StampaQuotidiana ,
Verso
le
quattro
pomeridiane
di
mercoledì
il
comm
.
Emanuele
Notarbartolo
di
San
Giovanni
,
Direttore
generale
del
Banco
di
Sicilia
,
accompagnato
da
due
campieri
armati
si
dirigeva
a
cavallo
dal
paese
di
Sciara
alla
stazione
ferroviaria
omonima
per
far
ritorno
a
Palermo
col
treno
che
di
colà
passa
alle
sei
pomeridiane
.
Ad
una
svolta
della
strada
un
carabiniere
e
quattro
bersaglieri
intimarono
loro
di
fermarsi
spianando
i
fucili
.
Il
comm
.
Notarbartolo
credendo
forse
che
quei
militari
l
'
avessero
preso
per
un
sequestrato
in
mezzo
a
due
briganti
,
affrettavasi
ad
assicurare
la
pattuglia
che
quei
due
erano
suoi
familiari
,
che
peraltro
avevano
i
permessi
d
'
armi
in
regola
.
Fu
loro
intimato
di
scendere
da
cavallo
e
di
mostrar
questi
permessi
.
Obbedito
all
'
ingiunzione
il
Notarbartolo
e
i
suoi
due
familiari
furono
in
un
batter
d
'
occhi
disarmati
.
Questi
ultimi
furono
fatti
ritornare
al
paese
e
il
Notarbartolo
fu
bendato
e
condotto
via
da
quei
malandrini
che
si
eran
affrettati
a
svestirsi
delle
mentite
divise
.
Pare
che
pel
riscatto
si
domandino
75.000
lire
.
Finora
nulla
si
sa
intorno
alla
sorte
del
sequestrato
.
Noi
facciam
voti
che
egli
possa
in
breve
esser
restituito
alla
famiglia
sano
ed
incolume
e
con
noi
fan
questi
voti
tutti
coloro
che
nel
Notarbartolo
stimano
la
fermezza
del
carattere
e
le
doti
personali
.
Dopoché
i
briganti
si
furono
impadroniti
del
commendatore
Notarbartolo
,
lo
condussero
in
un
boschetto
ed
ivi
gli
fecero
sapere
che
essi
non
avevano
avuto
la
intenzione
di
sequestrar
lui
ma
il
figlio
del
Principe
.
Gli
dissero
inoltre
che
la
taglia
da
loro
pretesa
era
di
lire
75.000
al
che
Notarbartolo
replicava
non
potere
in
alcun
modo
pagare
sì
vistosa
somma
.
I
briganti
insistettero
perché
egli
scrivesse
alla
famiglia
.
Il
Notarbartolo
per
far
che
questa
fosse
informata
del
fatto
scrisse
e
consegnò
il
suo
biglietto
e
un
anello
che
portava
sempre
al
dito
ad
una
delle
due
persone
che
lo
accompagnava
,
la
quale
li
recò
alla
famiglia
la
stessa
sera
del
dodici
a
mezzanotte
.
La
dimani
il
13
col
treno
delle
sei
e
cinquantacinque
ant
.
questa
stessa
persona
partiva
con
la
somma
di
7.600
lire
in
oro
,
ma
tornava
tosto
con
la
risposta
che
i
briganti
esigevano
il
pagamento
dell
'
intera
taglia
prima
di
lasciar
libero
il
sequestrato
.
Parecchi
giorni
durarono
le
trattative
che
ebbero
termine
col
rilascio
del
comm
.
Notarbartolo
dietro
il
pagamento
della
somma
di
L
.
51.000
,
25.000
delle
quali
in
oro
.
Arrivo
del
Comm
.
Notarbartolo
.
Ieri
alle
4
sparsasi
la
voce
che
il
comm
.
Notarbartolo
dovesse
arrivare
col
treno
delle
8,05
pomeridiane
molte
delle
persone
accorse
approfittando
del
treno
in
partenza
alle
5,35
pomeridiane
andarono
ad
incontrarlo
ad
Altavilla
da
dove
tornarono
insieme
a
lui
.
Sin
dalle
7,30
la
stazione
di
Palermo
era
piena
di
distintissime
persone
che
volevan
tutte
essere
le
prime
a
salutare
l
'
amico
o
il
parente
affezionato
,
il
distinto
cittadino
.
Entrato
il
treno
nella
stazione
,
il
primo
a
scendere
da
un
compartimento
di
prima
classe
fu
il
comm
.
Notarbartolo
,
il
quale
preso
a
braccia
dagli
amici
si
diresse
a
grandissimo
stento
verso
la
porta
di
uscita
,
dove
attendevalo
la
carrozza
che
doveva
condurlo
a
casa
.
Descrivere
l
'
accoglienza
che
gli
fu
fatta
è
impossibile
;
le
grida
di
viva
Notarbartolo
!
erano
imponentissime
,
la
commozione
degli
astanti
immensa
.
La
via
Merlo
dove
sta
il
comm
.
Notarbartolo
,
era
illuminata
a
lampioncini
,
la
carrozza
poté
percorrerla
a
stento
tanta
era
la
folla
che
aspettava
per
vederlo
;
finalmente
riuscì
a
penetrare
nel
cortile
del
palazzo
Merlo
,
dove
fu
seguita
da
un
grandissimo
numero
di
carrozze
che
gli
conducevano
dalla
stazione
i
parenti
ed
amici
.
Sul
tardi
il
comm
.
Notabartolo
dovette
affacciarsi
al
balcone
per
ringraziare
i
cittadini
che
accalcati
nella
strettissima
via
Merlo
lo
salutavano
con
le
grida
di
evviva
Notarbartolo
e
con
ripetuto
batter
di
mani
.
StampaQuotidiana ,
Nella
storia
quasi
due
volte
millenaria
del
Papato
si
possono
tracciare
periodi
che
hanno
una
propria
inconfondibile
fisionomia
.
Anche
qui
la
Rivoluzione
francese
ha
aperto
una
fase
,
che
non
so
se
si
possa
considerare
ancor
chiusa
.
Mentre
rispetto
a
tanti
altri
atteggiamenti
della
vita
collettiva
ci
pare
che
un
nuovo
periodo
sia
stato
aperto
dalla
Rivoluzione
russa
dell
'
ottobre
'17
,
relegando
nel
passato
molti
problemi
,
quando
guardiamo
al
Papato
non
appaiono
avvenimenti
che
segnino
l
'
inizio
di
un
capitolo
nuovo
.
Se
la
religione
fu
sempre
opposta
alla
incredulità
e
considerata
caposaldo
d
'
una
ordinata
vita
associata
,
è
dalla
Rivoluzione
francese
che
anche
gl
'
increduli
pongono
l
'
accento
sul
Papa
.
Scorgono
in
lui
la
difesa
di
una
società
,
non
minata
più
soltanto
dallo
scetticismo
religioso
,
ma
dal
rifiuto
di
quell
'
ordine
sociale
che
da
una
lunga
serie
di
generazioni
era
sembrato
fondamento
incrollabile
.
Du
Pupe
del
De
Maistre
è
della
Restaurazione
,
opera
di
un
uomo
di
forte
ingegno
che
ben
sa
che
,
malgrado
l
'
abbattimento
di
Napoleone
ed
il
Congresso
di
Vienna
,
la
rivoluzione
continua
;
peraltro
è
ben
noto
come
De
Maistre
sia
tipico
esponente
dell
'
aristocrazia
ch
'
era
stata
illuminista
,
e
che
ora
,
voltasi
al
culto
dell
'
ordine
,
scorge
nel
Papa
il
pilastro
della
difesa
sociale
.
Negli
anni
della
Rivoluzione
,
di
Napoleone
,
della
Restaurazione
,
gli
aspetti
che
più
sono
da
cogliere
nell
'
azione
del
Papato
,
come
inizi
di
direttive
che
non
verranno
mai
meno
,
mi
paiono
tre
.
La
condanna
dei
preti
che
hanno
accettato
la
Costituzione
civile
:
è
la
stessa
linea
che
oggi
la
Chiesa
pratica
di
fronte
al
movimento
polacco
di
"
Pax
"
ed
ai
sacerdoti
cinesi
che
hanno
aderito
al
governo
di
Mao
.
La
Chiesa
preferisce
,
in
linguaggio
tattico
,
perdere
il
territorio
,
ma
conservare
l
'
esercito
;
il
nerbo
di
questo
è
l
'
obbedienza
;
non
la
tocca
l
'
argomento
che
nella
Francia
della
rivoluzione
,
nella
Cina
d
'
oggi
,
meglio
vale
ci
siano
cristiani
non
obbedienti
a
Roma
piuttosto
che
increduli
.
Il
Papa
,
inoltre
,
non
si
lascia
attrarre
alla
difesa
del
legittimismo
,
del
diritto
divino
dei
re
.
Lo
sconfessa
con
l
'
incoronazione
di
Napoleone
;
dappertutto
i
fautori
del
diritto
divino
,
che
vorrebbero
scomunicati
i
popoli
che
non
accettano
i
sovrani
legittimi
,
non
troveranno
che
delusioni
,
rivolgendosi
a
Roma
.
Sopra
i
diritti
dei
sovrani
legittimi
,
c
'
è
il
bene
della
cristianità
.
Ferdinando
VII
può
adontarsi
,
ma
i
Papi
riconoscono
le
Repubbliche
del
Sud
e
del
Centro
America
,
rispondono
al
re
di
Spagna
che
non
possono
lasciarle
abbandonate
alla
propaganda
protestante
del
Nord
.
Ferdinando
II
di
Napoli
non
otterrà
dal
foglio
che
più
rispecchia
le
idee
di
Pio
IX
,
l
'
affermazione
che
la
monarchia
assoluta
sia
l
'
ottimo
dei
regimi
.
La
Santa
Sede
crede
che
ogni
forma
di
governo
sia
conciliabile
con
uno
Stato
cattolico
.
Terzo
punto
:
il
Papato
non
si
lascia
smuovere
dal
divampare
delle
passioni
nazionali
.
Le
guarda
dapprima
con
diffidenza
;
finisce
di
riconoscere
la
legittimità
dell
'
aspirazione
dei
popoli
a
dare
vita
a
Stati
nazionali
,
ma
non
considererà
mai
questi
i
soli
Stati
legittimi
;
vedrà
sempre
nel
troppo
forte
senso
nazionale
una
insidia
al
concetto
della
universalità
della
famiglia
cristiana
.
L
'
Ottocento
volge
verso
la
fine
,
s
'
inizia
il
nuovo
secolo
.
Siamo
nell
'
epoca
delle
mirabili
scoperte
,
delle
grandi
creazioni
meccaniche
,
apparentemente
del
primato
dell
'
economia
.
Ma
l
'
inevitabile
resistenza
del
trascendente
,
del
mondo
della
metafisica
,
s
'
impernia
sempre
più
sul
Papa
.
Con
Pio
IX
,
come
ha
notato
Salvatorelli
,
s
'
inizia
quel
culto
della
persona
del
Papa
,
quell
'
affetto
per
la
persona
fisica
del
Vicario
di
Cristo
,
che
oggi
è
abito
naturale
di
tutti
i
cattolici
,
ma
che
non
è
esclusivo
a
loro
.
Liberato
dal
peso
del
potere
temporale
,
l
'
ascendente
morale
del
Papato
,
pur
nei
paesi
protestanti
,
nell
'
Inghilterra
per
cui
era
stato
fino
a
pochi
decenni
innanzi
nemico
tradizionale
,
sale
rapidamente
.
Diviene
presto
il
grande
potere
mondiale
,
di
cui
debbono
tener
conto
anche
paesi
di
civiltà
extraeuropea
,
del
tutto
estranei
alla
storia
del
vecchio
mondo
,
dove
i
cattolici
rappresentano
l
'
un
per
cento
.
La
storia
ha
visto
negli
ultimi
quarant
'
anni
movimenti
d
'
enorme
vastità
,
trasformazioni
così
rapide
che
sarebbero
sembrate
impensabili
(
vivono
in
non
avanzata
vecchiaia
coloro
che
ricordano
la
Cina
degli
imperatori
e
dei
mandarini
,
i
cinesi
dal
codino
,
le
cinesi
dai
piedi
deformati
)
.
Salvatorelli
ha
sintetizzato
la
situazione
attuale
nella
divisione
del
mondo
in
tre
settori
e
nella
crisi
,
che
nel
settore
occidentale
sembra
minacciare
i
rapporti
tra
società
civile
e
società
religiosa
.
Io
porrei
l
'
accento
sulla
debolezza
,
che
in
gran
parte
d
'
Europa
presentano
le
forme
tradizionali
che
per
secoli
hanno
espresso
la
società
civile
;
e
sulla
tendenza
degli
organi
della
società
religiosa
ad
assumere
la
direttiva
anche
della
società
civile
.
Questo
potrebbe
segnare
una
trasformazione
dei
contrasti
tra
mondo
occidentale
e
resto
del
mondo
in
lotta
religiosa
;
ma
ad
altri
occhi
potrebbe
anche
apparire
una
radicale
trasformazione
dell
'
Occidente
,
la
quale
attutisse
le
avversioni
che
in
Asia
ed
Africa
si
hanno
contro
di
lui
:
dubito
che
oggi
nel
mondo
arabo
ci
sia
,
per
il
prete
o
la
suora
,
l
'
avversione
che
si
dà
per
il
funzionario
coloniale
o
per
il
militare
.
Nulla
di
più
vano
delle
profezie
.
Ma
sembra
certo
che
,
nella
vicenda
dei
prossimi
decenni
,
il
rilievo
della
Santa
Sede
sarà
sempre
maggiore
.
Alla
figura
del
futuro
Papa
-
questo
sovrano
assoluto
,
che
non
ha
parlamenti
né
maggioranze
cui
debba
rendere
conto
-
non
a
torto
si
guarda
con
un
'
ansia
che
non
sarebbe
giustificata
in
alcun
'
alba
di
regno
,
in
alcuna
vigilia
di
elezione
presidenziale
.
Mattei ( Montanelli Indro , 1970 )
StampaQuotidiana ,
In
questi
ultimi
giorni
sono
usciti
due
libri
su
Enrico
Mattei
,
il
fondatore
dell
'
ENI
.
Uno
è
un
"
giallo
"
che
pretende
fornire
le
fila
dell
'
attentato
di
cui
egli
sarebbe
rimasto
vittima
,
e
non
val
la
pena
parlarne
:
non
perché
l
'
ipotesi
sia
da
scartare
a
priori
,
ma
perché
gli
autori
non
riescono
a
basarla
che
su
congetture
e
induzioni
scopertamente
romanzate
all
'
insegna
del
sensazionale
.
L
'
altro
,
no
:
è
un
profilo
serio
e
penetrantissimo
,
scritto
da
un
inglese
che
a
Mattei
fu
molto
vicino
in
qualità
di
consulente
:
Paul
H
.
Frankel
.
S
'
intitola
Petrolio
e
potere
(
«
La
Nuova
Italia
»
ed
.
,
175
pagg
.
,
L
.
l.000
)
.
E
non
è
soltanto
una
biografia
;
è
anche
un
saggio
,
asciutto
e
chiarissimo
,
come
solo
sanno
scriverne
gl
'
inglesi
,
su
tutto
il
problema
delle
fonti
d
'
energia
.
D
'
altra
parte
,
solo
così
inquadrato
si
può
capire
e
valutare
Mattei
.
E
di
capirlo
e
valutarlo
,
è
ormai
tempo
.
L
'
uomo
non
aveva
del
resto
nulla
d
'
insondabile
e
misterioso
.
Come
tutti
i
grandi
caratteri
,
Mattei
era
un
carattere
semplice
,
perfino
rozzo
.
La
cosa
che
più
mi
colpì
,
nell
'
unico
personale
contatto
ch
'
ebbi
con
lui
una
sera
a
cena
,
fu
l
'
intensità
della
sua
concentrazione
.
Parlò
di
una
cosa
sola
,
sempre
di
quella
:
ogni
volta
che
cercavo
di
spostare
il
discorso
su
altri
fatti
e
interessi
,
il
suo
volto
si
chiudeva
e
assumeva
l
'
espressione
del
sordo
.
Frankel
dice
che
,
sebbene
non
avesse
mai
avuto
nulla
a
che
fare
col
fascismo
,
Mattei
ne
aveva
respirato
l
'
aria
,
come
del
resto
tutti
gli
uomini
della
sua
generazione
.
L
'
idea
di
un
'
Italia
negletta
e
defraudata
dei
suoi
diritti
a
un
"
posto
al
sole
"
in
lui
era
diventata
convinzione
profonda
forse
perché
il
posto
al
sole
aveva
dovuto
guadagnarselo
egli
stesso
,
figlio
di
un
povero
carabiniere
meridionale
costretto
a
lavorar
di
gomiti
per
inserirsi
nel
mondo
degli
affari
lombardo
.
Nulla
di
straordinario
in
questa
vicenda
.
Milano
è
piena
d
'
immigrati
che
hanno
battuto
la
stessa
strada
e
incontrato
le
medesime
difficoltà
;
ma
che
una
volta
arrivati
,
se
ne
sono
gettati
dietro
le
spalle
il
ricordo
.
Mattei
,
no
.
Anche
dopo
che
vi
ebbe
raggiunto
una
posizione
di
tutto
rispetto
,
per
lui
Milano
rimase
sempre
"
la
plutocrazia
"
.
Non
era
invidia
:
e
lo
dimostra
il
fatto
che
Mattei
non
fece
mai
nulla
per
esservi
accolto
,
anche
quando
avrebbe
potuto
farlo
da
padrone
.
Mattei
non
ambì
mai
agli
status
symbols
della
grande
borghesia
imprenditoriale
né
mai
chiese
l
'
ammissione
al
club
.
Vedeva
veramente
in
questa
categoria
l
'
oppressore
privilegiato
.
Era
convinto
che
in
Italia
i
poveri
fossero
poveri
perché
i
ricchi
erano
ricchi
.
E
fu
per
questo
che
esercitò
tanta
suggestione
anche
fuori
d
'
Italia
..
Quando
Mattei
diceva
ai
Paesi
sottosviluppati
che
il
loro
sottosviluppo
dipendeva
dalla
rapacità
degli
sfruttatori
,
non
lo
diceva
soltanto
per
fare
i
propri
affari
.
Ci
credeva
.
In
lui
c
'
era
una
componente
di
messianismo
populista
.
Aveva
degli
uomini
una
concezione
manichea
:
di
qua
i
deboli
e
buoni
,
di
là
i
potenti
e
cattivi
.
Ricordo
una
sua
intervista
in
televisione
in
cui
egli
parlava
dell
'
ENI
come
di
un
disarmato
gattino
perso
nel
bosco
tra
belve
rapaci
.
La
menzogna
era
smaccata
e
mi
fece
trasalire
d
'
indignazione
:
l
'
ENI
in
quel
momento
aveva
già
zanne
e
artigli
da
tigre
.
Eppure
,
dopo
capii
che
Mattei
era
in
buona
fede
e
che
proprio
questa
era
la
sua
forza
:
per
diventare
il
vindice
di
un
sopruso
,
aveva
bisogno
di
sentirsene
la
vittima
.
Quanto
ci
sia
di
favoloso
e
leggendario
in
ciò
che
i
suoi
agiografi
spacciano
per
biografico
,
non
conta
.
Conta
solo
il
fatto
ch
'
egli
abbia
ispirato
favole
e
leggende
.
Forse
per
esempio
non
è
del
tutto
vero
che
il
suo
impero
nacque
da
un
gesto
di
disobbedienza
quando
,
nominato
dal
governo
commissario
dell
'
Azienda
Generale
Petroli
(
AGI
P
)
col
compito
di
liquidarla
,
vi
si
rifiutò
con
un
'
insolente
lettera
di
sfida
.
Ma
è
del
tutto
vero
che
in
quel
momento
egli
non
aveva
la
minima
idea
di
ciò
che
stava
facendo
e
dove
sarebbe
andato
a
parare
.
Frankel
dice
che
subito
dopo
la
Liberazione
,
Mattei
non
aveva
affatto
deciso
su
che
strada
mettersi
,
ma
che
caso
mai
propendeva
più
per
la
politica
che
per
gli
affari
.
E
probabile
.
Si
era
fatto
un
bel
nome
nella
Resistenza
di
cui
era
stato
il
Grande
Elemosiniere
,
era
strettamente
legato
ai
suoi
più
prestigiosi
capi
,
e
aveva
un
vasto
seguito
fra
i
partigiani
.
Inoltre
,
per
gli
affari
,
gli
mancava
il
maggiore
propellente
:
la
sete
di
denaro
.
Mattei
era
più
ricco
prima
di
creare
la
sua
azienda
che
durante
e
dopo
.
Egli
amava
solo
il
potere
,
e
l
'
amore
del
potere
esclude
tutti
gli
altri
.
Ma
probabilmente
si
era
già
accorto
che
la
politica
in
Italia
non
conduce
al
potere
.
Conduce
solo
alla
politica
,
per
la
quale
a
lui
mancavano
non
solo
le
qualità
,
ma
anche
i
difetti
che
contano
ancora
di
più
:
era
un
pessimo
oratore
e
credeva
in
ciò
che
faceva
con
una
convinzione
e
ostinazione
che
lo
rendevano
inaccessibile
a
quell
'
arte
del
compromesso
,
di
cui
la
politica
ormai
non
fa
più
il
mezzo
,
ma
il
fine
.
Tuttavia
la
sua
scelta
fu
solo
di
strumento
,
non
di
obbiettivo
.
Preferì
il
petrolio
al
Parlamento
perché
pensò
che
fosse
più
facile
dominare
il
Parlamento
col
petrolio
che
il
petrolio
col
Parlamento
.
Del
petrolio
sapeva
ben
poco
,
allora
.
Sapeva
soltanto
che
le
nostro
forniture
dipendevano
da
quelle
grandi
compagnie
internazionali
in
cui
egli
vedeva
la
più
perfetta
e
abominevole
incarnazione
della
"
plutocrazia
"
.
Frankel
dice
che
non
ci
fu
mai
verso
di
convincerlo
ch
'
esse
non
formavano
un
vero
e
proprio
"
cartello
"
,
come
lui
spregiosamente
lo
chiamava
,
cioè
un
monopolio
,
e
che
i
loro
profitti
non
erano
poi
così
esosi
,
come
lui
valutava
.
Mattei
doveva
crederlo
perché
solo
così
poteva
riuscire
a
farlo
credere
ai
Paesi
produttori
.
Egli
portava
nelle
sue
menzogne
una
carica
di
sincerità
che
le
rendeva
irresistibili
.
Non
conosco
i
capi
delle
compagnie
petrolifere
.
Penso
che
sul
piano
tecnico
e
manageriale
debbano
essere
uomini
agguerritissimi
,
rotti
a
qualunque
astuzia
,
e
con
un
pelo
sullo
stomaco
alto
così
.
Ma
sul
piano
umano
la
loro
ottusità
deve
toccare
livelli
da
Himalaya
,
a
giudicarne
dal
modo
con
cui
hanno
condotto
la
lotta
contro
l
'
ENI
.
Essi
risero
quando
Mattei
,
alla
vista
delle
prime
gocce
di
petrolio
portate
alla
superficie
dalle
sue
sonde
in
Val
Padana
,
annunciò
con
la
voce
rotta
dall
'
emozione
che
l
'
Italia
aveva
trovato
nelle
sue
viscere
la
cassaforte
di
una
ricchezza
aperta
a
tutti
.
Avevano
ragione
in
quanto
la
cassaforte
non
conteneva
che
quelle
poche
gocce
.
Ma
non
capirono
che
in
un
Paese
appena
reduce
dalle
mortificazioni
della
disfatta
,
più
che
di
petrolio
,
c
'
era
bisogno
di
fiducia
,
e
che
quell
'
annunzio
riecheggiante
il
solito
«
L
'
Italia
farà
da
sé
»
,
ne
ridava
.
Essi
risero
quando
Mattei
si
mise
a
profondere
miliardi
per
costruire
le
più
belle
moderne
e
lussuose
stazioni
di
servizio
con
la
scritta
"
Supercortemaggiore
,
la
potente
benzina
italiana
"
.
Avevano
ragione
perché
quella
benzina
italiana
era
fornita
dall
'
Anglo
-
Iranian
inglese
.
Ma
non
capirono
che
queste
ostentazioni
affezionavano
la
pubblica
opinione
a
un
'
illusione
cui
non
avrebbe
mai
più
rinunziato
,
dando
così
a
Mattei
la
forza
di
tradurla
in
realtà
.
Essi
credettero
che
Mattei
fosse
un
venditore
di
tappeti
.
Sbagliavano
.
Era
un
venditore
di
sogni
,
merce
molto
più
pericolosa
,
anche
perché
facilmente
esportabile
e
non
soggetta
a
dogana
.
Nessuno
può
dire
se
,
nel
momento
in
cui
il
suo
aereo
precipitò
,
egli
fosse
alla
vigilia
di
una
clamorosa
vittoria
o
di
una
irreparabile
disfatta
.
Cioè
potrebbe
dirlo
solo
il
suo
successore
Cefis
,
che
si
rifiuta
di
parlare
.
E
noto
che
Cefis
,
prima
stretto
collaboratore
di
Mattei
,
se
n
'
era
poi
allontanato
-
e
,
mi
dicono
,
in
malo
modo
-
per
dissensi
sui
criteri
di
gestione
dell
'
azienda
dove
rientrò
dopo
la
morte
del
fondatore
.
Eppure
non
ha
mai
pronunciato
che
parole
di
rispetto
,
quasi
di
venerazione
,
nei
suoi
confronti
.
Io
credo
che
Mattei
abbia
commesso
molti
sbagli
,
ma
che
proprio
questi
diano
la
misura
dell
'
uomo
.
Chiunque
altro
ne
sarebbe
stato
travolto
.
Lui
no
,
perché
era
più
grosso
di
essi
,
un
personaggio
ibseniano
,
cui
è
superfluo
cercar
di
attribuire
un
'
aureola
di
martire
tessendo
cattivi
romanzi
gialli
sulla
sua
fine
.
Non
ne
ha
bisogno
.
StampaQuotidiana ,
Questa
mane
si
è
attivato
dalla
Direzione
dei
tramways
un
servizio
ordinario
di
omnibus
dalla
stazione
della
ferrovia
meridionale
per
via
Maqueda
al
Politeama
con
partenza
a
20
minuti
e
coincidenza
al
Politeama
colla
linea
dei
tramways
.
È
con
piacere
che
abbiamo
veduto
inaugurato
un
tal
servizio
,
che
speriamo
veder
esteso
ad
altri
punti
della
città
.
E
in
ciò
facciamo
assegnamento
nell
'
egregio
direttore
dei
tramways
il
quale
non
trascura
mezzi
per
render
più
facili
le
comunicazioni
nella
nostra
città
,
di
che
dobbiamo
sapergli
grato
.
StampaQuotidiana ,
In
tempo
di
guerra
coloro
cui
incombe
controllare
e
dirigere
l
'
opinione
pubblica
paventano
il
disfattismo
,
ma
altresì
le
false
notizie
di
vittorie
,
i
presagi
di
rapida
felice
conclusione
che
,
non
verificandosi
,
portano
a
reazioni
di
sfiducia
.
È
ciò
cui
penso
vedendo
l
'
attesa
,
in
alcuni
ambienti
troppo
trepida
,
del
Concilio
:
il
formarsi
di
un
suo
mito
.
Per
quanto
grande
possa
esserne
il
successo
,
poco
muterà
,
immediatamente
od
in
breve
volgere
di
tempo
,
soprattutto
agli
occhi
di
chi
non
segue
nei
dettagli
le
questioni
di
disciplina
ecclesiastica
.
Se
si
avrà
un
qualche
ritorno
all
'
ovile
,
non
sarà
che
da
parte
di
minori
chiese
scismatiche
,
forse
di
qualche
rito
orientale
,
meno
improbabilmente
di
gruppi
che
le
vicende
politiche
hanno
allontanato
dalle
sedi
originarie
.
I
mutamenti
disciplinari
,
consistessero
anche
in
un
più
deciso
impiego
dei
laici
,
od
in
una
maggiore
autonomia
dei
vescovi
(
che
non
so
se
augurarmi
:
coloro
che
deprecano
l
'
accentramento
romano
non
pensano
a
quanto
è
valso
a
salvare
le
chiese
dei
singoli
paesi
dal
pericolo
di
scivolare
nel
nazionalismo
,
di
essere
completamente
dominate
volta
a
volta
dalle
esasperazioni
dell
'
opinione
pubblica
locale
)
,
non
saranno
appariscenti
,
atti
a
colpire
l
'
immaginazione
popolare
.
Non
verrà
certo
meno
la
distinzione
tra
chierici
e
laici
,
la
potestà
di
magistero
riservata
ai
primi
,
né
il
celibato
del
clero
,
né
il
rigore
nelle
cause
di
nullità
matrimoniale
.
Per
parare
il
pericolo
della
delusione
,
occorre
ricordare
pure
agli
entusiasti
che
non
solo
l
'
aspetto
esteriore
,
ma
l
'
andamento
generale
della
vita
ecclesiastica
non
è
soggetto
a
subire
profondi
mutamenti
per
via
del
Concilio
(
i
preti
meno
zelanti
,
i
religiosi
meno
illuminati
,
resteranno
quel
che
sono
)
;
e
soggiungere
subito
che
tuttavia
l
'
evento
conciliare
si
presenta
come
di
primaria
importanza
non
tanto
nella
storia
della
Chiesa
quanto
in
quella
del
secolo
,
ed
è
probabilmente
destinato
a
segnare
una
data
memoranda
.
Giustamente
s
'
insegnava
che
dopo
il
Vaticano
I
,
con
la
proclamazione
dell
'
infallibilità
pontificia
,
dopo
che
il
Codice
di
diritto
canonico
aveva
ribadito
che
le
delibere
conciliari
non
hanno
efficacia
se
non
approvate
e
promulgate
dal
Papa
,
che
il
Concilio
non
può
trattare
argomenti
se
non
proposti
dal
Papa
o
da
lui
preventivamente
approvati
,
non
appariva
l
'
opportunità
di
nuovi
Concili
;
onde
si
riteneva
che
quello
del
1869-'70
sarebbe
rimasto
l
'
ultimo
.
Ed
in
effetto
tutto
ciò
che
statuirà
il
Concilio
avrebbe
potuto
essere
sancito
con
singoli
atti
pontifici
.
I
questionari
che
sono
stati
rivolti
ai
vari
episcopati
su
una
serie
di
punti
,
e
che
hanno
raccolto
volumi
e
volumi
di
risposte
-
si
ammira
in
particolare
la
solerzia
dell
'
episcopato
germanico
-
avrebbero
potuto
essere
del
pari
inviati
e
valutati
in
vista
di
Bolle
pontificie
,
elaborate
nella
competente
congregazione
.
Sarebbe
stato
dell
'
indole
del
Pontefice
,
del
suo
apprezzamento
della
situazione
,
seguire
o
meno
le
direttive
emananti
da
tali
risposte
,
scegliere
tra
le
opinioni
diverse
.
Il
Concilio
implica
la
discussione
in
assemblea
,
il
porre
quindi
alla
luce
del
sole
(
anche
se
i
verbali
non
dovessero
venire
pubblicati
integralmente
,
se
in
essi
venissero
smussati
alcuni
dissensi
,
non
è
mai
segreto
quel
che
segue
in
un
'
assemblea
di
quasi
tremila
persone
)
i
reciproci
punti
di
vista
,
il
far
sapere
in
un
secondo
momento
che
certe
decisioni
furono
adottate
a
maggioranza
e
non
alla
unanimità
.
Ciò
che
ha
importanza
non
come
accenno
ad
una
impossibile
riforma
di
struttura
della
Chiesa
(
dove
il
potere
non
può
venire
che
dall
'
alto
,
dove
nessuna
maggioranza
può
imporsi
al
Vicario
di
Cristo
)
,
ma
come
fatto
di
costume
.
L
'
obbedire
a
ciò
che
si
sa
essere
stato
proposto
in
base
a
certe
esperienze
,
discusso
,
approvato
in
virtù
di
argomenti
noti
,
è
il
rationabile
obsequium
,
contrapposto
all
'
obbedienza
a
ciò
che
misteriosi
superiori
nella
loro
imperscrutabile
saggezza
avessero
ordinato
per
ragioni
a
loro
soltanto
note
.
Su
un
terreno
di
annientamento
del
proprio
io
,
indubbiamente
più
meritevole
la
seconda
obbedienza
;
ma
è
significativo
che
ci
si
preoccupi
oggi
,
a
differenza
che
in
altri
momenti
,
di
vedere
nell
'
ecclesiastico
,
nel
fedele
,
non
tanto
quegli
pronto
ad
umiliare
la
propria
ragione
sull
'
ara
della
disciplina
,
quanto
quegli
che
deve
essere
convinto
per
poter
convincere
,
per
rendersi
portatore
di
luce
.
Sul
terreno
dei
rapporti
interconfessionali
:
se
neppure
il
più
piccolo
gruppo
dissenziente
avesse
a
riunirsi
alla
Chiesa
cattolica
,
rimarrebbe
del
pari
grandissimo
fatto
l
'
invito
rivolto
a
tutte
le
confessioni
ed
eminentemente
il
mutato
stile
di
fronte
ai
separati
.
I
meno
giovani
si
rendono
conto
che
il
linguaggio
attuale
verso
greco
-
orientali
ortodossi
e
verso
protestanti
sarebbe
stato
semplicemente
impensabile
sotto
Pio
X
,
ancora
sotto
Pio
XI
;
anche
in
omaggio
al
nuovo
clima
avrei
preferito
che
la
risposta
valdese
fosse
diversa
,
con
minor
timore
di
un
equivoco
che
non
poteva
sorgere
in
alcuna
persona
sensata
.
Senza
pensare
a
conversioni
od
a
ritrattazioni
,
ci
si
può
dire
lieti
di
cooperare
in
qualche
opera
di
bene
,
soprattutto
nella
difesa
dei
valori
comuni
a
tutto
il
cristianesimo
di
fronte
a
chi
nega
ogni
luce
del
divino
.
La
grande
svolta
che
a
mio
avviso
segna
il
Concilio
,
è
proprio
in
un
mutamento
di
prospettiva
.
Va
da
sé
che
per
la
Chiesa
cattolica
oggi
come
domani
come
ieri
,
chi
non
accetta
tutti
i
suoi
dogmi
,
e
così
il
Papa
vicario
infallibile
di
Cristo
,
è
in
errore
.
Ma
posizioni
opposte
sono
:
l
'
arrestarsi
su
quel
che
divide
,
l
'
isterilirsi
nel
ribadire
all
'
infinito
l
'
antitesi
"
verità
-
errore
"
,
ed
il
dire
invece
:
"
accantoniamo
questi
punti
,
su
cui
le
opinioni
di
ciascuno
sono
note
e
nette
(
ognuno
potrà
anche
aggiungere
:
le
mie
,
immutabili
)
,
e
cerchiamo
di
lavorare
insieme
"
.
Ciò
che
significa
anche
:
"
guardiamoci
gli
uni
e
gli
altri
con
occhio
amico
,
e
confrontiamo
altresì
le
nostre
esperienze
sul
miglior
modo
per
rendere
gli
uomini
più
buoni
,
per
condurli
a
Dio
"
.
Mi
sembra
che
non
solo
ogni
cattolico
,
ma
ogni
uomo
di
buona
volontà
,
di
qualsiasi
convincimento
,
debba
augurare
successo
a
chi
si
pone
su
questa
via
.
StampaQuotidiana ,
Nel
'68
,
quando
fu
costituito
il
primo
governo
Rumor
,
nel
leggere
la
lista
dei
partecipanti
,
molti
rimasero
di
stucco
:
il
nome
di
Giulio
Andreotti
non
vi
figurava
.
Era
la
prima
volta
che
succedeva
da
oltre
vent
'
anni
.
Di
quanti
ministeri
si
siano
composti
e
decomposti
in
quest
'
arco
di
tempo
,
ho
perso
il
conto
;
ma
tutti
ricordavamo
che
non
ce
n
'
era
stato
uno
di
cui
Andreotti
non
avesse
occupato
qualche
posto
-
chiave
.
Dal
sottosegretariato
alla
Presidenza
del
Consiglio
alle
Finanze
,
dalle
Finanze
al
Tesoro
,
dal
Tesoro
alla
Difesa
,
dalla
Difesa
all
'
Industria
,
Andreotti
si
era
ormai
accreditato
come
il
jolly
della
politica
italiana
,
una
specie
di
Domenghini
buono
per
tutti
i
ruoli
sia
d
'
attacco
che
di
difesa
.
Gli
eurologi
-
come
potremmo
chiamare
gli
esperti
del
Cremlino
democristiano
che
,
come
tutti
sanno
,
ha
la
sua
sede
all
'
EUR
-
ravvisarono
nell
'
esclusione
il
segno
di
una
parabola
discendente
.
Andreotti
,
dissero
,
è
caduto
vittima
di
un
eccesso
di
abilità
.
A
furia
di
non
volersi
legare
a
nessun
gruppo
per
restare
in
una
posizione
di
arbitro
rispetto
a
quelli
altrui
e
fare
tra
loro
l
'
ago
della
bilancia
,
è
rimasto
isolato
,
e
ora
ne
paga
il
fio
.
La
sua
è
ormai
una
battaglia
di
retroguardia
,
con
cui
tenta
di
salvare
il
salvabile
,
cioè
la
sua
posizione
di
"
notabile
"
.
Quella
non
può
insidiargliela
nessuno
,
data
la
sua
base
elettorale
fra
le
più
forti
del
partito
:
oltre
duecentomila
voti
di
preferenza
.
Ma
su
di
essa
ha
ripiegato
,
rinunziando
alla
lotta
per
il
primato
.
Giovane
com
'
è
,
può
anche
darsi
che
torni
la
sua
ora
.
Ma
chissà
quanto
dovrà
aspettarla
.
L
'
ha
aspettata
due
anni
:
che
,
per
un
'
inversione
di
parabola
,
sono
un
po
'
pochi
.
E
'
chiaro
che
Andreotti
,
lungi
dal
rinunziare
,
faceva
in
questo
frattempo
una
corsa
di
difesa
in
coda
al
plotone
per
prendere
la
volata
e
batterlo
sull
'
ultima
rampa
.
Non
so
se
questo
piano
lo
avesse
in
testa
fin
dal
'68
.
So
soltanto
che
,
per
lasciarsi
emarginare
da
una
lista
di
governo
,
qualcosa
in
testa
doveva
averla
.
L
'
ha
sempre
avuta
,
fin
dal
tempo
in
cui
sembrava
che
la
sua
sorte
fosse
indissolubilmente
legata
a
quella
di
De
Gasperi
.
Con
questo
-
intendiamoci
-
non
vogliamo
dire
ch
'
egli
abbia
tradito
il
suo
iniziatore
e
patrono
.
Anzi
,
fra
tutti
i
pupilli
dello
statista
trentino
,
è
uno
dei
più
fedeli
alla
sua
memoria
,
e
l
'
ha
dimostrato
anche
nell
'
eccellente
saggio
biografico
che
gli
ha
dedicato
.
La
sua
non
è
l
'
orazione
funebre
di
Antonio
sulla
tomba
di
Cesare
.
Si
sente
che
parla
d
'
un
Maestro
,
anzi
del
Maestro
.
Ma
al
cadavere
non
rimase
abbracciato
e
non
ne
seguì
la
sorte
,
come
una
vedova
indiana
,
sulla
pira
.
Quell
'
operazione
di
svincolo
,
a
volerla
compiere
senza
incorrere
in
accusa
di
fellonia
e
ingratitudine
,
non
era
facile
.
Anche
per
ragioni
di
anagrafe
(
è
nato
nel
'19
)
,
Andreotti
non
aveva
meriti
"
ante
marcia
"
.
Come
antifascista
,
tutto
il
suo
capitale
morale
consisteva
nell
'
amicizia
di
De
Gasperi
,
da
lui
conosciuto
un
giorno
del
'41
,
nella
biblioteca
Vaticana
.
Studente
poco
più
che
ventenne
,
Andreotti
c
'
era
andato
-
dice
-
a
cercarvi
dei
documenti
sulla
Marina
pontificia
.
Il
bibliotecario
ignorava
che
ce
ne
fosse
stata
una
e
si
meravigliò
che
quel
ragazzo
se
ne
interessasse
,
e
proprio
in
quel
momento
.
Ce
ne
meravigliamo
un
po
'
anche
noi
,
pur
conoscendo
le
curiosità
dell
'
uomo
e
la
sua
passione
per
la
Storia
.
De
Gasperi
allora
non
era
che
un
ospite
mal
sopportato
della
Curia
,
ma
il
suo
nome
cominciava
a
uscire
dall
'
oblio
in
cui
il
regime
lo
aveva
piombato
.
Il
giovane
studioso
trovò
molto
istruttiva
la
conversazione
con
lui
,
sebbene
di
Marina
del
tutto
digiuno
.
Tornò
a
vederlo
con
sempre
maggior
frequenza
,
e
di
lì
a
poco
si
trovò
travasato
nella
redazione
del
Popolo
,
che
aveva
ripreso
clandestinamente
le
sue
pubblicazioni
sotto
la
direzione
di
Gonella
.
Aveva
inciampato
in
De
Gasperi
al
momento
giusto
:
quello
in
cui
i
dispersi
superstiti
del
vecchio
partito
popolare
si
riunivano
sotto
la
sua
guida
,
cercavano
di
ricostituire
alla
svelta
i
quadri
e
avevano
bisogno
,
per
vitaminizzarli
,
di
giovani
.
Gli
unici
che
avessero
una
fedina
politica
pulita
erano
quelli
che
non
avevano
avuto
il
tempo
di
sporcarla
:
quelli
delle
ultimissime
leve
,
cui
Andreotti
apparteneva
.
De
Gasperi
nutriva
una
invincibile
diffidenza
per
gli
uomini
della
generazione
successiva
alla
sua
,
tutti
più
o
meno
figli
della
lupa
.
Preferiva
i
nipoti
.
E
fra
i
nipoti
,
predilesse
Andreotti
per
motivi
che
possiamo
soltanto
ricostruire
per
induzione
.
De
Gasperi
era
un
cattolico
,
non
un
clericale
,
e
già
fin
d
'
allora
aveva
i
suoi
guai
col
Vaticano
.
Pio
XII
non
lo
amava
.
Viceversa
Andreotti
in
Vaticano
ci
stava
come
una
trota
nel
torrente
,
o
per
meglio
dire
come
un
'
anguilla
nella
mota
.
Non
so
se
vi
avesse
già
dei
protettori
quando
andò
a
fare
quelle
tali
ricerche
nella
Biblioteca
.
Ma
fatto
sta
che
in
quel
labirinto
di
corridoi
,
in
quell
'
andirivieni
di
passi
felpati
,
fra
tutti
quei
Monsignori
dalla
voce
sommessa
e
dal
linguaggio
allusivo
,
si
orientò
subito
,
come
guidato
da
un
radar
.
Vado
-
ripeto
-
per
ipotesi
.
Ma
non
mi
sembra
azzardato
supporre
che
in
quel
mondo
egli
sia
stato
,
per
De
Gasperi
,
un
prezioso
ambasciatore
,
e
che
anche
a
questo
debba
il
suo
fulmineo
inizio
di
carriera
:
deputato
a
ventott
'
anni
,
prima
di
trenta
era
già
sottosegretario
alla
Presidenza
,
cioè
l
'
uomo
più
vicino
al
capo
e
più
al
corrente
delle
sue
manovre
.
Andava
anche
,
mi
dicono
,
a
messa
insieme
a
lui
,
e
tutti
credevano
che
facessero
la
stessa
cosa
.
Ma
non
era
così
.
In
chiesa
,
De
Gasperi
parlava
con
Dio
;
Andreotti
col
prete
.
Era
una
divisione
di
compiti
perfetta
.
Quale
profitto
l
'
allievo
avesse
tratto
da
quell
'
esperienza
,
lo
si
vide
alla
scomparsa
del
maestro
.
Si
vestì
da
orfano
,
ma
senza
avanzar
pretese
all
'
eredità
:
e
in
tal
modo
si
sottrasse
alla
spietata
epurazione
che
invece
colpì
i
grandi
diadochi
del
defunto
:
Scelba
,
Gonella
eccetera
.
Da
che
parte
sia
stato
in
questi
sedici
anni
di
guerra
di
successione
,
nessun
eurologo
è
in
grado
di
dirlo
con
certezza
.
Con
certezza
si
sa
soltanto
che
nel
partito
non
c
'
è
stata
maggioranza
in
cui
egli
non
sia
entrato
né
ministero
di
cui
non
abbia
fatto
parte
.
Nell
'
arruffato
giuoco
di
correnti
,
che
ha
ridotto
la
dicci
a
un
vortice
,
anche
lui
ha
la
sua
,
che
si
chiama
"
Primavera
"
e
che
di
professione
fa
la
fidanzata
:
anche
il
nome
l
'
aiuta
a
dire
all
'
ultimo
momento
che
ancora
"
non
ha
l
'
età
"
.
Per
quale
sottile
combinazione
di
pesi
e
contrappesi
il
partito
ora
abbia
affidato
a
lui
la
nuova
operazione
di
governo
,
è
materia
d
'
ipotesi
.
Ma
forse
il
motivo
va
ricercato
appunto
nelle
difficoltà
coniugali
ch
'
essa
comporta
,
e
di
cui
Andreotti
si
è
dimostrato
il
massimo
esperto
.
Mi
pare
che
vi
abbia
accennato
egli
stesso
quando
,
uscendo
dal
Quirinale
,
disse
che
la
collaborazione
fra
i
quattro
partiti
non
implicava
un
matrimonio
,
lasciando
capire
che
poteva
limitarsi
allo
"
struscio
"
.
A
quest
'
ardua
impresa
,
nessuno
è
più
qualificato
di
lui
che
ha
strusciato
sempre
senza
compromettersi
mai
.
L
'
uomo
è
distaccato
,
freddo
,
guardingo
,
a
sangue
ghiaccio
.
Non
c
'
è
pericolo
che
impenni
sull
'
ostacolo
.
E
abituato
ad
aggirarlo
,
e
lo
dimostra
la
disinvoltura
con
cui
ha
regolarmente
fatto
le
sue
«
entrate
»
-
ora
da
destra
,
ora
da
sinistra
-
che
tanto
hanno
confuso
gli
osservatori
.
Come
arma
di
riserva
,
dispone
anche
dell
'
umorismo
.
Andreotti
è
l
'
unico
uomo
politico
italiano
che
ne
possieda
,
e
forse
molto
più
di
quanto
mostra
.
Lo
amministra
con
parsimonia
perché
sa
benissimo
quanto
sia
pericoloso
,
in
un
paese
marcio
di
solennità
e
di
retorica
come
il
nostro
.
Ma
ogni
tanto
lo
tira
fuori
come
un
gatto
gli
artigli
,
e
sono
questi
graffi
che
conferiscono
alla
sua
eloquenza
un
timbro
particolare
.
Andreotti
non
è
un
grande
oratore
:
gliene
mancano
la
rotondità
e
i
voli
.
Ma
è
uno
squisito
parlatore
,
uno
schermidore
che
assesta
il
colpo
senza
perdere
mai
la
guardia
,
un
agguerrito
débatteur
pieno
di
garbo
e
di
cattiveria
,
cioè
di
una
cattiveria
corretta
dal
garbo
.
Ce
n
'
è
per
tutti
,
amici
e
nemici
,
perché
in
questo
romano
pontificio
convivono
in
perfetta
armonia
un
Monsignore
e
un
Pasquino
.
E
vorrei
sapere
quante
altre
ce
ne
sono
nel
suo
«
Diario
»
segreto
che
,
mi
dicono
(
e
ci
credo
perché
del
memorialista
ha
la
passione
e
tutte
le
qualità
)
,
egli
tiene
scrupolosamente
aggiornato
.
Peccato
che
non
faremo
in
tempo
a
leggerlo
perché
Andreotti
non
lo
pubblicherà
prima
del
suo
ritiro
dalla
politica
che
coinciderà
con
il
suo
congedo
dalla
vita
.
E
non
ha
che
cinquant
'
anni
.
È
autenticamente
colto
,
cioè
di
quelli
che
non
credono
che
la
cultura
sia
cominciata
con
la
sociologia
e
finisca
lì
.
Come
abbia
fatto
a
formarsela
,
avendo
cominciato
a
fare
il
ministro
prima
dei
trent
'
anni
e
non
avendo
più
smesso
,
Dio
solo
lo
sa
.
Ma
mi
dicono
ch
'
è
sempre
riuscito
a
trovare
il
tempo
di
annaffiarla
.
E
questo
è
a
dir
poco
sorprendente
perché
,
oltre
che
dal
daffare
governativo
,
egli
dev
'
essere
oberato
da
quello
elettorale
come
capo
di
una
delle
più
vaste
clientele
d
'
Italia
.
Secondo
qualcuno
,
la
sua
segreteria
sarebbe
la
più
efficiente
centrale
di
«
raccomandazioni
»
,
pur
in
un
Paese
e
in
un
partito
in
cui
l
'
efficienza
si
sfoga
solo
lì
.
Ma
va
a
metano
,
cioè
senza
far
fumo
né
residuati
.
E
'
una
specialità
di
Andreotti
quella
di
non
lasciar
mai
impronte
digitali
.
Un
industriale
mi
ha
raccontato
:
«
Un
giorno
Andreotti
mi
parlò
di
un
suo
protetto
in
tali
termini
che
io
stavo
per
offrirgli
un
posto
di
direttore
generale
,
quando
lui
mi
chiese
di
assumerlo
come
fattorino
.
Promuovendo
quella
specie
di
Einstein
a
impiegato
,
mi
sentivo
ancora
in
debito
con
lui
»
.
Una
volta
chiesero
ad
Andreotti
,
per
l
'
ennesima
volta
ministro
,
se
non
avvertiva
il
pericolo
che
alla
fine
il
potere
lo
logorasse
.
«
Il
potere
logora
coloro
che
non
lo
hanno
»
rispose
placidamente
.
E
oggi
non
ha
certo
di
che
ricredersi
.
Egli
offre
anche
questa
garanzia
:
di
conoscere
come
nessuno
la
macchina
dello
Stato
perché
di
tutti
i
suoi
ingranaggi
ha
fatto
l
'
esperienza
sul
vivo
,
e
tale
è
la
prontezza
con
cui
se
ne
impadronisce
che
dovunque
è
passato
ha
lasciato
il
ricordo
di
un
"
competente
"
.
Ma
questa
,
per
un
uomo
di
governo
,
è
la
qualità
che
conta
meno
,
in
Italia
.
Anzi
,
può
anch
'
essere
considerata
negativa
.
StampaQuotidiana ,
Abbiamo
ieri
visitato
con
piacere
questo
magnifico
Albergo
tenuto
dai
fratelli
Ragusa
.
Situato
in
una
posizione
ridente
,
in
mezzo
a
giardini
e
serre
,
con
veduta
del
mare
,
può
dirsi
uno
dei
più
deliziosi
luoghi
,
ed
affascinanti
,
in
cui
il
forestiero
,
che
viene
a
visitare
la
città
nostra
,
a
respirarne
le
aure
imbalsamate
e
salutifere
,
trova
tutto
il
confortabile
,
e
tutte
le
comodità
,
tutte
le
delizie
che
nei
più
grandi
alberghi
del
continente
non
sempre
si
trovano
.
Stanze
ben
arredate
,
sale
splendidissime
per
conversazione
,
sale
di
lettura
,
e
poi
ampi
terrazzi
,
serre
ridentissime
,
giardini
verdeggianti
e
profumati
,
insomma
tutto
che
puossi
desiderare
di
più
ricco
,
di
più
bello
,
di
più
incantevole
.
Non
parliamo
della
cucina
,
affidata
ad
abile
cuoco
,
né
del
servizio
,
al
quale
son
destinati
camerieri
italiani
,
francesi
,
tedeschi
,
affinché
i
forestieri
possano
far
uso
della
loro
lingua
ove
non
conoscano
il
nostro
idioma
.
L
'
Hôtel
des
Palmes
fa
onore
alla
nostra
città
,
fa
onore
ai
fratelli
Ragusa
che
ne
sono
i
proprietari
,
i
quali
meritano
tutta
la
lode
per
avervi
impiegato
vistosi
capitali
creando
un
albergo
degno
di
Palermo
.
Noi
auguriamo
ogni
fortuna
a
questi
giovani
egregi
,
i
quali
serbano
le
tradizioni
paterne
,
cercano
col
lavoro
di
accrescere
i
capitali
col
lavoro
acquistati
,
e
hanno
il
coraggio
delle
grandi
imprese
,
senza
il
quale
nulla
può
farsi
di
proficuo
e
di
fecondo
.
È
qui
il
luogo
di
ripetere
il
detto
del
poeta
latino
:
Audaces
fortuna
juvat
!
StampaQuotidiana ,
Ha
avuto
giusta
eco
il
discorso
del
cardinale
Bea
alla
Università
"
Pro
Deo
"
,
specie
nel
passo
in
cui
ricorda
come
il
segretariato
per
l
'
unione
dei
cristiani
abbia
preparato
uno
schema
da
proporre
al
Concilio
sul
tema
della
libertà
dell
'
uomo
di
seguire
anche
in
materia
religiosa
solo
la
propria
coscienza
,
sul
dovere
dell
'
individuo
e
della
società
di
rispettare
tale
libertà
ed
autodecisione
.
Forse
le
parole
più
salienti
del
discorso
sono
quelle
che
insistono
sui
due
doni
che
debbono
sempre
restare
congiunti
:
«
L
'
amore
della
verità
e
l
'
amore
della
persona
,
cioè
la
carità
del
prossimo
...
L
'
amore
della
verità
,
senza
carità
,
diviene
intollerante
e
respinge
.
La
carità
senza
la
verità
è
cieca
e
non
può
durare
.
La
grazia
che
il
credente
deve
impetrare
da
Dio
è
anzitutto
"
l
'
armonia
tanto
difficile
da
realizzarsi
:
tra
l
'
amore
della
verità
e
la
carità
...
"
»
.
Non
so
se
sia
caso
,
o
riserbo
,
il
discorso
non
è
stato
riprodotto
dall
'
Osservatore
Romano
.
Esso
è
meno
ardito
di
quanto
potrebbe
sembrare
,
se
si
riflette
che
la
Chiesa
ha
sempre
considerato
come
dogma
fondamentale
,
da
cui
deriva
la
responsabilità
dell
'
uomo
,
quello
della
libera
scelta
,
del
nessun
valore
del
gesto
coartato
.
Non
si
salva
l
'
anima
di
alcuno
legando
il
suo
corpo
per
impedirgli
di
compiere
il
male
cui
anela
.
Ma
in
altri
punti
ci
sono
stati
lenti
,
non
sempre
facilmente
coglibili
,
mutamenti
.
Si
è
sempre
ammesso
in
teoria
che
si
possa
errare
per
ignoranza
,
in
buona
fede
;
solo
,
per
lunghissimi
periodi
,
fin
quasi
ai
giorni
nostri
,
si
stentava
a
riconoscere
questa
buona
fede
;
gli
eretici
erano
incalliti
nell
'
errore
,
perché
attraverso
le
Scritture
che
professavano
di
venerare
dovevan
riconoscere
la
verità
della
fede
cattolica
,
anzitutto
il
magistero
del
Pontefice
;
pervicaci
gli
ebrei
,
nel
non
voler
constatare
,
attraverso
i
loro
Profeti
,
che
con
Gesù
era
venuto
il
Messia
;
imperdonabili
gli
atei
,
perché
con
gli
argomenti
della
ragione
dovevano
pervenire
all
'
esistenza
di
Dio
,
ai
principi
fondamentali
della
fede
,
da
cui
,
per
corollari
,
si
giunge
a
tutta
la
dottrina
della
vera
religione
.
Molte
generazioni
di
teologi
,
di
pastori
,
fino
ad
epoca
vicina
a
noi
,
hanno
creduto
in
questo
splendere
della
verità
,
che
occorre
chiudere
volutamente
gli
occhi
per
non
scorgere
.
Ma
l
'
evidenza
finisce
sempre
d
'
imporsi
;
anche
quella
che
gli
argomenti
della
logica
formale
non
hanno
la
penetrazione
che
poté
attribuir
loro
un
tempo
il
cattedratico
;
che
in
ogni
ragionamento
,
appena
si
esca
fuori
dell
'
ambito
delle
scienze
fisiche
(
e
non
giurerei
neppure
in
questa
esclusione
)
c
'
è
un
elemento
passionale
,
una
spinta
fideistica
,
non
eliminabile
.
Gli
uomini
di
chiesa
hanno
dovuto
constatare
come
argomenti
che
a
loro
,
in
virtù
della
formazione
ricevuta
,
parevano
irrefutabili
,
nulla
dicevano
a
chi
aveva
ricevuto
formazione
diversa
.
I
sempre
più
larghi
contatti
con
il
mondo
di
quelli
che
per
la
Chiesa
sono
i
ciechi
o
gli
erranti
,
han
persuaso
della
loro
buona
fede
.
Le
avversioni
si
sono
attutite
.
Altro
discorso
:
a
giustificare
la
intolleranza
si
è
sempre
addotta
la
necessità
di
difendere
dall
'
errore
le
masse
,
i
giovani
,
gl
'
inesperti
.
Padre
Taparelli
oltre
cento
anni
or
sono
ne
L
'
esame
critico
degli
ordini
rappresentativi
,
rispondeva
agli
assertori
della
libertà
di
opinioni
:
chi
oppone
che
non
si
può
strappare
con
la
forza
l
'
assenso
degli
intelletti
,
non
si
rende
conto
"
che
chi
mette
in
catena
il
mostro
dell
'
errore
,
come
chi
mette
la
musoliera
all
'
orso
,
non
pretende
convertire
la
fiera
,
ma
camparne
i
galantuomini
"
.
Diciassette
anni
or
sono
,
L
'
Osservatore
Romano
rispondeva
quasi
con
i
medesimi
termini
a
quanti
,
alla
morte
di
Buonaiuti
,
si
erano
lagnati
che
l
'
intransigenza
ecclesiastica
non
gli
avesse
permesso
di
risalire
sulla
cattedra
:
dovere
della
Chiesa
,
il
preservare
i
giovani
dall
'
errore
.
Ma
già
nel
secolo
scorso
veniva
innanzi
la
famosa
distinzione
della
tesi
e
dell
'
ipotesi
;
cioè
vera
in
massima
la
tesi
del
dovere
di
chiudere
il
varco
all
'
errore
;
doversi
però
fare
l
'
ipotesi
che
quest
'
atteggiamento
generi
tali
contrasti
,
tali
reazioni
,
avversioni
alla
Chiesa
,
da
risultare
un
maggior
male
.
Oggi
ricorre
sempre
più
,
almeno
nei
paesi
liberi
-
ché
i
regimi
totalitari
sono
ancora
sul
terreno
del
chiudere
la
bocca
a
quelli
che
per
loro
sono
gli
erranti
-
,
il
presupposto
dello
scandalo
dato
dalla
repressione
del
supposto
errore
.
V
'
è
anche
un
lato
teologico
che
normalmente
si
dimentica
;
il
rigorismo
agostiniano
scorgeva
la
massa
dannata
,
da
cui
occorre
staccarsi
,
per
giungere
a
far
parte
del
piccolo
numero
di
salvati
;
nel
Trecento
un
Gregorio
da
Rimini
era
convinto
del
fuoco
sensibile
cui
sarebbero
stati
condannati
per
l
'
eternità
gl
'
infanti
morti
senza
battesimo
.
Il
cancellarsi
di
queste
concezioni
,
una
maggior
fiducia
nella
comprensione
e
nella
bontà
di
Dio
,
porta
anche
gli
uomini
più
pii
ad
avere
minor
preoccupazione
per
la
sorte
di
quanti
,
aspirando
al
bene
,
non
trovassero
la
retta
dottrina
.
Ma
l
'
antitesi
tra
liberali
ed
autoritari
è
antitesi
che
non
verrà
mai
interamente
meno
;
non
si
supera
con
argomenti
di
pura
ragione
.
Quanti
siamo
per
la
soluzione
liberale
,
sappiamo
di
essere
sospinti
da
una
fiducia
nell
'
uomo
,
nella
sua
scintilla
divina
,
che
gli
permetterà
,
sia
pure
attraverso
lunghe
traversie
,
di
trovare
la
via
migliore
;
ed
altresì
da
una
simpatia
spontanea
per
l
'
uomo
liberale
,
sempre
pronto
ad
ascoltare
,
a
comprendere
,
a
rivedere
le
proprie
posizioni
;
fede
è
simpatia
che
altri
possono
non
condividere
.
Contemporaneamente
al
discorso
del
card
.
Bea
seguiva
,
cosa
di
ben
minore
importanza
,
un
convegno
dell
'
associazione
per
la
libertà
religiosa
:
dove
naturalmente
si
auspicavano
diritti
positivi
rispettosi
di
tutti
i
convincimenti
;
che
riconoscano
a
tutti
,
appartenenti
ad
una
fede
od
uomini
che
non
si
appellano
a
Dio
,
libertà
di
cercare
proseliti
.
Ma
nelle
nostre
conversazioni
ci
accorgevamo
di
essere
divisi
,
tra
quanti
crediamo
in
un
Dio
che
preghiamo
,
quanti
hanno
un
vivo
senso
del
sacro
,
che
non
riescono
a
fissare
in
una
concreta
religione
,
e
quanti
invece
dichiarano
di
sentirsi
pienamente
appagati
nell
'
ambito
della
ragione
,
senz
'
avvertire
altri
bisogni
.
Ed
anche
in
un
altro
punto
nelle
nostre
molto
amichevoli
conversazioni
non
eravamo
concordi
;
convinti
tutti
del
dovere
dell
'
uomo
di
dichiarare
al
mondo
le
sue
convinzioni
,
io
assumevo
il
temperamento
della
pietà
.
Allo
sdegno
di
alcuni
per
ciò
,
che
la
vedova
di
un
nostro
comune
amico
aveva
voluto
per
lui
funerale
religioso
,
là
dov
'
egli
mai
era
stato
aderente
alla
fede
cattolica
,
opponevo
che
se
la
povera
donna
(
che
non
aveva
smentito
inesistenti
conversioni
)
aveva
tratto
da
ciò
conforto
,
da
quei
funerali
non
era
certo
rimasto
falsato
il
pensiero
del
marito
,
le
cui
pagine
,
nobili
e
belle
,
sono
ben
chiare
.
La
congiunzione
che
fa
il
card
.
Bea
tra
amore
della
verità
e
carità
del
prossimo
,
m
'
induce
a
perseverare
in
questo
sentire
,
che
ad
altri
più
rigidi
sembrerà
lassismo
.
StampaQuotidiana ,
Il
dottor
Aldo
Crespi
è
morto
alla
bella
età
di
93
anni
,
ma
credo
che
avrebbe
fatto
volentieri
a
meno
di
arrivarci
.
Sebbene
lucidissimo
,
o
forse
proprio
per
questo
,
l
'
ultimo
periodo
lo
ha
trascorso
in
amara
solitudine
,
distaccato
dal
mondo
,
chiuso
nella
sua
casa
senz
'
altra
compagnia
che
quella
dei
propri
ricordi
.
I
ricordi
del
dottor
Aldo
erano
il
Corriere
della
Sera
,
di
cui
per
quasi
mezzo
secolo
fu
proprietario
e
editore
insieme
ai
suoi
due
fratelli
Mario
e
Vittorio
,
scomparsi
da
tempo
.
Fu
nel
'25
che
,
secondo
una
certa
leggenda
,
essi
"
s
'
impadronirono
"
del
giornale
di
via
Solferino
,
estromettendone
Albertini
con
l
'
aiuto
del
fascismo
.
Non
è
qui
il
caso
di
far
polemiche
.
Ma
crediamo
che
,
se
fosse
sopravvissuto
,
lo
stesso
Albertini
,
nella
sua
immacolata
onestà
,
avrebbe
contestato
questa
versione
dei
fatti
.
La
maggioranza
azionaria
del
Corriere
era
già
,
grazie
al
loro
padre
Benigno
,
in
mano
ai
Crespi
.
Quando
Mussolini
ne
decise
l
'
allontanamento
,
fu
lo
stesso
Albertini
a
proporre
loro
di
rilevare
la
sua
quota
,
che
venne
pagata
-
a
quanto
ne
so
-
una
cinquantina
di
milioni
:
prezzo
considerato
,
coi
milioni
di
quei
tempi
,
abbastanza
equo
.
Dei
tre
,
il
dottor
Aldo
era
di
gran
lunga
quello
più
attaccato
al
giornale
.
Ma
di
questo
amore
erano
a
conoscenza
solo
gl
'
intimi
perché
era
considerato
peccaminoso
.
I
fratelli
Crespi
non
erano
litigiosi
come
quelli
Perrone
del
Messaggero
,
che
trascorsero
la
vita
a
farsi
processi
tra
loro
.
Però
si
sorvegliavano
strettamente
,
in
modo
che
nessuno
potesse
apparire
più
editore
dell
'
altro
.
La
legge
di
famiglia
imponeva
che
le
decisioni
le
prendessero
d
'
accordo
,
ma
l
'
accordo
era
difficile
da
trovare
.
Nel
bagno
annesso
al
loro
ufficio
c
'
erano
tre
saponi
e
tre
salviette
,
ognuna
con
la
sua
cifra
:
anche
l
'
epidermide
volevano
salva
dal
contagio
.
In
quell
'
ufficio
,
il
dottor
Aldo
avrebbe
volentieri
trascorso
le
sue
giornate
,
domenica
compresa
.
Ma
siccome
gli
altri
due
ci
venivano
una
volta
sola
alla
settimana
,
anche
lui
si
sentiva
in
obbligo
di
osservare
la
regola
.
Vi
arrivavano
insieme
,
in
modo
da
escludere
"
precedenze
"
passando
da
una
porticina
quasi
di
servizio
per
non
farsi
notare
.
Una
volta
che
,
trovandola
chiusa
,
imboccarono
quella
principale
,
furono
bruscamente
scacciati
da
un
fattorino
che
,
non
avendoli
mai
visti
,
non
sapeva
chi
fossero
.
Nemmeno
io
,
in
trentasette
anni
di
Corriere
,
li
ho
mai
visti
passare
per
le
stanze
e
gli
anditi
della
redazione
.
Fuori
di
lì
li
conobbi
,
e
qualche
volta
li
incontravo
,
ma
dalla
conversazione
era
severamente
bandito
l
'
argomento
del
giornale
.
Del
giornale
,
parlavano
solo
col
direttore
,
poco
anche
con
lui
,
e
tutti
e
tre
insieme
.
Tale
era
il
dettato
costituzionale
di
quella
curiosa
monarchia
trina
.
Fu
parecchio
dopo
la
Liberazione
che
seppi
di
dover
loro
qualcosa
.
I
tedeschi
mi
avevano
arrestato
e
sulla
mia
testa
pendeva
la
condanna
a
morte
.
Qualcuno
della
Gestapo
andò
dai
Crespi
e
chiese
,
per
la
mia
pelle
,
un
milione
.
I
Crespi
lo
sborsarono
senza
batter
ciglio
.
Ma
questo
racconto
mi
fu
fatto
dietro
giuramento
di
non
farne
mai
parola
con
loro
.
Dopo
vent
'
anni
mi
considerai
esentato
dall
'
impegno
e
,
morti
ormai
Mario
e
Vittorio
,
ne
parlai
col
dottor
Aldo
.
Non
negò
,
ma
finse
di
non
ricordar
bene
come
si
erano
svolte
le
cose
,
poi
concluse
:
«
Se
andarono
veramente
così
,
non
fu
un
cattivo
affare
»
,
e
cambiò
discorso
.
A
quei
tempi
,
avevo
stabilito
con
lui
una
certa
dimestichezza
,
e
qualche
volta
m
'
invitava
al
Biffo
,
la
bella
villa
che
aveva
in
Brianza
.
Non
mi
ci
trovavo
molto
ad
agio
perché
sua
moglie
Giuseppina
ne
aveva
fatto
un
centro
di
mondanità
,
nella
quale
ho
sempre
guazzato
male
.
Ma
credo
che
il
dottor
Aldo
mi
c
'
invitasse
appunto
per
avere
sotto
mano
qualcuno
che
ci
guazzasse
male
quanto
lui
e
gli
facesse
compagnia
nelle
passeggiate
nel
parco
e
nella
sua
appartata
libreria
.
I
suoi
interessi
erano
più
letterari
che
politici
.
Era
uomo
di
buone
,
anche
se
non
vaste
letture
,
tutte
nel
filone
e
nel
gusto
di
quel
cattolicesimo
liberale
manzoniano
,
ch
'
era
tipico
della
grande
borghesia
milanese
,
quando
Milano
aveva
una
grande
borghesia
.
Scriveva
anche
,
ma
di
nascosto
.
E
ricordo
lo
sgomento
che
s
'
impadronì
di
tutti
noi
al
Corriere
,
quando
si
seppe
che
aveva
pubblicato
un
libro
sotto
lo
pseudonimo
Alpi
.
A
chi
sarebbe
toccata
la
difficile
incombenza
di
recensirlo
in
modo
da
evitare
lo
sgarbo
di
una
stroncatura
senza
cadere
nella
piaggeria
?
Per
fortuna
giunse
,
discreto
ma
perentorio
,
l
'
ordine
d
'
ignorare
il
libro
.
Quando
,
con
l
'
animo
sollevato
dal
cessato
pericolo
,
mi
decisi
a
leggerlo
,
mi
accorsi
che
si
poteva
parlarne
bene
senza
ricorrere
al
falso
:
non
erano
più
che
bozzetti
e
ritratti
di
personaggi
della
vita
ambrosiana
,
ma
centrati
e
vivaci
,
pur
tra
i
vezzi
un
po
'
stantii
di
uno
stile
ottocentesco
.
Non
mi
sono
mai
accorto
ch
'
egli
fosse
il
"
padrone
"
nel
senso
che
a
questa
parola
davano
i
giornali
concorrenti
e
avversari
.
Mai
,
in
trentasette
anni
,
mi
fece
rilievi
su
qualche
articolo
,
o
mi
suggerì
argomenti
.
Una
sola
volta
ricevetti
da
lui
un
biglietto
di
sommessa
doglianza
,
che
conservo
,
e
che
cominciava
così
:
«
Caro
Montanelli
,
Ella
sa
con
quanta
simpatia
,
partecipazione
e
ammirazione
ho
seguito
e
seguo
i
suoi
scritti
,
sempre
trovandovi
(
anche
nei
più
impertinenti
)
motivi
di
consenso
.
Mi
permetta
quindi
,
per
una
volta
,
di
fare
eccezione
e
di
esprimerle
un
addolorato
dissenso
-
di
cui
tuttavia
Ella
è
liberissimo
di
non
tenere
alcun
conto
-
per
quanto
ha
detto
a
proposito
della
conversione
di
Manzoni
...
»
.
Ecco
:
quando
parlava
da
"
padrone
"
,
il
dottor
Aldo
Crespi
lo
faceva
in
questi
termini
,
e
solo
per
difendere
Manzoni
.
Poco
prima
di
passar
la
mano
alla
figlia
nella
gestione
del
Corriere
,
lo
incontrai
ai
giardini
,
di
fronte
ai
quali
abitava
e
dove
,
quando
era
a
Milano
,
andava
sovente
a
passeggiare
.
Non
mi
fece
cenno
delle
sue
intenzioni
di
ritiro
.
Mi
disse
soltanto
che
si
sentiva
molto
stanco
-
aveva
passato
da
un
pezzo
gli
ottanta
-
e
infatti
la
sua
alta
e
fragile
figura
non
era
più
dritta
come
una
volta
.
Poi
,
si
rinchiuse
in
casa
,
e
non
lo
rividi
che
quando
mi
pregò
di
passare
da
lui
per
ringraziarmi
di
un
libro
che
gli
avevo
mandato
.
Capii
che
si
trattava
di
una
scusa
,
e
lo
era
.
Per
la
prima
volta
,
mi
chiese
esplicitamente
cosa
pensavo
del
Corriere
nella
sua
nuova
versione
.
Altrettanto
esplicitamente
glielo
dissi
.
Un
velo
di
tristezza
gli
scese
sugli
occhi
.
«
Me
lo
immaginavo
»
rispose
,
e
parlammo
d
'
altro
,
a
lungo
e
affettuosamente
.
Capii
che
quello
era
un
addio
,
e
infatti
non
ci
vedemmo
più
.
Quando
seppe
che
anch
'
io
me
n
'
ero
andato
,
mi
scrisse
una
lettera
che
"
affidata
al
riserbo
dell
'
amico
"
,
non
chiedeva
risposta
,
anzi
la
escludeva
.
A
mia
volta
gliene
scrissi
una
quando
seppi
che
anche
l
'
ultima
fetta
di
Corriere
,
quella
ch
'
era
stata
sua
,
era
passata
in
proprietà
ad
altro
editore
.
Gli
chiedevo
se
potevo
andarlo
a
trovare
.
Attraverso
un
comune
amico
mi
pregò
di
non
farlo
"
perché
temeva
di
commuoversi
"
.
L
'
ultimo
messaggio
,
anch
'
esso
orale
,
me
lo
mandò
attraverso
il
medesimo
amico
,
pochi
giorni
dopo
l
'
uscita
del
Giornale
:
«
Grazie
»
diceva
«
di
avermi
ridato
da
leggere
un
Corriere
»
.
Il
dottor
Aldo
morì
allora
,
credo
.
E
con
lui
moriva
un
certo
tipo
di
editore
,
il
cui
unico
torto
è
stato
quello
di
non
aver
allevato
dei
successori
.
Non
erano
stati
i
Crespi
a
fare
la
grandezza
del
Corriere
,
ma
erano
stati
i
Crespi
,
e
particolarmente
il
dottor
Aldo
,
a
salvarne
quanto
,
nei
mutati
tempi
,
si
poteva
salvare
.
Non
ho
mai
capito
se
il
Corriere
era
com
'
era
perché
lui
era
così
,
o
se
lui
era
così
perché
il
Corriere
era
com
'
era
.
So
soltanto
che
,
senza
mai
interferirvi
,
quest
'
uomo
schivo
e
discreto
sapeva
fare
tutt
'
uno
di
se
stesso
e
del
suo
giornale
.
Che
al
Corriere
ci
fosse
un
padrone
noi
ci
accorgemmo
solo
quando
lui
non
fu
più
tale
.
E
anche
per
questo
ce
ne
andammo
.
StampaQuotidiana ,
L
'
ingegnere
Sada
,
milanese
,
ha
ultimato
il
nuovo
teatro
Massimo
di
Catania
,
al
quale
darà
il
suo
nome
Vincenzo
Bellini
.
Il
nuovo
teatro
sorge
dove
era
un
giorno
l
'
arena
Pacini
;
ha
la
facciata
sullo
stile
del
Rinascimento
,
e
si
compone
di
due
ordini
di
archeggiate
sovrapposte
;
undici
busti
di
illustri
musicisti
adornano
la
facciata
.
Due
altri
,
uno
dello
stile
del
1500
l
'
altro
dello
stile
1600
,
danno
accesso
al
teatro
,
del
quale
la
platea
misura
22
metri
di
lunghezza
e
19
di
larghezza
.
È
alto
22
metri
e
mezzo
,
ha
quattro
ordini
di
palchi
e
un
quinto
,
parte
a
palchi
parte
a
gallerie
;
nel
centro
del
soffitto
campeggia
un
quadro
:
l
'
apoteosi
di
Bellini
.
Il
palcoscenico
è
uno
dei
più
grandi
d
'
Italia
:
è
alto
22
metri
e
lungo
33
.
L
'
illuminazione
è
di
1500
fiammelle
:
il
sipario
è
d
'
amianto
,
numerosissime
le
uscite
e
ampie
e
sei
immensi
serbatoi
d
'
acqua
sul
palcoscenico
,
che
in
un
minuto
allagherebbero
uno
spazio
di
60
metri
cubi
.
Quest
'
opera
colossale
,
che
sarà
un
trionfo
per
l
'
ingegnere
Sada
e
per
gli
artisti
che
con
lui
collaborano
,
s
'
inaugurerà
nella
prossima
primavera
.