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Verso le quattro pomeridiane di mercoledì il comm . Emanuele Notarbartolo di San Giovanni , Direttore generale del Banco di Sicilia , accompagnato da due campieri armati si dirigeva a cavallo dal paese di Sciara alla stazione ferroviaria omonima per far ritorno a Palermo col treno che di colà passa alle sei pomeridiane . Ad una svolta della strada un carabiniere e quattro bersaglieri intimarono loro di fermarsi spianando i fucili . Il comm . Notarbartolo credendo forse che quei militari l ' avessero preso per un sequestrato in mezzo a due briganti , affrettavasi ad assicurare la pattuglia che quei due erano suoi familiari , che peraltro avevano i permessi d ' armi in regola . Fu loro intimato di scendere da cavallo e di mostrar questi permessi . Obbedito all ' ingiunzione il Notarbartolo e i suoi due familiari furono in un batter d ' occhi disarmati . Questi ultimi furono fatti ritornare al paese e il Notarbartolo fu bendato e condotto via da quei malandrini che si eran affrettati a svestirsi delle mentite divise . Pare che pel riscatto si domandino 75.000 lire . Finora nulla si sa intorno alla sorte del sequestrato . Noi facciam voti che egli possa in breve esser restituito alla famiglia sano ed incolume e con noi fan questi voti tutti coloro che nel Notarbartolo stimano la fermezza del carattere e le doti personali . Dopoché i briganti si furono impadroniti del commendatore Notarbartolo , lo condussero in un boschetto ed ivi gli fecero sapere che essi non avevano avuto la intenzione di sequestrar lui ma il figlio del Principe . Gli dissero inoltre che la taglia da loro pretesa era di lire 75.000 al che Notarbartolo replicava non potere in alcun modo pagare sì vistosa somma . I briganti insistettero perché egli scrivesse alla famiglia . Il Notarbartolo per far che questa fosse informata del fatto scrisse e consegnò il suo biglietto e un anello che portava sempre al dito ad una delle due persone che lo accompagnava , la quale li recò alla famiglia la stessa sera del dodici a mezzanotte . La dimani il 13 col treno delle sei e cinquantacinque ant . questa stessa persona partiva con la somma di 7.600 lire in oro , ma tornava tosto con la risposta che i briganti esigevano il pagamento dell ' intera taglia prima di lasciar libero il sequestrato . Parecchi giorni durarono le trattative che ebbero termine col rilascio del comm . Notarbartolo dietro il pagamento della somma di L . 51.000 , 25.000 delle quali in oro . Arrivo del Comm . Notarbartolo . Ieri alle 4 sparsasi la voce che il comm . Notarbartolo dovesse arrivare col treno delle 8,05 pomeridiane molte delle persone accorse approfittando del treno in partenza alle 5,35 pomeridiane andarono ad incontrarlo ad Altavilla da dove tornarono insieme a lui . Sin dalle 7,30 la stazione di Palermo era piena di distintissime persone che volevan tutte essere le prime a salutare l ' amico o il parente affezionato , il distinto cittadino . Entrato il treno nella stazione , il primo a scendere da un compartimento di prima classe fu il comm . Notarbartolo , il quale preso a braccia dagli amici si diresse a grandissimo stento verso la porta di uscita , dove attendevalo la carrozza che doveva condurlo a casa . Descrivere l ' accoglienza che gli fu fatta è impossibile ; le grida di viva Notarbartolo ! erano imponentissime , la commozione degli astanti immensa . La via Merlo dove sta il comm . Notarbartolo , era illuminata a lampioncini , la carrozza poté percorrerla a stento tanta era la folla che aspettava per vederlo ; finalmente riuscì a penetrare nel cortile del palazzo Merlo , dove fu seguita da un grandissimo numero di carrozze che gli conducevano dalla stazione i parenti ed amici . Sul tardi il comm . Notabartolo dovette affacciarsi al balcone per ringraziare i cittadini che accalcati nella strettissima via Merlo lo salutavano con le grida di evviva Notarbartolo e con ripetuto batter di mani .
Il Papato ( Jemolo Arturo Carlo , 1958 )
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Nella storia quasi due volte millenaria del Papato si possono tracciare periodi che hanno una propria inconfondibile fisionomia . Anche qui la Rivoluzione francese ha aperto una fase , che non so se si possa considerare ancor chiusa . Mentre rispetto a tanti altri atteggiamenti della vita collettiva ci pare che un nuovo periodo sia stato aperto dalla Rivoluzione russa dell ' ottobre '17 , relegando nel passato molti problemi , quando guardiamo al Papato non appaiono avvenimenti che segnino l ' inizio di un capitolo nuovo . Se la religione fu sempre opposta alla incredulità e considerata caposaldo d ' una ordinata vita associata , è dalla Rivoluzione francese che anche gl ' increduli pongono l ' accento sul Papa . Scorgono in lui la difesa di una società , non minata più soltanto dallo scetticismo religioso , ma dal rifiuto di quell ' ordine sociale che da una lunga serie di generazioni era sembrato fondamento incrollabile . Du Pupe del De Maistre è della Restaurazione , opera di un uomo di forte ingegno che ben sa che , malgrado l ' abbattimento di Napoleone ed il Congresso di Vienna , la rivoluzione continua ; peraltro è ben noto come De Maistre sia tipico esponente dell ' aristocrazia ch ' era stata illuminista , e che ora , voltasi al culto dell ' ordine , scorge nel Papa il pilastro della difesa sociale . Negli anni della Rivoluzione , di Napoleone , della Restaurazione , gli aspetti che più sono da cogliere nell ' azione del Papato , come inizi di direttive che non verranno mai meno , mi paiono tre . La condanna dei preti che hanno accettato la Costituzione civile : è la stessa linea che oggi la Chiesa pratica di fronte al movimento polacco di " Pax " ed ai sacerdoti cinesi che hanno aderito al governo di Mao . La Chiesa preferisce , in linguaggio tattico , perdere il territorio , ma conservare l ' esercito ; il nerbo di questo è l ' obbedienza ; non la tocca l ' argomento che nella Francia della rivoluzione , nella Cina d ' oggi , meglio vale ci siano cristiani non obbedienti a Roma piuttosto che increduli . Il Papa , inoltre , non si lascia attrarre alla difesa del legittimismo , del diritto divino dei re . Lo sconfessa con l ' incoronazione di Napoleone ; dappertutto i fautori del diritto divino , che vorrebbero scomunicati i popoli che non accettano i sovrani legittimi , non troveranno che delusioni , rivolgendosi a Roma . Sopra i diritti dei sovrani legittimi , c ' è il bene della cristianità . Ferdinando VII può adontarsi , ma i Papi riconoscono le Repubbliche del Sud e del Centro America , rispondono al re di Spagna che non possono lasciarle abbandonate alla propaganda protestante del Nord . Ferdinando II di Napoli non otterrà dal foglio che più rispecchia le idee di Pio IX , l ' affermazione che la monarchia assoluta sia l ' ottimo dei regimi . La Santa Sede crede che ogni forma di governo sia conciliabile con uno Stato cattolico . Terzo punto : il Papato non si lascia smuovere dal divampare delle passioni nazionali . Le guarda dapprima con diffidenza ; finisce di riconoscere la legittimità dell ' aspirazione dei popoli a dare vita a Stati nazionali , ma non considererà mai questi i soli Stati legittimi ; vedrà sempre nel troppo forte senso nazionale una insidia al concetto della universalità della famiglia cristiana . L ' Ottocento volge verso la fine , s ' inizia il nuovo secolo . Siamo nell ' epoca delle mirabili scoperte , delle grandi creazioni meccaniche , apparentemente del primato dell ' economia . Ma l ' inevitabile resistenza del trascendente , del mondo della metafisica , s ' impernia sempre più sul Papa . Con Pio IX , come ha notato Salvatorelli , s ' inizia quel culto della persona del Papa , quell ' affetto per la persona fisica del Vicario di Cristo , che oggi è abito naturale di tutti i cattolici , ma che non è esclusivo a loro . Liberato dal peso del potere temporale , l ' ascendente morale del Papato , pur nei paesi protestanti , nell ' Inghilterra per cui era stato fino a pochi decenni innanzi nemico tradizionale , sale rapidamente . Diviene presto il grande potere mondiale , di cui debbono tener conto anche paesi di civiltà extraeuropea , del tutto estranei alla storia del vecchio mondo , dove i cattolici rappresentano l ' un per cento . La storia ha visto negli ultimi quarant ' anni movimenti d ' enorme vastità , trasformazioni così rapide che sarebbero sembrate impensabili ( vivono in non avanzata vecchiaia coloro che ricordano la Cina degli imperatori e dei mandarini , i cinesi dal codino , le cinesi dai piedi deformati ) . Salvatorelli ha sintetizzato la situazione attuale nella divisione del mondo in tre settori e nella crisi , che nel settore occidentale sembra minacciare i rapporti tra società civile e società religiosa . Io porrei l ' accento sulla debolezza , che in gran parte d ' Europa presentano le forme tradizionali che per secoli hanno espresso la società civile ; e sulla tendenza degli organi della società religiosa ad assumere la direttiva anche della società civile . Questo potrebbe segnare una trasformazione dei contrasti tra mondo occidentale e resto del mondo in lotta religiosa ; ma ad altri occhi potrebbe anche apparire una radicale trasformazione dell ' Occidente , la quale attutisse le avversioni che in Asia ed Africa si hanno contro di lui : dubito che oggi nel mondo arabo ci sia , per il prete o la suora , l ' avversione che si dà per il funzionario coloniale o per il militare . Nulla di più vano delle profezie . Ma sembra certo che , nella vicenda dei prossimi decenni , il rilievo della Santa Sede sarà sempre maggiore . Alla figura del futuro Papa - questo sovrano assoluto , che non ha parlamenti né maggioranze cui debba rendere conto - non a torto si guarda con un ' ansia che non sarebbe giustificata in alcun ' alba di regno , in alcuna vigilia di elezione presidenziale .
Mattei ( Montanelli Indro , 1970 )
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In questi ultimi giorni sono usciti due libri su Enrico Mattei , il fondatore dell ' ENI . Uno è un " giallo " che pretende fornire le fila dell ' attentato di cui egli sarebbe rimasto vittima , e non val la pena parlarne : non perché l ' ipotesi sia da scartare a priori , ma perché gli autori non riescono a basarla che su congetture e induzioni scopertamente romanzate all ' insegna del sensazionale . L ' altro , no : è un profilo serio e penetrantissimo , scritto da un inglese che a Mattei fu molto vicino in qualità di consulente : Paul H . Frankel . S ' intitola Petrolio e potere ( « La Nuova Italia » ed . , 175 pagg . , L . l.000 ) . E non è soltanto una biografia ; è anche un saggio , asciutto e chiarissimo , come solo sanno scriverne gl ' inglesi , su tutto il problema delle fonti d ' energia . D ' altra parte , solo così inquadrato si può capire e valutare Mattei . E di capirlo e valutarlo , è ormai tempo . L ' uomo non aveva del resto nulla d ' insondabile e misterioso . Come tutti i grandi caratteri , Mattei era un carattere semplice , perfino rozzo . La cosa che più mi colpì , nell ' unico personale contatto ch ' ebbi con lui una sera a cena , fu l ' intensità della sua concentrazione . Parlò di una cosa sola , sempre di quella : ogni volta che cercavo di spostare il discorso su altri fatti e interessi , il suo volto si chiudeva e assumeva l ' espressione del sordo . Frankel dice che , sebbene non avesse mai avuto nulla a che fare col fascismo , Mattei ne aveva respirato l ' aria , come del resto tutti gli uomini della sua generazione . L ' idea di un ' Italia negletta e defraudata dei suoi diritti a un " posto al sole " in lui era diventata convinzione profonda forse perché il posto al sole aveva dovuto guadagnarselo egli stesso , figlio di un povero carabiniere meridionale costretto a lavorar di gomiti per inserirsi nel mondo degli affari lombardo . Nulla di straordinario in questa vicenda . Milano è piena d ' immigrati che hanno battuto la stessa strada e incontrato le medesime difficoltà ; ma che una volta arrivati , se ne sono gettati dietro le spalle il ricordo . Mattei , no . Anche dopo che vi ebbe raggiunto una posizione di tutto rispetto , per lui Milano rimase sempre " la plutocrazia " . Non era invidia : e lo dimostra il fatto che Mattei non fece mai nulla per esservi accolto , anche quando avrebbe potuto farlo da padrone . Mattei non ambì mai agli status symbols della grande borghesia imprenditoriale né mai chiese l ' ammissione al club . Vedeva veramente in questa categoria l ' oppressore privilegiato . Era convinto che in Italia i poveri fossero poveri perché i ricchi erano ricchi . E fu per questo che esercitò tanta suggestione anche fuori d ' Italia .. Quando Mattei diceva ai Paesi sottosviluppati che il loro sottosviluppo dipendeva dalla rapacità degli sfruttatori , non lo diceva soltanto per fare i propri affari . Ci credeva . In lui c ' era una componente di messianismo populista . Aveva degli uomini una concezione manichea : di qua i deboli e buoni , di là i potenti e cattivi . Ricordo una sua intervista in televisione in cui egli parlava dell ' ENI come di un disarmato gattino perso nel bosco tra belve rapaci . La menzogna era smaccata e mi fece trasalire d ' indignazione : l ' ENI in quel momento aveva già zanne e artigli da tigre . Eppure , dopo capii che Mattei era in buona fede e che proprio questa era la sua forza : per diventare il vindice di un sopruso , aveva bisogno di sentirsene la vittima . Quanto ci sia di favoloso e leggendario in ciò che i suoi agiografi spacciano per biografico , non conta . Conta solo il fatto ch ' egli abbia ispirato favole e leggende . Forse per esempio non è del tutto vero che il suo impero nacque da un gesto di disobbedienza quando , nominato dal governo commissario dell ' Azienda Generale Petroli ( AGI P ) col compito di liquidarla , vi si rifiutò con un ' insolente lettera di sfida . Ma è del tutto vero che in quel momento egli non aveva la minima idea di ciò che stava facendo e dove sarebbe andato a parare . Frankel dice che subito dopo la Liberazione , Mattei non aveva affatto deciso su che strada mettersi , ma che caso mai propendeva più per la politica che per gli affari . E probabile . Si era fatto un bel nome nella Resistenza di cui era stato il Grande Elemosiniere , era strettamente legato ai suoi più prestigiosi capi , e aveva un vasto seguito fra i partigiani . Inoltre , per gli affari , gli mancava il maggiore propellente : la sete di denaro . Mattei era più ricco prima di creare la sua azienda che durante e dopo . Egli amava solo il potere , e l ' amore del potere esclude tutti gli altri . Ma probabilmente si era già accorto che la politica in Italia non conduce al potere . Conduce solo alla politica , per la quale a lui mancavano non solo le qualità , ma anche i difetti che contano ancora di più : era un pessimo oratore e credeva in ciò che faceva con una convinzione e ostinazione che lo rendevano inaccessibile a quell ' arte del compromesso , di cui la politica ormai non fa più il mezzo , ma il fine . Tuttavia la sua scelta fu solo di strumento , non di obbiettivo . Preferì il petrolio al Parlamento perché pensò che fosse più facile dominare il Parlamento col petrolio che il petrolio col Parlamento . Del petrolio sapeva ben poco , allora . Sapeva soltanto che le nostro forniture dipendevano da quelle grandi compagnie internazionali in cui egli vedeva la più perfetta e abominevole incarnazione della " plutocrazia " . Frankel dice che non ci fu mai verso di convincerlo ch ' esse non formavano un vero e proprio " cartello " , come lui spregiosamente lo chiamava , cioè un monopolio , e che i loro profitti non erano poi così esosi , come lui valutava . Mattei doveva crederlo perché solo così poteva riuscire a farlo credere ai Paesi produttori . Egli portava nelle sue menzogne una carica di sincerità che le rendeva irresistibili . Non conosco i capi delle compagnie petrolifere . Penso che sul piano tecnico e manageriale debbano essere uomini agguerritissimi , rotti a qualunque astuzia , e con un pelo sullo stomaco alto così . Ma sul piano umano la loro ottusità deve toccare livelli da Himalaya , a giudicarne dal modo con cui hanno condotto la lotta contro l ' ENI . Essi risero quando Mattei , alla vista delle prime gocce di petrolio portate alla superficie dalle sue sonde in Val Padana , annunciò con la voce rotta dall ' emozione che l ' Italia aveva trovato nelle sue viscere la cassaforte di una ricchezza aperta a tutti . Avevano ragione in quanto la cassaforte non conteneva che quelle poche gocce . Ma non capirono che in un Paese appena reduce dalle mortificazioni della disfatta , più che di petrolio , c ' era bisogno di fiducia , e che quell ' annunzio riecheggiante il solito « L ' Italia farà da sé » , ne ridava . Essi risero quando Mattei si mise a profondere miliardi per costruire le più belle moderne e lussuose stazioni di servizio con la scritta " Supercortemaggiore , la potente benzina italiana " . Avevano ragione perché quella benzina italiana era fornita dall ' Anglo - Iranian inglese . Ma non capirono che queste ostentazioni affezionavano la pubblica opinione a un ' illusione cui non avrebbe mai più rinunziato , dando così a Mattei la forza di tradurla in realtà . Essi credettero che Mattei fosse un venditore di tappeti . Sbagliavano . Era un venditore di sogni , merce molto più pericolosa , anche perché facilmente esportabile e non soggetta a dogana . Nessuno può dire se , nel momento in cui il suo aereo precipitò , egli fosse alla vigilia di una clamorosa vittoria o di una irreparabile disfatta . Cioè potrebbe dirlo solo il suo successore Cefis , che si rifiuta di parlare . E noto che Cefis , prima stretto collaboratore di Mattei , se n ' era poi allontanato - e , mi dicono , in malo modo - per dissensi sui criteri di gestione dell ' azienda dove rientrò dopo la morte del fondatore . Eppure non ha mai pronunciato che parole di rispetto , quasi di venerazione , nei suoi confronti . Io credo che Mattei abbia commesso molti sbagli , ma che proprio questi diano la misura dell ' uomo . Chiunque altro ne sarebbe stato travolto . Lui no , perché era più grosso di essi , un personaggio ibseniano , cui è superfluo cercar di attribuire un ' aureola di martire tessendo cattivi romanzi gialli sulla sua fine . Non ne ha bisogno .
I TRAMWAYS A PALERMO ( - , 1882 )
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Questa mane si è attivato dalla Direzione dei tramways un servizio ordinario di omnibus dalla stazione della ferrovia meridionale per via Maqueda al Politeama con partenza a 20 minuti e coincidenza al Politeama colla linea dei tramways . È con piacere che abbiamo veduto inaugurato un tal servizio , che speriamo veder esteso ad altri punti della città . E in ciò facciamo assegnamento nell ' egregio direttore dei tramways il quale non trascura mezzi per render più facili le comunicazioni nella nostra città , di che dobbiamo sapergli grato .
Il Concilio: realtà e mito ( Jemolo Arturo Carlo , 1962 )
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In tempo di guerra coloro cui incombe controllare e dirigere l ' opinione pubblica paventano il disfattismo , ma altresì le false notizie di vittorie , i presagi di rapida felice conclusione che , non verificandosi , portano a reazioni di sfiducia . È ciò cui penso vedendo l ' attesa , in alcuni ambienti troppo trepida , del Concilio : il formarsi di un suo mito . Per quanto grande possa esserne il successo , poco muterà , immediatamente od in breve volgere di tempo , soprattutto agli occhi di chi non segue nei dettagli le questioni di disciplina ecclesiastica . Se si avrà un qualche ritorno all ' ovile , non sarà che da parte di minori chiese scismatiche , forse di qualche rito orientale , meno improbabilmente di gruppi che le vicende politiche hanno allontanato dalle sedi originarie . I mutamenti disciplinari , consistessero anche in un più deciso impiego dei laici , od in una maggiore autonomia dei vescovi ( che non so se augurarmi : coloro che deprecano l ' accentramento romano non pensano a quanto è valso a salvare le chiese dei singoli paesi dal pericolo di scivolare nel nazionalismo , di essere completamente dominate volta a volta dalle esasperazioni dell ' opinione pubblica locale ) , non saranno appariscenti , atti a colpire l ' immaginazione popolare . Non verrà certo meno la distinzione tra chierici e laici , la potestà di magistero riservata ai primi , né il celibato del clero , né il rigore nelle cause di nullità matrimoniale . Per parare il pericolo della delusione , occorre ricordare pure agli entusiasti che non solo l ' aspetto esteriore , ma l ' andamento generale della vita ecclesiastica non è soggetto a subire profondi mutamenti per via del Concilio ( i preti meno zelanti , i religiosi meno illuminati , resteranno quel che sono ) ; e soggiungere subito che tuttavia l ' evento conciliare si presenta come di primaria importanza non tanto nella storia della Chiesa quanto in quella del secolo , ed è probabilmente destinato a segnare una data memoranda . Giustamente s ' insegnava che dopo il Vaticano I , con la proclamazione dell ' infallibilità pontificia , dopo che il Codice di diritto canonico aveva ribadito che le delibere conciliari non hanno efficacia se non approvate e promulgate dal Papa , che il Concilio non può trattare argomenti se non proposti dal Papa o da lui preventivamente approvati , non appariva l ' opportunità di nuovi Concili ; onde si riteneva che quello del 1869-'70 sarebbe rimasto l ' ultimo . Ed in effetto tutto ciò che statuirà il Concilio avrebbe potuto essere sancito con singoli atti pontifici . I questionari che sono stati rivolti ai vari episcopati su una serie di punti , e che hanno raccolto volumi e volumi di risposte - si ammira in particolare la solerzia dell ' episcopato germanico - avrebbero potuto essere del pari inviati e valutati in vista di Bolle pontificie , elaborate nella competente congregazione . Sarebbe stato dell ' indole del Pontefice , del suo apprezzamento della situazione , seguire o meno le direttive emananti da tali risposte , scegliere tra le opinioni diverse . Il Concilio implica la discussione in assemblea , il porre quindi alla luce del sole ( anche se i verbali non dovessero venire pubblicati integralmente , se in essi venissero smussati alcuni dissensi , non è mai segreto quel che segue in un ' assemblea di quasi tremila persone ) i reciproci punti di vista , il far sapere in un secondo momento che certe decisioni furono adottate a maggioranza e non alla unanimità . Ciò che ha importanza non come accenno ad una impossibile riforma di struttura della Chiesa ( dove il potere non può venire che dall ' alto , dove nessuna maggioranza può imporsi al Vicario di Cristo ) , ma come fatto di costume . L ' obbedire a ciò che si sa essere stato proposto in base a certe esperienze , discusso , approvato in virtù di argomenti noti , è il rationabile obsequium , contrapposto all ' obbedienza a ciò che misteriosi superiori nella loro imperscrutabile saggezza avessero ordinato per ragioni a loro soltanto note . Su un terreno di annientamento del proprio io , indubbiamente più meritevole la seconda obbedienza ; ma è significativo che ci si preoccupi oggi , a differenza che in altri momenti , di vedere nell ' ecclesiastico , nel fedele , non tanto quegli pronto ad umiliare la propria ragione sull ' ara della disciplina , quanto quegli che deve essere convinto per poter convincere , per rendersi portatore di luce . Sul terreno dei rapporti interconfessionali : se neppure il più piccolo gruppo dissenziente avesse a riunirsi alla Chiesa cattolica , rimarrebbe del pari grandissimo fatto l ' invito rivolto a tutte le confessioni ed eminentemente il mutato stile di fronte ai separati . I meno giovani si rendono conto che il linguaggio attuale verso greco - orientali ortodossi e verso protestanti sarebbe stato semplicemente impensabile sotto Pio X , ancora sotto Pio XI ; anche in omaggio al nuovo clima avrei preferito che la risposta valdese fosse diversa , con minor timore di un equivoco che non poteva sorgere in alcuna persona sensata . Senza pensare a conversioni od a ritrattazioni , ci si può dire lieti di cooperare in qualche opera di bene , soprattutto nella difesa dei valori comuni a tutto il cristianesimo di fronte a chi nega ogni luce del divino . La grande svolta che a mio avviso segna il Concilio , è proprio in un mutamento di prospettiva . Va da sé che per la Chiesa cattolica oggi come domani come ieri , chi non accetta tutti i suoi dogmi , e così il Papa vicario infallibile di Cristo , è in errore . Ma posizioni opposte sono : l ' arrestarsi su quel che divide , l ' isterilirsi nel ribadire all ' infinito l ' antitesi " verità - errore " , ed il dire invece : " accantoniamo questi punti , su cui le opinioni di ciascuno sono note e nette ( ognuno potrà anche aggiungere : le mie , immutabili ) , e cerchiamo di lavorare insieme " . Ciò che significa anche : " guardiamoci gli uni e gli altri con occhio amico , e confrontiamo altresì le nostre esperienze sul miglior modo per rendere gli uomini più buoni , per condurli a Dio " . Mi sembra che non solo ogni cattolico , ma ogni uomo di buona volontà , di qualsiasi convincimento , debba augurare successo a chi si pone su questa via .
Andreotti ( Montanelli Indro , 1970 )
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Nel '68 , quando fu costituito il primo governo Rumor , nel leggere la lista dei partecipanti , molti rimasero di stucco : il nome di Giulio Andreotti non vi figurava . Era la prima volta che succedeva da oltre vent ' anni . Di quanti ministeri si siano composti e decomposti in quest ' arco di tempo , ho perso il conto ; ma tutti ricordavamo che non ce n ' era stato uno di cui Andreotti non avesse occupato qualche posto - chiave . Dal sottosegretariato alla Presidenza del Consiglio alle Finanze , dalle Finanze al Tesoro , dal Tesoro alla Difesa , dalla Difesa all ' Industria , Andreotti si era ormai accreditato come il jolly della politica italiana , una specie di Domenghini buono per tutti i ruoli sia d ' attacco che di difesa . Gli eurologi - come potremmo chiamare gli esperti del Cremlino democristiano che , come tutti sanno , ha la sua sede all ' EUR - ravvisarono nell ' esclusione il segno di una parabola discendente . Andreotti , dissero , è caduto vittima di un eccesso di abilità . A furia di non volersi legare a nessun gruppo per restare in una posizione di arbitro rispetto a quelli altrui e fare tra loro l ' ago della bilancia , è rimasto isolato , e ora ne paga il fio . La sua è ormai una battaglia di retroguardia , con cui tenta di salvare il salvabile , cioè la sua posizione di " notabile " . Quella non può insidiargliela nessuno , data la sua base elettorale fra le più forti del partito : oltre duecentomila voti di preferenza . Ma su di essa ha ripiegato , rinunziando alla lotta per il primato . Giovane com ' è , può anche darsi che torni la sua ora . Ma chissà quanto dovrà aspettarla . L ' ha aspettata due anni : che , per un ' inversione di parabola , sono un po ' pochi . E ' chiaro che Andreotti , lungi dal rinunziare , faceva in questo frattempo una corsa di difesa in coda al plotone per prendere la volata e batterlo sull ' ultima rampa . Non so se questo piano lo avesse in testa fin dal '68 . So soltanto che , per lasciarsi emarginare da una lista di governo , qualcosa in testa doveva averla . L ' ha sempre avuta , fin dal tempo in cui sembrava che la sua sorte fosse indissolubilmente legata a quella di De Gasperi . Con questo - intendiamoci - non vogliamo dire ch ' egli abbia tradito il suo iniziatore e patrono . Anzi , fra tutti i pupilli dello statista trentino , è uno dei più fedeli alla sua memoria , e l ' ha dimostrato anche nell ' eccellente saggio biografico che gli ha dedicato . La sua non è l ' orazione funebre di Antonio sulla tomba di Cesare . Si sente che parla d ' un Maestro , anzi del Maestro . Ma al cadavere non rimase abbracciato e non ne seguì la sorte , come una vedova indiana , sulla pira . Quell ' operazione di svincolo , a volerla compiere senza incorrere in accusa di fellonia e ingratitudine , non era facile . Anche per ragioni di anagrafe ( è nato nel '19 ) , Andreotti non aveva meriti " ante marcia " . Come antifascista , tutto il suo capitale morale consisteva nell ' amicizia di De Gasperi , da lui conosciuto un giorno del '41 , nella biblioteca Vaticana . Studente poco più che ventenne , Andreotti c ' era andato - dice - a cercarvi dei documenti sulla Marina pontificia . Il bibliotecario ignorava che ce ne fosse stata una e si meravigliò che quel ragazzo se ne interessasse , e proprio in quel momento . Ce ne meravigliamo un po ' anche noi , pur conoscendo le curiosità dell ' uomo e la sua passione per la Storia . De Gasperi allora non era che un ospite mal sopportato della Curia , ma il suo nome cominciava a uscire dall ' oblio in cui il regime lo aveva piombato . Il giovane studioso trovò molto istruttiva la conversazione con lui , sebbene di Marina del tutto digiuno . Tornò a vederlo con sempre maggior frequenza , e di lì a poco si trovò travasato nella redazione del Popolo , che aveva ripreso clandestinamente le sue pubblicazioni sotto la direzione di Gonella . Aveva inciampato in De Gasperi al momento giusto : quello in cui i dispersi superstiti del vecchio partito popolare si riunivano sotto la sua guida , cercavano di ricostituire alla svelta i quadri e avevano bisogno , per vitaminizzarli , di giovani . Gli unici che avessero una fedina politica pulita erano quelli che non avevano avuto il tempo di sporcarla : quelli delle ultimissime leve , cui Andreotti apparteneva . De Gasperi nutriva una invincibile diffidenza per gli uomini della generazione successiva alla sua , tutti più o meno figli della lupa . Preferiva i nipoti . E fra i nipoti , predilesse Andreotti per motivi che possiamo soltanto ricostruire per induzione . De Gasperi era un cattolico , non un clericale , e già fin d ' allora aveva i suoi guai col Vaticano . Pio XII non lo amava . Viceversa Andreotti in Vaticano ci stava come una trota nel torrente , o per meglio dire come un ' anguilla nella mota . Non so se vi avesse già dei protettori quando andò a fare quelle tali ricerche nella Biblioteca . Ma fatto sta che in quel labirinto di corridoi , in quell ' andirivieni di passi felpati , fra tutti quei Monsignori dalla voce sommessa e dal linguaggio allusivo , si orientò subito , come guidato da un radar . Vado - ripeto - per ipotesi . Ma non mi sembra azzardato supporre che in quel mondo egli sia stato , per De Gasperi , un prezioso ambasciatore , e che anche a questo debba il suo fulmineo inizio di carriera : deputato a ventott ' anni , prima di trenta era già sottosegretario alla Presidenza , cioè l ' uomo più vicino al capo e più al corrente delle sue manovre . Andava anche , mi dicono , a messa insieme a lui , e tutti credevano che facessero la stessa cosa . Ma non era così . In chiesa , De Gasperi parlava con Dio ; Andreotti col prete . Era una divisione di compiti perfetta . Quale profitto l ' allievo avesse tratto da quell ' esperienza , lo si vide alla scomparsa del maestro . Si vestì da orfano , ma senza avanzar pretese all ' eredità : e in tal modo si sottrasse alla spietata epurazione che invece colpì i grandi diadochi del defunto : Scelba , Gonella eccetera . Da che parte sia stato in questi sedici anni di guerra di successione , nessun eurologo è in grado di dirlo con certezza . Con certezza si sa soltanto che nel partito non c ' è stata maggioranza in cui egli non sia entrato né ministero di cui non abbia fatto parte . Nell ' arruffato giuoco di correnti , che ha ridotto la dicci a un vortice , anche lui ha la sua , che si chiama " Primavera " e che di professione fa la fidanzata : anche il nome l ' aiuta a dire all ' ultimo momento che ancora " non ha l ' età " . Per quale sottile combinazione di pesi e contrappesi il partito ora abbia affidato a lui la nuova operazione di governo , è materia d ' ipotesi . Ma forse il motivo va ricercato appunto nelle difficoltà coniugali ch ' essa comporta , e di cui Andreotti si è dimostrato il massimo esperto . Mi pare che vi abbia accennato egli stesso quando , uscendo dal Quirinale , disse che la collaborazione fra i quattro partiti non implicava un matrimonio , lasciando capire che poteva limitarsi allo " struscio " . A quest ' ardua impresa , nessuno è più qualificato di lui che ha strusciato sempre senza compromettersi mai . L ' uomo è distaccato , freddo , guardingo , a sangue ghiaccio . Non c ' è pericolo che impenni sull ' ostacolo . E abituato ad aggirarlo , e lo dimostra la disinvoltura con cui ha regolarmente fatto le sue « entrate » - ora da destra , ora da sinistra - che tanto hanno confuso gli osservatori . Come arma di riserva , dispone anche dell ' umorismo . Andreotti è l ' unico uomo politico italiano che ne possieda , e forse molto più di quanto mostra . Lo amministra con parsimonia perché sa benissimo quanto sia pericoloso , in un paese marcio di solennità e di retorica come il nostro . Ma ogni tanto lo tira fuori come un gatto gli artigli , e sono questi graffi che conferiscono alla sua eloquenza un timbro particolare . Andreotti non è un grande oratore : gliene mancano la rotondità e i voli . Ma è uno squisito parlatore , uno schermidore che assesta il colpo senza perdere mai la guardia , un agguerrito débatteur pieno di garbo e di cattiveria , cioè di una cattiveria corretta dal garbo . Ce n ' è per tutti , amici e nemici , perché in questo romano pontificio convivono in perfetta armonia un Monsignore e un Pasquino . E vorrei sapere quante altre ce ne sono nel suo « Diario » segreto che , mi dicono ( e ci credo perché del memorialista ha la passione e tutte le qualità ) , egli tiene scrupolosamente aggiornato . Peccato che non faremo in tempo a leggerlo perché Andreotti non lo pubblicherà prima del suo ritiro dalla politica che coinciderà con il suo congedo dalla vita . E non ha che cinquant ' anni . È autenticamente colto , cioè di quelli che non credono che la cultura sia cominciata con la sociologia e finisca lì . Come abbia fatto a formarsela , avendo cominciato a fare il ministro prima dei trent ' anni e non avendo più smesso , Dio solo lo sa . Ma mi dicono ch ' è sempre riuscito a trovare il tempo di annaffiarla . E questo è a dir poco sorprendente perché , oltre che dal daffare governativo , egli dev ' essere oberato da quello elettorale come capo di una delle più vaste clientele d ' Italia . Secondo qualcuno , la sua segreteria sarebbe la più efficiente centrale di « raccomandazioni » , pur in un Paese e in un partito in cui l ' efficienza si sfoga solo lì . Ma va a metano , cioè senza far fumo né residuati . E ' una specialità di Andreotti quella di non lasciar mai impronte digitali . Un industriale mi ha raccontato : « Un giorno Andreotti mi parlò di un suo protetto in tali termini che io stavo per offrirgli un posto di direttore generale , quando lui mi chiese di assumerlo come fattorino . Promuovendo quella specie di Einstein a impiegato , mi sentivo ancora in debito con lui » . Una volta chiesero ad Andreotti , per l ' ennesima volta ministro , se non avvertiva il pericolo che alla fine il potere lo logorasse . « Il potere logora coloro che non lo hanno » rispose placidamente . E oggi non ha certo di che ricredersi . Egli offre anche questa garanzia : di conoscere come nessuno la macchina dello Stato perché di tutti i suoi ingranaggi ha fatto l ' esperienza sul vivo , e tale è la prontezza con cui se ne impadronisce che dovunque è passato ha lasciato il ricordo di un " competente " . Ma questa , per un uomo di governo , è la qualità che conta meno , in Italia . Anzi , può anch ' essere considerata negativa .
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Abbiamo ieri visitato con piacere questo magnifico Albergo tenuto dai fratelli Ragusa . Situato in una posizione ridente , in mezzo a giardini e serre , con veduta del mare , può dirsi uno dei più deliziosi luoghi , ed affascinanti , in cui il forestiero , che viene a visitare la città nostra , a respirarne le aure imbalsamate e salutifere , trova tutto il confortabile , e tutte le comodità , tutte le delizie che nei più grandi alberghi del continente non sempre si trovano . Stanze ben arredate , sale splendidissime per conversazione , sale di lettura , e poi ampi terrazzi , serre ridentissime , giardini verdeggianti e profumati , insomma tutto che puossi desiderare di più ricco , di più bello , di più incantevole . Non parliamo della cucina , affidata ad abile cuoco , né del servizio , al quale son destinati camerieri italiani , francesi , tedeschi , affinché i forestieri possano far uso della loro lingua ove non conoscano il nostro idioma . L ' Hôtel des Palmes fa onore alla nostra città , fa onore ai fratelli Ragusa che ne sono i proprietari , i quali meritano tutta la lode per avervi impiegato vistosi capitali creando un albergo degno di Palermo . Noi auguriamo ogni fortuna a questi giovani egregi , i quali serbano le tradizioni paterne , cercano col lavoro di accrescere i capitali col lavoro acquistati , e hanno il coraggio delle grandi imprese , senza il quale nulla può farsi di proficuo e di fecondo . È qui il luogo di ripetere il detto del poeta latino : Audaces fortuna juvat !
Libertà religiosa e spirito di carità ( Jemolo Arturo Carlo , 1963 )
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Ha avuto giusta eco il discorso del cardinale Bea alla Università " Pro Deo " , specie nel passo in cui ricorda come il segretariato per l ' unione dei cristiani abbia preparato uno schema da proporre al Concilio sul tema della libertà dell ' uomo di seguire anche in materia religiosa solo la propria coscienza , sul dovere dell ' individuo e della società di rispettare tale libertà ed autodecisione . Forse le parole più salienti del discorso sono quelle che insistono sui due doni che debbono sempre restare congiunti : « L ' amore della verità e l ' amore della persona , cioè la carità del prossimo ... L ' amore della verità , senza carità , diviene intollerante e respinge . La carità senza la verità è cieca e non può durare . La grazia che il credente deve impetrare da Dio è anzitutto " l ' armonia tanto difficile da realizzarsi : tra l ' amore della verità e la carità ... " » . Non so se sia caso , o riserbo , il discorso non è stato riprodotto dall ' Osservatore Romano . Esso è meno ardito di quanto potrebbe sembrare , se si riflette che la Chiesa ha sempre considerato come dogma fondamentale , da cui deriva la responsabilità dell ' uomo , quello della libera scelta , del nessun valore del gesto coartato . Non si salva l ' anima di alcuno legando il suo corpo per impedirgli di compiere il male cui anela . Ma in altri punti ci sono stati lenti , non sempre facilmente coglibili , mutamenti . Si è sempre ammesso in teoria che si possa errare per ignoranza , in buona fede ; solo , per lunghissimi periodi , fin quasi ai giorni nostri , si stentava a riconoscere questa buona fede ; gli eretici erano incalliti nell ' errore , perché attraverso le Scritture che professavano di venerare dovevan riconoscere la verità della fede cattolica , anzitutto il magistero del Pontefice ; pervicaci gli ebrei , nel non voler constatare , attraverso i loro Profeti , che con Gesù era venuto il Messia ; imperdonabili gli atei , perché con gli argomenti della ragione dovevano pervenire all ' esistenza di Dio , ai principi fondamentali della fede , da cui , per corollari , si giunge a tutta la dottrina della vera religione . Molte generazioni di teologi , di pastori , fino ad epoca vicina a noi , hanno creduto in questo splendere della verità , che occorre chiudere volutamente gli occhi per non scorgere . Ma l ' evidenza finisce sempre d ' imporsi ; anche quella che gli argomenti della logica formale non hanno la penetrazione che poté attribuir loro un tempo il cattedratico ; che in ogni ragionamento , appena si esca fuori dell ' ambito delle scienze fisiche ( e non giurerei neppure in questa esclusione ) c ' è un elemento passionale , una spinta fideistica , non eliminabile . Gli uomini di chiesa hanno dovuto constatare come argomenti che a loro , in virtù della formazione ricevuta , parevano irrefutabili , nulla dicevano a chi aveva ricevuto formazione diversa . I sempre più larghi contatti con il mondo di quelli che per la Chiesa sono i ciechi o gli erranti , han persuaso della loro buona fede . Le avversioni si sono attutite . Altro discorso : a giustificare la intolleranza si è sempre addotta la necessità di difendere dall ' errore le masse , i giovani , gl ' inesperti . Padre Taparelli oltre cento anni or sono ne L ' esame critico degli ordini rappresentativi , rispondeva agli assertori della libertà di opinioni : chi oppone che non si può strappare con la forza l ' assenso degli intelletti , non si rende conto " che chi mette in catena il mostro dell ' errore , come chi mette la musoliera all ' orso , non pretende convertire la fiera , ma camparne i galantuomini " . Diciassette anni or sono , L ' Osservatore Romano rispondeva quasi con i medesimi termini a quanti , alla morte di Buonaiuti , si erano lagnati che l ' intransigenza ecclesiastica non gli avesse permesso di risalire sulla cattedra : dovere della Chiesa , il preservare i giovani dall ' errore . Ma già nel secolo scorso veniva innanzi la famosa distinzione della tesi e dell ' ipotesi ; cioè vera in massima la tesi del dovere di chiudere il varco all ' errore ; doversi però fare l ' ipotesi che quest ' atteggiamento generi tali contrasti , tali reazioni , avversioni alla Chiesa , da risultare un maggior male . Oggi ricorre sempre più , almeno nei paesi liberi - ché i regimi totalitari sono ancora sul terreno del chiudere la bocca a quelli che per loro sono gli erranti - , il presupposto dello scandalo dato dalla repressione del supposto errore . V ' è anche un lato teologico che normalmente si dimentica ; il rigorismo agostiniano scorgeva la massa dannata , da cui occorre staccarsi , per giungere a far parte del piccolo numero di salvati ; nel Trecento un Gregorio da Rimini era convinto del fuoco sensibile cui sarebbero stati condannati per l ' eternità gl ' infanti morti senza battesimo . Il cancellarsi di queste concezioni , una maggior fiducia nella comprensione e nella bontà di Dio , porta anche gli uomini più pii ad avere minor preoccupazione per la sorte di quanti , aspirando al bene , non trovassero la retta dottrina . Ma l ' antitesi tra liberali ed autoritari è antitesi che non verrà mai interamente meno ; non si supera con argomenti di pura ragione . Quanti siamo per la soluzione liberale , sappiamo di essere sospinti da una fiducia nell ' uomo , nella sua scintilla divina , che gli permetterà , sia pure attraverso lunghe traversie , di trovare la via migliore ; ed altresì da una simpatia spontanea per l ' uomo liberale , sempre pronto ad ascoltare , a comprendere , a rivedere le proprie posizioni ; fede è simpatia che altri possono non condividere . Contemporaneamente al discorso del card . Bea seguiva , cosa di ben minore importanza , un convegno dell ' associazione per la libertà religiosa : dove naturalmente si auspicavano diritti positivi rispettosi di tutti i convincimenti ; che riconoscano a tutti , appartenenti ad una fede od uomini che non si appellano a Dio , libertà di cercare proseliti . Ma nelle nostre conversazioni ci accorgevamo di essere divisi , tra quanti crediamo in un Dio che preghiamo , quanti hanno un vivo senso del sacro , che non riescono a fissare in una concreta religione , e quanti invece dichiarano di sentirsi pienamente appagati nell ' ambito della ragione , senz ' avvertire altri bisogni . Ed anche in un altro punto nelle nostre molto amichevoli conversazioni non eravamo concordi ; convinti tutti del dovere dell ' uomo di dichiarare al mondo le sue convinzioni , io assumevo il temperamento della pietà . Allo sdegno di alcuni per ciò , che la vedova di un nostro comune amico aveva voluto per lui funerale religioso , là dov ' egli mai era stato aderente alla fede cattolica , opponevo che se la povera donna ( che non aveva smentito inesistenti conversioni ) aveva tratto da ciò conforto , da quei funerali non era certo rimasto falsato il pensiero del marito , le cui pagine , nobili e belle , sono ben chiare . La congiunzione che fa il card . Bea tra amore della verità e carità del prossimo , m ' induce a perseverare in questo sentire , che ad altri più rigidi sembrerà lassismo .
Aldo Crespi ( Montanelli Indro , 1978 )
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Il dottor Aldo Crespi è morto alla bella età di 93 anni , ma credo che avrebbe fatto volentieri a meno di arrivarci . Sebbene lucidissimo , o forse proprio per questo , l ' ultimo periodo lo ha trascorso in amara solitudine , distaccato dal mondo , chiuso nella sua casa senz ' altra compagnia che quella dei propri ricordi . I ricordi del dottor Aldo erano il Corriere della Sera , di cui per quasi mezzo secolo fu proprietario e editore insieme ai suoi due fratelli Mario e Vittorio , scomparsi da tempo . Fu nel '25 che , secondo una certa leggenda , essi " s ' impadronirono " del giornale di via Solferino , estromettendone Albertini con l ' aiuto del fascismo . Non è qui il caso di far polemiche . Ma crediamo che , se fosse sopravvissuto , lo stesso Albertini , nella sua immacolata onestà , avrebbe contestato questa versione dei fatti . La maggioranza azionaria del Corriere era già , grazie al loro padre Benigno , in mano ai Crespi . Quando Mussolini ne decise l ' allontanamento , fu lo stesso Albertini a proporre loro di rilevare la sua quota , che venne pagata - a quanto ne so - una cinquantina di milioni : prezzo considerato , coi milioni di quei tempi , abbastanza equo . Dei tre , il dottor Aldo era di gran lunga quello più attaccato al giornale . Ma di questo amore erano a conoscenza solo gl ' intimi perché era considerato peccaminoso . I fratelli Crespi non erano litigiosi come quelli Perrone del Messaggero , che trascorsero la vita a farsi processi tra loro . Però si sorvegliavano strettamente , in modo che nessuno potesse apparire più editore dell ' altro . La legge di famiglia imponeva che le decisioni le prendessero d ' accordo , ma l ' accordo era difficile da trovare . Nel bagno annesso al loro ufficio c ' erano tre saponi e tre salviette , ognuna con la sua cifra : anche l ' epidermide volevano salva dal contagio . In quell ' ufficio , il dottor Aldo avrebbe volentieri trascorso le sue giornate , domenica compresa . Ma siccome gli altri due ci venivano una volta sola alla settimana , anche lui si sentiva in obbligo di osservare la regola . Vi arrivavano insieme , in modo da escludere " precedenze " passando da una porticina quasi di servizio per non farsi notare . Una volta che , trovandola chiusa , imboccarono quella principale , furono bruscamente scacciati da un fattorino che , non avendoli mai visti , non sapeva chi fossero . Nemmeno io , in trentasette anni di Corriere , li ho mai visti passare per le stanze e gli anditi della redazione . Fuori di lì li conobbi , e qualche volta li incontravo , ma dalla conversazione era severamente bandito l ' argomento del giornale . Del giornale , parlavano solo col direttore , poco anche con lui , e tutti e tre insieme . Tale era il dettato costituzionale di quella curiosa monarchia trina . Fu parecchio dopo la Liberazione che seppi di dover loro qualcosa . I tedeschi mi avevano arrestato e sulla mia testa pendeva la condanna a morte . Qualcuno della Gestapo andò dai Crespi e chiese , per la mia pelle , un milione . I Crespi lo sborsarono senza batter ciglio . Ma questo racconto mi fu fatto dietro giuramento di non farne mai parola con loro . Dopo vent ' anni mi considerai esentato dall ' impegno e , morti ormai Mario e Vittorio , ne parlai col dottor Aldo . Non negò , ma finse di non ricordar bene come si erano svolte le cose , poi concluse : « Se andarono veramente così , non fu un cattivo affare » , e cambiò discorso . A quei tempi , avevo stabilito con lui una certa dimestichezza , e qualche volta m ' invitava al Biffo , la bella villa che aveva in Brianza . Non mi ci trovavo molto ad agio perché sua moglie Giuseppina ne aveva fatto un centro di mondanità , nella quale ho sempre guazzato male . Ma credo che il dottor Aldo mi c ' invitasse appunto per avere sotto mano qualcuno che ci guazzasse male quanto lui e gli facesse compagnia nelle passeggiate nel parco e nella sua appartata libreria . I suoi interessi erano più letterari che politici . Era uomo di buone , anche se non vaste letture , tutte nel filone e nel gusto di quel cattolicesimo liberale manzoniano , ch ' era tipico della grande borghesia milanese , quando Milano aveva una grande borghesia . Scriveva anche , ma di nascosto . E ricordo lo sgomento che s ' impadronì di tutti noi al Corriere , quando si seppe che aveva pubblicato un libro sotto lo pseudonimo Alpi . A chi sarebbe toccata la difficile incombenza di recensirlo in modo da evitare lo sgarbo di una stroncatura senza cadere nella piaggeria ? Per fortuna giunse , discreto ma perentorio , l ' ordine d ' ignorare il libro . Quando , con l ' animo sollevato dal cessato pericolo , mi decisi a leggerlo , mi accorsi che si poteva parlarne bene senza ricorrere al falso : non erano più che bozzetti e ritratti di personaggi della vita ambrosiana , ma centrati e vivaci , pur tra i vezzi un po ' stantii di uno stile ottocentesco . Non mi sono mai accorto ch ' egli fosse il " padrone " nel senso che a questa parola davano i giornali concorrenti e avversari . Mai , in trentasette anni , mi fece rilievi su qualche articolo , o mi suggerì argomenti . Una sola volta ricevetti da lui un biglietto di sommessa doglianza , che conservo , e che cominciava così : « Caro Montanelli , Ella sa con quanta simpatia , partecipazione e ammirazione ho seguito e seguo i suoi scritti , sempre trovandovi ( anche nei più impertinenti ) motivi di consenso . Mi permetta quindi , per una volta , di fare eccezione e di esprimerle un addolorato dissenso - di cui tuttavia Ella è liberissimo di non tenere alcun conto - per quanto ha detto a proposito della conversione di Manzoni ... » . Ecco : quando parlava da " padrone " , il dottor Aldo Crespi lo faceva in questi termini , e solo per difendere Manzoni . Poco prima di passar la mano alla figlia nella gestione del Corriere , lo incontrai ai giardini , di fronte ai quali abitava e dove , quando era a Milano , andava sovente a passeggiare . Non mi fece cenno delle sue intenzioni di ritiro . Mi disse soltanto che si sentiva molto stanco - aveva passato da un pezzo gli ottanta - e infatti la sua alta e fragile figura non era più dritta come una volta . Poi , si rinchiuse in casa , e non lo rividi che quando mi pregò di passare da lui per ringraziarmi di un libro che gli avevo mandato . Capii che si trattava di una scusa , e lo era . Per la prima volta , mi chiese esplicitamente cosa pensavo del Corriere nella sua nuova versione . Altrettanto esplicitamente glielo dissi . Un velo di tristezza gli scese sugli occhi . « Me lo immaginavo » rispose , e parlammo d ' altro , a lungo e affettuosamente . Capii che quello era un addio , e infatti non ci vedemmo più . Quando seppe che anch ' io me n ' ero andato , mi scrisse una lettera che " affidata al riserbo dell ' amico " , non chiedeva risposta , anzi la escludeva . A mia volta gliene scrissi una quando seppi che anche l ' ultima fetta di Corriere , quella ch ' era stata sua , era passata in proprietà ad altro editore . Gli chiedevo se potevo andarlo a trovare . Attraverso un comune amico mi pregò di non farlo " perché temeva di commuoversi " . L ' ultimo messaggio , anch ' esso orale , me lo mandò attraverso il medesimo amico , pochi giorni dopo l ' uscita del Giornale : « Grazie » diceva « di avermi ridato da leggere un Corriere » . Il dottor Aldo morì allora , credo . E con lui moriva un certo tipo di editore , il cui unico torto è stato quello di non aver allevato dei successori . Non erano stati i Crespi a fare la grandezza del Corriere , ma erano stati i Crespi , e particolarmente il dottor Aldo , a salvarne quanto , nei mutati tempi , si poteva salvare . Non ho mai capito se il Corriere era com ' era perché lui era così , o se lui era così perché il Corriere era com ' era . So soltanto che , senza mai interferirvi , quest ' uomo schivo e discreto sapeva fare tutt ' uno di se stesso e del suo giornale . Che al Corriere ci fosse un padrone noi ci accorgemmo solo quando lui non fu più tale . E anche per questo ce ne andammo .
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L ' ingegnere Sada , milanese , ha ultimato il nuovo teatro Massimo di Catania , al quale darà il suo nome Vincenzo Bellini . Il nuovo teatro sorge dove era un giorno l ' arena Pacini ; ha la facciata sullo stile del Rinascimento , e si compone di due ordini di archeggiate sovrapposte ; undici busti di illustri musicisti adornano la facciata . Due altri , uno dello stile del 1500 l ' altro dello stile 1600 , danno accesso al teatro , del quale la platea misura 22 metri di lunghezza e 19 di larghezza . È alto 22 metri e mezzo , ha quattro ordini di palchi e un quinto , parte a palchi parte a gallerie ; nel centro del soffitto campeggia un quadro : l ' apoteosi di Bellini . Il palcoscenico è uno dei più grandi d ' Italia : è alto 22 metri e lungo 33 . L ' illuminazione è di 1500 fiammelle : il sipario è d ' amianto , numerosissime le uscite e ampie e sei immensi serbatoi d ' acqua sul palcoscenico , che in un minuto allagherebbero uno spazio di 60 metri cubi . Quest ' opera colossale , che sarà un trionfo per l ' ingegnere Sada e per gli artisti che con lui collaborano , s ' inaugurerà nella prossima primavera .