di parole . Il Martini , allora direttore del giornale , pregò con un telegramma il Carducci di levare quel pipi , che avrebbe , si capiva , offeso la verecondia delle schifiltose damine , le quali , si può giurare , non si offendono oggi , e non si sarebbero offese allora , delle nudità candide nobilmente umane , come dice Lei , del D ' Annunzio . Io son fatto d ' una pasta molto diversa , e molto più rozza , s ' intende ; io non mi scandalizzai niente affatto di quel pipi ; e al Carducci che me ne domandava , risposi : oh lascialo stare ! Ma il Carducci lo levò , perché non metteva il conto di scontentare per così poco il Martini , il quale dal suo punto di vista aveva centomila ragioni . Intende Lei , signor Lodi , perché io , che non mi scandalizzai di quel pipi , che , senza turarmi il naso , leggo in Dante la parola merda , che non mi scandalizzo al resupina jacens , con quel che segue , di Giovenale , chiamo , peggio che indecenti , oscene e corruttrici certe poesie del D ' Annunzio ? Se non lo intende ancora , cercherò di farglielo intendere con un esempio . E giacché ho nominato Giovenale , pigliamo l ' esempio da lui . Giovenale dunque e il D ' Annunzio ( chieggo perdono di mettere accanto questi due nomi ) descrivono entrambi il petto ignudo d ' una donna . Tunc nuda papillis prostitit auratis , dice con le parole proprie il grande poeta latino , parlando di Messalina : il piccolo poeta italiano , parlando di Yella , dice , come vedemmo , con una similitudine barocca , che le punte del suo petto si dirizzavano , come carnosi fiori , ecc . La rappresentazione del poeta latino per me è moralissima ; quella dell ' italiano è immorale : per le damine , la cui verecondia sarebbe stata offesa da quel po ' di pipi del puttino di bronzo , deve , io credo , essere perfettamente il contrario . Lei , signor Lodi , dica , da qual parte si mette ? Da qualunque parte si metta , non Le farò il torto di spiegarle la differenza che passa fra il fatto del poeta latino e quello dell ' italiano . A Lei parve di cogliermi in contradizione perché io , denunziante al procuratore del re e della questura la poesia del D ' Annunzio , non denunziai anche quella di altri poeti ai quali dissi mancare il senso della verecondia . Anzi , nota Lei « ch ' io promisi di tradurre le Odi amatorie d ' Orazio » ; e noto che io tradussi parecchie poesie del Heine , poeti ambedue non verecondi . Scrissi anche , è vero , com ' Ella ricorda , che « la verecondia non entra per nulla nel merito artistico di un poeta e dell ' opera sua ; che il difetto della verecondia nel Byron , nel De Musset , nel Heine , fu parte della loro sincerità ; e che perciò essi rimangono grandi poeti , e la storia del loro cuore c ' interessa . » Dalle quali mie parole Ella si fa strada a domandare : « Se interessa ai critici di ricercare come i poeti morti sentirono l ' amore , perché sarà negato ai poeti vivi di raccontarcelo essi stessi ? » Adagio un po ' . Qui bisogna distinguere : i poeti morti son morti , e i vivi son vivi : i morti non si può fare che non sieno stati ciò che furono : ai vivi , se non ci pare che siano quel che vorremmo , abbiamo il diritto , e in certi casi il dovere , di dirlo . La sincerità è una bella cosa ; l ' amo anch ' io , non solo nei poeti , come fu notato da Lei , ma in tutti gli uomini ; sotto certe condizioni però . Se io , puta caso , conoscessi un giovinetto dedito all ' ubriachezza , o al rubare , o allo scrivere cose oscene ( io qui considero lo scrivere non come opera d ' arte , ma come un ' altra azione umana qualunque , onesta o disonesta ) , io non mi sentirei mica di dirgli : figliuolo mio , bisogna esser sinceri , fa ' quello a che ti porta la tua natura , cioè séguita ad ubriacarti , o a rubare , o a scrivere cose oscene , gli direi piuttosto : quel che tu fai è male , cerca di correggerti . Io , critico , studio tutti i fatti e i sentimenti umani rappresentati dalla parola , così la magnanimità di Dante e del Petrarca come le infamie dell ' Aretino ; ma io , uomo , desidero ai tempi miei ( poiché desiderarlo ai passati non giova ) dei poeti che si rassomiglino piuttosto agli amanti di Beatrice e di Laura che all ' autore dei sonetti illustranti le tavole di Giulio Romano . Ho detto che bisogna distinguere : e distinguo anche ( oh come distinguo ! ) fra i grandi poeti che dissi mancare di verecondia e il D ' Annunzio . E noto che , quando accennai questo difetto in essi della verecondia , lo chiamai difetto , non pregio . In Orazio , nel Heine e nel Byron , quel che c ' è di men verecondo sono quasi sempre accenni fugaci , cui spesso scusa od attenua lo scherzo o la satira ; e non hanno perciò nel lettore anche giovane alcuna trista , efficacia : in ogni modo quelli accenni rimangono come piccole macchie in grandi opere , i cui intendimenti sono spesso nobili ed alti , non mai corruttori ; mentre nelle poesie del D ' Annunzio di cui ci occupiamo , l ' argomento principale , lo scopo unico di tutta l ' arte , di tutto il lavoro dello scrittore , è la pittura della sensualità nelle sue manifestazioni più basse . Tutto quel che c ' è nel Peccato di maggio , è preparazione , è frangia e cornice della descrizione dal fatto erotico ; son pennellate di colori accesi messe nei fondo del quadro per dare risalto agli sdilinquimenti afrodisiaci della coppia in amore . Quanto al De Musset , non l ' ho nominato con gli altri , perché lui ha veramente la gran colpa di essere un po ' il babbo di tutta questa poesia del senso , che , oltre farci schifo e dispetto , ci secca maledettamente con la monotonia dei suoi fantasmi , dei suoi suoni , dei suoi colori . Il linguaggio di essa sta tutto in dieci paginette del vocabolario ; il cielo nel quale spazia servirebbe egregiamente di sfondo al palcoscenico di un teatrino di marionette . Ma almeno nel De Musset , oltre i fremiti e gli spasimi del senso , c ' è anche il sentimento ed il pensiero , che mancano affatto nei nostri poetini sensualisti . E ' mi fanno l ' effetto di giovani scostumati che , avendo qualche suono musicale negli orecchi , e qualche diecina di aggettivi luccicanti nella memoria , ma niente nel cervello e nel cuore , mettono in versi le loro porcherie e credono fare della poesia . Io inchino molto a credere che questa brutta fioritura di poesia sensualistica sia indizio , non solo di decadenza morale e letteraria come fu sempre , ma fisica . Un medico e scienziato amico mio mi faceva osservare che uno dei segni più certi e costanti di rammollimento cerebrale negli infelici che ne sono minacciati è il mostrare le parti pudende . Parlando della poesia sensualistica del D ' Annunzio , io non ho voluto affatto entrare nel merito letterario di essa e nella questione dell ' arte ; io l ' ho , come dissi , considerata semplicemente come un ' azione umana , secondo i criteri dell ' onesto e del disonesto . Ciò deve apparire evidente in questa mia chiacchierata ; ma mi piace dichiararlo esplicitamente e richiamarci sopra l ' attenzione del mio gentile contradittore ; perché , caso mai gli saltasse in testa di rispondermi , e ' dovrebbe non uscire dal campo morale , e sforzarsi di mostrarmi , solamente in quello , non dico l ' onestà , ma la non disonestà del Peccato di maggio e della Venere d ' acqua dolce . Quanto al merito letterario di queste e delle altre poesie del D ' Annunzio , i lettori si saranno accorti ch ' io sono molte miglia lontano dagli apprezzamenti e dal giudizio del mio bravo signor Lodi : ma , quando anche lui avesse ragione ed io torto , ciò non farebbe nulla alla presente questione . Le due poesie del D ' Annunzio potrebbero , come opera d ' arte , essere perfette quanto il gruppo della capra e del satiro ; resterebbero sempre , secondo me , due azioni disoneste . L ' arte e la poesia furono sempre uno dei più costanti affetti , una delle più care consolazioni della mia vita ; ma se dovessero condurmi ad amare , o anche solamente a scusare e tollerare la disonestà , preferirei diventare analfabeta .
OTTO EBREI ( DEBENEDETTI GIACOMO , 1944 )
Miscellanea ,
1 . - - LA CORVETTA « CLAYMORE » Roma , 24 marzo 1944 . Si sta manipolando la cosiddetta « prima lista » per le Fosse Ardeatine . I tedeschi , per conto loro , hanno già prelevato dieci ostaggi . « Dissi a Carretta di cancellare dieci nomi . In fondo c ' erano i nomi di otto ebrei . Abbiamo pensato che fossero stati aggiunti all ' ultima ora per completare il numero di 50 . Così Carretta li ha cancellati insieme con altri due nomi scelti a caso » . In questi termini , secondo i resoconti dei giornali , si sarebbe espresso , davanti all ' Alta Corte di Giustizia per la punizione di reati fascisti , il signor Raffaele Alianello , commissario di Pubblica Sicurezza , appositamente « distaccato » da un campo di concentramento , perché venisse a deporre come teste al processo Caruso . È noto che il cervello degli sbirri obbedisce a meccanismi molto elementari . Nell ' esercizio delle proprie funzioni , e soprattutto agli occhi delle vittime , lo sbirro può anche apparire diabolicamente ingegnoso , penetrativo , psicologo . Che guizzi di spiritata fantasia , quali sataniche escogitazioni , che prontezza e perspicacia di lettore d ' anime , di radiologo delle coscienze , che bravura di commediante consumato nel passare dal patetico al sardonico , dalla bonarietà accorata e paterna alla glaciale ferocia . Senonché questa specie di nefasta intelligenza non gli appartiene in proprio , anzi gli proviene da una doppia delega . Una delega , per così dire , dal basso : nel senso che la vittima , ridotta allo stato di passività , proietta sull ' aguzzino la propria intelligenza imbavagliata , e a lui la attribuisce ; è la psicosi della vittima , che prende corpo nella figura dello sbirro e le regala tutte le proprie fantasie morbose , le figurazioni dei propri incubi , le sottigliezze delle proprie apprensioni . E una delega dall ' alto : nel senso che quell ' intelligenza , da cui lo sbirro si sente soggettivamente animato , non è che una investitura scesagli per li rami da un qualsiasi irraggiungibile « Lui » . Di Lui si osa appena accennare con un gesto sornione del pollice , che indica dietro le spalle verso l ' alto ; si osa appena sussurrarne il nome . Lo sbirro crede e si appoggia ai propri capi , i quali alla loro volta credono e si appoggiano ai propri capi , e così di seguito fino al Capo . E questo Re della Camera Oscura , questo Dottor Mabuse , facendo perdere lungo la trafila l ' esatta nozione di sé , si lascia supporre pressoché onnipotente , impunibile quant ' è impunito , e capace di procurare l ' impunità . « Questa è l ' arte di non farsi conoscere » riflette il tiranno Oloferne , nella Giuditta di Hebbel « di restare sempre un mistero » . Ed è la grande regola per fondare le tirannidi e il terrore . La cosa si è vista bene in Germania , quando i nazisti si impossessarono del paese . I gregari ripetevano la loro energia e ogni altra risorsa dai gerarchi , i quali la ripetevano da Hitler , il quale parlava di un arcano cassetto , dove teneva chiuso un piano economico ­ sociale per la rigenerazione del Reich . Rauschning ci ha rivelato che quel cassetto era vuoto . Alla base di ogni tirannide , o terrore , c ' è quel cassetto vuoto . L ' apparente intelligenza e capacità degli esecutori - - perspicacia di poliziotti o audacia di militi - - dipendono dalla fede in quel cassetto . Aperto il cassetto e trovatolo vuoto , anche Alianello è ricaduto nella originaria semplicità . E probabilmente avrà ragionato : « Non solo i signori dell ' Alta Corte e i pochi invitati seguono il processo del mio ex ­ capo Caruso , ma l ' opinione pubblica di tutta Italia e , in certo senso , di tutto il mondo . Quanti occhi abbiamo addosso . E il guaio è che in questi giorni gli affari vanno male : oggi è il campo di concentramento , e domani chi sa . Forza , cerchiamo di renderci benevoli tutti questi occhi , di impressionarli favorevolmente . Un ' occasione come questa è difficile che si ripeta : qui però bisogna far centro al pruno colpo , non c ' è tempo da perdere . Occorre dar subito , dare abilmente , tra le righe , la prova provata , palmare che , mentre i cattivi collaboravano coi « nazifascisti » , noi eravamo invece tra i buoni . Ma il problema , in fondo , è semplice . Quello che ieri era nero oggi è diventato bianco , e viceversa . Qual era , sul cartellino segnaletico del fascismo , il connotato più caratteristico ? Quali le impronte digitali del fascismo ? Diamine , la persecuzione degli ebrei . Quale , di conseguenza , il più incontrovertibile connotato dell ' antifascismo ? - - La protezione degli ebrei . I fascisti , quando comandavano loro , deploravano : peggio , punivano il pietismo verso gli ebrei . Mostriamo di essere stati pietisti , di avere avuto questo coraggio , e risulteremo senz ' altro iscritti , iscritti d ' ufficio , senz ' ombra di contestazione , nei ranghi dell ' antifascismo . Dai , giovinotto , attaccati agli ebrei , tutto fa brodo , anche la carne sbattezzata . Fai vedere di aver derivato a favore degli ebrei il cavo preferenziale della benevolenza » . Concluso così il suo silenzioso ragionamento , il teste parla . E , giurato di dire la verità , tutta la verità , nient ' altro che la verità , pronuncia queste parole , che giustamente confida siano per diventare memorabili : « Dalla prima lista delle Fosse Ardeatine ho subito , per prima cosa , cassato i nomi di otto ebrei » . Dentro di sé ; Alianello si frega le mani : ha messo , non già al muro , ma spalle al muro , Alta Corte , invitati , opinione pubblica d ' Italia e del mondo intero . Il nembo di sospetti e di prevenzioni che lo fasciava , va ora svaporando , si va ora tingendo di un dolce colore di nube rosata : una di quelle nuvole che somigliano a cigni , o cherubini in volo . Salvare delle vite umane , e delle vite innocenti , è tale atto che nessun errore o debolezza successiva possono infirmarne la bontà . Ma certo la deposizione del teste Alianello nel processo del 20 settembre rifluisce sul gesto del commissario Alianello durante la giornata del 24 marzo , egli si sovrappone in maniera , quanto meno , ambigua . Guardiamola sovrapposizione da una prospettiva di ebrei . Il sentimento che essa suscita è mescolato e complesso . Gli ebrei hanno l ' impressione di trovarsi a bordo della « Claymore » , la corvetta di cui Victor Hugo parla nel romanzo del Novantatre . Un marinaio per negligenza l ' ha messa a repentaglio di naufragio . Con sovrumano valore e disprezzo della propria vita , il marinaio si riscatta , salvala nave . Il marchese di Lantenac lo decora al valore , e poi immediatamente lo fa giustiziare . Ce ne fossero stati , ce ne fossero ancora tanti , degli Alianelli . Fossero stati ancora più numerosi qui a Roma , dove si può dire che . non c ' è casa , non c ' è famiglia ebraica nella quale , tornando dopo questi mesi , non si abbia paura di chiedere notizie dei congiunti più stretti . Già troppe volte ci siamo visti opporre dei visi chiusi , severi , che si vietano qualunque espressione come superflua , come sproporzionata agli avvertimenti : - - Presi , deportati quella mattina del 16 ottobre . Non se ne è saputo più niente . - - Dove ancora , in quel non aver più saputo , c ' è un tentativo di eufemismo pietoso , uno sfiduciato barlume di speranza , che cerca di smentire il presagio , il timore , forse la certezza , più funesti . Ce ne fossero stati degli Alianelli a Varsavia e a Lublino , sulle banchine donde partirono , e partono , i vagoni piombati , furgoni senza più carico umano , ma solo carne da strazio e gemiti e pianto ; nelle città , dove in qualche via signorile e un poco fuori mano , edifici stupidi , sordi , apparentemente senza destinazione , ville dalle persiane chiuse , nascondono nei sotterranei le camere della tortura . Ce ne fossero stati , ce ne fossero ancora , dove ancora il nazismo fa strage . Benedetti gli Alianelli , e sciagurato chi si attentasse di togliere anche una virgola alla gratitudine che si meritano . Il mescolato sentimento degli ebrei , di fronte alle autodifese degli Alianelli , non vuole nemmeno essere ridotto alla normale reazione di chi , senza saperlo e senza mai esservisi prestato , si vede ridotto a una delle due carte , e sia pure a quella favorevole - - alla matta - - del « doppio gioco » . Che è poi una maniera di essere , e di sentirsi , giocati ... Questo doppio gioco , applauditissimo in prima istanza e , come si dice , a botta calda , viene di giorno in giorno più adeguatamente squalificato . Tra l ' altro ha il difetto di volere surrettiziamente reintegrare con tutti gli onori , anzi agghindato di un ' aureola di merito civico , il metodo dell ' ambiguità canagliesca , del contegno bifido e furbastro , del fine ­ giustifica ­ i ­ mezzi . Proprio quando , col Machiavelli di Mussolini , pare a tutti che basti . Il mondo ha finalmente il diritto di sentirsi pulito , mentre gli eroi del doppio gioco si adoperano a fargli ritrovare , alle sue stesse basi , nel suo stesso atto di rinascita , un certo tipo di manovra che non poteva essere inventata se non nel carosello dei corruttori ­ corrotti , dove la parola d ' ordine , l ' emblema era ( chiediamo scusa ) il « far fesso » . Ma tutto questo riguarda ancora il costume in generale , rientra nel comune senso di civismo . Abbiamo detto di voler guardare da una specifica prospettiva ebraica . E scartiamo anche l ' altra ipotesi : che soltanto a un soprassalto del millenario , proverbiale , durocervicato e protervo orgoglio semitico si possa ascrivere il malessere di dovere qualche cosa a un Alianello , di essere trascinati a figurare alla sbarra con lui , testi a discolpa del teste . Da alcuni secoli gli ebrei sono perseguitati da un terribile tipo : tanto più pericoloso perché suscitato da un poeta eccelso , che gli ha infuso il proprio dono di eternità . E in lui ha condensato antiche e nuove accuse della diffidenza antisemita : da quella dell ' omicidio rituale , se così può dirsi , a quella dell ' esosità usuraia e inesorabile . Si tratta del personaggio di Shylock . ( Il Mercante di Venezia venne ripreso , neghi ultimi anni del fascismo , da un astuto capocomico , oggi collaborazionista , per onorare con illustri lusinghe la campagna razziale ) . Facilmente si dimentica che Shylock agisce sotto l ' assillo dell ' amore paterno tradito , dell ' onore e dell ' istinto familiare conculcati . Shylock appare invece come nient ' altro che l ' ebreo , il mercante ebreo , che non sente ragioni ; che pretende , esige , si fa pagare la libbra di carne viva prelevata sul corpo del debitore insolvente . Offesi da questa secolare denunzia , che tutte le ribalte del mondo hanno instancabilmente riproposta al giusto sdegno delle platee , che gli scaffali delle biblioteche di tutto il mondo quotidianamente ridiffondono , quale sentimento possono provare gli ebrei , quando gli tocca di accorgersi che Shylock non è solo un ' ingiuria , ma una soperchieria : che troppe volte accade proprio a loro di essere le vittime di sempre nuove incarnazioni e imprevedute varietà di Shylock ? E ora ; mentre nei paesi liberati risorride per essi la luce , ora che ogni mattina , al risvegliarsi , si domandano se l ' aria che respirano è proprio davvero l ' aria di questo mondo , ecco che un nuovo Shylock viene avanti e , forte del proprio credito , chiede non già un pezzo di carne viva ma una passiva complicità nel dimostrare la purezza , di lui Shylock , e l ' intemerata sua fede antifascista . Avessero la fantasia di scherzare , gli ebrei si domanderebbero : - - Chi è , nel senso ingiurioso della parola , nel senso dell ' esosità , chi è il vero ebreo ? È probabile che il caso Alianello conti solo per quello che vale . Però è un sintomo . E alla sensibilità non ancora rimarginata degli ebrei dice che la campagna razziale non è finita . La persecuzione continua . Sappiamo la risposta : questa è ipersensibilità morbosa , da curarsi ; è pignoleria talmudistica , è gusto corrosivo del paradosso , vecchie malattie giudaiche . Se fosse sensibilità morbosa , cioè segno di mentalità poco socievole , ne chiederemmo scusa . Se possa apparire pignoleria talmudistica , rispondiamo che il pretesto Alianello non è accattato né sofisticato per fatua libidine di casuisti : sarà un pretesto , ma per dire le nostre ragioni , per parlare a suocera e a nuora , a quelli che i fascisti chiamavano « ariani » , e a noi stessi ancora . Che poi sia paradosso , neghiamo , e cercheremo di dimostrarlo . 2 . - - Il Ghetto e l ' Arca di Noè Il caso che si presentava al commissario Alianello e al suo collega era il seguente : una lista di 60 nomi , di cui 10 in soprannumero . Dunque , 10 persone da salvare : da salvare , se così può dirsi , legalmente , a rigore di Diktat , senza lode speciale , ma anche senz ' alea . Quei 60 erano tutti egualmente innocenti . In simili casi si tira a sorte : è la regola di prammatica , subito dopo quella del « prima le donne e i bambini » , in tutti gli incendi , naufragi , alluvioni e altre emergenze del genere . Anche l ' Alianello un giorno è stato bambino : a noi adesso pare impossibile , ma deve avere anche lui ruzzato , giocato sui prati dell ' infanzia . E avrà cantato anche lui , come tutti , la vecchia filastrocca del piccolo naviglio che non potea , non potea più navigar . E sul piccolo naviglio allor si gioca alla più corta paglia , per scegliere chi sopravviverà . Non se ne è ricordato nel pomeriggio del 24 marzo ? Certo che se ne è ricordato : tanto è vero che lui e il collega , cancellati preventivamente gli otto ebrei , scelsero « a caso » ( parole testuali del teste ) gli altri due nomi . Perché gli ebrei ebbero il privilegio , la precedenza ? Perché ; su dieci posti , se ne portarono via otto ? L ' ingiustizia era uguale per tutti . Non si dica che sugli altri pendevano accuse precise : che la loro sorte , anche senza quella rappresaglia , era già decisa , scontata . Primo : se due nomi furono scelti a caso , anche gli altri otto potevano essere scelti a caso . Secondo : sugli ebrei gravava l ' accusa razziale , con cui sotto i nazi c ' era poco da scherzare . Ma all ' Alianello gli ebrei dovevano apparire come degli innocenti più innocenti , delle ingiuste vittime più ingiustamente vittime . Non invano , da anni , la propaganda fascista li additava alla esecrazione e all ' eccidio ; non invano , da anni , la propaganda degli uomini liberi rispondeva che la campagna razziale era l ' obbrobrio numero uno , la tipica iniquità delle dittature reazionarie : che quello subito dagli ebrei era il primo torto da risarcire , che la riparazione verso gli ebrei doveva essere quasi il primo simbolo della riscossa , delle libertà restituite ai popoli . La gente del tipo Alianello - - piccola borghesia suscettibile , credula , presuntuosa , impressionabile , eccitabile , laureata in legge , abbastanza evoluta per potersi credere delle idee , non abbastanza per averne - - quella gente è la più plastica argilla per la propaganda . Sono gli ardenti neofiti di ogni verbo pubblicitario , i catecumeni dello slogan . Nel salvare preferenzialmente gli ebrei , in vista dei propri meriti futuri , l ' Alianello subì una parola d ' ordine pubblicitaria : come chi compra il dentifricio più lanciato , ripromettendosene per l ' indomani i denti più bianchi . Obbedì a uno slogan . Avesse detto almeno : gettate le sorti , uscirono otto ebrei . Ma no : sottolineò il partito preso . Ancora un partito preso . Una « campagna » di riparazione , che rovescia una « campagna » di distruzione : una campagna sempre . Sotto i nazi , gli ebrei si sono sentiti , e si sentono , il soggetto o il predicato , il nominativo o l ' accusativo , o il dativo di uno slogan di morte : « scacciamo gli ebrei , sterminiamo gli ebrei » . Tra gli uomini che si avviano a ridiventare liberi , si sentono daccapo , con un parallelismo impressionante , gli accusativi o i dativi di uno slogan benefico : « salviamo gli ebrei , ricompensiamo gli ebrei » . Dativi o accusativi : cioè , come insegna l ' analisi logica , dei « casi » . Ciò che li preoccupa , che li mette a disagio è appunto di rimanere un caso : l ' eterno , irrimediabile caso ebraico . Lo slogan li rinchiude come un Ghetto . Anche se , per avventura , somigli all ' Arca di Noè . Dentro la quale sono buttati , stipati alla rinfusa ; senza riguardo ai loro torti o , meriti , ai vizi umani o al valore ; senza che si tenga conto , per loro , della nozione - - non diremo neppure dell ' individuo - - ma dell ' uomo . Perseguitati , proscritti , ammazzati , non già per le loro idee o il loro comportamento , ma come facenti parte di un ' entità collettiva , come «razza»., anche i loro benefattori , quando è l ' ora di salvarli , non li allineano fra gli altri uomini , a parità di cimenti o di fortune ; anzi , li salvano in blocco , rappresentanti quasi anonimi , e non meglio qualificati , di una « razza » : particelle segnacaso . Hitler , Mussolini e Alianello . Il cuore , come si sa , ha le sue ragioni , che prescindono dalla . ragione , e perfino dal gusto di avere ragione . Gli innamorati delusi reclamano , se non l ' amore , quanto meno l ' odio . Essere segno di affetti precisi , motivati è la sola maniera , per il cuore , di sentirsi vivo : è , per così dire , la sua dignità . Odiava Mussolini gli ebrei ? Sappiamo soltanto che nel 1938 li diede in cambio di una più stretta alleanza con Hitler , li barattò come numerario , li sillabò a mandibola protratta , come soleva per l ' argomento forte delle sue concioni . Faceva , in quel momento , della demagogia internazionale . Ama Alianello gli ebrei ? Sappiamo che , al processo Caruso , li barattò contro la pulizia e illibatezza della propria fedina politica : argomento di demagogia antifascista . Come con Mussolini non si sentirono oggetto di un vero odio sincero passionale fisico così col soccorrevole commissario gli ebrei non hanno beneficiato di un vero amore solidale , caritativo e , per dire la parola , cristiano . Oh insomma : che cosa vogliono questi ebrei ? dell ' odio ? smaniano per una persecuzione autenticata di detestazione ? si permettono , con i tempi che corrono , il lusso di simili masochismi ? Non hanno che da rivolgersi ai tedeschi ! Ma anche qui : a parte gli isterismi di Hitler , a parte i vecchi e nuovi cavilli del tradizionale antisemitismo germanico , risultò subito - - e lo spiegò Trozkij fin dal 1933 - - che Hitler , dovendo defraudare il proletariato tedesco della lotta di , classe , in cambio gli largì la campagna razziale . Gli ebrei furono il primo « surrogato » nel Reich dei surrogati . Furono un argomento di demagogia sociale . Pare che , tra i mestieri umilianti , quello dell ' uomo - sandwich sia uno dei più umilianti . I disgraziati vanno in giro , ostentando su cartelli retorici , pupazzettati , stentorei e spesso buffoneschi la pubblicità di prodotti che non li riguardano e che il più delle volte essi non conoscono . Gli ebrei , costretti nei paesi di più severa persecuzione a circolare tenendo in mostra bracciali o stelle gialle o altrettanti gingilli di riconoscimento , hanno forse provato una sensazione da uomini ­ sandwiches : e infatti anche loro stavano servendo la pubblicità di un ritrovato demagogico , a cui erano estranei . Con la differenza che l ' uomo ­ sandwich si guadagna la vita , e gli ebrei si guadagnano la morte . Si sa che cosa sono i portatori di malattie . Un giorno il pediatra vi capita in casa , prende un « tampone » nella gola dei vostri bambini , e dopo 24 o 48 ore vi telefona che all ' analisi si è constatato il bacillo della difterite . Grazie al cielo , i bambini stanno benissimo : nell ' esuberanza della salute , si esaltano all ' idea delle placche in gola , della febbre a quaranta , dell ' iniezione di siero . La difterite gioca , invisibile , ai « quattro cantoni » nella camera dei giochi . Ma intanto i bambini sono dichiarati « portatori » e costretti alla quarantena . E vi assediano di domande : non capiscono che cosa sia l ' essere ammalati , quando si è sani . Anche gli ebrei vennero , più o meno d ' improvviso , dichiarati « portatori » : e invano cercarono il germe ch ' erano accusati di tenere addosso , invano si guardarono d ' attorno per vedere se avessero contagiato qualcuno . Gli « altri » , intorno a loro , splendevano di salute . Gli « altri » si sentivano così forti che avevano perfino voglia di menare le mani , di spendersi negli sports più esuberanti : e infatti , di lì a poco , cominciarono la guerra . Dal momento che alla persecuzione non c ' era mezzo di sfuggire , gli ebrei tentarono quanto meno di trovarne i motivi , di dare ragione ai loro persecutori ; che sarebbe stato un modo di alleviarsi la pena , riconoscendone almeno la logica . Con tutta la buona volontà , non vi riuscirono . Qual era il vizio , quale il peccato , che così inesorabilmente faceva di loro un pericolo pubblico ? Le persecuzioni del passato si spiegano ancora , quasi come guerre locali : a quei tempi gli ebrei costituivano , volenti o nolenti , una cellula , un nucleo chiuso , uno specifico conglomerato sociale , che riusciva facile di contrapporre agli altri - - come la tribù di zingari accampati all ' orlo della città , provocanti per la loro stranezza e diversità di costume , offensivi per quella stessa singolarità e isolamento , a cui li si era costretti - - e dichiarargli guerra con gli editti o coi bastoni . Ma stavolta ? Bisognò cominciare col rifabbricare , in astratto e con procedimenti da laboratorio , il gruppo « ebrei » ; poi farvi confluire gli individui , strappandoli alla loro individualità , al mondo in cui vivevano , alle loro abitudini e lavori e commerci e scambi pratici e spirituali , svellendone le radici , a costo di qualunque lacerazione , non solo degli estirpati , ma di tutto il suolo in cui allignavano . L ' astrattezza di una simile operazione si vede anche dal lavoro che fu necessario per compierla : arido lavoro di statistica e di anagrafe , censimenti , moduli , dichiarazioni , registri , stampati , caselle , colonnine e finche . Ripetiamo : non si isolava un gruppo umano ; si confezionava uno dei termini grammaticali per una frase propagandistica a grande effetto . Parentesi . Che cosa sia l ' ebraismo negli ebrei , è questione da non venirne così facilmente a capo . In ogni caso , si tratta d ' una faccenda di stretta intimità . Non si nega che ci siano modi interiori , originali , profondi di sentirsi ebrei ; ma son cose di privato sentimento , tutte confinate nella zona dei pudori , non mai estrovertite nell ' azione : e non toccano quindi il contegno sociale dell ' uomo , né lo differenziano da quello dei suoi simili - - e tanto meno glielo contrappongono . ( Chi volesse fare il sottile direbbe , se mai , che la sola differenza è nello sforzo di non differenziarsi , che talvolta può anche essere ingrato ; ma comunque è offensivo più per chi sia costretto a farlo , che per chi l ' abbia in qualche modo provocato , e in nessun caso è tale da turbare l ' ordine del mondo o da minare le basi della società ) . Sentirsi ebrei sarà un sentir rinascere dal fondo - - nelle ore di più geloso raccoglimento , ore quasi inconfessabili tanto sono intime - - vecchie cantilene sinagogali , udite ai tempi dell ' infanzia nella pigra monotonia di grevi crepuscoli , in una luce di ceri stanchi che tremava sulla berretta del cantore , solo , in piedi , laggiù sul tabernacolo deserto : e su quelle cantilene l ' anima si inflette in errabonde ricerche del tempo perduto : desolati a tu per tu con squallori senza tempo , bruciori di lacrime mal rasciugate , tremolar di sorrisi senza scampo , un abbracciarsi con le ombre dei limbi , struggenti agnizioni di avi mai conosciuti , e un segreto di inenarrabili malinconie , e il crollare indefesso contro invisibili muri del pianto . Ah , il pensiero non va più sull ' ali dorate , più non si posa sui clivi e sui colli . Lungo i fiumi di Babilonia , sul cammino dei salici , l ' eterno errante troverà forse una sua via , e un antico passo e un gesto ancestrale , per calarsi nella regione delle Madri , per andare a interrogare la « bocca d ' ombra » . E in ciò si veda pure un ' equazione personale tra l ' uomo e la Natura , tra l ' uomo e Dio : non mai un ' equazione personale tra l ' uomo e la società , tra l ' uomo e la storia contemporanea . E d ' altronde non erano queste le cose che potessero venire ascritte a colpa degli ebrei . E gli ebrei continuavano a domandarsi quella colpa quale fosse , e dove . Un aperto e umanissimo scrittore ha bollato la mostruosità delle leggi razziali , osservando che esse colpivano « non le azioni responsabili delle creature umane , ma il delitto di essere nati » . E chi veramente con la morte espiò quel delitto , non è tornato a dirci se , nell ' ora del supplizio , ne capì finalmente la colpa . Certo i persecutori hanno saputo immaginare le camere dei gas e tutte le più efferate maniere di uccisione : quelle che fanno morire con la faccia stravolta , col labbro contratto nell ' urlo e nella maledizione , che tolgono al trapasso i suoi sovrannaturali compensi e promesse , di pace almeno e di silenzio , le rasserenanti visioni di limbi o di elisi , l ' erba sotto i piedi e l ' azzurro sul capo . Tra gli orridi sudori e i geli di agonie terrificanti , quegli sciagurati avranno forse violato , con un raccapriccio più atroce della stessa asfissia , i talami remoti in cui si erano congiunti gli amori dei loro parenti : infausti connubi , che nel grembo delle madri dovevano deporre il seme di mostri maledetti , ora contorcentisi nella soffocazione di quelle camere della morte . E il lezzo dei gas avrà imputridito le primavere nuziali , in cui i padri e le madri si erano scambiati il primo sguardo d ' amore . Forse allora , in quei deliri , il delitto di essere nati si precisò in un ' accusa contro chi li aveva messi al mondo : come dicono avvenga , durante le crisi , ai figli dei sifilitici e dei tabetici , concepiti in un ' ora di sozza e infetta libidine . Per un attimo poté sedimentarsi il senso di una colpa , risalire le generazioni . Ma era una bestemmia , strappata dalle torture . E l ' avere strappato quella bestemmia è , per i nazi , un bel capolavoro . Pace ai nostri morti . Ma i vivi , che non capirono e non capiscono il perché della persecuzione , è giusto che si allarmino oggi di un ' indulgenza altrettanto regalata . Questo di chiudere tutti e due gli occhi , di creare eccezioni a vantaggio degli ebrei , non è un modo di riparare dei torti . Riparazione sarebbe rimettere gli ebrei in mezzo alla vita degli altri , nel circolo delle sorti umane , e non già appartarli , sia pure per morivi benigni . Questa è una antipersecuzione : dunque , fatta della medesima sostanza psicologica e morale che materiava la persecuzione . Se prima negli ebrei si puniva l ' ebreo , oggi al vedere la situazione , non già corretta , ma semplicemente capovolta con sì perfetta simmetria di antitesi , può nascere il dubbio che negli ebrei si perdoni l ' ebreo . È il perdono richiama l ' idea di una colpa , di un trascorso . Eccoli di nuovo , questi ebrei , messi nel rischio di dover partire alla torturante , insolubile , offensiva ricerca di un perché . E poi , di fronte ai ricorsi storici , che purtroppo essi sanno a memoria , è lecita la domanda : - - perdono o amnistia ? e fino a quando durerà ? - - Spieghiamoci con un esempio . 3 . - - GLI ARATORI DEL VULCANO Tornavamo da Napoli , sul fastigio di un camion di noci , sotto la pioggia battente . Uno strano tipo era salito con noi : barba di tre giorni , aspetto da fuggiasco o da evaso , ma gli abiti stracchi tradivano ancora il taglio borghese , e borghesi erano la faccia , l ' espressione , la sagoma , tutto quanto . Fino a qualche anno fa , tutti in casa dovevano averlo chiamato il « signorino » . L ' ex ­ signorino gettò sulle altre valigie una borsa da avvocato , da cui sporgeva un , lungo rotolo . - - Uova di tonno - - annunciò , e non cessava di raccomandarsi - - per carità , queste non le debbo perdere , se no sono rovinato - - . Un borsanera alle prime armi , pensammo : forse un professionista , che l ' iniquità dei tempi costringe a questo mestiere così incongruo con le arti del Trivio e del Quadrivio . Affettuosamente , a tutti i compagni , domandava nome , stato di famiglia , indirizzo , se i figli fossero maschi o femmine : quasi a propiziarsi la loro amicizia , a farsi proteggere , lui così spaesato e inesperto , da quell ' abbozzo di amicizia . Ingenuo , patetico , quasi . Più tardi , a un posto di blocco , venimmo a sapere che l ' ingenuo era un giovane funzionario della Questura ; di ritorno da una breve licenza nella nativa Palermo . Improvvisa metamorfosi di tutto il tipo . È inutile , il « così è se vi pare » rimarle sempre una grande trovata psicologica e la Sicilia non cessa di dare ragione al suo Pirandello . Dunque , tutto il capzioso gioco di indagini , di domande , di investigazioni , da parte di quel personaggio così in cerca d ' autore , non era che un allenamento agli interrogatori futuri , volontaria propedeutica all ' arte di tirare i vermi dal naso del prossimo , esercizi sulle cinque note per quando , seduto dietro il monumentale clavicembalo della sua scrivania di Questore , gli toccherà di eseguire le più virtuosistiche introduzioni , i più lisztiani accompagnamenti per « far cantare » il pollo . In particolare , poi , quasi che le nostre facce fossero altrettanti specchi , l ' uomo vi studiava gli effetti di certe espressioni mimiche , di un certo tipo di guardatura in tralice , come da oltre le lenti di inesistenti occhiali : uno sguardo connivente e furbesco , mite a un tempo e accusatore , uno sguardo che pareva dire : « Sbottonati , a che pro nasconderci l ' un l ' altro ? » . Quando il nostro turno giunse , e noi senza ambagi gli declinammo il nostro nome , quel giovane e passionato domenicano della inquisizione poliziesca , quel futuro ripopolatone delle carceri d ' Italia , ebbe un balzo trionfale , come quando , nei luminosi giorni della sua carriera , la sventata risposta di un malcapitato gli permetterà di saldare fulmineamente una faticosa catena di induzioni , di conchiudere in un attimo ; con un colpo di scena , una serie di indagini che si annunziava lunga e penosa ; di scoprire nel testimonio un reo , di stringere a un tratto l ' inerte congerie delle prove in un ' accusa lampante . Proruppe : « Debenedetti ? ebreo ? ! » E immediatamente quello sguardo professionale , da dietro occhiali inesistenti , varcando di sotto in su l ' arco ciliare , ci dardeggiò di sghembo , e condensava un tumultuoso accavallarsi di sottintesi , di illazioni , di involontarie e quasi ripugnate complicità , di scontrose indulgenze : « Ah , per questa volta ce l ' hai fatta - - esclamò quello sguardo - - ma ringrazia l ' amnistia . Vattene , vecchia volpe , e bada di non ricaderci , l ' aria del vigilato speciale non te la toglie nemmeno Domineddio » . Ci parrebbe di essere cattivi , se aggiungessimo che in quell ' occhiata trascorse anche una sfumatura , un pizzico , un nonnulla di rimpianto : « Però se niente niente ti avessimo , colto , così in flagrante , quale mese fa ! » . Non è moralmente vero , non è plausibile che , la revoca diventi ipso facto una revoca dell ' abitudine di eseguirlo . Il nuovo ordine ha bisogno di maturare per farsi ordine nuovo . E nessuno pretende che il mondo , questo mondo che è stato creato in sette giorni , si modifichi in un ' ora : se no , come credere che un ' altra ora non gli basterebbe , quando che sia , per recidivare nel peggio e tornare al proprio vomito ? L ' esclamazione , l ' occhiata del nostro questurino denunziavano lo sforzo di adattamento a un ' ottica diversa ; la necessaria , ancorché rapida , manovra per invertire la corrente . Il nostro sospetto è che la nuova ottica possa venire adottata come un comando « dall ' alto » , una specie di Decreto promulgato dalla Gazzetta Ufficiale , e dunque di sua natura soggetto anch ' esso a revoca , dettato da necessità del momento , visto che ... in considerazione di ... Il sospetto è che il nostro questurino si uniformasse ai criteri di oggi con la mentalità di ieri , tenesse d ' occhio quella onnipotente , inesorabile e oscura Divinità , in nome della quale si esaltavano ieri o siluravano funzionari , giornalisti , alte e basse cariche : la cosiddetta « sensibilità politica » . Ordine di servizio : mostrare simpatia agli ebrei . Ma chi , come gli ebrei , ha sete di libertà , una di quelle seti che tappezzo il palato : chi ha capito come la libertà sia letteralmente una questione di vita o di morte , è pronto a riconoscere che , tra tutte le libertà che compongono la Libertà , è compresa anche la libertà di essere antisemiti . Un antisemitismo di uomini liberi , un antisemitismo ( se non c ' è contraddizione ) liberale , contro cui sia dato di opporre validi argomenti e pertinenti confutazioni , apparirebbe perfino tonico , ravvivante , rigeneratore agli ebrei che escono ora dall ' anchilosi mobilità e del silenzio . Discutere finalmente all ' aperto , misurarsi , farsi le proprie ragioni , uomini tra gli uomini , uomini di fronte agli uomini non parrebbe nemmeno vero a loro , che fino a ieri erano costretti a nascondersi , a ringhiottirsi reazioni e risposte , a cambiarsi i connotati ; diffidati persino di pronunziare il proprio nome , cioè in parole povere di dirsi figli del proprio padre . Recensendo il libro di Wendell L . Willkie : One World , Benedetto Croce ha trovato l ' occasione di ribadire « un bisogno fondamentale dell ' uomo , che è di soffrire e di lavorare » . Qui , da questa parte della guerra , gli ebrei si vedono riconosciuto , dopo anni , il loro bisogno di lavorare . Rinasce in essi , complementare , il bisogno soffrire . Forse che non hanno sofferto abbastanza ? Sicuro che hanno sofferto , il mondo sa quanto , e di là , dal fronte della libertà ancora soffrono , e in tal misura , che questa nostra pretesa di soffrire può sembrare bestemmia , cattiva sfida , provocazione del destino . Ma la pretesa , a guardarci meglio , è unicamente di non accampare , ne vedersi riconosciute , speciali pretese . Il diritto di non avere speciali diritti . Speciali , cioè razziali . E quello che gli ebrei già liberi hanno patito , e quello che i perseguitati patiscono ancora , desiderano sia versato , messo in comune , mescolato al lungo , collettivo , unanime tributo di lacrime e di supplizi , che gli uomini degni di questo nome hanno offerto , e offrono tuttavia , per assicurare al mondo la più lunga serie di secoli civili . Se una rivendicazione gli ebrei hanno da fare , è questa sola : che i loro morti di violenza e di fame , i piccini che non hanno resistito al primo sorso di latte finalmente somministrato , dopo mesi di inanizione , nei paesi di asilo , le donne rese a calci e mitragliate , i poppanti lanciati in aria e impallinati come uccelletti siano messi in fila con tutti gli altri morti , con tutte le altre vittime di questa guerra . Soldati anche loro con gli altri soldati . Per uniforme avevano il loro vestito di tutti i giorni , ma sbranato dai tormenti , vano sui corpi scheletriti . E alcuni , anche , avevano armi : i bambini , che si stringevano sul petto le bambole di pezza e gli schioppi di latta , ritenuti indegni di divertire i figlioli dei tedeschi . Così hanno marciato verso i loro fronti , che erano i luoghi di pena e di tortura . Hanno fatto anch ' essi i loro sbarchi , ma sulle rive dell ' aldilà . Caduti bocconi , i loro volti - - quelle facce che i redattori delle varie « difese della razza » fotografavano per inchiodarle sulle copertine di immonde gazzette - - non hanno mirato , con gli occhi che nessuna mano ha chiusi , il cielo alto e lontano . Questi soldati chiedono soltanto che i loro carnai siano ricordati tra i campi di battaglia di questa guerra . Chiedono che , se si farà l ' appello dei morti , i loro nomi siano letti tra quelli degli altri soldati , caduti per questa guerra . Senza un più di gloria che , facendo un torto ai commilitoni , offenderebbe quella giustizia per cui sono morti , la fraternità della morte , e parrebbe un torto fatto a loro . Senza un supplemento di pietà - - pietà per i poveri ebrei - - che umilierebbe il loro sacrificio . E se un giorno , a questi caduti , si vorrà dare una ricompensa al valore , non certo noi , gli ebrei sopravvissuti , la rifiuteremo ; ma non si conino apposite medaglie , non si stampino speciali diplomi : siano le medaglie e i diplomi degli altri soldati . « Soldato Coen ... Soldato Levi ... Soldato Abramovic ... Soldato Chaim Blumenthal , di anni cinque , caduto a Leopoli , in mezzo alla sua famiglia , mentre , con le mani legate dietro la schiena , ancora difendeva , ancora testimoniava la causa della libertà » . Queste motivazioni noi , indegnamente sopravvissuti , le ascolteremo sull ' attenti , cercheremo di non tremare quando stringeremo la mano che ci verrà tesa , la nostra voce si sforzerà di essere ferma , quando risponderemo : « Grazie , signor Generale » . Poi rientreremo nelle mute , interminabili file che schiereranno i parenti degli altri caduti , le gramaglie di tutto il mondo , in quella solenne , religiosa parata dell ' umanità . Quel bisogno di soffrire , di cui parla il Croce , non è se non il bisogno di sentirsi vivi nella vita di tutti , partecipi della immancabile lotta e contrasto , che il lavoro e i compiti quotidiani costano in questo mondo . Il quale , se diventasse un mondo di idillio , nel momento stesso diventerebbe un mondo di morti che camminano , quand ' anche fallacemente lo smaltassero e imbellettassero i colori della vita . Perciò gli ebrei chiedono questo onore di soffrire : cioè chiedono di non essere defraudati , neppure a titolo di risarcimento o di riparazione dei danni , di questa loro parte dell ' umano retaggio . Per secoli e secoli hanno custodito , ripetuto , salmodiato , nella penombra delle sinagoghe , nelle veglie e nei digiuni , nelle penitenze e nei sabati , nei ghetti e per le vie della diaspora , il messaggio dell ' Antico Testamento . Come avrebbero dimenticato che l ' idea del pane , cioè quella delle sorgenti stesse e del perpetuarsi della vita , è indissolubilmente legata all ' idea della pena , del sudore della fronte ? Essi non vogliono il paradiso terrestre per infrazione ai regolamenti . Senza dire che , ai privilegi e benefizi , è troppo facile adattarsi . Le agevolezze di vita rendono superficiali , assecondano le riparatrici e già troppo spontanee labilità della memoria . I dolori di ieri si dimenticano , anche e proprio quando furono più luttuosi e cocenti , e si dimentica quanto cordoglio e quante angosce sia costato questo bene , che oggi pare largito appunto per aiutarci a dimenticare . Ci si abitua a essere amati , a vivere con facilità ; e l ' abitudine rischia di diventare presto un bisogno , e il bisogno acquisito rischia di creare la presunzione di un diritto . Può , questa nostra , parere una riottosa , bizzosa , vittimistica , incontentabile paura di essere amati . Ed è soltanto paura di essere gratuitamente amati , ingiustamente amati , cioè male amati : non più costretti a far nulla per meritarci questo amore . Ma domani , inevitabilmente , dovremo ricominciare a meritarcelo : e allora ? non saremo stati viziati ? Non già che gli ebrei si siano , in questi ultimi tempi , sentiti vittime di troppo corrive largizioni di vantaggi , fantocci di un tiro a segno della benevolenza . Ma noi ragioniamo su un sintomo , su una possibilità , della quale abbiamo raccolto , o subodorato , qualche indizio : ed è questo , anche , che scagiona il nostro discorso da ogni taccia di ingratitudine . Il quale discorso , l ' abbiamo detto , vuole parlare a nuora perché suocera intenda . Che disagio , per esempio , abbiamo provato quando qualcuno , ridendo ma senza cattive intenzioni , e solo per il gusto di un documento psicologico , ci ha riferito la storiella di quei tali che , sbucati dai loro nascondigli all ' arrivo degli eserciti liberatori , hanno subito , ai primi saluti , declinato la propria qualità di ebrei , come un titolo a particolari riconoscimenti , facilitazioni , indennizzi . E magari era la stessa gente che , sotto il diluvio , si era inventata i più incongrui ombrelli e più diligentemente si era industriata per cancellare ogni sospetto di « appartenenza alla razza » . Una sera , nei tempi più neri del diluvio , Bernardo Berenson si poneva l ' eterno problema : perché gli ebrei rimangono ebrei , malgrado il ciclico ritorno delle persecuzioni ? E si rispondeva con un suo ricordo siciliano . Trovandosi in altri tempi a visitare le pendici dell ' Etna ne ammirava la feracità da Terra Promessa . Qualcuno però gli disse che periodicamente la lava scende a incenerire quei campi . « E perché allora li coltivate ? » domandò ai contadini . « Perché quando i tempi tornano buoni , voscenza , così buoni sono , che ci ripagano di qualunque malanno » . Questo , commentava l ' eminente scrittore , spiega per analogia la tenacia degli ebrei nel sopravvivere . In quella sera di afflizione , l ' aneddoto raggiungeva lo scopo desiderato : che era anche di confortarci , di farci credere nel ritorno di tempi migliori , di rinnestarci nella vita , assimilandoci se non altro a quegli aratori del vulcano . Ma Berenson non si dorrà se ora , al ritrarsi della lava , la sua storia ci piace un po ' meno . Vorremmo dire che gli ebrei , non è che si inarchino sotto le sciagure degli anni delle vacche magre , per aspettare che rivenga il settennio delle vacche grasse . Sono uomini , certo , e amano anche loro la sicurezza , il benessere , magari la felicità . Le vacche magre non piacciono neanche a loro . Ma non è vero , non deve essere vero che poi , in compenso , pretendano le vacche troppo grasse . Se non altro , per dignità , per un equo senso della vita , per un loro umano amor fati , amore del rischio e del destino . Né troppo magre , né troppo grasse . Una cosa giusta . Settembre , 1944 .