Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
Il Diario di Mosca ( Montale Eugenio , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Nel 1961 Enzo Bettiza , da quattro anni corrispondente da Vienna , fu trasferito a Mosca ; e non senza disappunto abbandonò il prezioso « fossile » che per cultura ed estrazione familiare gli era tanto caro . Nato a Spalato jugoslava , studente liceale nell ' italianissima Zara , figlio di un irredentista dalmata cittadino italiano e di una montenegrina , Bettiza si è sempre considerato un mitteleuropeo e più precisamente un Altósterreicher , sentimentalmente legato alla sua « defunta » capitale . Alla nuova residenza egli non giunge tuttavia impreparato . Ha una moglie goriziana , parla perfettamente la lingua slovena , conosce il serbo - croato e il tedesco , non gli è difficile impadronirsi del russo . Gli sarà perciò meno dura quella crisi di rigetto ch ' egli , confrontandosi con altri suoi colleghi italiani , ci descrive nel suo nuovo libro Il diario di Mosca ( Longanesi ) , rendiconto dei quattro anni da lui trascorsi in quella città e prima parte di un ' opera che avrà un seguito . Più che preparato Bettiza era vaccinato . Ha assistito all ' ingresso dei titoisti a Spalato , giovane comunista ha contemplato con un misto di desolazione e di esultanza l ' impoverimento della famiglia ; in seguito ha lasciato il partito , definitivamente immunizzato dal fideismo marxista . In che cosa poteva respingerlo la nuova sede ? L altro pericolo , l ' insabbiamento , a cui vanno soggetti gli stranieri che si stabiliscono in Russia fu da lui evitato studiando il fenomeno davvicino , nei giornalisti stranieri che vivono da molti anni in quella capitale . L ' immensa Russia ha una dimensione temporale diversa dalla nostra . La lentezza , la monotonia , l ' incolore opacità del mastodonte sovietico possono indurre chi vi soggiace ad una sorta di claustrofilia . Non vale la pena di uscirne , tutto il resto del mondo è un technicolor di cui si perde anche il desiderio . Quando Bettiza giunge a Mosca la destalinizzazione ha già compiuto molti passi e forse sta facendone qualcuno indietro . Tukacevski e quasi tutti i generali che Stalin ha mandato a morte sono stati riabilitati ; ma in altri settori non si avvertono veri mutamenti . Qualcuno trova che si esagera . Con Stalin , dichiara confidenzialmente un cremlinologo , si sapeva benissimo dove si andava a finire ; ma con Kruscev nulla è prevedibile . Dopo tutto Stalin non era per niente incolto , afferma un poeta che recita i suoi versi dinanzi a folle entusiaste . Narratori e teatranti godono di qualche maggiore libertà ma accettano i benevoli consigli della censura . La più nota gazzetta letteraria è meno prudente ma manca del tutto la stampa d ' informazione . Le notizie , se ci sono , si devono cercare tra le righe della « Pravda » . Quel che conta negli articoli di quel giornale non è il generico ottimismo ma quell '«eppure...», quel « tuttavia » che sarà il campanello d ' allarme di qualche alto funzionario periferico . Quel « tuttavia » permetterà ai cremlinologi ( nuovo ramo di una più vasta scienza , la sovietologia ) di tirare l ' oroscopo . Il comune lettore sorvola sul « tuttavia » che di solito appare nelle ultime righe dell ' articolo ; ma le vere notizie deve cercarle in qualche giornale straniero ( se lo trova o se riesce a leggerlo ) . Non c ' è stata vera riabilitazione neppure per Pasternak . Gli si riconoscono qualità di poeta ma si osserva che il romanzo non era pane per i suoi denti . La sua dacia non diventerà un museo nazionale . In un Paese dove la mummia di Lenin - tolta dal mausoleo quella di Stalin - è meta di un continuo e adorante pellegrinaggio , un senso d ' incombente mummificazione generale desta l ' attenzione del giornalista che voglia sfuggire al mortale invito . Bisogna sfuggire al primo click , dice Frane Barbieri , altro dalmata che è corrispondente di un giornale di Zagabria . Come si difendono gli stranieri ? I francesi vivono in un mondo a sé , distaccati . Gli inglesi sono più curiosi che interessati , non abbandonano mai il loro fondamentale empirismo , mentre i tedeschi sono irretiti , imprigionati da quel complesso di amore - odio per il mondo russo che non sarà una sorpresa per chi abbia letto il grande romanzo di Gonciarov e qualche altro classico della letteratura russa . In Oblomov il personaggio di Stolz , tedesco , è l ' eroe positivo , sebbene di una positività assai mediocre , e non mancano esempi in altri autori . Da Bielinski in poi , assai prima che il pensiero di Marx giungesse in Russia , la filosofia di Hegel ha fatto strage nell ' intelligenza slava ( molto prima che in Italia , sia detto tra parentesi ) . Nessuna inimicizia è così grande come quella che scoppia tra lontani parenti , tra affini . Ed è proprio su questo tema che Bettiza ci dà alcune delle sue pagine migliori , perché in lui l ' amore per le idee è di gran lunga superiore all ' amore per gli uomini . E non è , intendiamoci , ch ' egli non sia un attento osservatore degli uomini ; ma il fatto è che il color locale , la barzelletta , l ' aneddoto sono del tutto estranei ad un temperamento come il suo . Uno scrittore impressionistico avrebbe speso molte pagine per descriverci gli orrori di quell ' hotel Lux dove a migliaia di uomini furono inflitte mostruose torture per ottenere confessioni di inesistenti congiure , autoaccuse , delazioni ; dove quella « historia generai de la infamia » progettata dal Borges ha scritto una delle sue vette più ingloriose . Tre o quattro pagine sole , plumbee , dure , senza un filo di commozione , ma proprio per questo tanto più dure nel giudizio . Ne sanno qualcosa i giovanissimi russi di oggi ? Bettiza è incline a credere che non ne sappiano nulla , o meglio che non vogliano saperne nulla . D ' altronde , chi è meglio qualificato a descrivere i grandi eventi della storia ? Chi li ha vissuti o colui che li osserva da lontano , col cannocchiale , esperto del prima e del poi , delle cause e delle conseguenze ? Il non comprendere , il non voler comprendere ciò che ci sta davanti agli occhi non è specifico della mentalità slava , sebbene l ' immensa costellazione sovietica , tanto diversa nelle sue componenti , abbia avuto un comune destino : quello di saltare a piè pari almeno un secolo passando da un ' autocrazia feudale a un tipo di collettivismo anche più accentratore , non certo previsto da Marx che mai nascose la sua antipatia per il mondo russo . Né credo che in Marx agisse quell ' ambivalenza che Bettiza ha posto in luce con tanta precisione . Fabrizio del Dongo non si rese conto di essere coinvolto nella battaglia di Waterloo così come molti tedeschi e molti italiani non videro ciò che stava accadendo sotto i loro occhi . La storia che non si ripete mai , in questo si ripete sempre . Vede chi vuole e pochi sono nella condizione di volere . E sono certo che anche in Russia la pietà è di gran lunga più forte della ferocia . Un luogo comune , accettato da tutti coloro che conoscono la grande letteratura russa , è che in quei paesi sia vivo e ineliminabile il sentimento religioso . Su questo punto la testimonianza di Bettiza non suona discorde . Nella Russia d ' oggi la religiosità non è solo fuoco sotto la cenere ma assume anche forme spettacolari : non tali però da mettere in causa la solidità del regime . Non c ' è grande differenza tra quelli che ascoltano in massa le poesie di chitarristi stipendiati dallo Stato e coloro che affollano le cerimonie della Chiesa ortodossa e i culti non certo clandestini della seconda Chiesa russa , riconosciuta dallo Stato , quella dei Vecchi Credenti , non riconosciuta dall ' Ortodossia . Pare che all ' origine di questo scisma tardo - seicentesco sia un diverso modo di farsi il segno della croce . Con tre dita o con due ( a pizzico ) ? Poi sorsero altre divergenze dottrinali che ignoro . I Vecchi Credenti sono milioni , hanno le loro chiese , i loro preti , una loro organizzazione . E come ho già detto anche l ' orrendo teschio di Lenin esercita una morbosa attrazione mistica sui visitatori che sostano in fila per essere ammessi alla beatitudine . Lo spettacolo dev ' essere allucinante . Non è affatto prevedibile una futura mummificazione di Kruscev . Non lo era neppure nel '6l'62 , quando Bettiza scriveva questo suo diario . La prova secca , precisa , lineare di Bettiza non è quella del journal , non consente citazioni , estrapolazioni . Non vuol essere « prosa d ' arte » nel significato più dubbio della parola . D ' altronde Bettiza considera questo libro e i suoi precedenti ( tra gli altri quel Fantasma di Trieste che fu tradotto in molte lingue ) come il materiale che dovrebbe confluire in un futuro romanzo mitteleuropeo , globale , sinfonico , « completamente distaccato dagli umori passeggeri dello scrittore » . Ardua impresa in un tempo nel quale arte e scienza tendono piuttosto al micro che al macroscopico . Ma non è lecito porre limiti alle giuste ambizioni di uno scrittore tanto dotato . Può darsi che un giorno egli si avveda che il Diario di Mosca e quelli che eventualmente seguiranno sono già il romanzo ch ' egli , in astratto , vagheggiava . Un romanzo che ha un solo personaggio : l ' uomo , il Singolo di fronte alla Moltitudine . La scomparsa del singolo sarebbe la fine dell ' avventura umana ; e di questo la provvidenza ci ha dato già qualche annuncio ma non la sentenza definitiva . Può darsi che ce la risparmi , anche se non l ' abbiamo meritato .
Hiroshima ( Rossanda Rossana , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Nei molti bilanci sulle idee del secolo non trovo come crinale lo sganciamento delle atomiche su Ilíroshima e Nagasaki . Non in George Steiner , non in François Furet , non nei molti necrologi del comunismo . Neppure in Il secolo breve di Hobsbawm , che pure le ricorda . Non è una rimozione ? Ricordo l'8 agosto 1945 , duella per me è la data . La notizia arrivò forse il 7 , ma dilagò quel giorno . Era un segno di vittoria ; eppure ci fu una sospensione , un movimento di riduzione , un ritrarsi . Era una bomba speciale , ma quanto speciale ? Non lo sapemmo subito . Che significava esattamente : due città rase al suolo , ma diversamente da Coventry o Dresda o Berlino ? Neanche gli americani sapevano la devastazione che avrebbero causato . Eppure dopo quella guerra , in Italia raddoppiata dalla guerra civile , credevamo di aver veduto tutto ; avevamo una tale nausea di morte che ci sentivamo più convalescenti , più suonati che felici . Contavamo i nostri morti , sapevamo vagamente di quelli altrui . Di morte eravamo come avvelenati . E poi perché quella bomba adesso ? Per noi la guerra era finita il 25 aprile , in Germania il 2 maggio con la bandiera rossa che sventolava sul Reichstag ; le date ufficiali non sono le stesse della memoria collettiva . L ' Asse non esisteva più , il Giappone era parte dell ' Asse , dunque era finito , questione di settimane . Ignoravamo di avergli testé dichiarato la guerra ( io lo apprendo ora , dalla Rai che contemporaneamente mi informa che Tokyo è stata l ' ultima a « difendere l ' onore dell ' Asse » ) e se lo avessimo saputo ci avrebbe fatto ridere . L ' Italia era mezza morta , raccoglievamo i cocci , c ' era tutto da rimettere in piedi , le nostre esistenze incluse . Così la bomba su Hiroshima ci lasciò senza fiato . Ne capimmo lentamente la magnitudine , la catastrofe , non ne capimmo il senso , quel che capimmo a poco a poco ci ammutolì . La guerra finiva , la distruzione no . Nei mesi successivi quel fungo mostruoso continuò a implodere nei corpi , nei luoghi ; la radioattività entrò nel nostro lessico . E di più , quella non immaginata distruzione era stata compiuta dalla nostra parte . Avevamo trovato oscena la parola fascista « coventrizzare » , non sapevamo ancora di Dresda . L ' atomica era impensata . Ma l ' impensabile che si verifica diventa pensato per sempre , possibile e riproducibile . La pace cominciava con una distruzione immane . Era una pace ambigua . Poco dopo ci saremo sentiti in guerra fredda , non ricordo chi per primo la chiamò così . Ma in meno di due anni l ' avevamo in casa . In quella stessa strana estate arrivarono le immagini dei campi di sterminio . Credo che le prime venissero dalla quinta armata di Eisenhower : anch ' esse ci ammutolirono . Avevamo veduto tanti morti , conoscevamo i fronti di guerra , avevamo alle spalle l ' incalcolabile rotta dell ' Armir nel gelo delle pianure russe , avevamo veduto i corpi dei fucilati o impiccati dai tedeschi , tenuti per strada per qualche giorno , le sentinelle di guardia avanti e indietro , perché ne fossimo avvisati . Erano corpi come abbandonati , dislocati in un sonno a occhi aperti , il volto fisso sul cielo o sul selciato . Non avevamo conosciuto quella morte a pacchi , quella gigantesca discarica di cadaveri scarniti , già senza più lineamenti . La prima guerra mondiale era stata una macelleria e noi pensavamo ancora in quei termini , erano anche quelli che ci avevano consegnato libri , gli espressionisti , Otto Dix , poi Picasso con Guernica . Solo Guernica tiene testa a quel che apprendemmo l ' estate del 1945 . Hiroshima e Nagasaki stavano a Coventry come quelle vagonate di cadaveri dei campi alle membra stanche e al volto fisso e riconoscibile dei compagni rimasti agli angoli delle strade . Atomica e campi non si contrapposero , si sommarono . A due mesi dalla pace , eravamo iniziati a una dimensione della guerra che non stava nella nostra mente . Fatico a mettere a punto che cosa fosse per me , prima , il limite della distruzione . Sapevo che la guerra non risparmia . le popolazioni civili , ma per lungo tempo era sembrata una sbavatura , un eccesso . Poi l ' ultima guerra aveva colpito « anche » i civili . La bomba su Hiroshima colpiva « soltanto » loro . Quella su Nagasaki « soltanto » loro . Il Giappone aveva colpe orrende e non le ha mai riconosciute ; tuttavia vedendo le immagini di quei giorni , mi par di capire l ' impossibilità , per quelli che sfuggirono e vagarono in cerca di una città irriconoscibile , di piegare le ginocchia davanti al mondo , come fece Brandt . Non so se ad ammutolirci fosse la quantità delle vittime . Furono forse 130.000 , ma già ne contavamo in guerra decine di milioni . Né il dolore , il dolore altrui è una razionalizzazione . Fu credo l ' impossibilità di raffigurarci quell ' evento . Il volare in polvere in una vampata , il bagliore accecante , poi l ' oscurità e il silenzio che seguirono . Abbiamo nuovamente sentito in questi giorni il racconto dei sopravvissuti , per decenni a parte dagli altri , come infetti . Ascoltiamo ma non sentiamo . Non si può , forse è giusto e vitale non potere . Ci sono zone dove non si va . Anche alcuni di loro dicono : perché parlarne ? Non avverrà più , come dire : è quasi non avvenuto . E ci colpì che la nostra parte avesse usato la bomba . L ' atomica americana doveva venire prima di quella di Hitler . Fu accelerata , ci si misero i migliori . Si doveva ? Non si doveva ? Fin dove si può arrivare nello sterminio per salvarsi dallo sterminio ? Se lo chiesero gli scienziati , ma non ci hanno lasciato molte risposte . Più tardi vedemmo con un sorriso Stranamore , perché era un pericoloso deficiente . Ma la bomba non la costruirono dei deficienti ; non furono dei pazzi a farla sganciare su Hiroshima e Nagasaki . Se fosse stata pronta nell ' inverno del 1944 , sarebbe stata gettata su Berlino ? Nel chiedermelo mi par di avvicinare la dimensione di quell ' orrore . Un orrore da perpetrare lontano , non fra noi , su « altri » . Forse sbaglio . Dovemmo prendere atto che la guerra poteva essere distruzione assoluta . Messa a rischio della vita sulla terra . E che questo diventava uno strumento della politica . Non era stato nel conto prima . Chi è nato dopo l ' ha nel conto . L ' ha trovato nel suo orizzonte . Per questo non ci capiamo : la gente come me è quella del prima e del dopo . Credo che mio padre e mia madre siano morti giovani perché il carico della prima e della seconda guerra mondiale non era umanamente portabile . Credo che per questo oggi la distruzione ci abita con tanta leggerezza e i ragazzini si dilettano al computer in wargames che non somigliano al gioco degli indiani . Non credo che sia un frutto obbligato della tecnica . Questa è la tesi del grande pensiero di destra e nichilista , ripresa da Heidegger , e vedo che torna a rifletterci su « Repubblica » Umberto Galimberti . Credo che la tecnica abbia sempre seguito la decisione o il bisogno di distruggere . Da quando gli uomini hanno scoperto la techne , prima della storia , le armi sono state il prodotto più avanzato e si sono tirate dietro manufatti , merci , tecnologia , scienza . La guerra non è la continuazione della politica , viene prima e ne è un sostituto . In quel concetto ormai informe che chiamiamo « modernità » stava l ' idea che potessimo costituirci in patti vivibili , scommettere sulla libertà come fondatrice di un ethos , di una economia di sé e delle cose . La seconda guerra mondiale nacque da molti interessi , ma anzitutto da una violazione a monte del patto dei moderni - l ' arcaico fantasma di dominio del Terzo Reich come risposta alla crisi e paura di un comunismo possibile . La natura estrema della posta ha spinto a tecniche estreme di distruzione . Gli ebrei non furono mandati ad Auschwitz perché esisteva lo Zyklon B , furono gasati perché erano troppi ad Auschwitz . Il comandante del campo , Hess , ha raccontato come andò . In altre forme la soluzione finale prendeva troppo tempo . In Uomini semplici un giovane storico americano che lavora sugli archivi tedeschi racconta come le prime esecuzioni degli ebrei deportati dai villaggi polacchi fossero compiute non da SS ma da anziani riservisti ognuno dei quali doveva prelevare un ebreo per volta dal camion , spingerlo fino alla fossa e sparargli alla nuca . Ci metteva qualche minuto , lo vedeva in viso e sangue e cervello spappolato gli schizzavano addosso . Bisognò cambiar sistema . Bisogna ammazzare in fretta , senza vedere , gente anonima o resa tale . Tale è sempre il nemico nelle guerre moderne . Ma certo le camere a gas e la bomba sganciata dall ' Enola Gay , era il nome della madre del pilota , furono un gran passo avanti . Dopo , la bomba H avrebbe superato in virtualità tutti e due . Le generazioni dopo la mia hanno visto questo paesaggio quando levavano il capo dalle private faccende . La pace è stata per loro sinonimo di equilibrio del terrore . Quando è finito non è stato per un disarmo bilaterale che della pace poteva essere una prima modesta imitazione , ma per il crollo dell ' Urss , come se la fine del pericolo di guerra fosse legata alla fine del simbolo , suo malgrado , d ' una società altra . Fine per noi si intende : per gli altri le guerre restano , anzi le alimentiamo . Anche l ' immaginario è segnato dal trascolorare dei conflitti in distruzione totale di nemici senza volto , o anche zero nemici ma distruzione come senso ultimo dell ' esperienza . Non vediamo con interesse se non fiction di morte . Le ramificazioni del vivere non esercitano la stessa attrazione , e il « bene » ci imbarazza , ci annoia , sa di perbenismo , è melassa . Uscendo da Usual suspects , come l ' anno scorso da Natural born killer , ma anche dalla più innocente Arma letale mi dico che forse prima del '45 non ci sarebbero state . E non per insufficienza tecnica .
VIVA CHI VENCE ( - , 1861 )
StampaPeriodica ,
No , popolo mio , no e poi no . Questo Viva cca non deve uscire mai dalla tua bocca : chi te l ’ ha ’ nsegnato , t ’ ha ’ ngannato e t ’ ha voluto tradire . Né viva chi vence , né viva chi perde . Viva solo chi ha ragione , o vence o perde . La prima origine di tutt ’ i tuoi sbagli e perciò di tutte le cattive e triste conseguenze che succedono , consiste propria in questo grandissimo e terribile errore , di dire : viva chi vence . Dimmi ’ na cosa . Se tu vedissi battere ’ na povera bestia talmente che quella povera bestia cadesse morta ’ nterra , strilleresti : viva chi vence ? neh , se tu vedessi ’ no lazzarone battere e uccidere ’ na povera creatura , dimmi , grideresti : mora chi perde e viva chi vence ? No , no ; giacché certamente diciarrisse : che ragione ncè di battere ’ na povera bestia o ’ na creatura ’ nnocente ? Vedi dunque che il cuore , senza tanta filosofia e tanta sapienza , ti parla chiaro e ti espone la legge , e te dice che deve trionfare chi ha ragione . Dimmi ’ na cosa . Se viene lo leone , e perseguita ’ na vaccarella , che cerca di fuggire e di liberarsi , ma lo leone l ’ arriva , la sbrana , e se la divora senza pietà , diciarrisse : viva chi vence ? No , perché chi tene forza , non significa che ave più ragione ; perché allora sarebbono inutili le leggi e la giustizia : lo più forte avarria sempre ragione : allora tu , popolo basso , dovresti avere sempre e poi sempre torto . Se s ’ ha da dire : viva chi vence , ne viene per conseguenza che s ’ ha da aggiungere : e mora chi perde , cioè viva chi sta sopra , e mora chi sta sotto . Ti piace ? dimmi neh , te persuade ? No , no , no , popolo basso : non dire mai sto viva , altrimenti te cuoci con lo fuoco tuo stesso . Una è la giustizia , una la legge , uno lo dritto per tutti . E se una è la giustizia , la legge e lo dritto , è permesso di dire : viva chi vence solamente quando chi vince ha ragione . Bada bene ; non bisogna mo correre all ’ eccesso contrario , e dire sempre viva chi perde , no . Senti a me , e tienilo a mente . Se uno ha ragione e vence , viva : se uno ha ragione e perde , viva ; e così , se uno ha torto e vence , mora ; se uno ha torto e perde , mora . Popolo basso , tu sei debole e stai sotto ; ma puoi diventare fortissimo a momento . Ora sta forza tua la devi usare in difesa de la giustizia e della ragione , e mai mai in difesa di chi vince : giacché può venire il momento che tu hai ragione e stai sotto , e chi strilla viva chi vence , ti uccide , ti sacrifica e ti assassina . Non guardare chi trionfa ; tieni mente dove sta la ragione e dove il torto . Tu sei debole e miserabile , hai tu sempre torto ? no ; li nobili , li signori , li ministri , li re sono ricchi e potenti , hanno dunque sempre ragione ? no . Cerca dunque di non aver torto e non già di vincere , perché la vincita e lo trionfo di chi ha torto , non dura ; come non dura la sconfitta e la perdita di chi ha ragione . Viva l ’ Italia , non perché sta vincendo , ma perché ha ragione ; viva Vittorio Emmanuele e Napoleone quando difendono gl ’ Italiani dai loro nemici : viva il popolo , quando non pretende cose ingiuste ; e mora ... no . Viva Garibaldi che disse al popolo basso : Viva l ’ Italia , e morte a nessuno .
LA COMMEDIA ALL'ISTRIONE ( GIULIANO_IL_SOFISTA , 1906 )
StampaPeriodica ,
I cari francesi sono impegnati in una delle solite loro grandi battaglie di idee . Si tratta nientemeno che di Sarah Bernardt , e di sapere se la vincerà il ministro che la vuole decorare o il consiglio della Legion d ' onore che non ne vuol sapere . Per parte mia , che non sono né attore , né insigne , né insignito , non trovo nessun inconveniente nel decorare chi si maschera sulla scena ; non sono decorate le maschere più pericolose che passeggian per la via ? Anzi mi compiaccio che l ' Italia abbia preceduto la sorellastra latina su questa strada ( mi par che Tamagno fosse commendatore e Novelli cavaliere ) , perché non c ' è nulla di più moderno , di più sincero , di più rappresentativo della psiche contemporanea , del culto votato all ' attore . Il governo con il suo nastrino non fa che conformarsi al giudizio del pubblico . Da noi non ci si cura della musica , ma del tenore ; non della commedia , ma dell ' attore . Chi è pagato , premiato , applaudito , famoso ? l ' attore e il cantante . Chi ha il ritratto nelle botteghe dei pasticcieri e dei librai ( non c ' è molta differenza ) ? l ' attore e il cantante . Chi occupa il pubblico con i suoi aneddoti , con le sue avventure , con i suoi pranzi , con i suoi viaggi ? l ' attore e il cantante . Due cose - ha detto Peladan - non mancano mai nel giornale : la Borsa e il Teatro . Sembra che tutta l ' anima contemporanea sia racchiusa fra questi due limiti . Gli Italiani si interessano più all ' idiota fornito di buona gola ; i Francesi si occupano più dell ' idiota che gestisce bene ; ma nel fondo le due sorellastre latine sono eguali ; nella loro volgare ammirazione per lo strumento esterno , per il mimo e per l ' istrione che non sarebbero nulla se non ci fosse chi prestasse loro un po ' di anima e qualche frase . Basta vedere la scelta dozzinale , quattrinaia , pornografica e scema che i nostri attori ci impongono ; basta pensare alla loro vita di pettegolezzi , di piccolezze , di gelosie , di schiavitù verso il giornalista ; basta considerare con quanta energia appoggino tutto ciò che è mediocre , e come impersonino bene quella che è stata detta la " commedia borghese " ; per avere un odio corso e un disprezzo braminico per questi propagatori della volgarità e per questi esemplificatori della vita d ' apparenza , senza fondo di idee e di passioni . Uno dei fatti che più rivelano la differenza dei due popoli e di due arti e di due colture è questa : che mentre in Germania il più grande musico della generazione passata ha combattuto e soffocato il cantante , in Italia il più grande artefice di parole della generazione passata ci ha dato l ' apoteosi dell ' attrice e ha fatto l ' apologia dell ' imbellettamento e del posticcio . WAGNER ha soffocato il cantante ; chi soffocherà fra i latini l ' istrione ?
ProsaGiuridica ,
Vittorio Emanuele III per Grazia di Dio e per la Volontà della Nazione Re d ' Italia Imperatore d ' Etiopia Veduto il R . decreto - legge 5 settembre 1938-XVI , n . 1390; Veduto il R . decreto - legge 23 settembre 1938-XVI , n . 1630; Veduto il testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sull ' istruzione elementare approvato con R . decreto 5 febbraio 1928-VI , n . 877 , e successive modificazioni ; Veduto il R . decreto - legge 3 giugno 1938-XVI , n . 928; Veduto l ' art . 3 , n . 2 , della legge 31 gennaio 1926-IV , n.100; Riconosciuta la necessità urgente ed assoluta di dettare ulteriori disposizioni per la difesa della razza nella Scuola italiana e di coordinarle in unico testo con quelle sinora emanate ; Udito il Consiglio dei Ministri ; Sulla proposta del Duce , Primo Ministro Segretario di Stato e Ministro per l ' interno e del Nostro Ministro Segretario di Stato per l ' educazione nazionale , di concerto con quello per le finanze ; Abbiamo decretato e decretiamo : Art . 1 . A qualsiasi ufficio od impiego nelle scuole di ogni ordine e grado , pubbliche e private , frequentate da alunni italiani , non possono essere ammesse persone di razza ebraica , anche se siano state comprese in graduatorie di concorsi anteriormente al presente decreto ; nè possono essere ammesse al conseguimento dell ' abilitazione alla libera docenza . Agli uffici ed impieghi anzidetti sono equiparati quelli relativi agli istituti di educazione , pubblici e privati , per alunni italiani , e quelli per la vigilanza nelle scuole elementari . Art . 2 . Delle Accademie , degli Istituti e delle Associazioni di scienze , lettere ed arti non possono far parte persone di razza ebraica . Art . 3 . Alle scuole di ogni ordine e grado , pubbliche o private , frequentate da alunni italiani , non possono essere iscritti alunni di razza ebraica . è tuttavia consentita l ' iscrizione degli alunni di razza ebraica che professino la religione cattolica nelle scuole elementari e medie dipendenti dalle Autorità ecclesiastiche . Art . 4 . Nelle scuole d ' istruzione media frequentate da alunni italiani è vietata l adozione di libri di testo di autori di razza ebraica . Il divieto si estende anche ai libri che siano frutto della collaborazione di più autori , uno dei quali sia di razza ebraica ; nonché alle opere che siano commentate o rivedute da persone di razza ebraica . Art . 5 . Per i fanciulli di razza ebraica sono istituite , a spese dello Stato , speciali sezioni di scuola elementare nelle località in cui il numero di essi non sia inferiore a dieci . Le comunità israelitiche possono aprire , con l ' autorizzazione del Ministro per l ' educazione nazionale , scuole elementari con effetti legali per fanciulli di razza ebraica , e mantenere quelle all ' uopo esistenti . Per gli scrutini e per gli esami nelle dette scuole il Regio provveditore agli studi nomina un commissario . Nelle scuole elementari di cui al presente articolo il personale potrà essere di razza ebraica ; i programmi di studio saranno quelli stessi stabiliti per le scuole frequentate da alunni italiani , eccettuato l ' insegnamento della religione cattolica ; i libri di testo saranno quelli di Stato , con opportuni adattamenti , approvati dal Ministro per l ' educazione nazionale , dovendo la spesa per tali adattamenti gravare sulle comunità israelitiche . Art . 6 . Scuole d ' istruzione media per alunni di razza ebraica potranno essere istituiti dalle comunità israelitiche o da persone di razza ebraica . Dovranno all ' uopo osservarsi le disposizioni relative all ' istituzione di scuole private . Alle scuole stesse potrà essere concesso il beneficio del valore legale degli studi e degli esami à sensi dell'art.15 del R . decreto - legge 3 giugno 1938-XVI n.928 , quando abbiano ottenuto di far parte in qualità di associate dell ' Ente nazionale per l ' insegnamento medio : in tal caso i programmi di studio saranno quelli stessi stabiliti per le scuole corrispondenti frequentate da alunni italiani , eccettuati gli insegnamenti della religione e della cultura militare . Nelle scuole d ' istruzione media di cui al presente articolo il personale potrà essere di razza ebraica e potranno essere adottati libri di testo di autori di razza ebraica . Art . 7 . Per le persone di razza ebraica l ' abilitazione a impartire l ' insegnamento medio riguarda esclusivamente gli alunni di razza ebraica . Art . 8 . Dalla data di entrata in vigore del presente decreto il personale di razza ebraica appartenente ai ruoli per gli uffici e gli impieghi di cui al precedente art.1 è dispensato dal servizio , ed ammesso a far valere i titoli per l ' eventuale trattamento di quiescenza ai sensi delle disposizioni generali per la difesa della razza italiana . Al personale stesso per il periodo di sospensione di cui all'art.3 del R . decreto legge 5 settembre 1938-XVI , n . 1390 , vengono integralmente corrisposti i normali emolumenti spettanti ai funzionari in servizio . Dalla data di entrata in vigore del presente decreto i liberi docenti di razza ebraica decadono dall ' abilitazione . Art . 9 . Per l ' insegnamento nelle scuole elementari e medie per alunni di razza ebraica saranno preferiti gl ' insegnanti dispensati dal servizio a cui dal Ministro per l ' interno siano state riconosciute le benemerenze individuali o familiari previste dalle disposizioni generali per la difesa della razza italiana . Ai fini del presente articolo sono equiparati al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole pubbliche e private e il personale di vigilanza nelle scuole elementari . Art . 10 . In deroga al precedente art . 3 possono essere ammessi in via transitoria a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica già iscritti nei passati anni accademici a Università o Istituti superiori del Regno . La stessa disposizione si applica agli studenti iscritti ai corsi superiori e di perfezionamento per i diplomati nei Regi conservatori , alle Regie accademie di belle arti e ai corsi della Regia accademia d ' arte drammatica in Roma , per accedere ai quali occorre un titolo di studi medi di secondo grado o un titolo equipollente . Il presente articolo si applica anche agli studenti stranieri , in deroga alle disposizioni che vietano agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel Regno . Art . 11 . Per l ' anno accademico 1938-39 la decorrenza dei trasferimenti e delle nuove nomine dei professori universitari potrà essere protratta al 1í gennaio 1939-XVII . Le modificazioni agli statuti delle Università e degl ' Istituti d ' istruzione superiore avranno vigore per l ' anno accademico 1938-39 , anche se disposte con Regi decreti di data posteriore al 29 ottobre 1938-XVII . Art . 12 . I Regi decreti - legge 5 settembre 1938-XVI , n . 1390 , e 23 settembre 1938-XVI , n.1630 , sono abrogati . è altresì abrogata la disposizione di cui all'art.3 del Regio decreto legge 20 giugno 1935-XIII , n.1071 . Art . 13 . Il presente decreto sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge . Il Ministro proponente è autorizzato alla presentazione del relativo disegno di legge . Ordiniamo che il presente decreto , munito del sigillo dello Stato , sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d ' Italia , mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare . Dato a San Rossore , addì 15 novembre 1938 - XVII Vittorio Emanuele Mussolini , Bottai , Di Revel Visto il Guardasigilli : Solmi
LETTERA DA MILANO ( Bianciardi Luciano , 1955 )
StampaPeriodica ,
Carissimi , dovevo proprio raccontarvi una volta o l ' altra , quel che ho visto e quel che ho capito , in questi primi sei mesi milanesi , soprattutto sentivo e sento il bisogno di esporvi , di questo bilancio , la parte negativa , la più grossa , di dirvi insomma quel che non ho capito , o addirittura non visto . Voi sapete bene che cosa ero e che cosa facevo , prima di venire quassù . Sono nato e sono vissuto in provincia , per trent ' anni , e proprio nel momento in cui un uomo sui trent ' anni si trova di fronte alla solita inevitabile crisi ( di crescenza , speriamo ) ho fatto il salto , sono venuto a lavorare quassù . Posso dire di conoscere e di aver capito la mia provincia , la Maremma . Si è già detto che la provincia , come campo d ' indagine , offre notevoli vantaggi rispetto alla città : è un campo d ' osservazione assai più semplice e ristretto . Le sue linee strutturali sono in genere nette e schematiche , mentre nella città esse sono , innanzi tutto , più numerose , e poi intrecciate , accavallate , coincidenti a volte . Anche per un uomo sostanzialmente comune , quale io sono , non è stato difficile , nella provincia in cui sono nato e cresciuto , capire abbastanza chiaramente , pur senza la scelta d ' un partito politico , come stanno le cose , in Italia , chi ha ragione e chi ha torto . Nel caso mio hanno ragione i badilanti , e hanno ragione i minatori , hanno torto i latifondisti , e ha torto la Montecatini . Basta muoversi appena un poco , vedere come questa gente vive ( e muore ) e la scelta viene da sé . Sui libri si troverà , semmai , la conferma di quel che si è visto e di quel che si è deciso , e si stabilirà , da allora in avanti , di servirsi dei libri per aiutare chi ha ragione ad averla nei fatti , oltre che nei diritti . Non c ' è dubbio . Perciò , quando mi proposero di venire quassù , io mi chiesi se era giusto lasciare i badilanti e i minatori , della cui vicinanza sentivo molto il bisogno e il significato . Non solo , pensai anche che la lotta , quassù , si poteva condurre con mezzi migliori , più affinati , e a contatto diretto con il nemico . Mi pareva anzi che quassù il nemico dovesse presentarsi più scoperto e visibile . A Niccioleta la Montecatini non ha altra faccia se non quella delle guardie giurate , povera gente che cerca di campare , o quella del direttore , un ragazzo della mia età , che potrebbe aver fatto con me il liceo , o giocato a pallone . A Milano invece la Montecatini è una realtà tangibile , ovvia , cioè si incontra per strada , la Montecatini è quei due palazzoni di marmo , vetro e alluminio , dieci , dodici piani , all ' angolo fra via Turati e via della Moscova . A Milano la Montecatini ha il cervello , quindi dobbiamo anche noi spostare il nostro cervello quassù , e cercare di migliorarlo , di farlo funzionare nella maniera e nella direzione giusta . Così ragionavo , e per questo mi decisi . Mi avevano detto che avrei trovato una città dura , chiusa , serrata . Milano è forse l ' unica città d ' Italia in cui i portoni sulle strade si chiudono contemporaneamente e inderogabilmente alle dieci di sera . E si chiudono sul serio , di dentro e di fuori , sì che senza chiave non solo non si entra , ma nemmeno si esce di casa . Milano è la città d ' Italia in cui forse è più difficile che sorgano rapporti umani costanti e profondi : provate a viverci qualche tempo ( diciamo come me , sei mesi ) e vedrete quante poche volte una famiglia di conoscenti vi inviterà a cena , o a prendere il caffè . Anche visivamente : Milano è una sorta di labirinto di griglie scure , fra le quali scorrono lunghe , eguali , monotone le strade . Le strade che quassù , a differenza di tutte quelle d ' Italia , non sono luoghi , ma strumenti , rotaie su cui si viaggia a velocità notevole , è vero , ma uniforme . Ed è questa la ragione per cui il traffico , molto più denso rispetto a quello romano , finisce col non avvertirsi , e col dare la sensazione della solitudine e del silenzio . Ma questo è colore . Altre cose , e più importanti , si vedono assai presto . L ' assenza , palese , degli operai . Gli operai non ci sono , almeno in quella Milano che è compresa nel raggio del movimento mio e dei miei colleghi , non entrano mai nel nostro rapporto di lavoro . Gli ultimi operai che ho visto , nel giugno scorso , erano quelli di Sesto . E inatti sono a Sesto , a Monza , alla Bovisa , a Niguarda , non qui . Qui ci sono i ragionieri . Guardate bene , non è il solito termine folcloristico di comodo . Voglio dire proprio i ragionieri , quelli col diploma : come si spiegherebbe , altrimenti , proprio a Milano , una istituzione come l ' Università Bocconi ? Provatevi a pensarla a Roma : a Roma , semmai , sarebbe pensabile un ' ipotetica università per soli funzionari ministeriali . E sono questi , i ragionieri , che fanno il tono umano della città , quelli che incontrate in tram , per strada , la mattina alle nove , che camminano allineati e coperti , con la loro divisa , il completo grigio , la camicia bianca , la cravatta azzurra . Sono quelli che , borsa di pelle sotto il braccio , la mattina , accanto a voi nel bar , si « tirano su » col bicchierino di grappa , la faccia scavata sotto le occhiaie da un solco diritto che raggiunge gli angoli della bocca ( è la « faccia milanese » , dicono ) . Ma nessuno di loro , fra l ' altro , è milanese . Anche nel parlare voi lo avvertite , in quell ' anonimo birignao assai diverso dall ' asciutto e saporito dialetto che raramente , e con gioia , accade di sentire . Non sono milanesi . Direi che almeno due terzi di questo milione e mezzo di milanesi non sono nati qua , sono venuti dalla provincia , vicina e lontana ( i « napoletani a Milano » sono ormai un luogo comune ) e sono venuti perché a Milano « gh ' è el pan , gh ' è la grana » , i soldi , l ' industria . Loro l ' industria non la vedranno mai , faranno parte della Milano interna ( ripeto , l ' unica che io e i miei amici possiamo toccare con mano , ogni giorno ) , della Milano che non produce nulla , ma vende e baratta . Questi milanesi di accatto , che sono la maggioranza , sono venuti a costituire la burocrazia del commercio , una burocrazia assai poco nota e visibile , ma molto peggiore di quella ministeriale , romana , perché più di questa superciliosa e arrogante : non solo , ma anche superba del suo mito . Quando a Roma la gente , di tipi simili , dice « fanatico » , inavvertitamente mette in chiaro il fondo mentale monologico , religioso , che sostiene il loro costume . Come non ho visto gli operai ( e i preti . Questo anche , già detto fra parentesi , vorrei che gli amici milanesi mi chiarissero : perché a Milano non si vede mai un prete in giro ? Che il rito ambrosiano sia qualcosa di più di una particolare liturgia ? ) , come , dicevo , non ho visto gli operai , così non ho ancora visto gli intellettuali . Li ho visti , s ' intende , e li vedo ogni mattina , come singoli , ma mai come gruppo . Non riescono a formarlo , e ad influire come tale sulla vita cittadina . L ' unico gruppo in qualche modo compatto è quello che forma la desolata « scapigliatura » di via Brera . Gli altri fanno i funzionari d ' industria , chiaramente . Basta vedere come funziona una casa editrice : c ' è una redazione di funzionari , che organizza : alla produzione lavorano gli altri , quelli di via Brera , che leggono , recensiscono , traducono , reclutati volta a volta , come braccianti per le « faccende » stagionali . Vi ho detto che persino quel che mi pareva chiaro , la posizione del nemico nei palazzoni di dieci piani , fra via Turati e via della Moscova , a Milano non mi è parso più tanto chiaro . Perché qui le acque si mischiano e si confondono . L ' intellettuale diventa un pezzo dell ' apparato burocratico commerciale , diventa un ragioniere . Fate il conto di quanti scrittori , giornalisti , pittori , fotografi , lavorano per la pubblicità di qualcosa . Quella pubblicità , guardate bene , che insegna che si ha successo nella vita , e negli affari , usando quel lucido da scarpe e quel rasoio elettrico , comparendo bene , presentandosi bene . Appunto perché questa non è la Milano che produce , ma quella che vende e baratta , e in questa società si vende e si baratta proprio presentandosi col volto ben rasato , le scarpe lucide ecc. Per questo una delle preoccupazioni maggiori degli intellettuali , di questi intellettuali , è proprio quella di ben comparire , di non fare brutte figure . Per questo non si sbilanciano , non danno giudizi definitivi , non si aprono , non dicono sciocchezze ( come tutti amiamo fare , perché è la maniera , o almeno una maniera , per dire anche qualche cosa seria ) . Per questo , qui fra noi , è così frequente la figura dell ' autorevole . E ci sono anche altre cose , peggiori e più tristi , di cui ora non voglio parlare , e di queste cose tristi c ' è persino la teorizzazione . La lotta per la vita , dicono , il rapporto delle forze , resistenza come una grande scacchiera su cui tutti ci muoviamo , e su cui è necessario « mangiare il pezzo » che sta sulla casella che piace a noi . Non li credo in malafede , tutt ' altro . E nemmeno li credo fatui e privi di problemi . Anzi ! In questi sei mesi la parola problema è quella che più di tutte ho sentita dire . Mi è capitato , dopo ore di discussione collettiva , di sentire un collega intervenire osservando : « lo penso che il problema sia un altro » . Esiste insomma persino il problema del problema . Cioè esiste , soprattutto , una notevole confusione . E questo è male , perché , al l ' opposto , chi dirige la burocrazia commerciale milanese , chi dirige ragionieri e funzionari ( anche gli intellettuali , perciò ) sa invece assai bene quello che vuole ; non solo , ma va a nozze quando vede la confusione che c ' è dall ' altra parte . ... E questo è male . È male perché , se le cose continuano così , là dalle mie parti i badilanti continueranno a vivere di pane e cipolla , i minatori a morire di silicosi odi grisou . Ora , mi pare chiaro che non può continuare a essere questa la nostra funzione . In termini politici ( e scusate se li adopero male , ma questo non è il mio linguaggio ) si direbbe : il capitale milanese agisce in senso riformistico e provoca il distacco , non di rado l ' ostilità aperta fra la piccola borghesia e la classe operaia . Compito degli intellettuali moderni , e veri , dovrebbe essere quello di tentare la composizione di queste forze ingiustamente divise . Insomma i ragionieri non dovrebbero più pensare che i tranvieri o gli operai di Sesto hanno torto , quando scioperano . Non dovrebbero più rispondere « mica male » quando chiedete loro come va la vita . E toccherebbe a noi far capire a questa gente che ha torto , e che han ragione gli altri e che la vita va proprio male . Ma se noi continuiamo a vivere nel centro , se continuiamo a vivere accanto ai ragionieri , come i ragionieri , mentre gli operai sono alla Bovisa , o a Niguarda , come potremo fare il nostro lavoro ? lo vorrei proprio che voi , amici romani , mi spiegaste , più semplicemente che potete , come si deve fare . Vorrei che me lo spiegassero gli amici milanesi , soprattutto . E che non mi rispondessero , per carità , cominciando a dire che « il problema è un altro » . No , il problema è proprio questo . Ogni volta che torno a Niccioleta mi convinco che è proprio così .
Stranezze italiane ( Rossanda Rossana , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Perché Lamberto Dini non dovrebbe mettersi a disposizione di un maggioranza diretta dal Polo ? È vero che in altri paesi sarebbe impensabile - difficile immaginare Chirac , quand ' era premier , disposto a governare con i socialisti o Major per i laburisti di Tony Blair o Kohl per la Spd , e viceversa - ma l ' eccezionalità italiana è dura a morire . E poi Lamberto Dini , entrato in politica come ministro del Bilancio del primo governo di centrodestra , subito dopo ha accettato di presiedere quello di centrosinistra : il trasferimento è già avvenuto una volta , e il percorso inverso non costituisce novità . Eugenio Scalfari , con comprensibile irritazione , evoca la malattia nazionale , il trasformismo . Eppure a pensarci bene in Dini c ' è più coerenza che nelle maggioranze che ora lo sostengono ora lo avversano . Egli esprime linearmente quel che esse hanno in comune : sia il Polo sia l ' Ulivo sono convinti che in tema di scelte politico - economiche la strada è unica e obbligata : smantellamento dell ' intervento statale nella proprietà della produzione e dei servizi , privatizzazione crescente di scuole e sanità , risanamento prioritario del bilancio attraverso tagli della spesa sociale , appoggio all ' impresa attraverso la flessibilizzazione dei salari . E - piaccia o non piaccia sentirlo a D ' Alema - la ricetta raccomandata dal Fini e dall ' Ocde . Da quando anche il Pds si è convertito a questa teoria , i premier si sono presentati essenzialmente come gestori del passaggio dell ' Italia al liberismo . Tale è stato Giuliano Amato , tali i due tecnici per eccellenza forniti dalla Banca d ' Italia , Carlo Azeglio Ciampi e Lamberto Dini . Il quale non ha mai finto di essere altro , e quando , caduto Berlusconi per defezione della Lega , lo schieramento di centro ha avuto un ' esile maggioranza e gli ha offerto la presidenza del Consiglio , accettandola ha dovuto soltanto continuare a mettere in atto se stesso . Il problema dunque non è suo , e forse per questo non ha aperto bocca fino a ieri , lasciando inevaso l ' appello di Salvi e Veltroni : no , non ci possiamo credere , e pensare ai sacrifici che abbiamo fatto , anzi fatto fare , per lui . ( Dunque erano sacrifici ? Interessante ) . E poi di ' almeno che non sei un uomo per tutte le stagioni , un posto per te da noi ci sarà sempre . Ma che deve dire ? Sono gli altri che convergono sulla stagione sua , adottano il suo stesso barometro . Il problema è di Prodi e del Pds . Quando abbiamo scritto , ancora con qualche sorpresa : ma il congresso tematico del Pds non ha nulla da dire sui rapporti di proprietà e di produzione , sullo Stato sociale o sul lavoro , Giuseppe Vacca ha risposto su questo stesso giornale : infatti per noi quel che conta , anzi , quel che conta per l ' Italia , è la questione istituzionale . Cioè la forma dei poteri , unificati o separati , centralizzati o di tipo federale , per realizzare la stessa politica . E va bene . Ci sia permesso però di trovare risibili coloro che a ogni piè sospinto intonano come sola garanzia di limpidezza la solfa della bipolarità fra due schieramenti del tutto distinti e personificati da uomini del tutto diversi . In nome di questa trasparenza è stato votato a furor di popolo il passaggio tramite il sistema maggioritario da una prima repubblica dove tutti i gatti sarebbero bigi di consociativismo , a una seconda dove i gatti sarebbero stati bianchi o neri , in modo che il cittadino avrebbe scelto fra due idee di società , di diritti , di doveri , ogni cinque anni punendo o premiando la linea e gli uomini che avevano governato . Questa sarebbe stata la modernità vera , l ' arrivo dell ' Italia nella democrazia compiuta e la personalizzazione della politica contro la torva burocrazia dei partiti . In capo a tre anni eccoci arrivati a uno strano porto : ci sia una maggioranza o un ' altra l ' uomo sarà sempre lo stesso . Piace a destra , piace al centro , piace a sinistra , Bertinotti escluso . Destra o sinistra hanno votato interiormente per lui anche quando sembravano votare contro : era , e con la finanziaria , ci raccomandiamo rigorosa , sarà un modo affettuoso per dire « Dai vieni con me che ti troverai meglio » . Vale il detto caro a Deng Xiao Ping : che importa se un gatto è bianco o nero ? Se acchiappa i topi è un buon gatto . Per topi , si intende concordemente meno Stato più mercato e la moneta al primo posto ; a questo fine Dini è un ottimo gatto . Stento a capire che cosa significhi un indulto o un ' amnistia per i reati di corruzione e concussione , quando non siano stati prima accertati . Hanno ragione Di Lello e l ' ironico Spazzali ( che « Repubblica » chiama « l ' avvocato di Cusani » ) : come le pene , le amnistie o gli indulti dovrebbero venire dopo , a responsabilità accertata . Se no che cosa si condona o cancella ? Magari una colpa non commessa o cinque non ammesse ? Oppure in Italia non occorre fare processi , bastano clamorosi avvisi di garanzia o un rinvio a giudizio , e caso mai il carcere preventivo - arrivino dove arrivino - a mo ' di ammonimento per tutti e poi si chiude ? Questa è una scelta politica , non giudiziaria . Chi l ' ha fatta ? E perché ? Per accelerare un cambiamento di ceto politico , per togliere il pizzo alle imprese , per far passare il sistema maggioritario , perché il fenomeno è ormai debellato , perché un uso normale della giustizia costa troppo ? Insomma per azione o omissione ? Se fossi un parlamentare , non avrei pace finché quella augusta assemblea non si e mi chiarisse le idee . Se fossi un sociologo , mi chiederei invece perché il sistema della mazzetta continua . Non mi contenta la risposta di Di Lello , ma non solo lui : sono sempre gli stessi , figli , nipoti o bisnipoti riciclati di Craxi . Diamine , neanche il conte Dracula sarebbe riuscito a fabbricare da solo tanti vampiretti . Forse il craxismo è dilagato come Berlusconi ha vinto : rispondeva o corrispondeva a qualcosa per cui non avevamo o abbiamo anticorpi . Come altrove il senso comune è nazionalista , c ' è da noi un senso comune che premia l ' illegalità privata , non politica , non eversiva , non esposta . Quella è la sola trasgressione imperdonabile . Per il resto ci si arrangia . Parli per tutti la straordinaria commedia sull ' evasione , c ' è , non c ' è , se c ' è non ci sono i responsabili perché la grande impresa non evade per definizione , se la piccola impresa evade è per difendersi , se evade il Sud è perché non ha né uno stato né un lavoro . Mariano D ' Antonio e Gesualdo Bufalino lo affermano in nome del sud come se fossero i disoccupati a eludere l ' Iva . Sembra che non esista in Italia un patto elementare di diritti e doveri , rispetto al quale misurare anche l ' iniquità sociale . Siamo furbi e facciamo fessi o ci lasciamo far fessi , tanto tutti lo fanno . Poi di colpo ci indigniamo : cielo , la corruzione . Dovremmo chiederci perché invece di essere una comunità civile e conflittiva , siamo un colabrodo incivile e unanimista . Mi piacerebbe un giornale capace di titolare il 17 agosto : oggi non ho niente da dirvi , salvo quel che è successo in Bosnia , a Belgrado e a Zagabria nelle ultime quarant ' otto ore e quanto serve per capirlo . Non vi riservirò il piccolo Aladdin o la piccola Leyla . Perciò oggi quattro pagine , lire cinquecento . Quando ci sarà qualcosa di consistente da mettervi sotto i denti , su con le pagine e su con il prezzo . Anche molto . Perché no ? Tecnicamente difficile ? Ma non siamo nell ' era della qualità - flessibilità totale ? Sarebbe un dimagrimento salutare , un servizio da rendervi . Direi quasi da offrire a pagamento , per la salute mentale del lettore , e non solo ad agosto . Una testata che vi risparmia una su due delle esternazioni di Bossi e D ' Alema , Pannella e Ripa di Meana , Buttiglione e Fini , Salomone e Di Pietro ; le riassumiamo tutte il martedì e il sabato , non succede niente , come quando si perde una puntata di « Beatiful » . Una testata che non parla di stupri in mancanza d ' altro , non scopre d ' inverno che la famiglia è la cellula intoccabile della società e d ' estate che in famiglia si consumano gli orrori . E non riempie le pagine per dire tutto di seguito che « i giovani » sono svampiti e consumisti , anzi saggi e adulti , anzi paurosi ed egoisti , anzi disponibili e solidali . Cadrebbero i tormentoni stagionali e consueti ( il pieno delle vacanze , il vuoto delle città , la solitudine dei vecchi ) e quelli d ' annata ( nel 1995 : primato dei quarti posteriori femminili ed esordio del pene in copertina ) . Non sapremo nulla del sindaco di Capri , né di quello di Alassio , né se sia colpa del Comune , dello Stato , del turista o della questione meridionale la condizione di questa o quella spiaggia calabrese . Ma perché dovremo saperlo ? Anzi , pagare per saperlo ? Forse ci resterebbe qualche minuto per pensare a quel che abbiamo letto in prima pagina , invece che perderci nelle seconde e terze e quarte e via di seguito , dove non sai più in quale testata sei , tanto tutti parlano delle stesse cose e si vergognano se non lo fanno . Non sono più notizie , è un brusio . Nel quale i giornali rimandano ai giornali , la tv alla tv , come si gonfiava la matassa di zucchero filato attorno al bastoncino che una volta si comprava alle fiere . Poi si dice che gli italiani leggono poco i quotidiani . Ma un quotidiano è una necessità o non è . Ormai neppure ci si avvolge più la verdura .
La bussola di Buttiglione ( Granelli Luigi , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Rocco Buttiglione ha via via compreso che Berlusconi , almeno in questa fase , non è recuperabile e che tarda un persuasivo revisionismo di Fini rispetto al fascismo . L ' opposizione del PPI ne ha tratto vantaggio ritrovando un ruolo determinante . Si apre anche per questo , oltre che per la rottura della lega e la disponibilità del PDS , la possibilità di un governo di tregua per aprire una fase nuova . Il passaggio è in qualche modo obbligatorio , ma il futuro della democrazia italiana resta tutto da definire . In due interviste a L ' Unità e a La Stampa , Buttiglione conferma di non abbandonare il suo progetto di uno schieramento di centro - destra , alternativo alla sinistra , nella speranza di realizzare domani il recupero non praticabile oggi . Non è la prima volta che Buttiglione ribadisce il suo possibilismo in tema di alleanze . Con una certa civetteria polemica , Buttiglione ha ricordato a più riprese di considerarsi un conservatore , di sentirsi profondamente uomo di destra di fronte ad un certo tipo di democrazia , di diffidare persino della parola progressista ( L ' Informazione , 4 dicembre ) . È nel suo diritto . C ' è qualche difficoltà a comprendere come questo orientamento sia conciliabile con le responsabilità di segretario di un PPI che si richiama a Sturzo , cha ha avallato più di un accordo a sinistra per le elezioni amministrative e che concorre , attivamente , a rovesciare un governo sempre più di destra con le opposizioni di sinistra . Solleva preoccupazioni il fatto che spieghi le motivazioni del suo modo di pensare ricorrendo a singolari e ambigui riferimenti alle posizioni di J . De Maistre , definito grandissimo filosofo , e a Papa Gregorio XVI i cui scritti andrebbero , secondo lui , " riletti e rivalutati " . Una prima domanda si impone : perché Buttiglione evoca De Maistre per contrastare gli eccessi plebiscitari della democrazia con l ' aiuto di un pensatore storicamente autoritario e antidemocratico ? E ancora : a cosa tende la rivalutazione di certe idee del passato in aperto contrasto con le conquiste dei cattolici liberali dell'800 , le lezioni di Manzoni e di Rosmini , le battaglia della prima Democrazia cristiana , l ' insegnamento di Sturzo e la stessa impostazione ideale e politica di De Gasperi e Moro ? L ' ostracismo di De Maistre alla democrazia che corrompe il popolo come le sue visioni teocratiche dello Stato , il suo rifiuto del metodo liberale , i suoi obiettivi autoritari e di restaurazione , che hanno fatto da sfondo al sorgere del fascista e dei totalitarismi del nostro secolo , non sono accettabili . I pericoli di una soffocante telecrazia , temuti anche da Buttiglione , vengono oggi proprio dalla destra italiana . Ma singolare è anche l ' invito a rivalutare taluni insegnamenti di Papa Gregorio XVI . Sorge qui una seconda domanda . Per quale ragione si dovrebbero ignorare , con un balzo antistorico alla prima metà dell'800 , l ' evoluzione della Chiesa in rapporto alla democrazia e agli insegnamenti del Concilio Vaticano II in materia di libertà , di diritti individuali e sociali , di pluralismo politico . Papa Gregorio XVI fu un acceso difensore del potere temporale ed è noto , sul piano dottrinale , per la condanna delle idee ultime del Lamennais fatta , pur senza nominarlo , nell ' enciclica " Mirari vos " del 1832 . Il Lamennais fu all ' inizio un drastico difensore delle posizioni teocratiche ed antiliberali di De Maistre , ma tra il 1821 e il 1831 , fondò il giornale L ' Avenir e divenne razionalista , combattivo democratico , sostenitore a suo modo di una democrazia integralmente cristiana . A condanna avvenuta , nel 1837 , si firma , democraticamente , Lamennais . Le sue tesi ultime vanno nella direzione del cattolicesimo liberale e sociale e dei primi tentativi di democrazia cristiana . Si dovrebbe rivalutare , con Gregorio XVI , anche la scomunica del Lamennais ? Il consiglio resta piuttosto oscuro . Il riferimento è incoerente con gli stessi suggerimenti di Buttiglione che , nell ' intervista citata , pensa giustamente di correggere i rischi plebiscitari e autoritari con pesi e contrappesi di potere della democrazia americana che riconducono a Tocqueville più che ai teorici dell ' integralismo e del potere temporale . La richiesta di chiarimenti non è quindi un diversivo polemico . Buttiglione sa che il secondo Lamennais , nonostante il suo ingombrante passato , ha dovuto distinguersi da De Maistre quando ha scelto il terreno della democrazia . E non si può scordare che i cattolici democratici italiani dispongono da Rosmini a Manzoni , da Murri a Sturzo , da De Gasperi a Moro , dalla " Rerum Novarum " al Concilio Vaticano II , di un patrimonio ideale alternativo al pensiero del cattolicesimo tradizionalista e di destra che non può essere archiviato o sperperato con ambigue rivalutazioni .
Gli intoccabili ( Cartosio Manuela , 1997 )
StampaQuotidiana ,
Chi volesse capire in concreto cos ' è e come funziona una mentalità corporativa , legga - per favore - le trentaquattro cartelle dell ' ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari di Brescia Anna Di Martino ha archiviato la scorsa settimana l ' inchiesta sul giudice Giangiacomo Della Torre , presidente del terzo processo d ' appello per il delitto Calabresi , indagato per abuso d ' ufficio . La conclusione , ampiamente attesa , è che il dottor Della Torre è un irreprensibile magistrato , che la sua " condotta " prima del processo , nel corso del dibattimento , in camera di consiglio è stata ineccepibile . C ' era da aspettarselo , visti i precedenti della dottoressa Di Martino : qualche mese fa , aveva negato persino in linea teorica la possibilità d ' indagare su un ' altra stranezza della Calabresi - story , la sentenza suicida redatta da un altro ottimo giudice , Ferdinando Pincioni . Carlo Guarnieri , docente di sistemi giudiziari comparati , aveva acutamente definito quello della Di Martino " un ragionamento alla Comma 22 " , in base al quale qualsiasi ricorso che abbia a che fare con una sentenza e una camera di consiglio è - a priori - " impossibile " . Quel paradigma viene usato anche per il caso Della Torre . E a stupire non è tanto l ' archiviazione , quanto il di più di protervia che la dottoressa Di Martino mette a difesa del sacro mestiere del giudice . Riassumiamo , partendo dalla coda , il filo del ragionamento dell ' ordinanza . La notizia di reato - le presunte pressioni e irregolarità attuate da Della Torre per arrivare a una condanna a tutti i costi - " è risultata infondata " . I giudici popolari che hanno testimoniato che le pressioni ci furono sono " inattendibili " . Gli esposti di Adriano Sofri e Ovidio Bompressi contro Della Torre sono carta straccia : i due non avevano neppure titolo a presentarli . Il pubblico ministero Fabio Salamone ha fatto malissimo a prenderli in considerazione e ha fatto ancor peggio a sciogliere i giurati dal segreto , a raccogliere le loro testimonianze sull ' andamento della camera di consiglio . Il reprobo Salamone ha commesso un terzo errore : ha aperto un ' inchiesta che non doveva neppure iniziare , non essendoci elementi che evidenzino il dolo ( l ' intenzione soggettiva di arrecare danno o vantaggio a qualcuno ) da parte di Della Torre , senza il quale non si configura il reato di abuso d ' ufficio . Anche noi , ingenui e non dottori , pensavamo che Salamone un errore l ' avesse commesso , ma di segno opposto ai tanti che gli rimprovera il gip Di Martino . Essersi fermato a metà dell ' indagine , rassegnarsi all ' archiviazione senza aver messo a confronto i testi , nonostante le testimonianze " inquietanti " e non menzognere raccolte . La dottoressa Di Martino , invece , sostiene che Salamone ha fatto troppo , non troppo poco , e tratta il collega come un emerito asino . Lette le 34 cartelle , è difficile stabilire quale sia il bersaglio privilegiato dell ' accanimento del gip : Salamone , Sofri o i due giudici popolari che hanno testimoniato contro Della Torre . Tutti trattati a pesci in faccia . Guanti di velluto , invece , per l ' indagato . E ' singolare che la famosa terzietà del gip si dispieghi in tutta la sua potenza quando l ' inquisito è un altro giudice . Questo lo scheletro dell ' ordinanza . Vediamone qualche giuntura particolarmente raccapricciante . Sull ' abuso d ' ufficio - scrive il gip - si registrano due orientamenti in dottrina : il " più rigorista " sostiene che " la persona offesa " è esclusivamente " la pubblica amministrazione " ; l ' altro afferma che il soggetto offeso è anche " il privato " cittadino cui l ' abuso abbia recato danno . La dottoressa Di Martino , naturalmente , condivide la prima impostazione , " l ' unica corretta " , e da ciò deduce che Sofri e Bompressi non avrebbero avuto titolo neppure d ' opporsi all ' archiviazione . Ma chi , di grazia , avrebbe dovuto farlo ? La pubblica amministrazione , cioè , in questo caso , la Signora Giustizia ? Voltiamo pagina ed ecco un ' altra perla . " Secondo una minoritaria ma autorevole opinione dottrinale , l ' attività giudiziaria sfuggirebbe al reato di abuso d ' ufficio " . I giudici sarebbero cittadini a parte , anzi sopra . Purtroppo ( per la dottoressa Di Martino , che si mette tra i pochi e autorevoli ) la dottrina prevalente sostiene che anche i giudici sono mortali e quindi , " in astratto " , possono peccare d ' abuso d ' ufficio . Ma perché il reato sussista , incalza il gip , va dimostrato che " l ' azione sia stata ispirata da settarietà , da prepotenza , da rappresaglia , da vendetta , da rancore , o da altri riprovevoli motivi " . Gli esposti di Sofri non evidenziano per quale motivo " egoistico " Della Torre avrebbe commesso un abuso d ' ufficio . Dunque , gli esposti dovevano finire direttamente nel cestino . L ' indimostrabilità del dolo ( cioè dell ' intenzionalità del reato ) è il filo conduttore dell ' ordinanza che culmina in questa categorica affermazione : " nel caso in esame ... risultava , risulta e risulterà esclusa la possibilità di provare la componente soggettiva del reato " . Anche i digiuni in materia di diritto sanno che il dolo è il classico elemento che si valuta in dibattimento , non nella fase delle indagini dove il pm concentra la sua attenzione sugli aspetti materiali dell ' ipotesi di reato . Se si applicasse il criterio della dottoressa Di Martino , i rinvii a giudizio subirebbero un crollo verticale ( il che potrebbe anche andar bene , se a beneficiare di quel criterio non fossero solo i magistrati inquisiti ) . Per quanto riguarda i fatti , la questione è risolta velocemente : i giudici popolari Giovanni Settimo e Marilena Tuana raccontano cose diverse dagli altri membri della giuria e , per di più , si contraddicono tra loro . I loro sono o " cattivi ricordi " o qualcosa di peggio . Il loro strano procedere ( perchè non hanno spontaneamente denunciato le supposte irregolarità di Della Torre invece di rivolgersi a politici e giornalisti " assai vicini a Sofri " ? ) è sospetto . Si " allineano " alle tesi di Sofri e questo basta e avanza , secondo il gip , per considerarli " inattendibili " . Qui siamo al deliro . Perchè , semmai , le cose sono andate esattamente a rovescio : è stato Sofri ad " allinearsi " ai due testi , per il semplice fatto che lui in camera di consiglio non c ' era , Settimo e Tuana sì . C ' è un particolare che tradisce il partito preso del gip là dove interpreta una banale osservazione della teste Tuana sulla sentenza suicida come una " maliziosa quanto gratuita allusione " , " scopertamente allineata " con la tesi di Sofri . Ma che quella di Pincioni fosse una sentenza suicida era arcinoto ben prima che il processo presieduto da Della Torre iniziasse . Bastava leggere i giornali , visto che i primi a parlare di sentenza suicida sono stati i cronisti di palazzo di giustizia ( vicini alla procura ) e non Sofri . Nell ' offensiva osservazione del gip c ' è un eco della frase rivolta da Della Torre alla signora Tuana : " Cosa le ha suggerito Sofri questa notte ? " . A regola di briscola , c ' è da meravigliarsi che il gip non abbia trasmesso gli atti alla procura perché proceda contro Settimo e Tuana per falsa testimonianza . Forse sarebbe stato troppo , anche per l ' eccessiva dottoressa Di Martino . L ' orrore suscitato da queste 34 cartelle prescinde dal ritenere colpevoli o innocenti Sofri , Bompressi e Pietrostefani . Resterebbero orribili anche se fossero colpevoli . Rafforzano il desiderio che questa storia finisca per ragioni bassamente egoistiche ( confesso il dolo ) : poter finalmente girare la testa dall ' altra parte . Brucia dover sottoscrivere una frase del '91 di Piergiorgio Bellocchio : " Come la malattia e la miseria , anche la cosiddetta giustizia è una sventura che tendiamo irresistibilmente a rimuovere dalla coscienza , salvo che ci colpisca personalmente , o colpisca persone che amiamo , valori in cui crediamo " . Allora non la condividevo , presumevo molto di me , pensavo di potermi occupare di tante ingiustizie . Oggi mi dichiaro vinta : le mie spalle riescono a stento a sostenerne solo una .
Caro Dario ( Sofri Adriano , 1997 )
StampaQuotidiana ,
Caro Dario , le regole di questa clausura mi mettono sempre in ritardo . Dunque l ' andamento - come al solito - travolgente dei tuoi movimenti ha accumulato nella mia cella una quantità di pensieri , che cerco di smaltire in parte . Comincio dal dirvi grazie ( mi rivolgo sempre ad ambedue , Franca e te ) . Che siate generosi , si sa . Ma che arrivaste a buttare fino i primi momenti della vostra gioia di qua dai nostri muri ( e di quelli , tanto più brutali , delle galere turche o algerine ) è un segno di vera prodigalità . Non ero stato tanto sorpreso - un po ' sì , come te - dal premio che ti è toccato . Grazie a Dio ho girato un po ' per il mondo , e soprattutto ho frequentato molto la Norvegia , e lì non c ' è nessuno che possa reagire alla notizia del tuo Nobel simulando di non sapere chi sei . Mi è anche difficile ammettere che si possa , qui da noi , dolersi del Nobel a te , perché si desiderava che andasse ad altri . Io per esempio ammiro la poesia di Luzi e ho simpatia per lui . Sono stato molto contento che la campagna contro le mine sia stata premiata , all ' indomani della grave posizione tenuta a Oslo anche dal governo degli Usa . Doppiamente contento , perché c ' è un versante italiano peculiare della campagna . Noi siamo gran produttori e trafficanti di questi giocattoli , e abbiamo fatto tesoro della nostra eredità umanistica per battezzarli con questa parola atroce : " antiuomo " . Altri paesi hanno trovato degli eufemismi , per un residuo di vergogna : noi ce ne freghiamo perfino della estrema ipocrisia del lessico . In compenso la partecipazione italiana alla campagna , da parte di associazioni come l ' Emergency del dottor Gino Strada , di comunicatori come Costanzo , di politici come Occhetto , e dello stesso governo , è stata importante . Insomma mi sono rallegrato per questo premio ( mondanità compresa : ce ne fossero di Audrey Hepburn e di Lady Diana ) , benché sperassi molto che venisse premiato l ' intellettuale cinese Wej Jingsheng , imprigionato da anni , e , dalla sua prigionia , lucido e impavido denunciatore dei despoti del suo paese . Quando leggerete le sue lettere - le conosco grazie a mio fratello Gianni - ne sarete commossi e ammirati , e avrete voglia di fare qualcosa . Questa specie di scarso patriottismo , diciamo così ( te lo posso dire dopo che hai dovuto raccogliere dalla polvere l ' elmo di Scipio ) , dell ' accoglienza fatta al tuo Nobel mi ha fatto ripensare - non so se altri l ' abbiano già detto - che tu sei il vero contraltare delle sciocchezze separatiste lombarde . A parte il lombardo scritto , Porta o Gadda o Testori , il lombardo ascoltato mi arrivò , tanto tempo fa , dalle tue canzoni e poi dai tuoi spettacoli , compresa la stessa parola " padano " , come nel tuo ( genovese però ) Johan Padân , in commedie che usavano dialetti e grammelot per farsi capire da tutti e far divertire tutti . Ora che hai il Nobel , dovrai provarci tu a riacchiap pare dalla coda questa pazzia padanista , se non è già troppo tardi . E poi c ' è il mio affare , naturalmente . Non dirò niente sui meriti del pool contro la corruzione politica . Non c ' entra . Ecco invece un sommario promemoria sugli inizi del mio caso . La Procura milanese aveva seguito per moltissimi anni la tesi che l ' omicidio Calabresi fosse stato compiuto da persone in qualche modo legate a Lotta Continua , al suo servizio d ' ordine , " frange militariste " , eccetera . Ogni tanto si avventurò fino a indicare nomi e cognomi , cedendo a vociferazioni e illazioni incontrollate , per amor di tesi . Quando lo fece , commise un doppio arbitrio , accusando persone del tutto estranee ( e presto dimostrate tali ) e facendole finire sui giornali prima di avvisarle : così nel 1981 nel caso di Marco F . , indicato in fotografia come l ' assassino . Non credo che , al momento dell ' attentato , e ancora per molti anni , quei magistrati , pur così affezionati alla loro tesi , potessero prendere sul serio l ' idea che un omicidio fosse stato deciso dal " vertice " di Lotta Continua , da una delibera presa a voto di maggioranza nel suo Esecutivo , e altre follie del genere ( oggi sancite dalle sentenze ) . Quell ' idea era allora inconciliabile col senso comune , che poi il tempo avrebbe deformato . Ne ho una conferma indiretta nel fatto che , nel corso degli anni , da qualcuno di questi magistrati mi venne inviata per interposta persona la richiesta di aiutarli alle loro indagini con quello che sapessi : richiesta del tutto fuori luogo . Era abitudine di qualcuno di quei magistrati - per esempio del sostituto Armando Spataro , che è ripetutamente intervenuto , in aula e fuori , per sostenere l ' accusa contro di noi , e che ho appena reinvitato a discutere con me le prove che ritiene raggiunte a nostro carico - di chiedere , spesso fuori verbale , agli indagati della " lotta armata " se avessero sentito qualcosa circa Lotta continua e l ' omicidio Calabresi . Poiché l ' appetito viene mangiando , da un qualche momento a quegli interrogati furono fatti anche il mio nome e quello di altri fra i più noti dirigenti dell ' antica Lotta continua . Dunque quando nell ' estate 1988 scoppia , come un ' impresa militare , la nostra cattura e incriminazione , non si tratta affatto dell ' improvvisa e imprevedibile rivelazione di un pentito che venne da nulla , bensì dell ' inveramento di un ' idea a lungo perseguita ed elaborata . Fino a che punto , lo mostra un episodio documentato negli atti del processo , e ancora oggetto di uno strascico giudiziario derivato : un anno prima , nel luglio 1987 , Marco Boato mi telefonò da Trento per farmi gli auguri di compleanno , e per dirmi , a metà tr a l ' ilarità e lo sdegno , la seguente storia . Un imputato veneto di reati di banda armata , interrogato anche lui fuori verbale sull ' omicidio Calabresi da un giudice istruttore a Milano , ne aveva ricavato la notizia che lo stesso Boato e io , Sofri , saremmo stati arrestati quella notte come responsabili dell ' omicidio . ( A parte me , pensare Boato corresponsabile di un omicidio è una pazzia grottesca ) . Mi disse Boato : " Che cosa pensi di fare ? " . " Di cenare e andarmene a dormire " , risposi . Dormimmo bene e non se ne parlò più : fino all ' estate successiva . Questo prova fin dove arrivasse il peccato di gola di qualche investigatore milanese , ufficialmente un anno prima che Leonardo Marino andasse a riversare il suo pentimento in una caserma dell ' Arma ; o , se si preferisce , nel tempo stesso in cui la coppia Marino - Bistolfi inaugurava i suoi colloqui con avvocati e notabili politici sul tema.Siamo nell ' estate 1988 . Pubblico ministero è Ferdinando Pomarici . Del quale non importa se fosse di sinistra o di destra , e quanto : era il Pm che aveva deriso gli scettici garantendo di aver " scarnificato mattonella per mattonella " il " covo " Br di via Monte Nevoso , salvo lasciarvi un arsenale di armi e carte in una intercapedine protetta da " quattro chiodini " . Pomarici aveva l ' aria di volersi sbrigare : la prima e unica volta che mi interrogarono , lui e il Giudice istruttore Lombardi , mi disse : " Guardi , tanto è tutto prescritto , abbiamo amici in comune , lei confessa e spiega anche il contesto storico e politico , nessuno lo farebbe meglio di lei " . E ' durato nove anni , il nostro maledetto processo . Lui avrebbe risolto tutto in un ' oretta . Poche persone hanno detto tante bugie , dimostrate tali , di cui nessuno ha mai chiesto conto . Per un anno e mezzo Pomarici dichiarò di non aver mai saputo dei rapporti prolungati e occultati fra Marino e i carabinieri : poi un giorno , quasi con fastidio , disse di averlo sempre saputo . Quando Marino passava nottate con l ' allora colonnello ( oggi generale , con un incarico altissimo nei servizi d ' informazione ) Bonaventura , Pomarici stava conducendo con lui un ' indagine su un episodio milanese : inoltre aveva lavorato con lui nel corso degli anni nell ' inchiesta Calabresi . Eppure , lui Pm del caso , ebbe l ' ardire di sostenere di non aver avuto il minimo sentore del fatto che quel colonnello Bonaventura , che passava i giorni con lui a Milano , passasse le notti con Marino a Sarzana a proposito dell ' omicidio Calabresi . A sua volta , Pomarici ritardò inspiegabilmente il momento di investire dell ' inchiesta il Gi Lombardi , che ne era da anni il titolare . Come sia stata condotta quell ' istruttoria , nascondendo alla difesa ogni circostanza dell ' accusa , rattoppando costantemente , fino alla manipolazione , gli svarioni , le contraddizioni e le smentite di Marino , non si può ridire qui . Voglio solo ricordare una questione recente circa il Gi Antonio Lombardi . Nel 1993 un ufficiale del Ros dei carabinieri di Trapani consegnò agli atti dell ' indagine trapanese sull ' assassinio di Mauro Rostagno un rapporto su carta intestata e con tanto di firma . L ' ufficiale riferiva di essersi incontrato a Milano col Gi Lombardi , che gli aveva detto che Rostagno era stato assassinato in connessione col processo Calabresi , per impedirgli di denunciare , come era intenzionato a fare , i suoi compagni di un tempo . Queste e altre infamie simili - non solo infami , ma ridicolizzate da ogni genere di prova , a cominciare dalla voce stessa di Mauro che parlava del nostro arresto e di me nella sua televisione - giacquero , coperte dal segreto , fra le carte dell ' inchiesta trapanese , finché potei leggerle nel luglio del 1996 , e denunciare quel documento calunnioso e scandaloso . Il Gi Lombardi smentì con veemenza , a mezzo agenzia , di aver mai detto quelle cose : non mi risulta che abbia denunciato l ' ufficiale , autore di un così smaccato falso . Io denunciai ambedue , e aspetto ancora di ricevere la minima notizia sull ' itinerario della mia denuncia . Non c ' è male , no ? Ogni volta che cose particolarmente insopportabili sono successe nel corso dei nostri processi - alla rinfusa : la descrizione della via di fuga dall ' attentato madornalmente sbagliata da Marino , e lodata per iscritto per la sua " esattezza " da Pomarici e poi da Lombardi ; la accidentale ( accidentale sul serio , Dario ) rivelazione dei rapporti occultati fra Marino e i carabinieri ; la distruzione sistematica dei corpi di reato , dopo il nostro arresto e incriminazione ; la stesura di una sentenza " suicida " per rovesciare un verdetto di assoluzione ; il pregiudizio dimostrato di un presidente di corte di assise d ' appello , e così via - ogni volta , non una voce della procura milanese si è alzata a criticare , o anche solo a manifestare dubbio o rammarico . Al contrario , molte voci , a partire dalla più autorevole , quella di Borrelli , si sono alzate a sostenere l ' accusa contro di noi , durante e dopo i processi , a criticare la sentenza di annullamento pronunciata dalle Sezioni unite della Cassazione ( cosa che D ' Ambrosio ha appena rifatto , sui giornali , addebitandole di essere entrata " nel merito " ) , a criticare la sentenza di assoluzione del secondo processo di appello , e così via . Ripeterò , non avendo mai avuto il minimo cenno di ricevuta , un esempio clamoroso , che non poteva non interessare i pareri altrimenti così pronti dei magistrati della procura . I due giudici togati del nostro primo processo si chiamano Manlio Minale , che presiedeva la Corte di Appello ( come ti è stato appena ricordato ) e Galileo Proietto , giudice a latere . Ebbene , Minale era al suo ultimo processo da giudice , essendo già stato designato , prima dell ' apertura stessa del dibattimento , procuratore aggiunto , dunque collega , subalterno di Borrelli , e superiore in grado di Pomarici , dei magistrati di quella procura che con tanto impegno e spirito di " squadra " , aveva sostenuto l ' accusa in istruttoria , e l ' avrebbe sostenuta in dibattimento . Tu hai notato forse come in tutti questi anni io abbia cercato di tenere un equilibrio , di non farmi risucchiare dentro schieramenti costituiti , di non prendere posizione su questioni generali ( comprese le più spinose , come l ' uso e l ' abuso dei " pentiti " ) attraverso il filtro esclusivo della mia personale vicissitudine . Questo valeva dunque anche per un tema come la separazione delle carriere fra magistrati dell ' accusa e del giudizio , sul quale conservo un preoccupato dubbio . Esemplificando i paradossi cui può portare la carriera unica , si è spesso evocata la possibilità che un magistrato finisca col giudicar e gli stessi imputati di cui è stato lui , da Pm , a costruire l ' accusa . Bene : nel mio caso si è compiuto il paradosso opposto , col giudice chiamato a sconfessare l ' operato , particolarmente esposto e discusso , dei suoi colleghi in pectore . Per completezza di paradosso , aggiungo che anche il giudice a latere , ed estensore della motivazione della sentenza , Proietto , è passato alla procura . Ho invano aspettato che qualcuno , Borrelli , D ' Ambrosio , Spataro , un altro a piacere , dicessero una parola sulla singolarità del caso . Tanto più che si trattava di un processo , non dirò importante ( tutti i processi , avendo in palio il diritto e il destino delle persone , dovrebbero essere importanti ) ma costellato di delicati colpi di scena , come la ricordata accidentale scoperta della convivenza notturna taciuta e negata fra Marino e i carabinieri , venuta fuori per l ' ingenuità di un curato di paese , e trattata con ineffabili riguardi dalla procura ( Pomarici che dichiarava di aver telefonato a Borrelli per avvertirlo della venuta dei carabinieri a testimoniare ) e dal Presidente , che pure era stato il primo menato per il naso dall ' originaria versione sul pentimento spontaneo e repentino . E visto che ci siamo , e che D ' Ambrosio ti ha invitato a portare elementi nuovi per la revisione del nostro processo , se ne hai ( chissà perché tu , a volte l ' ironia di certe battute mi sfugge ; siamo noi a cercare di farlo , com ' è noto ) terrei a chiedergli se abbia mai pensato , nei ventidue anni che ci separano dalla sentenza del 1975 sul " malore attivo " di Pinelli , alla revisione , o alla riapertura , di quel processo . E ' ancora oggi contento , o rassegnato , Gerardo D ' Ambrosio , a quel Pinelli che si piroetta oltre la ringhiera per il malore attivo , o si chiede ogni tanto come sia andata davvero ? Non sto barattando il processo Pinelli con quello Calabresi ( non l ' ho mai fatto , l ' hanno fatto i miei nemici , pretendendo di fare della nostra condanna la condizione per la " riabilitazione " del commissario ) , né facendo una battuta politica o un commento morale : la mia è un ' osservazione , per così dire , strettamente tecnica o giudiziaria.Calabresi fu ucciso , ma ci sono parecchie persone che si trovavano nella stanza da cui un interrogato fermato illegalmente e innocente uscì a capofitto dalla finestra , e nessuna di quelle persone , che allora mentirono tutte - come il dottor D ' Ambrosio appurò - ha più aperto bocca . Io sono in galera - ma non commiserarmi troppo : ne abbiamo viste di peggio - secondo i procuratori e alcuni giudici , perché Lotta continua aveva una specie di struttura illegale che " non può non essere stata " , come dice Marino , l ' autrice dell ' omicidio Calabresi , di cui io " non posso non essere stato " a conoscenza . Oppure : sono in galera perché il 13 maggio del 1972 alla fine di un mio comizio Pietrostefani e io avvicinammo Marino per comunicargli un mandato a uccidere , però Pietrostefani non c ' era ; perché alla fine del comizio andai con Brogi e Marini in un bar e di lì uscii in strada per dare a Marino un mandato a uccidere , ma Brogi e Marino erano uno a Genova e l ' altro a casa , e nessuno andò al bar , e la gente si sparpagliò perché pioveva forte , ma Marino si è dimenticato che piovesse ; ricevuto il mandato a uccidere , Marino mi salutò e tornò a Torino , però invece si fermò a Pisa e anzi la sera tardi venne con tanti altri a casa mia . E così via . Sono in galera per questo , e così i miei amici . Sono in galera anche perché dopo che Pomarici , Lombardi e una quantità di altri hanno tuonato che io , potente e amico di potenti ( caro Dario , amico mio ) , non sarei mai stato toccato , mentre il solo povero Marino avrebbe pagato per tutti . Con un piccolo cambio di ausiliare - aver pagato , essere pagato - è andata proprio così , e Marino , intervistato , ci concede benignamente la grazia . Carnevali , mondi a testa in giù : ma che aspettiamo a battergli le mani . Non ho alzato la voce verso quel disgraziato di Marino , in questi anni , né avrei parlato all ' ingrosso della procura di Milano se tu , nel tuo modo travolgente , non avessi fatto venire giù il loggione . E ' vero , l ' ultima sentenza milanese si imperniò sul fatto che il pentimento ( no : la crisi " mistica " ) di Marino sono autentici perché da ragazzo era passato dai Salesiani . Bestemmia che mi dispiace tanto più , perché ho simpatia e stima per molti Salesiani . Non mi auguro affatto che tu - né altri - modifichi la tua stima per la magistratura milanese per solidarietà con me . Mi dispiacerebbe perfino . Vorrei che , tenendosi al mio processo , di ogni cosa detta a carico o a difesa , si verificasse , per quanto è possibile ( molto ! ) la fondatezza e la lealtà . Il 17 maggio 1972 Luigi Calabresi fu assassinato . Gli attentatori arrivarono e e fuggirono a bordo di una 125 blu rubata . Tutti i testimoni in grado di distinguere riferirono che alla guida c ' era una donna . Nell ' auto abbandonata , furono ritrovati sul cruscotto , al posto di guida , degli occhiali neri da donna che i proprietari dell ' auto non avevano mai visto . Quando venne sospettato il neofascista Nardi , fu arrestata una giovane donna tedesca , Gudrun Kiess , accusata di essere stata la guidatrice dell ' auto . La Kiess restò in carcere a lungo , benché non avesse mai preso la patente . Nel luglio del 1988 gli inquirenti dichiararono che la donna al volante dell ' auto dell ' attentato era Leonardo Marino . Anch ' io non ho mai preso la patente . Sono qui che cammino avanti e indietro e mi fanno male i piedi . La lampadina è un micidiale doppio tubo al neon e non riesce a somigliare alla luna . Grazie , ciao .