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SFOTTÒ ( - , 1925 )
StampaPeriodica ,
10 giugno . L ' on . Tittoni ha dimostrata la sua fierezza commemorando un libertario pericoloso : Giovanni Pascoli . Tittoni è il vero terrore dei morti . Vettori , se non scende l ' Aventino , si annoia . Fate una discesa per il povero cieco . Sappiamo che la guerra fu fatta quando era ministro Salandra . Per la guerra civile un ministro qualunque basta . Casertano è ormai anch ' egli Gran Cordone . Se lo meritava . Giordana e Vettori seguono la stessa tattica : mostrano le ferite riportate in polemica " da tutte e due le parti . " Vettori parlerebbe diversamente se capisse che qui non si tratta di crisi ministeriale , ma d ' una crisi morale che investe tutta la nazione . Il 7 giugno v ' è stata una grande dimostrazione fascista .
SENSO ( BOITO CAMILLO , 1883 )
Narrativa ,
ÿþVade retro , Satana 1 Il prete aveva i gomiti poggiati sul davanzale ; stava immobile , con lo sguardo fisso . Era la prima volta in dieci anni che vedeva dalla canonica del villaggio ( il più alto villaggio del Trentino ) la tempesta sotto i suoi piedi , intanto che il sole , un sole pallido , quasi intimorito , brillava sulle case del paesello e sulle cime delle montagne circostanti . Il giovine prete , a intervalli , tossiva . Il suo collo scoperto era candido e magro ; la sua bella faccia affilata in quel momento sembrava impassibile . Eppure , studiando bene i lineamenti del volto , si avrebbe potuto indovinare il di dentro : tra le narici e gli angoli delle labbra pallide nascevano due solchi dritti ; la fronte alta ed aperta aveva una ruga profonda , che contrastava con la espressione dolce , quasi infantile degli occhi d ' un colore celeste d ' oltremare , simile a quello dell ' acqua nel Lago di Garda . L ' arteria del collo batteva forte ; le mani delicate si stringevano febbrilmente ; i capelli biondi , cacciati indietro dal vento , coprivano la chierica . E intanto le nubi si agglomeravano , s ' aggomitolavano , quali onde di una burrasca fantastica . Era un lago , che , riempiendo tutta l ' ampia vallata , urtava contro la corona dei monti , come se volesse rovesciarne le roccie , i boschi , i ghiacciai per inghiottire ogni cosa nel proprio fondo , nero più d ' una tomba . Si vedeva quel fondo a intervalli qua e là secondo gli scherzi del turbine , quando nei flutti delle nubi s ' apriva uno squarcio ; e allora l ' occhio piombava dentro nella valle , dove lampeggiavano i fulmini , mentre sul dorso ai mucchi bianchi dei densi vapori le saette sembravano appena scintille . Uno dei buchi tenebrosi lasciò indovinare il villaggio di Cogo ; poi quel baratro si chiuse , e se n ' aperse un altro di lontano , che mostrò per un istante la torre del castello di Sanna . E il prete guardava sospirando , sempre coi pugni stretti . Sul davanzale aveva lasciato aperto il Breviario , che il vento si divertiva a scartabellare . Ma il vecchio Menico , il quale stava da un po ' di tempo borbottando dietro il curato , prese il libro con un certo suo gesto dispettoso , lo chiuse e lo depose sulla scrivania . Poi , raccogliendo le carte , che il vento aveva sparpagliate sul suolo , disse ad alta voce : - Un bel gusto davvero , pigliarsi un raffreddore ! Senza niente sul capo , senza un fazzoletto al collo - . E aggiunse un po ' più basso : - La è da matto , proprio da matto - . Uscì di camera sbattendo l ' imposta ; ma poco dopo rientrò , andò a pigliare sul letto il calottino del padrone e , alzandosi in punta di piedi , glielo mise sulla chierica . Il prete si voltò irritato e , agguantato il calottino , lo buttò in terra dinanzi a Menico , gridando : - Ho caldo , vattene via . Tornò a guardare le nuvole ; ma non erano scorsi due minuti che si voltò di nuovo , cercando con gli occhi Menico . Non c ' era ; andò in cucina , non c ' era ; andò nel piano superiore , una specie di soffitta mezzo aperta all ' acqua ed alla neve , non c ' era . Lo trovò a ' piedi della stretta e scricchiolante scala di legno , che dal piano , per così dire , nobile dell ' edificio scendeva esternamente al sagrato della chiesa , dove cinque o sei contadini , ragionando sulla novità del temporale , guardavano ancora con tanto d ' occhi alla valle , in cui le folgori avevano cessato di scoppiare , i lampi avevano smesso di balenare , e le nubi s ' andavano via via diradando . Il prete si accostò al vecchio e , nello stendergli la mano , gli disse in modo che i contadini potessero udire : - Menico , perdonami - . Il vecchio girò il viso dall ' altro lato , alzando le spalle e tenendo le mani in tasca . Era piccolo , magro , sparuto ; aveva la barba meno grigia che bianca , rasa la settimana innanzi , irta come spilli , ma le folte sopracciglia , sugli occhietti piccoli , erano ancora d ' un nero d ' inchiostro . Il sacerdote piegò il corpo alto ed esile , e , umilmente , con voce tranquilla , dolce , ripeteva : - Menico , ti prego di scusarmi - . I contadini ridevano sotto i baffi . A un tratto il vecchio , afferrata la mano del padrone , senza lasciare a questi il tempo di ritrarla , gliela baciò più volte ; e gli occhietti piccoli erano lustri di lagrime . Il prete , ritornato nella sua camera , aveva ripreso il Breviario . Lette appena due facce , seguendo , come vuole la Chiesa , con gli occhi intenti lo scritto e pronunciando sottovoce ogni sillaba , chiuse sconfortato il volume . - Non posso - mormorò - non posso . L ' Officio si deve recitare con attenzione e devozione : Officium recitandum est attente et devote ... Or io sento in tutte le membra una inquietudine di cui non so capire il perché , come se migliaia di formiche girassero e rigirassero sulla mia pelle . Cerco di fissare la mente all ' un pensiero od all ' altro , e la mente scappa dove le garba , compiacendosi in cento nuove immagini strane e puerili . Sarà forse l ' aria , così carica oggi d ' elettricità . Forse la mia consueta febbriciattola va peggiorando - . Si pose all ' inginocchiatoio , davanti ad un Crocifisso allampanato . Vi stette qualche minuto con le mani giunte , il capo chino , bisbigliando preghiere : poi , alzatosi di botto , disse : - Oratio sine attentione interna non est oratio . In quel mentre , spalancando l ' uscio , comparve il cane del curato , un bel cane da caccia , e si mise a saltellare intorno al caro padrone . Questi lo accarezzò distrattamente , e ripeteva tra sé , intanto che con il pugno serrato continuava a picchiarsi forte il petto indolenzito : - Il sacerdote dovrebb ' essere sempre come il sole sereno di poco fa : dovrebbe contemplare la tempesta dall ' alto , quieto , puro , intangibile . Entrò , senza bussare , il medico dei tre villaggi della Val Castra , bene sbarbato e vestito appuntino : - Buon giorno , signor curato . Presto , levi di dosso quella giacchetta , metta il collarino , infili la sua vesta più bella , e venga con me . Il demonio la vuole , reverendo ; ma che caro demonio . M ' ha detto in furia queste precise parole : « Corra subito , mio caro dottore ( ha proprio detto mio caro dottore ) , corra subito dal signor curato ; gli racconti il mio male , aggiunga che ho bisogno di sentire la voce del cielo , che sono una pecorella pronta a rientrare all ' ovile » . E ripeteva : « Voglio il curato , voglio Don Giuseppe » . Il prete diventò bianco e grave . - È in pericolo di morte ? - chiese . Il dottore uscì in uno scoppio di riso : - Ci vuol sotterrare tutti , reverendo . È uno scherzo di nervi : roba di donne galanti . Non ho potuto neanche toccarle il polso . Mi ha cacciato qui senza lasciarmi tempo di fiatare : e noti che venivo dritto , sotto le nubi e i fulmini , da Ledizzo , e sull ' asino . Manco male che avevo l ' ombrello e il pastrano . Insomma , Don Giuseppe , si va o non si va ? - Non vengo - , rispose il prete , a cui la fronte e le gote erano diventate rosse infiammate ; e , alzando i pugni , con voce da far tremare le muraglie , soggiunse : - Quella donna e i suoi drudi sono l ' infamia , e saranno l ' ultima rovina di questa valle . Dio li maledica ! Il dottore , scandolezzato , guardò l ' altro negli occhi , mormorando : - Signor curato , la carità cristiana ! - La carità cristiana ? Io mangio polenta e cacio , qualche volta un po ' di carne di maiale , mentre il mio corpo fragile , estenuato , roso , com ' ella sa , dottore , da una malattia che aspetta ma non risparmia , avrebbe bisogno d ' altri sostentamenti . Io vivo in mezzo al sudiciume di questo paese , alle miserie di questi montanari , a ' quali ho dato quel poco che ho guadagnato in dieci anni . La sera negli otto mesi d ' inverno mi faccio piccolo per insegnare ai bimbi del villaggio ; non c ' è fanciullo o ragazza dai sette anni in su che non sappia leggere e scrivere e distinguere il bene dal male . Al vescovo , che mi voleva parroco nella pianura , ho risposto : « Monsignore , amo oramai la solitudine e la neve , le privazioni e l ' ingratitudine » . Amo infatti queste grandezze della natura selvaggia , nelle quali il mio corpo è rimasto puro e sono vissuto fino ad ora in una cara povertà di spirito . Ho dovuto abbandonare da un po ' di tempo il mio più vivo conforto mondano , la caccia , e rinunciare alle lunghe passeggiate solitarie su per i dorsi dei monti . La mia pelle già ruvida e bruna - e il prete guardava pietosamente le proprie mani - è diventata morbida e bianca , come quella di una donna galante . Dicono che , così magro e così smorto , sembro ringiovanito : ho trent ' anni e ne mostro venti : torno fanciullo . Chi mi ridà la salute e la forza ? - Il dottore sorrise , e il prete continuò : - Un giorno a Trento il vicario del vescovo mi dice con ironia : « Ella , reverendo , è un montanaro d ' Arcadia » . I miei parrocchiani , salvo pochi , mi guardano di traverso . La carità cristiana ! Ecco che in questo paese , il più alto e il più povero del Trentino , dove gli uomini sono attivi , sobrii , leali , e le donne non hanno altra bellezza che la loro virtù , viene a piantarsi una masnada di truffatori e sgualdrine . Inventano delle miniere ; gridano a tutti i venti che nel nostro suolo la natura ha deposto i suoi tesori di ferro ; le Gazzette del Tirolo , della Germania , sono piene di annunzii e di lodi sulla famosa Compagnia siderurgica della valle di Castra ; cinquemila azioni da cinquecento lire ciascuna , interessi , dividendi , almeno il cento per cento ! Troveranno i gonzi , intascheranno i milioni , una parte almeno , e scapperanno , lasciando alle nostre montagne due grotte di più , due buchi . Ma intanto si pianta qui , per alcune settimane , in un palazzo improvvisato , il capo dell ' impresa con la sua ganza ; e servi e operai e donnacce riempiono il villaggio di scandali ; s ' aprono bettole , si balla tutta notte , ci si ubbriaca e peggio . Alle miniere , alle ferrovie ci pensa pincone . Tre famiglie del paese hanno già venduto le loro giovenche per barattarle con le mirifiche azioni siderurgiche : altre seguiranno l ' esempio . Alla rovina materiale si rimedierà , ma l ' abiezione morale sarà senza riparo . Due delle più ingenue paesanelle , l ' una di diciotto , l ' altra di sedici anni , la Giulia di Pietro ... La voce del prete , rauca e fiera , s ' interruppe di botto . Era stato un torrente di parole : sembrava che non dovesse fermarsi più ; non aveva tossito neanche una volta . L ' indignazione bolliva da un pezzo in quello spirito ingenuo , ed era scoppiata ; ma dopo l ' ultima frase Don Giuseppe rimase improvvisamente impacciato , mortificato . Guardò in volto il dottore per ispiare se questi avesse potuto intendere il senso del periodo appena incominciato ; e si confortò un poco , vedendo che teneva la testa bassa , come sbalordito dalla foga del lungo sermone . Il curato girò gli occhi ad un angolo della stanza , li fissò un istante sul Crocifisso , che gli parve più sanguinolento , più addolorato del solito , e recitò un ' orazione interna , breve , ma fervidissima . Un sordo , esercitato a leggere sulle labbra , avrebbe colto dai moti convulsi di quelle del prete alcune voci spezzate : Strictissima obligatio ... inviolabiliter ... sigillum confessionis . Frattanto il dottore sorrideva , pensando alla rusticità del curato . Aveva compiuto egli i suoi studi di scienza medica niente meno che a Vienna , e in quegli otto mesi n ' aveva proprio viste di belline . Le raccontava , adombrate appena di un velo , persino a sua moglie . Sì , signori , per allargarsi la mente , per non lasciarsi afferrare dalle idee storte e sentimentali , per acquistare l ' esperienza del mondo , per imparare i modi garbati , è necessario vivere , almeno un certo tempo , nella capitale . Fra le montagne non si possono educare che gli orsi . Povero curato , il suo massimo viaggio era stato quello di Trento ! - Don Giuseppe , mi permetta di parlarle schietto : ella , scusi , mi sembra un tantino pessimista - . Dette queste parole quasi per tentare il terreno , il medico ristette , aspettando una risposta . La risposta non venne : Don Giuseppe aveva assunto un ' attitudine raccolta e placida . Fattosi coraggio , il dottore continuò : - Può darsi , non lo nego , che le cose previste da lei , reverendo , sieno tutte vangelo , e che una brutta catastrofe sovrasti alla povera valle ; ma potrebbe anche darsi , chi lo sa ? che le faccende andassero lisce . Lavorano negli scavi , hanno fatto gli assaggi ; né sarebbe impossibile che il metallo sbucasse fuori , tanto più che si trovano nei nostri monti le tracce di molte vecchie ferriere . Se l ' impresa andasse bene , quanta ricchezza non ne verrebbe egli a tutti i luoghi qui intorno ? Dall ' altra parte questo signor banchiere e barone , avviato l ' affare e toltosi il ghiribizzo della vita montanina , andrà via con il suo codazzo , lasciando i veri lavoratori , gli onesti operai ; e tutto rientrerà nell ' ordine consueto , con qualche soldo e qualche comodità di più , che ce n ' è di bisogno . - Dio voglia ! - Era un Dio voglia buttato là tanto per mutare discorso . Il curato chiese infatti senza interruzione al dottore : - Mi dica un po ' , come sta oggi la signora Carlina ? - Non c ' è male , grazie . Mangia poco , quasi niente , sebbene io la faccia sgambettare dietro di me il più possibile . - E di umore ? - Così così . Quando esco la mattina o dopo il desinare per le mie passeggiate mediche , potrei dire per i miei viaggi quotidiani , m ' abbraccia e si mette a piangere . Qualche volta , confesso , perdo un po ' la pazienza . - Tolleri , dottore . È una bambina , e le vuol tanto bene . Dirò di più , veda di trattarla con infinita indulgenza , con ogni sorta di amorevolezze e di cure . La tenga come una pianticella tenera , delicata e sottile , trapiantata da tre mesi soltanto , e che vuole essere irrorata d ' affetto . - In fondo non è mai malata . Qualche dolor di capo , nient ' altro ; ma non ingrassa . E poi è tanto rustica : vorrebbe stare sempre sola o con me . Detesta la gente nuova ; anzi , a dirgliela , Don Giuseppe , sono impacciato . La bella baronessa vuole vedere mia moglie a ogni costo . Appena entro nella sua camera grida : « E la sposina ? » . - Per amor della Vergine Maria non gliela conduca . Profanare il candore , il pudore della giovinetta semplice , della colomba di diciott ' anni con l ' alito della donna infame ! - Reverendo , ella dice bene ; ma io ho pur bisogno di tutti . Nato in questa valle , non ho intenzione di morirvi . Per guadagnarmi da vivere devo fare sulle scorciatoie dei monti tre o quattro ore di cammino ogni giorno al rischio di cadere in un precipizio , di gelare l ' inverno in mezzo alla neve o di crepare giovine d ' un vizio di cuore . Risparmio il mulo ed il ciuco , tiranneggio me e anche un poco mia moglie per mettere da parte qualche danaro , che mi permetta di piantarmi in una città , dov ' io possa fare il medico davvero . Cavar sangue , strappar denti , aggiustar ossa a questi villani non è poi un mestiere decente per chi ha studiato nella capitale e s ' è assuefatto a nobili desiderii . - La nobiltà del desiderio consiste , dottore , nella volontà del bene ; e il bene è tanto più difficile a farsi , ma tanto più meritorio quanto è più basso e , aggiungerò , più schifoso l ' oggetto a cui si rivolge . - Ella parla d ' oro , signor curato . Ammiro la virtù sublime , ma tutti non hanno , neanche secondo il Vangelo , l ' obbligo di esser santi . Si può vivere da galantuomini , si può beneficare il prossimo anche nelle città , ed io mi sento nato per la vita civile . Ora veda , Don Giuseppe , quella signora , chiamiamola baronessa o altrimenti , mi dà quattro fiorini per visita e mi chiama quasi ogni giorno . Il mio salvadanaio ne gongola . - Dottore , la signora Carlina non approverebbe questi sentimenti . - E avrebbe torto . Posso io rifiutare a colui che invoca il mio ministero l ' aiuto della mia scienza ? Non ci sono altri medici nella valle ; occorrerebbero sette ore od otto per averne uno : intanto il malato rischia di crepar come un cane . È poi lecito il distinguere un contadino da un signore , una donna onesta da una bagascia , o non si devono soccorrere tutti ugualmente ? Mi dica lei , Don Giuseppe , se un peccatore , se una peccatrice implorasse , anche senza sentirsi in punto di morte , una parola dal ministro di Dio , una parola che potesse confortare , migliorare , illuminare un ' anima sviata , avrebb ' ella il diritto di dir di no ? Stendere la mano al prossimo smarrito o perverso , aiutarlo a ritrovare la via diritta , non è forse il primo , il più sacro dovere del pastor buono ? Queste ultime parole vennero pronunciate con molta enfasi dal dottore , il quale teneva i suoi occhi furbi fissi negli occhi ingenui del prete . Seguì un silenzio , in cui si potevano udire i canti e le risa della gente del villaggio raccolta nella piazzetta della fontana . Il curato meditava . Fece un gesto risoluto , andò a pigliare il collarino nell ' armadio , se lo affibbiò senza guardarsi nello specchietto che , appeso ad un chiodo sul telaio della finestra , gli serviva per radersi la barba , e infilò la sua veste nera , l ' unica che avesse ; poi disse : - Andiamo . In quel punto al baccano sempre crescente dei villani s ' unì un gran frastuono di trombe , di corni , di cornette e d ' altri strumenti d ' ottone , i quali stonavano e scroccavano maledettamente ; e , fuori del paese , sul dorso del monte , rispondevano gli spari dei mortaletti . Era una festa solenne : avevano fatto venire la banda musicale dal capoluogo del circondario , niente meno ; ed il Capo - comune presiedeva alla cerimonia . Si trattava anzi di una vera marcia trionfale . Gli eroi erano due ragazzi in sui dodici anni , l ' uno bruno , l ' altro biondo , incoronati di fiori selvatici , e tirati in uno di quei veicoli , i quali servono in montagna a trasportare il letame , ed hanno , curvi come sono al dinanzi , un certo aspetto d ' antica biga romana . Il carro , tutto a ghirlande e a festoni , era tirato da due maestosi buoi bianchi , ma i due fanciulli , anziché mostrare la baldanza de ' conquistatori , mostravano una gran paura di essere sbalzati a terra , quando le ruote o si alzavano sugli enormi sassi , di cui sono sparse le tortuose , strette ed erte vie del paesello , o si sprofondavano nelle buche di pantano , da cui schizzava intorno la melma . I due monelli guardavano in giro , confusi di tanto chiasso , desiderosi d ' una cosa soltanto , di saltar giù dal carro trionfale per unirsi a ' loro compagni e dimenarsi liberamente e gridare anch ' essi : Viva , viva ! La cagione della loro gran gloria era spiegata da Menico ad un vecchio , venditore ambulante di quegli enormi ombrelloni rossi e azzurri , i quali mettono nella malinconia del paesaggio , quando piove , una pennellata allegra . Il caso dunque era stato questo : i due ragazzi , nel principio della passata primavera , andavano a raccogliere sul monte della Malga , quello che manda la più lunga ombra nella Val della Castra , le radici di una certa erba medicinale . È uno dei piccoli guadagni dei montanari , i quali per un grosso peso di arnica , di genziana , di aconito , di lichene , o che so io , racimolati sulle roccie , alla cima dei dirupi , col rischio di rompersi il cranio nella voragine , pigliano qualche soldo . La neve al basso si andava squagliando , ma i due fanciulli , raspandola via via , senza pensare ad altro , salivano sempre più in un luogo che da otto mesi non vedeva anima nata . All ' improvviso , sotto ad un pino , che il vento aveva gettato a terra e che su quel lenzuolo candido con il suo tronco ed i suoi rami secchi pareva uno scheletro , odono un fruscìo . Tendono le orecchie ; il fruscìo si rinnova ; s ' avvicinano , ed ecco che sbuca una bestia bruna , simile ad un cane non grande . La bestia scappa e va a nascondersi di nuovo in una macchia di arbusti ; ed i fanciulli dietro . Avevano due bastoni , e si mettono a picchiare con tutta la forza di cui erano capaci , l ' uno di qua , l ' altro di là della macchia di arbusti , la quale , sebbene priva di foglie , era folta . Volevano acchiappare il cane . La bestia , in fatti , spaurita , irritata , esce fuori , ma , invece di fuggire , avventandosi alle braccia di uno dei fanciulli , le addenta e ne fa uscire il sangue , che arrossa la neve ; ma il fanciullo , niente paura , quanto più si sente mordere tanto più tiene saldo . Ed ecco l ' altro che in buon punto dà con la mazza un forte colpo sulla testa dell ' animale , ed un secondo colpo , e l ' accoppa . Il ferito , più allegro che mai , tiene per un poco le braccia nella neve , poi , con il compagno , scende giù a sbalzi portando la sua preda . Erano incerti se fosse un cane o una volpe . Ma , prima di entrare nel villaggio , incontrano un vecchio di ottant ' anni , alto , di corpo asciutto , dritto ancora come un fuso , svelto ancora come un cavriolo , che andava a passeggiare con la sua carabina ad armacollo . La fama di codesto vecchio esce dalla Val della Castra : Trento stessa lo conosce . Nella sua vita ha ucciso venti orsi ; l ' ultimo , dopo sbagliato il colpo del fucile , l ' uccise abbracciandolo , e l ' uomo cacciava all ' orso il coltello nel ventre , e poi , sempre in un amplesso , arrotolarono un pezzo sulla china del monte , finché l ' orso morì , e l ' uomo di ottant ' anni s ' alzò dritto e placido . Ora quel vecchio chiamò i fanciulli , che gli passavano innanzi , e disse : - Figliuoli , dove avete pescato questa bestiola ? - I ragazzi risposero : - L ' abbiamo uccisa noi ; ma è una volpe od un cane ? - È un ' orsacchiotta , fortunati figliuoli : fortunati che non avete trovato la sua madre , e fortunati che vi beccate trentasette fiorini belli d ' argento . Fate l ' istanza al Capitano - . Dette queste parole ripigliò il cammino , guardando i ghiacciai sul cucuzzolo delle montagne . Menico mostrò all ' ombrellaio , tra la folla , un montanaro che soverchiava gli altri di quasi tutto il capo , e che guardava con serietà i due piccoli trionfatori : era il vecchio degli orsi . Per farla breve , i ragazzi avevano potuto dopo qualche mese riscuotere i trentasette fiorini , che il Governo dà quale premio per l ' uccisione di un ' orsa ; e la festa era fatta a commemorazione e a rallegramento del caso . Bisogna aggiungere , per amore di verità , che era stata anche pensata da qualche cervello ingegnoso per avere una nuova scusa di ballar con la banda tutta notte nell ' osteria e di scialacquare in istravizii e bordelli ; e , perché il curato lo sapeva bene , non aveva voluto ingerirsi né con la sua chiesa , né con la sua persona in così fatta commedia . Dall ' altro canto la caccia dell ' orso aveva lasciato nell ' animo del prete un rimorso non piccolo . S ' era imbattuto un inverno anch ' egli fra le nevi in un orsacchino da poppa ; aveva pigliato l ' orsacchino e , picchiandolo un poco , l ' aveva fatto guaire , perché l ' orsa , che non poteva essere lontana , lo udisse . Venne in fatti , e precipitò furibonda , mentre il prete mirava attento e colpiva giusto . L ' orsa , ferita a morte , si trascinò accanto al suo piccino , che continuava a guaire , e lo leccava in atto d ' infinito amore . Il prete tornò a casa pensieroso , lasciando nel bosco la madre morta e l ' orsacchino libero . La sera scartabellò i volumi della sua piccola libreria per conoscere se l ' inganno è innocente quando si volga contro le bestie feroci ; ma non gli riescì di raccapezzar nulla che facesse al suo caso : solo nel secondo volume del Gury , Compendium Theologiae moralis , trovò che al sacerdote è lecita la caccia non clamorosa cum sclopeto et uno cane . Non trovò altro ; ma non poté mai dimenticare la generosa , e sviscerata passione di quella madre morente , e , ripensandovi , sentiva nel cuore uno stringimento . Ripeté ancora al dottore : - Andiamo - ed uscirono , allontanandosi dal frastuono del villaggio in festa . 2 La villa del barone banchiere era sorta all ' improvviso . A un tiro di schioppo fuori del paese si vedeva dianzi una casa costrutta in sasso e in cemento , miracolo in quel villaggio fatto tutto di legno . Era stata alzata dieci anni addietro da un brav ' uomo , il quale , essendo andato per mezzo secolo a lavorare giù per l ' Italia da calderaio , e avendo raggruzzolato molte migliaia di lire , voleva godersele con la famiglia in santa pace nell ' aria pura e nelle lunghe nevi del suo caro luogo natale . Non l ' avesse pensato mai ! Il dì che fu messa la prima pietra , ecco gli muore la figliuola ; appena finito il solaio del primo piano , ecco gli si ammazza giù per una rupe il figliuolo ; appena compiuto il tetto , passa a miglior vita la moglie . Il misero signorotto , solo , disperato , pieno di acciacchi e di paure , camminò un anno nelle stanze vuote , meditando con desiderio ineffabile al tempo della sua miseria , quando la moglie ed i figli , sani e robusti , mangiavano polenta asciutta , ed egli martellava quindici ore della giornata su caldaie e padelle . Morì di settant ' anni lasciando la sua casa al Comune , il quale vi teneva il fieno , giacché , un poco per cagione dell ' uso di abitare in isconquassate catapecchie di legno , un poco per l ' idea che quell ' edificio fosse stregato e recasse sventura , nessuno offriva un quattrino per andarvi a prendere alloggio . I vetri delle finestre non c ' erano più , le imposte cominciavano a sconnettersi ; ma il palazzotto così bianco e alto e regolare , con la sua bella cornice e i suoi balconi sporgenti , rallegrava la vista , in mezzo alle capanne ed ai tugurii neri della valle . S ' aggiunga ch ' era piantato in uno dei più bei siti : sul contrafforte del monte , dove i paeselli della vallata di qua e di là si vedono tutti , e l ' occhio si spinge sino al piano verde ed al castello di Sanna ; e di dietro l ' ombreggiava una folta macchia di larici antichi , mentre dinanzi lo rallegrava una prateria quasi orizzontale , piena di grandi arbusti di sambuco rosso , con i suoi grappoli che sembravano coralli infiammati , e ricca di fiori color di rosa , dondolanti sui gambi altissimi , di fiori gialli , violetti , bianchi , da farne la più gentile e variopinta corona per una vergine sposa . La casa del calderaio , già bella , era diventata un incanto . Sulla fronte , nel piano terreno , sporgeva una nuova loggia , chiusa durante le ore del sole da tende che parevano di splendido drappo persiano ; nei fianchi uscivano fuori due nuove ali in forma di padiglione , da cui quattro gradinate esterne scendevano alla prateria trasformata in giardino , dove non mancavano le zolle simmetriche , l ' ampia vasca circolare con l ' acqua limpida e i pesci d ' oro , né i sedili dondolanti sparsi nei luoghi più misteriosi ed ombrati . Nel lato posteriore dell ' edificio un nuovo portico riparava le cavalcature mentre aspettavano i cavalieri ; la cucina , la scuderia de ' muli , l ' abitazione dei servi ed altri luoghi di basso uso avevano trovato posto in una specie di casa rustica , unita alla palazzina per mezzo di una lunga tettoia , la quale veniva tutta nascosta da piante arrampicanti e da arboscelli trapiantati . Queste nuove fabbriche erano di legno , alzate su in fretta e destinate alla vita di tre mesi : non importava che le prossime nevi ed i geli le sfasciassero tutte . Ai lavori aveva presieduto il vero scopritore , o , per meglio dire , inventore delle miniere , un farabutto matricolato , al paragone del quale il presidente della Società siderurgica , il barone banchiere , poteva dirsi una perla . Lo chiamavano Gregorio Viorz , e si bucinava che fosse stato due volte in carcere per truffa ; gli attribuivano anche un veneficio , commesso per interesse , ma le prove mancavano e la giustizia non se n ' era impacciata . Comunque sia , ad Innsbruck , sua città natale , n ' aveva fatte tante , che non poteva più rimettervi il piede . Dio l ' aveva dotato , per disgrazia degli uomini , di un ingegno feracissimo e di un ' attività senza pari ; tanto che con la metà della fatica e del cervello , ch ' egli impiegava nelle vie torte e buie , avrebbe potuto lungo la strada dritta rendersi ricco e stimato e sicuro della propria fortuna . Ma dall ' animo perverso nascono inevitabilmente certe debolezze fatali , le quali sciupano tutto ; e il Viorz ne aveva due . Prima : assottigliava troppo , sicché , studiando nelle imprese tutti i pericoli e industriandosi di mettere a tutti un anticipato rimedio , creava spesso le difficoltà nell ' atto in cui voleva prevenirle . Seconda : man mano che si avvicinava il momento di raccogliere il frutto delle sue iniquità , la gioia e l ' orgoglio del buon successo gli scemavano la calma , lo inebbriavano , e la prima cautela volpina si trasformava , nella lotta contro gli ultimi intoppi , in violenza brutale . Un così fatto personaggio non poteva dare il suo nome a nessun affare d ' industria o di banca ; anzi si doveva tenere avvolto , almeno sul principio , in un prudente mistero . Aveva dunque bisogno di qualcuno da mettere in mostra : un galantuomo no , perché non si sarebbe prestato a simili birbonate ; un noto birbante no , perché avrebbe , invece di adescarla , fatto scappare la gente . Ci voleva , per esempio , un signore che si fosse mangiato il patrimonio : vizioso e in urgente necessità di quattrini ; d ' intelletto bastevole per capire e secondare le finezze dell ' impresa , ma di poca inventiva , perché non gli saltasse un giorno il ghiribizzo di fare da sé ; di bei modi signorili , con un bel nome e un titolo sonoro . A tutte le indicate qualità bisognava unirne un ' ultima : quella di non essere punto conosciuto nella classe degli uomini di banca , o , meglio , di esservi conosciuto favorevolmente . Questa prerogativa s ' univa alle altre nel barone di Steinach . Era piuttosto un uomo scettico e leggiero , che propriamente perverso . L ' uso della società galante di Vienna e di Parigi l ' aveva rotto ad ogni vizio , senza fargli perdere il garbo delle maniere aristocratiche ed una certa sensibilità di natura . S ' era impacciato tre o quattro volte in affari grossi e romorosi , ma , puntualmente , con indifferenza , aveva pagato le perdite , rimettendoci sino all ' ultimo soldo . Allora , dopo avere conosciuto Gregorio Viorz , che non lo perdette mai più di vista e che lo richiamò in gran fretta , qualche anno appresso , appena avuta la prima ispirazione della Compagnia siderurgica , andò a Monaco al giuoco , facendosi prestare la posta , e guadagnò ; e con quel guadagno , piantatosi a Parigi , cominciò la vita del cavaliere d ' industria . In un modo o in un altro se la campava , sempre abbigliato , benché con un ' ombra di gofferia teutonica , secondo l ' ultima voga , in un quartierino di nobile apparenza e pieno di gingilli artistici , dove regnava questa o quella signora , bruna , bionda , fulva o rossa , ch ' egli ripescava qua o là e rimutava , al più , ogni sei mesi . Così era giunto al sessantesimo anno , robusto ancora e pieno di vita , che pareva un miracolo pensando a ' suoi vizi e disordini ; né l ' età si manifestava in lui altrimenti che in due cose : nella rotondità del ventre , che con il suo consueto panciotto bianco diventava anche più maestoso , e nel serbare com ' egli faceva presso di sé da un anno l ' ultima baronessa , rossa di capelli , senza provare nessun desiderio di sostituirne una nuova . Il curato non aveva aperto bocca nel cammino da casa sua alla villa , sebbene il dottore lo andasse stuzzicando . Pareva distratto ; guardava le nubi strane , che imbiancavano una parte del cielo . Un domestico , in livrea turchina con la pistagna color cremisi e i gran bottoni dorati , fece entrare i due visitatori nella sala , dove il barone faceva il chilo col resto della compagnia , pregandoli di aspettare che la signora baronessa li potesse ricevere . Il barone , che fumava il sigaro immerso in una larga poltrona , s ' alzò , andò incontro al prete , e , stringendogli la mano , gli disse un mondo di belle cose . Aveva bisogno di vederlo , conosceva le sue virtù , desiderava aiutare i poveri del paese , sapeva che la baronessa ne ' primi dì del suo soggiorno in villa era stata alla canonica a portare delle elemosine ; egli voleva fare qualcosa di più durevole , cento idee di carità gli frullavano nel cervello , ma per metterle in atto attendeva il consiglio del savio e sant ' uomo , che lo guidasse , che gl ' insegnasse a fare il bene utilmente . Quei modi cortesi , quel sorriso aperto , sopra tutto quelle liberali profferte , mettevano il povero prete in un terribile impaccio . Già rinasceva nella sua mente la solita tenzone : posso io respingere il danaro del diavolo ? Posso io togliere a ' poverelli i soccorsi di cui hanno tanto bisogno ? Non devo io anzi sollecitare codeste larghezze , qualunque sia la lor causa , lasciando a Dio di entrare nell ' anima dei peccatori ? Il barone continuava a discorrere in piedi , davanti alla finestra , da cui si scorgeva tutta intiera la valle e si vedeva in fondo ad essa il torrente , sinuoso e lucido , come un nastro d ' argento puro , svolazzante al sole . Intanto gli ospiti del barone chiacchieravano intorno ad una tavola rotonda piena di libri e giornali , nell ' angolo opposto della sala . A un tratto il maestro di pianoforte della baronessa , un giovinetto piccolo , con gli occhiali sul naso a ballotta , allievo poco fortunato del Conservatorio di Dresda , tolta la fascia ad uno dei giornali illustrati , guardando la prima pagina , esclama : - Oh bello , magnifico stupendo davvero ! - Poi , fatta vedere l ' incisione agli altri , che s ' accordano negli ah e negli oh ammirativi , sbalza accanto al barone per mostrargli niente meno che la veduta della sua villa . C ' era la loggia con i panneggiamenti ; c ' erano i padiglioni con le quattro gradinate , ma con l ' aggiunta , per verità , di due cupole e di due Fortune sulla cima , rimaste , pare , nella fantasia dell ' architetto restauratore ; c ' erano le fontane con nuovi getti d ' acqua : insomma una reggia . Si leggeva sotto : Residenza del direttore della Compagnia siderurgica nella valle di Castra . Il barone , dopo avere gettato uno sguardo sul disegno , mormorò tra se stesso : - Astuzie di quella volpe del Viorz - e restituì il foglio al maestro di cembalo , il quale si mise a leggere l ' articolo che accompagnava e spiegava l ' incisione . Era un inno alla nuova impresa : le miniere gonfie di metallo ; le ferriere vulcani ; e già le braccia non bastavano più al lavoro , e le richieste del commercio soverchiavano venti volte la produzione dell ' industria ; bisognava praticare dei nuovi squarci nei fianchi del monte miracoloso , moltiplicare le fucine , emettere nuove azioni alla banca . Seguivano la parte artistica e la parte sentimentale : le descrizioni del palazzo e del giardino ; le beneficenze del direttore , vera provvidenza , vero Messia della valle : asili d ' infanzia fondati e già frequentati da trecento bimbi , che , oltre all ' insegnamento , vi ricevevano gratis la colazione e il desinare ; nuove strade in lavoro ; farmacie aperte , eccetera , eccetera : una rigenerazione . Il maestro di pianoforte leggeva ad alta voce , con enfasi , facendo spiccare le più belle frasi ; né badava punto al barone , il quale , interrompendo il suo ragionamento col prete , gridava : - Basta , basta ; leggerete poi - . Ma il prete non porgeva più nessuna attenzione alle lusinghe dell ' altro ; tendeva invece le orecchie per udir la lettura , avvicinandosi anzi passo passo alla tavola tonda . A un certo punto , senz ' aspettare la fine , strappò dalle mani del leggitore il foglio e lo stracciò in più brani , ripetendo : - Sono tutte menzogne , tutte menzogne . Il barone uscì dalla stanza , il medico scomparve . Ci fu un mezzo minuto di silenzio e d ' immobilità generale ; poi si vide alzarsi un ufficiale dei cacciatori , che stava accanto al maestro di pianoforte . S ' accostò al prete e , dopo un formidabile ruggito d ' ira , gridò : - Ringrazii la sua chierica ed il suo collare se questo braccio ... - e alzava il braccio in atto di minaccia . In quel momento il servo in livrea turchina con le mostre cremisi e i gran bottoni dorati entrò e annunziò dall ' uscio : - La signora baronessa prega il reverendo signor curato di passare nella sua camera . Il curato piegò la testa in atto di saluto e , lentamente , uscì dalla sala . 3 Aperto l ' uscio della camera e fatto un profondo inchino , il servo si ritirò , lasciando il prete solo con la donna . Nel primo istante non la vide , perché la camera sembrava un grazioso incendio , e gli occhi restavano abbacinati . Le tappezzerie , i canapè , le poltrone , tutto era di stoffa rossa , d ' un rosso roseo brillante , con certi disegni gialli sinuosi , come a fiamma ; e il sole del tramonto , caldo , vivo , d ' oro , entrava dalle due finestre spalancate , gettando sul rosso e sul giallo della stanza certi lumi incandescenti e certi lustri , che somigliavano a fuochi e a scintille . Un odore di essenze , acuto , inebbriante , si effondeva dalla toletta a trine e a ricami , dove , sotto al baldacchino , tenuto in aria volando da un putto alato , luccicavano dinanzi alla cornice dello specchio , tutta a fiori di vetro , innumerevoli vasetti di metallo bianco e pettiniere e saponiere e ampollette di cristallo terso e ninnoli d ' ogni maniera . Il prete , entrando , si sentì una vampa alla testa : avrebbe voluto fuggire . La donna lo chiamò con voce soave come un liuto lontano . Era sdraiata sopra un sofà nel solo angolo ombroso della stanza , lungo il lato delle finestre , in fondo , lì dove le pieghe delle ampie tende scemavano sui fianchi la luce e lasciavano come una insenatura fra il parato ed il muro . - Si metta qui , signor curato , qui accanto , in questo seggiolone . Mi sento così debole , che appena appena posso parlar sottovoce . Il prete rispose ruvido : - Scusi , ho fretta . Sono venuto perché il medico mi aveva detto ch ' ella era malata e aveva bisogno di me . Posso servirla in qualcosa ? - Sono malata , e come ! Ma quel dottore sventato non capisce nulla . Ella . signor curato , dotto e santo com ' è , può dirmi una parola , che mi conforti , che mi rianimi e , col ridonarmi la fede in me stessa e nelle cose del mondo , tornarmi forse la salute del corpo . Il mio male sta qui - . Si toccò il seno . Era coperta d ' una vesta a fiorami , che lasciava vedere tutto il collo , una parte del petto candido e il principio delle spalle rotonde , sulle quali cadevano , sciolti , i suoi capelli increspati , d ' un biondo rossigno . Principiavano bassi , in riccioletti matti . Il naso appiccicato alla fronte , quasi senza incavo , con un piano vigoroso e largo ; le narici gonfie , da cui la donna sbuffava alle volte al pari d ' una cavalla araba ; le labbra tumide , le gote piene , e il mento rientrante davano a quel viso un non so che di pecorino e lascivo . Il cinabro della bocca era anzi un poco troppo vivace , il roseo delle guance un poco troppo sfumato , e la forma delle brune sopracciglia un poco troppo sottilmente arcuata per poter credere che l ' arte non ci entrasse in nulla . E sotto gli occhi cerulei stava un lividetto , che li faceva sembrare più grandi . Era bella insomma alla sua maniera e carnale . Il prete rimaneva in piedi . Ella si alzò con fatica , andò verso di lui , lo prese per mano e , condottolo due passi innanzi , lo fece sedere nel seggiolone . Poi , guardandolo fisso , come se ella si destasse in quel punto , stirò le braccia , che le maniche larghe lasciarono vedere quasi fino alle ascelle ; e il petto si arrotondò fieramente . Tornò a buttarsi sul sofà , lasciando cadere a terra dal piede destro la pantofola ricamata . Gli occhi cerulei erano diventati di bragia . La voce non aveva più la stanchezza e la dolcezza di prima . Vi dominava un timbro secco , strozzato , rabbioso , quando disse al prete interrottamente : - Mi dica un po ' , Don Giuseppe , perché mi sfugge ? Perché non vuole vedermi più ? Quand ' io passo nel villaggio a cavallo della mia mula , perché mi chiude in faccia le imposte della sua casa ? Dopo avermi ricevuta in principio quattro volte nella canonica , perché ha ora dato l ' ordine di non lasciarmi entrare , nemmeno quando io reco il denaro dei poveri ? Non posso metter piede in sagrestia ; è molto che non mi caccino , come un cane , fuori di chiesa . Mi si rimandano i doni che faccio al tempio . Con qual diritto ? Chi può mai rifiutare le offerte che si porgono a Dio ? - Sbalzò in piedi e si piantò di contro il prete , domandando : - L ' odio , signor curato , è forse una virtù cristiana ? Il curato affermò pacatamente , ma con la voce che tremolava : - L ' odio del male è una virtù cristiana . - Virtù cristiana , reverendo , è l ' amore . Me lo insegnarono da fanciulla , quando andava in chiesa alla dottrina ; me lo hanno ripetuto al confessionale . Poi , divenuta donna , vidi che l ' amor vero mi rialzava l ' anima , mi purificava lo spirito , mi avvicinava al cielo . L ' amor vero passò , e , giuro , senza mia colpa . Allora , abbandonata , povera , gettata in una società piena di seduzioni e di corruzioni , cascai nella finzione dell ' amore . Ma la finzione dell ' amore , non è amore , è odio ; è l ' odio anzi più vile , abbietto , pauroso , straziante che si possa provare . Quest ' odio m ' uccide . Il cuore intanto arde , e cerca da molti anni invano il refrigerio di un affetto violento e sincero . Ho bisogno dell ' amore che brucia . Il prete , afferrando con un supremo sforzo di volontà i pensieri , che svanivano dalla sua testa , mormorò : - Calmatevi , poverina , mettete in pace la fantasia eccitata dalle sventure e dalle colpe della vostra vita . Fate di desiderare una sola cosa , il bene . Uscite da queste sozzure d ' inganni e di vizii , in cui si trascina e imbratta la vostra esistenza . Tornate sola e povera , ma pentita e buona . Allora tutti vi dovranno amare , perché , amando voi , ameranno la virtù . - Anche voi , Don Giuseppe , mi amerete anche voi ? E gli prese la mano , e la strinse , e il prete s ' avvicinò . La donna continuava sommessamente : - Don Giuseppe , guidatemi . Insegnatemi la via , conducetemi dove vi piace . Sarò la vostra schiava . Sarò , se vorrete , la vostra santa . Il vostro cuore dev ' essere grande e nobile , deve specchiare il cielo , come i vostri occhi . Mi piacete perché siete bello , perché siete candido , perché indovino che non avete mai amato , perché voglio essere il vostro primo peccato , il vostro primo rimorso . Datemi il vostro amore , Don Giuseppe , il vostro amore . La donna , arrovesciata sul sofà , teneva sempre con le due mani la mano del prete , il quale tremava dalla testa ai piedi . Il sole era tramontato ; la camera diventava buia . Ma , mentre la femmina ripeteva le ultime parole , sembrò al curato che d ' improvviso un soffio fresco gli passasse sul fronte ; e di repente gli comparve davanti la figura tetra e sanguinosa del suo Cristo dell ' inginocchiatoio , solo che il volto , anziché piegato e morto , era vivo e guardava minaccioso e fierissimo . Il prete scattò e , prima che la donna potesse pronunziare una sillaba , era uscito dalla stanza . Quando il servo con la livrea turchina e con le mostre cremisi vide scappare il prete dalla villa , quasi correndo , senza voltarsi , come se dietro le spalle lo minacciasse il demonio , sorrise maliziosamente , ponendosi l ' indice della mano destra sulla punta del naso . 4 Il prete girò , senza saperlo , a sinistra , dove la strada sale e s ' interna nella montagna ; passò a ' piedi della chiesetta di San Rocco , posta sul vertice di una rupe acuta , e camminò verso il prato così detto del Lago . Incontrava parecchi di quei carri alpini che , formati delle sole ruote dinanzi e di due lunghissime stanghe , le quali si trascinano per terra con la loro estremità posteriore , servono a portare il carico voluminoso di una erba appena tagliata , olezzante d ' ogni grato profumo e tempestata de ' fiorellini d ' ogni allegro colore . I poveri buoi , scendendo lenti e gravi dall ' erta ripidissima , puntavano vigorosamente le zampe tra i sassi enormi , docili alla parola delle montanine che li guidavano , maestosi e rassegnati , con l ' occhio umido , un poco inquieto e assai mesto . Le donne salutavano , ma il curato non rispondeva . Una volta rischiò di rimanere schiacciato sotto a un carro , che non aveva scansato in tempo . Lasciò la strada ; andò su per i sentieri , su per le roccie nude . La notte era diventata scura , e il prete andava senza sapere dove mettesse i piedi . Si trovò a un tratto sulla riva dell ' alto lago , uno scolo de ' ghiacciai , dove finalmente il rumore di due torrentelli , che precipitavano dalle cime e si frangevano tra i sassi , e il vento rigido delle gole , e la tosse , che gli spezzava il petto , richiamarono in sé il curato , il quale cadde con le ginocchia a terra e , giungendo le mani e fissando gli occhi nella vòlta tutta nera del cielo , ringraziò con una lunga preghiera il figliuolo di Dio . In Menico frattanto crescevano le ansie . L ' orologio della canonica aveva suonato la mezza dopo le dodici , e il padrone non ritornava . Il vecchietto aveva visto spegnersi i lumi nella villa del barone e sapeva bene che non c ' erano moribondi nel paese : dove diamine quella testa sventata era dunque andato a passar la notte ? Non s ' attentava di allontanarsi troppo di casa ; guardava dalle finestre , ma non vedeva altro che tenebre fitte . Se non fosse stato il servo di un sacerdote si sarebbe sfogato assai volentieri con qualche grossa bestemmia . Tendeva le orecchie , un cane aveva abbaiato , nulla ; si sentiva un calpestio lontano , ascoltava , nulla . - O il reverendo l ' avrà da fare con me . Starsene via tutta notte senza neanche avvisare ! Siamo cani ? E poi , col rischio di pigliarsi un nuovo malanno in tali disordini da scomunicati , e con quella maledettissima tosse , che non lo lascia mai stare . Figurarsi , sono ore queste da gironzare per le strade e da tenere alzati i galantuomini ? Gliele voglio cantare secche , ma secche . Farebbe perdere la pazienza a san Luigi Gonzaga - . Tornava a guardare nell ' oscurità e ad origliare ; niente . Alla fine gli parve di udire in su , distante , il passo di un uomo ; era un uomo , certo , che scendeva dalla montagna ; il passo s ' affrettava , rintronava ; i cani abbaiavano : era il passo del curato . Allora il piccolo vecchio si pose dinanzi alla porta con il muso arcigno e gli occhi da cui schizzavano scintille di rabbia ; aveva i pugni piantati sulle anche in atto di sfida , come se volesse impedire al prete l ' ingresso della canonica , e già schiudeva le labbra per cominciare la ramanzina quando , vista la faccia del padrone , ammutolì e lo lasciò passare . Borbottava tra i denti o per meglio dire tra le gengive : - Dio santo , che mutria ! E come ha conciato i panni ! Mi ci vorrà un mese a ricucirli e a rimetterli un po ' in assetto . Bella carità cristiana . Il curato passò il resto della notte all ' inginocchiatoio , davanti al Crocifisso , che lo aveva salvato . L ' alba fece parere più livido , più macilento , più contorto e più sanguinoso quel Cristo in croce , con la sua testa china incoronata di spine . All ' aurora principiò il concerto delle campane . Le suonava Menico , facendosi aiutare durante i suoi servigii di sagrestia e di chiesa , o quando si sentiva le braccia stanche , da un ragazzotto , che per solito era uno dei due monelli trionfatori del giorno innanzi , e propriamente quello bruno , il quale della metà dei trentasette fiorini guadagnati per l ' uccisione dell ' orsacchiotta non aveva visto il becco di un soldo , tanto i suoi parenti erano stati lesti a mangiarli tutti ed a berli . Era la domenica , e la messa del curato doveva principiare alle dieci . Verso le otto un contadino , che veniva dalla valle , consegnò a Menico una lettera per il suo padrone . L ' indirizzo , scritto in calligrafia sottile , snella , elegante , palesava una mano di donna . Il prete pigliò la lettera , la guardò ; le dita gli bruciavano , le mani gli tremavano ; una visione terribilmente allettevole di donna mezza nuda gli passò nella fantasia , e gli parve di udire nelle orecchie l ' eco seducente e paurosa di una voce che bisbigliasse : Datemi il vostro amore , Don Giuseppe , il vostro amore ! - Il curato voleva ad ogni costo sapere chi avesse mandata la lettera : ma il contadino doveva essere già lontano , né Menico aveva avvertito da che parte fosse andato via . - Del resto , - osservò il vecchietto , alzando le spalle , - apra e vedrà chi scrive - . Il prete stracciò in fatti la busta e spiegò i fogli , ch ' erano parecchi , con un gesto d ' angoscia ; ma tosto si rasserenò , si mise a sedere e a leggere . La lettera era della signora Carlina , la moglie del dottore . « Reverendo signor curato , Ho bisogno di tutta la pazienza , di tutta la indulgenza del suo cuore . Il mio buon Don Giuseppe si è mostrato in questi mesi tanto dolce verso di me , ch ' io non esito ad aprirgli la mia anima intera , con le sue tristezze , i suoi dubbii e le sue paure . Mi pare anche di non agire come dovrei ; ed ella mi rimproveri o mi conforti , ma sopra tutto mi consigli , giacché la mia esperienza è così piccola e la mia natura , pur troppo , così timida , ch ' io non solo non so risolvermi a operare , ma spesso non distinguo bene quale sia il cammino da scegliere . Mi compatisca , signor curato . Ho diciott ' anni compiuti : dovrei essere quasi una matrona : però sino a tre mesi addietro , sino al giorno del mio matrimonio , io era vissuta come una bambina , fra mio padre , ottimo uomo , ma severissimo , e mia madre , donna tutta di casa . Non si vedeva nessuno , io non aveva passione per la lettura ; ricamava , teneva i libri di cucina volentieri , mettendo nell ' arte della cuoca , massime ne ' piattini dolci ( bisogna , Don Giuseppe , ch ' ella venga ad assaggiarne uno il primo giorno che avrà tempo . S ' intenda con Amilcare ) , mettendoci , confesso , un poco d ' ambizione . Del resto dicevano che la mia salute era delicata . Ella , signor curato , mi guarda qualche volta in faccia con un cert ' occhio compassionevole , come se dicesse : poveraccia , è tanto magra , tanto pallida ! Amilcare mi ha , come dice lui , ascoltata più volte : non ha trovato , dice lui , neanche l ' ombra del male . Fatto sta che io non sono mai obbligata a rimanere a letto , e che posso dichiararmi sul serio una grande camminatrice , una vera alpinista . Anzi , a questo proposito , vorrei ch ' ella persuadesse Amilcare a farmi camminare meno . Quand ' egli va nelle montagne alla visita de ' suoi malati , vuole , quasi ogni volta , ch ' io lo accompagni ; ieri mi condusse con quel sole , verso le due , sino a Masine dalle scorciatoie dei viottoli ; un ' ora e mezzo di salita , e che salita , e che sassi ! Giunta nel paese , mi cacciai a sedere in un angolo della chiesa , una chiesa umida e melanconica , dove mi toccò attendere due orette buone che Amilcare avesse finito di dar ricette e di cavar sangue , e intanto mi sentiva tutta intirizzita da un ' aria fredda gelata . Non ho coraggio di dir di no . Amilcare osserva giustamente che il camminare desta l ' appetito , e che io , avendo bisogno di rinvigorirmi , devo mangiare , carne sopra tutto , e bere almeno un bicchiere di vino ; ma il vino proprio mi ripugna , non lo dico per affettazione , e la stanchezza mi toglie anche quella poca voglia di mangiare che aveva dianzi . Signor curato , ella non ignora come fu il caso delle mie nozze . Amilcare è il mio solo cugino ; era , si può dire , il solo giovinotto che , ne ' mesi d ' autunno , frequentasse la nostra casa ; e poi buono , bello , di bei modi cortesi , e con una vivacità di parlare tutta sua ; studiava molto ; a Vienna si faceva onore ; era diventato dottore , e poi medico condotto in questa valle . In somma , quanti sogni io andava mulinando nel mio cervello ! Stava desta la notte per poter continuare le belle fantasie , parendomi che la intera giornata non bastasse a tante care e interminabili meditazioni . Mio padre si mostrava poco contento ; gli piaceva poco ch ' io dovessi sposare un medico ; diceva che i medici sono tutti materialisti , parola ch ' io non capiva bene , ma che non mi piaceva affatto ; e mi dipingeva la vita di questa valle come una specie di sepoltura : otto mesi d ' inverno , la neve alta sei piedi , tredici gradi di freddo , impossibile a una donna l ' uscir di casa , le ansie per il marito , un mondo di guai . Ed io pensavo all ' opposto dentro di me ; l ' inverno sarà il mio paradiso ; due stanzette ben calde , fiori accanto alle stufe , i miei ricami , la mia cucinetta , qualche lettera alla mamma , e poi , anzi prima di tutto , sopra tutto , il mio Amilcare sempre indulgente , sempre grazioso , sempre allegro , e che lunghi discorsi , e come sarà contento di tornare nella sua casina , presso la sua Carluccia , che gli vorrà tanto bene ! Scusi , signor curato : sono una vera sciocca . Dunque ci siamo sposati ; il viaggetto di nozze , un incanto ; il primo mese in questa valle una delizia . A dirgliela però Amilcare fumava un poco troppo anche in principio , e mi appestava la camera . Io non diceva niente ; ma qualche volta mi mancava il respiro , mi sentiva un tantino di mal di stomaco . Cose da nulla . Il mio sposo mi amava ; discorreva sempre del futuro , quando ci pianteremo in una città , e il suo nome diventerà celebre , e guadagnerà tanti quattrini , e gli pioveranno addosso tanti onori , e darà delle grandi feste , nelle quali io dovrò essere acconciata da vera regina . Quest ' ultima parte non mi andava a ' versi ; ho sempre avuta poca inclinazione a figurar nella gente . Certe piccolezze mi davano già ombra , m ' offendevano un poco ; aveva torto . Il male è cominciato quasi ad un tratto , quando venne ad abitare nella villa accanto a lei , signor curato , quella donna che dicono la baronessa , e quando , fino dal primo giorno del suo arrivo , mandò in gran furia a chiamar mio marito . Da quel momento non è stato più lui . Ha cento fumi per la testa ; pare che si vergogni di me ; e non ostante mi sforza a seguirlo nelle sue camminate sui monti , ma non mi guarda , non mi parla , non m ' aiuta nemmeno a salire un ' erta o a passare un ' acqua . Anche in casa , se gli parlo , mi risponde sì o no , o non risponde affatto ; ogni sua parola , quando finalmente la dice , è un rimprovero o , che mi duole ancora più , un sarcasmo : non so più né vestirmi , né pettinarmi , né quasi mettere alla bocca il cucchiaio , né adoperare la forchetta e il coltello . La casa gli sembra piccola ; non gli piace né il desinare né la cena , per quanto io mi lambicchi nell ' indovinare i suoi gusti e nel condire e cuocere le vivande . È andato quattro volte a cenare all ' osteria con i carrettieri , ed anche le altre sere , quando non è alla villa o non esce per i suoi malati , va a bere la genziana , e ne beve ( mi vergogno ) più di un bicchierino di certo . Allora poi ! Mio signor curato , mio buon Don Giuseppe , mi aiuti : io ci perdo la testa e ci muoio . A mio padre , alla mamma non posso dir nulla ; ella , Don Giuseppe , è la sola persona sulla terra che mi sappia compatire e soccorrere . E divento anche cattiva . M ' affatico a stargli intorno con le carezze , con le dolcezze ; mi respinge , ed io torno più mansueta che mai ; ma qualche volta non posso ; sento nascermi dentro come uno spirito fiero di ribellione , nuovissimo , incomprensibile , e ch ' è pure tanto contrario alla pieghevolezza della mia natura . Provo una sensazione che non aveva provata mai : un ' agrezza , un ' amarezza profonda . Oramai conosco il sapore del fiele . Comprendo tante cose di cui prima non capiva nulla : un mondo brutto mi si apre dinanzi . Mi sono guardata bene nello specchio . Sì , sono magra ; sì , sono pallida ; ma i miei occhi mi paiono neri e grandi , la mia fronte , la mia bocca , tutti i miei lineamenti sono regolari , e il mio corpo non è poi uno scheletro . Non ostante , al mio marito di tre mesi , al mio sposo non piaccio più . Cita le bellezze tonde della baronessa . Le ho viste io quelle sfacciate bellezze : è passata tre volte sotto le mie finestre , seguìta da corteggiatori e da servi , sulla sua mula bianca . Le ho piantato gli occhi in faccia e la ho studiata bene : sulle guance ha il rossetto , sulle labbra la polvere di corallo , e le sue magnifiche sopracciglia sono tracciate col pennello . Falsa al di fuori come dev ' essere bugiarda al di dentro . E mi ha rubata la stima , mi ha rubata l ' affezione di Amilcare ! Ora , un ' ultima parola , signor curato . Amilcare vuole che io vada a visitar la sua ganza . Ho detto di no , ed egli insiste , ed io , caschi il mondo , non voglio . Ho ragione ? Ho torto ? Don Giuseppe , mi pigli per la mano . Ella che vede le cose di questo mondo dall ' altezza della sua santa pace ; m ' insegni a uscire dalle bassezze di questi miei nuovi sospetti e dalle viltà di queste mie nuove angoscie . In un mese come è mutata La sua disgraziatissima CARLINA » . Il prete aveva letto la lettera attentamente , sospirando in principio , fremendo alla fine . - Povera santa ! - esclamò ; e scrisse questo polizzino con la sua scrittura larga e affrettata : « Verrò domani . Discorreremo , e vedrà che i suoi dubbii non sono giusti . Pazienza , indulgenza , dolcezza : ecco i rimedii . Preghi la Santissima Vergine Maria , che conosce le debolezze e le ambascie dei mortali . A rivederci domani » . Menico aveva annunziato da un po ' di tempo , che una donna , la Pina del Rosso , ed il vecchio padre di lei chiedevano di parlare al reverendo signor curato . Entrarono con gli occhi pieni di lagrime ; e la donna , singhiozzando , raccontò che il suo marito voleva vendere le giovenche , tutte , una ventina , l ' unica loro ricchezza , per impiegare il denaro nella impresa delle ferriere : - Deve condurre le bestie doman l ' altro al mercato di Malè , e ci andranno con le loro mandre altri cinque o sei di questi indemoniati . Daranno via il bestiame per niente : e poi a tali imprese , che il diavolo se le porti , io non ci credo . Sono trufferie ; lo dice anche mio padre , che sa il vivere del mondo - . E il povero vecchio mezzo paralitico accennava di sì , crollando mestamente il capo . - Non glielo avessi mai detto al mio uomo ! S ' è infuriato , mi ha picchiata ; veda queste lividure - e mostrava le spalle maculate . - Ma io insisteva , e lui giù botte da orbo . Non ho potuto rimuoverlo di un ette . Ci salvi lei , signor curato ; scriva a Trento , scriva all ' imperatore ; impedisca la distruzione del villaggio , per carità . Il prete s ' era alzato e , ascoltando la donna , camminava su e giù per la stanza , in preda ad un ' agitazione vivissima . Ripeteva : - Infami - . Poi disse ad alta voce : Parlerò al Capocomune , m ' intenderò con lui , e qualcosa , se Dio ci aiuta , riusciremo a fare . - Il Capocomune ! Un bel soccorso ! - ripigliò la donna . - È lui che ha fatto impazzir la gente ; è lui che suggerisce a tutti di barattare il bestiame , il quale dà tanti pensieri , come dice , e così poco profitto , con quei fogli di carta che fruttano del bell ' oro solo a guardarli . L ' ho sentito io con le mie orecchie , signor curato . Povero il nostro armento ! E poi ( la ho da dire ? ) a quelli che rispondevano che Don Giuseppe non crede a così fatti miracoli , il Capocomune replicava : « Ah sì ! Quel ... ( la taccio per rispetto ) quel ... lo caccieremo via , e presto . È ora di finirla con quel ... Non vede più là del naso e pretende d ' insegnare alla gente » . Poi , sottovoce , aggiungeva : « Sappiate che durerà poco , una settimana al più ; lo so io , e basta » . Il prete continuava a camminare , invaso dall ' ira : - Ebbene , andrò domani dal capitano a Malè , chiamerò il signor giudice , farò processare tutta questa canaglia - . Ma Menico , dalla soglia della camera , diceva : - Signor curato , sono quasi le dieci : venga a vestirsi per la messa - . Dovette avvicinarsi al padrone e ripeterglielo più volte , tanto il prete era fuori di sé . Don Giuseppe cercò di ricomporsi un poco , salutò la donna e il vecchio contadino , uscì dalla canonica e , traversando il sagrato , entrò dalla porticina esterna in sagrestia , intanto che il ragazzotto uccisore dell ' orsa suonava a distesa l ' ultima chiamata . Mentre Menico s ' affaccendava nell ' aiutare il padrone a vestirsi , questi premeva violentemente il petto con la mano lì dove il cuore pulsa , come se avesse voluto impedirgli di battere , e bisbigliava le preci . Mosse all ' altare con gli occhi a terra , senza veder nessuno ; s ' inchinò dinanzi ai gradini , poi andò a baciare la tavola consacrata ; e nello stesso tempo ch ' egli pronunciava le parole rituali faceva nell ' interno queste giaculatorie : - Io sono indegno di avvicinarmi all ' ara dove stanno le reliquie dei Santi ; io sono indegno di essere ammesso al divin desco dove s ' imbandisce il Santo dei Santi . Fate , oh Signore , ch ' io non vi porga un bacio simile a quello di Giuda . Ah , Signore , salvatemi da tanta nefandità purificando il mio spirito ... Oramus te Domine ... Kyrie eleison ... Oh , dolce Signore , quanti beni avete dato agli uomini , e come questi vi restituiscono il male . Eccovi in faccia il più ingrato , il più colpevole di tutti . Perdonatemi , Signore ; compatite alla mia miseria ; abbiate pietà di me ... Gloria in excelsis Deo ... Il prete , sempre con gli occhi a terra , si voltò verso il popolo ; e mentre con la bocca leggeva l ' Epistola dalla parte destra dell ' altare , mormorava dentro : - Agnello senza colpa , che avete voluto essere calunniato , deriso , offeso per compiere gli oracoli della Scrittura , fate ch ' io possa imitare la vostra innocenza negli atti e la vostra pazienza nelle afflizioni - . Tornò alla sinistra e cominciò la lettura del Vangelo : - Munda cor meum ... Verbo grazioso nella dolcezza e nell ' umiltà , fate che la dolcezza e l ' umiltà non abbandonino mai il mio cuore ... Credo in unum Deum ... Il prete scopre il calice , lo ricopre , si purifica le mani a lato dell ' altare , mostra il volto a ' credenti , e , sempre con lo sguardo basso , dice : - Orates frates - . Alza poi l ' ostia , come immagine di Gesù alzato sulla croce , e , consacrato il vino , solleva il calice . - Oh sangue prezioso , sgorga insino a me quale nuovo battesimo . Oh se potessi versare il mio sangue tutto per te , il mio sangue fino all ' ultima stilla ... per omnia saecula ... Il prete spezza in due parti l ' ostia santa , a similitudine dell ' anima di Gesù che si stacca dal corpo ; mette una parte dell ' ostia nel calice e la consuma picchiandosi il petto : - Domine non sum dignus ... - Indi riceve il sangue prezioso nel calice , e , dopo essersi comunicato , procede alle abluzioni : - Dominus vobiscum ... Nella ineffabile gioia di vedervi salire al cielo , oh Salvatore del mondo , sento la contentezza di possedervi ancora qui in terra ; la mia fede vi adora sul trono del vostro amore nell ' Eucarestia , in quello stesso modo che vi adora sul trono della vostra gloria in Paradiso ... Nel dire : - Ite Missa est - il sacerdote alzò gli occhi e vide dinanzi alla folla , seduta nella prima linea di panche , Olimpia , la baronessa , accanto al maestrino di pianoforte . Il collo di neve ed il principio del seno candido , spiccavano nella mezza oscurità del tempio . Ella sorrideva colle sue labbra tumide e rosse , fissando gli occhi negli occhi di Don Giuseppe , lasciva e sfacciata . Il prete sentì un velo calargli sulle palpebre ; non ci vide più ; traballò ; il sangue gli corse tutto al cuore . Un istante dopo gli corse tutto al cervello , e allora non poté più frenarsi , e cominciò sui gradini stessi dell ' altare , con la voce tonante , con il gesto del Cristo nel Giudizio di Michelangelo , una predica furibonda . - Via dalla casa del Signore i perversi e gli ipocriti . Fuori i profanatori dal tempio . Voglio impugnare lo scudiscio di Gesù per cacciare lontano questi corruttori delle anime , questi ingannatori delle coscienze , questi avidi succhiatori del danaro del povero . E voi , gente illusa , non vedete , orbi che siete , quale precipizio vi si apre sotto ai piedi ? Rovinate il paese , gettate nella miseria i vostri figliuoli , la vostra moglie , i vostri vecchi per correre dietro all ' inganno . Aprite gli occhi , figliuoli . Credete a me , che da dieci anni sono con tutto il cuore vostro padre e fratello , credete a me , che piuttosto di lasciare questa cara montagna morirei cento volte . Ed io vi scongiuro , come pregavo momenti fa il Signore , padrone di tutte quante le cose : ravvedetevi , tornare ai vostri costumi onesti e semplici , alla cura dei vostri armenti , all ' amore di chi vi ama davvero . Avrete la pace in terra , e la gioia in cielo . Rammentatevi i comandamenti di Dio . Nel sesto i Canoni penitenziali gridano anatema contro la femmina che si imbelletta per piacere agli uomini ; nel settimo e nel nono gridano anatema contro colui che ruba con la violenza , con la frode , o con le false lusinghe . Fuggite i peccatori . Dio v ' aiuti e vi ispiri . 5 Il prete , poiché si fu sfogato , rientrò nella sua camera livido in volto , salvo due cerchi rosei nel mezzo delle gote , con la gola arsa , con il petto divorato da fiamme interne , tossendo , sputando nel fazzoletto larghe chiazze di sangue , ma abbastanza calmo , mentre al di fuori invece la tempesta s ' andava addensando contro di lui . In chiesa , nell ' udire la voce terribile rintronar sotto le vòlte , nessuno aveva ardito di fiatare ; ma poi , finita la predica , uscendo all ' aperto , fu un bisbiglio , un interrogarsi , un esclamare , uno scandalizzarsi quasi generale . Chi non aveva bene afferrato il senso delle parole se le faceva spiegar dal compagno . La baronessa era sparita ; il Capocomune era corso a dar l ' ordine che sellassero il mulo , intendendo volare a Trento per ottenere , diceva , che i pazzi furiosi venissero finalmente mandati al manicomio . Il dì seguente , appena giorno , non ostante la febbre , il curato scese a piedi nella valle , e poi da Cogo , montato sopra una carretta di contadini , andò a Malè per vedere il Capitano , il quale , ascoltate le parole del prete con qualche impazienza , gli disse che le sue proprie informazioni risultavano differenti ; non c ' erano pericoli ; non c ' era un perché di pigliarsela tanto calda ; queste cose , del resto , riguardare l ' autorità civile , non l ' ecclesiastica ; stesse quieto dunque e tornasse a casa . Nel ritorno il prete , avvilito , sfinito , si fermò dalla signora Carlina , che era sola . Si rammentò della lettera ricevuta il dì innanzi , e principiò con savie ragioni a tentare di confortarla ; ma , mentre parlava , le lagrime gli rigavano le guance , ed ansava . La buona giovane con bel garbo lo fece tacere , lo sforzò dolcemente a pigliare un poco di brodo , un mezzo bicchier di vino e due bocconcini di una certa torta ch ' ella aveva preparata con le sue bianche mani . Il prete si calmò ; ascoltava la voce tranquilla , soave della poverina , la quale aveva dimenticato i suoi proprii dolori per alleviare quelli del suo caro curato . Non voleva lasciarlo andare , lo pregava a mani giunte che non si rimettesse in cammino ; ma il prete , sospirando , ripeteva : - Compirò il mio dovere . Nell ' uscire da quella casa si sentì più robusto , più leggero e più puro . Prima di avviarsi all ' erta della sua montagna volle tornare indietro una ventina di passi per inginocchiarsi ad una cappelletta . Un lumino rischiarava l ' immagine della Santa , la quale , certo , non era stata dipinta né dal Beato Angelico , né da Raffaello da Urbino . I capelli , fatti a linee ondulate mezze giallognole e mezze rossigne , le cadevano sulle spalle , ed erano circondati da una grande aureola a raggi , simile alle ruote di un carro ; aveva le guance porporine ; aveva la bocca a forma di sgraffa orizzontale d ' un bel colore vermiglio ; e le sopracciglia dovevano essere state tracciate con le seste , prendendo a centro le pupille azzurre , tanto il loro semicerchio appariva netto e preciso . Ma quando il prete , nel fervore della sua orazione , alzò gli occhi a quella figura , gli parve che fosse uno scherzo del diavolo . Credé di vedere un ' atroce caricatura di Olimpia , e subito sentì il cuore martellargli orribilmente , e si alzò disperato . Mille idee ribollivano nel suo cervello ; ma ce n ' era una piccola , la quale si metteva innanzi a ogni tratto , ed era questa : - La donna infame ha sì o no le labbra , le gote e le sopracciglia dipinte ? La signora Carlina aveva visto bene , o l ' innocente gelosia le aveva forse offuscato il giudizio ? - E al sospetto che fossero finzioni , il prete sentiva un certo vago rammarico . Poi si vergognava di quegli indegni pensieri , s ' affaticava a ritrovare il filo della preghiera interrotta ; ma quanto più raccoglieva le sue forze per cacciar via l ' immagine della donna oscena , tanto più quell ' immagine viva , imperiosa , seducente , supremamemte bella , gli si piantava ostinatamente in faccia . Il dì seguente alle cinque del mattino il curato stava seduto nel confessionario ad ascoltare e a perdonare i peccati monotoni delle paesane . Era il dì di San Rocco , e le donne timorate , prima di unirsi con la candela alla processione , che , verso le quattro della sera , doveva avere luogo tra la chiesa del villaggio e l ' oratorio del Santo , volevano mettere la coscienza in pace . Ad ogni assoluzione il prete ripeteva dentro di sé , compunto e devoto , i versetti del cinquantesimo Salmo , e , per vincere la stanchezza e la noia , riandava nella memoria i capitali precetti sul ben confessare , massime quelli dati da sant ' Alfonso dei Liguori , il quale insegnò a rimanere sempre nel giusto mezzo , non declinando neque ad dexteram rigorismi , neque ad sinistram laxitatis . Una ventina di penitenti aveva già ricevuto l ' Ego te absolvo quando il prete sentì un olezzo come di viole , soavissimo , e vide dai bucherelli della fitta grata un ' ombra tutta nera . In quell ' incavo buio del confessionario non si potevano scorgere i lineamenti del volto , ch ' erano , per di più , ricoperti di un velo nero a ricami . Il sacerdote principiò in tono pieno di benevolenza : - Ringraziamo il Signore , figliuola mia , che vi ha condotta quest ' oggi al tribunale della penitenza . Non temete : io non sono altro che il vicario del suo amore , vicarius amoris Christi . Dio vuole consolarvi : fate dunque cuore ; io vi aiuterò . Qualunque cosa vi sia succeduta , col soccorso divino rimedieremo a tutto . Dite dunque con santa confidenza . - Padre , sono io . Il prete scattò e fece per uscire dal confessionario ; ma poi , credendo che fosse una tentazione del demonio , strinse la croce che gli pendeva dal collo e mormorò una preghiera . - Padre , sono io , - ripeteva la voce dell ' ombra nera , - e voglio che mi ascoltiate . Il prete rimase a sedere , pensando che non è lecito respingere un penitente , e balbettò , mentre grosse stille di sudore gli gocciolavano dalla fronte : - Siete pentita ? Propriamente pentita ? Sapete che cosa è la contrizione ? È l ' odio del peccato commesso con la ferma volontà di emendarsi . - Don Giuseppe , vengo a salvarvi . - Si tratta di me soltanto ? - Di voi solo . - Allora questo non è il luogo . Scrivetemi . - Non posso . Quel che vi dirò deve rimanere segreto . - Sotto suggello di confessione ? - Sotto suggello di confessione . - Vi avverto allora che non dovete pronunciare nomi di colpevoli o complici : i Concilii hanno riprovato formalmente queste delazioni . - Dirò una cosa ; tacerò i nomi . Don Giuseppe , siete un ostacolo ; vogliono torvi di mezzo . - Lotterò . - Don Giuseppe , vogliono farvi morire . - Mi difenderò . - Vi avveleneranno domani . Badate all ' ampolla del vino . Chiudete la sagrestia ; mutate il vino ; spezzate l ' ampolla : salvatevi . Addio - . E l ' ombra nera scomparve dalla chiesa , mentre il sole cominciava a indorare la cima del campanile . Il curato ripigliò le sue confessioni con la stessa pazienza , con la identica dolcezza di prima . Tutto il giorno fu affaccendato nella processione , nelle visite dei preti della valle , ai quali dovette offrire del vino , quello ben leggiero e acidetto che aveva , ed in molti altri uffici ed impicci . Diede le disposizioni per la cerimonia della mattina seguente , giacché la immagine di San Rocco , ch ' era stata solennemente portata dall ' oratorio alla chiesa del villaggio , doveva venire di nuovo riportata al suo luogo , e , salutato Menico , si rinchiuse alla fine nella propria camera più morto che vivo , benché la febbre fosse diminuita e la tosse gli avesse lasciato un po ' di tregua . Subito dopo la rivelazione di Olimpia il prete era diventato un altr ' uomo . Le incertezze , le angoscie , il malcontento di sé , le lotte basse , che doveva combattere contro la propria immaginazione , la guerra spietata , che doveva muovere a ' propri sensi , il dubbio di essere già caduto , per causa delle sue debolezze , in qualche grave peccato : tutto ciò lo aveva incurvato della persona e prostrato di spirito . Si era tosto raddrizzato e animato ; aveva tosto assunto un ' aria lieta , quasi baldanzosa . - Morirò - ripeteva - morirò sull ' altare . Uscirò da questo sozzo involucro di carne ; diventerò puro spirito . Non più contrasti , non più rimorsi , la quiete dell ' eternità . Ma , durante il giorno , gli erano nati degli scrupoli . Poteva egli bere senz ' altro ? Non aveva egli l ' obbligo di serbarsi alle miserie mortali per amor del prossimo ? Il segreto della confessione doveva spingersi fino a danneggiare se stesso , quando il salvarsi non poteva creare sospetti verso nessuno ? Cercò nelle decisioni dei Concilii , nel Rituale romano ; guardò il Tractatus de Sacramento Poenitentiae ; consultò gli scritti del cardinale di Lugo , del Coninck sulla Confessione ; esaminò le opere di san Tommaso . In nessun luogo all ' inviolabilità del sigillo erano ammesse eccezioni . Il prete anzi , con sommo sconforto , rinvenne un caso identico al suo , quello del beato padre del Buffalo , fondatore dei Missionarii del Prezioso Sangue , il quale , avvertito che il vino delle ampolle era avvelenato , andò ugualmente a celebrare la messa , si servì di quelle ampolle , di quel vino e morì . Bisogna , in una parola , che il sacerdote ignori , anche per sé , a qualunque costo , sempre , ciò che ha udito nel confessionario . Messo bene in sodo questo punto essenziale , e ringraziato con caldissima effusione il Cristo dell ' inginocchiatoio , il curato si pose a letto , dove trovò , dopo tante tempeste , un sonno lungo e placido . Menico dovette scuotere più volte il corpo delicato del prete prima che questi riescisse a destarsi bene . Buon pro le faccia , signor curato , - disse il vecchio bisbetico . - È ora di alzarsi . Non sente che suonano per la messa ? - Vengo , vengo , buon Menico - . E in venti minuti era già parato in sagrestia , e ripeteva , beato , il Veni Creator . Entrò in chiesa come se entrasse in Paradiso ; aveva gli occhi esultanti ; il suo incesso non era mai stato così maestoso ; la sua persona non era mai stata così superba ; sembrava ch ' egli , raggiando , salisse i gradini del trono di Dio . Introibo ad altare ... Introibo ad altare ... e Menico , che doveva risponder messa , non capitava . Finalmente entrò dalla porticina della sagrestia , recando sul piccolo vassoio le due ampolle di vetro , e s ' affrettò verso l ' altare . Ma , mentre passava , un ' ombra vestita di nero , col velo che le copriva la faccia , s ' alzò , e come se volesse precipitosamente uscire di chiesa , diede di cozzo al vecchietto piccolo , sicché vassoio e ampolle andarono per terra . Si sentì un gran fracasso , e le ampolle si ruppero in cento pezzi . Il vino e l ' acqua formarono due rigagnoletti . Non si può dire la confusione che ne nacque . Chi è stato , chi non è stato ? Una donna . È fuggita . L ' ha fatto apposta ? E quello sciocco di Menico ! Ora come si farà ? Non si dirà più la messa . Bisognerà riconsacrare la chiesa . È una minaccia del cielo . - Andate a pigliare le boccette nell ' oratorio di San Rocco . Questo consiglio fu immediatamente seguito , e , dopo un quarto d ' ora , la messa poté ricominciare . Dopo la messa ebbe luogo la processione , con i relativi stendardi , le solite bambine vestite da angioletti , i soliti incappati di rosso e di verde , ed i consueti brontolii . La statua di San Rocco , in legno colorito , con il suo cappellone a larghe tese , la conchiglia del pellegrino e la mano che mostra le piaghe della gamba , fu rimessa nella nicchia dell ' oratorio , e la cerimonia ebbe fine . Il curato aveva estremo bisogno di rimanere solo . Entrando nella canonica , vide in piedi vicino alla finestra dell ' andito due persone , che lo dovevano certo aspettare . Erano il Capocomune ed un ecclesiastico , appena giunti da Trento . Li pregò di mettersi a sedere ; ma l ' ecclesiastico , in attitudine umile e compunta , porse al curato una grande lettera , suggellata con le armi di Monsignor Vescovo . Il curato , lette le prime righe , impallidì e chiese licenza di ritirarsi per un momento nella sua camera . Appoggiò al muro le spalle e continuò a leggere , poi cadde sulle ginocchia di contro al Cristo sanguinoso e pregò alcuni minuti . La lettera sospendeva il prete dalle sue funzioni di curato , gli ordinava di consegnare immediatamente la chiesa con tutti gli oggetti sacri , e la canonica con tutto ciò che non fosse di proprietà sua personale , all ' ecclesiastico esibitore del foglio , d ' accordo , per ciò che potesse riferirsi alla potestà civile , con il signor Capocomune . Quanto alle ragioni di una ordinanza tanto severa era detto poco . Si citava questo precetto : Parochus debet , in quantum potest , cum debita prudentia scandala de medio tollere ; ora , non solamente il curato aveva mancato di prudenza nel cercare di togliere via gli scandali , ma ne aveva fatto nascere di nuovi e gravissimi , senza volersi fermare alla sua condotta sospetta , o per lo meno incauta anche rispetto alla morale . Perduta oramai ogni autorità nella parrocchia , doveva lasciar ad altri il suo ufficio . - Firmato : GIOVANNI Vescovo . L ' ordine era perentorio ; bisognava ubbidire . Chiamò Menico , pregandolo di fare senza indugio un involto della sua poca biancheria , della veste talare , di un paio di scarpe , di tre o quattro volumi teologici : nient ' altro . Si mise in tasca i ritratti in dagherrotipo del padre e della madre defunti , ed uscì nell ' andito , dicendo : - Sono pronto . Principiamo , se credono , dalla sagrestia . L ' ecclesiastico così subito non voleva ; facesse il comodo suo ; v ' era tempo ; desiderava anzi mostrargli la propria costernazione ; bramava che si sapesse come non avrebbe accettato senza il vincolo della santa ubbidienza . Don Giuseppe insistette , e si principiò la consegna oggetto per oggetto . La faccenda non avrebbe dovuto riuscire lunga , tanto la chiesa era povera e l ' armadio della sagrestia piccolo ; ma il nuovo curato voleva esaminare tutto appuntino , e con voce untuosa , con accento mellifluo notava : - O Dio , com ' è sudicio ! Santa Vergine Maria , com ' è stracciato ! Ne manca un pezzo ! V ' è una macchia d ' olio ! Che pitoccheria ! Che indecenza ! - Vi fu un istante in cui Don Giuseppe guardò nel viso il pretino soave , poi disse con la frase rotta e rapida dell ' impazienza : - Reverendo , la parrocchia è tanto misera ! Ho dato per la chiesa tutto quel poco che avevo , tutto fino all ' ultimo centesimo : non ho saputo far meglio . Compatisca - . L ' altro diventò ancora più zuccherino e ostinato . Nominava in latino gli oggetti e li esaminava uno ad uno meticolosamente : Purificatorium lineum ... è tutto sfilacciato ! Mappa triplex ex lino vel cannabe confecta ... vi sono due buchi , anzi tre , anzi quattro ! Calix et patena ... di ottone , e quante ammaccature ! Missale cum puvillo ... non c ' è un foglio che abbia l ' angolo intiero ! Paramenta albi , rubri , viridis , violacei et nigri coloris ... oh che colori sbiaditi , non si distinguono più l ' uno dall ' altro ! Bursa , velum , manutergium ... roba da buttar via ! Ampullae vitreae ... - Le ampolle non c ' erano ; e qui la faccia del novello pastore assunse una espressione tra lo scandalizzato , il disgustato e il pietoso , chinando il capo a sinistra e giugnendo le mani all ' altezza della bocca . Nella canonica Don Giuseppe disse : - Lascio tutto , eccetto , se permettono , questo fardello - , e mostrava la roba che c ' era dentro . Continuò lesto , come se le parole gli bruciassero le labbra : - Prego il signor Capocomune di accettare in mia memoria questo fucile da caccia ; prego il reverendo signor curato di distribuire ai poveri del paese un poco di danaro , a giudizio suo , in compenso di questi mobili , di tutti questi oggetti , che sono mia proprietà e che abbandono alla canonica - . L ' ecclesiastico , grave e contegnoso , dopo avere ben guardato in ogni angolo della stanza , assentì col capo . La voce di Don Giuseppe ripigliò fioca , strozzata dal dolore : - Mi faccia poi una grazia , reverendo : ai miei ... scusi , ai suoi buoni parrocchiani rechi l ' ultimo addio del povero pastore senza gregge . Li ho tanto amati , e devo partire , dopo dieci anni , senza salutarli con una sola parola d ' affetto , e nell ' andarmene sento l ' anima straziata ed il corpo disfatto , e mi restano pochi giorni di vita , ma in questi pochi giorni pregherò per essi come il padre prega per i suoi cari figliuoli - . Le lagrime spuntarono negli occhi di quel disgraziato . Dalla via che conduce tosto fuori del paese , il prete , in compagnia di Menico , s ' avviò rapido giù per la china ; ma , dopo un centinaio di passi , si fermò come avesse scordato una cosa di suprema importanza . Stette un poco a pensare , poi , dandosi coraggio , tornò indietro e bussò alla canonica . Quando il nuovo curato se lo vide ancora davanti , non poté trattenere un moto di dispetto ; e Don Giuseppe , confuso , pauroso , bisbigliò : - Perdoni , reverendo ; un minuto solo ; abbia pietà del misero prete , ch ' ella non vedrà mai più . Il suo cuore sia generoso , senta , non s ' adiri , mi faccia un dono , il più gran dono ch ' io possa ricevere in questo mondo - . L ' altro aveva negli occhi l ' impazienza , lo sprezzo , l ' avarizia , ma sulle labbra il suo perpetuo sorriso . Don Giuseppe continuò , sempre dalla porta , timidamente , umilmente , al modo di uno che implori l ' elemosina : - Nella camera v ' è un Cristo in croce , il solo conforto mio , e lo ho pregato sempre , e sempre mi ha aiutato , e sempre mi ha salvato dalle tentazioni della carne . Senza quel Cristo non potrei più vivere , né morire . Reverendo , abbia compassione di me , mi regali quel Cristo . Il nuovo curato si avvicinò all ' inginocchiatoio e guardò la figura : l ' intaglio era grossolano , la dipintura goffa , con il rosso grumoso del sangue , che sprizzava dalla fronte incoronata di spine e sgorgava dalle ampie ferite del costato ; e le membra da cadavere si contorcevano tutte ; e la lunga e magra e livida faccia metteva disgusto e terrore . Il degno sacerdote staccò dalla parete il Cristo e lo porse a Don Giuseppe , dicendo : - L ' immagine del Figliuolo di Dio mi piace più benigna e più bella . La religione non dev ' essere uno spauracchio da bimbi e da perversi ; e le anime dolci , come la mia , anelano la dolcezza . Prenda e vada con Dio . Menico aspettava fuori del villaggio , tenendo in mano il fardello , e insistette per portare anche il Cristo , ma Don Giuseppe non volle . Le aveva involto in uno straccio di tela verde , ma lo teneva sotto l ' ascella cautamente , come fosse stato di vetro ; era in fatti di legno tanto tarlato e di pezzi così male incollati insieme che certo , cadendo in terra , non sarebbe rimasto intiero . Padrone e servo si guardavano sovente , senza pronunciare una sillaba . Cominciava a imbrunire e la strada era deserta . Il prete sentiva una spossatezza simile a quella che segue le grandi febbri , e aveva la fronte bagnata di sudore ; si mise a sedere sopra un sasso , quasi in terra , nascondendo la faccia nelle palme delle scarne mani e posando i gomiti sulle ginocchia ; pianse ; poi , rialzando la testa e guardando Menico , disse : - Eppure , Menico , io non sono colpevole . Non ho fatto , ch ' io sappia , niente di male . Ho resistito al demonio ; l ' ho vinto . Ho amato i miei parrocchiani . - E tornò a nascondere il volto ed a piangere . Menico si fece coraggio , e chiese finalmente quel che voleva domandare da un pezzo : - Signor padrone , dove intende di andare ? - Fino a Cogo , per questa sera . - Ma poi ? - Non lo so . - E allora ? - Mi affido alla Provvidenza . - La Provvidenza , va bene ; ma , scusi , signor padrone , ha danari in tasca ? - No . - Già non ne poteva avere . Li consegnava tutti a me , che facevo le spese . Ma se non me ne ricordavo io ... - e porse al padrone un vecchio portamonete , soggiungendo : - Vi sono cento lire . - Cento lire , in che modo ? Io non posso averti consegnato tanto . - Sì , signor padrone . - Dimmi la verità . - Ebbene , c ' è dentro qualche cosa de ' miei risparmi . - Tutti , rispondi il vero . E vuoi restare senza nulla ? - Ho bisogno di poco . - Sei un cuor d ' oro ; ma non voglio . Accetterò venti lire . - Sessanta per lo meno . - No , venti . - Eccone venti sole , - e Menico diceva una bugia . Ne aveva lasciate sessanta . - Ora va , Menico ; è vicina la notte ; pare che voglia far temporale ; dammi il fardello e torna al villaggio . Il vecchietto non voleva a nessun patto ; intendeva scendere almeno sino a Cogo e passarvi la notte : il dì seguente il cielo avrebbe provvisto . Ma in realtà Menico , già stracco motto , camminava zoppicando e inciampando in tutti i sassi della via , sicché per forza si dovette fermare . Allora il prete , dando un bacio sulla fronte al vecchio che piangeva , gli disse addio . Nemmeno il cane da caccia , il quale aveva seguito il suo padrone saltellandogli intorno , voleva tornare indietro ; e Don Giuseppe , mentre lo accarezzava , esaminò nella propria coscienza se gli fosse lecito d ' ora in poi ricevere un qualche conforto dal gaio affetto della bestia fedele , ma concluse dentro di sé vergognandosi del desiderio profano e mormorando : - Per me la terra non deve più avere nessuna consolazione - . Il cane , legato ad una funicella e tirato da Menico , si contentò di rifare con la coda fra le gambe il cammino alle calcagna del vecchio , il quale andava a passi di lumaca ; e la bestia , inquieta , insospettita , mandava degli ululati lunghi , strazianti , che si diffondevano come voci di triste presagio nel silenzio delle montagne . Quando il prete non poté più vederlo , Menico si sdraiò sull ' erba , brontolando : - Gliel ' ho fatta . Egli crede che io ritorni al villaggio ; invece mi riposo un ' oretta , e poi scendo a Cogo a raggiungerlo , e sarà bravo chi mi potrà staccare da lui - . Di tratto in tratto ripeteva : - O che caso , o che brutto caso ! 6 Il prete restò solo . La via piegava in quel luogo , entrando a ghirigoro in un ' altra vallata stretta , dalla quale non si poteva più scorgere il villaggio alpino . Don Giuseppe si voltò per guardare la sua chiesa , il suo monte , e fissare gli occhi ancora una volta sui ghiacciai della cima , che staccavano biancastri sulle nubi nella luce d ' un crepuscolo grigio e monotono . Il pover ' uomo non tossiva , non sentiva nessun bruciore nel petto , non aveva quella febbriciattola e quelle subitanee accensioni da cui era tormentato quasi continuamente : ringraziò il cielo , che gli dava un ' ora di salute il giorno in cui gli aveva tolto ogni altra cosa mortale . Solo provava uno sfinimento di tutte le membra , il quale non era privo di una certa dolcezza , e metteva l ' animo in uno stato di vaga e come sognante ebrietà . Passando dal paesello di Ledizzo , alzò gli occhi alle finestre della casa dove abitava la signora Carlina . Ella che guardava appunto nella via , aspettando il dottore , vide negli ultimi bagliori della sera camminare lentamente il suo buon Don Giuseppe , e lo salutò , e tutta allegra lo pregò di salire . Al prete infelice la voce purissima di quella ingenua creatura parve scendesse dalle alture del cielo . - È l ' angelo buono - mormorò , e questo pensiero gli richiamò nella fantasia con la rapidità del fulmine l ' angelo cattivo , il demonio terribilmente bello : allora , scoperto dal drappo verde sdruscito il volto sanguinoso del Cristo che teneva sotto l ' ascella , gli impresse un bacio disperato , come se invocasse da quel legno la propria salvezza . Ma la signora Carlina insisteva : - Venga su , venga , signor curato ; ho tante cose da dirle - . Il prete non rispose , e tirò di lungo ; ma , dopo venti passi , mentre stava di fianco alla cappelletta , ove s ' era fermato due giorni addietro , non potendo più reggersi sulle gambe , sentendosi vacillare e mancare , vi entrò . Al chiarore incerto del lumino , l ' immagine goffa della santa gli tornò a sembrare il ritratto infernale di Olimpia . Trascorse una mezz ' ora . La signora Carlina , che aveva visto il prete entrare nella cappella , dalla quale si spandeva in un breve spazio di via un fioco barlume , non vedendolo uscire , impensierita cominciando a insospettirsi di qualcosa , scese con la fantesca e andò ella stessa a vedere . Don Giuseppe , accasciato in un angolo , non dava segno di vita : le braccia penzoloni , il capo reclinato all ' indietro , gli occhi spenti , la bocca da morto . Fu chiesto aiuto , e il corpo del povero prete venne sollevato , portato piano piano alla casa del dottore e adagiato sul letto nella camera della signora Carlina , la quale aveva mandato a chiamare in gran furia il marito lì dove poteva essere a quell ' ora , dalla baronessa , nelle osterie . Ella con dita leggiere , trattenendo il respiro , slacciò il goletto del prete , gli sbottonò la sottoveste , e pose la mano sinistra sul petto nudo , spiando le pulsazioni . Le parve di sentire che il cuore battesse ; allora , buttatasi con le ginocchia a terra , ripeté più volte : - Il mio buon Don Giuseppe , oh Dio di misericordia , salvatemi il mio buon Don Giuseppe ! - Poi tornava subito a sentire se proprio il cuore batteva . Il prete mandò un sospiro così lieve che non avrebbe mosso la fiamma di un cerino ; ma la giovine donna che se n ' accorse e sulle labbra della quale spuntava il bel sorriso della speranza , avvicinò una guancia alle labbra livide dell ' infermo per accertarsi se ne uscisse davvero un poco di fiato . L ' infermo respirava , e aprì gli occhi trasognati , ma le membra restarono irrigidite . La prima cosa ch ' egli domandò e che la signora Carlina comprese più dal moto della bocca che non dal suono della parola , fu questa : - Il mio Cristo , il mio Crocifisso - . Lo avevano trovato infatti , adagiato accuratamente sopra il fardello nell ' oratorio , e lo avevano recato in camera . La signora Carlina , alzandosi in punta di piedi , mise la estremità del braccio inferiore della croce sul cassettone e appoggiò il Cristo alla parete , dritto , in faccia alla testiera del letto , sicché il prete , senza muovere il capo , lo potesse guardare . La croce spiccava negra sulla tinta chiara e tersa del muro , in mezzo a due litografie colorate , chiuse tra filetti d ' oro , l ' una delle quali figurava Paolo e Virginia al guado , l ' altra la morte della fanciulla e l ' amante che se ne dispera . Il Cristo sanguinoso e sconquassato sembrava più terribile che mai nella pulitezza linda e leggiadra della camera , dove non c ' era una macchia od un granello di polvere : le tende di bucato a bei fiorami inamidate , i parati del letto bianchi a disegni di rilievo e a merletti usciti dalle dita sapienti della padrona di casa , e ricami a lane di ogni colore sulle poltrone e sulle seggiole , e fiocchi e nappe e passamani condotti da lei pensando , sognando un paradiso ingenuo , modesto , virtuoso , nel quale vagava da un po ' di tempo questo desiderio indistinto , che il suo Amilcare somigliasse al suo buon Don Giuseppe . Don Giuseppe , che non fissava più il Cristo , aveva mutato faccia : sembrava spaventato e nello stesso tempo attratto da una visione ; sbarrava gli occhi verso il soffitto per vedere meglio , e apriva la bocca sporgendo le labbra come per aspirare qualcosa . Bisbigliava con la voce esile , ma ora piena di terrori , ora piena di esaltamenti : - Vade retro , Satana . Lucifero . Bella , bionda e infame , la tua mano è una tenaglia rovente . Nascondi il piede ed il seno . Taci ... Don Giuseppe il tuo amore , voglio il tuo amore ; sono la tua schiava ; un bacio ... Indietro , Lucifero . No , vieni , vieni , tentatrice , in mezzo alle fiamme ; ti abbraccio . Dammi le labbra , lasciamele succhiare ; voglio vedere se le hai colorite di rosso . Guardami con i tuoi occhi celesti ; lasciami esaminare quei lividori lì sotto se sono l ' opera del pennello o l ' opera della lussuria . Sozza e santa , i tuoi capelli brillano di raggi d ' oro , più lucenti d ' un ' aureola , più splendenti di un nimbo . Copriti , per carità . Non posso fissare gli occhi nel tuo collo , nel tuo petto : come i ghiacciai sugli alti vertici delle mie montagne quando il sole di mezzodì li illumina in un caldo giorno di estate , il tuo collo ed il tuo petto mi accecano . Ahi , non istringermi tanto con quelle tue braccia morbide e rosee , che mi fai male . Sì , stringi , soffocami , stritolami , fa ' presto : vedi le fiamme che guizzano intorno a noi e già ci ardono i piedi , le gambe , il cuore , la testa ... La signora Carlina ascoltava con l ' orecchio teso ; aveva le guance rosse di vergogna e gli occhi pieni di lagrime . Ripeteva : - Anche lui , anche lui ! - e si copriva la faccia con le due mani . A troncare il vaneggiamento che le straziava l ' anima , alzò il capo del prete , volgendolo dalla parte del Crocifisso , e gridò : - Guardi , Don Giuseppe , il suo Cristo - . Gli occhi del delirante caddero sulla croce , e a poco a poco una influenza benefica agì dentro di lui ; si andò calmando ; le labbra cominciarono a biascicar preghiere ; il viso bianco si rasserenava , riprendeva la sua tranquilla , dolce , innocente , quasi eterea espressione ; e la signora Carlina , riconfortata , esclamava : - Così siete bello , mio buon Don Giuseppe : adesso il cielo vi si specchia nel volto - ; e il prete respirava più libero , e già poteva stringere con la propria mano la mano della ingenua infermiera . Lenta lenta , ella avvicinò la sua bocca pura alla fronte pura di lui . Don Giuseppe non se n ' accorse : guardava sorridente il suo Cristo . In quell ' istante s ' udì un gran fracasso alla porta di casa , poi un passo incerto e pesante fece scricchiolare la scala di legno , e il dottore , ubbriaco , entrò nella camera sbattendo violentemente sugli stipiti l ' imposta dell ' uscio . A quell ' urto i mobili oscillarono . Allora il Cristo , perduto l ' equilibrio , precipitò a terra , rompendosi in tanti pezzi . La testa rotolò in un angolo della stanza ; le braccia , le gambe , il torso , si sparsero qua e là ; il rosso del sangue pareva sgorgasse dalle membra squartate . Il prete , avendo seguito con lo sguardo quella distruzione , invaso da uno spavento infernale , stravolto , contraffatto , orribile a vedersi , mandò un urlo che gli spezzò il petto . Quando il medico , fetente di acquavite , s ' avvicinò al letto , Don Giuseppe era morto . Macchia grigia Questa macchia grigia , ch ' io vedo dentro ai miei occhi , può essere la cosa più comune della vostra scienza oculistica ; ma mi dà gran fastidio , e vorrei guarire . Esaminerete con i vostri ordigni eleganti , quando verrò costà fra una quindicina di giorni , cornea , pupilla , retina e il resto . Intanto , giacché la vostra amicizia mi sollecita , vi descriverò , come posso , il mio nuovo malanno . In mezzo alla molta luce ho la vista da lupo cerviere . Il giorno nelle vie , la sera in teatro distinguo , cento passi lontano , il neo sulla guancia di una bella donna . Leggo per dieci ore di fila , senza stancarmi , il più minuto caratterino inglese . Non ho mai avuto bisogno di occhiali ; posso anzi imbrancarmi fra quegli animali di sì altera vista , che , come dice il Petrarca , incontro al sol pur si difende . Non ho mai tanto amato il sole , quanto lo amo da due mesi a questa parte : appena comincia l ' aurora , spalanco le finestre e lo benedico . Odio le tenebre . La sera , di mano in mano che cresce l ' oscurità , si fa più intensa di contro a me , proprio nel punto dove fisso gli occhi , una macchia color cenere , mutabile , informe . Durante il crepuscolo o mentre splende la luna , è pallidissima , quasi impercettibile ; ma nella notte diventa enorme . Ora è senza moto , sicché , guardando il cielo nero , sembra uno squarcio chiaro a lembi irregolari , come la carta dei cerchi da saltimbanco quando v ' è passato in mezzo il corpo di pagliaccio ; e si crederebbe di vedere , attraverso a quel buco , un altro brutto cielo di là dalle stelle . Ora s ' agita , s ' alza , s ' abbassa , s ' allarga , s ' allunga , caccia fuori de ' tentacoli da polipo , delle corna da lumaca , delle zampe da rospo , diventa mostruosa , gira a destra , poi rigira a sinistra , e va intorno così delle ore furiosamente innanzi al mio sguardo . Ho accennato a queste immagini tanto per procurare di farmi intendere ; ma veramente non c ' è ombra di forma . In un mese , dacché devo godermi un tale spettacolo , non ho mai potuto afferrare una figura determinata . Quando mi sembra di trovare certe analogie con certi animali , con qualche oggetto , sia pure fantastico , con qualche cosa insomma di definibile , ecco che quel disegno in un attimo si contorce e si rimuta indecifrabilmente . È una cosa laida , una cosa volgare . Se si potesse annasarla , puzzerebbe . Sembra una larga pillacchera di fango ; sembra una chiazza animata , una lacerazione purulenta che viva . È un orrore . Non dico di vederla sempre . La vedo tutte le notti , ma più o meno a lungo , secondo la disposizione , non so se del mio animo o del mio corpo . Spesso , Dio volendo , appena comparsa sparisce . Il terribile è che mi compare davanti all ' improvviso , mentre sto pensando a tutt ' altro . Stringevo al barlume di una lucerna morente la mano di una cara fanciulla , dicendole quel che non si racconta neanche a voi altri medici , ed ecco a un tratto la macchia che le sporca il seno . Mi sentii inorridire . Anche di giorno s ' io entro , mettete , in una chiesa buia , rischio di trovare quella sudiceria sotto l ' ombra fitta dell ' organo , sui vecchi dipinti affumicati , nel finestrello nero del confessionario . La paura di vederla me la fa scorgere più presto . La notte non guardo mai impunemente l ' acqua di un fiume o del mare . Andai giorni addietro a Genova . Era una bella sera , un resto d ' estate . La vòlta del cielo tutta serena , tutta di una tinta appena digradata da ponente a levante con un po ' di giallo , un po ' di verde , un poco di paonazzo , mostrava nondimeno , quasi sull ' orizzonte , una zona isolata di nubi dense . Una striscia sottilissima , limpidissima d ' aria brillava tra le nubi ed il mare . Il sole , che era rimasto nascosto un poco di tempo , da quelle nubi , scendeva dal loro lembo inferiore per tuffarsi nelle onde quiete . Prima il suo oro , quando non si vedeva di esso che il segmento di sotto , parve una lumiera sospesa alle nuvole ; poi il cerchio infiammato toccò con la circonferenza per un minuto nuvole e mare ; poi si cacciò pian piano nell ' acqua , mostrando nel segmento di sopra il fuoco incandescente di una immane bocca da forno . Avevo desinato bene con qualche mio vecchio amico . Si pigliò un battello e si vogò al largo . Dopo lo splendore del tramonto il crepuscolo fu di una dolcezza ineffabile . Cantavamo a mezza voce , sognando . Annottava . L ' acqua d ' un verde scuro scintillava , luccicava . All ' improvviso vidi lontan lontano nuotare la mia macchia grigia ; e ritrassi paurosamente lo sguardo entro il battello , e la mia macchia mi seguì tra le forcole e i remi , e , gelato di ribrezzo , mi ricondusse , compagna lurida , a terra . Certo ( dottore mio , non ridete ) è offesa la retina : v ' è qualche punto cieco , un piccolo spazio paralizzato , uno scotoma insomma . Ho letto come sulla retina , nell ' occhio dei condannati a morte , s ' è trovato , dopo recisa la testa , il ritratto degli ultimi oggetti , in cui i disgraziati avevano ficcato lo sguardo . La retina dunque , non solo rimane fuggevolmente dipinta : in certi casi resta veramente scolpita . Notate poi che , quando chiudo gli occhi per dormire , io sento la mia macchia dentro di me . E allora è un supplizio diverso . La macchia non si aggira più intorno a se stessa , ma cammina , corre . Corre in su , e nel correre tira in su la pupilla ; sicché mi pare che il globo dell ' occhio debba rovesciarsi , arrotolando dentro nell ' orbita . Poi corre in giù , poi corre dalle parti , e il globo dell ' occhio la segue , e i legamenti quasi si schiantano , ed io dopo un poco mi sento dolere , proprio effettivamente dolere gli occhi . La mattina , anche dopo dormito , gli ho indolenziti e un po ' gonfi . Voi altri medici avete la virtù di essere curiosi ; volete penetrare nelle cause , rimontare al seme . Vi dirò dunque in quali circostanze mi si è manifestata la malattia , che dovete guarire . E , abbiate pazienza , lo dirò nei più indifferenti particolari , giacché so come da una di quelle inezie , le quali sfuggono all ' attenzione dei profani , voi scienziati potete cavare la scintilla , che rischiara poi le verità più riposte . * * * Il dì 24 dello scorso ottobre , sul far della sera , passavo dal Ponte dei Re accanto a Garbe per andare sino a Vestone , mia passeggiata consueta del dopo pranzo , come quella della mattina era verso Vobarno , quando non preferivo arrampicarmi sulla schiena dei monti , o fare qualche viaggetto , sempre pedestre , a Bagolino , a Gardone , in Tirolo . Di due mesi e mezzo passati nella Val Sabbia , le prime due settimane furono tutte calme , altre due tutte fuoco , e il rimanente tristezze e terrori . Alle bellezze della natura , che tutti corrono a vedere e che tutti ammirano , avevo preferito la vallata modesta , povera , dove i monti hanno già un certo aspetto selvaggio , e dove non c ' è il pericolo di vedere mai la persona allampanata di un Inglese , e neanche la barba nera di un alpinista italiano . Mangiavo le belle trote rosee del lago d ' Idro , gamberi saporiti , funghi , uccelli , cacini di capra , molte ova , molta polenta . V ' è ad Idro un alberguccio con due stanzine ariose , pulite . Chi non ha rimorsi vive colà nella quiete del paradiso , senza giornali , senza botteghe da caffè , senza pettegolezzi , guardando lo specchio del lago , le giovanotte che vogano , la Rocca d ' Anfo sull ' altra sponda , esercitando più le gambe che il cervello , abbrutendosi anzi a poco a poco nella cara , nella beata libertà del non pensare a nulla e del non far proprio niente . Quando il cielo è popolato di nubi , spinte a gran corsa dal vento , l ' aspetto di quel paese riesce mutabile all ' infinito . I monti che si accavalcano , le rupi che portano muraglie ruinate di castelli o chiesette con il loro campanile bianco , i colli bassi coronati di pini , cangiano di figura ad ogni minuto . Ora le nuvole mettono in ombra il dinanzi del quadro , e il sole brilla nel fondo ; ora il sole splende sul dinanzi , e il fondo rimane buio ; ora invece questa parte o quella del centro stacca nera in mezzo alla luce o luminosa in mezzo all ' oscurità , e s ' accendono e si spengono ad ogni tratto innumerevoli sprazzi di colori vari e vivissimi . Bisogna salire sul monte roccioso , che sta di contro alla chiesetta di San Gottardo , dall ' altra parte del Chiese . Il monte , verso il fiume , scende a perpendicolo . A destra si vede sulla bizzarra collina la chiesa di Sabbio , alta e sottile ; a sinistra si scopre da lontano la Rocca di Nozza , della quale non rimane che qualche pezzo di muro cadente ; sotto a ' piedi s ' apre il vuoto profondo . Ci si tiene con le mani agli arbusti , e si guarda in giù . Il Chiese corre in arco , rompendo le onde rapidissime ai sassi enormi , di cui è sparso il suo letto . Garbe abbasso , un poco a dritta , e più in là , già ben alto sulla montagna , il campanile di Provaglio . Quasi a piombo , benché dall ' altra parte della strettissima valle , che si strozza in quel punto , lasciando appena appena luogo al fiume ed alla strada postale , si vede dall ' alto in basso la chiesetta di San Gottardo , di cui la torre scorcia tanto che diventa nana , e gli archi del piccolo portico sembrano schiacciati . La prima volta poco mancò che non mi venisse il capogiro . Volevo andare più alto , lì dove la rupe nuda , quasi verticale , concede appena il posto per mettere il piede tra le sue strette fessure . Guardai indietro . Il monte , che mi stava alle spalle , tutto ombroso , spiccava sull ' aria celestina . Saranno state le cinque di sera , due settimane dopo il mio arrivo a Garbe . Il sole cominciava a scendere dietro il giogo della montagna ; un vento fresco soffiava dalla gola della vallata , e bisognava tenere il cappello perché non piombasse nel precipizio , quando uno sbuffo impetuoso , mentre coglievo con le due mani non so che strane foglie , lo fece arrotolare un tratto , poi andare a balzelloni dall ' una all ' altra sporgenza delle acutissime roccie . Gli dissi addio , e continuavo a capo nudo le mie osservazioni estetiche sulle piante , allorché , passati appena dieci minuti , mi comparve innanzi all ' improvviso una montanara , la quale , un poco imbarazzata e con rustico garbo , mi porse il disgraziato cappello . La ringraziai di cuore , e la guardai in viso . Poteva avere dai sedici ai diciassette anni : abbronzita , ma sotto la tinta del sole s ' indovinava l ' incarnato fresco ; nella bocca piccola splendevano i denti , ammirabili di regolarità e di bianchezza ; negli occhi v ' era un certo che di selvatico e di curioso , una timidità un poco impertinente . - Bella giovane , siete di Garbe ? - Signor no . Sono di Idro . - E vi fermate qua ? - Parto domani con mio padre , che è lì tra i cespugli insieme con le nostre capre . Lo vede ? Guardi bene , lì in fondo - e m ' indicava il luogo , ma io distinguevo appena di lontano un uomo che aveva la barba bianca . - E ad Idro dove state ? - Fuori del paese circa due miglia , sulla via che conduce al monte Pinello . - E che nome avete , bella fanciulla ? - Teresa , a ' suoi comandi , signore . Si continuò a discorrere . Io la tempestavo di interrogazioni , guardandola negli occhi , i quali ora vagavano di qua e di là impacciati dal mio sguardo , ora mi si ficcavano in volto , anzi addirittura nel cuore . Ad uno sposo non aveva pensato mai : non sapeva , e lo giurava ridendo e spalancando gli occhi sinceri , che cosa fosse amore . Ella non aveva nessuno al mondo , salvo il padre , che l ' adorava , s ' intende , e non l ' aveva mai lasciata un giorno dacché era nata ; ma il buon vecchio doveva andare appunto allora per quindici dì a Gardegno a far valere i proprii diritti sulla successione di un fratello , morto con molto ben di Dio e senza figliuoli . Il vecchio , già caporale sotto l ' Austria , leggeva e scriveva come un notaio , era uomo di conto e per giunta più agile , più vigoroso , più coraggioso di un giovanotto di vent ' anni . La fanciulla , nell ' assenza del padre , rimaneva ad Idro , affidata ad una santola di settant ' anni . Dottore , ve lo immaginate , andai per quindici giorni ad abitare il pulito e solitario alberguccio di Idro . Tutte le mattine e tutte le sere salivo lungo la stradicciuola erta , torta , sparsa di sassi acuti , che conduce a monte Pinello , e mi fermavo alla casa della montanara gentile . Due giorni disse di no ; poi non ci fu angolo erboso di quella scoscesa china su cui non ci si adagiasse a discorrere , di giorno cercando l ' ombra più cupa sulle sponde di un torrentello , entro una grotta naturale , negli ampi interstizii dei massi enormi precipitati Dio sa quando dalle creste del monte ; di sera , durante le prime ore della notte , cercando una zolla morbida sotto il cielo stellato . La Teresa , certo , non somigliava alle ragazze di città : la sua pelle era ruvida , la sua passione quasi ferina . Nei primi giorni amava tre cose : il suo padre , le sue capre e me ; dopo una settimana non parlava più del padre , non badava più alle capre , mi aspettava sull ' uscio del casolare a cominciare dall ' alba , spesso mi veniva incontro sino ad Idro , mi trascinava , mi violentava , mi buttava in terra come se volesse sbranarmi . Certe volte dal suo corpo esalava un odore acre e inebbriante di erbe selvatiche , certe volte un puzzo di capra nauseabondo , e non di rado un fetore di strame , che ammorbava . Insomma invocavo tra me il ritorno del vecchio . Il giorno innanzi al suo arrivo cercai di preparare Teresa alla mia partenza : le dissi che dovevo andare a Brescia e a Milano , ma mi affrettai a soggiungere che sarei tornato presto , dopo due settimane al più , forse dopo una . Ella non piangeva : tremava tutta , ed era diventata del colore del piombo . Ripeteva con voce strozzata : - Lo so che non torni più , lo so che non torni - . Io promettevo , giuravo , ma ella mi continuava a guardare con gli occhi senza lagrime , e , fatta veggente dalla passione , insisteva : - Non torni più ; lo sento qui nel cuore che non torni più - . Non potei cavarle altre parole . Invece di andare a Brescia o a Milano , tornai a Garbe . Avevo l ' anima rósa dal rimorso : tante volte mi sentivo spinto dalla coscienza a correre ad Idro , alla capanna di Teresa ; poi gli abbracciamenti suoi , furiosi e disperati , mi facevano paura , e non di meno io non potevo pensare ad altro che a lei . Non sapevo se l ' amassi , benché l ' immagine sua mi stesse scolpita sempre davanti . Finalmente , dopo una trentina di giorni , la coscienza vinse , forse anche la curiosità . Andai ad Idro , e , traversando i magri prati , arrampicandomi sulle roccie , risalendo il letto di un torrente asciutto , mi trovai di contro al casolare dall ' altra parte della stradicciuola ; gli alberi ed i cespugli mi nascondevano . La fanciulla stava sull ' uscio , immobile , esposta senza riparo ai raggi del sole . Nel primo istante non la riconobbi : la carnagione era diventata d ' un rosso cupo , i capelli le cadevano sulla fronte e sulle spalle a ciocche sconvolte , il viso appariva stranamente smagrito e allungato , il labbro inferiore pendeva in giù , gli occhi spenti fissavano innanzi senza vedere : non so perché , credetti di essere in faccia a un cadavere bruciato . In quell ' istante una voce d ' uomo chiamò dall ' interno del casolare così sinistra e soffocata che pareva uscisse da un sepolcro : - Teresa , Teresa - . La fanciulla non diede segno di avere udito , e la voce continuava tetra e straziante : - Teresa , Teresa . Scappai ; corsi a Brescia , ma il rumore della città mi riescì insopportabile : tornai a Garbe , dove , a forza di ripetere a me stesso , che il tempo rimedia a tutti i mali , anche agli strazii della passione e dell ' abbandono , trovai qualche momento di pace . Non ostante , dormivo poco , tormentato com ' ero da sogni orribili e da inquietudini febbrili ; mangiavo pochissimo ; camminavo molto , sperando nella stanchezza . * * * Vi dicevo dunque , dottore , che il dì 24 dello scorso ottobre passavo sul far della sera dal Ponte dei Re accanto a Garbe . Un uomo , appoggiando i gomiti sul parapetto e il mento sulle palme , guardava molto attentamente l ' acqua del fiume . Uscivano tra le sue dita delle ciocche di barba bianchissima ; la faccia , mezzo nascosta dal cappello tirato sulla fronte , non si vedeva bene . Non era vestito propriamente né da contadino , né da operaio : portava una casacca e de ' larghi calzoni d ' un colore chiaro grigiastro . Passai accanto al vecchio ; non si mosse ; continuò a fissare l ' acqua vicino alla pila del ponte , dove , stringendosi per attraversare le due arcate , gorgoglia impetuosamente . Guardai abbasso anch ' io , credendo che vi fosse qualcosa di curioso a vedere ; non avvertii niente di strano , ma quel gioco di onde , a cui non avevo mai badato , mi piacque . È una lotta formidabile tra l ' acqua che corre e i sassi colossali che tentano di sbarrarle la via . E le onde , incalzate da quelle che sono dietro , e queste cacciate innanzi dalle altre più lontane , a cominciare dai rigagnoli nascenti nelle nubi , quanta fatica , quanta astuzia devono adoperare , e come s ' affannano a spuntarla di proseguire il loro cammino ! Lo spettacolo del contrasto fatale tra il moto e l ' immobilità , eterno e d ' ogni attimo , mette nell ' anima un timido scoramento , e nello stesso tempo fa sorridere di un così cieco impeto nell ' operare e di una così orba caparbietà nel resistere . C ' è dei momenti , in cui le forze opposte della natura somigliano a fanciulli mal educati , l ' uno dei quali gridi voglio , e l ' altro , pestando i piedi , ripeta non voglio . E su quei massi , i quali spuntano fuori dal letto , che non è un letto di pace , vegetano , seminati dal vento in un pugno di terra deposta colà dallo stesso vento a un granello alla volta , de ' virgulti di salici , degli arboscelli di pioppo , i quali canzonano , deboli e flessuosi , la furia che li circonda . La natura , come la vita , è una catena di vani sogghigni . Se il masso non solleva molto la testa , l ' acqua gli corre su , e scende poi in cascate gaie , cercando il piano più basso : è un cristallo terso , curvo , regolare , una campana lucida , un ombrello trasparente , con qualche filetto opaco di vetro di Murano ; e si frange poi a ' piedi in ispruzzi d ' infinite perlette bianche , di quelle che le Muranelle infilano le sere d ' estate , sedute sul gradino della porta di casa , ciarlando di Tita e di Nane . L ' onda è avveduta : sceglie per solito il cammino migliore . Ma qualche volta si trova chiusa tra i sassi , e allora , non potendo aspettare , scatta in uno sprazzo e via ; tal ' altra si caccia distrattamente in un laberinto , e gira e rigira e , se vuole uscirne , le conviene tornare indietro ; finalmente accade che ella si smarrisca in uno spazio dove il caso ha messo un insormontabile sostegno di pietre , e allora si ferma impaurita , perde la bussola , s ' accascia e da turbine diventa specchio . E sotto all ' acqua , che riflette in iride la tinta del cielo o che si trasforma in ispuma d ' argento , v ' ha il vario e brioso colore dei sassi , giallo , rosso , bianco , verde di muschi e di licheni . La gran battaglia si concentrava alla pila del ponte . Le onde combattevano le onde , che cozzavano insieme , si spezzavano , si frantumavano , s ' accavalcavano , s ' ammonticchiavano , diventavano matte di furor bellicoso , mandavano bava in vece di sangue , e gocciole e stille sino al parapetto del ponte , con un romore , con un frastuono da far tremare un eroe . Il vecchio guardava sempre impassibile . Andai per la mia strada , senza curarmi di lui , passo passo fino a Nozza . Il cielo nuvoloso , minaccioso , principiava a oscurarsi , e soffiava un vento assai fresco dalle alte montagne . Rinunciai a proseguire la passeggiata , e tornai indietro . Al Ponte dei Re c ' era sempre il vecchio , nello stesso posto , nella stessa attitudine di prima . Guardava sempre a ' piedi della pila . La cosa mi parve bizzarra ; mi avvicinai al vecchio e gli dissi : - Buon uomo , scusate - . Non si mosse . Continuai : - Scusate se vi disturbo ; ma il cielo è negro , minaccia il temporale e non è lontana la notte . Se abitate discosto , dovreste incamminarvi . Il vecchio si rizzò lento lento , mi guardò in viso come trasognato , e , senza aprir bocca , tornò ad appoggiarsi al parapetto e a contemplare il fiume . Io insistetti : - Avete bisogno di nulla ? - No - , rispose senza voltarsi . Gli diedi la buona notte e m ' avviai verso Garbe . Fatti cento passi mi voltai . Non so se fosse curiosità o compassione : nella faccia di quel vecchio bianco credevo di avere letto un dolore profondo , una sinistra melanconia . Pallido , con gli occhi infossati , con le labbra nericcie , mi aveva fatto pietà e terrore . Mi trovai al suo fianco , portato da una forza quasi involontaria , e gli dissi interrottamente , aspettando una risposta che non veniva : - Scusate di nuovo . Ditemi se posso giovarvi in qualcosa . Vi sentite poco bene ? Vi offro una stanza a Garbe per questa notte . Mi sembrate forestiero . È accaduto anche a me fuor di paese di trovarmi senza danaro : ne avete forse bisogno ? Dopo queste ultime parole il vecchio si voltò gravemente , tentando di muovere le labbra a un sorriso . - Grazie , non mi occorre nulla - , rispose . Poi , messa la mano nella tasca dei calzoni , ne cavò il pugno serrato e , alzatolo sopra il parapetto , l ' aperse . Il vento fece volar via nel fiume , sparpagliati qua e là , forse una ventina di piccoli biglietti . Mentre io , irritato , stavo per rimproverarlo , balbettò con voce strozzata : - Ho sete . - Scendete a bere nel fiume - , esclamai duramente . Il vecchio s ' incamminò alla rampa scoscesa , che va giù a lato di una testata del ponte ; ma , giunto lì , vacillò sulle gambe mal ferme . Corsi ad aiutarlo e , sostenendolo per l ' ascella , lo condussi al fiume . Riempii io stesso il suo cappello di acqua . Bevette a brevi sorsi . - Non vi rimettete subito il cappello bagnato in testa , che non vi faccia male . Abitate lontano ? - No . - Ma non siete di questo paese ? - No . - E dove state di casa ? Vi accompagnerò . - Non importa . Sto vicino . - V ' accompagnerò ad ogni modo . Il vecchio mi guardò dritto negli occhi , e con accento risoluto disse : - Non voglio . Poi , meno seccamente , aggiunse quasi con ripugnanza : - Aspetto qualcuno . - Un figlio forse ? - Non ho figli . - Un parente ? - Non ho parenti . - Un amico ? - Non ho amici . - Chi dunque ? Pensò un poco e rispose : - Il destino . S ' appoggiò di nuovo al parapetto del ponte e tornò a guardare l ' acqua di sotto . - Perdonate alla mia insistenza . Di che paese siete ? - Di un paese dove si muor di dolore . - E andate ? - In un paese che non conosco . Queste risposte misteriose fecero nascere nel mio cervello uno sciocco sospetto . Esclamai con espansione : - Se dovete rimanere nascosto , se la giustizia vi cerca , giuro che non vi tradirò . Il vecchio s ' alzò dritto in piedi , e rispose alteramente : - Non ho nulla da nascondere agli uomini - . Poi , mormorando tra sé : - La mia coscienza è pura . - Gli uomini vi hanno ingannato forse , vi hanno fatto del male ? Avete trovato al mondo molti nemici ? - De ' nemici ? Ne ho avuto uno solo . Quest ' ultima frase venne pronunciata dal vecchio con voce così cupa , il suo occhio era così bieco , ch ' io mi sentii gelare . Gli dissi : - Vi lascio dunque , e Dio vi benedica . - Dio , Dio ! - sentii ripetere parecchie volte ; e la voce sepolcrale del vecchio si perdeva nel muggito del Chiese . * * * Non intendevo di abbandonare il pover ' uomo . In quattro salti fui a Garbe con l ' intenzione di parlare al sindaco , medico valente e cuor d ' oro , e di condurre meco due contadini , i quali facessero la guardia , foss ' anche per tutta la notte , al vecchio strano . Trovai il sindaco sotto il portone della sua casa , una casa antica , murata da un suo antenato , gentiluomo francese , fuggito dalla strage di San Bartolomeo . Il sindaco discorreva con il segretario comunale e con l ' oste di Sabbio , due tipi curiosi . Questi con la faccia tonda , grasso , grosso , il pizzo lungo e folto sotto a due gran baffi neri , le sopracciglia spaventose , la voce tonante , un cappello in testa di larghe tese , a cui non manca altro che la piuma per potersi dire spagnuolo ; famigliare con tutti , spavaldo , buon diavolo , mette la mano in atto di protezione sulla spalla dell ' avvocato , del farmacista , del signor cavaliere , e apre volentieri la larga bocca al riso sguaiato , mentre dice una barzelletta sporca ; una specie d ' idalgo , che versa maestosamente il vino dal boccale nel bicchiere de ' suoi avventori , che tiene il pugno al fianco , maravigliato di non trovarvi la spada , e s ' è mangiato in qualche mese per darsi il gusto di parere un negoziante in grosso il poco suo patrimonio , e spera di portare le ossa in una grande città degna di lui , lontano dalle piccolezze montanare , dove si sente proprio fuori di posto . L ' altro , il segretario comunale , sottile e lungo come il campanile di Garbe : veste da contadino , con la giacchetta e i calzoni di quella certa stoffa lustra color cannella sudicio , ma tiene la giacchetta buttata sulle spalle , mostrando la camicia , che non pare sempre di bucato , e le braccia , e il petto nudi , assai più scuri dell ' abito ; ha letto Dante , scrive da letterato fino , sa a mente tutte le innumerevoli ordinanze , tutte le infinite circolari prefettizie indirizzate al Comune , che è cosa miracolosa ; cita versi e proverbii latini ; non ha casa ; l ' inverno dorme sulla tavola nuda del Consiglio comunale , con una busta dell ' archivio per origliere e per coperta il tappeto verde : l ' estate dorme sotto il piccolo portico di quella chiesa di San Gottardo , della quale ho parlato indietro , poggiando il capo allo scalino di granito , lungo disteso sulle lastre sconnesse del pavimento , godendosi il vento fresco , che soffia senza interruzione dalla stretta gola dei monti ; vive di pane e di cipolle , di polenta e cacio pecorino , ma si compensa con qualche bicchieretto di acquavite , e , quando ne ha bevuto un tantino più del bisogno , vuole abbracciare tutti , l ' ostessa , il reverendo parroco , il sindaco , persino i carabinieri in pattuglia . Questi signori , e tre contadini , che ero andato a scovare nella bettola vicina , s ' avviarono meco al ponte . Si passò dalla chiesa di San Gottardo , palazzo d ' estate del segretario ; ma , quando fui lì , non mi potei trattenere : lasciai che il vecchio sindaco procedesse con il suo passo , che egli , poveretto , cercava di affrettare , ma che mi sembrava ancora troppo lento , e corsi innanzi . Andai su e giù per il ponte , precipitai abbasso dalla rampa del fiume , guardai di qua e di là in quel buio della brutta notte che era già principiata : non si vedeva un ' anima . Gli altri mi raggiunsero ansanti . In un batter d ' occhio diedi le mie istruzioni . Il sindaco doveva fermarsi sul ponte ; l ' idalgo doveva perlustrare un mezzo chilometro della strada di Nozza ; il segretario doveva rimontare il corso del Chiese lungo un viottolo a sinistra ; i tre contadini dovevano salire i meno erti sentieri delle montagne . Quanto alle vie più scoscese non era neanche da pensare che il misero vecchio avesse potuto tentarle . Quartiere generale : il ponte . Io m ' ero serbato le capanne dei carbonai , di là dal Chiese . In quindici minuti salii alla prima casupola . Tutti dormivano ; picchiai forte ; nessuno rispose ; tornai a picchiare con tanta violenza che i colpi rimbombarono nella valle , e udii finalmente delle voci e delle imprecazioni . Dopo un poco di tempo s ' aperse il finestrello e vidi una testa nera , nella quale brillavano due occhi da gatto . - Sapete niente di un vecchio con la barba bianca , lunga , mezzo malato , vestito di panno chiaro , un forestiere che vagava stasera presso il Ponte dei Re ? - Andate all ' inferno . - Domandatene , di grazia , ai vostri compagni . - Andate all ' inferno voi e il vecchio - e chiuse la finestra . Dopo un quarto d ' ora avevo già rifatto il cammino , ed ero salito da un ' altra parte ad un ' altra capanna . Il mio bastone nell ' urtare sul legno del piccolo uscio destò quattro o cinque echi sulle cime dei monti . - Chi è là ? - Un amico . - Il nome ? - Un amico . - Non apro . - Venite alla finestra . - Non mi muovo . - Avete visto un vecchio ? - Non ho visto nessuno . - Un vecchio vestito di chiaro , con la barba lunga e bianca , infermo . - Non ho visto nessuno . - Passeggiava stasera sul Ponte dei Re e nelle strade vicine . - Non ho visto nessuno , vi dico - e tornò a russare . Tre quarti d ' ora dopo eravamo tutti sul ponte . Non s ' era trovato niente , non s ' era saputo niente . Neppure i due carabinieri di Vestone , che l ' idalgo aveva incontrati sulla via e aveva condotti seco , ci poterono aiutare in nulla . Il sindaco giudicò allora , che noi dovevamo andare a dormire . Era , infatti , la sola cosa ragionevole che ci restasse da fare . Vi ho detto , caro dottore , come il mio sindaco sia una perla d ' uomo . Ha un modo suo proprio di curare la difterite , in grazia del quale salva realmente tutti i bambini del Comune . Parla de ' suoi rimedi con entusiasmo giovanile : non fallano ; ad una infiammazione ci vuole il salasso , anzi ogni malanno guasta il sangue , ed il sangue corrotto va tolto via , perché se ne formi del sano . Ora vive senza troppe angustie , badando a ' suoi pochi campi ; ma fu trent ' anni medico condotto , e quando ricorda le fatiche lunghe e mal compensate , il sollione , la neve , il gelo , i turbini sulle montagne , lo fa con tanta dolcezza , che pare quasi un rimpianto . Discorre de ' suoi malati volentieri , con modestia affettuosa , e , se può dire di averli strappati alla morte , due lagrime di compiacenza gli scendono sulle gote . Ha la barba grigia , i capelli appena brizzolati , i denti candidissimi , gli occhi celestini , la fronte da uomo intelligente e virtuoso . Piglia tabacco e lo offre . Dichiara ogni anno che non vuole più essere sindaco ; poi ci ricasca . Non sa dire di no : tutti , anche i cattivi , lo rispettano e gli vogliono bene . Non l ' ho mai sentito pronunciare su nessuno , fosse il più grande scellerato , una parola severa , aspra o pungente : non trova in quella sua anima mite un accento sgarbato nemmeno per l ' omeopatia , ch ' è tutto dire . Narra molto naturalmente i casi semplici della sua vita , quando , studente all ' Università di Padova e ricco di una sola svanzica al giorno , si faceva dare all ' osteria il riso stantìo per pagarlo un soldo meno , e ossi di manzo scarnati , e culi di salame : non beveva mai vino . Un dì , avendo visto nella Piazza dei Signori un giuocatore di bussolotti , gli si fece amico , andò a desinare con lui più volte , finché imparò il segreto della magia , pensando che se la medicina falliva , quest ' altra arte lo avrebbe potuto soccorrere . Racconta una interminabile filza di storielle , parte da stare allegri , parte da spaventare . * * * Bisogna ch ' io entri finalmente nel cuore del mio racconto . Vi siete accorto che mi ripugna ; infatti nello scorrere gli sgorbii buttati sulla carta conosco di avere fatto come colui , al quale duole un dente e va per farselo strappare . Esce lesto , quasi correndo ; ma , di mano in mano che si avvicina alla casa del dentista , rallenta i passi , finché , giunto alla porta , si ferma perplesso , chiedendo a sé medesimo : - Il dente ora mi duole o non mi duole ? - E così torna indietro un buon tratto di via ; e ogni inezia gli serve per tirare in lungo , un avviso sulla cantonata , un cane che abbaia . Poi si vergogna , e sale fino all ' uscio , e quando , risoluto , ha già in mano il cordone del campanello , domanda a se stesso di nuovo : - Me lo devo far cavare sì o no ? Insomma , coraggio . Quella sera , dopo avere dato a ' tre contadini i soldi per bere qualche boccale , dopo avere salutato il sindaco , che rientrava in casa , il segretario , che andava ad augurare la felice notte all ' acquavitaia , e l ' idalgo , che , canterellando con la sua voce di basso , tornava a Sabbio , io non mi sentii nessuna voglia di dormire , e neanche di scrivere , di leggere o di discorrere . Avevo un gran peso alla testa , e provavo il bisogno di aspirare , di cacciar negli ultimi meati dei polmoni l ' aria frizzante . C ' era stata , sere addietro , nell ' osteria una interminabile discussione intorno a questo punto ; se , tra Vestone e Vobarno , le trote si peschino più facilmente sul far della sera , la mattina di buon ' ora , la notte con la luna o la notte buia . Un pescatore giurava che nell ' oscurità profonda ne acchiappava un subisso . Presa la canna e un lanternino andai a piantarmi dall ' altra banda del Chiese , dove certi enormi massi formano una specie di diga . Mi pareva di quando in quando di sentire abboccar l ' amo , e tiravo su ; niente . Stufo , mi posi a sedere sopra una pietra e a guardare intorno . Non si vedeva un bel nulla . Nero il cielo , nera la terra : non una stella , non un lume . Garve , nascosta da un gruppo di alberi , a quell ' ora dormiva . Sul dorso del monte , lì nel sito ove doveva essere Provaglio , apparve un luccichìo , forse una candela accesa al capezzale di un moribondo . Era un sepolcro di tenebre , ma un sepolcro pieno di frastuoni . Il Chiese , battendo contro i sassi , faceva una musica da assordare : c ' erano dentro tutti i toni , tutti gli accordi , e il vento v ' aggiungeva le estreme note acute . A un poco per volta si finiva ad assuefare gli occhi all ' oscurità e a distinguere qualche cosa : i grossi rospi schifosi , per esempio , che sbalzavano di traverso accanto a me , la spuma bianca , anche il verde cupo dell ' acqua . Avevo ripreso la canna per ritentare la sorte , quando vidi correre a precipizio con le onde e fermarsi alla diga una massa grande , biancastra . Non capivo che cosa fosse , e pure un brivido mi corse dalla testa ai piedi . Presi il lanternino , che avevo lasciato sul sentiero ; ma , mentre mi avvicinavo col lume a quell ' oggetto grigio , l ' acqua , che gli aveva fatto intorno un gran lavorìo , lo sollevò e lo portò a venti passi lontano , dove diede di cozzo in una gran pietra che usciva dal fiume . L ' attenzione intensa mi aguzzava la vista . Aiutato dal pallido chiarore della lanterna tentai di guadare il piccolo tratto , mettendo i piedi sulle teste dei sassi : non mi riuscì . Stetti immobile , con gli occhi fissi . Le onde percuotevano la massa informe , schizzando bava , come se fossero adirate , e le giravano intorno , formando un vortice rapidissimo : il Chiese s ' ostinava rabbiosamente nel volere trascinar via la sua preda . La spuntò . L ' oggetto strano fece il giro del sasso e ripigliò il suo cammino , rovesciato in gran furia dal fiume . Allora principiò una lotta terribile tra me , che volevo conoscere il mistero di quella cosa biancastra , e il fiume che me lo voleva nascondere . Conoscevo a passo a passo i viottoli della sponda : in un solo luogo la roccia , che si alza quasi verticale per un centinaio di metri , obbliga a salire e a discendere ; il resto della via , fino a Sabbio , è piano . Ma quella salita e sopra tutto quella discesa non erano senza pericolo nelle viuzze strette , fiancheggiate da un burrone , la notte . Le piogge dei giorni precedenti avevano fatto franare in un punto la terra del viottolo , e bisognava sbalzare sul precipizio . Saltai senza pensarci , non sapendo dove avrei messo i piedi , e mi trovai dall ' altra parte sano e salvo , ma col lumino spento . Continuai la strada da capre nel buio , intoppando negli sterpi , chiuso tra gli arbusti spinosi , scivolando giù dalla china sui ciottoli tondi , che rotolavano al piano . Finalmente giunsi di nuovo alla riva del fiume . Ma , dov ' era andata la massa grigia ? Era corsa innanzi senza intoppi , o gli ostacoli , di cui è pieno il Chiese , l ' avevano trattenuta ? Aspettai un pezzo senza batter le palpebre , con gli occhi inariditi che mi bruciavano . Alla fine passò nella corrente , in un attimo . Ripresi a correre anch ' io su quel margine , dove nascono i salici sottili e le larghe foglie delle ninfee . Più su il prato è verde , smaltato di fiori , e ai pioppi si mischiano i pini , gli olmi , qualche piccola quercia . Lì m ' ero posto a sedere tante volte sopra un tronco abbattuto , studiando le formiche , ammirando gl ' insetti gialli d ' oro , rossi di rubino , verdi di smeraldo , leggendo un bel libro o fantasticando alle cose gaie nella vacuità della vita . Poco lontano , dove il viottolo costeggia un campo di magre pannocchie , m ' ero sdraiato una mattina a guardare per un ' ora di seguito tre giovani donne , che raccoglievano le noci , le quali , scosse da un ragazzo sull ' albero , cadevano nel fiume , e le tre donne , ridendo , mostravano le grosse gambe fin sopra il ginocchio , con le gonne legate ai fianchi . La macchia grigia era andata ad arenarsi sopra un banco di ghiaia , accanto alla riva . Mi tolsi le scarpe e le calze , mi arrotolai i calzoni alle cosce , e camminai tra le onde . Non mi reggevo in piedi . Il fiume mi tirava giù con una violenza invincibile . Sentii la piccolezza dell ' uomo in faccia alla volontà delle cose insensate . In quell ' istante il Chiese dovette chiamare in aiuto tutte le forze de ' suoi abissi : coperse il banco di ghiaia con un ' ondata impetuosa e , avvoltolando l ' orrido oggetto biancastro , lo portò via inesorabilmente . Mi sentii vinto . Rientrando nella mia camera di Garbe ero inzuppato d ' acqua e di sudore , sfinito ; avevo gli occhi gonfi , la testa in fiamme ; i polsi martellavano . Non potei chiudere occhio . Appena giorno mi alzai barcollando , e sulla sinistra del Chiese , lungo la via postale , andai a Sabbio . Ora le mie membra erano tutte ghiacciate , ora dovevo asciugarmi la fronte . A Sabbio , dove spesso andavo a far colazione , l ' idalgo e la sua moglie ostessa m ' accolsero con un mondo di cortesie , chiedendomi venti volte se stavo male . - Non è niente , - rispondevo , - l ' aria fresca , la passeggiata e la colazione mi rimetteranno - . Non mangiai nulla . Guardavo come in sogno il largo portico adorno di ragnateli , le chioccie che venivano a beccheggiare i minuzzoli di polenta per portarli a ' pulcini , la chiesa della Madonna , la quale , alta com ' è sul colle e posta lì proprio accanto , pareva piantata sopra i tetti dell ' osteria . Mentre io stavo immerso in queste visioni , entra uno dei figliuoli dell ' ostessa , Pierino , bel ragazzotto di sette anni , saltando , e si mette a gridare : - Mamma , l ' ho visto , sai ? - Chi ? - L ' uomo che hanno trovato nel fiume stamattina . - È bello ? - No , è tanto brutto . Domandalo alla Nina . La Nina era entrata insieme col fratello , ma s ' era tosto rincantucciata in un angolo del portico , con le mani giunte , mormorando qualcosa sotto voce . Si sentiva a intervalli la parola Requiem , flebile , soffocata . - È giovine o vecchio ? - ripigliò la madre . La Nina non rispose . Rispose Pierino : - È vecchio , ha la barba bianca , lunga lunga . Ha gli occhi stralunati . - Dov ' è ? Voglio vederlo - gridai scattando in piedi . L ' ostessa mi sbirciò , e bisbigliando : - Dio , che gusti ! - ordinò a Pierino di accompagnarmi . In quattro salti fui alla chiesa , quella del paese basso . In una stanza umida annessa alla sagrestia avevano esposto il corpo dell ' annegato . La stanza era piena zeppa di contadini . Uno diceva : - Chi lo deve conoscere ? Si vede bene da ' panni che non è del paese . Un altro soggiungeva : - Io dico che è tedesco . - No , è di Milano . - Indosso non gli hanno trovato niente ? - chiedeva un giovinotto . - Niente : né una carta , né un soldo . - Si sarà affogato per la miseria . - Io dico che è cascato nel fiume . - Io dico che ve l ' hanno gettato . - L ' occhio è da demonio . - Con quella bocca aperta sembra che ci voglia mangiare vivi . Una bambina si nascondeva , tremando , dietro al corpo del padre , e ripeteva : - Ho paura , ho paura ; andiamo via . Il padre intanto esaminava da vicino l ' abito dell ' annegato , lo toccava e sentenziava : - Bel fustagno ! Dev ' essergli costato caro . M ' ero cacciato innanzi tra la folla . Il vecchio del Ponte dei Re fissava gli occhi nel mio volto , sinistri , minacciosi . Sentivo in quello sguardo immobile un supremo rimprovero . Alle orecchie mi ronzava un soffio da tomba , che diceva : - Tu mi hai lasciato morire : sii maledetto . Tu potevi salvarmi , tu mi hai lasciato morire : sii maledetto . Tu avevi indovinato quel che io stavo per compiere , tu mi hai lasciato morire : sii maledetto . Il soffitto della stanza mi crollava sul capo ; la folla mi stritolava . Credevo di essere nell ' inferno , in mezzo ai diavoli , giudicato dalla voce cavernosa e dagli occhi implacabili di un cadavere grigio . Entrò un contadino , che avevo visto a Idro . Guardando l ' annegato , esclamò : - Povero vecchio , le voleva tanto bene ! Due giorni soli ha potuto vivere dopo morta la sua Teresa ! * * * Mi posero a letto con una febbre da cavallo . Le impressioni di quella mattina , le fatiche della sera precedente , i rimorsi , produssero il loro effetto : avevo delle allucinazioni spaventose . Gli occhi infiammati mi dolevano assai . Il mio buon sindaco veniva a visitarmi due volte al giorno , e mi stava accanto delle lunghe ore , porgendomi egli stesso le medicine e raccontandomi piano , quando gli sembravo un po ' quieto , qualche storiella , che non mi faceva sorridere . D ' allora in poi la febbre s ' è mitigata , ma , ad onta del chinino , non m ' ha voluto lasciare . I medici dicono che è di quelle periodiche , le quali si pigliano facilmente con l ' umidità e con gli strapazzi . Io la sopporto in pace ; ma non posso tollerare in nessun modo questa maledetta macchia negli occhi . Appena uscito dai vaneggiamenti , me la son vista dinanzi , e continuo a vederla , come vi ho descritto , ostinata , abbominevole ... Ecco , anche in questo momento uno spettro scialbo e confuso mi balla di contro , ecco che insudicia il foglio bianco . Il sole è già tramontato , e la scrivania rimane in una penombra , che mi basta a gettare sulla carta in furia queste parole , ma che non mi lascerebbe rileggerle . Volevo finire prima di accendere il lume , e la macchia si giova della mezza oscurità per lacerarmi il cervello ... La macchia cresce , la macchia - cosa nuova ! - prende una forma d ' uomo Le spuntano le braccia , le spuntano le gambe , le nasce il capo . È il mio vecchio , il mio terribile vecchio ! Parto stasera ; vi consegnerò io stesso domani questo manoscritto . O guarisco o mi strappo gli occhi . Il collare di Budda Gioacchino aveva certo qualcosa nella fantasia , che gli dava fastidio . Si metteva a sedere , piantando i gomiti sulla tavola e posando le guance scarne sulle mani stecchite , e abbassava le palpebre come se volesse meditare lungamente su qualche grave sciagura ; ma , dopo un minuto , balzava in piedi , andava allo specchio appannato e piccolo che era posto sul cassettone , contemplava la sua triste imagine con lo sguardo stralunato , e vedendosi più giallo del solito ( non aveva chiuso occhio in tutta la notte ) sentiva un brivido scorrergli dalla testa ai piedi . Allora si tastava il polso e gli pareva di aver la febbre . La finestra era spalancata , ma , benché non fossero ancora le sette della mattina , faceva un caldo d ' inferno . Il sole di luglio dardeggiava una luce spietata , che , seguendo in quel momento la direzione della stradicciuola larga un metro o poco più , andava a battere sul lastrico , diventato una striscia di fuoco bianco ; sicché , quando l ' inquieto giovine s ' affacciò alla finestra , gli parve di accecare . A poco a poco , assuefattosi alla luce , fermò lo sguardo all ' estremità della calle , sul ponte storto e su quel caro verde dei rii veneziani , che riposa la vista . Gioacchino trovò infatti un istante di requie nel bel colore di smeraldo oscillante . Giù nella calle , all ' ombra di una tenda rossa a rappezzi , stava seduto Zaccaria , nella bottega del quale si vedeva un paio di scarpe rotte esposte accanto ad un bacile lustro di rame , tutto figure a sbalzo , simile ai piatti enormi che brillano nel negozio ambulante di Zamaria dalle fritole ; accanto ad un paio di calzoni rattoppati e ad uno spiedo arrugginito stava una spada ad elsa dorata , eredità d ' un consigliere aulico dell ' Austria , ed una tabacchiera con certi amorini allegri , miniati un secolo fa da un pittore francese . Gioacchino dal suo quarto piano chiamò : - Zaccaria - . Zaccaria alzò le due punte della barba grigia . Il giovine gli chiese con voce rauca : - C ' è stato nessuno ? - L ' altro si contentò di stringersi nelle spalle , e tornò a guardare per terra . Il giovine , rientrato nella penombra della sua camera , s ' era messo a guardare una specie di pesante monile di metallo bianco , largo quattro dita , sul quale stavano incise in carattere gotico le tre lettere F . A . Q . e con una pezzuola lo andava ripulendo . Gli venne una idea , che lo rallegrò : la collana poteva essere d ' argento . Si vestì in fretta . Il goletto , i polsini posticci , bianchi di bucato , erano appiccati ad una camicia un po ' sudicia ; ma il vestito nero pareva nuovo e fatto apposta per il corpo allampanato del nostro Gioacchino . Solo i calzoni leggeri lasciavano sconciamente intravvedere , appena sotto alle ginocchia , le trombe degli stivali . Certo quegli stivali , ereditati da uno zio , erano larghi per le gambe magre , e nei calori dell ' estate dovevano dare gran noia . Insomma Gioacchino uscì tenendo in mano il monile , e a cento passi dalla sua casa entrò in una botteguccia piccola , bassa , che aveva nella vetrina qualche orologio d ' ottone , qualche enorme cipolla d ' argento , cinque o sei catenelle d ' acciaio e alcune paia di orecchini d ' oro sospetto . Mettendo il piede sulla soglia non ci vide più nulla : bujo pesto . Ma un po ' alla volta cominciò a distinguere le cose . In un angolo , dove entrava un tantino di luce di riflesso pallida , stava un vecchio con gli occhiali sul naso , che guardava , attraverso ad una lente grossissima , la carcassa di un orologio sconquassato . - Oh , signor Gioacchino ! È un pezzo che non la si vede . C ' è qualcosa da comprare ? - No , ho bisogno di un favore . - Eccomi pronto , purché non sieno denari . Potrebbero strapparmi sette denti , come per cavar soldi fece a un ebreo quel re d ' Inghilterra , e all ' ottavo non troverei una lira . È vero che non ne ho sette tra tutte due le mascelle ; e d ' altra parte lei , signor Gioacchino , n ' ha tanti da prestarne a tutti , e denti e quattrini . In che cosa posso servirla ? - Veda questa roba . Il vecchio diede un ' occhiata all ' oggetto di metallo , e disse tosto : - È argento , argento massiccio e puro . - Quanto potrebbe valere ? - Lo vuol vendere ? - No , glie l ' ho detto . - Allora pesiamo . Trenta lire , piuttosto meno che più . L ' ha trovato , questo collare ? - Sì . Pensavo bene io che non fosse il collare d ' un suo cane . I cani - e guardava sardonicamente agli spropositati stivaloni del giovinotto - i cani le piacciono poco , mi pare , come alla buon ' anima di suo zio . Mentre l ' orefice e orologiaio , ridendo a squassi , borbottava queste ultime parole , passava un monello , che gridava con voce argentina : - L ' « Adriatico » , l ' « Adriatico » , col gran fatto accaduto ... Gioacchino disse un grazie rapido al vecchio , e corse dietro al monello per comperare il giornale , poi se lo portò su in camera , salendo a tre a tre gli scalini alti delle branche strettissime . Cercò alla fine della terza pagina , e trovò in carattere grosso l ' avviso , che tutti i fogli del giorno innanzi avevano già pubblicato : « Chi avesse smarrito un collare da cane con tre iniziali , la prima delle quali F , è pregato di recarsi a ricuperarlo il più presto possibile alla bottega portante l ' insegna dello Scudo d ' oro , in calle della Forca , numero 512 . Il collare verrà consegnato sulla indicazione delle altre due lettere , senza esigere nessuna mancia » . V ' erano tre o quattro errori tipografici ; ma , insomma , il testo appariva chiaro . Suonarono le otto . Il giovine tornò ad uscire in gran fretta , spinse forte l ' uscio due o tre volte per essere ben certo che fosse serrato , e , passando vicino alla bottega dello Scudo d ' oro , disse a Zaccaria , il quale stava ancora seduto sotto la tenda rossa : - Siamo intesi : se viene qualcuno a chiedere il collare , mandatelo al cassiere della Banca di Sicurtà commerciale . Va bene ? - Ho capito , ho capito . Me la ricantò ieri cento volte la solfa . - Dunque mi fido . E Zaccaria , nell ' ombra della calletta angusta , dove il sole non batteva più , mormorò tra i denti , sbirciando Gioacchino , che saliva il ponte quasi di corsa : - È curiosa ! Che smania di restituire la roba gli è venuta d ' un tratto . Anche questa s ' ha da vedere ! - Gioacchino dal canto suo pensava : - È d ' argento , correranno a pigliarlo . * * * Bisogna sapere che Gioacchino non era punto avaro ; ma l ' antiquario dello Scudo d ' oro non aveva torto : quella smania riesciva stravagante . Il giovine , come vedremo , spendeva tutto quello che guadagnava . La sua camera non si poteva dir sudicia , benché la moglie borbottona di Zaccaria non togliesse la polvere dal cassettone , dallo specchio , dalle quattro scranne , dalla poltrona zoppa e dalla tavola tarlata se non una volta ogni due settimane . Codesti mobili erano assoluta proprietà di Gioacchino , il quale pagava cinque lire al mese la stanza vuota , e dava mensualmente per il servizio della degna sposa di Zaccaria una lira : molto più di quello che si meritasse . Ora mettiamo il mangiare , il vestire , i divertimenti , e giungeremo alle tre lire al giorno , né più né meno . Gioacchino aveva ereditato dallo zio , un sant ' uomo , centomila lire o giù di lì , e gli affari della cassa alla Banca di Sicurtà gli avevano dato nell ' ultimo bilancio un frutto netto di diecimila lire , che doveva crescere del doppio l ' anno seguente ; ma questo non era guadagno proprio suo , era guadagno del denaro suo : bisogna distinguere . Gioacchino , fra le altre virtù , aveva quella della modestia : valutava poco l ' opera propria ; e il lavoro di tredici ore , dalle otto della mattina alle sei e dalle otto della sera alle undici , gli era sembrato , dopo molti e profondi calcoli , degno di tre lire al giorno soltanto . L ' entrata dunque e l ' uscita si pareggiavano . Anzi , di quando in quando gli veniva il sospetto di essere un cervello sventato ; e allora resecava un po ' sulle spese , sicché del proprio guadagno effettivo aveva messo da parte un centinaio di lire , più qualche centesimo , destinate in casi straordinarii a certi matti dispendii . Non è male che un giovine previdente si prepari così un fondo di cassa disponibile agli ultimi estremi per una qualche pazzia . Il momento della pazzia , una vera ed improvvisa pazzia , era venuto . Sulle donne Gioacchino aveva delle idee molto sentimentali . Non gli piacevano quelle che si fanno pagare ; ma dall ' altra parte a quelle che non si fanno pagare non sembra che Gioacchino piacesse troppo . Con le ragazze ci sono gl ' impegni e spesso le noie de ' fratelli o del padre ; quanto alle donne maritate , la moralità sua lo salvava dal pensarvi , e anche un poco la paura dei mariti bisbetici . Così dunque il nostro giovine , con la sua faccia d ' un pallore giallastro , gli occhietti bigi , le labbra grosse violacee , il pizzo rado , le guance infossate , la testa quasi pelata , magro come uno stecchino , viveva in una castità molto impaziente . Una sera , alle sei e mezzo , in Merceria di San Salvatore , mentre usciva dalla sua Cassa , ecco si imbatte in una fanciulla ammirabile . Alta , snella , con certi occhioni neri da far venire la pelle d ' oca , e i capelli corvini , e la carnagione ( si vedeva un poco più giù del collo ) d ' un bruno caldo , infiammato , che sembrava un riflesso d ' incendio . Gioacchino sentì nel cuore un gran colpo , e , fatti due passi , voltò la testa . In quel punto voltava il capo anche la bella giovane , saettando con gli occhioni neri . Gioacchino incerto , tremante , quando la ragazza fu lontana ebbe il coraggio di seguirla . Alla svolta di una calle od alla discesa di un ponte , se la perdeva di vista , affrettava il passo , correva ; poi , scopertala , si fermava di botto , e s ' ella stava un minuto a guardare dinanzi alla mostra d ' una bottega , egli andava a rifugiarsi vergognosamente in un sottoportico buio . Si studiava di camminare come se non fosse fatto suo , fischiettando , guardando in aria . Passava dalla paura all ' ardire : tre o quattro volte gli venne l ' impeto di accostarsi alla fanciulla ; faceva due passi , e l ' animo gli mancava . Così passarono da San Bartolomeo , poi dal ponte dell ' Olio , poi dalla salizzada di San Giovanni Grisostomo , e finalmente dal campo de ' Santi Apostoli , dove la fanciulla incontrò una vecchia vestita di nero , con il cappellino a fiori color di rosa . Il sole , splendente ancora nella vasta piazza , bruciava . Svoltato l ' angolo della calle del Pistor , nel ramo delle Zotte , in fondo al quale si vedeva brillare il verde dell ' acqua e passare il felse di una gondola nera , la fanciulla e la vecchia sparirono . Per farla breve , cinque giorni dopo , la vecchia piccola , grassa , grinzosa , dal cappellino ornato di rose , aveva già con infinite astuzie cavato quaranta lire dal salvadanaio disponibile del nostro giovine cauto . Irene era propriamente la Dea della seduzione . Quando stava ritta il suo mento ovale soverchiava in altezza il cocuzzolo mezzo pelato di Gioacchino , ma si piegava con tanta grazia ! Nello slanciarsi , nell ' incurvarsi , nell ' ondeggiare aveva della pantera ; aveva del serpente nell ' attorcigliarsi , nell ' aggomitolarsi , nello strisciare . E poi era tanto allegra . Il suo labbro superiore rimaneva naturalmente alzato , massime alle estremità in una curva adorabile , che faceva pensare a non so che di canino , e che lasciava sempre vedere i denti bianchissimi . Gl ' incisivi dovevano essere arrotati come lame di coltello , ed i canini erano certo puntuti come pugnali . Il riso le stava tanto bene : gli occhi scintillavano e mandava un fremito di gaiezza , che pareva selvaggio . Gioacchino aveva perso la testa . Andava in calle delle Zotte subito dopo il desinare e vi restava fino alle sette e tre quarti , l ' ora di tornare alla Cassa . Vi sarebbe andato anche di giorno se avesse potuto scappare , non foss ' altro per dieci minuti , dalla Banca di Sicurtà ; vi sarebbe tornato la sera tardi , se la fanciulla e la vecchia mamma non glielo avessero proibito , dicendo che andavano sempre a dormire innanzi i polli , e che non intendevano mettere a repentaglio nel vicinato il loro nome di donne oneste . Fatto sta che il settimo giorno , a contare dal primo incontro , la vecchia strappò al giovinotto ancora trentacinque lire . Ma Irene gli voleva tanto bene , gli si buttava addosso con tanto furore , che era un incanto ! Aveva anzi il caro costume di morsecchiare ; e Gioacchino , la sera , spogliandosi , guardava con infinita compiacenza le lividure delle proprie carni . Un dopo pranzo ( si conoscevano da nove giorni ) la fanciulla era più gaia e Gioacchino anche più acceso del solito . Irene gridò improvvisamente : - Voglio mostrarti d ' un colpo tutto quanto il mio amore - e si avventò contro di lui e , afferrandolo per le spalle , lo girò , e sotto alla nuca gli diede un gran morso con que ' suoi denti taglienti e puntuti . - Sangue , sangue ! - ripeteva sghignazzando . E Gioacchino , benché gli facesse un poco male , e sopra tutto gli rincrescesse che il goletto e la cravatta avessero ad imbrattarsi , rideva anche lui con quella sua faccia sparuta e squallida , e si asciugava la ferita con la pezzuola . Erano quasi le otto . Uscì felice , toccandosi a brevi intervalli col fazzoletto la nuca , dove le gocce di sangue si rinnovavano ad ogni tratto ; ma , poiché il sangue non voleva stagnare , entrò in una farmacia a farsi mettere sulla ferita un pezzetto di cerotto giallo . Di notte sentì un pizzicore , che lo tenne svegliato . La sera seguente Gioacchino spasimava d ' amore , benché durante la giornata si fosse sentito in tutte le membra una spossatezza grandissima . All ' ora consueta la vecchia lo aspettava sulla porta di strada . Quando Gioacchino la vide bisbigliò : - Ci siamo ! - La vecchia infatti lo tirò nella cucina , dove due pentole , un candelotto , cinque o sei tondi e qualche posata arrugginita ornavano la credenza . Principiò le lamentazioni . Irene non ne sapeva nulla , poveretta ! ma certi impegni urgentissimi , gli ultimi creditori impertinenti da far tacere ; bastavano trenta lire ; era tanto buono , tanto gentile ; non l ' avrebbe seccato mai più , lo giurava sulla immagine di Santa Brigida . Gioacchino teneva duro . Allora la vecchia , piantandosi le mani ai fianchi , smessa la studiata dolcezza del volto grinzoso e la mellifluità della voce fessa , continuò ringhiando . Irene dipendeva da lei ; non c ' è amore che tenga ; gli avrebbe dato un calcio da quella parte , e poi chiusa la porta in faccia in saecula saeculorum , una bella faccia davvero ! Se voleva continuare a veder la ragazza doveva contribuire anche lui alle spese di casa ; e poi una ragazza tutta per lui , così pura , così innocente ; infine si trattava di poche lire ; era una spilorceria , una sordidezza ; o con chi credeva di aver da fare ? le persone si devono apprezzare per quel che meritano , e lei e la figliuola volevano essere tenute in conto di donne dabbene ; l ' aveva intesa sì o no ? Gioacchino diede le ultime venticinque lire . Oramai dei risparmi sull ' onorario , che aveva concesso a sé medesimo , gli restava qualche misero soldo ; ma il giovine si sentiva tanti bollori addosso , che l ' intaccare all ' occorrenza d ' un altro centinaio di lire le ventimila , che il suo danaro doveva in quell ' anno fruttargli , non gli appariva la cosa più atroce di questa terra mortale . Irene stava sdraiata sull ' ottomana . Faceva un caldo grave umido , soffocante . Era vestita d ' una sottana piuttosto corta e d ' un casacchino , dal quale s ' erano strappati quasi tutti i bottoni . Gioacchino , vedendola , si rasserenò : i suoi occhietti si spalancarono , il viso smorto pigliò un bel colore rosato . Bisbigliò nell ' orecchio della fanciulla la eterna parola : - Mi vuoi bene ? L ' altra rispose a voce alta , ridendo : - T ' adoro . - Ami me solo ? Pensi sempre a me ? Io , vedi , darei tutto il mio sangue per la mia cara Irene . E le rimproverò dolcemente il morso della sera innanzi , dicendole che ancora la nuca gli pizzicava forte . Aveva messo il capo sulle ginocchia di lei . Immerso in una specie di sopore beato , guardava , senza pensare , alla polvere densa , che da più mesi non era stata disturbata sotto ai pochi mobili sconquassati , alle sporcizie del pavimento , delle quali si sarebbe scandalezzata persino la degna sposa di Zaccaria , ed alle tendine delle finestre rabescate di lordura . Dal canale quasi asciutto saliva un fetore acre . Qualcosa di bianchiccio , di lustro , dietro ad una delle gambette storte dell ' armadio , fermò lo sguardo di Gioacchino . - Guarda , che cosa c ' è lì sotto ? - chiese ad Irene , e senz ' aspettar la risposta andò a pigliare l ' oggetto . Era un collare col suo fermaglio e le tre lettere F . A . Q . La faccia di Gioacchino diventò livida . - Un cane , c ' è stato un cane in questa casa . Rispondi . Irene rideva , mostrando i denti . - C ' è stato un cane e ha perduto il collare ? Quando ? - Ieri mattina . - Ieri ? - Sì , ieri ; - e la donna ci pensò un attimo , poi soggiunse : - Entrò dall ' uscio della scala , che la mamma con questi caldi tiene sempre aperto . Ma io non ho paura dei cani . Anzi guarda - e mostrò alla polpa della gamba destra due ferite vicine , lunghe , parallele , non ancora rimarginate . - È stato il cane ? - gridò Gioacchino con gli occhi fuori dalla testa . - Sì , il cane . Non me ne rammentavo quasi più . - E non hai fatto bruciare la piaga ? - Fossi matta ! Perché mi restasse il segno tutta la vita . - E il cane dov ' è ? - Lo so io ! Non l ' avevo mai visto . È scappato , e buon viaggio . - Scappato subito ? - Subito , e tanto in furia che pareva arrabbiato . - Arrabbiato , arrabbiato ! - e si toccava la morsicatura della nuca , che da un minuto gli bruciava la carne come un tizzone ardente . Mise in tasca il collare e scappò , precipitando giù dalle scale , correndo nelle calli , sui ponti , lungo le fondamenta , dando degli spintoni a tutti quelli che incontrava , finché giunse all ' Ospedale maggiore , dove chiese del chirurgo di guardia . Voleva farsi medicare col ferro e col fuoco ; ma il chirurgo disse che non si poteva tentare più nulla , giacché la piaga era bell ' e cicatrizzata . Del resto , saputo il caso , affermò dottrinariamente che la rabbia non si trasfonde da uomo ad uomo , eccitò Gioacchino a dormire quindi i suoi sonni tranquilli , e gli voltò le spalle . Gioacchino pensava : - Menzogna , inganno pietoso . Voglio sapere la verità ad ogni costo - e nel correre verso casa , passando innanzi alla Farmacia di Santa Fosca , di cui conosceva il principale , vi entrò difilato . Giunto al banco starnutò . L ' aria impregnata degli odori di droghe , di olii , di mantecche e di elettuarii , gli punzecchiava le papille del naso . La Farmacia di Santa Fosca è celebre . Delle sue pillole miracolose si occupò più volte niente meno che il Gran Consiglio della Repubblica di Venezia . La sala , piuttosto vasta , appare molto solenne ; un resto , perfettamente conservato , dell ' arte barocca : grandi armadii tutt ' intorno in legno massiccio , a pilastri , a cornicioni , a timpani , con riquadri arzigogolati e volute gobbe ; sulla porta di mezzo , in faccia all ' ingresso , il busto di un vecchio sapiente , in atto di consultare un librone enorme di farmacopea ; sulla porta a destra il busto d ' un giovine , che tiene una storta , e sulla porta a sinistra quello di un altro giovine , che pesta nel mortaio ; all ' alto dei frontespizii certe figure allegoriche di donne sdraiate e dorate ; qua e là delfini e caducei . Il soppalco a travi regolari , dipinti in fiorami gialli , non ha una ragnatela ; nelle scansie i vetri di maiolica , bianchi con gli ornati di fogliami celesti e le iscrizioni a lettere gotiche nere , i più grossi e panciuti nel palchetto più alto , in mezzo i mezzani e sotto i piccoli , stanno schierati l ' uno accanto all ' altro con una regolarità , dove s ' indovina la mano avvezza agli scrupoli d ' oncia . Se la discorrevano insieme nella stanza vicina , intorno alla tavola tonda , quattro medici , mentre , dietro al banco , lo speziale attendeva a pesare e ad incartare non si sa quali polveri bianche . Gioacchino , vergognandosi di parlare di sé , principiò a narrare allo speziale il caso di un amico suo , che era stato morsicato da una donna , la quale alla sua volta era stata morsicata da un cane , probabilmente rabbioso . Nell ' andare innanzi , infervoratosi nei particolari della storia , alzò a poco a poco la voce , sicché i medici , dall ' uscio aperto , si posero ad ascoltare . Il punto sul quale Gioacchino voleva essere illuminato era questo : - L ' idrofobia si può trasmettere dall ' uomo all ' uomo ? - Il farmacista non sapeva che cosa rispondere ; ma intanto entrò una vecchietta a chiedere tre once di olio di ricino , e il farmacista , conducendo Gioacchino nella stanza attigua , espose ai medici la domanda di lui , mentre la vecchietta gli tirava la falda dell ' abito perché si sbrigasse a darle quel purgante , il quale doveva servire a guarir dalla colica la sua nuora , un bel pezzo di giovinotta , che aveva mangiato , essendo giorno di magro , un subisso di baccalà . I quattro medici , i quali stavano aspettando invano di essere chiamati da qualche cliente , e intanto non sapevano come ingannare il tempo , giudicarono la quistione bella , ma molto intricata . Uno , il più vecchio , si rammentava di avere letto nello « Sperimentale » di un caso d ' idrofobia comunicata ad un fanciullo dalla morsicatura di una ragazza , innanzi che le si manifestasse la rabbia . Gioacchino allibì . Vero è che la notizia fu poi smentita nello stesso periodico . Gioacchino respirò . Frattanto il secondo dottore , sbarbato , con i capelli biondi e lunghi e gli occhiali sul naso , era andato a frugare nella libreria , che pigliava tre lati della stanza ( la più ricca libreria delle farmacie di Venezia ) e ne aveva cavato il fascicolo del giugno 1880 del « Giornale internazionale delle scienze mediche » . Interrompendo senz ' altro i discorsi dei colleghi si mise a leggere lentamente , gravemente alla pagina 488 questo articoletto : « Sulla trasmissibilità della Rabbia » , pel dottor Raynaud . Fino ad ora si teneva per indiscutibile che l ' uomo rabido non sia atto a trasmettere ad altri la malattia ; oggi pare che tale questione sia entrata in una fase tutt ' altro che rassicurante . Da alcune esperienze è lecito dedurre che il virus rabido dell ' uomo è contagioso . L ' inoculazione fatta nei conigli della saliva o del detrito della glandula salivale di un uomo affetto da rabbia , per morso riportato da animale sospetto , diede luogo ai sintomi rabidi , indi alla morte . Da ciò si deduce la trasmissione della rabbia non solo dall ' uomo agli animali , ma eziandio da uomo ad uomo ; e , ciò ammesso , si comprende come bisogna guardarsi con scrupolosa attenzione così dai morsi degli infermi affetti da rabbia , come anche dalla loro saliva e dagli oggetti che ne fossero imbrattati , specialmente nel caso che nelle mani esista qualche taglio o scalfittura o piaga » . Gioacchino era diventato verde e immobile come un cadavere : soltanto le sue labbra tremavano ; ma i medici , incaloriti nella questione , non gli badavano affatto . Uno di essi , il più giovane de ' quattro , piccoletto , gobbetto , tutto malizia negli occhi e nella bocca , osservò : - L ' articolo non vuol dir nulla . Gli uomini , è vero , somigliano ai conigli nell ' animo , ma non si possono confondere con i conigli nel fisico . Io in questa materia la so lunga , pur troppo ! La mia tesi di laurea ebbe a tema l ' idrofobia : ho dovuto consultare un monte di libri , e sono stato aiutato dal professore Lussana , che ha compiuto delle belle esperienze . Vi ricordate certo di quel povero dottore Agostino Marin , medico condotto di Cervarese Santa Croce , tanto buono , tanto amato da tutti , il quale , morsicato da un cane , sentendosi dopo tre mesi i primi sintomi dell ' idrofobia , montò in carrettella e , guidando da sé , si recò all ' Ospedale di Padova , dove al medico di guardia disse quietamente : - Vengo a finire qui , per non funestare con l ' orrendo spettacolo della mia morte la mia moglie ed i miei figliuoli , che amo tanto - . Morì in fatti qualche giorno appresso ; e il Lussana , avendo avuto un poco di sangue di quel disgraziato , lo iniettò nella vena femorale di due cani . Uno de ' cani poco dopo morì , l ' altro fu ucciso : era stata comunicata a tutti e due la così detta idrofobia lipemaniaca o taciturna . Il medico biondo interruppe : - O dunque , se ai conigli e ai cani , con la saliva e col sangue la rabbia si trasmette , perché non s ' ha a trasmettere all ' uomo ? - Caro dottore , o perché i cavalli , i ciuchi ed i buoi vanno soggetti a malattie diverse da quelle della bestia umana ? Non ci sono forse dei veleni che accoppano certi dati animali , non facendo agli altri né caldo né freddo ? L ' Hertwigx dichiara che solo il quinto degli uomini addentati direttamente da cani idrofobi s ' ammala ; e il Giraud , il Bezard , il Parvisse , il Gauhier , il Vaughan ... - Basta , per carità ! - gridò lo speziale dal suo banco . - ... Il Giraud , il Babington praticarono l ' innesto senza ottenere mai ombra d ' idrofobia . Nessuno dei coraggiosi dissettori che , studiando i cadaveri di idrofobi , s ' erano fatti alle mani o tagli o graffiature , ebbe a soffrire nulla , salvo uno , pare , se si deve credere all ' Andry . - La conclusione è questa - notò il medico vecchio - che non sappiamo nulla ; ma non vorrei , lo confesso , neanche a ricoprirmi d ' oro , sperimentare nella mia carne i denti di un uomo idrofobo . Gioacchino era caduto sopra una seggiola : tendeva l ' orecchio , ma non respirava più . Si fece coraggio , e chiese , balbettando , al medico gobbetto , che gli stava accanto : - La rabbia , scusi , negli uomini e nei cani si può sempre riconoscere dalle loro furie , dagli ululati , dalla bava , da qualche altro segno sicuro ? Il novello Esculapio , lietissimo di poter sciorinare la sua sapienza , rispose : - No . La rabbia non si manifesta con accessi di furore , anzi è una malattia , a prima giunta , di apparenza benigna ; ma fino dal principio la saliva riesce virulenta , cioè contiene il germe inoculabile ; ed il cane , o anche l ' uomo , senza fallo , è allora più pericoloso per le carezze della sua lingua , che non per la tendenza a mordere . La copia della bava non appare un indizio costante : talvolta la gola resta umida , talvolta secca . In una varietà particolare , che si denomina rabbia muta , la mascella inferiore si discosta assai dalla superiore , e si vede sino al fondo la gola nera . Sovente il cane cammina con il passo vacillante , con la coda rilassata , con la testa china e gli occhi spalancati e la lingua pendente fuori della bocca , lunga , azzurrastra . Alza il capo per mordere , e poi subito ripiglia il suo fatale cammino . - E nei rimedii - chiese il medico vecchio , il quale non aveva più voglia di tenere dietro ai progressi dubbiosi della sua scienza - dopo il vano tentativo del curaro , hanno inventato altro ? - La tracheotomia - rispose il gobbetto . - La tracheotomia - brontolò con un soffio di voce Gioacchino . - Che cosa è ? - È un taglio lungo la trachea - e il medico mostrava la gola più giù del colletto . - Il pathos eminens dell ' idrofobia consiste in uno spasmo laringo - faringeo ; non potendo dunque respirare di su , si spacca la gola e si respira più sotto . Gioacchino inorridiva , ma il medico , senza guardarlo , continuava : - Vero è che alla stretta dei conti si muore ugualmente , strozzati , epilettici , furiosi , con la bava e il sangue alla bocca , ballando come nel delirium tremens il più orribile e infernale dei can - can . Il dottore biondo , quello con gli occhiali , mentre i colleghi suoi ragionavano , non aveva fatto altro che togliere dalla libreria dei volumi e scartabellarli e ammonticchiarli sulla tavola . Sfogliandone uno , dopo avere scorso una mezza pagina , si pose a ridere , dicendo : - Sentite , amici , niente meno che l ' Encyclopêdie , quella del Diderot e del d ' Alembert , quella che ha illuminato il mondo . Ecco l ' articolo Rage . Rabbia dunque ce n ' è di sette sorte : quattro hanno rimedio : per le altre v ' ha un riparo soltanto : tuer le chien enragé . E delle medicine questa è amena : « Pigliate il peso di sei scudi di sugo d ' assenzio , il peso di due scudi di polvere d ' aloe , il peso di due scudi di corno di cervo bruciato , due dramme di agarico e il peso di sei scudi di vino bianco : mêlez le tout ensemble , et les faites avaler » . Qui scoppiò una lunga risata ; ma il dottore biondo continuava imperterrito : - Farmaco per impedire che la rabbia si manifesti : « Pigliate del latte di vacca appena munto , mettetegli in fusione della pimpinella selvatica , e fatene bere tutte le mattine per nove giorni » . Lo speziale , messo in curiosità dalle risa dei dottori , era andato ad ascoltare . - Ha inteso ? - disse a Gioacchino - basta bere per nove mattine il latte con la pimpinella . Ma il quarto medico , il quale non aveva mai aperto bocca , e pareva che sonnecchiasse , si alzò e , preso in disparte Gioacchino , gli bisbigliò con molta solennità in un orecchio : - Lasci sbraitare questi signori . Il fatto è questo , che la trasmissione dell ' idrofobia da uomo ad uomo è cosa oramai certissima . Se dunque il cane era idrofobo , l ' amico è spacciato . Il punto sta qui : sapere se il cane era idrofobo ; e , poiché i cani idrofobi non guariscono mai , sapere se il cane è vivo e sano . Se il suo amico o lei o qualche conoscente avessero bisogno di un medico , eccole il mio biglietto da visita . Gioacchino uscì sbalordito , mezzo tramortito , barcollando sulle magre gambe . Sapere se il cane è vivo ! Gioacchino si rammentò del collare che aveva in tasca . Gli venne una grande idea : corse la sera stessa agli uffici de ' giornali che si pubblicano la mattina , e la mattina seguente , per tempo , agli uffici de ' giornali che si pubblicano la sera ; e fece stampare l ' avviso che conosciamo . * * * Lo abbiamo lasciato che andava alla sua Cassa , dove giunse in ritardo , ruminando nel cervello cento storie terribili di cani arrabbiati , d ' uomini morti negli spasimi più tremendi , quando meno se l ' aspettavano , molte settimane , molti mesi , molti anni dopo morsicati . Vivere in tante ambasce ! meglio buttarsi subito nel canale con una pietra al collo . E contava i biglietti di banca con la sicurezza meccanica della consuetudine lunga ; e pensava intanto al suo povero zio , che , vedendo un cane , allibiva , sgattaiolava lungo i muri , si rannicchiava ne ' canti ; al suo povero zio , quel sant ' uomo , che , dopo avere mangiato pane e cipolle tutta la vita , gli aveva lasciato centomila lire , facendogli giurare solennemente di portare sempre gli stivali sino alle ginocchia , poiché i cani hanno l ' usanza di addentare alle polpe . Si presentò allo sportello della Cassa la testa unta di Zaccaria , e in atto di mistero disse : - C ' è quel signore . - Chi ? - Quello del collare . Gioacchino scattò , e gli passò sulla fronte un lampo di gioia . Il proprietario del collare era un bel giovinotto , alto e robusto , tenente di fanteria marina , il quale , dette le due lettere che l ' avviso chiedeva e ringraziato il cassiere , dichiarò di voler pagare , non foss ' altro , le spese delle pubblicazioni ; ma Gioacchino non rispondeva . Guardava intorno , cercando il cane : - E il cane dov ' è ? - Il cane è scappato . - Quando ? - Ier l ' altro . Gioacchino si sentì gelare , e , come parlasse a sé medesimo , con un accento di strazio mortale , bisbigliò : - Il giorno in cui ha morsicato Irene ! - Appunto . È un cane mansueto come un agnello ; ma non bisogna tirargli le orecchie . Irene gliele tirò , ed egli dentro coi denti nelle polpe . Allora gliene diedi tante e tante , che scappò giù dalle scale , e non l ' ho più veduto . Ma tornerà , ne son certo ; mi capiterà tra i piedi o al caffè , o in qualche casa dove ho per costume di andare . Non è la prima volta che mi fa questi scherzi . - Era sano ? - Come un pesce , ma con questi calori non si sa mai . Gioacchino , alzando gli occhi e guardando il volto rotondo e gioviale del tenente , chiese tremando : - Ella conosce Irene ? L ' altro si mise a ridere , come se volesse dire : e chi non la conosce ? - Scusi , ci andò ier l ' altro per caso ? - Sono tre mesi che ci vado tre o quattro volte la settimana e le ho condotto quasi tutti gli ufficiali del battaglione . - Irene in calle delle Zotte , numero 120 , quella ragazza che abita con la madre ? - Una bella madre davvero ! - Ma insomma , Irene ... ? - Non lo sapeva ? Allora soltanto il bel giovine s ' avvide che il disgraziato cassiere non si sentiva bene , e , poiché Gioacchino pregava di essere lasciato solo , il tenente , senza darsi la briga di capire codesto imbroglio , se ne andò via , intendendosela con l ' antiquario dello Scudo d ' oro , perché , quando a quel matto del cassiere fosse piaciuto , gli portasse a casa il collare . Zaccaria s ' inchinò tanto che toccò quasi il suolo con le due punte della barba grigia . - E mi costa cento lire ! - ripeteva Gioacchino , e , mentre contava i danari allo sportello , andava ripensando alla pietra da legarsi al collo e al canale ove affogarsi . Poi esclamava : - Voglio vendicarmi ; voglio uccidere la vecchia prima e la giovane poi - . E tremava di paura . Alle sette di sera , senza sapere quel che si facesse , entrò nel chiassuolo delle Zotte . La porta era aperta , salì e sul pianerottolo si fermò un istante : gli pareva di sentirsi strozzare , non poteva più inghiottir la saliva , aveva il granchio alle mani , il cuore con i suoi gran colpi voleva spezzargli il petto . - Ci siamo - pensò - mi restano poche ore di vita - . Mise il piede sulla soglia della camera d ' Irene . Irene , sdraiata come al solito sull ' ottomana , scherzava con un cane . Gioacchino si voltò per fuggire , ma Irene gli gridò : - Vieni , vieni , guarda com ' è grazioso . Poi , parlando al cane : - Non mi morderai più , non è vero ? Era il cane che Gioacchino cercava , sano , allegro , saltellante . Gioacchino , trasformato , cavò di tasca il collare e s ' avvicinò alla bestia , la quale , sentendo l ' odore della roba sua , sbalzò ai piedi del giovinotto , e ballandogli intorno abbaiava di gioia . Gioacchino affibbiò al cane il collare , poi con un ginocchio a terra , si pose ad accarezzare il suo pelo nero , vellutato , morbido ; e il cane s ' avvoltolava , e con la pancia all ' aria dimenava le zampe . Irene rideva a crepapelle . A un tratto Gioacchino s ' alzò dignitosamente , e cercando di dare alla sua fisonomia squallida , a ' suoi occhietti piccoli e spenti una espressione terribile , disse con la sua voce stridula : - Signora , vi lascio al tenente di fanteria marina ed al suo battaglione ; vi lascio al padrone di questa bestia . So tutto , tutto - e s ' avviò risoluto all ' uscio . L ' ilarità di Irene non ebbe più freno ; si sganasciava , e , battendo le mani , gridava al cane : - Acchiappa , Budda , acchiappa il ladro , acchiappalo - e incitava il cane col gesto . Budda , ringhiando , corse giù per le scale dietro a Gioacchino ; ma questi era stato più lesto e aveva chiuso la porta . La vecchia infame gettò dalla finestra sul cappello del giovine , mentre usciva , una buccia di limone . * * * Il nostro cassiere tornò alla sua vita di prima , regolare e monotona ; non s ' attentò più di seguire nelle vie le belle brune ; si rimise a ' risparmii , e comperò un paio di stivaloni nuovi , per proteggere anche le ginocchia . Santuario 1 Era l ' ultimo giorno dell ' anno , un anno pieno di malinconie e di fastidii . Avevo pagato il conto all ' oste dei Tre Turchi , e m ' ero acconciato nella carrettella , che doveva condurmi al Santuario : una salita di settecento metri , a dir poco . Il sole cadente picchiettava di ombrette e di scintille il fango della strada , il quale , schizzando a destra e a sinistra , pareva borbottasse pettegolo contro le ruote , che ne disturbavano la quiete molle . Su quella mota nerastra , tormentata a lunghi intervalli dai pesanti carri delle ferriere vicine , si distendevano ampie striscie o s ' alzavano grandi cumuli di neve , chiazzata qua e là di brutte macchie di melma e bruna al paragone dei lenzuoli candidi , che coprivano i campi ondeggiati , divisi da fossatelli , e i tetti dei casolari e delle villette sparse sulle alture . Di mano in mano che si andava in su , il fango scompariva per lasciare posto anche sulla strada alla neve , solcata da poche linee profonde ; e , un ' ora prima di giungere al Santuario , i due cavalli , sbuffando , sudando , tendendo faticosamente i muscoli , cacciando le gambe nella neve fino alle ginocchia , riuscivano a malapena a tirare il legnetto , di cui le ruote si sprofondavano quasi fino all ' asse . La temperatura , ch ' era stata assai mite , essendosi fatta freddissima , principiavo a sentirmi i piedi gelati e le mani intirizzite . Battevo i denti quando , verso le sette , al buio , si giunse nel primo cortile dell ' ospizio . Le gradinate magnifiche erano scomparse ; qualche pezzo di balaustro , le cimase , i vasi barocchi , non si vedeva altro . Le immense ali dell ' edificio s ' alzavano tetre , e gli archi aperti del vasto atrio , in quella luce notturna della neve , azzurrognola e pallidissima , sembravano l ' ingresso d ' un cimitero fantastico . Il vento cacciava sotto all ' atrio un pulviscolo ghiacciato , sottile , turbinante , che si faceva strada fra il collo e la pistagna della pelliccia , fra le maniche e i polsi . Un uomo mi venne incontro con la lanterna ; e mentre io gli chiedevo del signor rettore dell ' ospizio , e lo pregavo di condurmi subito al fuoco , ecco che s ' avanza a un tratto fra lui e me una testina bionda di donna : e le sue labbra sorridevano , ma fissò gli occhi ne ' miei con uno sguardo così audace e lungo che io rimasi turbato . Quella sfacciataggine non s ' accordava coi lineamenti soavi del volto , né coll ' abito della bella persona . Aveva il capo chiuso in una specie di cuffia bianca e il vestito di colore azzurro ; un grembiule candido le si annodava alla vita sottile e contornava i fianchi e si alzava a coprire la curva del petto , sulla quale scendeva , appesa ad una fettuccia di velluto nero , una croce d ' argento . Mentre io guardavo la strana fanciulla dalla testa ai piedi , ella , immobile , impassibile , continuava a fissarmi . In quello sguardo dritto e fiero c ' era qualcosa di tanto singolare , ch ' io , che già tremavo dal freddo , mi sentii rabbrividire . Il servo , nel vedere la donna , non si scompose , ma le disse dolcemente : - Signora , piglierà un raffreddore ; venga con me - e , pregandomi di aspettarlo due minuti , la accompagnò lungo il lato destro del portico . Ella lo seguì sommessa , senza voltare il capo . La lanterna che , ad intervalli regolari , spariva per un istante dietro alle colonne delle logge , allontanandosi e diventando sempre più smorta , s ' andò a perdere in una vasta ombra , che mi parve quella d ' una chiesa . E mi sembrò che dall ' ombra cupa uscisse un suono flebile e dolce . Quando il servo tornò , gli domandai : - Cantano in chiesa ? - Le Figlie di Gesù pregano la Madonna . - E pellegrini ce n ' è ? - Neanche uno . Con questo tempo ! bisognerebbe essere matti . Volevo chiedergli qualcosa della fanciulla bizzarra , ma mi trattenni . Il buon uomo , zoppicando un poco , mi rischiarava i gradini dello scalone . 2 La stanza del rettore era un paradisetto . Faceva caldo . Nel camino brillava un gran fuoco , e dinanzi ad esso un uomo lungo e stecchito , una specie di Don Chisciotte prete , si stava scaldando la schiena con le mani dietro . Appena mi vide entrare , innanzi di aprire la lettera ch ' io gli presentavo , mi chiese se avessi fame , se avessi freddo , se fossi stanco , se volessi bere ; e senz ' attendere la risposta , andò alla credenza a cavarne una bottiglia , mi fece sedere nella poltrona accanto al fuoco , e chiamò il servo , ordinandogli di preparare la cena . Bevetti il vermouth , due bicchieri , e il rettore voleva farmi bere il terzo a ogni costo . Lieto come una pasqua , mi pigliava per le mani , mi picchiava famigliarmente sulle ginocchia , sorrideva con un certo ghigno bonario tutto cuore , e diceva : - Ci ho proprio gusto : mi rincresceva davvero di finire l ' anno solo come un eremita . Sia benedetto il cielo : ho trovato un compagno . Pasquale , un ' altra brancata di fascine , un altro ceppo ben secco . Bada all ' arrosto , che non s ' abbrustolisca troppo . E andava su e giù per la stanza con le sue gambe interminabili , facendo svolazzare la veste ; poi si tornava a piantare ritto innanzi al camino , e allora l ' ombra oscillante de ' suoi stinchi , proiettata dalla fiamma , si distendeva sul pavimento , e il torso si sbatacchiava sulla parete opposta , e il collo e il capo tracciavano la loro forma allungata sul soffitto , sicché la figura nera appariva spezzata in tre lati , e si muoveva ora di qua ora di là , come un pulcinella di legno dislogato da un ragazzo impaziente . Alla fine il rettore lesse la lettera di presentazione , e gli Oh ! e gli Ah ! non terminavano più . - Oh , ah , il figliuolo del mio caro Gigi ! È proprio lei ? Sa che da trent ' anni ... che cosa dico ? da quarant ' anni ... sicuro , fu nel ... non mi rammento bene ... ma in somma sono passati quarant ' anni almeno dacché vidi per l ' ultima volta il mio buon Gigi . E non sapevo che avesse preso moglie , ed ignoravo che avesse un rampollo così grande e grosso , scusi , come lei . È succeduto quel che succede sempre quando ci si vuol bene davvero : non ci si scrive mai . Ma , lo creda , pensavo sempre all ' amico del Liceo e del Ginnasio , e chiedevo a me stesso : Gigi sarà vivo , sarà sano ? Egli ignora forse ch ' io sono canonico , ed io ignoro ... A proposito , a che professione s ' è mai dato suo padre ? Mi pareva che avesse poca voglia di sgobbare a quei tempi . E dove s ' è piantato ? A Venezia ? Ho sempre avuto un gran prurito di andarci ; ma poi , seminario , noviziato , canonicato , rettorato , il diavolo che mi ... E lei da qual parte del mondo mi capita qua ? Oh ! Ah ! Vedi bel caso . Bene , benone , arcibenissimo . Pasquale , un ' altra brancata di fascine , e la cena presto , e il Grignolino del 1870 , intendi bene ? Non pareva una cena da mille metri sul livello del mare , né da Siberia . Si mangiava , si beveva allegramente . - Pasquale , un ' altra bottiglia . Il Barbera del 1860 . - Grazie , ho bevuto abbastanza . - Via , via , l ' ultima sera dell ' anno ! E per il figliuolo del mio più vecchio amico ! E sta bene Gigi ? Sarà diventato grasso , mi figuro , e grigio . Porta la barba intiera o il pizzo o i soli baffi o ha la faccia pelata come me ? Quarant ' anni fa era una buona pelle quando ci si metteva . Una certa servotta , la Santina : aveva le mani e le guance rosse , e i capelli crespi . Una sera ... Dio me lo perdoni ... E si turava con le due mani la bocca enorme , e sghignazzava . Il naso lungo e adunco , gli occhi piccoli e biancastri , il mento aguzzo e sporgente , la fronte schiacciata e bassa , tutto era in moto in quel volto , su quel collo interminabile , su quella interminabile persona scarnita ; e dimenava le braccia come un mulino a vento . - Pasquale , Pasquale , una bottiglia di Barolo , di quello che Sua Eminenza bevette l ' ultima volta , ma bada di non sbagliare , del più vecchio , c ' è scritto l ' anno 1850 , e non iscuotere la bottiglia , portala adagio adagio come se fosse una reliquia . - Grazie , non posso , ho bevuto troppo . - L ' ultimo dì dell ' anno , mi canzona ! E com ' è stata ch ' è venuto qui a passare l ' ultima notte ? - Ero ai Tre Turchi ... Pasquale annunziò una deputazione . La deputazione si componeva di un solo vecchietto bianco e curvo , che , in nome dei cinque o sei sacerdoti , i quali vivono rannicchiati nelle loro camerette dell ' ospizio anche gli eterni mesi dell ' inverno , era venuto ad augurare il buon anno al signor rettore . Borbottata con impaccio infantile qualche parola , il pretucolo se ne andò via , spaurito del suo gaio e inquietissimo superiore , del forestiero nuovo , e forse degli avanzi della cena sardanapalesca . - Ero ai Tre Turchi da due giorni per certi affari urgenti di mio padre , un fallimento improvviso ; e dovendo partire domani sera ... Pasquale annunziò un ' altra deputazione . Entrarono due donne . L ' una si avanzò placidamente verso il rettore , che prese un aspetto compunto , abbassando gli occhi e giungendo le mani all ' altezza del petto ; l ' altra rimase all ' uscio e mi piantò gli occhi addosso . Era la fanciulla bionda , che avevo vista nell ' atrio . A un tratto si staccò dalla soglia , e con tre o quattro passi leggeri e lenti mi venne accanto ; e sempre mi guardava fisso , come se volesse frugarmi dentro nell ' anima o ricercare un segreto nelle mie viscere profonde . Sentivo sulla mia faccia il suo alito . La sua compagna , che aveva finito il proprio discorsetto , la chiamò due volte , e alla fine , presala dolcemente per un braccio , la condusse fuori . Io restai sopraffatto da un senso arcano , che somigliava alla paura . Anche il rettore era rimasto un poco sopra pensiero . Ci sedemmo al fuoco . Desideravo sapere qualcosa della ragazza bionda ; ma il canonico , rientrato già nel torrente de ' suoi ricordi giovanili , non lasciava posto a intromettervi una parola , e s ' io tentavo di opporre un intoppo alla sua straripante eloquenza , egli lo spazzava via senza neanche darsene per inteso . A un certo punto , giovandomi astutamente di una pausa , dissi : - Reverendo , mi cavi una curiosità . Chi è mai quella fanciulla bionda , ch ' è venuta dianzi ? Il prete alzò lo sguardo al soffitto . - Ha certi occhi , che attraggono e che spaventano . È una suora ? - Fece segno di no , e tacque . - L ' ho vista nell ' atrio sola , in mezzo alla neve . È qui da un pezzo ? - Da tre settimane . Ci vorrebbe un miracolo , e lo invoco con tutta la forza dell ' anima mia . E cominciò allora a parlare dei miracoli della immagine santa . L ' estate scorsa , mentre c ' erano al Santuario quattromila persone , un contadino ricuperò la favella , perduta da quindici anni ; un falegname paralitico si rizzò in piedi , lesto come un daino ; una donna , la quale s ' era fratturata una gamba , in due giorni guarì . Dai prodigi contemporanei risalì via via agli antichissimi , e nel discorrerne assumeva una espressione ispirata , tanta era la schietta fede che traluceva da quegli occhi piccini . Ma interruppe la litania per dire : - Già si sa , ella , caro signor mio , è un poco incredulo . Debolezza dei tempi ! Nella mia gioventù anch ' io avevo , come il buon Gigi , il cervello storto ; ma s ' ella rimanesse alcuni mesi su questo monte , in mezzo alle nubi , accanto alla effigie dipinta da san Luca , e fosse testimonio delle effusioni di mille e mille disgraziati , che dalle valli , dai paesi lontani salgono a piedi a invocare l ' aiuto del cielo , e vedesse le lagrime e udisse i sospiri , e notasse poi la espressione giuliva dei loro volti ; s ' ella sapesse le consolazioni , le santificazioni segrete , e come la fede rammollisce il macigno , purifica le lordure , rialza e nobilita l ' abbiezione più vile , ella , stupito dai miracoli operati sui cuori , crederebbe agevolmente agli altri materiali ed esterni . Salvare un ' anima è cosa mille volte più ardua che racconciare una gamba o ridare il moto ai nervi e ai muscoli di membra intorpidite . Vedesse i voti di cui è piena la chiesa ! Se non fosse questo freddo , vorrei condurvela subito . - Magari ! - Andiamo dunque . 3 Mi gettai la pelliccia sulle spalle , ed uscii dalla stanza col rettore , il quale correva innanzi svelto , senza neanche aspettare che il servo gli facesse lume . S ' andò in fondo alla loggia lunghissima , e poi si scese da una scaletta a chiocciola , rispondente alla sagrestia . Il prete andò a prendere in un angolo un grosso cero , e lo accese alla lanterna di Pasquale . Qua e là nelle cappelle luccicavano i lumini delle lampade . Il tempio era deserto , il silenzio sepolcrale . Innanzi alla immagine del Tabernacolo solenne ardevano due candele ; ma la figura non si vedeva affatto , solo scintillavano su di essa le pietre preziose e brillavano gli ori , posti , s ' indovinava , in forma di diadema , di pendenti , di monili , di spilloni , di catenelle , di braccialetti , e ammonticchiati alla base . Poiché il rettore ebbe detto , in tre minuti al più , fervorosissimamente , le sue giaculatorie , si principiò in fretta la visita dei voti : quadri grandi , mezzani e piccoli , innumerevoli , nei quali appena si distinguevano al fioco lume le pietose istorie di bimbi malati in cuna , di operai precipitati dal tetto , di viandanti assassinati , di carrozze rovesciate , di case fulminate , di navi naufragate , di terribili massacri in battaglia ; cuori d ' argento con la loro fiamma ; corone , croci , grucce , stampelle ; ghirlande e mazzi di fiori artificiali ; nastri di seta con frange inargentate ; bambole e altri ninnoli da ragazzi : in somma , una farragine di roba , che copriva dall ' alto al basso le pareti delle navi e del presbiterio , le facce dei pilastri e i fusti delle colonne . Il vento , soffiando , scuoteva i vetri delle finestre , e vi schiacciava sopra violentemente i larghi fiocchi di neve ; ma nella chiesa si sentiva un tepore grave e umido , con un odore stagnante , nauseabondo d ' incenso . Nell ' uscire si passò a lato di un confessionale , dove , ritto , al posto del confessore , stava immerso nell ' oscurità un fantasima . Era la fanciulla bionda , immobile come una morta . Il rettore le parlò sottovoce , poi la affidò a Pasquale , che la menò pian piano al fondo del portico , dove l ' aveva condotta quando la incontrammo nell ' atrio . Il rettore bisbigliava : - Poveretta , poveretta ! Il momento mi parve buono per tornare alle domande ; ma il prete si contentò di rispondere : - Non fa male a nessuno ; gira da sé dappertutto , quieta , trasognata . Non dorme quasi mai . Il medico dice che bisogna lasciarla fare tutto quel che le garba . Dio la protegga ! La tristezza non s ' addiceva al corpo , alla faccia , alla voce del reverendo : aveva bisogno di agitare le braccia , di scattare , di ciarlare , di ridere . Quando pigliava un ' aria addolorata , il lungo naso mutava contorno , il profilo non era più lo stesso , e , se non fosse stato il corpo a pertica e il collo da struzzo , tali da farlo riconoscere tra un milione di preti , la mestizia avrebbe potuto servirgli di maschera . Il cordoglio , del resto , lo annebbiava per poco . Un sospiro da mantice , uno sguardo al cielo , una scrollatina di testa , ed ecco era tornata , come per incanto , la bontà chiassosa ed arzilla dell ' uomo ingenuo . Si bevette un altro bicchiere , si parlò ancora una mezz ' oretta , o , per meglio dire , egli parlava ed io fantasticavo ; poi , alle undici , m ' accompagnò in camera : niente meno che la camera destinata a monsignor vescovo , quando , ogni cinque anni , si reca a visitare il Santuario . - Buona notte . - Buona notte , e veda di principiare bene il nuovo anno con una santa dormita . Io domattina non potrò venire a salutarla : devo uscire per tempo . Si figuri che morì iersera il barbiere , un ciarlone , un burlone , che Dio l ' abbia in gloria ; ma un fior di galantuomo , e gli volevo bene come a un fratello - e il prete sospirò , mandando dai denti , che aveva radi e cavallini , un fischietto acuto . - Pasquale verrà a portarle il caffè ; faremo colazione assieme un ' ora prima ch ' ella parta , giacché vuole proprio partire ; intanto dorma tranquillo , e felice notte . - Felice notte . 4 La camera , assai grande , era posta in un angolo dell ' immenso edificio ; aveva due finestre piccole , dalle quali si vedeva giù nella notte una zona biancastra e poi uno spazio nero , che si confondeva con le tenebre fitte del cielo . Continuava a nevicare , e tirava vento . Il letto alto e larghissimo aveva l ' ampio padiglione di damasco cremisi a fiorami gialli , con quattro angioletti dorati sulle aste torte ; la coperta , che scendeva sino a terra , era di raso giallo con disegni verdi , orlata di pizzo bianco . Accanto al letto stava l ' inginocchiatoio , e sull ' inginocchiatoio spiccava dal parato del muro un crocifisso d ' ebano . Una delle pareti era ornata di un quadro assai bello , che figurava un santo col bambino Gesù ; nelle altre si vedevano in piccole cornici alquante riproduzioni della sacra Immagine , qua ricamata a fili di seta rossa in raso bianco , lì eseguita a bucherelli e ritagli in cartoncino , o modellata in cera tramezzo a nuvole di cherubini e a ghirlande di frutta e fiori . Nella camera reverendissima stonava la scatola di cerini , che Pasquale aveva lasciato , dove dall ' una parte si vedeva un caporale , che fa la sua brava dichiarazione alla cuoca , e dall ' altra una silfide molto scollacciata e sbracciata . Mi sdraiai nel seggiolone , e m ' occupai un pezzo a guardare le scintille del fuoco , che scoppiettava . Non volevo andare a letto prima che l ' orologio segnasse le dodici . Nell ' animo pieno di una vaga afflizione mi sentii nascere il desiderio acuto dei miei parenti , de ' miei amici , che avevo lasciato pochi giorni addietro , ma che avrei voluto vedere in quell ' ora appunto , nella quale l ' anno vecchio spirava e il novello vedeva la luce . Poi dicevo tra me : - Sono ubbie . Non ci ho pensato fino a questo momento , ed ora perché ci penso ? Che differenza c ' è egli tra l ' una e l ' altra mezzanotte ? Non sono forse tutti uguali i giorni dell ' anno ? - E non ostante provavo dentro un certo stringimento : mi pareva di essere rimasto a un tratto solo in questo mondo , e sentivo un vuoto nuovo nella mia vita , un nuovo e lacerante distacco dagli affetti mortali . Pensavo ad altre prime notti dell ' anno : alle speranze , che si spingevano audaci nei campi allettatori dell ' avvenire , ai rinnovamenti del cuore umano , che , pure invecchiando , crede di ringiovanirsi ; e fra tutte quelle notti , ce n ' era una , una , che mi tornava con tenace insistenza nella memoria , come il ricordo straziante d ' una gran gioia irremissibilmente perduta . Il minuto in cui un anno si connette ad un altro è una pietra miliare nell ' esistenza dell ' uomo , o è la cifra d ' un numero , che si muta ? Guardavo la lancetta ed ascoltavo il tic tac del mio oriuolo nel silenzio profondo . Non si sentì neanche un rintocco , neanche un botto di campana in quell ' ora in cui la immaginazione dei poeti e dei bambini evoca le streghe e gli spettri . Mezzanotte era passata da un po ' di tempo , quando udii un fruscìo , come di persona che si muovesse fuori , ed un bisbiglio , come di voce che parlasse sommessa . Tesi l ' orecchio : il romore continuava . Pigliai allora la candela , e , spalancando l ' uscio della camera , guardai nella vasta , ricca e freddissima sala , che la precedeva . I grandi ritratti appesi alle pareti , nel lume pallido sembravano vivi . Forse quei personaggi che , dopo visitato il Santuario , avevano mandato in larghe cornici dorate le loro gravi immagini , conversavano insieme : erano dame in abito da corte , magistrati in divisa , marescialli in uniformi , principi , due re , tre regine . La porta della sala dava sulla loggia : nella loggia , sullo scalone non c ' era un ' anima . - Oh sta a vedere che ho da far con gli spiriti ! - brontolai fra me stesso . Rientrai nella camera risoluto a lasciare che si sbizzarrissero a loro posta , e , non avendo sonno , mi sdraiai daccapo nel seggiolone . Il fuoco s ' andava spegnendo , e la candela mi lasciava quasi al buio . Buttai nel camino un fascio di legne grosse . Ma ecco che il bisbiglio ed il fruscìo vanno crescendo , e in un angolo della camera s ' apre un uscio a muro , ch ' io non avevo visto , ed entra col lume in mano , parlando tra sé a frasi lente e brevi , la bella bionda . Mi sentii pietrificare . La donna , che doveva essere ben pratica di quella stanza come dell ' intiero ospizio , dove , tutto essendo affidato all ' onestà e alla decenza , gli usci mancavano di serrature , andò dritta alla parete sulla quale stava appeso il quadro , e , posata innanzi ad esso , sopra un tavolino , la lampada con cui era venuta , si mise a guardarlo fissamente con quel suo occhio che trapassava gli oggetti . La tela rappresentava un santo giovane , di volto pallido , delicato , soave ; aveva la barba alla nazarena , i capelli neri , lo sguardo tenero e le labbra socchiuse , come se pronunciasse flebilmente una parola d ' affetto . Accanto , sopra un altare , in mezzo a festoni di allegri fiori , si vedeva il Bambino , tutto nudo , che , alzando i braccini e facendo atto di saltare , pareva volesse uscir di botto dalla cornice per gettarsi nelle braccia di chi lo stava guardando . Era roseo , era paffutello , era gaio , vispo , gentile , carezzevole : un amorino da mangiar di baci . La bella bionda guardava ora il santo , ora il bambino . Al santo diceva : - Ti ricordi , Giovanni , la mattina in cui ci siamo sposati ? La mamma non voleva , il babbo non voleva ; facevano tanti discorsi , che non capivo . Io credeva soltanto a te . Che lieta mattina ! Mi stringevi la mano , e mi dicevi una parola ... Ripetila , te ne scongiuro . La indovino dalla tua bocca . Eravamo in paradiso , seduti l ' uno accanto all ' altra sotto un baldacchino , in mezzo a un prato fiorito , e le fanciulle e i giovinetti ci venivano intorno a cantare , a suonare , a ballare ; ci facevano una riverenza , e noi salivamo nel nostro trono un gradino più in su , poi un altro gradino e un altro gradino ancora : era la scala di Giacobbe . Quando fummo arrivati al più alto di tutti i cieli , mentre ti davo un bacio , una mano di ferro mi buttò giù d ' un colpo , e allora precipitai dalle nuvole a capo fitto , e scendevo , scendevo sempre , e il viaggio non terminava mai . Era un sogno . Ti ho ritrovato ; eppure non somigli a quello di prima . Prima mi parlavi , mi baciavi , mi stringevi fra le tue braccia ; eravamo in festa tutta la settimana ; ora sì , mi vuoi bene , non dico di no , ma sei tutto misteri . Vuoi che aspetti ? Sempre aspettare , sempre . Domani , doman l ' altro , non ti risolvi mai . T ' amo tanto , che mi contento di guardarti , Giovanni , Giovanni . Aveva un sorriso pieno di lagrime ; la sua voce insinuante , rispettosa , timida , avrebbe rammollito una rupe . Continuò a guardare e tacque per un istante ; poi , mutando espressione , si volse al putto : - Bambino mio , anche tu mi dici di attendere . Domani , doman l ' altro ! Sei cattivo . La tua mamma t ' adora , luce degli occhi miei , sangue del mio sangue , carino , diavolino mio ; e tu mi stendi le manine care e ti rivolgi verso di me , ma non t ' affretti a ricadere sul seno che t ' ha nutrito . Non ingannarmi , monello . Dormivi in una cuna ornata di brillanti , e gli angioletti ti cantavano la ninna nanna , e le farfalle con le loro ali di tutti quanti i colori ti svolazzavano intorno ; ma un dì sei scomparso , non t ' ho trovato più , sparito sotto un monte di fiori , sotto un manto ricamato d ' oro e d ' argento , in mezzo ai ceri , ai bimbi , ai canti ... Ora che sei tornato , perché non mi balzi in grembo ? Non l ' ami più questo petto ? - e si sbottonava dinanzi il vestito azzurro , e mostrava al figliuolo il seno ignudo , mentre la immagine dipinta del fanciullo continuava a sogguardarla e a ridere . Un forte scoppiettìo del fuoco , che in quel silenzio da tomba sembrò un fracasso diabolico , le fece voltare il capo , e mi vide . Mi cacciai nel fondo della poltrona , cercando di farmi piccino , di schiacciarmi nella spalliera imbottita , tanto da sfuggire all ' occhio tranquillo e tremendo . Mi si avvicinò piano piano , senza curarsi di allacciare l ' abito ; mi porse le mani piccole e bianche , facendo segno che le dessi le mie : gliele diedi ; allora ella , stringendomele , mi tirò a sé lentamente , ma vigorosamente , sicché mi alzai ritto di contro a lei , confuso e tremante . Mi prese il capo fra le mani , e si pose ad esaminarmi . - I tuoi capelli , - bisbigliava , - sono mutati . Mi sembrano meno neri . Ti sei fatto radere la barba - e passava le mani delicate intorno alle mie guance ed al mento . - I tuoi occhi non brillano più del loro fuoco divoratore . Ma io , Giovanni , t ' amo tanto , tanto ! Aggrottava le ciglia come se tentasse di pensare . Avvicinò le sue labbra alle mie ; io mi ritrassi ; ma ella , che mi stringeva sempre il capo fra le mani , trattenendomi , pose la sua sulla mia bocca . Le labbra erano di ghiaccio , e il respiro di quella larva di donna pareva un lievo soffio gelato . Mormorò : - Dimmi che mi ami . Non sono sempre la tua sposa , la tua cara , la tua bella ? Nello studiarmi di retrocedere quasi insensibilmente e nel tentare di svincolarmi da quella stretta rigida , caddi sulla poltrona . La giovine si mise a sedere sulle mie ginocchia , circondandomi il collo con il braccio sinistro , mentre con l ' altra mano m ' accarezzava il volto . - Senti , ho freddo , - diceva . - Vieni , vieni a scaldarmi - , e mi sussurrava nell ' orecchio delle parole , ch ' io non volevo intendere . Intanto il fuoco illuminava di luce rossa e oscillante quei lunghi capelli d ' oro , la faccia gentile , il collo , i seni nudi e turgidi . Sentivo offuscarmi il cervello , come se il vecchio vino bevuto alla cena mi portasse di colpo tutti i suoi fumi alla testa . Non riescivo a liberarmi dal peso e dall ' abbraccio di lei , che mi fissava sempre con il suo sguardo di donna innamorata in un mondo vano di spettri , e nella quale i segni della passione terrena prendevano l ' aspetto innocente e agghiacciante di una fatalità tutta inconscia . Ripeteva : - Vieni a scaldarmi , vieni , - e m ' obbligava a porle una mano sul petto e a baciarla . Dagli alari cadde sul pavimento un tizzone acceso , che rotolò fino ai piedi della donna . La sollevai di sbalzo e mi precipitai per rimettere con le molle nel focolare il legno ardente , profittando poi subito della confusione per fuggire nella gran sala attigua , senza che la giovane se n ' avvedesse . Ascoltai all ' uscio : non si sentiva più nulla . Dopo qualche minuto , inquieto di quello stesso silenzio , socchiudendo l ' imposta , guardai nella camera . La bionda stava di nuovo immobile rimpetto al quadro , contemplandolo . Non parlava , non sorrideva . Finalmente , sottovoce , ma con accento di fiducia sublime , ripeté più volte : - Tornerò domani , tornerò domani - , e , ripreso il lume , senza guardare intorno , lenta , grave , se n ' andò via dall ' uscio dond ' era entrata . 5 Quel dolore , svanito nelle memorie e nelle speranze , mi aveva straziato l ' anima . M ' accorsi di essere assiderato , e andai a letto , dove , tremando dal freddo tutta la notte , non mi riuscì di chiudere occhio neanche un minuto . Alle nove uscivo dal Santuario per arrampicarmi sul monte . Nel passare dall ' atrio scansai Pasquale , che dianzi , portandomi il caffè , con la gamba destra zoppicante e col muso ingrugnato , non aveva neanche avuto la degnazione di darmi il buon giorno . Vedendomi andare in fretta , mi chiamò : - Scusi , signore , se incontrasse suor Maria la rimandi all ' ospizio . - Suor Maria , chi è ? La chiamiamo così tanto per intenderci . È la signora bionda , vestita con l ' abito delle Figlie di Gesù , ch ' ella vide qui ieri a sera . - È uscita ? - Pur troppo . Non la ho trovata né in chiesa , né in nessun altro luogo . Un contadino dice di aver incontrato alle sette circa una Figlia di Gesù sulla strada delle cappelle . È la prima volta in tre settimane che suor Maria s ' allontana così dall ' ospizio . Dio voglia che non le accada una disgrazia su queste rupi , con questa neve . Lo predicavo io che lasciarla così sola e libera era un ' imprudenza - . Due grosse lagrime scendevano sulle ruvide guance di Pasquale , e sospirava forte . - Sentite , Pasquale , non ha parenti quella poveretta ? - Ha padre e madre ; ma non vogliono veder la figliuola , perché si maritò senza il loro consenso : gente cattiva , malvista da tutto il paese . - E il marito ? - Un poco di buono . Le mangiò quel po ' di dote , e un bel giorno se ne scappò via , in America , pare , piantandola senza un soldo , con un bambino di cinque mesi . - E il bambino ? - Tre giorni dopo fuggito il padre , morì . Allora la disgraziata ... - e Pasquale agitò due volte la mano destra innanzi alla fronte , poi continuò : - Il nostro rettore , sant ' uomo , ch ' era il suo confessore e non voleva fosse consegnata ai cattivi genitori , la fece venire qui , affidandola alle Figlie di Gesù . Per carità , signore , veda se può trovarla sulla china del monte , verso le cappelle . Io non mi posso muovere . - State quieto , buon uomo , cercherò , dappertutto . Ma tornerà senza dubbio da sé . - Dio lo voglia . Ho un brutto presentimento . Mi fermai fuori della cancellata un poco a studiare le orme . Cercavo quelle di due piedi piccoli , e mi parve di trovarle . La neve alta , non essendo gelata alla superficie , serbava le impronte . Scintillava come se fosse tutta cosparsa di brillantini ; raddolciva gli avvallamenti del terreno , i precipizii , i burroni , ma li mascherava , e le tortuosità della viuzza erta , che , tagliata nel masso , conduceva su su alle cappelle , s ' indovinava appena . Non solo aveva smesso di nevicare , ma il cielo , in gran parte sereno , con quel contrasto del bianco della terra , che abbagliava gli occhi , appariva d ' un colore turchino splendido . Camminavo seguendo le peste leggiere , le quali ora , per un buon tratto , si seguivano regolarmente , ora si smarrivano di qua o di là per rientrare poco dopo sulla linea torta della via , e nello stesso tempo guardavo in basso alla valle , alla pianura . Sulla pianura stava , immobile , una massa non interrotta , lunghissima di nubi dense , che si vedevano dall ' alto al basso . Illuminate dal vivo sole parevano candide sul dorso , d ' un candore argenteo , e coperte come di ondulazioni , di vette , di punte strane , che le facevano somigliare a catene di monti nevosi , e sembrava di potervi camminare sopra ; ma di giù erano brune , tenebrose , fracide di folgori e di tempeste , e mettevano in un ' ombra triste e nera i paeselli e i campi della vallata lontana . Sotto a quella coltre , a quella cappa plumbea doveva farci notte . Le traccie si perdevano . A destra , dalla parte del mezzodì , il monte alzandosi a picco sopra la strada , serbava in essa la neve tanto ghiacciata , lustra , sdrucciolevole , che non si poteva reggersi in piedi . Poco appresso le pedate ricomparivano . Giunto a ' piedi della prima cappella , m ' arrampicai più lesto : guardai dentro , non v ' era nessuno , ma si vedeva sul suolo il segno della neve portata di fresco dalle scarpe d ' una persona , la quale era andata fino al cancello , che divide la parte destinata ai preganti dalla parte destinata alle immagini . La scena rappresentava in molte figure grandi al naturale , eseguite in terra cotta e dipinte a briosi colori , la Natività di nostro Signore ; personaggi sacri e personaggi profani , animali e prospettive , tutto sembrava il vero tale e quale , un vero che stupiva e che disgustava . Tornai a camminare con l ' animo sempre più inquieto e con ansia sempre più affannata . Mi asciugavo la fronte , da cui gocciolava il sudore ; sbottonavo la pelliccia ; le ginocchia mi tremavano ; dovetti fermarmi un istante a riprender fiato . In quel mentre si distendeva giù , dal Santuario verso il piccolo cimitero , l ' accompagnamento funebre del barbiere . Innanzi alla bara , portata da quattro contadini , camminavano il sagrestano col crocifisso , il rettore , più dritto , più lungo , più magro della sera innanzi e occupato a tenere in freno le sue gambe interminabili ed impazienti , e due preti vecchi , i quali stropicciavano i piedi sulla neve , temendo di scivolare a ogni passo . Dietro alla bara venivano sei Figlie di Gesù , delle quali le voci limpide , soavemente accordate insieme , destavano gli echi lenti della montagna . Dieci o dodici persone chiudevano il breve corteo , che andava strisciando come un serpe le curve della strada stretta . Intanto io giungevo alla seconda cappella , poi alla terza , alla quarta . Le orme si fermavano alla porta di questa ultima . Esclamai con gioia : - È salva - , e mi precipitai nell ' interno dell ' oratorio . Chiamavo : - Suor Maria , suor Maria . Tutto era sossopra . Una parte del cancello , scassinata a forza , stava rovesciata sul pavimento ; le figure in terra cotta rappresentavano la Strage degli Innocenti . Tutti i bimbi erano stati strappati dalle branche dei carnefici , e deposti regolarmente l ' uno accanto all ' altro sul gradino del parapetto . Ai manigoldi mancavano la testa , le mani o le braccia , e codeste membra si vedevano sparse sul suolo . Erode , circondato dai grandi satrapi e dalle sue cortigiane , guardava impassibile dall ' alto del trono alla bizzarra punizione dei proprii sgherri ; e costoro , in attitudini furiosamente crudeli , mutilati a quel modo , apparivano anche più spaventosi , mentre le donne discinte , disperate , continuavano a trascinarsi alle loro ginocchia , implorando pietà . Mi cacciai per entro alla confusione . Fra quelle sculture , che parevano la verità viva , fra quelle madri nel parossismo del dolore , fra quei fanciulli squartati , vidi finalmente una figura di donna stesa a terra con le mani insanguinate , con le vesti a brandelli , coi capelli biondi , ed un sorriso angelico sulle labbra bianche , e nel volto una espressione di beatitudine soprannaturale . Stringeva al petto uno dei putti di terra cotta , roseo e ricciuto . Era gelata , il suo cuore non batteva più , viveva unicamente nel suo sorriso . La coprii con la mia pelliccia , e corsi fuori per cercare aiuto . Passava giù nella strada del cimitero , quasi a piombo , il funerale del barbiere . Mi posi a gridare con tutta la forza de ' miei polmoni : - Signor rettore , signor rettore , suor Maria è moribonda qui nella cappella ; non c ' è un minuto da perdere ; venga , per carità , venga subito - . Il rettore diede uno sbalzo , piantò lì la bara , e principiò a salire con quelle sue gambe a pertica , saltando sulla neve , facendo passi da gigante , aiutandosi con le ginocchia , con le mani , affrontando senza esitare gli ostacoli , non curando i pericoli , volando . Quando giunse all ' oratorio , la bella bionda , ch ' era morta , sorrideva ancora . Quattr ' ore al lido Schizzo dal vero . L ' acqua era tiepida , il mare uno specchio . Nuotando ora lesto , ora tardo , m ' ero allontanato bene dalla riva , sicché la barca di salvamento mi veniva dietro , e i barcaiuoli gridavano che gli Avvisi proibiscono di scostarsi troppo dai Bagni . Uomo avvisato , mezzo salvato . Vedendo che non davo retta alla legge , i barcaiuoli se ne tornarono indietro , e mi lasciarono solo . Nell ' acqua profonda sentivo di quando in quando una corrente fresca , e mi scorreva sulla pelle un leggiero brivido ; poi tornavo nel tepore quieto e beato . Quella libertà delle membra in mezzo a quella immensità di mare è un conforto ineffabile , un ' allegria sublime . Non un ' onda , non una voce . L ' edificio dei Bagni era diventato piccino . Mi pareva di entrare nell ' infinito . Cacciavo sotto il capo con gli occhi aperti per vedere il verde diafano , di una gradazione così delicata , così gentile , che avrei voluto sprofondarmici dentro , sicuro di trovare al fondo del colore smeraldino una sirena bionda . Bevevo l ' acqua salata . Tornavo fuori con la testa , quando mi mancava tutta l ' aria nel petto , e aspiravo in furia , e sbuffavo , e in ogni boccata d ' aria c ' era qualche goccia di sale . Ma l ' istante in cui si esce dall ' incanto del gorgo è terribile . Non si vede più nulla : sembra di entrare , asfitici , nelle tenebre della morte . I capelli si appiccicano sugli occhi , l ' acqua che sgocciola dal fronte impedisce alle palpebre di aprirsi . Si respira con ansia , ma si è ciechi , d ' una cecità spaventosa , che dura meno di un minuto secondo . Quand ' ero un po ' stanco , facevo il morto . Mi coricavo sul mare come sopra il più morbido dei cuscini , immobile , con le braccia aperte e con le gambe unite . Il mare mi dondolava placidamente , cantandomi la ninna nanna . Sull ' orizzonte non vedevo dinanzi a me altro che le punte de ' miei piedi ; ma di contro al mio viso si apriva la grandezza dei cieli . Guardavo le nubi in faccia . Come nelle carrozze della ferrovia accade spesso di credere che si vada in direzione opposta a quella nella quale corre il treno , e si sbalza , e si guarda esterrefatti ; così a me sembrò per un istante di essere in piedi , e di vedere l ' abisso azzurro al di sopra e al di sotto . Mi pareva di stare appoggiato ad una parete verticale interminabile , nel mezzo ad una immensità vertiginosa di colori strani . Lo splendore del tramonto prendeva figura come di fuoco diffuso , di oro liquefatto , di vapore celeste misteriosissimo , di brune macchie minacciose e di bizzarri luccicori d ' argento : l ' atmosfera del sole vista nel sole non può essere diversa . Ma una ondetta , passandomi sul fronte , mi richiamava alla realtà ; e allora io mi gustavo di nuovo la dolcezza di quel giaciglio soffice e fresco . E di botto mi rivoltavo , e coi remi delle braccia e delle gambe , andando rapido , ma in giusta simmetria e senza fatica , vogavo un pezzo ; poi sbattevo le mani e i piedi sull ' acqua , alzando una spuma candida di perlette , che subito si scioglieva nell ' ampio verde . Il verde nel mare è di una varietà , che gl ' impasti dei più raffinati colori e le più sottili velature non possono imitare neanche di lontano . Non parlo delle spiagge e dei mari diversi ; lo stesso mare , la stessa spiaggia nella stessa stagione non ha mai la stessa tinta l ' un giorno e l ' altro . Ad ogni moto dell ' acqua corrisponde una gradazione differente di verde , di azzurro , di tinte neutre , e i moti dell ' acqua sono innumerevoli , dalla impassibile calma ai furori ciechi della tempesta . Anche senza andare fino allo spavento dei cavalloni , il nuotatore lo sa . Conosce le ondette piccole , che , come il passo rapido e breve di una crestaina , si seguono l ' una all ' altra senza romore : sono verdoline con un pizzico di giallo . Conosce le ondette larghe , lente , ancora graziose e leggermente azzurrognole , indizio di una bufera lontana . E poi le onde maestose , quasi direi di stile classico , nelle quali il nuotatore si lascia calare all ' avvallamento e portare al colmo con il viso e con i capelli asciutti , basta premere le mani e incurvare la persona in forma di sirena , mentre il flutto s ' innalza ; e dall ' alto si vedono le creste regolari , allineate delle altre onde , che sembrano i solchi di un immenso campo ; e nel basso si crede di essere caduti al fondo di un fosso , tanto i marosi , che chiudono la vista , somigliano a sponde erbose e ripide . In mare il tempo s ' allunga . L ' allegria o la tristezza , l ' ardire o la paura fermano l ' attimo ; e si pensa in un minuto più e meglio di quel che in terra si penserebbe in un ' ora . E un altro dì ci sono le onde pettegole , che scherzano intorno sgarbate , vi spruzzano , ciarlando , la loro saliva in volto , non vi lasciano respirare , vi tirano di qua , vi premono di là , vi gridano nelle orecchie con un fracasso assordante ed impertinente , come le donne delle Baruffe chioggiotte . Ma Dio vi salvi dalle onde matte , uscite dai manicomii del gorgo , coperte della loro densa bava bianca , nelle quali , a un tratto , vi sentite sommerso , arrovesciato , travolto , e quando finalmente mettete fuori la testa , un ' altra onda vi si sbatte in faccia e vi spezza il respiro ; poi , diventato sospettoso , guardate in giro con tanto d ' occhi , e vi apprestate a ricevere degnamente sul petto una ondata minacciosa , che vedete precipitarsi contro di voi , e già quasi vi seppellisce , ma ecco invece che si spiana e si risolve in nulla ; gli assalti vi vengono vigliaccamente dai fianchi e dalle spalle , senz ' ordine , senza ragione ; vi stancate , vi spossate , cominciate a disperare ; date quasi un addio alla terra , e toccate dopo sovrumani sforzi la riva , uscendo da quell ' acqua sciaguattata da tutti i venti , nera , orlata di certe frange e certi fiocchi d ' argento sudicio , che le dànno aspetto di uno sconfinato drappo funereo . Eppure nel mare quieto o nel mare agitato l ' uomo si sente pieno di vigoria . La sua buona vanità gli fa credere o di dominar la natura , o di essere tanto grande , che Dio , per ischiacciarlo , debba scatenargli contro tutte le furie degli abissi . Svaniscono le noie mortali , il cuore si ritempra , si fa provvisione di coraggio e di forza . Un ' ora in mare è un ' ora bene impiegata : in quella salsedine c ' è un po ' di ferro per l ' anima . Uscendo dall ' acqua si diventa Greci . Dopo essere saliti le lunghe scale di legno , dove sui gradini viscidi s ' arrischia di sdrucciolare e le alghe fanno talvolta dei brevi taglietti ai piedi , si entra nel proprio camerino e si avvolge il corpo nudo in un ampio lenzuolo ; poi si esce così drappeggiati sul ballatoio , che guarda il mare . Alcuni bagnanti stanno ancora in acqua presso la riva , tenendosi - disgraziati ! - alle corde , e piantati sull ' arena , dove passeggiano i granchi . L ' immobilità li intirizzisce , li raggricchia : paiono ranocchie umane . E quant ' è difficile trovare il corpo bello di un uomo ! Nella donna la bellezza delle membra è men rara : basta l ' armonia delle parti , una certa rotondità gentile , una certa bianchezza trasparente e rosea , e forse il desiderio ci fa meno difficili . Ma nell ' uomo la vigoria sana deve accoppiarsi alla snellezza morbida ; le membra sciolte , giuste , né troppo asciutte , né pesanti di polpa ; una espressione generale di ardire elegante . Gli antichi volevano la grazia persino sui campi di battaglia . In Tessaglia la iscrizione di una statua diceva : Ad Elatione , che ben ballò la battaglia , questa statua il popolo . La sproporzione , da noi moderni tollerata con indifferenza , era insopportabile agli antichi . Un dì ad un mimo tarchiato e grasso il pubblico vociò ridendo : Non isfondare il palco ; un altro dì ad un mimo pallido e mingherlino mandò ironicamente questo saluto : Fa di star sano , e un ' altra volta ad uno di troppo alta statura , figurante Capaneo che si avventa alle mura di Tebe , gridò indispettito : Scavalca il muro , non hai bisogno di scale . Sul ballatoio , verso il mare , si atteggiavano dunque dieci o dodici uomini panneggiati di bianco . Avevano messo sul capo l ' asciugamano in forma di Palliolum , e si avvolgevano il corpo con il lenzuolo a modo di Pallium , nelle diverse fogge , che piacevano meglio a quella naturale affettazione , da cui l ' uomo coperto di un gran manto non si sa quasi mai liberare . I Greci avevano venti modi di acconciarsi il pallio : affibbiato sul petto , affibbiato alle spalle , senza ripiegatura , addoppiato , con le mani nascoste , con un braccio fuori dalla spaccatura di destra , con un lembo sopra una spalla corto , con un lembo sopra una spalla lungo , stretto alle anche con pieghettine trite , ondeggiante in gonfi svolazzi o libero di cadere in larghi piani ed in ampie curve . Ogni maniera aveva il suo proprio nome , conveniente ai zerbinotti , ai filosofi , ai viaggiatori , ad ogni classe di persone . Tacito si lagnava già delle vesticciuole misere degli oratori romani , e che le portassero male . Figuratevi noi la bella figura che facciamo , usciti dall ' acqua , in quei pallii bagnati e appiccicaticci ! L ' aria salata e la ginnastica del nuoto mettono in corpo una gran fame . Andai sul terrazzo de ' Bagni , e ordinai da pranzare . L ' edificio , che si distende in una lunghissima linea retta , è tutto di legno e piantato su alte palafitte , le quali lasciano sfogo ai marosi quando il mare è grosso , e quando è tranquillo rompono a ' loro piedi le onde placide , che pure mandano romore a intervalli misurato e grave , quasi battute sorde di un maestro di cappella . Il coro , l ' armonia di quell ' ora non si può descrivere . Tutto si fonde in un accordo pieno e gaio , profondo e vago : arpa eolia dell ' infinito . Il sole baciava quasi l ' orizzonte , e scendeva dalla parte opposta al mare , dietro al Lido , dietro alla laguna , dietro a Venezia . I suoi raggi orizzontali non toccavano più la superficie della marina , che era diventata scura e azzurrastra ; ma andavano a ferire dritti due vele lontane di due barche da pescatori , facendole brillare d ' un colore giallo dorato , fiammelle fantastiche . Il piano immenso del mare nudo ; non uno scoglio , non una lingua di terra per quanto l ' occhio cercasse : pareva di navigare sopra un vascello fatato nell ' Oceano a mille miglia da terra . E le due vele splendevano ; e il cielo pigliava una tinta brunetta ancora cilestra , qua e là rallegrata da qualche nuvola mezza in ombra e mezza in luce , la quale vagava lenta e a poco a poco s ' impiccoliva e svaniva . L ' appetito mi faceva parere squisite le vivande , e la salsedine , che mi restava in bocca , dava al vino una dolcezza inebbriante . Il ventre si confortava , e gli occhi s ' incantavano ; e questi e quello mi riempivano l ' anima di una felicità solenne , la quale porta il riso sulle labbra e le lagrime sul ciglio . V ' era poca gente . La banda cominciò a suonare . A sinistra , intorno ad una tavola , stava un gruppo d ' Inglesi . Una delle signore , vestita di seta cruda con grandi nastri rossi sull ' abito e sul cappello , parlava allegra , faceva mille graziose smorfiette col viso strano e piacente . L ' altra alta di statura , snella , flessuosa , con il collo un po ' lungo , come le Diane antiche , il volto regolare , delicato , d ' un rosa pallido , gli occhi di un fine azzurro marino , le mani troppo affilate , ma nobilissime e dello stesso candore di quel po ' di pelle , che il modesto squarcio dell ' abito lasciava vedere sotto la gola . Si alzava di tratto in tratto per correre dietro ad un bambino di due anni , biondo , paffuto , il quale alla sua volta correva dietro ad un grosso cane nero - un bel cane , che nuotava meglio di me , e che mentre facevo il mio bagno in alto mare , era venuto a salutarmi con molta grazia . La signora vestiva di seta colore perlino , col cappello a larghe tese della medesima stoffa ; e mi ricordo che il tono neutro e chiarissimo faceva , come dicono i pittori , un buco sul cielo , pareva cioè più lontano del fondo . Ma da questo errore di tavolozza veniva nella gentile persona un non so che di aereo , un non so che di ammaliante . Non era una donna : era una fata . E il putto continuava a scapparle ad ogni momento , e voleva vedere tutto , toccare tutto ; sghignazzava di un riso da angioletto , pestava i piedi e batteva le mani ; si metteva a sedere sulle ginocchia della gente , e la mamma andava allora a pigliarlo , dicendogli qualche parola con una severità tutta soave , e carezzandogli con la mano sottile i lunghi ricci d ' oro . Ella era la regina del terrazzo : una regina dolce , sicura di sé , com ' è sicura l ' innocenza , e disinvolta , com ' è disinvolto il pudore . Codesta madre pareva il simbolo della verginità : credetti in quel momento al mistero della Immacolata Concezione . Ma la soave creatura principesca stava in compagnia di un signore , che sembrava vecchio se si badava a ' suoi capelli grigi e alla sua barba mezza bianca , ma che sembrava giovine se si guardava ai lineamenti e all ' espressione del volto . Era il padre , era il marito ? Questo problema mi torturò il cervello per una buona mezz ' ora . Più lontani , sparsi a gruppi di due , di tre , di quattro o solitarii , stavano degli altri forestieri e qualche raro veneziano , la più parte immobili , ascoltando la musica , guardando in giro , o discorrendo sotto voce senza gesticolare . Il mare tranquillo innamora e sgomenta . Quei flutti , che si frangono perennemente alla riva e mandano sempre l ' identico suono ; quell ' aria quieta e fresca , che si aspira con lunga voluttà ; quell ' orizzonte sconfinato , che pare nello stesso tempo una linea retta infinita ed un cerchio infinito : tutto contribuisce a produrre l ' impressione maestosa di un tempio enorme , in cui ci si toglie reverenti il cappello e ci si sprofonda nella propria coscienza . Non ho mai visto nessuno , per quanto fosse povero di fantasia , d ' ingegno e di cuore , il quale nel mettere i piedi sulla soglia di una cattedrale bisantina o gotica non si sentisse invaso da un arcano senso di rispetto , e non interrompesse le parole che stava pronunciando ; ma la vera chiesa di Dio è l ' immensità . Lo stato naturale dell ' uomo in faccia al mare è il silenzio . Quei gruppi di persone staccavano bizzarramente sul campo del cielo , il quale diventava sempre più fosco : erano tinte intiere , senza ombreggiatura , che non trovavano nel tono del fondo nessuna maniera di fusione ; e già i colori perdevano la loro vivacità nell ' oscurarsi crescente della sera , mentre il contorno si distingueva tuttavia preciso e un po ' secco . A destra si muoveva una macchia nera di camerieri , i quali , non sapendo che cosa fare , discorrevano tra loro . Io intanto , assottigliando quanto più potevo la vista , fissavo ancora quelle due vele lontane , le quali , da fiammeggianti che erano quando il sole mandava loro gli ultimi suoi raggi , diventarono grigie , e poi via via più scure , finché si dipinsero nere sull ' aria già lugubre , e a poco a poco mi sfuggivano dallo sguardo . Già si riducevano ad una pennellata quasi impercettibile . Un minuto dopo non si discernevano più . Mi rincrebbe . In ogni veduta v ' è un punto , al quale l ' occhio si ferma con tenace predilezione ; e quando sparisce ci si sente come strappare qualcosa , e si piglia quel caso semplice e inevitabile per un segno di cattivo augurio . In faccia al mare l ' animo si riempie di pregiudizii . I camerieri accendevano le lampade . Il cielo si era lentamente annuvolato : non brillava neanche una fetta di luna , non luccicava neanche una stella . L ' aria e il mare si confondevano nel buio . Solo a guardare giù dal parapetto del terrazzo si scopriva a intervalli un po ' del bianco della spuma sulle onde , le quali mandavano più forte , più frequente e quasi minaccioso il loro muggito . Uscii dallo Stabilimento e , traversando a piedi il breve spazio che divide il mare dalla laguna , sospirai per la prima volta : avrei voluto sentire sul mio braccio il peso leggiero di un altro braccio , e udire accanto , dopo il fruscìo del mare , quello di un vestito di donna . Il vaporetto mandò il suo fischio , e si partì per Venezia . La notte era nera , la laguna era cupa . Non si vedeva altro che il fanale rosso di un piccolo vapore , che veniva , sbuffando , incontro a noi , e lontano i lumi della città , che parevano una costellazione piombata in terra e mezzo spenta . Si passò la punta del Giardino , poi si costeggiò la Riva degli Schiavoni . Il campanile di San Marco usciva dai palazzi che lo circondavano e , illuminato dai fanali della Piazza , si alzava gigante , sfumandosi nella oscurità verso la cima e cacciando la sua punta nelle tenebre delle nubi . La luce della Piazza mi abbagliò . I musaici della chiesa avevano sull ' orlo delle striscie scintillanti . Le finestre spalancate delle Procuratìe Vecchie lasciavano vedere le allegre sale illuminate . La loggia del Palazzo Ducale si perdeva in un ' ombra opaca . Mezz ' ora dopo , la mia madonnina inglese , sorridente , svelta , correva dietro al suo putto biondo fra le seggiole del Caffè Florian . Meno di un giorno La stavo aspettando alla stazione di Treviglio . Ell ' aveva passato il mese di settembre ad Iseo , in villa , presso la sua famiglia , e doveva partire quel giorno , sola , per Milano . Avevamo combinato che ella scrivesse a Milano annunziando il suo arrivo pel dì seguente con la prima corsa . Si doveva stare in compagnia quell ' intervallo di quindici ore : un saggio del paradiso . Mi sentivo dentro le furie indiavolate dell ' impazienza e le prostrazioni delle speranze troppo ripensate . Ora stavo rannicchiato sulla panca della sala d ' aspetto , ora camminavo a gran passi nel piazzale della stazione , dove tre o quattro cocchieri di birocci sbraitavano insieme . Tutt ' a un tratto mi fermavo e giravo gli occhi verso Treviglio , pauroso di vedere avvicinarsi qualcuno che mi conoscesse , che conoscesse lei . Studiavo l ' orario delle ferrovie , alla pagina 26 , Venezia - Milano ; il treno doveva giungere alle quattro ore e quarantasette minuti . Lo sapevo bene , ma tornavo a leggere quei numeri con occhio intento , quasi che ad ogni poco m ' uscissero dalla memoria . Guardavo l ' oriuolo . Questa frase del Re Giovanni : Veglio su voi come il minuto su l ' ora , mi passò nel cervello . L ' idea dell ' eternità , che non si afferra meditando alla lunga serie dei secoli , diventa chiara seguendo il cammino lento della lancetta dei minuti . Il polso batte disuguale , rapido ; una irritazione convulsa invade tutte le membra ; si sente l ' attimo che , impassibile , crea l ' infinito : e la caduta di questa stilla di tempo nel mare senza sponde pare meschina e immensa , ridicola e spaventosa come il picchiettare del tarlo nelle veglie di una lunga notte . Aprivo spesso la cassa dell ' orologio per contemplarne il fondo . Vi stava un bel ritratto di lei . Seguendo i delicati contorni del mento , della guancia , del fronte , dei capelli , avevo ritagliata tempo addietro quella fotografia con attentissima cura , per incollarla sopra un cerchio di cartoncino celeste , corrispondente appunto alla misura del tondo dell ' orologio . Il ritratto dal suo sicuro nascondiglio ogni tanto mi sorrideva ; e avevo mezzo guastata la molla della custodia . La testa occupava quasi tutto lo spazio , sicché il candido collo scoperto , scendendo giù sino al lembo , non lasciava posto neanche al principio del goletto dell ' abito . Sul volume dei capelli castani spiccava piccolo , fine , elegantissimo l ' orecchio . Ella sapeva di averlo bello : non portava orecchini . il fronte era bassetto , e la distanza tra il naso e la bocca lunghetta ; le narici si alzavano in su un tantino , dando alla regolarità perfetta del naso una cert ' aria procace : ma gli occhi cerulei e la bocca sottile e il mento piccolo mischiavano in quel caro volto una gentile melanconia all ' apparenza sensuale delle altre parti . Gli occhi , gli occhi erano tremendi ! Sembravano cerulei , ma in certi momenti diventavano come neri : erano grandi , e giravano lenti , e avevano alle volte uno sguardo , che pareva insieme fisso e vago , scrutatore e distratto . Dopo un lungo bacio io le stringevo le mani , e me le piantavo dinanzi fissandola nelle pupille : ella mi contemplava serena , senza batter palpebra . Mi sentivo allora invaso dall ' ardore della passione e insieme da un misterioso senso di paura ; il cuore mi si serrava , e le chiedevo : - Pensi a me , Matilde ? Era un pezzo che non la vedevo sola , senza timori . Ci avevamo scritto spesso delle lunghe lettere , ma la penna riesciva tarda , ghiacciata , impotente a esprimere il pensiero : avevo un terribile bisogno di dirle a voce tante cose e di farle tante domande . Il treno era in ritardo di due minuti : già cominciavo ad agitarmi in un mar di spaventi , quando squillò la campanella della stazione . Si principiava a sentire il rombo della macchina lontana , e cresceva , cresceva , finché comparve la locomotiva fumante , che io vedevo con ansia ingigantirsi via via , pigra alla mia impazienza , mentre udivo la nota del fischio sempre più acuta e stridente . Il convoglio allentò la corsa . Prima che si fermasse avevo ricercato ad una ad una con rapidissimo sguardo le finestrelle dei vagoni . Niente . Il cuore mi batteva impetuoso ; un dubbio acre mi nasceva nel petto , e mormoravo : - Se avesse avuto paura , se non m ' amasse abbastanza per affrontare tanti pericoli ! Il conduttore aprì finalmente gli sportelli , gridando : - Treviglio - . Da una carrozza di prima classe sbalzò a terra snella , sicura , una donna , coperta il volto da un fittissimo velo nero . Un istante dopo , la sua mano serrava forte la mia , e la sua voce soave diceva : - Quanto sono felice ! - La trassi , senza parlare , beato , ad una timonella , che avevo fermata dianzi ; la feci salire , me la misi accanto e gridai al cocchiere : - A Caravaggio . - Al Santuario ? - No , all ' albergo del Pellegrino . Guardai la mia compagna lungamente . Ella , appena la carrozzetta fu posta in moto , sollevò il velo per sorridermi . - Come sei bella ! - le dissi . - Ti sembro bella davvero ? Ho voluto essere bella per te , per queste nostre quindici ore di paradiso . - Ti sta bene quest ' abito . È anche troppo attillato . - Lo feci fare a Milano prima di partire , e in campagna non lo mettevo mai senza mandarti un sospiro di desiderio . Ho tanto patito , sai , di non poterti vedere questo eterno mese . - E t ' hanno detto bella anche in campagna , non è vero ? - Non lo so . Mi basta sentirlo dire da te . - Eppure , sii schietta , te l ' hanno detto . - O Dio , avresti voluto che paressi proprio la befana ? - Vorrei , confesso , che non ti dessi tanta briga di piacere alla gente . - Sai che non m ' importa di piacere ad altri che a te , a te solo , a te che sei un cattivo egoista . Se ti dicessero che sono brutta o che mi vesto senza garbo dorrebbe pure alla tua vanità . - Certo . - E vorresti che fossi tanto stupida da non avvedermi che non sembro né goffa , né brutta ? - Te n ' avvedi e te ne compiaci . - Dunque sono una civetta - , e ritirò la sua mano dalla mia . - Perdonami , Matilde . Io sono , lo sai , una bestia fastidiosissima . Tu invece sei la più buona , la più angelica creatura di questo mondo . Perdonami : ti amo tanto ! Ella continuava a guardare i campi , stringendo le labbra in atto dispettoso e svincolandosi dal mio braccio , che voleva circondarle il busto . A un tratto mi guardò in faccia ; aveva gli occhi umidi . Mormorò : - Sei pure cattivo , cattivo oggi , nei primi momenti che siamo soli , dopo averlo tanto desiderato , mentre metto in pericolo il mio onore per te , forse la mia vita . La nube , che mi aveva oscurato per un istante il cervello , svanì ; un ' allegria nuova , divina , mi invase tutto , e certo il mio volto dovette trasfigurarsi perché Matilde esclamò raggiante di gioia : - Così mi piaci , così sono beata ! I ciottoli del paesucolo di Caravaggio ci risvegliarono alla vita ; ma quando la timonella si fu fermata all ' albergo del Pellegrino , mettendo il piede a terra e aiutando la mia compagna a scendere , mi parve di barcollare . Ella mi disse infatti con un riso pieno di compiacenza : - Sei ubriaco , bada di non cadere . Due servi e la padrona , vecchietta , grassoccia e sorridente , ci vennero incontro , e chi toglieva lo scialle e la sacchetta alla mia compagna , chi mi liberava dalla spolverina e dall ' ombrello , solleciti , premurosi : s ' indovinava che l ' albergo era vuoto . - Vorremmo desinare , ma bene e presto - dissi alla padrona . Il cuoco , che con il suo grembiule quasi bianco s ' era affacciato all ' uscio della cucina , corse ai fornelli . - Si trattengono la notte ? - chiese la vecchietta con voce insinuante . - Sì , mi raccomando la pulitezza . - Non dubiti . La biancheria è tutta di tela fina , candida come il latte . Precedetti Matilde nella vasta sala da pranzo . Una immensa tavola pigliava tutta la sua lunghezza . Alle pareti ornate di grandi fiorami gialli su fondo verde , dipinti a stampo , pendevano otto quadretti , con certe litografie miniate , rappresentanti otto miracoli della Madonna di Caravaggio . Il soffitto era inghirlandato di ragnatele . Dalle due finestre , che guardavano in una stradicciuola stretta , si vedeva in faccia una casa antica , con la muraglia di mattoni bruni e il cornicione gotico ; non aveva imposte né vetri , e dentro era buia buia : sembrava il palazzo degli spiriti . L ' uscio della sala s ' apriva in un lunghissimo corridoio , occupato anch ' esso da due interminabili tavole di legno greggio , portate da cavalletti e chiazzate di macchie pavonazze . I pellegrini , che vanno la settimana della Madonna a far voti al Santuario , promettono tutto , salvo l ' astinenza ; e l ' albergo nei dì di sagra ( mi diceva il servitore mentre in un angolo dell ' ampia tavola stava apparecchiando due posate ) è così pieno zeppo di penitenti , uomini e donne , che un cantuccio non vi rimane vuoto . Il giuoco della mora s ' alterna alle salmodie ; e queste e quello asciugano la gola . Mentre Matilde entrava , portavano la minestra . Eravamo allegri , mangiavamo , discorrevamo della nostra gioia , di cento cose . Di tratto in tratto per altro si sospirava , si taceva un pezzetto e ci si stringeva le mani . - Due ore e mezzo son già passate ! - mormorò Matilde ; ma poi subito : - E via ! Ce ne restano dodici e mezzo - e tornò tutta gaia . Dopo il desinare ci si avviò lentamente al Santuario , girando intorno alla cittaduzza . Cominciava a imbrunire . I raggi della luna vincevano già la luce del crepuscolo quando entrammo nel grande viale , che , lungo un miglio , fiancheggiato da antichi pini , mena dritto alla chiesa . La strada larghissima era , mezz ' ora dopo , regolarmente listata dalle ombre nere degli alberi , i quali , neri anch ' essi , andavano rimpicciolendosi via via alla vista e convergendo in angolo sotto la cupola del tempio , che a quella distanza , involta nei vapori della notte , pareva enorme . Spiccavano dall ' una parte e dall ' altra a brevi intervalli , candidi sulla tinta fosca del terreno , i sedili di marmo bianco . Matilde , poggiata la mano sulla mia spalla , mentre io la circondavo col braccio alla cintura , camminava tacendo . Io ero immerso in una contemplazione indeterminata : il mio cuore si scioglieva , si evaporava nella beatitudine : sentivo come le molecole volanti della mia anima diffondersi e sparpagliarsi in una immensa parte di terra , in una immensa parte di cielo . Il mio pensiero non afferrava più nulla : invadeva tutto . Guardavamo a ' nostri piedi le ombre . Di quando in quando alzavamo gli occhi per fissarci in viso teneramente : e le nostre labbra si toccavano . Ci trovammo a un tratto in una grande ombra opaca , e udimmo nello stesso tempo un salmeggiare sommesso di voci femminili . Alla sinistra del viale s ' alzava una chiesetta : aveva il portico sostenuto da esili colonnine e coperto da una larga tettoia di legno . La porta spalancata mandava un chiarore fioco fioco . Entrammo . Un frate solenne con la barba d ' argento leggeva le litanie al lume di un cerino aggomitolato , che teneva nella mano tremante , e ad ogni versetto una dozzina di contadine inginocchiate rispondevano cantando . Nelle tenebre della chiesa il moccolo del frate mandava un barlume oscillante sulle teste immobili delle donne , e faceva intravedere non so che bizzarre e lugubri forme . Pareva che nello sfondo della nave s ' aprisse una lunga serie di pesanti arcate , e in fondo luccicassero pallidi due stoppini ; pareva che le muraglie fossero dipinte a bieche figure di santi , di dannati e di mostri ; pareva che il negro soffitto di grosse travature si trasformasse nella cupa scala delle regioni de ' fantasimi . Dalla stretta finestra di una cappella entrava un raggio di luna smorto . Le litanie correvano più spedite e le voci sembravano crescere ed echeggiare , quando in un istante le donne si alzarono e il frate spense il cerino . Tutto entrò nella oscurità , eccetto dove la luna mandava sul pavimento della cappella la lista sottile di luce . Alcune ombre ci passarono innanzi senza vederci . Rimanemmo soli in quel triste silenzio . La chiesetta era diventata d ' una vastità smisurata . Matilde s ' avvinghiò al mio corpo , ed io sentii sulla mia guancia un morso divino . - Mi amerai sempre ? - chiesi a Matilde con un soffio di voce . - Finch ' io vivrò , sempre sempre . - Me lo giuri ? - Sì , te lo giuro . Su tutto ciò che ho di più sacro , in questo luogo , sulla tua vita stessa , te lo giuro . E tu m ' amerai sempre ? - Oh sì , sempre , lo sai - . Poi soggiunsi , esitando un poco : - Giurami che non hai amato altri che me . - Non ho bisogno di giurartelo , caro . - Giuramelo , te ne supplico . - Conosci tutta la mia vita , cattivo : tutta , meglio di me , perché io te la ho svelata intiera , e tu ci ripensi , mentre oramai io me la sono scordata . La mia memoria non mi serve che per te solo . - Ti scongiuro , giuramelo - replicai con un fremito . - Puoi tu pensare che io abbia provato per nessuno ciò che provo per te ? Non si può amare che una volta , una volta sola come io t ' amo . A poco a poco s ' era avvicinata alla porta . Mi trascinò per la mano , dicendomi : - Usciamo . Avevamo fatto quaranta passi sulla strada , quando s ' udì cigolare le imposte della porta della chiesetta . Si continuò la via verso il Santuario . Non passava un ' anima . Ci fermammo qualche minuto nel vasto piazzale del tempio , circondato dai lunghi portici di mattoni , che al lume della luna parevano neri . Le parole di Matilde , invece di confortarmi , mi avevano messo sossopra . Il cuore mi picchiava dentro con battiti furiosi e disuguali ; avevo la gola arida : un fantasima mi camminava a lato , e mi guardava , sogghignando con una certa smorfia di canzonatura spietata , come se dicesse : - L ' ho colto io il fiore di quell ' affetto . Contentati dei resti . La voce non voleva uscirmi dalla strozza . Tacqui un pezzo . Matilde mi spiava di quando in quando con una occhiata rapida , senza aprir bocca . Non volevo toccare lì dove proprio mi doleva ; mi vergognavo verso di lei , verso me stesso ; temevo , sfogandomi , d ' infuriare ciecamente ; sentivo una profonda ripugnanza a funestare con acerbi e vani discorsi quelle ore , le quali dovevano essere tutte destinate alla gioia ; e poi ripetevo a me stesso , senza riescire affatto a persuadermi della buona e semplice ragione : - Che colpa ne ha lei ? In fondo , è suo marito . Alla fine , non mi potendo trattenere , dissi con accento rotto e strozzato , tanto per dire qualcosa di diverso da ciò che mi stava fisso nel cervello : - Senti , Matilde , se io morissi o se ti abbandonassi , e se tuo marito fosse morto , torneresti a maritarti ? Non rispose . Irritato da quel silenzio , insistetti : - Ti prego , dimmelo . Matilde sospirò e tacque ancora ; ma io , ch ' ero entrato in quella nuova ostinazione , ripetei : - Dimmelo , te ne prego . Ella rispose un po ' infastidita : - No , no , non tornerei a maritarmi . - Avresti torto . Già se io ti abbandonassi , quali obblighi serberesti verso di me ? E se morissi , perché dovresti sacrificarti nell ' inutile culto d ' una memoria ? Aggiungi i casi della vita : restare senz ' aiuto con i figliuoli ; le difficoltà dell ' educarli , del dirigerli ; le strettezze economiche . E perché non potresti , fra cinque , fra dieci anni , sbolliti i fumi della fantasia , incontrarti con un uomo attempato , onesto , ricco , che ti amasse e al quale tu volessi bene ? - Sarà sempre impossibile . - Perché ? - ribattevo con tenacità acre e noiosa . - Non foss ' altro perché non potrei rimaritarmi senza svelare al secondo marito di avere tradito il primo . - Certe cose , si dicono ? Mi fissò negli occhi con uno sguardo , che mi fece arrossire ; ma io continuavo a tasteggiare , a stuzzicare . - C ' è dei galantuomini ai quali il passato non preme . La sincerità può accordarsi con l ' utile . Nuovo silenzio lungo , durante il quale si sentivano gracidare in coro le ranocchie dei fossati . Ripigliai : - È singolare ! Può darsi dunque , presto o tardi , che ti accada di innamorarti d ' un altro . Io avevo l ' illusione che la tua vita fosse indissolubilmente legata alla mia . Aspettai in vano una risposta , che avevo onta di sollecitare , tanto le mie proprie parole mi sembravano sciocche e vili . La bile mi suggerì : - Strano ! Unisci la passione dell ' oggi , profonda , infrenabile , per quanto affermi ... - E il fatto lo mostra , mi pare . - ... la unisci con una certa cautela pratica per l ' avvenire . - Non ho detto di volermi rimaritare . Già mio marito vive , e tu mi ami , e io t ' amo tanto , e te lo provo . Non ci affatichiamo a tormentarci senza un perché . Si avventò per darmi un bacio . La respinsi . - Senti , giurami che non ti rimariteresti in nessun caso , mai . - Giuro per il passato , quando so di giurare il vero , ma per l ' avvenire , benché certa , non posso . - Bella certezza ! Conosco dei giuocatori di lotto che sono sicuri di non vincere ; ma la polizza non la buttano via . Tu non vuoi lacerare la polizza del futuro . Del resto , adesso a giurare sarebbe tardi . Sono cose d ' impeto , d ' istinto : il male sta nel doverci pensare . - Abbi pazienza , caro . Quando vuoi ch ' io giuri sulla tua vita io non posso mai farlo senza riandare in me stessa tutte le azioni , tutti i pensieri , tutti i sentimenti , che si riferiscono al giuramento . Un giuramento solenne e tremendo non isvanisce : dura per sempre . Mi accosto ad esso come ad un altare , con la coscienza sicura , ma con la mente turbata . Voglio che , insieme con il cuore , risponda il giudizio . Mi credi ? Ti contenti della mia promessa ? - Credo che ora il solo pensare ad un nuovo legame debba sembrarti cosa abbominevole ; ma poi , quando la nostra relazione dovesse , nell ' un modo o nell ' altro , finire , quando tu fossi libera ... - Mai , mai , non potrei amarti come ti amo se questo affetto non dovesse riempirmi l ' anima sino all ' ultimo istante della vita . - Oggi ti ripugna il pensiero , lo vedo : ma non credi il fatto assolutamente impossibile . - Sì , lo credo impossibile . - E se lo credi impossibile , perché non giuri ? M ' ero allontanato un poco da Matilde ; mi asciugavo con la mano il sudore dalla fronte ; avevo sulle labbra un ' amarezza che voleva schizzar fuori . Matilde mi si avvinghiò stretta stretta , gridando : - Sì giuro , giuro sulla mia vita . - Sulla mia , giuralo . - Sì . - Dillo . - Sì , sulla tua vita lo giuro . Il mio spirito , confuso , pentito , vergognoso , tornò in meno di un quarto d ' ora beato d ' una beatitudine tutta fuoco e tutta fiamme . Matilde si sentiva stanca . Tornando all ' albergo s ' appoggiò forte al mio braccio . La camera grande , bassa , fredda , era quasi vuota . Il letto alto , con una coperta rossa scarlatta , il cassettone ornato di due mazzi di fiori artificiali sotto le polverose campane di vetro , qualche seggiola impagliata , una tavola su cui stava confusamente la nostra roba : ecco tutto . Guardai se gli scuretti delle finestre erano chiusi , ed origliai agli usci laterali per sentire se le camere vicine fossero abitate . Tutto taceva . L ' orologio del corridoio aveva suonato da un po ' di tempo le dodici quando s ' udì un gran fracasso : qualcuno entrava nella camera a destra , e dalle fessure della porta si vide una striscia di luce . Due stivaloni furono gettati sul pavimento , un corpo si buttò sul letto , e , dopo qualche minuto , principiò un russare profondo , continuo . La mattina seguente io provavo un certo inesplicabile stringimento al cuore . Nel cielo d ' un bell ' azzurro dolce veleggiavano poche nuvolette dorate ; ma la luce del giorno mi sembrò melanconica . Doveva esserci nel mio sorriso qualche cosa di strano , perché Matilde , pallida , mi chiese due volte : - Che cos ' hai ? Ti senti poco bene ? Le pigliavo la mano bisbigliando : - Non ho nulla . Ti amo tanto ! Quando la vidi entrare in vagone e , con i begli occhi pieni di lagrime sempre fissi su di me , allontanarsi nel lungo treno e sparire , mi sentii come alleggerito di un peso . Avevo l ' animo vuoto , ma il respiro più libero . Il demonio muto 1 Nipote mio , ho compiuto quest ' oggi i miei novant ' anni , e ho fatto il mio testamento . Lascio quasi tutti i miei soldi , circa un centinaio di mila lire , a tua sorella Maria , che ha sette figliuoli ed è vedova , con il patto di passare tremila lire l ' anno alla mia buona Menica , la quale è troppo vecchia e stanca per attendere agli affari . Vero è che la mia buona Menica mi fa arrabbiare tutte le sante sere . Non vuole andare a letto prima di me , per quanto io la preghi e scongiuri ; e mentre scrivo al lume di questa lucerna e ne smoccolo i lucignoli , ecco lì la tua zia , dall ' altra parte di questa tavola , che dorme col gatto nero sulle ginocchia . Da mezzo secolo si fa la stessa vita placida e dolce e tanto rapida che le settimane volano come giorni ; e la mia cara vecchietta tutta linda , con la sua cuffia bianca inamidata , quando si sveglia e , alzando il capo , fissa a un tratto gli occhi ne ' miei , e mi chiama : - Carlo ! - mi fa ribollire nelle vene un sangue da giovinotto . Per conto tuo non hai bisogno di nulla . Sei solo , agiato e non avido . Ma sai che , sebbene io non ti veda troppo di rado in queste montagne , pure ho sempre sentito un grande affetto per te , e lo meriti ; e mi rincrescerebbe che , quando sarò volato via da questa terra , tu non avessi nessuna occasione di rammentarti dell ' antico parente . Da parecchi giorni vado dunque intorno in questa casa mezzo diroccata per trovare un oggetto che possa non dispiacerti . Ma ogni cosa è logora , sbeccucciata , sbiadita , sconnessa : corrisponde insomma ai capelli canuti ed alle rughe dei padroni . Da trent ' anni non sono neanche più andato a Brescia : si può dire ch ' io non abbia più comperato nulla . Le cose più belle in questo polveroso palazzo , dove le finestre mostrano ancora i loro vetri tondi , ondulati dal centro alla periferia , come fa un sasso quando si butta nell ' acqua , dove i pavimenti paiono un mare in burrasca , sono le cose più vecchie . Sai che ho quattro di quelle casse di legno intagliato , che si mettevano a ' piedi del letto degli sposi , tutte a putti che giuocano , ad amorini alati , a ninfe nude ; e vi stanno gli antichi stemmi della nostra famiglia . Poi ho dei seggioloni enormi a grossi fogliami nei bracciuoli e nella spalliera , che punzecchiano le mani e la schiena , e certe lettiere spropositate a colonne ed a timpani , che paiono monumenti sepolcrali . Poi ho quegli otto grandissimi ritratti nelle loro massicce cornici d ' un oro diventato nero : memoria dei nostri augusti antenati , che Dio li abbia in gloria : quei ritratti che , quando da bambino venivi qui a passare i mesi delle vacanze , ora ti facevano ridere ed ora ti mettevano paura . La dama , ti ricordi ? con il guardinfante verdone e con una piramide rossa per acconciatura , che pare una bottiglia sigillata ; il cavaliero con il grande cappellaccio alla spagnuola , il tabarro bruno , la mano sull ' elsa e l ' occhio truce , e poi il Beato Antonio , il santo Missionario , il grande onore della Val Trompia , che ti faceva scappar via . È pallido come un fantasma , magro stecchito , con gli occhi infossati e un sorriso sulle labbra da far ghiacciare il sangue . In mano ha due cilicii spaventosi , l ' uno a scudiscio pieno di terribili punte , l ' altro a ruote dentate . Mi raccontava Giovanni ( sai ? devo avertene parlato , il servitore che in gioventù assisteva il Beato Antonio , quand ' era infermo , e da vecchio aveva cura di me e mi conduceva alla scuola ) Giovanni mi raccontava , ed io tremavo di spavento , che una mattina , essendo entrato all ' improvviso nella nuda camera del Santo , vide in un angolo una camicia , che stava in piedi da sé sola e ch ' era di color pavonazzo . Guarda , tocca : il sangue , di cui appariva inzuppata , raggrumandosi e indurando , aveva ridotto la tela rigida come un legno . Don Antonio aveva le mani così scarne e le dita così slogate , che con le unghie poteva toccar l ' avambraccio . Era un miracolo di eloquenza , un miracolo di abnegazione . Parlava a dodici a quattordicimila persone , che correvano a udirlo dalle valli , dai monti lontani , e si faceva sentire da tutti . Eppure , se tu vai a Brescia , puoi vedere nella chiesa di San Filippo , appesa all ' altare del Santo , una lingua d ' argento , voto di Don Antonio , quando per intercessione di Filippo Neri guarì dalla balbuzie . A Roma , poco prima di morire , predicando nella chiesa del Gesù , fece piangere il Papa . Aveva per consuetudine , ne ' siti dove egli andava , di parlare contro i vizii che più dominavano in paese . A Desenzano tuonò contro l ' ubbriachezza . Il dì dopo tutte le osterie , tutte quante le bettole erano chiuse , e l ' Autorità dovette farne aprire alcune per forza a servizio dei forestieri . All ' ultimo sermone non voleva altro che i miserabili : era la predica sulla Povertà . Dopo avere mostrato la vanità delle ricchezze , dopo avere eccitato gli animi al disprezzo degli agi , chiamava ad uno ad uno i suoi ascoltatori , e divideva con essi tutto intiero il guadagno del Quaresimale e i pochi panni che gli restavano . Senti questa . Giovanni stava dietro al pulpito , mentre Don Antonio predicava un dì sull ' Inferno . Dopo una pausa , il Beato Antonio con voce rimbombante grida : - Pentitevi , figliuoli , tornate nella via della virtù ; giacché per voi , o perversi , che continuate a vivere nel peccato , che state duri nel vizio , i sepolcri - e gridava sempre più alto , come ispirato dal cielo - i sepolcri si spalancheranno , e , precipitando sulle ossa degli antichi scheletri , nella notte e nel gelo , sarete a poco a poco rosicchiati vivi dai vermi - . Allora Giovanni udì come un fruscìo , un muoversi improvviso , ma sordo , lamenti soffocati , singhiozzi repressi . Guarda dal parapetto del pulpito , e vede , cosa strana ! nella chiesa , la quale prima era così zeppa di gente , che una presa di tabacco - diceva Giovanni tabaccone - non avrebbe potuto cadere in terra , vede il pavimento nudo in larghi spazii , vede scoperte di popolo tutte le grandi lapidi delle tombe . La gente , spaventata dalle parole del Missionario , s ' era ritirata dai sepolcri , e , sempre in ginocchio , piangendo e picchiandosi il petto , si pigiava , si schiacciava , si accatastava a gruppi , e implorava sotto voce il perdono di Dio . Di questi ritratti neri e di questi mobili tarlati tu non sapresti che cosa fare . Qui invece stanno bene , così impietriti al loro posto . Dopo tanti anni che le pareti , le masserizie , i quadri si guardano , e forse nel loro linguaggio si parlano sommessamente , lo strappare qualcosa parrebbe un ' amputazione , sarebbe una crudeltà . Quando i figliuoli di tua sorella , diventati forti giovinotti , vorranno passare alcune settimane cacciando sui monti , uccellando nelle valli o pescando le trote rosee nel lago d ' Idro o nel Chiese , troveranno intatta l ' antichità di questo palazzaccio . Si scalderanno al fuoco del caminone di marmo giallo , in cui dodici uomini possono stare comodamente seduti ; guarderanno i soffitti a travature sagomate e dipinte , e cammineranno su e giù nella galleria dove , tra gli stucchi sgretolati , il vento gavazza . Tu sentissi che musiche sa comporre il vento in queste gole alpestri e in queste muraglie rovinose : sono tripudii o spaventi , fischii lieti e trilli e scale e accordi sonori e poi il finimondo , e sempre continua il pedale , come dicono gli organisti , del romore sinistro , che le acque del Chiese fanno nel loro letto sassoso ed erto . 2 Ho trovato , nipote mio , quel che ti devo lasciare . È una cosa che mi salvò quasi la vita . Prima che tu nascessi , i medici di Brescia e di Milano mi avevano spacciato . Una maledetta malattia nervosa del ventricolo s ' era ostinata a volermi spingere al mondo di là , ed ero ridotto , per tutto pasto , a nutrirmi di pezzettini di cacio lodigiano che tenevo in bocca , e di cui a poco a poco succhiavo la sostanza . Pigliai questo malanno , il primo e l ' ultimo della mia vita , cacciando nelle valli , quando , dopo avere mal dormito qualche ora in un casolare , alle tre della notte mi alzavo , camminavo fino alle sei in cerca del miglior sito della palude , con il freschetto del dicembre o del gennaio ed una sottile umidità che entrava nelle ossa , e poi dall ' alba al tramonto mi piantavo immobile nell ' acqua e nella nebbia ad aspettare una folaga , la quale molto spesso non voleva mostrarsi . Mi scordavo di mangiare . Bevevo , io che sono sempre stato mezzo astemio , de ' larghi sorsi di acquavite . Vedi bestia che è l ' uomo ! Amando le montagne e le balze , cacciarsi con tanta fatica e con sì misero fine dentro ai pantani ! Tornavo a casa , dopo qualche giorno , affranto , sfinito . La Menica mi dava brodi , petti di pollo , latte di gallina , vino vecchio e il suo sorriso tutta bontà ; ma io non avevo fame e digerivo male . Pensa che malinconia m ' era venuta addosso ! Non potevo uscire di camera : andavo dal letto al lettuccio . Se per caso giravo gli occhi allo specchio , vedendo un coso allampanato con le guance smunte , gli occhi spenti , il quale non somigliava affatto al mio signor io , non sapevo vincere l ' ombra di un tristissimo sorriso , che mi correva sulle labbra e si trasmutava tosto in due lagrime lente . Da quindici giorni , all ' aprirsi della primavera , mangiavo , non ostante , un pochino di più , dicevo qualche parola volentieri , cavavo qualche accordo flebile con meno stento dalla mia amata chitarra , la quale mi stava accanto sul sofà o sul letto . Quand ' ecco a un tratto , una sera , mi sento esinanire . La Menica si spaventa . Era un gran pezzo ch ' ella non dormiva sotto le coltri , non andava nel brolo a respirare una boccata d ' aria , non faceva altro che starmi intorno sollecita , sempre attenta ad un ' allegria fiduciosa e serena , che non le veniva dal cuore , ma che ella simulava virtuosamente per il suo povero infermo . Ell ' aveva pensato fino allora al mio corpo : pensò in quel punto alla mia anima . Mezz ' ora dopo entrò il curato e , sottovoce , mi chiese s ' io volessi confessarmi . Gli occhi della Menica m ' imploravano . La camera era buia , silenziosa , sepolcrale . Mi confessai a spizzico , quasi senza fiato ; ma non fu cosa lunga , poiché non credo in mia vita di avere mai desiderato male a nessuno . Toccai la mano alla mia buona infermiera , che mi ringraziò con effusione angelica e mi baciò sulla fronte . Mi sentivo sollevato . Il prete stava sempre in piedi a sinistra del letto , duro duro , brontolando le sue preghiere . Negl ' infermi le impressioni son rapide come il lampo . Guardai fisso il volto del prete , e nell ' osservarlo provai dentro un irrefrenabile impeto di riso . Bisogna che tu sappia come quel curato , uomo di mezza età , rubicondo , tarchiato , panciuto , ottimo di cuore , ma un po ' beone e mangiatore insaziabile , era il più gioviale matto di questa terra . Cantava certe canzonette da fare sbellicare dalle risa , faceva certi giuochi di prestigio con i bussolotti da maravigliare un mago , scriveva sonetti buffoneschi , imitava con la sola varietà dei fischi la predica del Vescovo biascicone e con la sola varietà delle inflessioni di voce tutte le lingue , compresa la turca ; faceva dietro una tela bianca le ombre chinesi con le mani , figurando cigni , lepri , porci , elefanti , gatti e una pantomima di burattini , in cui Arlecchino era innamorato di Rosaura e bastonava Pantalone ; finalmente con la faccia rappresentava il temporale , agitando ora lenti , ora impetuosi tutti i muscoli delle gote , del naso , della bocca , del fronte , persino le orecchie , così che pareva proprio di vedere i primi lampi , di sentire il rombo dei primi tuoni , e poi via via crescere la tempesta e scrosciare la pioggia e scoppiare le folgori , finché un po ' alla volta , con qualche ritorno di vento e d ' acqua , la bufera si dileguava e , rinata la calma , tornava a splendere la viva luce del giorno . Tu avessi visto come a questo punto il viso del prete sbocciava , come s ' irradiava , come brillava : era il sole tale e quale . Il gaio curato veniva , prima della mia malattia , tutte le domeniche a desinare da noi , e di quando in quando , bevuta una bottiglia di quel vecchio , ci dava lo spettacolo esilarante del suo temporale . Ora , al vedere il muso tondo , comicamente solenne , a cui neanche l ' aspetto della morte avrebbe potuto cancellare l ' impronta della giovialità , borbottare le orazioni fra i denti agitando le labbra , battendo le ciglia ed increspando la fronte , mi tornò alla memoria il temporale , e scoppiai in una fragorosa e interminabile risata . Il prete , che era lesto di cervello , capì in un attimo la ragione delle mie risa e , scordando il suo ministero , non potendosi più tenere cominciò a sghignazzare a crepapelle . La Menica e la serva , che erano presenti , ci credettero impazziti ; ma , giacché il riso è contagioso ed il prete riesciva tanto bizzarro nei suoi contorcimenti , si misero a ridere anch ' esse . La solennità dell ' olio santo s ' era trasformata così in una farsetta da carnevale . Allora io pigliai da lato la mia chitarra e cominciai gli accordi , e il prete intonò una canzone delle sue più sguaiate ; ed egli cantava con pazza gioia ed io accompagnavo con tanto felice ardore , che mi pareva di essere il dio della contentezza . Ma la saggia Menica mi fece smettere per forza , e mandò via il curato bislacco , che si sentiva ridere ancora sulle scale e in istrada di questo suo penitente mezzo morto , resuscitato . Il dì seguente mi svegliai con un rabbioso appetito . Due giorni dopo giravo tutta la casa ; quattro giorni appresso andavo nel brolo e nel paese , e , passata una settimana , mi arrampicavo sui monti e avrei mangiato i gusci delle ostriche . La mia guarigione fu cominciata dalle smorfie del prete , ma fu compiuta dalla chitarra . Tu non puoi pensare quale beatitudine fosse la mia nel potere di nuovo agitare fieramente le corde di quello strumento , che amo sin da fanciullo , e che mi è sempre stato una grande consolazione nelle traversìe della vita giovanile e ne ' piccoli fastidii della vecchiaia . Tu mi hai sentito suonare . Sono un buon chitarrista , non è vero ? Ho le mie ambizioncelle anch ' io , caro nipote . Quando andavo sotto il balcone della Menica , settant ' anni addietro , e suonavo dolce dolce un minuetto del Monteverde , la gente stava ad ascoltarmi a bocca aperta , e il cuore batteva forte alla mia fidanzata , che mi scoccava dalle imposte socchiuse delle occhiate assassine . Adesso ancora mi diverto a cercare nelle antiche melodie le antiche memorie . Vado nella cappella del palazzo , che è , come tu sai , all ' angolo della galleria , ed ha l ' altare tutto di legno ad angeli paffuti e a cartocci barocchi , i quali mostrano ne ' luoghi più riposti i segni delle scomparse dorature : e vi sono i vetri a figure colorate , qua e là rotti e restaurati con pezzi di vetri bianchi , sicché ad un Santo manca la testa , all ' altro un braccio o una gamba : e non ostante la chiesetta ha qualcosa di severo e di sacro nella sua mezza oscurità . Non c ' è neanche un quadro ; le pareti son nude ; solo da una parte si vede appesa ad un chiodo la mia chitarra , che è quasi una reliquia . Stacco lo strumento , e , salendo dallo scalone interno , quello scalone lungo e diritto , che ha i suoi dugento gradini tutti sconnessi , vado pian piano nel giardino alto , da cui si domina il villaggio e la valle , e mi metto a sedere sui graticci , i quali , servendo solo per i bachi da seta , restano quasi tutto l ' anno accatastati nel padiglione delle feste . Questo magazzino , gioia dei topi e dei ragni , era una piccola reggia tre secoli addietro . I nostri antenati vi godevano le loro orgie , che non invidio : donne , balli , buffoni , cene , le quali non terminavano prima dell ' alba e lasciavano uomini e femmine arrotolati per terra . Col vino scorreva qualche volta il sangue . I muri portano ancora , quasi cancellati dal tempo , i nomi ed i motti di qualcuno dei violenti e gaudenti cavalieri . V ' è , tra le altre , sotto al disegno rozzo di un cuore trafitto , l ' impresa : Dopo il bacio il pugnale . Così , seduto al fresco ne ' bei giorni d ' estate , strappo alle corde i miei vecchi ricordi in questi ultimi anni , che sono i più tranquilli e i più lieti della mia vita . Lascio morire flebilmente le armonie sotto la vòlta della sala , seguendo attentissimo con l ' orecchio le ultime oscillazioni , che si dileguano nel brontolìo lontano del Chiese . Poi , sentendomi ringalluzzito , picchio forte su tutte quante le corde e comincio un allegro amoroso , una gavotta saltellante ; ma pur troppo la mia mano sinistra ha perduto un poco di agilità , e la mia destra è scemata un poco di vigore . Oggi son più valente negli adagi , nelle ariette patetiche : ai vecchi s ' addice meglio il rimpianto . La mia chitarra ha cinque corde doppie ; sale dal la al mi , due ottave e mezzo . È uno strumento ammirabile per la sonorità e l ' eleganza . La rosa , intagliata a minuti intrecci e trafori di cerchi , di triangoli , di foglioline , pare un ' opera in filigrana . Il manico , intarsiato di avorio e di ebano con dei filetti d ' oro , rappresenta una caccia in figure alte un ' oncia : cavalcatori , dame , falconieri , con cani , cavrioli , lepri , cignali e ogni sorta di selvaggina . Al basso della cassa armonica s ' ammira poi una figuretta d ' argento , un Apollo sdraiato che suona la cetra , cosa che più graziosa al mondo non si potrebbe vedere . Oltre a ciò , accomodate in vago ornamento , stanno un centinaio di perle , alcune assai grosse , e così bene incastonate , che sette soltanto si sono rotte o perdute . Insomma questa chitarra magnifica desidero , dopo la mia morte , lasciarla al mio caro nipote . Fors ' è un ' ubbia dello zio quasi rimbambito , ma non vorrei che la chitarra uscisse dalla nostra famiglia . C ' è sotto una storiella . Te la racconterò , prima perché giova che tu la sappia , e poi per amore di me medesimo . Non posso dormire , come accade ai vecchioni , più di due o tre ore la notte , e ho gli occhi sani , e non cavo troppo gusto a leggere libri per cagione della memoria , che mi serve benissimo nelle cose lontane , ma pochissimo nelle vicine , sicché alla fine di un volume rischio di non rammentarmi il principio . Bisogna dunque ch ' io metta un poco di nero sul bianco per occupar la sera in qualcosa , mentre la Menica , tenendo in grembo il suo micio , pisola nel seggiolone . 3 Ti scrivo di giorno all ' ombra dell ' antico padiglione e all ' aria aperta , nel giardino ora tutto intralciato e spinoso , che sta innanzi al padiglione ed è protetto da balaustri spezzati e da pilastri , su cui piantano de ' mozziconi di Ercoli , di Diane e di Veneri ! La roccia scende a perpendicolo dietro il palazzo , del quale da questa altura si dominano i tetti vicini ; più giù , a sinistra , si vede la piazza del paese , e più giù ancora il ponte ed una lunga e sinuosa striscia di fiume . È un ' afa , che non si può respirare . Me ne sto qui da un pezzo a guardare le montagne ed il cielo . Le curve ripide e rotte del monte di San Gottardo alla destra e dell ' altro , che gli sorge di contro , pare si tocchino a ' piedi , tanto è stretta la spaccatura del Chiese . In mezzo a quelle due chine brulle d ' un colore cupo rossastro si vede quasi orizzontalmente il dorso celestino di un monte lontanissimo . Le nubi s ' erano squarciate e , sul largo campo azzurro , da quell ' angolo basso saliva saliva una nuvola bianca , illuminata dal sole . Prima sembrò una corona d ' argento posta sul culmine del monte lontano ; poi si espanse , invase una gran parte del cielo . Pigliò figura di un toro immane , che si avanzasse con la sua testa cornuta . Le corna venivano sino alla metà della vòlta celeste ; una gamba poggiava sopra uno dei monti , l ' altra sull ' altro . Poi , in un minuto , il toro mutò apparenza : la testa da grossa che era si allungò , diventò il grugno di un porco , le corna si accorciarono in orecchie , le gambe si restrinsero a zampini , e la figura , che prima era maestosa , diventò grottesca . Poi la nuvola grande si sciolse in diverse nuvolette candide : qua e là de ' gruppi di punti argentei si raccoglievano come in tanti palloncini aereostatici , i quali vagavano un pezzo innanzi di ridursi al nulla . L ' aria è restata d ' un celeste purissimo , su cui le due montagne vicine tagliano scure , e l ' ultimo monte appena stacca in quasi impercettibile sfumatura . Intanto il Chiese , ingrossato dalle ultime piogge , mugghia più iracondo che mai . Le case , brune , ancora bagnate , hanno de ' bizzarri scintillamenti , e gli alberi sono lustri . Giù nelle strade fangose le capre passano , accompagnate da fanciulli , che portano sul capo immense frasche fronzute di castagno o di quercia , sotto alle quali restano curvati e nascosti . Son piante che camminano ; e quando diciotto o venti di quei ragazzi scendono così dai sentieri delle montagne l ' un dietro all ' altro , pare che un pezzo di bosco si muova , e si pensa - non mi rammento bene , ma qualcosa mi resta nella memoria di spaventoso - a quel re , a cui , dopo la profezia di certe orribili streghe , venne incontro così una foresta minacciante e vendicatrice . Dalla parte di San Gottardo sai che si va a Bagolino , costeggiando il melanconico Lago d ' Idro , passando dalle mura merlate della Rocca d ' Anfo e camminando un pezzo sulla stupenda strada , che lascia ben basso il Caffaro , e dai parapetti della quale si vedono i precipizii vertiginosi , dove nella cupezza del fondo le acque del torrente , col rimbalzare da un masso all ' altro , col piombare in cascate , col frangersi alle roccie , mostrano il luccichìo della loro spuma . In quelle orridezze si rovesciano spesso uomini e cavalli e , senza che la loro caduta mandi il più lieve romore , vanno a seppellirsi nella gran fossa del monte . La via bellissima è sparsa di panporcini e di croci . O quante volte son passato su quella strada cantando , con il mio fucile a pietra sulla spalla , la fiaschetta piena di polvere , la ventriera fasciata alla vita e ben provvista di palle e pallini , e la carniera ad armacollo ! Avevo con me Lampo e Bigio , oppure Livia e Toti . Non c ' è una svolta ch ' io non ricordi , né una cappelletta , né una pietra migliaria . A Nozza , avendo pigliato una scorciatoia , trovai sul viottolo rasente al Chiese due vipere , ed una ne uccisi coi tacchi de ' miei grossi stivali . A Vestone il povero Lampo ebbe un formidabile calcio da un ciuco , e continuò poi a guaire tutta la giornata . Ad Anfo c ' era un ' ostessa gobbetta e zoppa , la quale mi dava il vino bianco e le tinche fritte . Facevo centro a Bagolino , ma poi , partendo all ' alba e spesso non tornando la sera , correvo lontano a cacciare i camosci sulle balze e le starne nei boschi . La prima volta che salii solo alla cittaduzza alpestre , e avevo allora , che ero giovane , un ' aria baldanzosa ed una gran barba nera , un vecchietto mi venne incontro e , togliendosi rispettosamente il cappello e sorridendo con malizia , mi fece segno di seguirlo . Dopo avermi condotto , senz ' aprir bocca , un trecento passi all ' in su e all ' in giù per quelle viuzze sudicie e strette , il vecchietto si ferma e alzando il braccio mi mostra coll ' indice una lapide antica infissa nella rovinosa muraglia di una casa . Vi leggo a stento questi bei versi : Oggi non è il tempo Né la stagione Di stare in questo loco Chi non sta a ragione . Prima che avessi agio di pigliarmela col sardonico vecchietto e chiedergli la causa della sua minaccia , egli se l ' era prudentemente svignata . Lo cercai tutt ' in giro senza poterlo trovare . Desinai all ' osteria del Pavone , e poi , essendo domenica e non avendo sentito messa , m ' arrampicai sulle interminabili gradinate della chiesa ed entrai a pregare . Il sole mandava i suoi raggi quasi orizzontalmente dalle finestre della facciata sino all ' altar maggiore , gettando su questo la luce infiammata del tramonto e facendo scintillare la custodia dorata del ciborio . La chiesa era deserta . Solo si sentiva un leggiero picchio a intervalli regolari ora di qua ora di là . Una vecchia , tanto curva che il suo mento giungeva appena all ' altezza delle panche , passava abbastanza lesta da un altare all ' altro , mettendo innanzi ad ogni passo il suo bastoncino , su cui poggiava il peso del corpo cadente . Mentre uscivo , ell ' era accanto alla pila dell ' acqua santa , le diedi qualche soldo : mi ringraziò tremolando . Il sole scendeva in quel punto dietro le montagne . Non sapendo come passare il tempo , mi posi a sedere sul parapetto del portico e guardai intorno le chine verdi ; ma nell ' abbassare lo sguardo , sopra un quadratello di marmo bianco , incassato nelle lastre scure del pavimento , mi parve di vedere il nome della nostra famiglia . Sentii punzecchiarmi dalla curiosità e guardai bene . Potei leggere , oltre al casato , Don Antonio , e l ' anno MDCCLXX ; ma il testo , tra l ' essere logoro dallo stropiccìo de ' piedi e l ' essere scritto in latino , non mi entrava nel cervello . Stavo così lambiccandomi da dieci minuti , quand ' odo dietro di me una voce fessa e biascicante , la quale brontola , come se ripetesse una lezione imparata a memoria : « Sul sagrato di questa chiesa Don Antonio , maestro di virtù , fece ardere in benefica pira gli strumenti del peccato , e scacciò il Demonio muto dal cuore dei penitenti » . Non capii nulla neanche nella traduzione , e , vincendo il ribrezzo che la vecchia mi metteva addosso , le chiesi s ' ella poteva spiegarmi il mistero dell ' epigrafe . Mi pigliò per il braccio con la sua mano adunca , che pareva un artiglio , e mi trascinò sul piazzale , nel mezzo , tra il portico della chiesa e le gradinate della roccia , le quali scendono al paese ; poi , sempre tenendosi al mio braccio , fece il segno con la punta del suo bastoncino di un largo circolo intorno a noi , e disse : - Qui , proprio qui . Era un gran fuoco . Pareva un incendio . I ragazzi avevano portato le fascine secche ; gli uomini avevano accomodato le legne in una immensa catasta ; le donne con le mani giunte , inginocchiate , pregavano . Poi una si alza e , togliendosi i pendenti dalle orecchie , li getta nelle fiamme ; e , dopo questa , tutte , ad una ad una , o un monile , o un braccialetto , od uno spillone , o quel che hanno di prezioso e di bello gettano nel fuoco . Le litanie si sollevano al cielo : lo scoppiettare e lo stridere del rogo pare un inferno . Si avanzano gli uomini come spiritati . È notte , e le fiamme , tingendo la chiesa e le case di un rosso sanguigno , dànno ai devoti l ' aspetto di demonii . Ecco che volano sul fuoco mandolini , flauti , tamburini , tiorbe . Due alzano una spinetta , e giù sulle brace . Quante chitarre ! Una , fra le altre , di avorio , di ebano , d ' oro , di perle ! Che bellezza ! ... Mi sentii serrare il braccio più forte . La vecchia s ' era interrotta , tremava in tutte le membra , e sulle guance grinzose e terrose sgocciolava qualche lagrima . Si percuoteva il petto col pomo del bastoncino . Durò un pezzo a rimettersi , e poi alzò sopra di me gli occhi così stravolti , che ne ebbi paura . Certo , era matta . Continuò , facendo da sé sola dieci passi indietro e picchiando tre volte col bastoncino in terra : - Qui stava il Santo , immobile , maestoso . Guardava in alto . Qualche volta faceva un gesto con la mano , e allora quelli che gli erano vicini gridavano : Silenzio . E tutti tacevano , e si sentiva , accompagnata dal romore della legna ardente , la voce di lui , che gridava : « Distruggete , fratelli , disperdete gli strumenti del vizio . Quegl ' infami oggetti sono del diavolo . Regalateli a me , ch ' io li dono a Dio . Non più balli , non più suoni , non più gioielli . Via gli eccitamenti alla corruzione , le tentazioni al peccato . Vivete , pensando solamente alla morte ed al cielo » . E di quando in quando si sentiva la stessa voce , che dominava il turbinoso frastuono del popolo , ripetere : « Distruggete , fratelli , disperdete gli strumenti del vizio » . Mi sembrò che i pochi capelli bianchi della vecchia le si rizzassero sul cranio . Dopo una pausa ripigliò : - Io era giovane allora , bella , sana , ricca , empia . Mi scaldavo le mani alla catasta e ridevo . Puoi pensare , nipote mio , se queste parole della strega avevano solleticato la mia voglia di sapere ogni cosa , e se io la tempestassi d ' interrogazioni . Ma ella non rispondeva più niente . Pareva che fantasticasse a qualcosa di là dal mondo . Finalmente , infastidita dalla mia insistenza , mi chiese con ira : - Chi è lei che m ' interroga ? Che cosa importa a lei di queste storie di mezzo secolo addietro ? Non può lasciarmi quieta nelle mie memorie e ne ' miei rimorsi ? Cercai di placarla , e per iscusare la importunità le dissi il mio casato e ch ' io ero pronipote del Beato Antonio . - Nipote ! - gridò , spalancando gli occhi cisposi . - Figlio del figlio d ' un suo fratello . - Figlio del figlio d ' un suo fratello - mormorava la vecchia fra le gengive , come se studiasse questo grado di parentela . Mi guardò nel volto con attenzione minutissima , e invasa da una crescente contentezza : - È lui - esclamò - lui stesso . Ecco il naso aquilino , il fronte alto , le labbra sottili , le folte sopracciglia , gli occhi neri . È lui , lui , proprio lui ! Nel sottopormi a questo esame la vecchia decrepita s ' accostava al mio viso , vicino vicino , giacché il crepuscolo cominciava a imbrunire . Sentivo l ' acre respiro di quel cadavere ischeletrito . - Lo stesso sguardo - continuava - e la stessa voce ! È lui , proprio lui - . E intanto si faceva il segno della croce , e mi baciava il lembo della cacciatora . - Avrei dato - ripigliò - tutta la poca vita che mi resta per trovare un discendente del Santo . Ora posso morire in pace . Restituirò al nipote ciò che ho rubato all ' avo . Venga con me fino al mio casolare , là sulla montagna . Non c ' è tempo da perdere . Potrei morire da un momento all ' altro - e s ' incamminò . Già cominciava a far buio . Il cielo , che s ' era tornato a coprire di nubi , diventava nero . Scendemmo dietro la chiesa un centinaio di passi ; poi , entrati in una viuzza , si principiò a salire . La vecchia ansava . La strada era formata di sassi puntuti e sconnessi , con pozzanghere ad ogni tratto e qualche torrentello . Incespicavo negli sterpi . Dei tronchi d ' albero disseccati sbarravano il sentiero . Udivo de ' fruscii : vidi la coda di un lungo serpe nero guizzare in una buca . La vecchia andava a piccoli sbalzi , picchiando sempre con il suo bastoncino , e voltandosi indietro a guardarmi . Ad una svolta si fermò e si mise a sedere in terra . Sembrava una pallottola . - Ero dunque giovane - disse - e bella . Avevo sposato Angelo il Moro , il sicario . Egli viaggiava per le sue faccende , e quando tornava , dopo tre o quattro mesi , mi portava tanto oro , ch ' io duravo fatica a spenderlo tutto in vesti , in balli , in orgie . Angelo mi regalava i gioielli rapiti alle dame . Una volta mi portò una chitarra , una maraviglia , rubata a una duchessa di Milano . Io , che mi divertivo a suonare quello strumento , ne fui beata ; ma l ' amante mio , che amavo ancora più della chitarra , me la chiese , e gliela diedi . L ' infame mi tradì poco dopo . Da quel fagotto schiacciato al suolo continuava a uscire una voce rauca : - Ero alta di corpo , snella ; avevo gli occhi bruni ed i capelli biondi . Ballavo dal tramonto all ' alba , nuotavo nel lago d ' Idro , facevo all ' amore . Una sera , sentendo che il Beato Antonio , di cui parlavano le valli e i monti , ma che io non avevo ancora veduto , ordinava di bruciare gli strumenti da musica e gli ornamenti delle donne , volli goder lo spettacolo . Alcuni de ' miei corteggiatori s ' erano convertiti alla fede del Santo , altri non si attentarono ad accompagnarmi , uno solo venne con me travestito per non farsi conoscere . Quella sera sentivo dentro un diavolo : ero ubbriaca di peccato . A un tratto vidi il mio amante traditore accanto a me , il quale stava per gettare nel fuoco la mia chitarra . Sentii ribollirmi il sangue . Nel baccano e nella confusione , appena la chitarra fu sul rogo , io , al rischio di bruciarmi le vesti , mi scagliai sulle fiamme e la trassi fuori intatta . Qualche giorno appresso Angelo fu appiccato in Brescia . Mi ammalai : restai povera e sola . La megera si alzò , e continuò il cammino . Era notte scura ; non vedevo dove mettessi i piedi ; sdrucciolavo ; tre o quattro volte fui lì lì per cadere . Il nome del Moro mi rammentava i raccapricci d ' infanzia , quando il mio vecchio servo Giovanni raccontava le prodezze del famoso assassino , il quale , per esperimentare la curiosità d ' una sua fidanzata , le aveva lasciato in deposito un paniere coperto di foglie fresche , proibendole di guardarvi dentro , e dopo un ' ora torna e trova la ragazza in deliquio , perché ella aveva trovato nel paniere una testa d ' uomo tagliata . La vecchia continuava interrottamente , fermandosi ad ogni venti passi : - Mi nacque a poco a poco nel cuore una cosa nuova , il rimorso . Entrai qualche volta in chiesa ; ascoltai qualche messa . Passato un anno , tornò a Bagolino il Beato Antonio . M ' acconciai per il primo sermone accanto al pulpito , e vidi il Santo pallido , smunto , salire faticosamente i gradini . Annunziò con voce fioca l ' argomento della predica : Il Demonio muto . La sua parola era lenta , quasi stentata , ma tanto semplice , tanto chiara , che nasceva negli ascoltatori una certa maraviglia di non avere pensato prima da sé a così naturali discorsi . « Nell ' animo nostro ( egli diceva ) noi nascondiamo quasi sempre , spesso senza volerlo , qualche volta senza saperlo , la memoria o il desiderio di un peccato . Come non lo confessiamo al prete , così non lo confessiamo a noi stessi . E pure quel punto , quella piccola ulcera venefica un po ' alla volta s ' allarga , si estende e incancrenisce via via l ' anima intera . Ci credevamo giusti , ci troviamo iniqui » . E il Santo veniva agli esempii : la moglie , che dal grato ricordo di una stretta di mano scivola alla infedeltà ; il negoziante , che dalla prima menzogna sul prezzo di una merce scende al fallimento bugiardo ; il servo , che ruba prima un soldo sulla spesa , e poi , vedendo come la padrona non se n ' accorge , ne ruba due , dieci , venti , e finisce col rubare nella borsa e nello scrigno ; il giovinotto , che dal primo stravizio precipita all ' ubbriachezza : e così per ognuno quasi degli ascoltatori c ' era una parola che lo toccava dentro . « Nella più remota e angusta cameretta del cuore alloggia il Demonio muto . Egli se ne sta lì accovacciato , arrotolato , silenzioso ; ma poi , quando gli pare che l ' uomo sia più distratto o più fiacco , stende le membra , s ' adagia , s ' impadronisce di una stanza , dell ' altra , e riesce ad occupare tutta quanta la casa della nostra coscienza . La nostra coscienza diventa allora un inferno . Tutto sta dunque nel guardarci dentro e nel trovare il nostro mortale nemico , quand ' egli è ancora quasi impercettibile : tutto sta nel cacciare via subito il piccolo Demonio muto » . Ma il Santo cangiava voce . Da dolce e insinuante ch ' era in principio , diventava aspra , violenta , terribile . Parlava sul Demonio muto delle coscienze già infami : delle donne empie , degli uomini perversi , che occultano un peccato obbrobrioso . Terminò tuonando , sicché la chiesa rimbombava : « Furti , assassinii , inganni , sacrilegii , lordure d ' ogni specie , venite fuori dal petto di voi che m ' ascoltate , entrate nelle mie orecchie ; e salga il vostro rimorso e il vostro pentimento a Dio . Dio è misericordioso ! » . Il popolo si gettava per terra e , piangendo , gridava : « Pietà , pietà ! » . La vecchia , già stanca , sedeva nel mezzo della strada , e ormai l ' oscurità era così fitta , ch ' io appena distinguevo il corpiciattolo bruno . Sembrava che la voce uscisse da sotto terra . Cominciai a sentirmi de ' brividi nelle membra , poiché tirava un vento fresco , il quale faceva stormire le foglie e produceva dei fischi e come degli ululati lamentevoli e strani . Neanche un lume lontano ; neanche una stella . Il suono fesso delle parole della vecchia che ricominciava : - Uscii dalla chiesa , convertita e spaventata . Tornai a casa correndo . Mi prese una febbre , che per dieci giorni tenne il mio corpo in orridi vaneggiamenti . Non ero guarita , quando una mattina scappai dal sito dove abitavo , distante un ' ora , e , portando con me la chitarra , che avevo rubata al rogo del Santo , andai a Bagolino per confessarmi . Il Beato Antonio era già andato a Gardone , assai malato anch ' esso , quasi morente . Presi una carrettella , e , sempre col mio strumento maledetto , partii . Il giorno appresso ero in val Trompia , a Gardone . Corsi tosto alla chiesa , e la vidi tutta parata di nero , tutta a ceri ardenti . L ' infinito popolo singhiozzava e pregava ; i sacerdoti cantavano a morto . Nel mezzo , sopra un immenso catafalco , seduto in un trono maestoso , vestito degli abiti sacri , col calice in mano , stava il Santo , più livido che mai . Era immobile . Aveva gli occhi aperti e fissi . Pareva che guardasse . Il cadavere , certo , mi malediva . La vecchia riprese a camminare assai lenta . Io le andavo dietro senza vedere più nulla . - Siamo lontani ? - le domandai . Non rispose . Si continuò a salire la montagna . La vecchia era diventata taciturna , ma sentivo sempre il picchio del suo bastoncino sui sassi . Finalmente si giunse dinanzi ad un casolare . La vecchia spinse l ' uscio ed entrò . Cercò qualcosa , e poi , battendo con l ' acciarino , fece uscire dalla pietra qualche scintilla ; accese l ' esca e un lumino , il quale rischiarava assai male la miserabile stanza . Un po ' di strame in un angolo , una panca , una ciotola ; il tetto nascosto dai ragnateli ; il pavimento di mota lubrica ; i muri di sassi tutti sconnessi e cadenti . La strega , gettandosi per terra , levò le foglie muffite del suo giaciglio e cominciò a raschiare con le unghie il terreno . Dopo un quarto d ' ora mi fece segno di accostarmele , e vidi il coperchio di una cassa ; aiutai la vecchia a levarlo , ed apparve la famosa chitarra con le sue corde spezzate . Alla luce del lumino fumoso le perle sembravano scintillette scialbe e l ' argento del piccolo Apollo brillava appena . La vecchia mi porse lo strumento con un sorriso che le contorceva la bocca , e disse tra sé : - Morirò più quieta . Salutai la povera donna , ed uscii dal casolare , dove il tanfo cominciava a nausearmi . Solo , nelle tenebre più nere , con la chitarra sotto il braccio e senza rammentarmi il cammino , puoi pensare , nipote mio , se mi sentissi lieto . Mi guidarono le punte dei grossi sassi della via , martoriandomi i piedi . Dio volendo , a mezzanotte bussai alla porta dell ' Albergo , dove tutti dormivano ; e , andato a letto , sognai tutta notte lemuri , fantasmi , diavoli , megere e streghe . Sei mesi dopo tornai a Bagolino per le mie caccie , e volli andare a salutar la mia vecchia . Trovai con grande stento il casolare . Era deserto . Domandai notizie di essa ai contadini della montagna ed allo scaccino della chiesa . Era sparita da un pezzo , proprio come una strega . Nessuno ne ha saputo più nulla . 4 Oggi è stata una magnifica festa , di quelle che lasciano il cuore più sereno e più alto . Si cominciò ier sera con i fuochi sulle montagne . Tu avessi visto com ' era bello quell ' improvviso accendersi , quell ' alternarsi di qua , di là , delle fiamme d ' allegria , alla distanza di più miglia , dall ' una e dall ' altra parte della valle ; e come pareva che le cime dei monti si rispondessero nel gaio linguaggio di fuoco ! Le campane suonavano ora a distesa , ora a rapidi rintocchi , ed ora con una certa ingenua pretensione d ' imitare qualche arietta popolare , senza colpa del campanaro se tre note su sette dovevano restar nel battaglio . Verso le otto , che era ben buio , andai con la mia Menica nel mezzo del ponte , a godermi per una mezz ' oretta questo spettacolo ; e il Chiese , riflettendo i fuochi delle alture , pareva se la godesse anche lui . Stamane poi all ' alba è stato un scoppio di gioia . Mortaletti da tutte le parti , come cannonate d ' una finta battaglia ; la banda musicale di Salò , che soffiava e batteva a tutto andare ; il popolo , che riempiva le piazze e le vie , ilare , chiassoso , vestito da festa , con fazzoletti da collo e scialli d ' un rosso scarlatto . M ' è venuto il ghiribizzo di andare incontro anch ' io al nuovo Curato , che faceva il suo ingresso trionfale . Appena mi ha visto è sceso dalla carrozzetta , dove stava con il Sindaco . Ha voluto per forza che mi appoggiassi al suo braccio , e così a piedi siamo andati insieme fino al piazzale della chiesa , in mezzo a due fitte ale di popolo , che salutava rispettosamente . Il curato rispondeva ai saluti con pronta affabilità . Ha i bei capelli folti tutti d ' argento , che gli circondano il capo come un ' aureola ; gli occhi azzurri limpidi , d ' una soavità da fanciulla ; i denti bianchissimi e perfetti . Veste pulito , quasi accurato . Parla con una dolcezza semplice , profonda , affettuosa , che affascina . È , dicono , il più virtuoso prete della diocesi di Brescia : dà tutto ai poveri : mangia polenta , cacio , latte soltanto ; ma nasconde la sua carità e la sua povertà volontaria sotto un aspetto di persona studiosa e gentile . Mi ha detto : - So ch ' ella , signor Carlo , è il più vecchio e più savio uomo di questi monti . Permetterà ch ' io venga a discorrere spesso con lei e che mi chiami suo amico . Il maestro di scuola si è avanzato per leggere , balbettando , la sua poesia ; una fanciulletta dell ' Asilo ha recitato lesta il suo discorsino ; i preti della Parrocchia hanno presentato al nuovo pastore , con una lunga orazione latina , le chiavi della chiesa , portate sopra un cuscino di seta bianca a frangie ed a nappe d ' oro . Ed è cominciata la processione : stendardi rossi con la Madonna dipinta in mezzo , banderuole , croci , torchi , baldacchini ; fanciulle inghirlandate di fiori e tutte vestite di bianco , le quali portavano in mano con gran compunzione quale un Agnello di carta , quale un Bambino Gesù in fasce , quale una Vergine incoronata ; ragazzi con mitrie o con turbanti , e dietro una coda interminabile di donne e d ' uomini , la quale , vista un poco dall ' alto , sembrava tutta d ' un pezzo , e pareva che così lunga lunga si muovesse flessuosamente secondo l ' avvallarsi , il girare o il rialzarsi della strada . A stare accanto alla chiesa e appartati , come abbiamo fatto la mia buona Menica ed io , che siamo troppo vecchi per cacciarci nella folla , si sentiva l ' organo suonare un ' allegra marcia con tutti i pedali e campanelli e tamburi e piatti , poi le campane suonavano sul nostro capo , poi scoppiavano i mortaletti , che era un frastuono da diventare sordi ; ma quando per caso , in certi momenti , tutti questi romori cessavano , s ' udiva , già lontano , il salmeggiare basso dei sacerdoti della processione e l ' armonia vaga , lunga , angelica della risposta delle donne . * * * La vecchiaia è orrenda . Non ci sono lagrime negli occhi , non ci sono singhiozzi nel petto . La disperazione non si espande nella pietà degli altri , non si getta al di fuori con le parole , con i gesti , con le grida . Lo strazio è solitario . Si guarda al proprio dolore tranquilli , con le ciglia asciutte . È una calma bieca ; è una freddezza spaventosa . Par di uscire da se stessi , e di aggirarsi nel nulla . Non si pensa , non si sente : si vive in una tomba . La mia Menica è morta . Dieci giorni sono , mercoledì sera , si sentiva un po ' stanca , e s ' addormentò , come al solito , nella sua poltrona . Io leggevo . Tutt ' a un tratto , il micio nero sbalza in terra e miagola come impaurito . Non gli bado . Alle dieci mi alzo , e mormoro nell ' orecchio della Menica : - Mia buona , è l ' ora di andare a letto - . Non risponde . Le metto , così per giuoco , le due mani sul fronte . Lo sento di ghiaccio . Era morta . Beata lei , che è morta com ' era vissuta , nella sua santa placidezza ! * * * La casa è deserta , le montagne sono bianche di neve , e gela . A desinare , così solo , non mangio più . La sera non c ' è nessuno che mi dia con affetto la buona notte , e la mattina mi vesto nella camera vuota , intristito dal silenzio fatale . La ragazza , che mi serve da pochi mesi , mi guarda con occhio indifferente , annoiato . Pensa forse che i vecchi stanno meglio nella bara . Ha ragione . Ho un solo conforto , il Curato . È un santo uomo . Parliamo di religione , e la mia vecchia fede si ravviva . Ieri mi diceva : - Signor Carlo , si prepari alla felicità del Paradiso . Si stacchi dalle cose di questa terra . Pensi a Dio . Non ho rimorsi , eppure un certo stringimento di cuore mi dice forse che c ' è una macchia nella mia vita . Quando sono seduto al fuoco nell ' interno del gran camino della sala , e vedo sulla parete di contro il ritratto del Beato Antonio , smorto , severo , minaccioso , mi sembra ch ' egli apra le labbra ed alzi la mano per rimproverarmi qualcosa . Che cosa ? Non ho mai fatto male apposta a nessuno . Ho amato i miei genitori , i miei parenti , la mia Menica . Ho seguito la dottrina e i riti della Chiesa . E non ostante , gli occhi dipinti del ritratto di Don Antonio , che sono vivi , mi scrutano dentro nelle viscere , mi strappano fuori un non so che dall ' anima . È uno scavo nella coscienza . Forse il mio Demonio muto . Chi lo sa ? Forse quell ' oggetto di profano piacere , che io vagheggiavo , e che può avermi distolto spesso dalla contemplazione di Dio ! Sì , quel maledetto strumento , rubato da un sicario e destinato al rogo , poi di nuovo rubato da una femmina iniqua . Certo , a quello sguardo , che scintilla fuor della tela , ci deve essere una profonda cagione . Don Antonio , bisogna ch ' io ti plachi . Interrogai il Curato . Perdonami , nipote mio : ho già provvisto a te nel codicillo del testamento , ma ritiro il dono , che ti avevo fatto . Il buon prete mi consiglia di distruggere quella mia vecchia gioia mondana , che oggi mi è occasione di rimorsi e di paure . * * * Ieri sera nevicava , tirava vento , si sentivano certe voci lugubri a tutte le finestre ad a tutti gli usci . Non avevo dormito da una settimana . Andai nella cappella a staccar la chitarra e la potrai nella sala . Al lume del fuoco le perlette e l ' oro brillavano , e la figuretta di Apollo sorrideva . Il demonio mi tentò e toccai le corde . Un suono rauco e terribile uscì dallo strumento scordato . Allora feci aggiungere molta legna sul fuoco , e quando la vampa toccò la cappa altissima del camino , fatto un supremo sforzo , gettai la chitarra sul rogo , seguendola attentamente con gli occhi . Le corde si contorsero come serpi , mandando un sibilo di dolore ; il legno sottile della cassa armonica diventò nero , si spaccò in più luoghi , e , senza infiammarsi , si ridusse a carbone ; le perlette sparirono ; il manico durò un gran pezzo a bruciare , e le figurette della caccia , staccandosi ad una ad una , caddero nelle brace . Chiamai la serva , che gettasse dell ' altra legna sul fuoco . Tutto fu consumato . Nell ' uscire dalla sala , passando innanzi al ritratto di Don Antonio , mentre le ultime brace ardenti lo irradiavano di una luce oscillante e sanguigna , credetti che lo sguardo del Santo mi seguisse ancora tenace , torvo , implacabile . Gelai tutto e svenni . Mando un addio a te , a tua sorella ed ai suoi figliuoli ; e mi dolgo che siate troppo lontani , perch ' io vi possa vedere mai più . Sono alzato e ti scrivo dal tavolino ; ma sento dentro di me come un presentimento felice . Ho chiamato per questa sera il mio buon Curato . Mi confesserà e mi darà l ' olio santo . Senso Dallo scartafaccio segreto della contessa Livia . Ieri nel mio salotto giallo , mentre l ' avvocatino Gino , con la voce rauca della passione lungamente repressa , mi susurrava nell ' orecchio : - Contessa , abbia compassione di me : mi cacci via , ordini ai servi di non lasciarmi più entrare ; ma , in nome di Dio , mi tolga da una incertezza mortale , mi dica se posso o se non posso sperare - ; mentre il povero giovane mi si gettava ai piedi , io , ritta , impassibile , mi guardavo nello specchio . Esaminava il mio volto per trovarmi una ruga . La mia fronte , su cui scherzano i riccioletti , è liscia e tersa come quella di una bimba ; a ' lati delle mie ampie narici , al di sopra delle mie labbra un po ' grosse e rosse , non si vede una grinza . Non ho mai scoperto un filo bianco ne ' lunghi capelli , i quali , sciolti , cadono in belle onde lucide , neri più dell ' inchiostro , sulle mie spalle candide . Trentanove anni ! ... tremo nello scrivere questa orribile cifra . Diedi un colpetto leggiero con le mie dita affusolate sulla mano calda dell ' avvocatino , la quale brancolava verso di me , e m ' avviai per uscire ; ma , spinta da non so quale sentimento ( certo un sentimento lodevole di compassione e di amicizia ) , voltandomi sulla soglia , bisbigliai , credo , questa parola : - Sperate . Ho bisogno di mortificare la vanità . Alla inquietudine , che rode la mia anima e che lascia quasi intatto il mio corpo , s ' alterna la presunzione della mia bellezza : né trovo altro conforto che questo solo , il mio specchio . Troverò , spero , un altro conforto nello scrivere i miei casi di sedici anni addietro , ai quali vado ripensando con acre voluttà . Lo scartafaccio , chiuso a tre chiavi nel mio scrigno segreto , non potrà essere visto da occhio umano , e , appena compiuto , lo getterò sul fuoco , disperdendone le ceneri ; ma il confidare alla carta i vecchi ricordi deve servire a mitigarne l ' acerbità e la tenacia . Mi resta scolpita in mente ogni azione , ogni parola e sopra tutto ogni vergogna di quell ' affannoso periodo del mio passato ; e tento sempre e ricerco le lacerazioni della piaga non rimarginata ; né so bene se ciò ch ' io provo sia , in fondo , dolore o solletico . O che gioia , confidarsi unicamente a sé , liberi da scrupoli , da ipocrisie , da reticenze , rispettando nella memoria la verità anche in ciò che le stupide affettazioni sociali rendono più difficile a proclamare , le proprie bassezze ! Ho letto di santi anacoreti , i quali vivevano in mezzo ai vermi ed alle putrefazioni ( quelle , certo , erano lordure ) , ma credevano di alzarsi tanto più in su quanto più si avvoltolavano nel fango . Così il mio spirito nell ' umiliarsi si esalta . Sono altera di sentirmi affatto diversa dalle altre donne : il mio sguardo non teme nessuno spettacolo ; c ' è nella mia debolezza una forza audace ; somiglio alle Romane antiche , a quelle che giravano il pollice verso terra , a quelle di cui tocca il Parini in una ode ... non mi rammento bene , ma so che quando la lessi mi sembrava proprio che il poeta alludesse a me . Se non fosse dall ' una parte la febbre delle vive ricordanze , dall ' altra lo spavento della vecchiaia , dovrei essere una donna felice . Mio marito , vecchio , acciaccoso , pieno di fiducia in me , mi lascia spendere quanto voglio e fare quel che mi piace ; sono una delle prime dame di Trento : corteggiatori non mi mancano , e la cara invidia delle mie buone amiche , invece di scemare , si rinfocola sempre più . Di venti anni ero , naturalmente , più bella . Non che le fattezze del mio volto sieno mutate , o che il mio corpo sembri meno svelto e flessuoso ; ma negli occhi miei c ' era una fiamma , che ora pur troppo si va smorzando . Il nero stesso delle pupille mi pare , a guardarlo bene , un poco meno intenso . Dicono che il sommo della filosofia consista nel conoscere se stessi : io mi studio con tanta trepidazione da tanti anni , ora per ora , minuto per minuto , che credo di conoscermi a fondo e di potermi proclamare una filosofessa perfetta . Direi di avere toccato il colmo della mia bellezza ( c ' è sempre nel fiorire della donna un periodo breve di suprema espansione ) quando avevo di poco varcato i ventidue anni , a Venezia . Era il luglio dell ' anno 1865 . Maritata da pochi giorni , facevo il viaggio di nozze . Per mio marito , che avrebbe potuto essere mio nonno , sentivo una indifferenza mista di pietà e disprezzo : portava i suoi sessantadue anni e l ' ampia pancia con apparente energia ; si tingeva i radi capelli e i folti baffi con un unguento puzzolente , il quale lasciava sui guanciali delle larghe macchie giallastre . Del rimanente , buon uomo , pieno , alla sua maniera , di attenzioni per la giovine sposa , inclinato alla crapula , bestemmiatore all ' occorrenza , fumatore instancabile , aristocratico burbanzoso , violento verso i timidi e pauroso in faccia ai violenti , raccontatore vivace di storielle lubriche , che ripeteva a ogni tratto , né avaro , né scialacquatore . Si pavoneggiava nel tenermi al suo braccio , ma guardava le donnette facili , che passeggiavano accanto a noi nella piazza di San Marco , con un sorriso d ' intelligenza lasciva ; ed io da un lato n ' avevo gusto , giacché l ' avrei cacciato volontieri in braccio di chicchessia pure di liberarmene , dall ' altro ne sentivo dispetto . Lo avevo pigliato spontaneamente , anzi lo avevo proprio voluto io . I miei erano contrarii ad un matrimonio così male assortito ; né , bisogna dire la verità , il pover ' uomo ardiva di chiedere la mia mano . Ma io mi sentivo stufa della mia qualità di zitella : volevo avere carrozze mie , brillanti , abiti di velluto , un titolo , e sopra tutto , la mia libertà . Ce ne vollero delle occhiate per accendere il cuore nel gran ventre del conte ; ma , una volta acceso , non provò pace finché non m ' ebbe , né badò alla piccola dote , né pensò all ' avvenire . Io , innanzi al prete , risposi un Sì fermo e sonoro . Ero contenta di quello che avevo fatto , ed oggi , dopo tanti anni , non ne sono pentita . In fondo , non mi pareva di dovermene pentire neanche in quei giorni in cui , aperta l ' anima quasi d ' un tratto , mi sfogavo nel parossismo di una prima passione cieca . Sino ai ventidue anni passati il mio cuore era rimasto chiuso . Le mie amiche , deboli in faccia alle lusinghe dell ' amore sentimentale , m ' invidiavano e mi rispettavano : nella mia freddezza , nella mia sdegnosa noncuranza delle parole tenere e delle occhiate languide vedevano una preminenza di raziocinio e di forza . A sedici anni avevo assodata già la mia fama scherzando con l ' affetto di un bel giovane del mio paese e disprezzandolo poi , sicché il misero tentò di uccidersi e , guarito , scappò da Trento in Piemonte , e si arruolò volontario , e in una delle battaglie del '59 , non mi ricordo quale , morì . Ero troppo giovane allora per sentirne rimorso ; e dall ' altra parte i miei genitori e parenti e conoscenti , tutti affezionati al governo dell ' Austria , che servivano fedelmente quali militari e impiegati , non avevano trovata altra orazione funebre in onore del povero esaltato se non questa : - Gli sta bene . A Venezia rinascevo . La mia bellezza sbocciava intiera . Negli occhi degli uomini brillava , quando mi guardavano , un lampo di desiderio ; sentivo le fiamme degli sguardi rivolti sulla mia persona anche senza vederli . Persino le donne mi fissavano in volto , poi mi ricercavano giù giù sino ai piedi , ammirando . Sorridevo come un regina , come una dea . Diventavo , nella contentezza della mia vanità , buona , indulgente , famigliare , spensierata , spiritosa : la grandezza del mio trionfo mi faceva quasi apparire modesta . Mio marito , ch ' era stato uno dei rappresentanti della nobiltà tirolese nella dieta di Innsbruck , fu invitato con me ai pranzi ed alle conversazioni del Luogotenente imperiale . Quando entravo nella sala con le braccia nude , con il collo e un poco del seno scoperti , con un abito di velo e trine a lunghissima coda , e un grande fiore di rubini a foglie di smeraldi sul capo , sentivo un fremito correre tutt ' intorno . Un rossore di compiacenza mi coloriva il viso ; facevo qualche passo lento , solenne e semplice , senza guardare nessuno ; e , mentre la padrona di casa mi veniva incontro e m ' invitava a sederle accanto , agitavo il ventaglio innanzi alla mia faccia , come per nascondermi pudicamente agli occhi della gente stupita . Ai freschi , alle serenate non mancavo mai . In piazza di San Marco al caffè Quadri avevo intorno un nuvolo di satelliti : ero il sole di un nuovo sistema planetario : ridevo , scherzavo , canzonavo chi voleva pigliarmi con i sospiri o con i versi , mi mostravo una fortezza inespugnata , ma non mi affaticavo poi troppo , per non iscoraggire nessuno , a sembrare proprio inespugnabile . La mia corte si componeva in massima parte di ufficialetti e d ' impiegati tirolesi piuttosto scipiti e assai tronfii , tanto che i più dilettevoli erano i più scapati , quelli che avevano nella scostumatezza acquistato non foss ' altro l ' audacia petulante delle proprie sciocchezze . Tra questi ne conobbi uno , il quale usciva dal mazzo per due ragioni . Alla dissolutezza sbadata , univa , per quanto i suoi stessi amici affermavano , una così cinica immoralità di principii , che niente gli pareva rispettabile in questo mondo , salvo il codice penale e il regolamento militare . Oltre a ciò era veramente bellissimo e straordinariamente vigoroso : un misto di Adone e di Alcide . Bianco e roseo , con i capelli biondi ricciuti , il mento privo di barba , le orecchie tanto minute che sembravano quelle di una fanciulla , gli occhi grandi e inquieti di colore celeste : in tutto il volto una espressione ora dolce , ora violenta , ma di una violenza o dolcezza mitigata dai segni di un ' ironia continua , quasi crudele . La testa piantata superbamente sul collo robusto ; le spalle non erano quadre e massiccie , ma scendevano giù con grazia ; il corpo muscoloso , stretto nella divisa bianca dell ' ufficiale austriaco , s ' indovinava tutto , e rammentava le statue romane dei gladiatori . Questo tenente di linea , il quale aveva solo ventiquattro anni , due più di me , era riuscito a divorarsi la ricca sostanza paterna , e continuando sempre a giuocare , a pagar donne , a scialarla da signore , nessuno oramai sapeva come vivesse ; ma nessuno lo vinceva nel nuoto , nella ginnastica , nella forza del braccio . Non aveva mai avuto occasione di trovarsi in guerra ; non amava i duelli , anzi due ufficialetti mi raccontarono una sera , che , piuttosto che battersi , aveva più volte ingoiato atrocissimi insulti . Forte , bello , perverso , vile , mi piacque . Non glielo lasciavo intendere , perché mi compiacevo nell ' irritare e tormentare quell ' Ercole . Venezia , che non avevo mai vista e che avevo tanto desiderato di vedere , mi parlava più ai sensi che all ' anima ; i suoi monumenti , dei quali non conoscevo la storia e non intendevo la bellezza , m ' importavano meno dell ' acqua verde , del cielo stellato , della luna d ' argento , dei tramonti d ' oro , e sopra tutto della gondola nera , in cui , sdraiata , mi lasciavo andare ai più voluttuosi capricci della immaginazione . Nei calori gravi del luglio , dopo una giornata di fuoco , il ventolino fresco mi accarezzava la fronte andando in barca tra la Piazzetta e l ' isola di Sant ' Elena o , più lontano , verso Santa Elisabetta e San Nicolò del Lido : quello zeffiro , impregnato dell ' acre profumo salso , rianimandomi le membra e lo spirito , pareva che bisbigliasse nelle mie orecchie i misteri fervidi dell ' amor vero . Cacciavo nell ' acqua sino al gomito il braccio nudo , bagnando il merletto che ornava la corta manica ; e guardavo poi cadere una ad una dalle mie unghie le gocciole somiglianti a brillantini purissimi . Una sera tolsi dal dito un anello , dono di mio marito , dove splendeva un grosso diamante , e lo gettai lontano dalla barca in laguna : mi parve di avere sposato il mare . La moglie del Luogotenente volle condurmi un giorno a vedere la galleria dell ' Accademia di belle arti : non ci capii quasi nulla . Poi con i viaggi , con la conversazione dei pittori ( uno , bello come Raffaello Sanzio , voleva ad ogni costo insegnarmi a dipingere ) qualche cosa ho imparato ; ma allora , benché non sapessi niente , quell ' allegrezza di colori , quella sonorità di rossi , di gialli , di verdi e di azzurri e di bianchi , quella musica dipinta con tanto ardore di amor sensuale non mi sembrò un ' arte , mi sembrò una faccia della natura veneziana ; e le canzoni , che avevo udito cantare dal popolo sboccato , mi tornavano nella memoria innanzi alla dorata Assunta di Tiziano , alla Cena pomposa di Paolo , alle figure carnose , carnali e lucenti del Bonifacio . Mio marito fumava , russava , diceva male del Piemonte , comperava cosmetici : io avevo bisogno di amare . Ora ecco in qual modo principiò la mia terribile passione per l ' Alcide , per l ' Adone in assisa bianca , il quale si chiamava con un nome che non m ' andava a ' versi - Remigio . Costumavo tutte le mattine di recarmi al bagno galleggiante di Rima , posto fra il giardinetto del Palazzo Reale e la punta della Dogana . Avevo preso per un ' ora , dalle sette alle otto , una Sirena , cioè una delle due vasche per donne , grande quanto bastava per nuotarvi qualche poco , e la mia cameriera veniva a spogliarmi e a vestirmi ; ma , siccome nessun altro poteva entrare , così non mi davo la briga di mettermi l ' abito da bagno . La vasca , chiusa intorno da pareti di legno e coperta da una tenda cenerognola a larghe zone rosse , aveva il fondo di assi accomodato a tale profondità sott ' acqua che alle signore di piccola statura rimanesse fuori la testa . A me restavano fuori le spalle intiere . Oh la bella acqua smeraldina , ma limpida , sotto alla quale vedevo ondeggiare vagamente le mie forme sino ai piedi sottili ! e qualche pesce piccoletto e argentino mi guizzava intorno . Nuotavo quant ' era lunga la Sirena ; battevo l ' acqua con le mani aperte , finché la spuma candida coprisse il verde diafano ; mi sdraiavo supina , lasciando che si bagnassero i miei lunghi capelli e tentando di rimanere per un istante a galla , immobile ; spruzzavo la cameriera , che fuggiva lontana ; ridevo come una bimba . Molte larghe aperture , appena sotto il livello dell ' acqua , lasciavano entrare e passare l ' acqua liberamente , e le pareti , mal commesse , permettevano , attraverso le fessure , di vedere , applicandovi l ' occhio , qualche cosa al di fuori - il campanile rosso di San Giorgio , una linea di laguna , dove fuggivano leste le barche , una fetta sottile del Bagno militare , che galleggiava a piccola distanza della mia Sirena . Sapevo che tutte le mattine , alle sette , il tenente Remigio vi andava a nuotare . In acqua era un eroe : saltava dall ' alto a capo fitto , ripescava una bottiglia sul fondo , usciva dal recinto attraversando di sotto lo spazio dei camerini . Avrei dato non so che cosa per poterlo vedere , tanto m ' attraevano l ' agilità e la forza . Una mattina , mentre guardavo sulla mia coscia destra una macchietta livida , forse una contusione leggiera , che deturpava un poco la bianchezza rosea della pelle , udii fuori un romore come di persona , la quale nuotasse rapidamente . L ' acqua si agitò , la ondulazione fresca mi fece correre un brivido per le membra , e da uno dei larghi fori tra il suolo e le pareti entrò improvviso nella Sirena un uomo . Non gridai , non ebbi paura . Mi parve fatto di marmo , tanto era candido e bello ; ma il suo ampio torace si agitava per il respiro profondo , e i suoi occhi celesti brillavano , e dai capelli biondi cadevano le gocciole come pioggia di lucenti perle . Ritto in piedi , mezzo velato dall ' acqua ancora tremolante , alzò le braccia muscolose e morbide : pareva che ringraziasse i numi e dicesse : - Finalmente ! Così principiò la nostra relazione ; e d ' allora in poi lo vidi ogni giorno o al passeggio , o al caffè , o al ristorante , dove mio marito , che aveva preso a volergli bene , lo invitava sovente . Lo vedevo anche in segreto , anzi via via i nostri colloqui misteriosi diventarono a dirittura quotidiani . Spesso si stava insieme una o due ore da solo a sola , mentre il conte dormiva tra la colazione ed il pranzo o andava a gironzare per la città , poi si passavano due o tre ore in compagnia pubblicamente , dandoci di sfuggita qualche stretta di mano . Talvolta egli premeva di soppiatto con il suo piede il mio , e non di rado mi faceva tanto male che diventavo tutta rossa in volto ; ma quello stesso dolore mi piaceva . Non ero mai parsa tanto bella alla gente e a me stessa , mai tanto sana e allegra e contenta di me , della vita , di tutto e di tutti . La seggiola di paglia su cui mi adagiavo in Piazza San Marco diventava un trono ; credevo che la banda militare , la quale suonava i valzer degli Strauss e le melodie del Meyerbeer innanzi alle Procuratìe vecchie , indirizzasse la sua musica soltanto a me , e mi sembrava che il cielo azzurro e i monumenti antichi godessero della mia contentezza . Il luogo dei nostri ritrovi non era sempre il medesimo . Alle volte Remigio in una gondola chiusa mi aspettava alla riva sudicia di una lunga calletta buia , che riesciva ad un canale stretto , fiancheggiato di casupole tanto gobbe e storpie da parere crollanti , e alle finestre delle quali pendevano cenci di ogni colore ; alle volte , lasciata la prudenza , si entrava in barca da qualche luogo frequentato della città , persino dal Molo innanzi alla Piazzetta . Coperta il viso d ' un denso velo nero , andavo da lui in una casa accanto alla caserma di San Sepolcro , incontrando nell ' ombra fitta delle scale tortuose ufficiali e soldati , che non mi lasciavano passare senza porgermi un segno della loro galanteria . In quella casa , dove il sole non batteva mai , il tanfo della umidità si univa al puzzo nauseabondo del fumo di tabacco , stagnante nelle camere non ventilate . * * * Questo avvocatino Gino mi secca . Guarda con certi occhi stralunati , che spesso mi fanno ridere , ma qualche volta mi fanno gelare ; dice che non può più vivere senza la carità d ' una mia parola d ' affetto ; implora , piange , singhiozza ; mi va ripetendo : - Contessa , si ricorda quel giorno in cui lì sull ' uscio , voltandosi , mi disse con la voce di un angelo : Sperate ? - ed insiste , e torna ad invocare pietà , a singhiozzare ed a piangere . Non ne posso più . Giorni sono gli lasciai la mano : la baciò più volte così forte che mi restarono per un poco delle macchie livide sulla pelle . Insomma , sono stufa . Ieri , persa la pazienza , gli gridai che mi lasciasse in pace , che non si attentasse mai più di rimettere il piede in casa mia , e che se avesse ardito ancora di comparirmi innanzi , l ' avrei fatto cacciare dai servi e avrei raccontato ogni cosa al conte . L ' avvocatino impallidì per modo che i suoi occhi neri parvero due buchi in una faccia di gesso ; s ' alzò dal canapè barcollando ed uscì senza guardarmi . Tornerà , tornerà , scommetto . Ma è un gran dire che a commuovermi l ' anima non ci sia altro verso che il rammentarmi d ' un uomo , nel quale , ad onta della mia furibonda passione , vedevo intiera la bassezza infame . * * * Remigio ogni tanto mi domandava danaro . In principio la pigliava un poco larga : era un debito di giuoco ; era un pranzo che doveva offrire ai compagni per non so quale occasione : avrebbe restituito la somma pochi giorni appresso . Finì col chiedere senza pretesti ora cento fiorini , ora dugento ; una volta mi chiese mille lire . Io davo , e mi faceva piacere di dare . Avevo dei risparmii miei , poi mio marito largheggiava con me , anzi era lieto quando gli domandavo qualcosa ; ma venne un momento in cui gli parve che spendessi troppo . Mi offesi , mi adirai tempestosamente ; egli , bonone per solito e pieghevole , tenne duro una giornata intiera . Quella giornata appunto Remigio aveva bisogno urgente , immediato di dugentocinquanta fiorini : mi accarezzava , mi diceva tante cose belle e con una voce così ardente d ' amore , che mi sentii beata di potergli donare uno spillone di brillanti , il quale costava , se mi rammento bene , quaranta napoleoni d ' oro . Il dì seguente Remigio mancò all ' appuntamento . Dopo avere passeggiato su e giù per certe callette al di là del Ponte di Rialto una ora buona , sicché la gente mi guardava con curiosità e con malizia , ed i motti scherzosi mi scoppiettavano intorno , alla fine , con le guance infiammate dalla vergogna e gli occhi pieni di lagrime d ' ira , disperando oramai d ' incontrare l ' amante , fantasticando Dio sa che sventure , corsi a casa sua trafelata , quasi fuori di senno . La sua ordinanza , che stava lucidando la sciabola , mi disse come il tenente dal giorno innanzi non si fosse veduto . - Tutta la notte fuori ? - domandai , non avendo capito bene . Il soldato , zufolando , fece di sì con la testa . - In nome di Dio , correte , informatevi di lui : gli sarà seguita qualche disgrazia : ferito forse , ucciso ! Il soldato alzò le spalle ghignando . - Ma , rispondete , dov ' è il povero padrone ? - e avevo afferrato per le braccia il soldato mentre continuava a ridere , e lo scuotevo forte . Avvicinò il suo mustacchio al mio viso ; mi gettai indietro , ma ripetevo : - Per carità , rispondete . Brontolò finalmente : - A cena con la Gigia , o la Cate , o la Nana , o con tutte e tre in compagnia . Altro che disgrazie ! Compresi allora che il tenente Remigio era la mia vita . Il sangue mi si gelò , caddi quasi priva di sensi sul letto nella camera buia , e s ' egli non fosse apparso in quell ' istante all ' uscio , il cuore in un parossismo di sospetti e di rabbia mi si sarebbe spezzato . Ero gelosa fino alla pazzia ; avrei potuto diventare all ' occasione gelosa fino al delitto . Mi piaceva in quell ' uomo la stessa viltà . Quando esclamava : - Ti giuro , Livia , non amerò e non abbraccierò mai altra donna che te - io gli credevo ; e , mentre egli mi stava innanzi ginocchioni , lo guardavo adorando , come fosse un Dio . Se mi avessero chiesto : - Vuoi che Remigio diventi Leonida ? - avrei risposto : - No - . Che cosa mi doveva importare dell ' eroe ? Anzi la perfetta virtù mi sarebbe parsa scipita e sprezzabile al paragone de ' suoi vizii ; la sua mancanza di fede , di onestà , di delicatezza , di ritegno mi sembrava il segno di una vigoria arcana , ma potente , sotto alla quale ero lieta , ero orgogliosa di piegarmi da schiava . Quanto più il suo cuore appariva basso , tanto più il suo corpo splendeva bello . Due sole volte e per un solo istante l ' avrei bramato diverso . Passavamo un giorno lungo una fondamenta che guarda la cinta dell ' Arsenale . La mattina era allegra d ' un sole abbagliante ; alla sinistra spiccavano sull ' aria turchina gli alti fumaiuoli a campana capovolta e le cornici candide e i tetti rossi , mentre sulla destra correva il lungo muraglione dei Cantieri , severo e chiuso . Gli occhi abbacinati riposavano in certe ombre cupe , lì dove si affondava un sottoportico o si stringeva una calle ; e l ' acqua brillava di tutti i verdi , rifletteva tutti i colori , si perdeva qua e là in buchi e striscie di un nero denso . Correvano e saltavano sulla fondamenta , la quale dalla parte del canale non aveva nessun riparo , dieci o dodici monelli , vociando a squarciagola . Ve n ' erano di piccini e di grandetti . Uno dei piccoli , quasi nudo , grassotto , con i riccioletti biondi , che gli coronavano la faccia rosea e paffutella , faceva un chiasso da indemoniato , dando scappellotti , pizzicando i compagni e poi scappando via come un fulmine . Mi fermai a guardare , mentre Remigio mi raccontava le sue grandezze passate . A un tratto quel diavoletto di bimbo , non potendo in una corsa precipitosa fermare il piede al ciglio della fondamenta , volò nel canale . S ' udì uno strido ed un tonfo , poi subito intronarono l ' aria le grida di tutti quanti i ragazzi e di tutte quante le donne , le quali prima se la discorrevano nella via o guardavano dalla finestra ; ma in quel clamore dominava lo strillo acuto , disperato , straziante della giovine madre , che , slanciatasi ai piedi di Remigio , unico uomo presente a quella scena , urlava : - Me lo salvi , per carità , me lo salvi ! - Remigio , freddo , ghiacciato , rispose alla donna : - Non so nuotare - . Intanto uno dei fanciulli più grandi s ' era buttato in acqua , aveva pigliato per i ricci biondi il piccino e lo aveva tirato a riva . Fu un attimo . Lo stridìo si mutò in applauso frenetico ; donne e ragazzi piangevano di gioia ; la gente correva da tutte le parti a vedere , e il putto biondo guardava intorno con i suoi occhioni celesti , maravigliato di tanto baccano . Remigio con uno strappo violento mi cavò dalla folla . L ' altra volta che un poco il mio amante mi spiacque fu per questa cagione . S ' era fatto udire nel caffè Quadri , ciarlando in tedesco a voce alta con alcuni impiegati tirolesi , a dir male dei Veneziani . Un signore , che stava in un canto , s ' alzò di sbalzo , e piantandosi di contro a lui , che era in uniforme , gridò : - Vigliacco d ' un militare - e gli buttò in faccia tre o quattro de ' suoi biglietti da visita . Ne nacque un parapiglia . Il dì seguente i padrini dovevano combinare il duello ; ma Remigio , avendo notato che il suo avversario era piccolo , mingherlino e gracilissimo , rifiutò la pistola , rifiutò la spada , e , benché la scelta delle armi spettasse allo sfidato , volle ad ogni costo la sciabola , sicuro com ' egli era della forza del proprio braccio . Il Veneziano si piegò alla prepotenza ; ma , prima del duello , era già in carcere , ed a Remigio veniva trasmesso l ' ordine di andare immediatamente ad una nuova destinazione in Croazia . Quando seppi la cosa mi disperai : senza quell ' uomo io non potevo vivere . Tanto feci presso la moglie del Luogotenente , e tanto si adoperò mio marito , sollecitato da me , presso il Governatore ed i Generali , che Remigio ottenne di venire mandato a Trento , dove io ed il conte dovevamo tornare appunto in quei giorni . Tutto fino allora era andato a seconda della mia cieca passione . * * * Da tre mesi non vedo questo mio scartafaccio . Non mi sono attentata di portarlo in viaggio , e mi doleva , confesso , di averlo lasciato a Trento . Riandando nella memoria i casi di tanti anni or sono , il cuore torna a palpitare e sento un ' aura calda di gioventù , che mi spira d ' intorno . Il manoscritto è rimasto serrato a tripla chiave nel mio scrigno segreto , dietro all ' alcova della mia camera ; e stava chiuso con cinque suggelli in una grande busta , su cui , prima di partire , avevo scritto a grossi caratteri : « Affido all ' onore di mio marito il segreto di queste carte , ch ' egli , dopo la mia morte , brucierà senza dissuggellarle » . Me ne andai tranquillissima : ero certa che il conte , anche sospettando , avrebbe religiosamente adempiuto la volontà di sua moglie . Ho avuto adess ' adesso dalla cameriera una notizia , che mi ha disgustata : l ' avvocatino Gino prende moglie . Ecco la costanza degli uomini , ecco la saldezza delle passioni ! - Contessa Livia , muoio , mi uccido ; la sua immagine sparirà dal mio petto con l ' ultima goccia del mio sangue ; mi calpesti come uno schiavo , ma mi permetta di adorarla come una Dea - . Frasi da melodramma . Pochi mesi , e tutto svanisce . Amore , furore , giuramenti , lagrime , singhiozzi , non c ' è più nulla ! Schifosa natura umana . E a vedere quegli occhi neri in quella faccia smorta si sarebbe detto che vi lampeggiasse la sincerità profonda dell ' anima appassionata . Come balbettavano le labbra e pulsavano le arterie e tremavano le mani e la persona tutta strisciava umile sotto a ' miei piedi . L ' avvocatino scrofoloso e miserabile meritò davvero il calcio che ricevette da me . Bifolco . E chi sposa ? Una scioccherella di diciotto anni , che i suoi parenti non hanno voluto condurre in casa mia , perché la contessa Livia , si sa , è donna troppo galante ; una scipita con due mele ingranate per guance , le mani corte , grasse e rosse , i piedi da stalliere , e un ' aria impertinentina da santarella , che consola . E l ' uomo il quale piglia una tale bamboccia ha osato amarmi e dirmelo ! Sento le brace sul viso ... * * * Il mio ufficiale di sedici anni addietro , se non era un grand ' uomo , era almeno un vero uomo . Mi stringeva alla vita in modo da stritolarmi , e mi mordeva le spalle facendomele sanguinare . Cominciavano a diffondersi delle vaghe voci di guerra , poi le solite notizie contradditorie e le consuete smentite : armano , non armano , sì , no ; intanto un certo movimento insieme febbrile e misterioso si propagava dai militari ai civili , i treni della ferrovia principiavano a ritardare , a portare giù nuovi soldati e cavalli e carriaggi e cannoni , mentre i giornali non ismettevano di negare pur l ' ombra dell ' armamento . Io , senza badare agli occhi miei , credevo ai giornali , tanto il pensiero di una guerra mi spaventava . Temevo per la vita dell ' amante ; ma temevo anche più il distacco lungo , inevitabile , che avrebbe dovuto seguire tra noi due . A Remigio , in fatti , l ' ultimo dì di marzo fu ordinato di recarsi a Verona . Ottenne , innanzi di partire , due giorni di permesso , che passammo insieme , senza lasciarci mai un minuto , nella misera camera di un ' osteria sul laghetto di Cavedine ; ed egli mi giurava di venire presto a vedermi , ed io gli giuravo di andare a Verona quando non avesse potuto muoversi di lì . Nel dargli l ' ultimo abbraccio gli gettai nella tasca un borsellino con cinquanta marenghi . Il conte , ritornando dalla campagna , mi trovò , dieci o dodici giorni dopo la partenza di Remigio , smagrita e pallida . Soffrivo in realtà moltissimo . Di quando in quando sentivo delle accensioni alla testa e mi venivano dei capogiri , tanto che tre o quattro volte , barcollando , dovetti appoggiarmi alla parete o ad un mobile per non cadere . I medici , che mio marito , premuroso ed inquieto , volle consultare , ripetevano , stringendosi nelle spalle : - Affare di nervi - ; mi raccomandarono di far moto , di mangiare , di dormire e di stare allegra . Eravamo alla metà dell ' aprile ed oramai gli apprestamenti si facevano senza maschera : militari d ' ogni sorta ingombravano le vie ; marciavano i battaglioni al suono delle bande e dei tamburi ; volavano sui loro cavalli gli aiutanti di campo ; i vecchi generali , un po ' curvi sulla sella , passavano al trotto seguiti dallo Stato maggiore , baldo , brillante , caracollante . Quei preparativi mi riempivano di paure fantastiche . L ' Italia voleva passare a fil di spada tutti quanti gli Austriaci ; Garibaldi , con le sue orde di demonii rossi , voleva scannare tutti quelli che gli sarebbero capitati in mano : si presagiva un ' ecatombe . Avevo le furie in corpo : da Verona in sei settimane m ' erano capitate quattro lettere sole . La posta si può dire che non esistesse più ; bisognava consegnare , pregando e pagando , i fogli a qualcuno che , disposto ad affrontare gli ostacoli e gli interminabili ritardi del viaggio , avesse necessità e ardire di recarsi da un luogo all ' altro . Io , non potendo più vivere nelle angoscie , in cui mi teneva notte e giorno il silenzio o volontario o innocente di Remigio , m ' ero risoluta di tentare il viaggio ; ma come fare senza che mio marito ne sapesse nulla ? come fare io donna e sola e giovane e bella in mezzo alla brutalità dei soldati , resi più audaci dalla disciplina allentata e dal pensiero degli stessi pericoli a cui andavano incontro ? Una mattina , all ' alba , dopo una eterna notte di smanie , m ' ero addormentata , quando a un tratto un romore mi sveglia ; apro gli occhi e mi vedo accanto Remigio . Mi parve un sogno . L ' aurora illuminava già di luce lieve e rossastra la camera ; scesi con un balzo dal letto per chiudere le tende dell ' alcova , e si cominciò sotto voce a discorrere . Ero inquieta ; il conte , che dormiva a due stanze d ' intervallo , poteva sentire , poteva venire ; i domestici potevano avere visto il mio amante entrare furtivamente a quell ' ora . Egli mi rassicurò con poche parole impazienti : aveva picchiato , come altre volte , ai vetri della finestra terrena , dove la cameriera dormiva ; ella pian piano gli aveva aperto il portone , ed era entrato senza che nessuno sospettasse di nulla . Della cameriera m ' importava poco , giacché sapeva ogni cosa ; ma il peggio stava nell ' uscire : bisognava spicciarsi . Tornai a sbalzare dal letto ; andai ad origliare all ' uscio della stanza di mio marito : russava . - Ti fermi a Trento , non è vero ? - Sei matta . - Qualche giorno almeno ? - È impossibile . - Uno ? - Parto fra un ' ora . Rimasi accasciata ; il mio cuore , pieno un minuto prima di gaie speranze , si riempì d ' affanni e di paure . - E non tentare di trattenermi . In tempo di guerra non si scherza . - Guerra maledetta ! - Maledetta sì . Dovrà essere terribile , a quanto pare . - Senti , non potresti fuggire , non potresti nasconderti ? Ti aiuterò . Non voglio che la tua vita sia messa in pericolo . - Fanciullaggini . Mi scoprirebbero , mi piglierebbero , e sarei fucilato per disertore . - Fucilato ! - Ho bisogno di te . - La mia vita , tutto . - No . Duemilacinquecento fiorini . - Dio , come faccio ? - Vuoi salvarmi ? - Ad ogni costo . - Senti dunque . Con duemilacinquecento fiorini i due medici dell ' ospedale e i due della brigata mi fanno un certificato di malattia , e vengono a visitarmi ogni tanto per confermare presso il Comando una mia infermità qualunque , la quale mi renda inabile affatto al servizio . Non perdo il mio grado , non perdo il mio soldo , scanso ogni pericolo e rimango a casa tranquillo , zoppicando un poco , è vero , per una sciatica maligna o per una lesione all ' osso della gamba , ma quieto e beato . Troverò qualche impiegatuzzo con cui giuocare a briscola ; berrò , mangierò , farò le lunghe dormite ; avrò la noia di stare a casa nel giorno , ma la notte , sempre zoppicando un poco per prudenza , mi potrò sfogare . Ti piace ? - Mi piacerebbe , se tu fossi a Trento . Verrei da te ogni giorno , due volte al giorno . Già quando ti credono malato , stare a Verona o a Trento non è lo stesso ? - No , i regolamenti vogliono che il militare malato stia nella sede del Comando , sotto la continua e coscienziosa vigilanza dei medici . Ma , appena finita la guerra , tornerò qua . La guerra sarà fiera , ma breve . - Mi amerai sempre , mi sarai sempre fedele , non guarderai nessun ' altra donna ? Me lo giuri ? - Sì , sì , te lo giuro ; ma l ' ora passa , e i duemilacinquecento fiorini mi occorrono . - Subito ? - Sicuro , devo portarli con me . - Ma nello scrignetto credo di avere appena una cinquantina di napoleoni d ' oro . Tengo sempre poco denaro . - Insomma , trovali . - Come vuoi ch ' io li trovi ? Posso chiederli a mio marito a quest ' ora , così , con quale pretesto , per darli a chi ? - L ' amore si conosce dai sacrifizii . Non mi ami . - Non ti amo ? io che ti darei volentieri tutto il mio sangue . - Queste sono parole . Se non hai denaro , dammi i gioielli . Non risposi e mi sentii impallidire . Accortosi della impressione che mi avevano fatto le sue ultime parole , Remigio mi serrò tra le braccia di ferro , e mutato tono , ripeté più volte : - Sai che ti amo infinitamente , Livia mia , e ti amerò finché avrò un soffio di vita ; ma questa vita salvamela , te ne scongiuro , salvala per te , se mi vuoi bene . Mi prendeva le mani , e le baciava . Ero già vinta . Andai alla scrivania a prendere le tre piccole chiavi dello scrignetto : temevo di far romore ; camminavo in punta di piedi , benché avessi i piedi nudi . Remigio mi accompagnò nel gabinetto dietro l ' alcova ; serrai l ' uscio , perché il conte non potesse udire , ed aperto lo scrigno con qualche difficoltà , tanto ero agitata , ne trassi un fornimento intiero di brillanti , mormorando : - Ecco , prendi . Costò quasi dodicimila lire . Troverai da venderlo ? Remigio mi tolse di mano l ' astuccio ; guardò i gioielli e disse : - Usurai ce n ' è dappertutto . - Sarebbe un peccato il darlo via per poco . Cerca modo di poterlo ricuperare . Mi piangeva il cuore . Il diadema specialmente mi stava tanto bene . - E i denari me li dai ? - chiese Remigio , - mi farebbero comodo . Cercai nello scrigno i napoleoni d ' oro , che avevo messi in un mucchietto , e , senza contarli , glieli diedi . Mi baciò e , frettolosamente , fece per uscire . Lo trattenni . Con un atto d ' impazienza mi respinse , dicendo : - Se ti preme la mia vita , lasciami andare . - Fa piano , non senti che gli stivali scricchiolano ? E poi , aspetta . Voglio vedere se c ' è la cameriera ; bisogna ch ' ella venga ad accompagnarti . La cameriera , infatti , attendeva in una stanza vicina . - Mi scriverai subito ? - Sì . - Ogni due giorni ? Volevo dare un ultimo bacio all ' amante mio , che amavo tanto : era già sparito . Aperte le invetriate , guardai nella via . Il sole indorava le alte cime dei monti . Innanzi al portone stavano discorrendo fra loro il mozzo di stalla ed il guattero . Alzarono gli occhi e mi videro ; poi videro uscire dal palazzo Remigio , che camminava in fretta con le tasche dell ' abito rigonfie . Tornai a letto e piansi tutto il giorno : l ' energia della mia natura era fiaccata . Il medico la mattina appresso trovò che bruciavo e che avevo una gran febbre ; ordinò il chinino , che non presi : avrei voluto morire . Una settimana intiera dopo la visita di Remigio la cameriera mi portò con la sua solita placidezza una lettera , che , appena vista , le strappai di mano rabbiosamente : avevo indovinato , era di lui , la prima dopo la sua partenza , e mi posi a leggerla con sì furiosa avidità che , giunta alla fine , dovetti ricominciare : non ne avevo capito nulla . Me la ricordo ancora oggi parola per parola , tante volte la lessi e tante volte i casi terribili , che la seguirono , me ne fecero risovvenire : « Livia adorata , M ' hai salvato la vita . Ho venduto l ' astuccio a un Salomone qualunque , per poco , a dire il vero , ma in queste circostanze di trambusti e di spaventi non si poteva esigere di più , duemila fiorini , i quali sono bastati a riempire la vorace pancia dei medici . Prima di dovermi ammalare ho trovato una bella stanza verso l ' Adige in via Santo Stefano al numero 147 ( scrivimi a questo indirizzo ) , grande , pulita , con una anticamera tutta per me , da cui si esce direttamente sulla scala ; mi sono provvisto di tabacco , di rum , di carte da giuoco e di tutti i volumi di Paolo di Koch e di Alessandro Dumas . Non manco di compagnia piacevole , tutti maschi ( non ti agitare ) , tutti scrocconi , e se non fosse che devo parere zoppo e che di giorno non posso uscire di casa , mi direi l ' uomo più felice del mondo . Certo , mi manca una cosa , la tua persona , cara Livia , che adoro e che vorrei avere il dì e la notte fra le mie braccia . Dunque non ti dar pensiero di nulla . Io leggerò le notizie della guerra fumando ; e quanti più Italiani e Austriaci se ne andranno all ' inferno tanto più ci avrò gusto . Amami sempre come io t ' amo ; appena la guerra sarà finita e questi cani di dottori , i quali mi costano un occhio della testa , m ' avranno lasciato in pace , correrà ad abbracciarti , più ardente che mai , il tuo REMIGIO » . La lettera mi lasciò sconcertata e disgustata , così mi parve volgare ; ma poi , nel tornarvi su , a poco a poco mi persuasi che il tono in cui era scritta fosse affettatamente leggiero e gaio , e che l ' amante avesse fatto un crudele , ma nobilissimo sforzo nel contenere l ' impeto del suo cuore , tanto per non gettare nuova esca nella mia passione , che era già un incendio , e per quietarmi un poco l ' animo , ch ' egli sapeva terribilmente ansioso . Ristudiai la lettera in ogni frase , in ogni sillaba . Avevo bruciate tutte le altre quasi appena ricevute ; serbai questa in un taschino del portamonete , per cavarnela spesso quando ero sola , dopo avere serrato a chiave gli usci della stanza . Tutto mi confermava nella mia credenza benevola : quelle espressioni d ' affetto mi apparivano tanto più potenti quanto più erano rapide , e quei periodi grossolani e cinici mi si presentavano alla fantasia sublimi di generoso sacrifizio . Avevo tanto bisogno di credere che la mia smania trovasse una scusa nella smania dell ' altro ; e la viltà di lui mi riempiva il seno d ' entusiasmo , purché io credessi di esserne la cagione . Ma il mio cervello galoppante non si fermava qui . Chi sa , pensavo tra me , chi sa che questa lettera sia tutta un magnanimo inganno ! Forse egli è già partito per il campo , forse egli sta di contro al nemico ; ma , più curante di me che di lui , non volendo farmi morire negli sbigottimenti e nei terrori , m ' addormenta con la menzogna pietosa . Appena un tale pensiero si fece adito nel mio spirito , me ne sentii tutta invasa . Le insonnie , l ' avversione al mangiare , i disturbi fisici contribuivano ad una vera esaltazione mentale . Vivevo quasi nella solitudine . Già la mia società s ' era andata via via restringendo , poiché le famiglie nobili trentine , avverse alle opinioni politiche del conte , avevano da un pezzo lasciato con bel garbo lui e me affatto in disparte ; i giovani , frementi d ' italianismo , ci sfuggivano senza riguardi e ci odiavano ; gl ' impiegati del paese , non sapendo come la guerra sarebbe andata a finire , per non rischiare di compromettersi né in un modo né in un altro , oramai si astenevano dal mettere piede in casa nostra : vedevamo , in somma , qualche nobile austriacante , spiantato e parassita , qualche alto funzionario tirolese , duro , testardo , puzzolente di birra e di cattivo tabacco . I militari non trovavano più l ' agio né la voglia di occuparsi di me . La mia relazione col tenente Remigio , conosciuta da tutti , eccetto che da mio marito , aveva accresciuto il mio isolamento , il quale , del resto , m ' era gradito , anzi necessario nello stato d ' animo in cui da un po ' di tempo vivevo . Remigio , dopo la lettera famosa , non aveva più scritto . Sognavo per lui de ' pericoli , che mi apparivano tanto più orrendi quanto più erano incerti . Avrei potuto sopportare forse la sicurezza dei rischi d ' una battaglia ; ma il non sapere se il mio amante andasse alla guerra o no , era un dubbio che mi faceva impazzire . Scrissi a Verona ad un generale che conoscevo , a due colonnelli , poi a qualcuno di quegli ufficialetti , i quali mi avevano tanto corteggiato a Venezia : nessuno rispose . Tempestavo Remigio di lettere ; niente . Intanto le ostilità principiarono : la vita civile era soppressa ; la ferrovia , le strade non servivano ad altro che ai carriaggi delle munizioni , delle ambulanze , delle proviande , agli squadroni di cavalleria , che passavano in mezzo a nuvoli di polvere , alle batterie , che facevano tremare le case , ai reggimenti di fanteria , che si svolgevano l ' uno dopo l ' altro interminabili , sinuosi , striscianti come un verme , il quale volesse abbracciare nelle sue enormi spire tutta quanta la terra . Una mattina calda , affannosa , il 26 del giugno , capitarono le prime notizie di una battaglia orribile : l ' Austria era disfatta , diecimila morti , ventimila feriti , le bandiere perdute , Verona ancora nostra , ma vicina a cedere , come le altre fortezze , all ' impeto infernale degli Italiani . Mio marito era in villa , e doveva starci una settimana . Suonai con furia ; la cameriera non veniva ; tornai a suonare ; si presentò all ' uscio il domestico . - Dormite tutti ? maledetti poltroni . Fammi venire subito il cocchiere , ma subito , intendi ? Qualche minuto dopo entrò Giacomo sbigottito , abbottonandosi la livrea . - Da qui a Verona quante miglia ci sono ? Stette un poco a pensare . - Dunque ? - ripresi stizzita . Giacomo faceva i suoi conti : - Da qui a Roveredo circa quattordici ; da Roveredo a Verona dovrebbero essere ... non saprei ... ci si mette con due buoni cavalli dieci ore , poco più , poco meno , senza contare le fermate . - Ci sei mai stato con i cavalli da Trento a Verona ? - No , signora contessa ; andai da Roveredo a Verona . - Fa lo stesso . Da qui a Roveredo so bene anch ' io che occorrono due ore . - Due ore e mezzo , scusi , signora contessa . - Dunque due e dieci fanno dodici in tutto . - Mettiamo tredici , signora contessa , e di buon trotto . - Quanti cavalli ha preso con sé il padrone ? - La sua solita cavallina morella . - Ne restano quattro in scuderia . - Sì , signora padrona : Fanny , Candida , Lampo e lo stallone . - Potresti attaccarli tutti quattro ? - Insieme ? - Sì , insieme . Giacomo sorrise con una cert ' aria di benevola compassione : - Scusi , signora contessa , non è possibile . Lo stallone ... - Ebbene , attacca gli altri tre . - Lampo ha una sciancatura , povero Lampo , non può neanche trascinarsi al passo . - Attacca dunque come al solito Fanny e Candida , in nome di Dio - gridai , pestando i piedi , e soggiunsi : - Domattina alle quattro . - Sarà servita , signora padrona ; e , scusi , per regolarmi nella biada da portar via , dove si va ? - A Verona . - A Verona , misericordia ! In quanti giorni ? - Dalla mattina alla sera . - Signora padrona , scusi , ma questo proprio non si può . - Ed io lo voglio , hai capito ? - replicai con accento così imperioso che il pover ' uomo trovò appena il coraggio di balbettare : - Abbia compassione di me . Accopperemo le due cavalle , e il padrone mi caccerà sulla strada . - La responsabilità è mia . Obbedisci e non pensare ad altro - e gli diedi quattro marenghi . - Ti darò il doppio quando saremo tornati , ad un patto per altro , che tu non dica niente a nessuno . - Per questo non c ' è pericolo ; ma gl ' ingombri della strada , carri , i cannoni , le prepotenze dei soldati , le seccature dei gendarmi ? - Ci penso io . Giacomo piegò il capo , rassegnato , ma non persuaso . - A che ora giungeremo a Verona ? - Quando vorrà il cielo , signora padrona ; e sarà un miracolo se ci arriveremo vivi , lei , signora padrona , io e le due povere bestie . Per me poco importa , ma per lei e per le bestie ! - Bene , alle quattro dunque , e silenzio . Se taci avrai quello che ti ho promesso , se parli ti licenzio sui due piedi e senza salario . Hai inteso ? Bada che tutti , anche la cameriera , devono credere che andiamo a San Michele , dalla marchesa Giulia . Giacomo , rannuvolato , s ' inchinò ed uscì dalla stanza . All ' alba ero in carrozza , e via . Avevo chiuso le tendine degli sportelli , e guardavo da un angolo ai fantaccini trafelati e polverosi , i quali credendo che nel cocchio stesse un qualche gran personaggio , si schieravano lungo i fossati ; alcuni facevano il saluto militare . Di quando in quando bisognava rallentare la corsa con mio fiero dispetto , o a dirittura fermarsi alcuni minuti per aspettare che i pesanti e cigolanti carri avessero lasciato libero il passo : le cose per altro andavano assai meglio di quello che avesse predetto Giacomo . Una pattuglia di gendarmi a cavallo fermò la carrozza , ma il sergente , vedendo che c ' era dentro una signora , si contentò di gridare cavallerescamente : - Buon viaggio - . Più giù di Roveredo , a Pieve , ci si trattenne a rinfrescare un poco ; poi a Borghetto , staccate le giumente , che non ne potevano più , passammo tre ore buone , che mi parvero tre anni , rannicchiata com ' ero nella carrozza , udendo i lamenti e le bestemmie dei soldati , i quali si lasciavano cascare in terra a squadre per pochi istanti vicino all ' osteria , sotto la scarsa ombra degli alberi magri , e mangiavano un tozzo di pagnotta e bevevano un sorso d ' acqua . Avrò chiamato dieci volte Giacomo , il quale veniva allo sportello con tanto di grugno , sforzandosi di parere composto , e si toglieva il cappello , e ripeteva : - Signora contessa , ancora dieci minuti - . Si ripigliò , quando Dio volle , il cammino . L ' Adige , che costeggiavamo , era quasi asciutto , i campi sembravano arsi , la strada brillava d ' un candore abbagliante , non si vedeva una macchia nel cielo azzurro , le pareti della carrozza bruciavano , e in quell ' afa grave , in quella densa polvere , io mi sentivo soffocare . La fronte mi gocciolava e battevo i piedi per l ' impazienza . Non badai alla Chiusa : ascoltavo lo scoppiettìo della frusta di Giacomo . A Pescantina si tornò a rinfrescare : le buone bestie camminavano a stento , e a giungere a Verona ci volevano ancora dieci lunghe miglia . Il sole era scomparso in un nimbo di fuoco . Sempre carri e soldati , ronde di gendarmi , polvere , e a momenti un frastuono assordante e uno stridore acuto di ferramenta , a momenti un mormorio confuso e pauroso , nel quale si distinguevano gemiti e imprecazioni e le strofe di qualche canzonaccia oscena , cantata da voci strozzate . Fino ad ora eravamo scesi con la corrente degli uomini e dei veicoli , ora ci s ' incontrava in qualche vettura d ' ambulanza , in qualche compagnia pedestre di militari leggermente feriti , col braccio al collo , una fasciatura alla testa , verdi in volto , curvi , zoppicanti , laceri . E Remigio , Remigio ! Gridavo a Giacomo di battere le bestie col manico della frusta . Cominciava a far notte . S ' arrivò alle mura di Verona verso le nove ; e tanto era il timor panico , tanto il trambusto , che nessuno badò alla carrozza , e si poté giungere all ' albergo della Torre di Londra senz ' altri intoppi . Non c ' era più una camera , non c ' era un buco dove poter dormire , né in quell ' albergo , né , per quanto mi assicurarono , in nessuna altra locanda della città : tutto era stato requisito per gli ufficiali . I cavalli , morti di stanchezza , vennero legati nel cortile ; Giacomo doveva attendere ad essi ; io finalmente sbalzai a terra . Mi feci accompagnare a piedi da un ragazzaccio nella via Santo Stefano al numero 147 . Si dovette camminare più volte su e giù nella strada , guardando all ' alto delle porte , innanzi di distinguere nel barlume dei rari fanali il numero della casa . Se Remigio c ' era , volevo fargli una improvvisata : le mie membra tremavano tutte d ' impazienza e di desiderio , ma poteva essere a letto , poteva stare in compagnia di qualcuno , e , sebbene volessi ad ogni costo vederlo subito , pure mi sembrò di dover mandare il ragazzo avanti in esplorazione . Era furbo e capì al volo : doveva suonare , chiedere del tenente per una faccenda urgentissima , insistere perché gli aprissero , salire , dirgli una fandonia qualunque , per esempio che un signore , del quale s ' era scordato il nome e che alloggiava all ' albergo della Torre di Londra , bramava , senza ritardo , avere notizie della sua salute . Il fanciullo nel venir fuori aveva da lasciare aperti l ' uscio del quartiere e la porta di strada . Io mi nascosi sul fianco della casa , in un chiassuolo tra la via ed il fiume . Il fanciullo suonò . S ' udì una voce rabbiosa dall ' ultimo piano : - Chi è ? - Sta qui il tenente Remigio Ruz ? - L ' altro campanello , quello di mezzo : alla malora . Il fanciullo suonò all ' altro campanello . Passò un minuto , che mi sembrò interminabile , e nessuno comparve ; il ragazzo tornò a suonare ; allora dal secondo piano una voce di donna chiese : - Chi è ? - Sta qui il tenente Remigio Ruz ? - Sì , ma non riceve nessuno . - Ho bisogno di parlargli . - Domattina dopo le nove . - No , questa sera . Hanno paura dei ladri ? Passò un altro minuto e finalmente la porta si aprì . Remigio c ' era ! la gioia mi spezzava il cuore : mi si offuscò la vista e , non potendo reggermi sulle gambe , m ' appoggiai alla muraglia . Poco dopo il fanciullo tornò : s ' era fatto mandare al diavolo , ma aveva potuto lasciare l ' uscio e la porta socchiusi . Mi tornarono le forze , diedi qualche moneta all ' astuto monello , e , strisciando , entrai nella casa . Avevo previsto che mi sarebbero occorsi i fiammiferi ; al pianerottolo del secondo piano v ' erano due usci , sopra uno dei quali stava appiccato il biglietto da visita di Remigio ; spinsi l ' imposta , che cedette , ed entrai senza romore in una stanza quasi buia . Toccavo la cima delle mie speranze , sentivo già le braccia dell ' amante mio , per il quale avrei dato senza esitare tutto quello ch ' io avevo e la mia vita insieme , schiacciarmi impetuosamente sopra il suo largo torace , sentivo i suoi denti incidere la mia pelle , e pregustavo un mondo inenarrabile di allegrezze furiose . La consolazione mi fiaccava : dovetti sedermi sopra una seggiola , che stava accanto all ' ingresso . Udivo e vedevo come se fossi immersa in un sogno : avevo perso il senso della realtà . Ma qualcuno lì d ' appresso rideva rideva : era un riso di donna stridulo , sguaiato , sgangherato , che a poco a poco mi destò . Ascoltai , mi rizzai e , trattenendo il respiro , m ' avvicinai ad un uscio spalancato , dal quale si vedeva in una vasta camera illuminata . Io stavo nell ' ombra , né mi si poteva scorgere . Oh , perché in quel punto Dio non mi accecò ! V ' era una tavola , co ' resti d ' una cena ; v ' era , dietro alla tavola , un largo canapè verde su cui Remigio , sdraiato , faceva per gioco il solletico sotto l ' ascella ad una ragazza , la quale sghignazzava , si sbellicava , si dimenava , si contorceva tutta , sforzandosi invano di svincolarsi dalle mani dell ' uomo , che le dava baci sulle braccia , sul collo , sulla nuca , dove capitava . Io non mi potevo più muovere ; ero inchiodata al mio posto , con gli occhi fissi , le orecchie tese , la gola arsa . L ' uomo , stufo della burla , afferrò alla vita la ragazza , mettendosela a sedere sulle ginocchia . Allora cominciarono i discorsi , interrotti spesso da scherzi e da carezze . Sentivo le parole , il senso mi sfuggiva . A un tratto la donna pronunciò il mio nome . - Mostrami i ritratti della contessa Livia . - Li hai visti tante volte . - Mostrameli , te ne prego . L ' uomo , rimanendo disteso sul canapè , alzò un lembo della tovaglia , aperse il cassetto della tavola e ne cavò delle carte . La ragazza , diventata seria , cercò fra quelle i ritratti e li guardò lungamente , poi : - È bella la contessa Livia ? - Lo vedi . - Non mi capisci : voglio sapere se ti par più bella di me . - Nessuna donna mi può parer più bella di te . - Vedi , in questa fotografia il vestito da ballo lascia scoperte le braccia intiere e le spalle giù giù - e la fanciulla s ' accomodava la camicia , confrontando con il ritratto : - Guarda , ti sembro più bella ? L ' uomo la baciò in mezzo al petto , esclamando : - Mille volte più bella . La fanciulla , accanto alla lucerna , fissando negli occhi l ' uomo , che sorrideva , pigliò ad uno ad uno i quattro ritratti , e lenta lenta li lacerò ciascuno in quattro pezzi ; e lasciava cadere quei brani sulla tavola in mezzo ai tondi e ai bicchieri . L ' uomo continuava a sorridere . - Ma tu , cattivo , le dici pure di volerle bene . - Sai che glielo dico il meno possibile ; ma ho bisogno di lei , e non saremmo qui insieme , cara , se non m ' avesse dato il danaro che sai . Quei maledetti medici me l ' hanno fatta pagar salata la vita . - Quanto t ' è rimasto ? - Cinquecento fiorini , che sono già in parte sfumati . Bisogna scrivere a Trento alla cassa : ogni parola dolce , un marengo . - Eppure - disse la donna con gli occhi pieni di lagrime - eppure mi pesa . L ' uomo se la tirò vicina vicina sul canapè verde , mormorando : - Lagrime non ne voglio . In quel punto il cuore mi si rivoltolò dentro : l ' amore era diventato esecrazione . Mi trovai nella strada . Andavo senza sapere dove ; mi passavano accanto nella oscurità , urtandomi , gruppi di soldati , barelle , da cui venivano gemiti lunghi o strilli di dolore , qualche cittadino frettoloso , qualche contadino spaurito ; nessuno badava a me , che scivolavo lungo i muri delle case ed ero vestita tutta di nero con un fitto velo sul volto . Riescii ad un largo viale piantato di alberi cupi , dove il fiume , corrente alla mia destra , rinfrescava un poco l ' aria affannosa . L ' acqua si perdeva quasi nelle tenebre ; ma non mi venne , neanche per un attimo , la tentazione del suicidio . Era già nato in me , senza ch ' io neppure me ne fossi avveduta , un pensiero bieco , ancora indeterminato , ancora annebbiato , il quale m ' invadeva adagio adagio l ' anima intiera e la mente , il pensiero della vendetta . Avevo offerto tutto a quell ' uomo , ero vissuta per lui , senza di lui m ' ero sentita morire , con lui ero salita in cielo ; ed il suo cuore , i suoi baci egli li dava ad un ' altra ! La scena a cui avevo assistito , mi si dipingeva tutta dinanzi ; vedevo ancora sotto a ' miei occhi quelle lascivie . Infame ! Corro per lui , superando ogni ostacolo , sprezzando ogni pericolo , gettando nel fango il mio nome : corro ad aiutarlo , corro a confortarlo , e lo trovo sano , più bello che mai e nelle braccia di una donna ! E lui , che mi deve tutto , e la sua ganza , calpestano insieme la mia dignità ed il mio affetto e mi scherniscono e mi vituperano . E sono io che pago le loro orgie ; e quella donna bionda si vanta , nuda , di essere più bella di me ; e lui , lui ( m ' era serbato questo supremo obbrobrio ) la proclama lui stesso più bella ! Tante emozioni m ' avevano affranto : l ' ira , che bolliva dentro di me , aveva messo in tutto il mio corpo una febbre ardente , che mi faceva tremare le gambe . Non sapevo dove fossi ; non volevo , né potevo farmi accompagnare da un passante fino all ' albergo per chiudermi di nuovo nella carrozza ; mi posi a sedere sulla sponda del fiume , fissando gli occhi nel cielo nero . Non trovavo requie ; rientrai nelle vie della città ; impazzivo ; cascavo di fatica ; da diciotto ore non avevo mangiato . Mi trovai per caso di contro ad una modesta bottega da caffè , e , dopo avere più volte girato innanzi alla vetrina , parendomi che non ci fosse nessuno , andai a pormi nel canto più lontano e scuro , ordinando qualcosa . Nell ' angolo opposto , sdraiati sullo stesso sofà rosso , che circondava la sala vasta , bassa , umida e mezza buia , stavano due militari , fumando e sbadigliando . Poco dopo entrarono due altri ufficiali ; un giovinetto , che poteva avere diciannove anni , lungo , smilzo , con i baffetti sottili , ed un uomo sui quaranta , tozzo , pesante , con il muso pavonazzo a bitorzoli ed a bernoccoli , le larghe sopracciglia nere come il carbone e due mustacchi sotto il naso grosso così folti ed irti che parevano setole ; aveva in bocca una pipa boema , corta nel cannello , ma enorme nel camino , dalla quale uscivano ampie nubi di fumo , che andavano l ' una dopo l ' altra ad annerire il soppalco . Il giovinetto andò dritto a salutare gli ufficiali nell ' angolo . Sentii che diceva : - Ne ho visti morire quaranta in due ore nella sala delle operazioni sotto i ferri dei chirurghi , i quali buttavano via braccia e gambe come se giuocassero al pallone , e trapanavano e aggiustavano teste ... - Bisognerebbe che aggiustassero quelle dei nostri generali - brontolò il Boemo , ghignando . Nessuno badava a me . Entrò , sola , una ragazza , pareva una crestaia , e si pose a sedere a lato dell ' ufficialetto magro , chiedendogli ad alta voce : - Me lo paghi un caffè ? Dopo alcuni discorsi , ai quali non posi attenzione , uno dei militari sdraiati disse alla ragazza , senza muoversi : - Sai , Costanza , ho visto il tuo tenente Remigio - Quando ? - chiese la femmina . - Oggi . Sono andato da lui . Era insieme con Giustina . La conosci Giustina ? - Sì , quella biondona , che ha tre denti rimessi . - Non me ne sono accorto . - Guardala bene . E come sta Remigio ? - Qualche doloretto alla gamba , che lo fa guaire ogni tanto , e zoppica un poco , ecco tutto . È stata proprio una malattia provvidenziale quella . Gli altri arrischiano la pelle , si logorano nelle fatiche , nei calori d ' inferno , nella fame , in tutte le maledizioni di questa guerra , e lui mangia , beve e sta allegro e trova chi lo mantiene . - Chi vuoi che lo mantenga quel buon mobile ? - Una signora . - Una vecchia bavosa . - No , mia cara , una signora bella , giovane e , per giunta , milionaria e contessa e innamorata matta di lui . - E paga le bellezze del tenente ? - Gli dà del danaro , e molto . - Povera sciocca ! - Remigio la chiama la sua Messalina . Non me ne ha detto il casato , ma mi ha confidato ch ' è di Trento e che ha nome Livia . C ' è nessuno qui che sia pratico di Trento ? L ' ufficialetto smilzo disse : - M ' informerò io e vi riferirò ogni cosa domani a sera , se saremo a Verona . Contessa Silvia , non è vero ? - Contessa Livia , Livia , ricordatelo bene - gridò l ' ufficiale sdraiato . Costanza riprese : - Ma Remigio è malato per davvero ? - Oh per questo poi sì . Capisci bene che non la si dà a bere a quattro medici : uno del reggimento di Remigio , un altro scelto dal generale in un altro reggimento e due dell ' ospedale militare . Ogni tre giorni vanno a visitarlo ; palpano la gamba - e picchiano e tirano e lo fanno strillare . Una volta svenne . Ora sta meglio . - Finita la guerra , guarita la gamba insistette la Costanza . - Non lo dite neanche per ischerzo - osservò il secondo ufficiale sdraiato , il quale fino allora non aveva fatto sentir la sua voce . - Sai che per il solo sospetto di un inganno il tenente ed i medici verrebbero fucilati in ventiquattt ' ore , l ' uno come disertore dal campo di battaglia , gli altri come complici e manutengoli ? - E se la meriterebbero , per Dio - esclamò ruggendo il Boemo senza cavarsi la pipa di bocca . L ' ufficialetto aggiunse : - Il generale Hauptmann non aspetterebbe neanche ventiquattr ' ore . A queste parole l ' idea , che già mi stava in nebbia nel cervello , splendette di vivissima luce ; avevo trovato , avevo risoluto . - Il generale Hauptmann ! - ripetevo tra me . Le vampe , che mi salivano al capo , m ' obbligarono a togliere del tutto il velo dalla faccia ; bruciavo : chiamai perché mi portassero dell ' acqua . Gli ufficiali , che allora s ' accorsero di me , mi furono tutti attorno . - O la bella donna ! - Ha bisogno di qualcosa ? - Vuole un bicchierino di Marsala ? - Possiamo tenerle compagnia ? - Aspetta qualcuno ? - Occhi stupendi ! - Labbra da baci ! - L ' ufficialetto magro mi si era cacciato accanto sul sofà : essendo il più giovane voleva mostrarsi il più ardito . Mi svincolai dalle sue mani e cercai di alzarmi per fuggire , ma due altri mi trattenevano ; il Boemo sudicio guardava e fumava . Mi rivolsi a lui gridando : - Signore , sono una gentildonna , m ' aiuti e mi accompagni a casa , alla Torre di Londra - . Il Boemo si fece largo , dando degli spintoni di qua e di là e mandando quasi con le gambe all ' aria l ' ufficialetto novello ; poi , duro , serio , mettendo in tasca la pipa , m ' offerse il braccio . Uscii con lui . Durante la via , che non era lunga , mi disse poche e rispettose parole . Io gli chiesi chi fosse il generale Hauptmann , dove avesse il suo uffizio e altre notizie , le quali mi premevano per le mie buone ragioni . Seppi come il generale del Comando stesse in Castel San Pietro . Il portone dell ' albergo rimaneva spalancato , benché il tocco dopo mezzanotte fosse suonato da un pezzo : c ' era un grande andirivieni di militari e di borghesi . Ringraziai l ' ufficiale , che puzzava di maledetto tabacco , e m ' accomodai alla meglio sui cuscini della mia carrozza , posta in un angolo del cortile . Stracca morta com ' ero , m ' assopii tosto ; ma mi destò in sussulto il picchiare forte di una mano sullo sportello . La voce rauca e volgare del Boemo ripeteva : - Sono io , signora contessa , io che vorrei dirle , col debito ossequio , una sola parola . Abbassai il cristallo , e l ' ufficiale mi porse qualcosa : era il mio portamonete , dimenticato sulla tavola della bottega da caffè , mentre stavo per pagare e successe il tafferuglio . Lo avevano trovato e riportato i tre compagni di lui , il quale disse con gravità solenne : - Non manca né una carta , né un soldo . - Ma le carte sono state lette ? - e pensavo alla lettera di Remigio , l ' unica serbata da me e che non avrei voluto per cosa al mondo vedermi uscire di mano . - No , signora contessa . Sono stati visti i suoi biglietti da visita e il ritratto del tenente Remigio : niente altro , lo dichiaro sul mio onore . La mattina seguente , prima delle nove , mi feci condurre nella mia carrozza al Comando della fortezza . L ' erta mi pareva interminabile : gridavo a Giacomo di frustare i cavalli . Una folla di militari d ' ogni colore , di feriti , di popolani , ingombrava il piazzale innanzi al Castello ; ma giunsi senza ostacoli all ' anticamera degli uffizii , dove un vecchio invalido pigliò il mio biglietto da visita . Dopo qualche minuto ritornò , dicendomi che il generale Hauptmann mi pregava di passare nel suo quartiere privato , e che appena sbrigati certi affari urgentissimi , sarebbe venuto a presentarmi il suo omaggio . Fui condotta attraverso logge , corridoi e terrazze in una sala , che dominava dalle tre larghe finestre la città intiera . L ' Adige , interrotto da ' suoi ponti , si torceva in una S , avente la prima delle sue pancie a ' piedi del monticello su cui sorge Castel San Pietro , e la seconda a ' piedi di un altro bruno castello merlato ; e sorgevano dalle case i culmini e le torri delle vecchie basiliche ; e in un largo spazio si vedeva l ' ovale enorme dell ' Arena antica . Il sole mattutino rallegrava l ' abitato ed i colli , e dall ' una parte indorava le montagne , dall ' altra gettava una luce placida sulla interminabile pianura verde , sparsa di villaggi bianchi , di case , di chiese , di campanili . Entrarono nella sala con fracasso di risa e salti due bimbe , le quali avevano il volto color di rosa e i capelli biondi paglierini . Vedendomi , di primo botto rimasero impacciate , ma poi subito si fecero coraggio e mi vennero accanto . La più grandicella disse : - Signora , s ' accomodi . Vuole che vada a chiamare la mamma ? - No , fanciulla mia , aspetto il tuo babbo . - Il babbo non l ' abbiamo ancora visto stamane . Ha tanto da fare . - Lo voglio vedere io il babbo - gridò la più piccina . - Gli voglio tanto bene io al babbo . In quella entrò il generale , e le bimbe gli corsero incontro , gli si avviticchiarono alle gambe , tentavano di saltargli sulle spalle ; egli prendeva l ' una e l ' alzava e le dava un bacio , poi prendeva l ' altra ; e le due pazzerelle ridevano , e negli occhi del generale spuntavano due lagrime di tenerezza beate . Si volse a me , dicendo : - Scusi , signora ; s ' ella ha figliuoli mi compatirà - . Si mise a sedere in faccia a me , e soggiunse : - Conosco di nome il signor conte , e sarei lieto se potessi servire in qualcosa la signora contessa . Feci un cenno al generale perché allontanasse le bambine , ed egli disse loro con voce piena di dolcezza : - Andate , figliuole mie , andate , dobbiamo parlare con la signora . Le bambine fecero un passo verso di me come per darmi un bacio ; voltai la testa ; se ne andarono finalmente un poco mortificate . - Generale - mormorai - vengo a compiere un dovere di suddita fedele . - La signora contessa è tedesca ? - No , sono trentina . - Ah , va bene - esclamò , guardandomi con una cert ' aria di stupore e d ' impazienza . - Legga - e gli porsi in atto risoluto la lettera di Remigio , quella che avevo ritrovata nel taschino del portamonete . Il generale , dopo avere letto : - Non capisco ; la lettera è indirizzata a lei ? - Sì , generale . - Dunque l ' uomo che scrive è il suo amante . Non risposi . Il generale cavò di tasca un sigaro e lo accese , s ' alzò da sedere e si pose a camminare su e giù per la sala ; tutt ' a un tratto mi si piantò innanzi e , ficcandomi gli occhi in volto , disse : - Dunque , ho fretta , si sbrighi . - La lettera è di Remigio Ruz , luogotenente del terzo reggimento granatieri . - E poi ? - La lettera parla chiaro . S ' è fatto credere malato , pagando i quattro medici - e aggiunsi con l ' accento rapido dell ' odio : - È disertore dal campo di battaglia . - Ho inteso . Il tenente era l ' amante suo e l ' ha piantata . Ella si vendica facendolo fucilare , e insieme con lui facendo fucilare i medici . È vero ? - Dei medici non m ' importa . Il generale stette un poco meditabondo con le ciglia aggrottate , poi mi stese la lettera , che gli avevo data : - Signora , ci pensi : la delazione è un ' infamia e l ' opera sua è un assassinio . - Signor generale - esclamai , alzando il viso e guardandolo altera - compia il suo dovere . La sera , verso le nove , un soldato portò all ' albergo della Torre di Londra , dove finalmente mi avevano trovato una camera , un biglietto , che diceva così : « Domattina alle quattro e mezzo precise verranno fucilati nel secondo cortile di Castel San Pietro il tenente Remigio Ruz ed il medico del suo reggimento . Questo foglio servirà per assistere alla esecuzione . Il sottoscritto chiede scusa alla signora contessa di non poterle offrire anche lo spettacolo della fucilazione degli altri medici , i quali , per ragioni che qui è inutile riferire , vennero rimandati ad un altro Consiglio di guerra . GENERALE HAUPTMANN » . Alle tre e mezzo nella notte buia uscivo a piedi dall ' albergo , accompagnata da Giacomo . Al basso del colle di Castel San Pietro gli ordinai che mi lasciasse , e cominciai sola a salire la strada erta ; avevo caldo , soffocavo ; non volevo togliermi il velo dalla faccia , bensì , sciolti i primi bottoni dell ' abito , rivoltai i lembi dello scollo al di dentro ; quel po ' d ' aria sul seno mi faceva respirare meglio . Le stelle impallidivano , si diffondeva intorno un albore giallastro . Seguii de ' soldati , che girando il fianco del Castello , entrarono in un cortile chiuso dagli alti e cupi muri di cinta . Vi stavano già schierate due squadre di granatieri , immobili . Nessuno badava a me in quel brulichìo silenzioso di militari e in quelle mezze tenebre . Si sentivano le campane suonare giù nella città , dalla quale salivano mille romori confusi . Cigolò una porta bassa del Castello , e ne uscirono due uomini con le mani legate dietro la schiena ; l ' uno magro , bruno , camminava innanzi ritto , sicuro , con la fronte alta ; l ' altro , fiancheggiato da due soldati , che lo reggevano con molta fatica alle ascelle , si strascinava singhiozzando . Non so che cosa seguisse ; leggevano , credo ; poi udii un gran frastuono , e vidi il giovane bruno cadere , e nello stesso punto mi accorsi che Remigio era nudo fino alla cintura , e quelle braccia , quelle spalle , quel collo , tutte quelle membra , che avevo tanto amato , m ' abbagliarono . Mi volò nella fantasia l ' immagine del mio amante , quando a Venezia , nella Sirena , pieno di ardore e di gioia , m ' aveva stretta per la prima volta fra le sue braccia d ' acciaio . Un secondo frastuono mi scosse : sul torace ancora palpitante e bianco più del marmo s ' era slanciata una donna bionda , cui schizzavano addosso i zampilli di sangue . Alla vista di quella femmina turpe si ridestò in me tutto lo sdegno , e con lo sdegno la dignità e la forza . Avevo la coscienza del mio diritto , m ' avviai per uscire , tranquilla nell ' orgoglio di un difficile dovere compiuto . Alla soglia del cancello mi sentii strappare il velo dal volto ; mi girai e vidi innanzi a me il grugno sporco dell ' ufficiale Boemo . Cavò dalla bocca enorme il cannello della sua pipa , e , avvicinando al mio viso il suo mustacchio , mi sputò sulla guancia ... * * * L ' avevo detto io che l ' avvocatino Gino sarebbe tornato . Bastò una riga : Venite , faremo la pace , perché capitasse a precipizio . Ha piantato quella bamboccia della sua sposa una settimana innanzi al giorno destinato pel matrimonio ; e va ripetendo ogni tanto , stringendomi quasi con la vigoria del tenente Remigio : - Livia , sei un angelo !
MILANO PERCORSA IN OMNIBUS ( BRIGOLA GAETANO - VENOSTA FELICE , 1871 )
Miscellanea ,
MILANO PERCORSA IN OMNIBUS Guida per chi vuol visitare con poco dispendio di tempo e denaro , tutto quanto di più rimarchevole offre questa città COMPILATA DA GAETANO BRIGOLA ED ILLUSTRATA DA NOTIZIE STORICHE ED ARTISTICHE DA FELICE VENOSTA AL LETTORE . Le ferrovie , recando facilità ed economia di tempo nel viaggiare , fecero sentire il bisogno di Guide delle varie città , che in poche pagine offrissero non solo la descrizione storica ed artistica di esse , ma le presentassero benanco sotto l ' aspetto del loro soggiorno e della loro indole ; in modo che il viaggiatore potesse in pochi giorni farsi un concetto giusto del paese visitato . Le Guide , che sino ad oggi esistettero , non si prestavano a quest ' ufficio , e , limitandosi alla descrizione artistica , lasciavano al viaggiatore il cómpito di formare un apprezzamento , che il più delle volte non era ragionato , vuoi per la troppa rapida corsa fatta in luogo , vuoi per inscienza degli usi e dei costumi di esso . Questo bisogno fece nascere nel sottoscritto l ' idea di compilare all ' uopo una nuova Guida di Milano , resa tanto più necessaria in quanto che , dopo la emancipazione dallo straniero , 1' attività e l ' indole de ' suoi abitanti la portarono a floridezza e comodità tali da poter rivaleggiare colle più grandi metropoli d ' Europa . Il limite tracciatoci però e la novità di molte cose descritte potranno forse aver fatto cadere il compilatore in alcune inesattezze alle quali potrà in seguito rimediare se il favore del pubblico lo incoraggerà a fare una seconda edizione . Milano , maggio 1871 . G . B . CENNO STORICO . Circa seicento anni prima dell ' êra volgare una moltitudine di gente , composta di guerrieri , di donne e di fanciulli , spinta dalla scarsezza dei viveri a mutare paese , colla guida di Belloveso , uscì dalla Gallia , in oggi Francia , e , valicate le Alpi , giunse nell ' Insubria . Combattuti e vinti i popoli che l ' abitavano , Belloveso si stabilì nella terra chiusa tra i due fiumi Ticino ed Adda , e gettò le fondamenta d ' un villaggio chiamandolo Milano . L ' origine di questa parola si cercò di spiegare in molte maniere ; e noi , senza partecipare in tutto alla smania , che in oggi è rinata in alcuni , di cercare cioè ogni derivazione nel celtico , non peritiamo ad ammettere che il nome Milano sorse dall ' idioma dei Celti , e cioè da Med e Lan , o la terra ubertosa . Le vecchie leggende dei duci Medo ed Olano , del in medio amnium , del in medio lanae e simili non sono più ammissibili dalla buona critica filologica . A poco a poco Milano si aumentò in numero degli abitanti e degli edifici ; e il meschino villaggio divenne col progresso del tempo città . vasta e popolosa . - - Scorsi erano quattrocento anni dalla fondazione di essa città , quando i Romani , varcati gli Appennini , e passato il Po in prima sotto il comando del console Flaminio , poi di Marcello suo successore , dal 223 al 225 prima dell ' éra volgare , con segnalate vittorie si resero padroni di tutta l ' Insubria fino alle Alpi ; e fu vera conquista opima per la ubertà della terra acquistata . I Romani chiamarono il paese vinto Gallia Cisalpina , ossia al di qua delle Alpi , e lo dissero altresì Gallia Togata , perchè gli abitanti , deposto il rozzo saio gallico , avevano adottata la toga romana . Milano sotto il regime dei nuovi dominatori migliorò d ' assai . L ' asciugamento di molte paludi rese 1' aria più salubre e più fertili i terreni che la circondavano . Il popolo imparò quelle arti e quei mestieri che dirozzano e che sono necessari alla vita . La città crebbe , e , già aggregato di meschini casolari di legno , si andò abbellendo di edifici di pietra . Gli imperatori romani vi ebbero lunga stanza , per la sua col - locazione opportuna ad operazioni militari contro i popoli del Settentrione , i quali erano una minaccia perenne per la Gallia Cisalpina . Massimiano Erculeo abbattè la siepe che serviva di prima cerchia alla città celtica , che ci viene ricordata dal nome della Via Andegari , AndeGar , che corrisponde al nostro idioma a siepe di biancospini , ed eresse solide mura che gira - vano per due miglia con nove porte . La porta Romana aprivasi a S . Vittorello , presso la Via Unione ; l ' Erculea alla Maddalena , presso Sant ' Eufemia ; la Giovia a San Vicenzino , presso il Foro Bonaparte ; la Ticinese , o Marzia , al Carrobbio ; la Comasina a San Marcellino ; la Nuova alla Croce Rossa ; la Tosa a San Zeno ; 1' Argentea od Orientale , presso San Babila , e la Vercellina presso la chiesa di Santa Maria alla Porta . Sotto Costantino , Milano toccò l ' apice del suo splendore ; avvegnachè avendo quell ' imperatore divisa 1' Italia in due regioni , Milano fu dichiarata metropoli della settentrionale , che comprendeva sette provincie dalle Alpi fino alla Istria , e destinata a residenza di un governatore col titolo di Vicario dell ' Italia . Le mura romane durarono fino al nono secolo , allorchè l ' arcivescovo Ansperto ne operò il ristauro e l ' ampliamento , fra le porte Ticinese e Vercellina , costruendo un nuovo muro che dal Carrobbio seguiva le Vie del Circo e del Cappuccio , e girava poi a destra per ricongiunger - si all ' antica cerchia in vicinanza della Porta Vercellina . Per tre secoli rimasero ognora come le aveva ampliate Ansperto ; quando il Comune di Milano entrò in lotta con Federico Barbarossa . A premunire la città contro quell ' imperatore , i Milanesi pensarono , fin dal 1156 , di cingerla di un valido fossato , e precisamente quello per cui ora scorre il Naviglio . Della terra cavata nel fare la fossa , se ne formarono nel 1167 i bastioni nel luogo che fino ai nostri giorni conservò il nome di Terraggio . Nella prima metà del secolo XIV ( 1330-38 ) , Azzone Visconti rafforzò i Terraggi con un muro , mantenendo però inalterato il circuito della città , che continuò dove si trova il Naviglio interno , ed aveva gli ingressi ai ponti , che descrissero fino all ' anno 1866 , colla denominazione di Borghi , la parte di città al di là del fossato . Allorchè nel seco - lo XV fu costruito il Naviglio della Martesana , il fossato fu ristretto , e la metà interna di esso fu convertita poi ad uso di magazzeni di pietre o di legnami , chiamati col nome di sciostra o claustra , perchè rinchiusi fra il muro di Azzone e la fossa . L ' antica larghezza di questa fossa può facilmente anch ' oggi comprendersi nel sito degli Archi di Porta Nuova , misurando Io spazio che è fra le torri e la riva esterna del canale rimasta inalterata . Il terzo ed ultimo ingrandimento fu decretato da Ferrante Gonzaga ; governatore del bucato di Milano per 1' imperatore Carlo V . Le mura spagnuole , oggi accessibili alle carrozze , e convertite ad uso di pubblico passeggio , furono incominciate nell ' anno 1546 , presso la distrutta chiesa di S . Dionigi . Milano , dopo i Romani , venne mano mano governata dai Goti , dai Longobardi , dai Franchi , dai Re d ' Italia e dagli Imperatori di Germania . Dopo la guerra dei Valvassori , si costituì in Repubblica ( 1044 ) . Soccombuta questa forma di governo , ebbe a signori i Torriani , i Visconti ; indi si formò di nuovo in Repubblica , detta di Sant ' Ambrogio . Si diede poscia agli Sforza ; indi cadde in potere dei Francesi , degli Spagnuoli , degli Austriaci , dei Gallo - Sardi e di nuovo degli Austriaci . Nello scorcio del se - colo passato , 1797 , fu centro della Repubblica Cisalpina , che nel 1802 si tramutò in Repubblica Italiana . Nel 1805 , creato il Regno d ' Italia , ne divenne la metropoli . Nel 1815 Milano , ritornata sotto l ' austriaca dominazione , fu sede del regno Lombardo - Veneto . Nel marzo 1848 , cacciati gli Austriaci , si formò dai cittadini un governo provvisorio ; ma nell ' agosto di quello stesso anno ricadde in possesso degli Austriaci , che la governarono fino al 4 giugno 1859 . Fu allora unita aI regno sabaudo , e nel 1861 divenne parte del nuovo Regno d ' Italia . Nel volgere di secoli e di mutamenti di dominazioni , di guerre e di morie , ebbe Milano a subire molte vicende , e giorni di ristrettezze e di sciagure ; ma la ricchezza del suolo e la industria de ' suoi abitatori sempre la fecero risorgere , e ne tennero alta la rinomanza . Ora essa è riputata la seconda metropoli della gran madre , l ' Italia . Marzo 1371 . FELICE VENOSTA . AVVERTENZA . La Stazione principale della Società Anonima degli Omnibus è in Piazza del Duomo con apposita sala d ' aspetto , ove si può lasciare in deposito i propri effetti . L ' Impresa degli Omnibus Antonio Vismara ha la propria Stazione alla Porta Ticinese . L ' Impresa Michele Lissoni ha la stazione in Piazza Fontana , ove ha pur sede l ' Impresa Gaetano Lissoni . TARIFFE DEGLI OMNIBUS . Per una corsa tra la Piazza del Duomo ed una delle Porte della città indicate o viceversa L . 10 Per una corsa degli Oumibue in servizio delle ferrovie tra la Piazza del Duomo e la Stazione Centrale , o quella di Vigevano L 25 Per un bagaglio della dimensione non maggiore di centimetri 60 L 25 Per ogni bagaglio di maggior dimensione L 50 LINEE PERCORSE DALLE VETTURE OMMIBUS DELLA SOCIETA ' ANONIMA ( Veggasi la pianta della Città in fine della Guida ) . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA PORTA VENEZIA Linea A – Colore Rosso : Piazza del Duomo , Corso Vittorio Emanuele , Corso Venezia alla Porta . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA PORTA NUOVA . Linea B – Colore Azzurro : 1 . Piazza del Duomo , via Carlo Alberto , via S . Margherita , Piazza del Teatro alla Scala , via del Giardino , via Fate - bene - fratelli , Corso di Porta Nuova , alla Porta . 2 . Piazza del Duomo , via S . Radegonda , Piazza S . Fedele , via delle Case Rotte , Piazza del Teatro alla Scala , via di S . Giuseppe , via di Brera , via Solferino , via Castelfidardo alla Porta Nuova . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA BARRIERA PRINC . e UMBERTO . Linea C – Colore Terraceo : Piazza del Duomo , Corso Vittorio Emanuele , via Monte Napoleone , via del Giardino , Piazza Cavour , via Principe Umberto alla Barriera . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA PORTA TENAGLIA . Linea D – Colore Violaceo : Piazza del Duomo , via S . Radegonda , Piazza S . Fedele , via delle Case rotte , Piazza del Teatro alla Scala , via di S . Giuseppe , via dell ' Orso , Ponte Vetero , Corso Garibaldi , via dell ' Anfiteatro , via Legnano alla Porta Tenaglia . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA PORTA MAGENTA . Linea E – Colore Giallo : Piazza del Duomo , via Carlo Alberto , Piazza Mercanti , via Fustagnari , Cordusio , via di S . Maria Segreta , via dei Meravigli , via di S . Maria alla Porta , Corso Magenta alla Porta . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA PIAZZA DI SAN VITTORE . Linea F – Colore Verde : Piazza del Duomo , via Torino , via Spadari , via Armorari , via Boschetto , Cinque Vie , via di S . Maria Podone , via S . Orsola , via del Cappuccio , via S . Valeria , Piazza di S . Ambrogio , via S . Vittore alla Piazza . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA PORTA ROMANA . Linea G – Colore Arancio : Piazza del Duomo , via dei Cappellari , via dei Rastrelli , via Larga , via Velasca , Corso di Porta Romana alla Porta . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA PORTA VITTORIA . Linea H – Colore Ceruleo : Piazza del Duomo , Corso Vittorio Emanuele , via del Palazzo di Giustizia ( quanto prima si chiamerà Beccaria ) , via di S . Zeno , Verziere , via di S . Pietro in Gessate , Corso di Porta Vittoria alla Porta . DALLA PORTA TICINESE ALLA PORTA GARIBALDI . Linea I – Colore Rosa : Corso di Porta Ticinese , Carrobbio , via Torino , Piazza del Duomo , via Carlo Alberto , Piazza dei Mercanti , via dei Fustagnari , Cordusio , via Broletto , Ponte Vetero , Corso Garibaldi alla Porta . NB . Le Imprese degli Omnibus Antonio Vismara , Michele e Gaetano Lissoni , accennate di sopra , percorrono linee già intrecciate dalla Società principale , che è l ' Anonima . Linea A . ( Colore rosso Porta Venezia ) . MONUMENTI EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Palazzo di Corte ( Si può visitare nelle ore del giorno ) . Arcivescovado . Piazza Fontana . Palazzo del Duomo . Galleria Vittorio Emanuele . Uomo di Pietra . Galleria De Cristoforis . Colonna di San Babila . Palazzo di Prefettura . Regio Conservatorio . Reale Collegio delle fanciulle . Seminario . Palazzo delle Assisie . Serbelloni . Ciani . Saporiti . Barriera . Lazzaretto . Giardini Pubblici . Museo Civico . Villa Reale ( Si può visitare nelle ore del giorno ) . CHIESE . Metropolitana e sue ricchezze . Di Campo Santo . Di San Carlo . Di San Babila . Della Passione . TEATRI . Santa Radegonda . Teatro milanese . ALBERGHI ANCHE CON SERVIZIO DI TAVOLA ( * ) Agnello . Ancora . Roma . Europa . Francia . Ville ( De la ) ( Solo pranzo alla sera ) . Leone . Biscione ( Piazza Fontana ) . ( * ) Cucina pronta a tutte le ore . Pranzo alla carta ed a prezzo fisso , od a piacere . PIAZZA DEL DUOMO . La nuova Piazza del Duomo è in corso di esecuzione su disegno dell ' architetto comm . Giuseppe Mengoni da Bologna . I lavori vennero cominciati nel marzo 1870 . Metropolitana . Fra i più celebri e rinomati edifici , non solo d ' Italia , ma benanco d ' Europa , è la nostra Cattedrale . Questa insigne chiesa ebbe principio l ' anno 1386 al 15 marzo ; venne innalzata sulle rovine della antica chiesa di Santa Maria Maggiore , o Duomo jemale , nel luogo ove era già il tempio pagano a Minerva . Le fondamenta di essa furono fatte gettare da Gian Galezzo Visconti , signore di Milano , allo scopo di costruire un monumento che , nella sua magnificenza e gigantesca mole , attestasse la grandezza del suo potere . Per la costruzione assegnò vistose rendite , e donò la copiosissima cava di marmi bianchi di Gandoglia , che trovasi presso il Lago Maggiore . Ignorasi tuttodì quale ne sia stato l ' architetto ; ovvi però chi ne attribuisce il disegno al tedesco Enrico Gamodia , e chi allo svizzero Marco da Campione . Il nostro Omodeo nel 1490 innalzava la massima aguglia . Il Pellegrini , e quindi il Richini o Cerano disarmonizzarono collo stile greco - romano il carattere gotico del tempio nella facciata , che fu compiuta soltanto nel 1810 per ordine di Napoleone I dal Pollak e dall ' Amati . L ' interno è a croce latina , di - viso in cinque navate da 52 piloni sorreggenti la volta . La lunghezza dalla porta d ' ingresso allo sfondo del coro è di metri 148; la larghezza nella croce di 87 , e l ' altezza alla statua della Madonna di 108 . Dal piano al sommo della massima cupola si ascende per 328 gradini ( * ) . E bello dall ' alto mirare la sottoposta marmorea mole , stupenda per le 116 guglie piramideggianti , per le 4000 e più statue , poi trafori , balaustrate e terrazzi , lavori di più se - coli ; ed intorno l ' animato spettacolo della lombarda metropoli ; e più lungi 1' ubertoso agro ( * ) Si può salire sul Duomo mediante pagamento di una tassa di centesimi 25 per ogni persona da mezz ' ora dopo 1'Ave Maria del mattino ad un ' ora prima di quella della sera . Una disposizione dell ' Autorità non permette che si abbia a salire da soli . milanese , dove la celebre Abbazia di Chiaravalle , e più remota la maestosa Certosa di Pavia , e il memorabile campo di battaglia di Magenta , e gli ameni colli della Brianza colla Rotonda del Cagnola , e infine la catena dei monti che trasportano il pensiero fra le delizie dei laghi di Como e di Lecco . Nell ' interno del Duomo , dove la luce penetra attraverso le vetriate dipinte , quali da artisti del 500 , quali dai contemporanei Bertini , spiccano i monumenti eretti all ' arcivescovo Ariberto , l ' inventore del Carroccio ; a Gian Giacomo de ' Medici , che vuolsi disegno del Michelangelo con statue di bronzo di Leone Leoni ; al Vimercate e al Caracciolo , del Bambaja , autore dell ' altare della presentazione ; a Ottone Giovanni Visconti ; all ' arcivescovo Arcimboldi ; inoltre ammiransi 1' urna di porfido del Battistero , le statue di Martino V e di Pio IV de ' Medici , quella di San Bartolomeo dell ' Agrati , i bassorilievi del capocroce allo svolto , e le statue del Bussola , la Madonna dell ' albero del Buzzi , denominata dal ricco candelabro che sta dinanzi all ' altare ; i pulpiti rivestiti di rame stonati da Andrea Pelizzone e sostenuti ciascuno da quattro cariatidi ` di bronzo ; gli intagli degli stalli del coro , della cantoria ; il tabernacolo all ' altare maggiore , opera dei Solari lombardi e dono di Pio IV ; infine nella segrestia meridionale il Tesoro , e nella cripta o cappella sotterranea , la preziosa urna ove riposa la salma dell ' arcivescovo S . Carlo . Nel principio del Duomo ovvi una meridiana eseguita nella seconda metà . del secolo passato sotto la direzione dell ' illustre astronomo Boscovich , la cui perfezione subì qualche pregiudizio in occasione in cui si rifece il pavimento . Palazzo Reale . L ' area ove ora sorge questo edificio era anticamente Il Broletto , o sede del - ' autorità cittadina . Trasferito il Municipio nel 1228 in Piazza Mercanti , Matteo I Visconti converse quel luogo in palazzo ducale ; Azzone nel 1336 lo ornò ; Galeazzo II lo rifabbricò , e Francesco Sforza lo abbellì . Il palazzo era al di fuori cinto da portici , rinforzati da quattro torrioni , e per una via sopra i tetti comunicava col privato palazzo del Visconti a S . Giovanni in Conca . Logorato dagli anni , fu nel 1662 modificato , per ordine del governatore Don Luigi de Gusman Ponza di Leon , dall ' architetto Ambrogio Pessina con due grandi portici laterali , sui quali erano dipinti in medaglie i ritratti dei governatori di Milano . L ' arciduca Ferdinando lo fece rifabbricare tra gli anni 1772 al 1778 , come è al presente dall ' architetto Giuseppe Piermarini da Foligno , scolaro di Luigi Vanvitelli napoletano ( * ) . Il palazzo è grandioso , e le stanze sono addobbate con lusso , adorne di bei damaschi , di stucchi e di pitture di Giocondo Albertolli , Knoller , Traballesi , Hayez , Palagi ; ma sopratutto di Andrea Appiani . Magnifica è la gran sala delle Cariatidi . Nel 1796 vi furono posti gli uffici della Re - pubblica Cisalpina . Nella maggior sala il giorno 9 luglio 1797 vi si diede il gran pranzo ( * ) Fu la prima opera del Piermarini in Milano . patriottico ai deputati di tutti i comuni di Lombardia , destinati a dare il loro voto a nome del popolo per la creazione della Repubblica Cisalpina . Soggiacque dopo il 1799 a varie desti - nazioni ; finchè vi fu insediata il 24 giugno 1802 la sede del governo della Repubblica Italiana . Creato il Regno d ' Italia servì di abitazione al Vice - Re , principe Eugenio di Beauharnais ; come poi lo fu dal 1818 al 1848 pel Vice - Re austriaco , l ' arciduca Rainieri . Oggi è di proprietà del Re . Al . palazzo reale è unita una chiesa dedicata a San Gottardo , pur fatta erigere da Azzone , la quale conserva tuttodì della sua antica costruzione in terra cotta e dello stile del XIV secolo , il poscoro e il campanile , il più bello della città , e dove fu posto nel 1336 dal Visconti il primo orologio a batteria che suonasse in Italia . Fu in diverse epoche rimodernata : vi sono pitture di Knoller e Traballesi . Sulla soglia di questo tempio , la mattina del 16 maggio 1412 , veniva pugnalato il duca Giovanni Maria Visconti , il quale , a soli 20 anni , si era già mostrato uno dei più atroci tiranni . Arcivescovado . Il primitivo edificio fu di - strutto da Attila , e rialzato quindi nel 573 dal metropolita Lorenzo II ; atterrato ancora dal Barbarossa , venne ricostruito nel 1178 , dopo il trionfo di Legnano , dall ' arcivescovo Galdino , e reso più agiato da Giovanni Visconti , e più ancora nell ' anno 1494 da Guido Antonio Arcimboldi . . Nel 1565 San Carlo Borromeo lo compì per opera del Pellegrini , il quale architetto ideò il magnifico cortile con portici dorici sotto , e jonî sopra e la porta bugnata verso la via delle Ore , e 1' altra verso il Duomo . Del Pellegrini è anche la bella scuderia di forma decagona a tre piani . Il cortile verso la Piazza Fontana è opera di Fabio Mangone , fatta eseguire dal cardinale Federico Borromeo . Nel 1797 vennero sloggiati i preti , e vi fu insediato mi Consiglio militare francese , unitamente alle carceri pei detenuti francesi e cisalpini , e verso la fine del 1798 vi risiedette il Comitato di Polizia . Dal 1799 in avanti ritornò esclusiva sede degli arcivescovi . Nel cortile del Pellegrini veggonsi ora due magnifiche statue colossali , il Mosè di A . Tandardini e l ' Aronne di G . Stilizza . Nelle stanze Arcivescovili vi è una Galleria di quadri fondata dai cardinali Monti e Pozzobonelli . Piazza Fontana . A questa Piazza si diede il nome di Fontana , allorchè nel 1780 venne abbellita e lastricata , ponendovisi nel mezzo la fontana di granito rosso , ridotto a lucido , disegno di Piermarini , con due bellissime Sirene di marmo bianco di Carrara , opera di Giuseppe Franchi carrarese , celebre professore di scultura nell ' Accademia di Belle Arti . L ' acqua per l ' alimento della fontana si trae dal canale Seveso , che scorre di sotto la città , per mezzo di una ruota mossa continuamente dalle acque medesime del Seveso . Questo luogo era il Viridarium degli antichi , e , se si deve credere al Fiamma , vi era un vasto giardino , nel mezzo del quale i Gentili veneravano la statua della dea Februa , quale oracolo a cui ricorrevano per le predizioni sopra l ' esito della guerra . Nell ' anno 1864 , idi primavera , fa abbellita da verdi zolle ed alberi e sedili a cura del Municipio . Palazzo della fabbrica del Duomo . A tergo della Metropolitana ovvi il palazzo sede dell ' Amministrazione della fabbrica del Duomo . Venne eretto su disegno dell ' architetto Pietro Pestagalli dopo 1' anno 1845 . La facciata a colonne ne è grandiosa . Nell ' interno del palazzo trovasi la piccola chiesa dell ' Annunziata , detta di Campo Santo , perchè nel medio evo in questo luogo eravi un cimitero . Sull ' altare si vede un basso rilievo di marmo di fabbrica che doveva essere posto ad ornamento della porta settentrionale della Metropolitana . In questa Piazza si esponeva nel medio evo , in tempo di pace , il famoso Carroccio . Teatro Santa Radegonda . Qui presso , nella via omonima , è il teatro di Santa Radegonda costruito nel 1850 , sull ' area di una sala che serviva a pubblici trattenimenti , con disegno dell ' architetto Giacomo Moraglia . Ivi era l ' antica chiesa di Santa Radegonda , demolita nel 1783 , nel cui spazio veniva eretto verso il 1803 un teatro per marionette dalla signora Anastasia Franzini , vedova Barbini in società con Carlo Re , e quindi convertito dalla sola Barbini in teatro per opera o commedia circa l ' anno 1810; e il vecchio teatro durò a tale uso per alcuni anni soltanto . Galleria Vittorio Emanuele . I lavori di questa Galleria , unica al mondo , vennero solennemente iniziati il 7 marzo 1865 , avendovi posta la prima pietra re Vittorio Emanuele . L ' architetto ne fu il comm . Giuseppe Mengoni . La costruzione durò due anni e mezzo circa . Fu aperta al pubblico il 15 settembre 1867 . Misura metri 195 di lunghezza ; metri 14 , 50 di larghezza ; all ' ottagono la larghezza è di metri 39 . La superficie totale dei fabbricati è di metri quadrati 8600 . L ' altezza dei fabbricati è di metri 26; quella dal piano alla sommità dei vetri nelle braccia intorno all ' ottagono è di metri 32 , e di metri 50 l ' altezza della cupola dell ' ottagono . Gli archi maggiori verso le Piazze del Duomo e della Scala hanno una luce di metri 24 per metri 12 , 21; quelli d ' ingresso verso le vie Silvio Pellico e Berchet metri 23 per metri 12 . Venticinque statue d ' illustri italiani , eseguite da artisti milanesi , adornano gli ingressi e l ' ottagono . Quattro affreschi veggonsi negli scompartimenti della volta dell ' ottagono , larghi metri 15 , alti 7 , 50; e furono eseguiti : L ' Europa , dal Petrasanta ; L ' Asia , dal Giuliano ; L ' Africa , dal Tagliano ; L ' America , dal Casnedi . Gli stessi egregi artisti eseguirono nei pennacchi dei due grandi archi laterali quattro figure ; sono all ' arco verso la via Silvio Pellico : La Scienza , del Pagliano , e L ' Industria , del Pietrasanta . All ' arco verso la via Berchet : L ' Arte , del Canedi , e L ' Agricoltura , del Pagliano . In questa Galleria vi sono magnifici negozi , e i due più eleganti caffè di Milano ( * ) . DALLA PIAZZA DEL DUOMO A PORTA VENEZIA . Teatro milanese . Questo teatro venne fondato dal dottor Carlo Righetti nell ' anno 1869 per rappresentazioni in dialetto milanese ed operette buffe ; è sotto gli auspici di un ' Accademia , il cui presidente è il Sindaco di Milano , e conta fra i soci onorari illustrazioni dell ' arte cittadina . Il locale fu ridotto in forma di teatro a spese del fondatore su disegno dell ' architetto Carlo Vismara ; è molto elegante ; possiede pitture pregevoli , fra le quali due quadri del Domenico Induno . Pur bello è il telone , rappresentante Meneghino che cede il primato alla giovane Commedia milanese . L ' Uomo di Pietra . Sul Corso Vittorio Emanuele , all ' altezza del primo piano della casa N . 29 , evvi incastrata al muro un ' antica statua molto digradata dal tempo , che il popolo designa col nome di Uomo di Pietra , e che rappresenta ( * ) Sulla prima pietra della Galleria sta incisa la seguente epigrafe : VITTORIO EMANUELE RE D ' ITALIA POSE 7 MARZO 1865 AUSPICE IL RE . MAGNANIMO DITE RIVENDICAVA L ' ITALIA A LIBERTA ' MILANO INIZIA LE GRANDI IMPRESE DEI . LAVORO E DELL ' ARTE CHE NELLA LIBERTA ' HANNO VITA RIGOGLIOSA E FECONDA . una persona togata . Varie sono le opinioni intorno a questa statua ; alcuni la vogliono attribuire a Cicerone , per essere scritta ai piedi una sentenza di questo oratore ; altri a Mario , od a Cesare , ed altri ad Adelmano Menclozio , creato arcivescovo di Milano l ' anno 948 , per la vicinanza della di lui casa di abitazione , e per avere esso fatta in quel luogo fabbricare una chiesa , demolita nel 1787 . Più probabile è l ' asserto del Grazioli che la vuole di qualche console romano , che , benemerito di Milano , ha con - seguito l ' onore della statua . Chiesa di S . Carlo . Sull ' area dell ' antica chiesa di Santa Maria dei Servi o del Sacco , che da ultimo era stata ridotta dalla gotica forma dal Pellegrini , si gettavano le fondamenta nell ' anno 1838 della chiesa attuale di S . Carlo , che fu terminata nel 1851 . Costò circa 3,000,000 di lire . Il disegno , non troppo felice , è dell ' Amati . Dicontro alla chiesa evvi il grande Albergo della Ville , fabbricato non sono molti anni . Galleria De - Cristoforis . Vicino alla chiesa di San Carlo vi è la Galleria De - Cristoforis . Venne incominciata nell ' anno 1830 , ed inaugurata nel 1832 con una sfarzosa festa da ballo in costume , data dall ' arciduca vicere Rainieri . L ' elegante disegno è dell ' architetto Andrea Pizzala ; fu costruita sull ' area di antico palazzo appartente al duca Serbelloni . Leone di Porta Venezia . Il leone su di una colonna , che vedesi a destra nel principio del Corso di Porta Venezia risale al 1502 , e fu eseguito a spese della città per volere del prefetto Catiliano Cotta . La colonna venne eretta soltanto nel 1626 da Carlo Francesco Serbelloni . Varie sono le asserzioni degli storici su questo monumento ; alcuni opinano sia testimonio della vittoria riportata da Francesco I Sforza sui Veneti a Caravaggio ; altri lo stemma della Porta Orientale , che era uno stendardo bianco con lione nero . Chiesa di San Babila . Sulle rovine dell ' antico tempio del Sole venne innalzata la chiesa di San Babila . Subì una totale riforma nel 1588 , e fu anco a ' nostri giorni rimodernata . La chiesa era anticamente fuori delle mura della città , le quali seguivano la linea delle due vi - cine vie del Monte Napoleone e Durini . Palazzo di Prefettura . Nella vicina via di Monforte , che si trova a destra della chiesa di San Babila , evvi il palazzo della Regia Prefettura , residenza pure del Prefetto . Il disegno di questo palazzo è di Giovanni Battista Diotti , che ne era proprietario . In una delle sue sale possiede pitture dell ' Appiani . L ' attuale facciata venne costruita dipoi con disegno dell ' architetto Pietro Gilardoni , e terminata nel 1818 . Innanzi a questo edificio , già sede dei governatori austriaci , cominciò la gloriosa lotta delle cinque giornate del marzo 1848 , che finì colla cacciata degli Austriaci dalla città . Chiesa di Santa Maria della Passione . La chiesa di Santa Maria della Passione , che trovasi nella vicina via del Conservatorio , fu fatta innalzare , in forma di croce greca , da Daniele Birago , arcivescovo di Mitilene ( in partibus ) nel 1485 , e donata ai padri lateranensi . Il celebre scultore Cristoforo Solari , detto il Gobbo , eresse nel 1530 la grandiosa sua cupola . Nel 1692 venne ridotto il tempio a croce latina . - - La stravagante facciata fu disegnata dall ' architetto Rusnati . Questa chiesa ha peregrine pitture di Bernardino Luini , di Daniele Crespi , di Giulio Campi , di Cesare Procaccini , di Enea Salmeggia , di Gaudenzio Ferrari , ecc . Degno di ammirazione è il bellissimo monumento a Daniele Birago , opera del celebre Andrea Fusina , che lo eseguì nel 1495 . Regio Conservatorio . Presso la chiesa della Passione vi è il Regio Conservatorio di Musica , il cui edificio , già convento dei padri lateranensi , non offre nulla di rimarchevole . Il Conservatorio fu istituito nel 1808 a spese del governo . Dell ' antico refettorio si formò una elegante sala con palco ad uso di teatro , testè rimodernata , che serve per accademie vocali ed istrumentali . Nel 1868 venne in esso creata una biblioteca musicale . Reale Collegio delle Fanciulle . Nella via della Passione , vicinissima al Conservatorio , è il Reale Collegio delle Fanciulle . Fu esso fon - dato da Napoleone I , con decreto 18 settembre 1808 , e riformato nel 1861; quivi venne da altra sede trasportato soltanto nell ' anno 1864 . Vi sono stabiliti 24 posti gratuiti a vantaggio di fanciulle di famiglie civili , i cui genitori abbiano reso notevoli servigi allo Stato . Il disegno del grandioso edificio è dell ' architetto Besia ; esso era prima proprietà _ del conte Archinti . Ritornando sul Corso Venezia per la via della Passione , e quindi lungo il Naviglio , troviamo il Seminario . Il Seminario Maggiore fu fatto erigere sull ' area di una casa di Umiliati nel 1570 da San Carlo Borromeo , su disegno di Giuseppe Meda , uomo di genio intraprendente e perseverante . La Porta che dal Corso mette all ' edificio fu aggiunta , circa un secolo dopo , dall ' arcivescovo Alfonso Litta su disegno di Richini , fiancheggiato da maestose cariatidi , rappresentanti la Pietà e la Sapienza . Il grandioso ed imponente cortile è degno di ammirazione per la sua vastità e bellezza ; ha due ordini architravati l ' uno sopra l ' altro con colonne maestose binate , dorico il primo , jonico il secondo . Nel 1798 furono i seminaristi traslocati altrove , per porre in quell ' edificio i prigionieri tedeschi ; quindi nel 1799 i giovani requisiti per le milizie della Cisalpina . Nel ritorno degli Imperiali fu rimesso in pristino . Nel 1859 servì per qualche tempo di ospedale militare pei sol - dati feriti , austriaci e francesi . Casa Castiglioni . Di contro al Seminario evvi la casa bramantesca ora del sig . Silvestri , e già di proprietà Stampa - Castiglioni , ed in origine dei marchesi Pirovano , indi degli Scaccabarozzi . Questa casa , in oggi molto rovinata ed informe , si annovera solo per essere stata una delle prime fabbriche del Bramante , e di sua mano dipinta . Ove è il ponte sorgevano gli Archi o Por - toni di Porta Orientale , costruiti di viva pietra sulla forma delle antiche porte romane dopo la desolazione di Federico Barbarossa nel 1171 . Su di essi vedevasi scolpita una scrofa in atto di allattare i suoi piccoli parti . Vennero demoliti nel 1819 ( * ) . Palazzo delle Assisie . Poco discosto dal ponte , volgendo a sinistra , lungo la via del Senato , è il palazzo sede ora della Corte d ' Assisie . In questo luogo sorgeva anticamente un monastero di Umiliate . San Carlo Borromeo nell ' anno 1579 lo fece demolire , ed affidò l ' incarico all ' architetto Fabio Mangone di costruirgli un nuovo fabbricato , ove istituì un Collegio detto elvetico , venendovi educati i chierici svizeri . Concorse all ' opera anche il cardinale Federico Borromeo . L ' edificio è de ' pii vasti e ben architettati che si conoscano in Italia . I suoi ampi cortili sono adorni di doppio porticato dorico e jonico , con colonne di granito . La facciata , alquanto barocca , è del Richini . Nel 1786 1' edificio fu convertito in sede del governo . Nel 1797 fu destinato per le riunioni del Gran Consiglio dei Juniori della Repubblica Cisalpina ; indi per sede del Ministero della guerra della Repubblica Italiana . Sotto il Regno italico vi aveva residenza il Corpo Legislativo , il Senato ed il Ministero della guerra . Nel 1817 il governo austriaco vi poneva gli Uffici della Contabilità dello Stato , la quale venne abolita , con poco senno , nel 1864 . ( * ) Tre erano le porte costruite sulla forma delle romane , e cioè la Orientale , la Romana , demolita nel 1782 . e gli Archi di Porta Nuova . Ritornando al ponte di Porta Venezia devonsi rimarcare : Palazzo Busca . Appena passato il ponte , a man dritta , è l ' imponente palazzo del defunto Antonio Busca . Apparteneva già alla famiglia Serbelloni . Lo fece innalzare Giovanni Galeazzo Serbelloni , di poi consultore della Re - pubblica Italiana , su disegno del valente architetto Simone Cantoni ; venne terminato soltanto nell ' anno 1795 . Magnifica ne è specialmente la facciata ; nel mezzo di questa si vede un bellissimo pezzo architettonico con colonne isolate che forma una loggia maestosa , decorata di un grande bassorilievo di stucco dello scultore Donato Carabelli , rappresentante alcuni fatti della storia di Milano del tempo di Federico Barbarossa . In una sala del primo piano vi è un dipinto del Traballasi , Giunone che cerca sedurre Eolo perchè sommerga il naviglio trojano . Sulla facciata di questo palazzo , verso il ponte , vi è una lapide che ricorda avere ivi preso stanza Napoleone Bonaparte , entrato la prima volta in Milano , il 15 maggio 1796 . Il giorno 8 giugno 1859 vi abitò il re Vittorio Emanuele . Di contro al palazzo Busca è la chiesa di San Pietro Celestino ; possiede buone pitture dello Storer e del Procaccini , ecc . Casa Ciani . Poco lungi , a sinistra , vi è la casa del barone Ciani , sorprendente per decorazioni in terra cotta ; ha bassorilievi ed iscrizioni riferentisi ai gloriosi fatti delle guerre combattutesi per la indipendenza italiana negli anni 1859 e 1860 . Palazzo Saporiti . Nell ' area del soppresso convento dei cappuccini a Porta Orientale ( 1810 ) , citato nei Promessi Sposi del Manzoni , un signor Belloni , arricchitosi coi giuochi che si tenevano nel teatro alla Scala , su disegno dell ' ingegnere architetto Giusti , verso il 1811 , faceva innalzare questo palazzo , comperato quindi dalla fa - miglia dei marchesi Saporiti . Maestosa ne è l ' architettura , con grandioso colonnato d ' ordine jonico , ricca di un bassorilievo di Pompeo Marchesi e di varie statue di divinità , in parte lavorate dallo stesso Marchesi ed in parte da Grazioso Rusca . In questo tratto di Corso è pur degno di essere osservato il palazzo Ponti , già appartenente alla famiglia Bovara , e quindi a quella dei Camozzi di Bergamo , e testè al Busca . L ' elegante disegno di esso è dell ' architetto Fe - lice Soave . Fu abitazione degli ambascia - tori della prima Repubblica Francese . Porta Venezia . Questa porta si chiamò sino al 1862 Orientale , anche Lenza , per corruzione di lingua . I Romani l ' appellavano Argentea , vuolsi perchè da quivi entravano le ricchezze del paese . Alcuni storici affermano fosse dedicata al Sole , perché da questa parte nasce ad illuminare la città . L ' antica porta fu demolita nel 1784 , e in quell ' anno venne incominciata la nuova su disegno del Piermarini ; i lavori non terminarono che nel 1795 . Nel 1827 l ' Amministrazione della città , volendo nuovamente rifabbricarla , ne affidò il lavoro all ' architetto Rodolfo Vantini di Brescia , che lo compì nel 1831 . L ' esecuzione di questa porta o barriera , con colonne , statue e bassorilievi , è molto commendevole . La Concordia e la Giustizia sono di Pompeo Marchesi ; 1' Eternità e la Fedeltà , del Monti di Ravenna ; Cerere e Vulcano , di Gandolfi ; Minerva e Mercurio , di Cacciatori ; i bassorilievi di Busca , Somaini , Sangiorgio , ecc . Il Lazzaretto . Appena fuori di Porta Venezia , a sinistra , è situato il Lazzaretto , stato eretto su disegno di Lazzaro Palazzi nel 1489 da Lodovico Sforza , detto il Moro , ad insinuazione di Antonio Bembo , dopo la pestilenza dell ' anno 1461 , per la più comoda cura e separazione delle persone sane dalle infette . Il cardinale Ascanio Sforza , fratello del duca , contribuì alla generosa impresa . Il terreno aveva appartenuto al conte Galeotto Bevilacqua , che ne aveva fatto dono all ' Ospedale Maggiore . - - La fabbrica nel 1507 fu ridotta come al presente da Luigi XII re di Francia , in quell ' epoca signore di Milano . San Carlo , su disegno del Pellegrini fece erigere nel centro una bella cappella di figura ottagona con otto arcate aperte , affinchè gli ammalati potesser dalle loro celle vedere la celebrazione degli uffici divini . Dal 1785 in poi servì 1' edificio a differenti usi . Il giorno 9 luglio 1797 si celebrò nel Lazzaretto la generale Federazione di tutti i capi dei diversi dipartimenti della Repubblica Cisalpina ; venne allora denominato Campo di Marte , innalzandovisi la statua della Libertà , che venne dal popolo spezzata il 28 aprile 1799 , all ' entrare dell ' esercito austro - russo . Manzoni , ne ' suoi Promessi Sposi , descrive sovranamente questo luogo . Dicontro al Lazzaretto vi è la R . Scuola superiore di medicina veterinaria , con annesso ospedale per cura degli animali domestici infermi . Poco discosto vi è pure uno stabilimento per lezioni di nuoto , detto Bagno di Diana , che fu architettato da Andrea Pizzala . Il bello stradone , che si presenta dicontro alla porta , venne decretato da Napoleone I . Chiamasi di Loreto ; esso continua sempre così maestoso sino alla Reale Villa di Monza . Giardini Pubblici . Rientrando in città per la Porta Venezia , a destra , si presenta il magnifico bastione omonimo . Questo tratto di bastione , tutto alberato a doppio ordine di ippocastani , con comodi marcia - piedi , che si estende sino a Porta Nuova , è il passeggio preferito dalla popolazione . Qui hanno luogo i corsi pei quali la nostra città ha rinomanza . A destra di esso godesi la veduta degli ameni colli briantei , e dei monti comaschi e bergamaschi fino alle grandi Alpi . A sinistra presentansi i Giardini Pubblici . Al vecchio Giardino , che trovasi tra il bastione e il Corso Venezia , si scende per una magnifica gradinata . Esso venne ideato dal Piermarini , e fu incominciato l ' anno 1785 per ordine di Giuseppe II nell ' area ove già sorgevano i monasteri di San Dionigio , che ricordava l ' arcivescovo Ariberto , demolito nel 1770 , e delle Carcanine , demolito nel 1775 . E disegnato , secondo l ' antico gusto francese , a viali regolari con un folto boschetto , fiancheggiante il giardino della Villa Reale . Nel mezzo sorge un fabbricato quadrato ed isolato , già disegno dello stesso Piermarini . Da molti anni era in rovina per avvenutovi incendio . Ora , a cura di una società , fu ristaurato ed abbellito sotto la direzione dell ' ingegnere architetto Giuseppe Balzaretti . Nell ' interno questo edificio ha un ' elegante sala , sorprendente per la sua ampiezza ; essa serve per concerti musicali , feste da ballo , esposizioni , accade - mie , ecc . Fu inaugurato il 22 febbrajo 1871 . Il nuovo giardino , incominciato nel 1856 su disegno dell ' ingegnere Balzaretti nell ' area principalmente della estesissima ortaglia già di proprietà Dugnani , venne aperto al pubblico nel 1861; esso desta l ' ammirazione di tutti per la bellezza del suo disegno ; è a viali tortuosi , ad ondulazioni di terreno che innalzasi bruscamente al di là del rivolo che lo attraversa in senso diagonale . Una parte di questo passeggio è ridotta a giardino zoologico . Dal bastione vi si accede da un ponte di ferro ; ha pure parecchi ingressi dalla via Palestro , Piazza Cavour e via Manin . Nell ' altipiano evvi un elegante caffè assai frequentato nella estiva stagione . Questo giardino possiede parecchie statue , due delle quali del Pattinati , l ' una rappresentante L ' Italia e l ' altra Carlo Porta , il gran poeta milanese . Dal nuovo giardino pubblico si può accedere al Museo Civico ( * ) . Il Museo pervenne al Municipio nel 1838 per l ' acquisto da esso fatto delle ricche raccolte d ' oggetti naturali , di proprietà del nobile Giuseppe De Cristoforis e del professore Giorgio Jan ; ampliato in seguito sempre più con nuovi acquisti e privati doni . ( * ) E ’ visibile pubblicamente nei giorni di domenica e di giovedì , dalle ore 10 della mattina alle 4 pomeridiane nell ' estate , e dalle 11 antimeridiane e 3 pomeridiane nell ' inverno ; negli altri giorni devesi ritirare permesso o dei Municipio o del direttore del Museo . Venne nell ' attuale edificio trasferito nel 1864 dalla via del Circo , ed ordinato dai professori Jan e Cornalia . Racchiude collezioni di ogni ramo di zoologia , di botanica , di mineralogia , di geologia , di etnografia ed altre istruttive curiosità . Il palazzo apparteneva alla famiglia Dugnani sopra nominata , e conserva ancora vari affreschi del Porta di Milano , e del ' I ' iepolo di Venezia . In esso fu per qualche tempo il Reale collegio delle Fanciulle . Sotto al porticato vi è un gruppo in gesso del Marchesi rappesentante Ercole che libera Alceste . Nella via Palestro , che lambe il nuovo giardino pubblico verso la città , evvi la Villa Reale . Questo palazzo venne eretto su elegante e sontuoso disegno dell ' architetto Leopoldo Pollack per ordine del generale Lodovico Belgiojoso ; fu terminato nel 1793 . L ' interno e l ' esterno dell ' edifizio annunziano il buon gusto dell ' architetto . Sotto il regno Italico venne in possesso del governo . Vi abitarono principi e sovrani ; nel 1859 Napoleone III , vittorioso sui campi di Magenta . Ora è proprietà del principe ereditario Umberto di Piemonte . La più bella facciata di esso è quella verso il giardino . Grazioso Rusca , Francesco Carabelli e Bartolomeo Ribossi scolpirono le statue che adornano in alto il palazzo . Le medaglie all ' interno con figure a basso rilievo di stucco , rappresentanti vari fatti storici e favolosi , di cui forni i soggetti il Panini , sono di Donato Carabelli , di Angelo Pizzi , di Carlo Pozzi e di Andrea Casareggio . Nell ' interno ammirasi una grande medaglia di Andrea Appiani , che rappresenta il Parnasso , ultima opera di quel pittore , e affreschi di Bernardino Luini , trasportativi su tavola dal casale della Pelucca presso Monza . Linea B ( N . 1 . Colore azzurro Porta Nuova ) . Per la via Carlo Alberto . MONUMENTI , EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Il palazzo della Ragione . Loggia degli Osii . Palazzo delle Scuole Palatine , ora degli Uffici delle Ipoteche . Collegio dei Giureconsulti . Questura . Archi di Porta Nuova . Liceo Panini . Convitto nazionale Longone . Ospedale Fate - bene - fratelli . Istituto dei Ciechi . Casa di Salute . Fabbrica dei Tabacchi . Ospedale Fate - bene - sorelle . Porta Nuova . CHIESE . San Francesco da Paola . Sant ' Angelo . TEATRI . Teatro Re ( vecchio ) . La Scala . Filo - drammatico . ALBERGHI , ECC . Milano . Annunciata con bagni . Aquila . Angioli . Gallo . Piazza Mercanti . La Piazza Mercanti , così detta dalla riunione che vi facevano i mercanti in consiglio in occasione di qualche loro affare , è un vasto quadrato nel centro della città . Nel suo mezzo , sopra archi tutti aperti , s ' innalza l ' archivio notarile , insediatovi il 1 ottobre 1775 . Questo edificio , isolato e grandioso , venne eretto nel 1233 da Oldrado da Tresseno di Lodi , podestà di Milano , e fu chiamato della Ragione , come quello che era destinato a sede del Consiglio generale dei cittadini . Riconoscente Milano al podestà fecegli scolpire una statua equestre a mezzo rilievo , posta nella fronte meridionale del palazzo stesso . Dalla parte settentrionale vedesi inserita in un pilastro una scrofa pelosa , che si credette fino ai giorni nostri avesse dato il nome a Milano . La bellissima architettura del secolo XIII venne deturpata nel 1775 , e le ampie finestre furono chiuse . Ora si pensa di ripristinarla , e venne all ' uopo dalla Regia Accade - mia di Belle Arti aperto un concorso . Una delle finestre verso mezzodì venne nel 1870 scoperta quale modello . Di contro alla statua di Oldrado , è la Loggia degli Osii , così chiamata da una famiglia antica ivi esistente , fu costruita in epoche diverse . La parte più antica è del 1316 , e la si deve a Matteo Visconti : vuolsi terminato 1' edificio da Galeazzo Il . E di marmo bianco e nero , arricchita da stemmi della città e delle sei porte , ed altri dei Visconti e degli Sforza . Dal suo pulpito , detto dal volgo parlera , si leggevano le sentenze di morte e gli atti pubblici ; qui i consoli ed i podestà parla - vano al popolo . Ora è sede della Camera di Commercio . Nel palazzo attiguo stavano le Scuole Palatine , nelle quali insegnarono , secondo la tradizione , Virgilio , Plinio Secondo , Sant ' Agostino , Emanuele Crisolara , Demetrio Calcondila , venuto da Costantinopoli per la lingua greca , Francesco Filelfo , Giorgio Merula , Pietro Candido Decembrio , ecc . Le scuole vennero poi riunite al Ginnasio di Brera . Il palazzo stesso servì , in sullo scorcio del passato secolo e in sul principio del presente , ad uffici dei Tribunali di Prima Istanza ed Appello ; ora è sede dello Ufficio delle Ipoteche . Questa parte di Piazza , precisamente quella fra gli edifici descritti , era pur destinata alla esecuzione delle sentenze di morte , particolarmente dei nobili ( * ) . Fu qui che vennero giustiziati Francesco , Margherita ed altri della famiglia Pusterla . Il lato settentrionale della Piazza è fiancheggiato dalla maestosa e ricca fabbrica dell ' antico Collegio de ' Giureconsulti , conti e cavalieri , chiuso nel 1796 . Fu fatta costruire da Pio IV de ' Medici con disegno di Vincenzo Seregni . E formata da portici arcuati , sostenuti da binate colonne doriche , poste sopra a piedestalli . Il secondo ordine ha i pilastri ad uso di termini con capitello fonico . La statua in marmo di Sant ' Ambrogio è mediocre lavoro di L . Scorzini . Nel mezzo sta la torre , dicesi innalzata da Napo della Torre l ' anno 1272; era presso il Broletto Nuovo , o Municipio , stato trasferito , come abbiamo veduto , in questa Piazza nel 1228 , ove era un edificio della famiglia Faroldi . Al tempo di Fabrizio Bossi , vicario di provvigione , fu collocato sulla torre 1' orologio e la campana del pubblico . - - Ove è la torre da duecento anni , in una nicchia , inalzavasi la statua d ' ottima scultura rappresentante Filippo II , re di Spagna . La statua alla venuta dei francesi nel 1796 era stata rovesciata , e mozza del capo . Lo scultore Carabelli si esibì a sostituirvi quello di Bruto . ( * ) Il duplice supplizio della decapitazione o della forca non avevano in Milano un luogo esclusivo , specialmente pei plebei . La decapitazione d ' ordinario si eseguiva a mezzo il Corso di Porta Tosa ( ora Verziere ) ; il patibolo si erigeva al prato delle forche fuori di Porta Vigentina , alla Vetra ; o in altri siti secondo il delitto che era stato perpetrato . Venne la statua riformata il 9 luglio 1797 , giorno primo della libertà Cisalpina , ponendovi ai piedi questa iscrizione : ALL ' IPOCRISIA DI FILIPPO II SUCCEDA LA VIRTU ' DI MARCO GIUNIO BRUTO . CITTADINI SPECCHIATEVI NEL VOSTRO PRIMO PROCONSOLE . ANNO V REPUBBLICANO XXI MESSIDORO . Questa statua fu levata all ' entrare dei coalizzati ( 28 aprile 1799 ) , e dal popolo deturpata . Il collegio dei Giureconsulti servì in seguito per gli Uffici della Congregazione Centrale , dell ' I - spettorato delle Scuole ecc . ; ora è occupato dal Comando Superiore della Guardia Nazionale , ed in parte dalla Borsa . Su questa Piazza vedesi un pozzo ; nel 1767 venne ricostrutto con eleganza dal conte Nicola Visconti prefetto della città . Al N . 19 sono gli Uffici del Telegrafo . Nella vicina via Carlo Alberto vanno sorgendo grandiosi edifici , fra cui citiamo quelli dei fratelli Conconi , disegno dell ' architetto Jodani , dei signori Galli e Rosa , disegno dell ' architetto Maurizio Garavaglia , e dei fratelli Cesati e fratelli Bianchi , entrambi disegno dell ' architetto Bigatti . Presso la Piazza Mercanti , in fondo alla via Ugo Foscolo , evvi il Teatro Re ( vecchio ) . In quell ' area sorgeva ancora nel 1811 1' antica chiesa di San Salvatore in Xenodochio , fondata nel 787 dall ' arciprete Dateo col primo brefotrofio sulle rovine di una grandiosa fabbrica romana , detta il Campidoglio e dedicata a Giove . L ' Ospizio dei fanciulli esposti di Dateo era ancora in prospere condizioni nell ' undecimo secolo . Nel 1811 la chiesa di S . Salvatore venne comparata all ' asta bandita dalla Prefettura del Monte Napoleone da un ex - calzolajo Carlo Re , il quale vi fece erigere l ' attuale teatro sul disegno del Canonica , che venne inaugurato sulla fine del 1513 . Questo teatro sta per essere demolito . Nella via Santa Margherita trovansi gli uffici della Regia Questura . Ove è la R . Questura esisteva l ' antico e vasto monastero di Santa Maria di Giasone , detto quindi di Santa Margherita . - - Il disegno dell ' attuale fabbricato è dell ' ingegnere architetto Giusti . Durante la dominazione austriaca quivi erano le carceri , ora demolite , pei reati politici . E noto quanto Silvio Panico , che vi fu rinchiuso , scrisse sulle medesime . Teatro alla Scala . Incendiatosi , la mattina del 25 febbrajo 1776 , entrante la quaresima secondo il rito ambrosiano , il teatro nel palazzo ducale , che era stato eretto nel 1717 sull ' area di altro pure consumato dalle fiamme il 5 gennaio 1708 , si pensò con autorizzazione di Maria Teresa di innalzarne uno immediatamente fuori dal suddetto palazzo , in località più comoda al pubblico . Il teatro incendiato era proprietà dei palchettisti , perchè nel 1717 costruito a loro spese , avendo l ' erario fornito soltanto l ' area ed i muri di cinta ; spettava quindi ai medesimi la spesa del nuovo se non volevano perdere i di - ritti dei palchi , rappresentanti un capitale di oltre tre milioni . Perciò scelsero tra loro dodici cavalieri , delegati a rappresentarli , e trattare col governo e cogli appaltatori circa i lavori . L ' imperatrice , annuente al desiderio del figlio che si erigessero due teatri , fu scelto pel primo 1' area dove sorgeva la chiesa di Santa Maria della Scala , pel secondo 1' area delle Scuole Canobbiane . Si stipulò un contratto solenne tra la R . Camera e la società dei palchettisti , Ia quale obbligossi a far edificare i due nuovi teatri sui disegni di Piermarini , che nel luglio dello stesso 1776 li compì . In corrisponsione la R . Camera assunse l ' obbligo di tenere aperto il teatro nel carnevale e nell ' autunno con spettacoli d ' opere in musica e balli , assegnando ai proprietari oltre il canone dei palchi , l ' affitto di vari locali , ed il ricavo dell ' appalto dei pubblici giuochi , contemplato però il caso di generale soppressione dei medesimi . In meno di due anni la fabbrica della Scala venne ultimata dai fratelli Fè , Marliani e Nosetti appaltatori , e il 3 agosto 1778 se ne fece la solenne apertura col dramma in musica Europa riconosciuta del maestro Salieri . Il Panini ebbe a porgere 1' argomento per la esecuzione del sipario . Venne poi a subire dei ristauri e delle rimodernature nel 1807 , 1814 , 1830 , 1865 e 1870 . - - La platea ha metri 24 , 84 in lungo , e 22 , 01 in largo , e la recingono sovrimponendosi cinque ordini di palchi , sommanti a 194 , coronati da una galleria aperta . Contiene circa 4000 spetta - tori . È provveduto di ampie sale per ridotto , di un caffè . Ha annessa una scuola da ballo . La Piazza , che ha nome da questo teatro , nel prossimo anno verrà arricchita di un grandioso monumento a Leonardo da Vinci , opera dello scultore cav . Pietro Magni ; sarà collocato nel mezzo del giardino fatto costruire nel 1SG0 dal Municipio . Teatro Filodrammatico . Ove esistevano la chiesa ed il monastero dei santi Cosma e Damiano , sorge un elegantissimo teatro di declamazione eretto nel 1798 da una società di cittadini costituita in Accademia . Il disegno originario è del Piermarini ; ma fu costruito con modificazioni dagli architetti Pollai : e Canonica ; manca tuttora al compimento la facciata . Ha quattro ordini di logge non interrotte da alcuna separazione , e può contenere 800 persone sedute . Possiede un lodatissimo sipario rappresentante la Scuola d ' Atene , opera di Andrea Appiani , del quale è pure la bella medaglia nella vôlta . V ' hanno anche ornati pregevoli di Gaetano Vaccani . Si accede al teatro mediante biglietto gratuito rilasciato dai soci . Sulle scene di questi dilettanti comparvero Vincenzo Monti , Carlo Porta , la Pasta , ecc . Nella via Filodrammatici devesi osservare una bella porta scolpita in marmo con bassorilievo e tre ritratti , fra i quali quello di Francesco Sforza . Lungo la vicina via del Giardino , che è d ' uopo riprendere per recarsi alla Porta Nuova , vi sono parecchi edifici degni di osservazione ; la Banca Nazionale , già casa Greppi , disegno del Canonica ; qui abitò re Carlo Alberto il 5 agosto 1848 , ove poco mancò rimanesse ucciso da una mano di alcuni cittadini , frementi per la perdita della guerra intrapresa da lui contro gli Austriaci ; il palazzo Loria , compiutosi nello scorso anno 1870 su disegno dell ' architetto Luigi Clerichetti : ha un magnifico cortile ; il palazzo Traversi , già Anguissola disegno del Canonica ; il palazzo Poldi - Pezzoli , disegno dell ' architetto Cantoni . In quest ' ultimo palazzo sono raccolti molti oggetti d ' arte ; ammirasi all ' esterno 1' ultimo lavoro dello scultore Bartolini , gruppo in marmo rappresentante Astianatte , gettato dall ' alto del - le mura di Troia da Perseo per comando di Ulisse . V ' hanno pure il palazzo Melzi , disegno dell ' architetto Giocondo Albertolli , e il palazzo d ' Adda , disegno dell ' architetto Arganini . La chiesa di San Francesco da Paola che vedesi nella stessa via del Giardino non presenta nulla di rimarchevole . Allo sbocco della Croce Rossa vi è l ' Albergo Milano . Archi di Porta Nuova . In fine della via del Giardino evvi un avanzo di monumento antico , vogliamo dire gli Archi , o Portoni chiamati di Porta Nuova . Essi rammentano una delle porte costrutte dalla Lega Lombarda nel 1171 sulla forma delle antiche porte romane a due archi , e coi marmi estratti dalle mure della città erette da Massimiano ; e perché tutta la costruzione fosse romana , si levarono dall ' antica cerchia persino le decorazioni e le iscrizioni , e si trasferirono sulle nuove porte . La storia di questo monumento si lega fino ai nostri giorni colla storia della libertà di Milano . Nel marzo 1848 ha degnamente fatto la sua parte nella rivoluzione delle cinque giornate . Tra il 1861 e il 1862 furono ristaurati a spese del Comune ; e il 18 marzo 1862 vi vennero col - locate le seguenti epigrafi dettate dal dottor Tullo Massarani : DA QUESTI AVANZI DELLA CERCHIA ANTICA MILANO DOPO SETTE SECOLI RINNOVÒ LE BATTAGLIE DELLA LEGA LOMBARDA MDCCCXLVIII . - - - - - - - - - - - - - - - LIBERA RESTAURANDO GLI ARCHI VETUSTI MILANO RIBENEDICE LE MEMORIE CITTADINE NEL NOME D ' ITALIA MDCCCLXII . Liceo Panini e Convitto nazionale Longone . Passati gli Archi , volgendo a sinistra , trovasi la via Fate - bene - fratelli . Evvi in essa da visitare il P . Liceo Panini , il quale possiede due copiosi ed ordinati gabinetti di fisica e di storia naturale , una biblioteca ed una raccolta di carte geografiche . Nell ' edificio stesso è insediato il Convitto nazionale Longone , riformato con decreto reale 24 settembre del 1861 . Era prima Collegio sotto la direzione dei Padri Barnabiti . Venne fondato -43- nel 1573 da S . Carlo in una casa degli Umiliati , sotto il titolo di Collegio di Santa Maria , per l ' ammaestramento della nobile gioventù , ma povera ; fu in seguito detto Collegio Longone , perchè uno di questa famiglia , Pier Antonio Longone , ne accrebbe le entrate con lascito 15 luglio 1613 . Chiuso , fu nel 1820 riaperto sotto la direzione , come si è detto , dei Barnabiti . In esso vi sono dieci posti interamente gratuiti , e venti a metà . A pochi passi abbiamo 1' Ospedale Fate - bene - fratelli . Nel 1588 venuti in Milano i frati ospitalieri di S . Giovanni di Dio , detti Fate - bene - fratelli , fondarono questo nosocomio in parte di locali di proprietà degli Umiliati . La prima pietra fu posta dall ' arcivescovo Gaspare Visconti . Era detto in origine Ospedale de ' Convalescenti di S . Giovanni Evangelista ; poi di Santa Maria d ' AraCoeli dalla unitavi chiesa ; in fine nel 1634 assunse l ' attua - le denominazione ( * ) . A quest ' Ospedale molti benefattori lasciarono ricche dotazioni per accrescerlo e mantenerlo . Con tali mezzi nel 1825 venne innalzato 1' attuale edificio su disegno dell ' architetto Pietro Gilardoni . Ha un grandioso atrio ; al piede della grande scala scorgesi la colossale statua marmorea di San Giovanni di Dio , uscita dallo scarpello del professore Pompeo Marchesi . In questo stabilimento non si ricevono che uomini , esclusi gli affetti da malattie croniche e veneree . Con decreto 9 marzo 1870 esso veniva sottoposto ad una Commissione amministratrice laica . ( * ) Dal costume seguito dal fondatore dell ' ordine , ne primordi del suo spedale , di portarsi in giro per la città , anche di notte , a questuare pe ' suoi poveri col grido Fate - bene , o fratelli , a voi stessi , ne venne il nomignolo dato a que ' padrii . Istituto dei Ciechi . Non lungi da quest ' ospedale evvi 1' Istituto dei Ciechi , fondato il 7 maggio 1839 da Michele Barozzi , e quivi stabilmente insediato il 1° dicembre 1855 , trasportatovi dal locale della Pia Casa d ' Industria di S . Marco . E assai rinomato pel sistema di educazione impartiti a quegli infelici . Chiesa di Sant ' Angelo . Seguendo pel Corso di Porta Nuova devesi visitare la chiesa di Sant ' Angelo , già officiata dai Minori Osservanti . E una costruzione imponente cominciata nel 1552; ne pose la prima pietra 1' arcivescovo Arcimboldi . La facciata ha due ordini ; uno dorico , 1' altro jonico , ed è ornata di varie statue . L ' interno è grandioso , in una sola navata , che si allarga nel presbiterio . L ' architetto ne fu Vincenzo Seregni . Benchè questa chiesa sia stata soggetta a diverse vicende , pure vi si sono conservati molti preziosi freschi , e varie pitture degne di essere ammirate , fra le quali quelle del Procaccini , del Barabino , del Semini , del Lomazzi , del Fiammenghino , del Legnani , del Caravaggino , del Suardi , del Morazzone , ecc . Casa di Salute . Questa Casa , per la cura di individui d ' ogni età , sesso e condizione , affetti da qualsiasi malattia medica , chirurgica ed ostetrica , mediante pensione da determinarsi a norma dei casi e delle esigenze , ora esercita da una Società anonima , ricostituita con istrumento 15 aprile 1866 , a rogito del notaio Migliavacca , devesi ad un legato di Lire 50 mila di Leopoldo Bevagna , primo agosto 1826 , il quale lasciava appunto due terzi del di lui patrimonio all ' erezione di un ospedale in Milano pel ricovero di ammalati in pensione . Fu aperto nel 1835 . Fabbrica dei Tabacchi . Presso Sant ' Angelo , in principio del secondo tronco della via Moscova , evvi pure la Fabbrica dei Tabacchi . Essa fu eseguita su disegno dell ' architetto Canonica , e per la medesima si occupò tutto il vasto convento dei Carmelitani Scalzi , che era stato eretto nel 1622 sotto il governatore Mendozza . Secondo il Torri , ove era quel monastero sorgeva la casa della famosa Guglielmina Boema . Nel 1801 parte del convento servì di Ospedale Militare per le guardie del generale Brune . Quasi dicontro a questa fabbrica evvi la caserma dei Carabinieri . Ospedale Fate - bene - sorelle . Questo Pio Stabilimento ebbe il suo principio nel 1814 circa nel Borgo degli Ortolani , nel locale del già soppresso convento e chiesa di Sant ' Ambrogio ad Nemus . L ' ex - religiosa , madre Giovanna Lomeni ne fu la promotrice ; mercè le cure della con - tessa Laura Visconti Ciceri , ebbe poi tale sviluppo da meritare a questa dama 1' onore di fondatrice . Il Pio Istituto andò poi sempre prosperando per continue beneficenze ; onde si pensò a dargli nuova sede , e nel 1841 si principiò l ' attuale elegante e maestoso locale su disegno dell ' architetto Giulio Aluisetti , Questo spedale è destinato a ricovero delle malattie acute . Con Decreto 30 agosto 1863 l ' Amministrazione di esso fu concentrata nel Consiglio degli Istituti Spedalieri . Di contro all ' ospedale è da visitare la rinomata fabbrica di carrozze del signor cav . Cesare Sala . Porta Nuova . L ' antichissima Porta era de - dicata a Saturno . L ' attuale edificio venne eretto nel 1810 , tutto di pietra arenaria , d ' ordine corintio , con casini laterali d ' ordine dorico ; il di - segno ne è gentile ed elegante , e devesi al poeta prof . cav . Giuseppe Zanoia . Linea B . ( N . 2 . Colore azzurro Porta Nuova ) . Per la via santa Radegonda . MONUMENTI , EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Palazzo del Censo . Marino . Belgiojoso . Casa Manzoni Leone - Leoni . Monte di Pietà . Cassa di Risparmio . Comando Militare . Accademia di Belle Arti , ecc . Casa d ' Industria . Bagno Pubblico di Castelfidardo . CHIESE . San Raffaele . San Fedele . San Giovanni alle Case Rotte . San Marco . TEATRI . Della Commedia ( In costruzione ) . ALBERGHI E TRATTORIE . Popolo . Corona d ' Italia . Bella Venezia . Borsa . Chiesa di San Raffaele . La chiesa di San Raffaele riconosce la sua erezione dal re Berengario ; in seguito fu ricostrutta con disegno del Pellegrini : la grandiosa facciata non è ancora finita . Contiene qualche buona pittura del Figini , del Nuvolone , del Fiammenghino , ecc . Chiesa di San Fedele . Nella Piazza omonima vi è il bellissimo tempio di San Fedele , eretto sull ' area dell ' antichissima chiesa di Santa Maria in Solariolo . Il Pellegrini , che ne fu l ' autore , ha in esso spiegato il suo genio . - - Quell ' architetto , essendo stato chiamato in Ispagna , lasciò a Martino Bassi di condurre a termine il grandioso edificio . San Carlo , che lo fondò nel 1566 , volle consacrarlo il 24 giugno 1569 con molta solennità . I Gesuiti , venuti a Milano nel 1563 , entrarono in possesso di San Fedele nel 1569 . Aboliti i Gesuiti nel 1773 , vi subentrarono i Canonici della Cappella Regia di Santa Maria della Scala , chiesa stata chiusa il 5 agosto 1776 per fabbricare , come abbiamo veduto , il teatro grande . Soppressi parimenti questi canonici , continuò sino ai nostri giorni ad essere altra delle parrocchiali della città , conservando il titolo di Regia Cappella . Era in essa che si facevano i funerali aulici . L ' altare maggiore di questa insigne chiesa , composto di fini marmi , di sculture e di ricca doratura , è disegno dell ' architetto Pietro Pestagalli . Si contengono in essa chiesa pitture di Bernardino Campi , del Cerano , del Preterazzano , l ' allievo del Tiziano , dei fratelli Santagostino . E pure da ammirarsi un bel dipinto a fresco rappresentante la Vergine , quivi trasportato dalla chiesa di Santa Maria della Scala . Palazzo del Censo ed Archivio . Il palazzo della Direzione del Censo era già la casa o il Collegio dei Gesuiti . Venne rifabbricato sul di - segno dell ' architetto Pietro Pestagalli , dal quale pur furono disegnate e dirette tutte le interne costruzioni . La facciata con porta di pietra è d ' ordine dorico . In una parte del Collegio suddetto trovansi gli Archivi governativi , nei quali furono pure compenetrate tutte le carte pubbliche che erano nell ' antico Archivio del Castello . Fra i più curiosi documenti sono le gride e le ordinanze della città di Milano dal 1446 al 1450 dei signori capitanei et defensores libertatis . Teatro della Commedia . Di contro al tempio di San Fedele sta ora sorgendo un teatro per la commedia su disegno dell ' architetto Scala di Udine . Le proporzioni di questo teatro sa - ranno approssimativamente eguali a quelle della Fenice di Venezia . La platea misurerà , ai due assi principali , metri 13 , 50 per ciascuno ; il palco scenico avrà una profondità di metri A . La fronte verso la Piazza avrà un ' estensione lineare di 48 metri . L ' ingresso ed il passaggio dei cocchi sarà verso la via Berchet . Qui sorgeva la casa eretta nel IV secolo dai marchesi Imbonati , la quale nel 1829 passò in terza proprietà a Massimo d ' Azeglio . Fu ivi che questo illustre italiano eseguì dal 1830 al 1844 le migliori opere del suo pennello , e scrisse i romanzi storici Ettore Fieramosca , pubblicato nel 1833 , e Nicolò de ' Lapi , pubblicato nel 1841 . Nella Piazza di San Fedele evvi 1' albergo della Bella Venezia . Nel mezzo di essa sorgeva la casa Sannazzari , edificata in sullo scorcio del passato secolo dall ' architetto Piermarini , la quale conteneva ricchi musei d ' opere d ' arte , e una rara raccolta di uccelli , preparati dal Volpini . Verso il 1813 divenne proprietà del ministro Prina , e fu quivi che esso fu barbaramente ucciso il 20 aprile 1814 . In quell ' occasione , saccheggiata e guasta , la casa fu poscia del tutto demolita per dare agio maggiore alla chiesa . Palazzo del Marino . Tomaso Marini , genovese , venne a Milano verso il 1525 , e avendo presi , unitamente ad un suo concittadino Grimaldi , tutti gli appalti e dazi della città , ammassò in pochi anni una ricchezza sorprendente . Divenuto signore , ed in seguito duca di Terranuova , pensò a formarsi una magnifica abitazione , dove si tenevano le Finanze , dandone l ' incarico all ' architetto Galeazzo Alessi , perugino , che nel 1555 disegnò questo palazzo isolato con profusione grandissima di ornamenti . L ' edificio non venne terminato , vuolsi dalla tradizione popolare , perchè il Fisco andò al possesso di tutto il patrimonio del Marini , accusato di aver ucciso per gelosia la propria moglie nella sua villa di Gaggiano . Pare piuttosto che la confisca provenisse dai debiti verso lo Stato , cagionati dalla matta amministrazione di quell ' uomo . Nel 1682 fu venduto per ottanta - mila lire agli Omodei ; quella famiglia lo rivendette a Maria Teresa . Dopo aver servito a parecchi usi , specialmente per Uffici dipendenti dalla R . Finanza , vi si insediava nel 1861 il Municipio , che ne diveniva proprietario . La facciata verso la Piazza di San Fedele è la sola compiuta ; essa è di tre ordini di architettura , dorico , jonico e composito : è veramente imponente . Magnifico è anche il cortile . Vi si conserva una gran sala con pitture di Giovanni da Monte e di Ottavio Semini , del quale ultimo è la medaglia della vôlta , Psiche condotta al cospetto di Giove . L ' affresco del da Monte , il Ratto delle Sabine , andò perduto . Chiesa di San Giovanni . - - Presso il palazzo del Marino evvi la chiesa di San Giovanni alle Case Rotte , disegno di Francesco Richini , costruita sull ' area dell ' antica chiesa di Sant ' Anastasia , consumata dal fuoco nel 1728 . Non presenta senta nulla di rimarchevole , eccetto due dipinti , 1' uno del Giudici , e del Del Cairo l ' altro . Palazzo Comunale . - - Limitrofo alla chiesa evvi un palazzo , ora pur proprietà del Municipio e sede di Uffici civici . In questa linea erano le case di Guido della Torre , capitano perpetuo del popolo , guaste nell ' anno 1311 dalla fazione Ghibellina ; e perciò tanto la chiesa di San Giovanni come questo palazzo diconsi alle Case Rotte da quelle rovine . Palazzo Leoni . Nella via degli Omenoni evvi la casa Besana , già di Leone - Leoni , aretino , famoso scultore ed architetto del secolo XVI , il quale la ornò di varie sculture di sua mano . Le cariatidi , scolpite dal Vairone , tengono molto della scuola di Michelangelo . Palazzo Belgiojoso . Qui presso è la Piazza Belgiojoso nella quale è degno di osservazione il palazzo principesco di quella famiglia , eretto nel 1777 su disegno dell ' architetto Piermarini . Contiene nell ' interno pitture di Martino Knoller e Albertolli , e stucchi di Gerli . In questo palazzo abitò il maresciallo Brune . In angolo alla piazza Belgiojoso e la via del Morone è la casa di Alessandro Manzoni . Monte di Pietà . Il Monte di Pietà , destinato a provvedere con pronte sovvenzioni in denaro ai pressanti bisogni dell ' indigenza , ed a sottrarre la medesima dalle rovinoso estorsioni dell ' usura , venne fondato dalla liberalità dei cittadini , eccitata dalle prediche del francescano Domenico Ponzone nell ' anno 1490 , con approvazione e con sussidi di Lodovico Maria Sforza , detto il Moro , settimo duca di Milano . La primitiva sede era in via Santa Maria Segreta . Venne sempre più arricchito con altre pie disposizioni , non che colle generose elargizioni di Maria Teresa e di Giuseppe II . Nel 1783 fu trasferito ove trovasi al presente , in edificio eretto dall ' architetto Piermarini nell ' area sulla quale surgevano i soppressi conventi di monache dell ' ordine di Sant ' Agostino e di Santa Chiara . Nel 1796 , per varie vicende , essendosi quasi annientato , fu chiuso ; e quindi nel 1804 riaperto . Il 20 giugno 1810 ebbe un nuovo regolamento , e venne infine riordinato , secondo il bisogno dei tempi progrediti , in questi ultimi anni . Palazzo della Cassa di Risparmio . Nell ' area , ove esisteva in via Monte di Pietà il palazzo disegno del Piermarini , da ultimo sede dell ' Intendenza Militare , eretto ove già erano il convento e la chiesa delle monache cappuccine di Santa Barbara soppresse nel 1782 , a spese dell ' Amministrazione della Cassa di Risparmio si è innalzato un grandioso palazzo isolato , di - segno dell ' architetto Balzaretti , imitazione del palazzo Strozzi di Firenze . Sarà la sede della Cassa di Risparmio . Comando Militare . In via di Brera è il Comando Militare ; era già palazzo appartenente alla famiglia Cusani . E ’ di stile barocco , architettato dal Ruggeri , che vi aveva finto alla base una montagna su cui posasse lo Stiliobate ; ora i rocchi ne furono scarpellati . Il Piermarini disegnò la facciata verso il giardino . Degne di essere osservate sono le stanze , ricche di stucchi e di pitture . Palazzo di belle arti , o di Brera . Già casa degli Umiliati , indi dei Gesuiti ; attualmente vi hanno sede i principali rami delle scienze e delle arti . Questo palazzo è uno dei più grandiosi ed imponenti edifici della città nostra . - Il disegno originale devesi all ' architetto Francesco Richini ; il Piermarini vi aggiunse la maestosa porta con colonne doriche , dando termine alla facciata . Nella magnifica corte quadrangolare , circondata da doppio ordine di portici sostenuti da doppie colonne , vedonsi le statue di uomini distinti per dottrina , e quella in bronzo di Napoleone I al centro , dovuta al Canova . Grandioso è lo scalone a doppie andate colle statue di Beccaria e di Parini . Il palazzo contiene : L ' Istituto lombardo di scienze , lettere ed arti , sorto l ' anno 1802 , la cui missione è di raccogliere le utili scoperte e di eccitare al perfezionamento di tutti gli studi ; componesi di due classi di scienze matematiche e naturali , cioè , di lettere , scienze morali e politiche . L ' Accademia di Belle Arti , fondata da Maria Teresa nel 1776 , progressivamente ordinata ed ampliata , e pur da ultimo con decreto reale 3 settembre 1859 . Conta attualmente un Corpo accademico composto di venti accademici oltre il Presidente ed i professori delle varie scuole con voto deliberativo , che formano il Consiglio ; e di un numero indeterminato di soci onorari senza voto . La Biblioteca , istituita nel 1770 da Maria Teresa , possiede tal numero di manoscritti e tale quantità di opere di vario genere e rare edizioni e manoscritti e corali da potersi ritenere fra le distinte d ' Italia . Venne formata colla libreria dei Gesuiti e della famiglia Pertusati , coi libri di Haller , colla ricca collezione donata dal cardinale Durini e dal conte di Firmiam , ecc . , ecc . Il Gabinetto numismatico contiene tutte le classificazioni appartenenti alla numismatica antica e moderna , e possiede una biblioteca propria di opere relative alla scienza . Venne fondata nel 1803 . L ' Osservatorio astronomico innalzato dai Gesuiti nell ' anno 1766 , sotto la direzione del padre Boscovich . Il Gabinetto tecnologico , ricco di una collezione di macchine , modelli e disegni , destinato specialmente all ' istruzione degli artieri . Il Museo patrio d ' archeologia , istituito nel 1862 per la raccolta e conservazione dei monumenti patri dello Stato , del Municipio e di quelli offerti dai privati . La Cimelioteca , in cui sono raccolti cimelii scientifici , manoscritti , ecc . di Alessandro Volta . L ' Ateneo , composto di 60 membri effettivi domiciliati in Milano e di un numero illimitato di soci corrispondenti nazionali e stranieri . La Pinacoteca ( * ) , nei cui corridoi a mano manca sono raccolti gli affreschi di Bernardino Luini e della sua scuola , e nelle sale quadri di G . C . Procaccini , del Tiziano , del Salmeggia , di Wan - Dik , di Paride Bordone , del Guercino , di Rubens , del Domenichino , dell ' Albano , di Gaudenzio Ferrari , dei Caraccio , di Daniele Crespi , dei Campi , di Benvenuto da Garofolo , del Tintoretto , di Paolo Veronese , del Moretto , di Giacomo Palma , di Stefano di Ferrara , di Carlo Crivelli , del Mantegna , di Bellino Gentile , di Nicola Pisano , di Bernardino Marchesi , del Cima da Conegliano , di Giovanni Sanzio padre di Rafaello , di Van - Thielen , del Morillo , di Guido , di G . B . Moroni , di Lorenzo Costa , del Francia , di Vittore Carpaccio , di Cesare da Sesto , di Rafaello , e moltissimi altri di tutte le scuole , e dei primi tempi della pittura , di cui puossi trovare particolareggiato cenno nelle apposite guide . A destra le sale che servono all ' esposizione degli annuali concorsi di pittura , di scultura ed architettura , e contengono oltre due copie del Cenacolo , i quadri che riportarono il primo premio ai concorsi generali . In questo palazzo abitarono 1' abate Giuseppe Panini e l ' astronomo Barnaba Oriani . Il primo morì il 15 agosto 1799 , ed il secondo il 12 novembre 1832 , come lo indicano le due iscrizioni poste sulla facciata del palazzo verso la Piazzetta . ( * ) Vi si può accedere tutti i giorni dal 5 novembre al 20 aprile dalle ore 9 antimeridiane alle 3 pomeridiane : dal 21 aprile al 4 novembre dalle ore 9 alle 4 . Chiesa di San Marco . - - Nella Piazza omonima sorge il tempio di San Marco . Venne nell ' area di antichissima chiesa ricostruito nel 1254 in istile gotico con fregi in cotto , finestre a sesto acuto ; soltanto la facciata presenta ancora l ' idea di sua origine vetusta . Vuolsi rifabbricato per voto dei milanesi , e dedicato a San Marco in riconoscenza di servigi ricevuti dai Veneziani . L ' interno è . decoroso , di forma moderna con tre navi , ed è . a croce latina ; fu rimodernato nel secolo XVI . Possiede pitture del G . P . Lomazzo , del Conca , di A . Campi , di G . C . Procaccini , del Cerano , del Genovesino , ecc . ; e diversi monumenti sepolcrali , segnatamente quello di Lanfranco Settala , primo generale degli Agostiniani , morto nel 1264 , e vuolsi lavoro di Balduccio da Pisa . Casa d ' Industria . L ' annesso vasto monastero degli Agostiniani , padri soppressi nel 1797 , servì di caserma militare prima e dopo la Re - pubblica Cisalpina , ora ai soldati francesi , ora ai Polacchi , ora ai Cisalpini e Italiani . -1127 luglio 1815 vi venne aperto dal governo la Pia Casa d ' Industria e Ricovero pei poveri , e nel 1868 , per cura del Municipio , anche il Ricovero di Mendicità . Bagni pubblici . Stabilimento in costruzione in via Castelfidardo . Racchiude vasche comuni pei nuoto non troppo felicemente ideate . Linea C . ( Colore terraceo . Barriera Principe Umberto ) . MONUMENTI . EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Monumento Cavour . Istituto tecnico superiore . Palazzo Taverna . Palazzo Melzi d ' Eril . della R . Zecca . Regia Casa di Pena . Barriera . Stazione Centrale . CHIESE . San Bartolomeo . ALBERGHI . Cavour . Manin . Firenze . Percorrendo la linea dalla Piazza del Duomo alla barriera Principe Umberto devesi fare attenzione al palazzo in angolo tra la via Monte Napoleone e la via Sant ' Andrea . Era quivi l ' antica casa Marliani , di architettura bramantesca , ridotta alla moderna costruzione dall ' architetto Piermarini . Fu sede questo palazzo del Monte Camerale di Santa Teresa , specie di Debito Pubblico , istituito da Maria Teresa con un primo decreto 18 dicembre 1755 ; quindi del Monte Napoleone , fondato nel 1804 da Bonaparte allo scopo di consolidare e redimere il debito . Dopo il 1814 , gli Austriaci vi insediarono il Monte Lombardo - Veneto , che , nel 1864 , il governo italiano tramutò in Debito Pubblico . Di contro a questo palazzo è la casa portante il num . 23 , di proprietà della famiglia Verri , ed ove abitarono Pietro Verri , lo storico ed economista , ed i suoi fratelli Alessandro , autore delle Notti Romane , e Carlo , scrittore in agronomia . È rimarchevole anche la casa Vidiserti n . 37; ivi il 18 marzo 1848 si raccolsero i capi della insurrezione di Milano contro gli Austriaci . Apposite iscrizioni indicano poi ove abitarono e morirono gli scrittori e poeti Carlo Porta e Tomaso Grossi . Nella vicina via dei Bigli è l ' antico palazzo dei conti Taverna , ora del sig . Andrea Ponti , che si vuole architettura dalla scuola del Bramante ; la facciata venne restaurata non sono molti anni . Ammirabili le pitture nel cortile ; esse appartengono alla scuola del Luini . Nella vicina casa , pure Taverna , mentre il popolo milanese combatteva nelle cinque giornate del marzo 1848 , il Comitato centrale dell ' insurrezione respingeva l ' armistizio offerto dal generale Radetzki , e si costituiva in Governo Provvisorio . La famiglia Taverna ha un bel palazzo anche nella via Monte Napoleone . Piazza Cavour . Così chiamata pel monumento innalzato dal Municipio di Milano al grande ministro Camillo Benso conte di Cavour , che vedesi nel mezzo di essa Piazza . La inaugurazione del monumento avvenne la prima domenica di giugno dell ' anno 1865 . La statua di Cavour fu modellata da Edoardo Tabacchi , quella di Clio , che le sta ai piedi in atto di scrivere , da Antonio Tantardini . La fusione in bronzo delle medesime fu eseguita dal Papi di Firenze . In Piazza Cavour abbiamo di rimarchevole 1' Istituto Tecnico Superiore . Creato colla legge 13 novembre 1859 , ebbe principio di attuazione pel reale decreto 13 novembre 1862 . L ' edificio attuale , ricostruito con moderna architettura sotto il Regno Italico con disegno dell ' architetto Pietro Pestagalli , servì a parecchi usi , che non è ufficio nostro qui rammentare . Dalla Piazza Cavour si può anche avere accesso al Civico Museo , un cui ingresso trovasi nella via Manin . In questa Piazza vi è da visitare Io studio dello scultore cav . Pietro Magni , il quale sta eseguendo il gran monumento a Leonardo da Vinci , che dovrà sorgere nel mezzo di Piazza della Scala . Intorno al piedestallo del medesimo , saranno le statue degli scolari del fondatore della scuola lombarda : Salaino , Boltrafiio , Marco d ' Oggionno e Cesare da Sesto . Abbiamo pur quivi l ' Albergo Cavour . Percorrendo la via Manin è degno di osservazione il palazzo ducale Melzi di Eril , che fu abitazione di Francesco Melzi d ' Eril , vice - presidente della Repubblica Italiana , e vi morì il 16 gennaio 1816 nella età di 63 anni . In questa via è 1' albergo Manin con eccellente servizio di trattoria alla carta e a pasto . Volgendo nella via Moscova devesi visitare la Regia Zecca . Questo stabilimento monetario è stato eretto nel 1778 , ed è in moltissima considerazione , tanto per la quantità , delle macchine che servono alla fabbricazione delle monete , quanto per l ' ottimo sistema che si è introdotto , e per la scelta degli artefici ed operatori d ' ogni genere . Fu in questo stesso stabilimento che si illustrarono il cav . Morosi e il bolognese Luigi Manfredini . Prima dell ' anno 1778 la Zecca era situata nella via omonima presso San Sepolcro , e vi ò riconosciuta in quel luogo fin dal 872 , Poco lontano dalla Zecca vi è la nuova chiesa di San Bartolomeo , cominciata nel 1867 . Il disegno è dell ' architetto Maurizio Garavaglia , il quale nell ' interno si attenne alla demolita chiesa di Santa Marta , che era nella Piazza omonima , ed architettata da Francesco Richini . Nella via Principe Umberto sono degne di osservazione le case Maciacchini , architettura toscana dello stesso Maciacchini , e Calegari , architettura del Jodani . In angolo a questa via e quella Parini vi è l ' albergo Firenze . Trovandosi in questa località devesi visitare la Regia Casa di Pena , che sorge in via Giuseppe Parini . Essa è il primo edificio in Italia , eretto fin dal 1762 per uso carceri a forma penitenziaria ; architetto ne fu Francesco Croce ; ma non fu terminato . Ebbe gli elogi del benefico Howard , e destò 1' ammirazione di nostrali e forestieri . Barriera Principe Umberto . Questa barriera venne inaugurata nell ' autunno 1865 . Fu eseguita su disegno dell ' architetto Balzaretti , del quale sono pure i casini laterali , non che gli spazi a giardino tanto ai lati , quanto lungo la via Panini , e fuori città , per accedere alla stazione ferroviaria . Il re di Portogallo , Luigi Filippo Maria , fu il primo a passarvi . Stazione Centrale . La stazione centrale venne inaugurata il 5 maggio 1864 . Elevasi quasi a livello del bastione a 245 metri fuori della città ; ha una forma planimetrica rettangolare , col maggior lato di metri 233 œ di lunghezza , e poco meno di 78 di larghezza : due fronti , l ' una verso la città , l ' altra verso la campagna , insieme collegate da una gran galleria coperta di 40 metri e mezzo di larghezza . Nella fronte verso la città , trovasi l ’ ingresso e l ' ordinamento del servizio pubblico , nella fronte verso la campagna gli uffici della locale Direzione . Il servizio per le partenze è posto a sinistra di chi accede alla stazione , ed il caffè , squisitamente provveduto d ' ogni genere di trattoria e bottiglieria , è all ' estremo di questo lato . Alla parte opposta sta invece il servizio degli arrivi , e la loggia reale con molta ricchezza costruita . Nelle sale vi sono affreschi grandiosi dei pittori Gerolamo Induno ed Eleuterio Paliano . Linea D . ( Colore violaceo Porta Tenaglia ) . MONUMENTI , EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Foro Bonaparte . Castello . Piazza d ' Armi . Arena . Arco del Sempione . Il Tivoli . L ' Eco della Simonetta . CHIESE . Santa Maria della Consolazione . TEATRI . Circhi pel popolo . ALBERGHI ( * ) . Foro Bonaparte . Sull ' area delle demolite fortificazioni del Castello , dal lato di mezzodì , dall ' architetto Canonica disponevasi a pubblico passeggio la Piazza denominata quindi Foro Bonaparte , con svariati campi e zolle , e ben disposti viali ornati d ' alberi che gli Austriaci , me - mori delle cinque giornate del marzo 1848 , al loro ritorno nell ' agosto di quello stesso anno , fecero abbattere . L ' attuale ordinamento del Foro Bonaparte devesi alla Giunta Municipale , che dal 1864 vi continua a fare abbellimenti , su disegno dell ' ingegnere architetto cav . Agostino Nazari . Castello . Il Castello , detto anticamente la Fortezza di Porta Giovia , venne innalzato nel 1358 da Galeazzo II Visconti , con architettura militare di quei tempi . La fabbrica fu terminata nel 1368 . Essa doveva tenere in freno gli amatissimi sudditi . Morto Galeazzo , ad istanza dei cittadini , venne demolito . Se non che succeduto il figlio di lui Giovanni Galeazzo conte di Virtù , dopo l ' usurpazione dello Stato ( * ) In questa linea non vi sono che alberghi ed osterie secondarie . Milanese , non tardò a farne rifabbricare un altro di maggiore robustezza , e vi fissò poi la sua stanza , e qui nasceva il di lui figlio secondogenito Filippo Maria , in cui dovevasi spegnere la linea dominatrice dei Visconti . Così stette fino al 1447 , quando , morto quest ' ultimo duca , i Milanesi , proclamata 1' Aurea libertà ambrosiana , credettero necessario spianare quel forte per togliersene di dosso la soggezione . Ma anche questa volta si trovò subito chi lo rifacesse , e fu Francesco Sforza , quando con nessun diritto , ma colla più efficace delle ragioni , la spada , acquistò Milano , e ne corroborò tutti i punti . La nuova fortezza sorse in forma di un gran quadrato con alte mura cinte da fossato , e con vigorosi torrioni agli angoli rivolti verso la città , e di tale altezza elle le palle ad un bisogno potessero da essi volare in mezzo della città , stessa . Le diede vie coperte , oscure prigioni , cameroni pei militi , stanze col trabocchetto , ingressi muniti di alte torri con grande cortile interno quadrilungo , con rocchetto centrale per tenere , quando bisognasse , in freno lo stesso Castello , e per racchiudervi il tesoro . In questo quadrato era compreso il palazzo ducale , di cui si ponno mirare gli avanzi . Un fulmine , scoppiato ai 28 giugno 1521 nella polveriera , mandava in conquasso grande parte dell ' edificio , che fu ristaurato sotto i regni di Carlo V e Filippo II , e ridotto nelle più recenti regole militari , coronato di sei baluardi , cortine , fossi , strade coperte , mura fortissime , ecc . Salvo alcuni miglioramenti fatti nel 1734 durò la fortezza in quello stato sino al 1500 . Sostenne otto assedi . Con legge 30 nevoso , anno nono repubblicano , fu decretata dal Governo Cisalpino la demolizione della fortezza e 1' erezione del Foro Bonaparte , nel quale dovevano essere raccolti stabilimenti per le assemblee del popolo , per le arti , per le scienze , pel commercio e pel soldato emerito , ed innalzato , nel luogo il più insigne , un grandioso monumento , che tramandasse alla posterità le gloriose gesta degli eserciti francesi in Italia . Il progetto relativo al Foro Bonaparte era dall ' architetto Giovanni Antolini presentato al Governo il 25 frimale del suddetto anno . La prima pietra fu posta con gran solennità il 30 aprile 1801 , presso lo sbocco della via Cusani . Ma caduta la Repubblica Cisalpina non si pensò più alla costruzione del Foro Bonaparte . Il Castello , rimasto dall ' antica fortezza , venne ad avere parecchie migliorie , la più importante , verso la Piazza d ' anni , devesi all ' ingegnere militare colonnello Rossi sotto il Regno italico . I due torrioni di solide bugne agli angoli verso la città , furono mozzati dal popolo nel 1548 . Nel 1862 l ' attuale Governo demolì alcune opere forti fiancheggianti quei torrioni , e vi costrusse da un lato l ' elegante edificio gotico che serve a scuola di equitazione . Chiesa di Santa Maria . La chiesa di Santa Maria della Consolazione , detta del Castello , già convento degli Agostiniani , soppressi nel 1769 , fu fondata , secondo alcuni , dal duca Galeazzo Maria Visconti , e giusta l ' opinione di altri , da Giovanni Galeazzo . Fu dappoi , con disegno dell ' architetto Gio . Battista Chiappa , rimodernata . Contiene pitture di Camillo Procaccini , di Daniele Crespi , di Gaudenzio Ferrari e di altri . Piazza d ' Armi . Lo spazio dal lato di tra - montana del Castello nell ' anno 1806 venne ridotto a piazza per militari esercizi , d ' onde la denominazione di Piazza d ' armi . Ha la lunghezza di metri 549.93 , la larghezza di metri 654 . 43 . Qui presso evvi il bersaglio militare , della Guardia nazionale e della Società dei Carabinieri milanesi . In questa Piazza , specialmente durante il primo Regno d ' Italia , si sono fatte di molte feste popolari . L ' Arena . Questo grandioso edificio ò uno dei più insigni che si eressero sotto il Governo italico per accrescere il decoro e lo splendore della città di Milano , che mancava di un monumento di questo genere . Esso ha la forma di un elissi col maggior asse di 240 metri sopra 120; venne disegnato dall ' architetto Canonica ad imitazione del Circo di Caracalla , e può conte - nere 30,000 spettatori . Fu incominciato nel 1805 , e alla sua costruzione si impiegarono le pietre del demolito castello , ed alla fronte delle carceri gli avanzi del castello di Trezzo . Imponente è il Pulvinare , posto verso il mezzogiorno , non che la porta principale . Serve ai pubblici spettacoli di corse di cavalli e di bighe , ed ai giuochi ginnastici e pirotecnici , ed è atto altresì a divertimenti di naumachia , avendovi il comodo di riempire tutta l ' Arena col rigagnolo scorrente tra il podio e l ' Arena stessa . Nell ' inverno serve al divertimento del pattinaggio . Venne il giorno 17 dicembre 1807 inaugurato con un grande spettacolo di naumachia , presente 1' imperatore Napoleone . Arco del Sempione . L ' architetto Luigi Caguola , avendo per le nozze del vicerè Eugenio , nel 1806 , alzato a Porta Orientale un arco di legno e tela con stile classico e pretto , il Consiglio Municipale decretò fosse eseguito di marmo bianco a capo della strada del Sempione , adoperandovi i 200 mila franchi che Napoleone aveva assegnati alla città per spese di ornamento pubblico . L ' autunno del 1807 se ne gettarono le fondamenta , e al 1814 erasi all ' imposta delle due arcate minori . Il 19 aprile di quell ' anno se ne sospendevano i lavori per la caduta del Regno d ' Italia . Francesco I , per istanza della Congregazione centrale , che implorò di impiegare nella costruzione i crediti che le provincie avevano per somministrazioni fatte agli eserciti Austriaci , supplendo nel resto lo Stato , autorizzò il proseguimento di quei lavori , che , ripigliati nel 1816 , terminarono nel 1838 . Dovevano fregiarlo la statua della Vittoria , in ricordo della battaglia di Jena , e i fasti napoleonici . Il Governo austriaco volle che portasse la statua della Pace , e i fatti che precedettero quella pace sciagurata . Il monumento componesi di un arco grandissimo fiancheggiato da due minori , il tutto sormontato da un attico . E adorno di colonne monoliti di marmo di Crevola , e lo fregiano molti bassorilievi di G . Monti , di Cacciatori , di C . Pacetti , di C . Monti , di Rusca , di Acquisti , di Perabò , di Marchesi , di Somaini , ed ornamenti e statue di squisito lavoro . La sestiga colossale , modellata da A . Sangiorgio , venne fusa in bronzo dal Manfredini , come pure le quattro Fame modellate dal Putti bolognese . I due casini laterali di granito rosso sono di maestosa semplicità dorica . L ' arco è praticabile nell ' interno ; comoda scala conduce alla sommità , dalla quale si gode la vista di stupendi panorami , e si porno ammirare da presso la sestiga e le statue . La spesa . per salire è tenuissirna . Sotto questo monumento , il giorno 8 giugno 1859 , entravano l ' imperatore Napoleone III e re Vittorio Emanuele , vincitori nei campi di Palestro e di Magenta . A perpetuare sì felice avvenimento vennero , il 18 marzo 1860 , cancellate al sommo dell ' Arco le impronte servili , e poste le seguenti epigrafi : ( verso la campagna ) ENTRANDO CON L ' ARMI GLORIOSE NAPOLEONE III E VITTORIO EMANUELE II LIBERATORI MILANO ESULTANTE CANCELLÒ DA QUESTI MARMI LE IMPRONTE SERVILI E VI SCRISSE L ' INDIPENDENZA D ' ITALIA MDCCCLIX ( verso la città ) ALLE SPERANZE DEL REGNO ITALICO AUSPICE NAPOLEONE I I MILANESI DEDICARONO L ' ANNO MDCCCVII E FRANCATI DA SERVITÙ FELICEMENTE RESTITUIRONO MDCCCLIX Questo Arco doveva formare il principio della magnifica strada , che congiungeva Milano colla sommità del Sempione , opera delle più dispendiose e difficili che siensi intraprese sotto il Governo italico . La lunghezza della strada da Gabio , confine in allora del Regno , sino a Soma è di metri 106 , 586 . Da Soma a Milano , continuata dal Governo austriaco , metri 51,000 . Il Tivoli . Di fianco all ' Arena avvi uno spazio di terreno che la Giunta Municipale sta ordinando per luogo di sollazzi popolari , denominandolo il Tivoli . La Porta Tenaglia , che è qui presso , è una delle più vecchie , e reclama dal Municipio urgente ricostruzione . Non molto lungi fuori di questa Porta , evvi un palazzo denominato la Simonetta , da un già suo proprietario , celebre per la singolarità di un Eco che , allo scoppio di un ' arme da fuoco , al getto di un grido , si fa udire in un angolo del cortile , aperto da un lato , e viene ripetuto distintamente più di trenta volte , finchè , scemando , di mano in mano si perde . Crediamo abbia il primato sull ' Eco del Battisterio di Pisa . Ciò che di questo fabbricato rimane , dimostra bastantemente quello che doveva essere di magnifico a ' suoi tempi . Sulla costruzione di esso , la malignità , che non ha sempre torto , disse che fu eretto dagli appaltatori dei bastioni , e regalato poi a don Ferrante Gonzaga per gratitudine di avere questo governatore chiuso gli occhi sul prezzo e sul modo onde quell ' opera fu eseguita . Per avere accesso nel palazzo si deve pagare una tassa di centesimi 50 . Linea E . ( Colore giallo . Porta Magenta ) . MONUMENTI , EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Palazzo del Bollo . Litta . Orfanotrofio femminile . CHIESE . Santa Maria Segreta . San Nazaro Pietra Santa . Santa Maria alla Porta . Monastero Maggiore . Le Grazie . ALBERGHI . Beccaccia . Nella linea dalla Piazza del Duomo alla Porta Magenta havvi il palazzo , sede degli uffici del Bollo e di altri delle regie Finanze , eretto al Bocchetto , ove esisteva il monastero colla chiesa di Sant ' Ulderico , vescovo di Augusta , soppresso nel 1787 : offre poco di rimarchevole . Si disse questa località del Bocchetto da uno sbocco di condotto d ' acqua o piscina , costruito ivi presso . Chiesa di Santa Maria Segreta . Di questo tempio si fa menzione fin dal secolo XI come fondato da donna di famiglia cospicua . Nel seco - lo XVIII fu ridotto alla odierna forma su disegno dell ' architetto Giulio Galliori . In materia d ' arte , nella chiesa , altro non si ravvisa di interessante che un quadro del Panfilo rappresentante la Vergine col Bambino , e l ' altare maggiore , costrutto di fini marmi e di bronzi dorati su disegno del prof . Giuseppe Levati . Chiesa di San Nazaro Pietrasanta . E questa chiesuola molto elegante : l ' altare maggiore è dell ' architetto Zanoja ; possiede pitture di Cesare Procaccini , Aurelio Luini , Ridolfo Cunio , scolare del Cerano . Questo tempio fu detto di Pietra santa , secondo una tradizione , da un cippo di marmo africano , sul quale inginocchiossi il vescovo Ambrogio , implorando la sconfitta degli Ariani . Santa Maria alla Porta . Questa chiesa fu così detta perché già presso la porta Giovia e le mura fabbricate dall ' imperatore Massimiano Erculeo ; lo che dimostra la sua antichità . La vecchia chiesa fu rifabbricata nel 1652 su disegno di Francesco Richini per ordine di Benedetto Aresi . Sulla bella facciata , restaurata alcuni anni or sono , vedesi un basso rilievo in marmo rappresentante l ' incoronazione della Madonna , eseguito da Carlo Simonetta . Nell ' interno vi è una statua del Simonetta stesso , e parecchie pitture di Marco d ' Oggionno , di Camillo Procaccini , del Lomazzo . Monastero Maggiore . Molti pretendono che in origine qui fosse il tempio di Giove , e che le quattro belle colonne di porfido che sostengono la tribuna dell ' altare maggiore in Sant ' Ambrogio si trovassero in quell ' edificio . Diverse sono le opinioni sopra 1' epoca della fondazione del monastero : alcuni l ' attribuiscono a San Martino nel IV secolo ; tutti però si accordano nell ' ammetterlo ampliato da Ottone imperatore nel X secolo . La chiesa , già dedicata alla Madonna , venne nel secolo XII intitolata a San Maurizio . Fu già quell ' edificio , sino al 1799 , chiostro di Benedettine , e venne chiamato Maggiore , sia per copia di privilegi che per numero di monache . Si pretende che Barbarossa , prescrivendo il diroccamento di Milano , ordinasse di rispettare il Monastero Maggiore , la basilica di Sant ' Ambrogio e la cattedrale . La chiesa attuale col monastero ( ora sede di scuole comunali ) fu costrutta col disegno dell ' architetto Giovan Giacomo Dolcebono , pavese , scolaro di Bramante . La facciata è tutta di marmo , condotta con isquisito gusto dal milanese Francesco Pirovano . L ' interno della chiesa è una vera galleria di Scuola Lombarda ; vi primeggiano affreschi di Bernardino Luini , di Calisto Piazza da Lodi , di Pietro Gnocchi , di Lomazzo , Ferrari , e di - pinti di Antonio Campi . In questa chiesa leggonsi due iscrizioni sepolcrali , le quali ricordano d ' essere stati ivi sepolti , nell ' anno 1532 , Alessandro Bentivoglio , signore di Bologna , scacciato da papa Giulio II , e nel 1545 Ginevra Bentivoglio , moglie di Giovanni Carretto marchese di Finale . Il fianco di levante della chiesa venne deturpato nei secoli decorsi coll ' addossamento di case ; rimasto di nuovo scoperto per I ' apertura della via Bernardino Luini , si va a ristaurare in pietra e - laterizi su disegno del pittore Angelo Colla . Nello stesso fianco di levante , presso la via Ansporto , scorgesi una torre quadrata a diversi piani , innalzata ai tempi di Massimiano :.una porta a lato della medesima , con colonne di marmo antico isolate , deve aver servito di comunicazione al Circo romano , che esisteva nella vicinanza . Presso questa torre avvene altra rotonda , divisa in tre piani , e che vedesi da tergo al tempio . E opera , coll ' unito avanzo di antiche mura , dell ' arcivescovo Ansperto , il quale l ' avrebbe fatta costruire a difesa del monastero . La parte terrena si crede aver servito di carcere ad alcuni martiri milanesi , fra cui Gervaso , Protaso , Vittore , Naborre e Felice . Palazzo Litta . Questo palazzo fu fatto in - cominciare dal conte Bartolomeo Arese , presi - dente del Senato al tempo di Filippo IV di Spagna , sul disegno di Francesco Richini , e terminato in seguito dai successori di lui . Presenta una facciata maestosa e ricca di marmi ; l ' in - terno è decorato di grandiosi vestiboli e portici in giro sostenuti da colonne ; lo scalone magni - fico di marmo , che vi fu aggiunto posteriormente , è opera di Carlo Giuseppe Merli . E ricco pure di sontuose stanze , di un bel giardino e annessa cavallerizza . Morto l ' Arese , passò il palazzo al conte Giulio Visconti , nipote suo , ed ultimo vicerè di Napoli per Carlo VI ; da questi pervenne per eredità alla famiglia Litta - Visconti - Arese . Orfanotrofio femminile . Nel Corso Magenta evvi anche l ' Orfanotrofio femminile . Fino dal decimosesto secolo si pensò a sopprimere in Milano la mendicità , ed in questo luogo , denominato di Santa Maria della Stella , già convento di Benedettine , stabilì San Carlo Borromeo uno specale pei mendicanti . Creato arcivescovo di Milano , il cardinale Federico Borromeo fece costruire da Fabio Mangone solida e semplice fabbrica per applicarla al ricovero degli orfani d ' ambo i sessi , la quale venne poi destinata a beneficio delle sole femmine . Le orfane si ammettono dai 7 ai 12 anni , senz ' obbligo di speciale corredo ; devono appartenere a famiglie povere di Milano , aventi costì il decennale domicilio ; sono preferite quelle che hanno perduti entrambi i genitori . Alcune piazze sono di patronato privato . Il fabbricato venne ristaurato or non sono molti anni . Chiesa di Santa Maria delle Grazie . Questa chiesa fu fabbricata nel luogo ove esisteva - no i quartieri delle milizie del duca Francesco I Sforza , sotto il comando del generale conte Gaspare Vimercati , il quale , nel 1463 , donò ai Domenicani il fondo ed unitovi santuario con effigie della Madonna molto in venerazione , a patto che fabbricassero un tempio grandioso ed un convento . Lodovico il Moro e Beatrice sua moglie , nel 1492 , presero ad ingrandire la chiesa medesima in forma di croce latina ; ma per le vicende di lui rimase l ' opera imperfetta . I fini lavori di cotto , gli stemmi , le medaglie e gli emblemi che veggonsi esteriormente nella parte del coro , dimostrano quanto Lodovico si studiasse di renderla elegante . La facciata è semplice , di gotica architettura , e non presenta di osservabile che il piccolo pronao alla porta maggiore , ornato di medaglie e sostenuto da due colonne del miglior gusto del rimanente . L ' interno della chiesa è a tre navi di gotica architettura sino al presbiterio ; la grandiosa cupola , l ' ampio coro e le cappelle semicircolari nei lati sono disegno del Bramante , al quale Lodovico ordinò la costruzione tanto di quelle opere , quanto della grandiosa sacrestia e del chiostro contiguo . Questo tempio contiene pregevoli pitture di P . d ' Adda , Gaudenzio Ferrari , Francesco Vicentini , Gio . Batt . Secchi , Semini , G . Nuvolone , B . Zenale , ecc . ecc . Nel refettorio del monastero esiste ancora la famosa pittura di Leonardo da Vinci , Il Cenacolo . E ’ soverchio descrivere questa meraviglia dell ' arte , da tutta Europa conosciuta , e la quale Francesco I di Francia , nel 1520 , avrebbe voluto trasportare a Parigi . Deperita quella pittura , venne mirabilmente restaurata da F . Barezzi nel 1856 ( * ) . In questo stesso refettorio trovasi altro dipinto a fresco , La Crocifissione , con moltissime figure e colla veduta di Gerusalemme , lavoro eseguito da Giovanni Donato Montorfano milanese nell ' anno 1495 . Mentre Leonardo da Vinci dipingeva quel Cenacolo abitavasene nella vicina casa al numero 67 , contraddistinta in oggi al di fuori da medaglie scolpite da Pompeo Marchesi , ed ivi in una sala terrena eseguiva i quattordici ritratti sforzeschi . Nel convento di questa chiesa era stabilito il Tribunale di Sant ' Ufficio , trasportatovi nel 1559 da Sant ' Eustorgio , e vi esistette fino alla totale sua.abolizione avvenuta nel 1769 . I monaci furono soppressi il 7 marzo 1797 , e l ' edificio mutato in caserma . ( * ) Nel palazzo di Brera evvi una copia di quest ' opera rara , fatta dal pittore Giuseppe Bossi per allogazione del Governo Italico . Poco distante dalla Piazza delle Grazie eravi la Casa di Correzione , stata innalzata verso il 1764 , quando si cessò di vendere ai Veneziani i condannati alle , galere , che venivano poi spediti in Levante . Furono in seguito i condannati concentrati nell ' edificio in via Appiani . Porta Magenta . Questa porta era dedicata a Venere , forse per l ' amenità e piacevolezza del luogo . Era già chiamata Vercellina , perchè da essa si va direttamente a Vercelli ; indi Magenta in memoria della battaglia combattuta in quel borgo il 4 giugno 1859 , che portò la libertà a Milano . Dalla porta stessa entrò nel 1805 Napoleone I , che veniva a Milano a cingere la celebre corona ferrea . Nella casa al numero 9 , nel Corso Magenta , nacque nel 1598 il matematico Bonaventura Cavalieri ; in quella al numero 66 visse , e morì nel 1851 , Francesco Cherubini , e al numero 67 Giovanni Gherardini . Lapidi apposite sulle facciate di queste case ricordano tali fatti . Linea F . ( Colore verde Dalla piazza del Duomo alla Piazza di San Vittore ) . MONUMENTI , EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Biblioteca Ambrosiana . Monumento a Federico Borromeo . Palazzo Borromeo . Caserma San Francesco . Ospedale militare . Pusterla di Sant ' Ambrogio ( avanzi ) . Macello pubblico . Ospedale Fate - bene - fratelli . CHIESE . San Sepolcro . Santa Maria Podone . Sant ' Ambrogio . San Vittore . ALBERGHI . ( In questa linea non vi sono che alberghi e trattorie di secondo ordine ) . Biblioteca Ambrosiana . La Biblioteca Ambrosiana fu fondata e dotata nell ' anno 1602 dal cardinale Federico Borromeo . All ' uopo fece dall ' architetto Fabio Mangone , presso San Sepolcro , costruire apposito edificio , la cui facciata , di ordine dorico , è piccola , ma graziosa ; nel fregio , a caratteri di bronzo , leggesi : biblioteca Ambrosiana . Venne aperta ad uso pubblico nell ' anno 1609 , e detta Ambrosiana , in memoria del vescovo Ambrogio , protettore di Milano . Il cardinale Federico , a renderla una delle prime d ' Italia , spedì a sue spese in varie parti di Oriente e di Occidente uomini dotti per raccogliere libri , manoscritti , stampe , quadri , sculture ed oggetti di scienza e di rarità ; e ne fecero buona mèsse , che andò sempre più accrescendosi col progresso degli anni per donazioni e per lasciti . Circa 120 mila sono i volumi , e 15 mila le opere manoscritte di questa Biblioteca , come pure molti le pitture , le sculture , i disegni , i cartoni e le svariate rarità della storia naturale , delle scienze e delle arti . In essa sono pure riposti una parte del museo Settala ed il medagliere Castiglioni ; una bella raccolta di oggetti antichi nazionali e stranieri , come bronzi , avori , minerali , armi , frecce , ecc . ecc . Vi si vedono parecchie iscrizioni romane del medio evo , alcuni monumenti , fra cui gli avanzi di quello di Gastone da Foix , eseguito dal valente Bambaia , modelli di plastica , ecc . Fra le cose rarissime vi sono : Le Antichità giudaiche di Giuseppe Ebreo , tradotte in latino da Ruffino , su papiro del V secolo ; un Virgilio , con note del Petrarca relative alla sua Laura ; la Cronaca dei Papi , di Martino Polacco ; un Dante in pergamena ; un volume di Leonardo da Vinci ; il Codice Atlantico dei dodici che esistevano , rimasti a Parigi ; alcune lettere del cardinale Bembo a Lucrezia Borgia , con una ciocca dei capelli della medesima . Primeggiano pure l ' originale della Scuola d ' Atene di Raffaello , il cui affresco eseguì a Roma nel Vaticano ; un affresco di B . Luini , rappresentante Gesù coronato di spine , con varie persone in ginocchio , che si credono ritratti dei deputati del Pio Luogo di Santa Corona , cui apparteneva questo locale ed ove ebbe la sua prima origine ( * ) . ( * ) Il Luogo Pio di Santa Corona , fu fondato dal domenicano del convento della Rosa , Stefano Seregni , nel 1497 , o si disse di Santa Corona , in memoria delle spine del Redentore . Unito nel 1786 all ' Ospedale Maggiore , somministra tuttavia a circa trentamila poveri della città soccorso di medici , chirurghi , levatrici e medicinali . Vi sono peregrini lavori del Luini , del Durero , dei Caracci , del Vinci , del Procaccini , del Correggio , del Tiziano , del Giorgione , di Palma il Vecchio , di Andrea del Sarto , di Michelangelo , di Reni , del Guercino , di Giulio Romano , di Bruguel , di Rubens , ecc . , ecc . Ad un membro della famiglia Borromeo , e già al proposto degli Oblati , spetta la prerogativa di Conservatore perpetuo della Biblioteca , mentre gli altri Conservatori sono quinquennali . I bibliotecari formano un Collegio di dottori , più o meno di numero secondo 1' opportunità . In Piazza di San Sepolcro , avanti la facciata del Mangone , venne nel 1865 eretta , a spese di alcuni cittadini , la statua in marmo di Federico Borromeo , eseguita dallo scultore Corti ; nel piedestallo sono incise iscrizioni allusive al fondatore della Ambrosiana , tolte dal libro i Promessi Sposi di Manzoni . Qui presso , nella via omonima , era l ' antichissima Zecca di Milano . Chiesa di San Sepolcro . Questa chiesa è antichissima . Venne innalzata nell ' anno 1030 ad onore della Trinità da un ricco zecchiero , tale Benedetto Rozzone di Cortesella . Se non che un pronipote di Rozzone , reduce dopo il 1099 da Terra Santa , pur per desiderio mostratogli , dall ' arcivescovo in Costantinopoli , pose mano a riedificare la chiesa a somiglianza di quella del Santo Sepolcro di Gerusalemme , assumendo il titolo di San Sepolcro . Nel 1578 fu donata da San Carlo agli Oblati da esso istituiti , e nel 1618 Federico Borromeo riabbellì la chiesa , non rimanendovi della sua prima origine che le due ineguali torri . Sulla porta evvi un bell ’ affresco del Bramantino , rappresentante Cristo morto in seno alla Madre , con San Giovanni e la Maddalena , opera molto lodata dal Vasari e dal Lomazzo . Nell ' interno della chiesa vi sono quadri di Carlo Magatti e di Francesco Nuvolone ; nella sagrestia trovasi una raccolta di varie pitture , fra cui alcune del Luini . Curiose , ma malfatte , sono le statue in plastica che rappresentano due fatti di Gesù Cristo ; al contrario si stimano assai quelle dello Scurolo , rappresentanti un fatto della Vergine , opera del celebre Caradosso Foppa . In questo Scurolo , che pur possiede due affreschi del Luiui , veniva a meditare San Carlo . Chiesa di Santa Maria Podone . Si pretende da alcuni che il fondatore di questa chiesa sia stato un tal Werulfo , detto Podone , soldato di Carlo Magno nel 872; altri però ne attribuiscono la fondazione nel 834 all ' arcivescovo Angilberto Pusterla , lo stesso che fece fabbricare il famoso paliotto che vedremo nella basilica di Sant ' Ambrogio . Nel semicircolo sopra la porta d ' ingresso , scorgesi in un basso rilievo di marmo , intagliata insieme colla Vergine ed il Bambino , l ' effigie del conte Vitaliano Borromeo , il quale , nel 1440 , a proprie spese , fece riparare la chiesa , dotandola di molte ricche suppellettili e di un capitolo di canonici , stato soppresso ; nel 1625 il cardinale Federico la fece ridurre a più moderna architettura da Fabio Mangone tomi facciata d ' ordine composito , decorata con pronao . I Borromei vi collocarono i sepolcri di famiglia , come chiesa di loro juspatronato . Il conte Giberto fece ricostruire l ' antica cappella a destra con pitture ed ornati del Sanquirico onde riporvi il corpo di San Renato , dato in dono alla nobile famiglia da Leone XII . In questa chiesa vi è una buona pittura di Cristoforo Franchi . La statua di rame , colla testa e mani di getto in bronzo , rappresentante San Carlo , che sta nella Piazza , fu fatta eseguire da Federico Borromeo nel 1624 su modello di Dionigi Bussola ; essa trovavisi prima al Cordusio . Venne donata a Giberto Borromeo da Giuseppe II nel 1786 . Palazzo Borromeo . Di contro a Santa Maria Podone è il palazzo della cospicua famiglia Borromeo , il quale conserva ancora la sua antichissima forma gotica . In una sala a pian terterreno evvi un magnifico affresco dell ' antica scuola lombarda , sconosciuto in Milano , ma ricordato e fattone il disegno nella storia della Pittura Italiana del Rosini . Il palazzo contiene altre pitture , e si conserva la camera abitata da San Carlo , ivi nato . Caserma di San Francesco . Ove è la caserma , detta di San Francesco , esisteva una bella chiesa dei Minori Conventuali , la più grande dopo il Duomo , fabbricata sull ' area dell ' antichissima Basilica Naboriana ( * ) verso ( * ) La Basilica Naboriana , innalzata fin dal primo secolo da un tal Filippo Oldano nei suoi orti per seppellirvi i martiri , vuolsi la prima chiesa di Milano . l ' anno 1256 , epoca in cui andò la basilica in possesso di que ' padri . In San Francesco avevano i Corio i loro sepolcri , e vi erano raccolte le spoglie di Bernardino Corio , di Raimondo Torriani , di Frate Buonvicino da Riva , poeta anteriore a Dante , e quella di Francesco Carmagnola , e molte opere d ' arte . Disacrata la chiesa , e soppressi i frati , nel 1798 , venne l ' edificio convertito in Ospedale militare ; quindi vi si posero provvisoriamente gli Orfanelli . Il Governo Italico pensò di erigere in quel luogo una grandiosa caserma , dando incarico del di - segno all ' ingegnere militare , colonnello Rossi . Ricollocati gli Orfanelli in San Pietro in Gessate , se ne cominciarono nel 1813 i lavori , che durarono parecchi anni per le vicende politiche , e non si terminarono che nel 1851 . Può la caserma contenere più di 2000 soldati di fanteria . Ospedale militare . Nel vasto monastero dei Cistercensi è stabilito , sin dal 20 agosto 1798 , l ' Ospedale militare . La fabbrica è disegno del Bramante , e fu incominciata nel 1499 per ordine del cardinale Ascanio Sforza . Essa consiste in due grandiosi cortili con portici , che li circondano , divisi da un lungo corridoio . Non avvi niente di più magnifico di questi cortili , dorico l ' uno , jonico l ' altro , con colonne appoggiate sopra un continuato basamento a guisa di parapetto . L ' interno dell ' antico refettorio pure presenta grandiosità e magnificenza . Di prospetto all ' ingresso vedesi la bell ' opera dipinta a fresco nel 1545 da Calisto Piazza , lo scolare del Tiziano , divisa in tre parti , che rappresenta le nozze di Cana in Galilea . Dello stesso pittore sono pure gli Apostoli dipinti nelle lunette della vòlta . All ' ingresso dello scalone vedesi il ritratto del duca Lodovico il Moro . Sotto il Governo Italico era questo ospedale molto in grido . Basilica di Sant ' Ambrogio . La basilica Ambrosiana fu fondata nel 387 dal vescovo Ambrogio , ove già era il palazzo imperiale coll ' annesso giardino . L ' atrio esteriore , eretto nel 872 dall ' arcivescovo Ansperto Confalonieri , e tipo dell ' architettura più antica che si conservi dopo i Romani , è cinto da portici ; esso è un vero museo d ' iscrizioni e di tombe antiche : il visitatore legge su quelle pareti le memorie di tante passate generazioni . - - Le imposte di ci - presso della porta di mezzo hanno intagli del IX secolo . - - L ' interno è diviso in tre navate colla tribuna , la cripta , le cancellate , l ' ambone . Sorretta da quattro colonne di porfido , quelle delle quali abbiamo accennato parlando di San Maurizio , è la tribuna dell ' altare maggiore , sotto il quale si rinvenne nel 1834 un magnifico avello di porfido , che forse racchiuse le ceneri di Sant ' Ambrogio . Veri capolavori sono i mosaici del coro , il sarcofago sotto il pulpito e il famoso paliotto dell ' altare maggiore , di massiccio argento e pietre preziose , donato nel 835 da Angilberto Pusterla , ed eseguito da Wolvino , orefice , colla spesa , che immensa doveva essere a quei tempi , di ottantamila fiorini d ' oro . Contiene inoltre questo tempio di belle pitture di Ambrogio Borgognone , del Lanzani , del Tiepolo , del Porta , del Lanino , del Ferrari , del Procaccini , ecc . Nel 1002 1' arcivescovo Arnolfo vi fece collo - care , su di una colonna , il serpente di bronzo , che tuttodì si vede , che egli aveva portato da Costantinopoli ; vuolsi lo stesso che innalzò Mosè nel deserto a terrore degli Israeliti . La basilica Ambrosiana , dove incoronavansi i re d ' Italia , è celebre nella storia ; e l ' archivio capitolare conserva preziose pergamene ' e codici , fra cui un messale con belle miniature del 1395 , dono di Gian Galeazzo , e diversi diplomi dei secoli VIII e IX . Anticamente erano due chiese , separate da muro con tre porte , dalle quali si passava nella parte della primitiva basilica di Fausta . Esse vennero riunite nel 1507 , e si formò una sola chiesa . Fu la basilica piú volte ristaurata ; la prima , nel 1197 , dall ' arcivescovo Uberto . Da qualche anno importantissimi lavori vi si stanno facendo dal Governo sotto la direzione di una Commissione . Molti illustri vennero in Sant ' Ambrogio sepolti , fra cui Domenico Pagani , il cronista Pietro Candido Decembrio , il latinista Marcantonio ; Miraggio , il guerriero Pietrasanta , ecc . Molte favole corsero intorno all ' isolata colonna , che è sulla Piazza omonima ; alcuni vollero fosse reliquia d ' antico palazzo , detto Ambrosiano . Questo è certo che fino al 1500 il podestà di Milano , nel dì in cui entrava in carica , prestava su quella colonna il giuramento di mantenere integri gli statuti della città . Vicino alla basilica di Sant ' Ambrogio , verso la via Lanzone , sorge 1' oratorio di Sant ' Agostino . Il Torre vuole che in esso questo santo abbia ricevuto le acque battesimali dal vescovo Ambrogio ; ma è più facile il credere che fosse uno dei due battisteri che erano in que ' tempi in Milano per dare l ' acqua lustrale ai primi cristiani . Di contro all ' atrio di Ansperto vedesi la chiesuola di San Sigismondo , presso la quale abitò , dall ' anno 1353 al 1355 , Francesco Petrarca . Prendendo la via per andare a San Vittore , giunti al ponte , dove il Naviglio disvolta alla Porta Ticinese , scorgesi una torre che conserva ancora tutti i caratteri di opera fortilizia . Essa è avanzo della pusterla di Sant ' Ambrogio , eretta l ' anno 1171 . Fu a questa porta che Gian Galeazzo Visconti fece , il 0 maggio 1385 , a tradimento , prigioniero lo zio Barnabò coi figli di lui Rodolfo e Lodovico . Macello pubblico . In vicinanza di questa torre presentasi la nuova via Olona , in fondo alla quale è il Pubblico macello . Ha questo edificio forma rettangolare , e la superficie complessiva di oltre 37,000 metri . La fronte principale prospetta la via di San Calocero . All ' ingiro si trovano , oltre i locali per 1' amministrazione , per la Questura e per la Finanza , le stalle di deposito per le bestie , i magazzeni , il macello di ovini e le tripperie . Al centro il parco col padiglione per 1' esazione delle tasse ; a ponente il macello dei suini , i porcili , il locale delle macchine per l ' innalzamento delle acque al serbatojo e per lo sviluppo del vapore . Le celle macellatorie per le bestie mastre e soriane costituiscono quattro corpi di fabbricati isolati fra loro e suddivisi da strade coperte . Le celle macellatorie sono di varia dimensione ed assegnate a seconda dell ' importanza de ' macellai . L ' acqua viene distribuita ad ogni singolo locale mediante tubi sotterranei . Fu costrutto nell ' anno 1862 su disegno dell ' ingegnere civico cav . Agostino Nazari per cura del Municipio , a spese di una Società privata . Basilica di San Vittore . Questa chiesa , che dicesi eretta sull ' area di un tempio di Marte , è di antica fondazione ; ebbe la sua origine nel 114 da Porzio , figlio di quel Filippo Oldano , noto per la basilica Naboriana , innalzata da lui , come abbiamo accennato parlando della caserma di San Francesco , ne ' propri orti . Da esso Porzio la nuova basilica fu detta Porziana . Essendovi poi stato nel 303 posto il corpo di San Vittore , venne da quel tempo detta di San Vittore al corpo . Divenuta l ' antica chiesa cadente dal tempo , fu nel 990 riparata dall ' arcivescovo Arnolfo ; ed in essa furono insediati i Benedettini neri , che vi stettero alcuni secoli ; indi passò in Abbadia , e finalmente nel 1507 agli Olivetani , i quali nel 1560 posero la prima pietra dell ' attuale bellissima chiesa , costruita su disegno di Galeazzo Alessi . E tutta ornata di stucchi , di fregi , di cornici allumate ad oro finissimo con nicchie , e conserva pitture dei Proeaccini , del Crespi , del Salmeggia , del Nuvolone , del Moncalvo , ecc . Finissimi sono gli intagli degli stalli del coro . Fu sulle soglie di questa basilica che il vescovo Ambrogio cacciò l ' imperatore Teodosio , perchè macchiato del sangue dei Tessalonicesi . Il monastero di San Vittore , progetto di Giuseppe Antonio Castelli di Monza , riuscì uno dei più belli di Milano . Nel 1797 servì di ospedale militare ; quindi , senza interruzione , di caserma di cavalleria . Ospedale Fate - bene - fratelli . Di rimarchevole non abbiamo altro in questo giro che l ' ospedale succursale dei Fate - bene - fratelli , eretto su disegno di Nicola Dordoni , ed aperto nel 26 agosto 1860 . Quivi era il vecchio convento di monache Cappuccine , sotto la protezione di Santa Maria di Loreto , fondato nel 1620 dalla famiglia Secchi . L ' ordine sovrano militare Gerosolimitano mantiene in quest ' ospitale 19 letti . Si ammira nella chiesa una cappella che riproduce esattamente la Santa Casa di Loreto . Nella via di San Vittore ovvi il Pio Istituto del Buon Pastore per le povere figlie traviate , iniziato privatamente pochi anni or sono da al - cune pie giovani . Linea G . ( Colore arancio . Dalla Piazza del Duomo alla Porta Romana ) . MONUMENTI , EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Regia Posta delle lettere . Palazzo Annoni . Scuole Comunali , Palazzo Della Somaglia . Scuola Superiore d ' Agricoltura ( * ) . Ospedale Maggiore ed annessi Pii Istituti . Riformatorio della Gioventù . Collegio Convitto Calchi - Taeggi . Civica Palestra . Porta Romana . Fabbrica del gas ( * ) . CHIESE , Sant ' Eufemia ( * ) . San Paolo ( * ) . San Celso ( * ) . San Nazaro . San Calimero . Santa Maria del Paradiso . TEATRI . Canobbiana Carcano . ALBERGHI , ECC . Reale . San Marco . Tre Svizzeri . Pensione Svizzera . Reichmann . Due Spade . ( * ) Per visitare gli edifici segnati con asterisco , si può , per maggiore comodità . , abbandonare la linea di Porta Romana e prendere 1' omnibus dell ' impresa Lissoni con stazione in Piazza Fontana , linea al suburbio di Porta . Ticinese . Regia Posta delle lettere . In fondo al primo tratto della via Rastrelli evvi la Regia Posta delle lettere . La facciata dell ' edificio è di buona architettura , disegnata e diretta da Leopoldo Pollach . Vi si ammira una regolarità ben intesa delle parti , e termina con un elegante frontone . Bella è la sala della impostazione e distribuzione delle lettere , lavoro della locale Direzione del Genio Civile , eseguita nell ' anno 1862 . E sin dal 1788 che in questo luogo si trovano gli uffici della Posta : prima erano nella demolita via dei Profumieri , presso Piazza Mercanti . La posta delle lettere era stata introdotta dai Torriani ; se ne pagava tenuissima tassa ; ma nè pronta la spedizione , nè esatto il riscontro . Teatro della Canobbiana . Parlando del Teatro alla Scala , tenemmo pur parola del Teatro della Canobbiana . Sappiamo dunque che il disegno anche di questo è del Piermarini . Esso fu inaugurato nell ' estate del 1779 . Pei lavori si impiegò maggior tempo di quello voluto per la Scala , stante le gravi difficoltà incontrate per l ' acqua che vi scorre al disotto . - Hla cinque ordini di logge , compreso il loggione , e può contenere 2200 spettatori . L ' interno è stato rinnovato nell ' autunno del 1870 . La sua facciata è bella e regolare . Per mezzo di due archi , gettati sulla via dei Rastrelli , il teatro comunica col palazzo di Corte . Trovandosi in questo punto devesi ammirare la parte del palazzo Reale prospicente la via Larga : la bella facciata è dell ' architetto Tazzini . Nella casa al numero 1 , nella vicina via Pantano , vedesi l ' iscrizione che ricorda la nascita di Gaetana Agnesi , illustre nelle matematiche , ivi avvenuta il 16 maggio 1718 . Palazzo Annoni . Il palazzo Annoni venne eretto nel 1631 su disegno di Francesco Richini con magnifica facciata . L ' interno è sontuosa - mente decorato , ed è fornito d ' una collezione di pitture originali di Rubens , di Cesare Magno da Sesto , di Wandick e di altri insigni autori . L ' albergo Reichmann , che è di contro al palazzo Annoni , era già abitazione del generale conte Domenico Pino , illustre nelle guerre del primo impero . Poco lungi da questo luogo , verso la via Unione , vedesi una casa di moderna costruzione , la cui facciata innesta assai bene le teste dei Visconti colle teste di cani a fregio delle soprapporte e dei balconi . In quest ' area era il palazzo fatto erigere da Luchino Visconti ; veniva soprannominato la Casa dei Cani , essendo ivi che i Visconti tenevano rinchiusi quei cinque mila cani , i quali furono cagione di molti dolori . Era questo poi l ' edificio che comunicava col palazzo ducale , come abbiamo veduto parlando del reale palazzo . Vicino a questa casa esiste tuttora la soppressa chiesa di San Giovanni in Conca con facciata che mostra la sua antichità anteriore al secolo XII . In essa era la statua equestre di Barnabò Visconti , che vedesi nel museo archeologico . Fu in questa chiesa che il feroce Barnabò aveva fatto collocare il cada - vere di sua moglie Regina degli Scaligeri . Dell ' alta torre di San Giovanni , l ' eruditissimo dottor fisico Pietro Moscati trasse profitto per formarvi un Osservatorio astronomico dei più accreditati . Lasciato in dono al Vicerè Raineri , questi lo aggregava ad uso del Liceo Beccaria . La casa vicina , che nell ' ornato della porta ha i ritratti in marmo di Traiano e di Tito , era l ' antico palazzo degli Sforza - Visconti , edificato sull ' area di quello di Barnabò . Scuole Comunali . Grandioso edificio eretto a spese del Comune di Milano su disegno dell ' ingegnere architetto Agostino Nazari . In esso sono collocate parecchie scuole comunali . Venne terminato nell ' anno 1867 . Palazzo della Somaglia . I1 palazzo della Somaglia , già Mellerio , è dell ' architetto Simone Cantoni . Nell ' interno vi sono buone pitture , e tra queste una Madonna di Sassoferrato . Adorna questo edificio anche una bella scultura del Fabris , rappresentante Astianatte cd Andromaca . Il generale Massena , entrando in Milano il 14 maggio 1796 coll ' antiguardia dell ' esercito repubblicano francese , prendeva stanza in questo palazzo . Per visitare i monumenti che sono lungo il corso San Celso è d ' uopo percorrere la via Rugabella . In questa via era la casa dei Borromei , venduta non sono moltissimi anni ai signori Valerio e Carpani , che la rifabbricarono . In essa nacque il cardinale Federico Borromeo , e visse e morì , durante la lunga vedovanza , la contessa Clelia Borromeo , valente nelle matematiche non meno della contemporanea Agnesi . Abitò pure in questa via Gian Giacomo Trivulzio , maresciallo di Francia . Altra casa storica è quella ove ebbe culla Nicolò Sfondrato , che fu poi papa col nome di Gregorio XIV . In fondo alla via Rugabella sorge una colonna ; essa fa innalzata nel 1613 , e detta di San Senatore . Rappresenta Sant ' Elena coronata che tiene fra le braccia la croce . Chiesa di Sant ' Eufemia . La chiesa di Sant ' Eufemia è antichissima ; fu fondata verso il 478 da San Senatore , vescovo di Milano , presso la casa di sua abitazione . Venne rifabbricata nel XIV secolo sulle basi dell ' antica , e ridotta dalla gotica forma all ' ordine corintio sul principio del XVII . La facciata ha un bel pronao d ' ordine fonico ; grande ne è il pregio per la sua elegante semplicità ; il restante al di sopra è di ordine composito . Possiede la chiesa pitture del Tiziano , di Marco da Oggiono , la più stimabile di questo pittore su tavola , rappresentante Sant ' Eufemia , e di altri . Nell ' anno 1870 si intrapresero lavori su disegno dell ' architetto Enrico Terzaghi per la rivendicazione dell ' antica gotica forma . Chiesa di San Paolo . Del vasto monastero di Agostiniane , dette Angeliche , sotto il titolo di San Paolo , non rimane che la sola chiesa . La contessa di Guastalla Lodovica Torelli fu la fon - datrice di questo stabilimento , eretto nel 1531 . La elegante facciata della chiesa fu eseguita su di - segno di Giovan Battista Crespi , detto il Cerano , celebre pittore non meno elle valente architetto . Essa è ricca d ' ornamenti giudiziosamente distribuiti . I bassorilievi furono dal Cerano medesimo inventati , e scolpiti da Gaspare Vismara , dal Lasagna , da Andrea Biffi , ecc . L ' interno del tempio , ad una sola nave di ordine corintio , fu saviamente architettato da Galeazzo Alessi , il quale disegnò anche il fianco del medesimo dalla parte di Sant ' Eufemia . Contiene la chiesa pitture dei fratelli Vincenzo , Giulio ed Antonio Campi e del Salmeggia . L ' importanza dei capi d ' arte che vi sono raccolti fece sì che la chiesa di San Paolo , come il Monastero Maggiore , venisse conservata nella soppressione generale . Chiesa di Santa , Maria presso San Colse . Il tempio della Madonna presso San Celso è il più illustre dei nostri santuari per la sua architettura e ricchezza dei capolavori che vi si veggono . E antica tradizione che Sant ' Ambrogio , avendo trovato i corpi dei Santi Nazaro e Celso , facesse erigere in quel luogo , a perpetuarne la memoria , un pilastro , e vi volesse dipinta l ' immagine della Vergine col figlio , che tuttodì si venera dai fedeli . Il pilastro rimase esposto fino all ' anno 992 , tempo in cui Landolfo fece fabbricare la chiesa e monastero di San Celso . Filippo Maria Visconti , nel 1429 , fece circondare con una piccola chiesa quell ' immagine ; poi , crescendo la venerazione del santuario , Giovanni Galeazzo Maria Sforza , nipote di Lodovico il Moro , pensò di edificare la chiesa attuale che ebbe principio nel 1491 . - Il disegno di questo sontuoso edificio , del vestibolo , che gli sta davanti , è del Bramante . La facciata , costrutta posteriormente , è disegno di Galeazzo Alessi , con bassorilievi e sculture , quali dello Stoldo fiorentino , quali del milanese Annibale Fontana . L ' interno mostra una dovizia di dipinti di Cesare Procaccini , Gaudenzio Ferrari , Paris Bordone , A . Campi , Carlo da Urbino , Calisto da Lodi , Moretto da Brescia e Andrea Appiani , di cui sono anche i bellissimi affreschi della cupola . L ' Assunta nella sontuosa cappella della Madonna è del Fontana . L ' altare di questa cappella e quello dell ' altare maggiore sono preziosi . Galeazzo Alessi disegnò pure gli stalli del coro , che furono eseguiti da Paolo Banza milanese . Nell ' attigua chiesa di San Celso vedonsi parecchi avanzi antichi . Scuola Superiore di Agricoltura . ( Locale di San Luca ) . Questa scuola , istituita per iniziativa della Provincia di Milano con Reale Decreto 10 aprile 1870 , venne aperta il 2 gennaio 1871 col concorso del Governo , della Provincia e del Municipio ; ed è unica finora in Italia . Il locale ove essa si trova ci richiama molte memorie patrie . Quivi era un ospedale per gli esposti in sostituzione dello Xenodochio , fondato , come abbiamo veduto , da Dateo in San Salvatore : era chiamato Ospedale di San Celso . L ' arcivescovo Galdino nel 1168 lo ringrandì col patrimonio del consorzio dei poveri . E qui dall ' ospedale del Brolio si trasferivano gli esposti , allorchè pervenivano ai due anni ; disposizione conservatasi per alcuni secoli . Questo ospedale fu anche molto favorito da Barnabò Visconti . Riunito il Brefotrofio nell ' Ospedale Maggiore , l ' edificio venne nel 1750 comperato dai monaci di Sant ' Ambrogio , e nel 1765 convertito in un bellissimo monastero di Cistercensi con vago e comodo locale , e con chiesa dedicata a San Luca . Soppressi questi frati nel 1798 , servì di ospedale ai soldati francesi , tedeschi e cisalpini , e quindi di quartiere alle milizie veterane cisalpine . Un cartello fu posto al sommo della porta così espresso : AI VETERANI ED INVALIDI NAZIONALI ONORE E RIPOSO ANNO IX . Nel 1801 , il generale Pietro Theulié , morto il 19 giugno 1807 sotto Colberg , in allora ministro della guerra , concepì il disegno di raccogliere in San Luca i figli dei soldati orfani e bisognosi . L ' Istituto di beneficenza fu aperto nell ' anno 1802 , e durò fino al 1839 , contenendo oltre 250 alunni gratuiti , e 50 a pensione . Trasportato altrove l ' Istituto , fu qui posta una casa di cadetti , che cessò il 22 marzo 1848 . Servito 1' edificio a diversi usi militari , nel 1859 di ospedale pei soldati feriti francesi ed au - striaci , venivavi nel 1861 insediato un Collegio militare , che nel 1869 fu concentrato in quello di Napoli . Fuori della vicina Porta , chiamata Lodovica da Lodovico il Moro , che è una delle informi di Milano , trovansi , a destra , le officine della Impresa del gas per la illuminazione pubblica e privata della città . Ritornando sul Corso di Porta Romana per le vie di Sant ' Eufemia e delle Capre si trova , di contro a quell ’ ultima via , la Chiesa di San Nazaro . Questa basilica fu edificata nell ' anno 382 da Sant ' Ambrogio ad onore degli Apostoli ; quindi detta Nazariana pel corpo di S . Nazaro in essa trasportato . Vuolsi che quivi fosse un antico teatro , e che la chiesa sortavi venisse pavimentata con marmi africani da Sirena , moglie di Stilicone . Guasta dal fuoco nel 1075 , fu ristaurata con archi assai tesi , ma robusti . Forma vestibolo alla chiesa il grandioso edificio sepolcrale , con cappella dedicata alla Vergine . Assunta , costrutto nel 1518 dal maresciallo Gian Giacomo Trivulzio , soprannomato il Magno , che , vivo , volle prepararsi il soggiorno della morte .. . La facciata di questo vestibolo è di figura quadrata ; è ornata di pilastri dorici con base attica e capitelli un poco liberi ; il secondo ordine superiore è fonico moderno , con finestre quadrate , tramezzate da colonnette doriche . Il vestibolo ha tre porte , le quali danno accesso all ' interno , di figura ottagona , semplice e conveniente al carattere dell ' edificio . San Carlo , in esecuzione alle deliberazioni del Concilio Tridentino , fece trasportare le ossa del Trivulzio nel deposito sotterraneo . Dal vestibolo si passa al tempio , stato più volte ristaurato e rimodernato . E in una sola nave in forma di croce latina . In esso vi sono di pregevoli pitture di Vitale Sala , di Carlo Cane , di Bernardino Lanino , di Gaudenzio Ferrari . Il 14 dicembre 1870 furono scoperti nel presbitero alcuni grandiosi affreschi , altamente lodati , del pittore Giuseppe Ugolini , il quale , in costume del 400 dell ' éra volgare , vi effigiò due santi arcivescovi , fra i molti seppelliti sotto quell ' altare maggiore ; essi fiancheggiano un gran dipinto di una ventina circa di figure al naturale rappresentanti San Paolo apostolo che nell ' atrio dell ' areopago d ' Atene predica e fa conoscere agli Ateniesi non l ' Ignoto , ma il vero Dio risorto . Vi si vede Dionigi l ' areopagista , e la celebre Damaride , convertita da quell ' apostolo . Nella cappella di San Martoriano , architettata , come quella al lato del Vangelo , da Carlo Ruzzi nel 1653 , è sepolto il celebre Manfredo Settala , uomo istrutto e raccoglitore di un prezioso museo di cose naturali , che vedemmo in parte nella Biblioteca Ambrosiana . Altri illustri uomini sono in San Nazaro sepolti , fra cui Venanzio Oldrado , Clicerio Landriano , Lazzaro Beccardo , il canonico Torri , Carlo Maggi , Domenico Balestrieri , ecc . A destra dell ' altare maggiore è la chiesuola di Santa Caterina alla Ruota , di stile bramantesco , e della stessa scuola vuolsi il vestibolo sopra descritto . Essa è di forma rettangola e semplicissima . Vi sono pregevoli dipinti del Lanino , e pitture su vetri , sullo stile di Alberto Durero , che si credono eseguite da Luca d ' Olanda . A manca di San Nazaro sta la canonica , che tra i suoi fasti vanta il soggiorno fattovi da San Domenico . Ospedale Maggiore ed annessi . Prima di proseguire pel corso di Porta Romana è d ' uopo visitare l ' Ospedale Maggiore . Questo stabilimento di pubblica beneficenza si deve alla generosità di Francesco Sforza , duca di Milano , e della moglie di lui Bianca Maria Visconti . Per la costruzione dell ' ospedale lo Sforza dava un proprio palazzo con orto e una rôcca ai deputati della città , e ne poneva egli stesso con grande solennità la prima pietra il 4 aprile 1456; . e con Bianca e col popolo chiese ed ottenne da Pio II , con bolla 9 dicembre 145S , di concentrare nel nuovo ospedale i patrimoni di sette piccoli ancora esistenti ; epperò fu detto Maggiore . Il quale avvenimento venne festeggiato come una grande ventura : un ' epigrafe e due quadri , tuttora esistenti presso il Luogo Pio , ne perpetuano la memoria . Si vuole che nel 1460 fosse già l ' ospedale aperto . Antonio Filarete ; detto l ' Averulino , ne fu l ' architetto . Lo stile è gotico . La fabbrica primitiva forma un quadrato perfetto con quattro cortili , con portici inferiori e superiori . Nel centro delle crociere l ' architetto collocò una cupola , formata non solo ad ornamento , ma anche per una più copiosa illuminazione e maggiore aria ; ed in questo centro pose un altare isolato a comodo degli ammalati . A fianco di essa fabbrica scorre un emissario del Naviglio , che serve agli opportuni usi dell ' ospedale . Del Bramante è il portico che si presenta a destra entrando nel gran cortile di mezzo , stato aggiunto posteriormente alla fabbrica di Filerete , che non fu terminata in un sol tempo . La parte di mezzo , che prospetta la via Paletta , fu edificata in conseguenza al testamento 18 maggio 1621 di Giovanni Pietro Carcano , il quale lasciava al grande Ospedale l ' usufrutto della metà del suo ingentissimo patrimonio per sedici anni , che salì alla somma di 330,000 scudi d ' oro , equivalenti all ' incirca a quattro milioni di lire italiane . Quel denaro servì appunto all ' ampliamento del fabbricato dello Sforza . Il nuovo edificio venne terminato verso l ' anno 1642 . Il concetto è di Fabio Mangone e Francesco Richini , i quali si servirono del portico esteriore disegnato dal Bramante fino all ' altezza del parapetto , cambiando sotto le colonne ; e da quella disposizione concepirono l ' idea delle altre tre parti , e formarono per tal modo l ' elegante disegno di questo maestoso cortile , sorprendente per la sua vastità , per la ricchezza delle sculture e pei doppi portici che lo circondano , con colonne d ' ordine jonico moderno al piano terreno e composito al superiore . Di fronte al magnifico ingresso della porta maggiore è la chiesa di buona forma , ed in essa si ammirano un quadro dell ' Assunta del Guercino , e due altri del secolo XV della Scuola lombarda , che rappresentano le cerimonie dell ' innalzamento dell ’ ospedale . Nel sotterraneo di questa chiesa sono sepolti parecchi dei caduti nella rivoluzione milanese del marzo 1848 . L ' ala sinistra dell ' ospedale , cioè quella verso la Porta Vittoria , fu eretta in sullo spirare dello scorso secolo col denaro del notaio causidico Giuseppe Macchi , il quale , dopo una vita più gretta e misera che mai per spilorcia avarizia , lasciava nel 1797 all ' ospedale un assai pingue patrimonio . L ' architetto fu l ' ingegnere Castelli . Si conservano in quest ' ospedale i ritratti dei benefattori , fra i quali del Tiziano , del Procacciai , Traballesi , Hayez , ecc . , ecc . , che nel loro assieme rappresentano la storia della pittura lombarda dalla fondazione del nosocomio a noi . Essi , ogni biennio , vengono esposti alla pubblica vista sotto i portici del grande cortile , e precisamente nel giorno 25 marzo ; e in questo anno ( 1871 ) appunto se ne fa l ' esposizione . All ' Ospedale Maggiore sono riuniti il Luogo Pio di Santa Corona , di cui tenemmo parola , descrivendo la Biblioteca Ambrosiana ; non che l ' ospizio degli Esposti e delle Partorienti ; il locale di Sant ' Antonino , per le deliranti e le pazze ; di San Michele ai nuovi sepolcri per le croniche , ecc . Palazzo Venini . Nella vicina via di Chiaravalle evvi il palazzo Venini , il quale è di elegante architettura : fu ristaurato non sono molti anni . Palazzo Greppi . - - In via Sant ' Antonio , dicontro alla chiesa omonima , vi è il palazzo Greppi , il cui architetto fu il Piermarini . Vi hanno nell ' interno di esso grandiose sale ; una di queste , d ' ordine corintio , fu ornata dall ' Albertolli , dal Franchi , da M . Knoller , ed altre vennero affrescate da Calani , Traballesi , Appiani . Chiesa di Sant ' Antonio . La chiesa di Sant ' Antonio rimonta al secolo XIV , venne ricostruita nel XVII su disegno di Francesco Richini : è in una sola nave d ' ordine corintio . Conserva tuttavia dell ' antico il campanile , il più bel lavoro gotico di Milano dopo quello di San Gottardo e di Sant ' Eustorgio . Per ammirare questo campanile è d ' uopo recarsi nella via Bergamini . L ' interno ha buoni dipinti dei fratelli Carloni , del Moncalvo , di A . Figini , di C . Procaccini , di Del Cairo , del Bernardino Campi , di F . Gallizia , di E . Salmoggia , di Carlo Cani , di A . Caracci , di Palma il giovane , ecc . Ritornando sul Corso di Porta Romana devonsi ammirare sulla facciata della casa , a destra , portante il numero 54 , alcuni avanzi antichi , che già appartenevano alla porta clic venne eretta colà nell ' anno 1171 dai Consoli milanesi a memorare il fatto avventuroso del ristabilimento dei cittadini nella patria , succeduto il 27 aprile 1167 per opera dei confederati lombardi , guidati da un frate Jacopo . La porta fu di - strutta per ordine dell ' imperatore Leopoldo II nell ' anno 1791 . In pari tempo si demolì la torretta colle carceri ch ' era lì presso , innalzata da Luchino Visconti , la quale tenne pur rinchiusa Margherita Pusterla . Chiesa di San Calimero . La chiesa di San Calimero , che trovasi a destra non lungi dal ponte di Porta Romana , vuolsi fabbricata nel secolo XII nell ' area ove esisteva mi tempio di Apollo , la statua del quale fu distrutta dallo stesso San Calimero . L ' interno del tempio fu rifatto dal Richini . Nello scurolo vedesi il pozzo ove , secondo la tradizione , fu gettato il corpo di Calimero . Di rimarchevole in questo tempio non vi è che una pittura di Carlo Cane , e una memoria del Tempesta , celebre pittore di paesi e di marmi , ivi sepolto . Vicino a San Calimero è il collegio di Santa Sofia delle Salesiane . Riformatorio della Gioventù . In fondo alla via San Calimero evvi il Riformatorio del - la Gioventù , già Pia Casa di Patronato pei carcerati e liberati dal carcere . Scopo della istituzione , approvata dal Governo con decreto 4 aprile 1854 , per iniziativa del sacerdote Giovanni Spagliardi , è di visitare i carcerati per confortarli alla rassegnazione , migliorarli con assidue istruzioni , e indurli a ravvedimento ; di prestare assistenza e sussidio ai liberati dal carcere che danno speranza di emenda , accogliendo in apposito ospizio quelli fra essi che per le loro particolari circostanze richiedono questo speciale patrocinio ; di provvedere di stabile alloggio i detti individui quando offrano sufficiente guarentigia di buona condotta e si possano credere stabilmente emendati . Nello scorso anno 1870 venne il Riformatorio sottoposto ad un nuovo Statuto . Il progetto di questo edificio è dell ' architetto Enrico Terzaghi . Allungandosi per la via Quadronno , a destra uscendo dal Riformatorio , allo sbocco presentasi il Civico collegio Calchi - Taeggi . Il collegio Calchi - Taeggi dipende dal Municipio per Reale decreto 19 settembre 1861 . Trovasi quivi fino dall ' anno 1795 . Esso è l ' unione del Collegio Calchi , fondato verso il 1500 da Bartolomeo Calchi in via Borgonovo , e del collegio Taeggi , fondato nel 1559 dal conte palatino Ambrogio Taeggi nel convento di San Simone . L ' unione avvenne per decreto di Leopoldo del 20 giugno 1792 . Questo Istituto serve per gli studi ginnasiali , tecnici e liceali , di lingua , ecc . E regolato da civici amministratori , e diretto da un rettore , da un censore di disciplina , ecc . Ha otto piazze gratuite e venti a metà pensione . L ' edificio fu rimodernato con disegno dell ' architetto Giacomo Moraglia . Chiesa di Santa Maria del Paradiso . La chiesa di Santa Maria del Paradiso possiede quadri di Francesco Fabbrica , di Camillo Procaccini , di Domenico Pellegrini ; nella vò1ta Ferdinando Porta dipinse l ' Assunta . Nelle vicinanze evvi l ' altra chiesa di San Pietro dei Pellegrini ; Barnabò Visconti aveva unito ad essa uno spedale pel ricovero dei poveri pellegrini , i quali venivano per due giorni alloggiati ed alimentati . Teatro Carcano . Il teatro Carcano , così chiamato dal nome del proprietario , fu eretto su disegno del Canonica nel 1805 , ove antica - mente esisteva la chiesa coll ' ospedale di San Lazzaro , convertito nel 1498 in convento di monache domenicane , soppresse nel 1799 . Il teatro è armonico , però non troppo elegante . Agli amatori di fiori consigliamo una visita al giardino di casa Pertusati , che è rimpetto al teatro . Ha una pregevole raccolta botanica . Civica Palestra . Poco lungi dal teatro Carcano , a destra , è la Civica Palestra , eretta su disegno dell ' ingegnere architetto Agostino Nazari , ed inaugurata or sono pochi anni . Serve agli esercizi ginnici degli allievi , specialmente delle scuole comunali . Porta Romana . L ' antichissima Porta Romana era dedicata ad Apollo . L ' attuale fu fatta costruire dai Milanesi nell ' anno 1598 su disegno di Martino Bassi pel ricevimento di Margherita d ' Austria , destinata sposa a Filippo III di Spagna . E di ordine dorico bugnato , ed era già fortificata . Venne ristaurata nel 1794 . Entrarono per essa parecchi principi e sovrani , e il generale Bonaparte , vincitore degli Austriaci , nel giorno 14 maggio 1796 . In quell ' occasione vi venne posta la seguente iscrizione : ALLA VALOROSA ARMATA FRANCESE DAL SUPREMO GENERALE BONAPARTE GUIDATA AL TRIONFO CHE NEL GIORNO 14 MAGGIO 1796 PER QUESTA VIA PORTO ' LA LIBERTA ' ALL ' INSUBRIA IL POLOLO MILANESE MEMORE E RICONOSCENTE . Questa epigrafe fu tolta al ritorno degli Austriaci . Linea H . ( Dalla Piazza del Duomo alla Porta Vittoria ) . MONUMENTI , EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC : Monumento a Beccaria . Palazzo di Giustizia . Colonna di Porta Vittoria . Luogo Pio Trivulzio . Palazzo Sormani . Collegio della Guastalla . Riformatorio della Pace . Edificio di San Michele ai nuovi sepolcri , Orfanotrofio maschile . Porta Vittoria . CHIESE . Santo Stefano . San Bernardino . San Barnaba . Santa Prassede . San Pietro in Gessate . TEATRI , Gerolamo . ALBERGHI ECC , Passarella . Monumento a Cesare Beccaria . Nel mezzo della nuova Piazza dedicata a Cesare Beccaria sorge un monumento a quel grande filantropo nostro concittadino . La solenne inaugurazione di esso ebbe luogo il giorno 19 marzo 1871 . E lavoro peregrino dello scultore Giuseppe Grandi . La statua del Beccaria posa su ampio piedestallo rettangolare di granito ; i quattro lati di questo presentano due bassorilievi in bronzo , la Civiltà ed il Tempo , che stende un velo sugli emblemi del barbarismo , e due iscrizioni . La prima di queste suona così .... Italiani e Stranieri eressero , augurando che il voto 13 marzo 1865 della Camera dei Deputati per l ' ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE sia tradotto in legge . E l ' altra il seguente brano dello stesso Beccaria : .... Se dimostrerò non essere la pena di morte nè utile , nè necessaria , avrò vinto la causa dell ' umanità . Attorno alla base della statua vi è scolpito : Cesare Beccaria nato in Milano il 15 marzo 1738 Morto il 28 novembre 1794 Inaugurato il 19 marzo 1871 . Palazzo di Giustizia . Il palazzo di Giustizia , ora del Tribunale Civile e Correzionale , è di un ' imponente e ben intesa architettura , in - dicante il carattere del luogo ; il cortile , a doppio porticato , è pur grazioso . Venne questo edificio fatto innalzare nell ' anno 1605 su disegno di Vincenzo Seregni , per ordine di Pietro Enrico Azevedo , conte di Fuentes , governatore di Milano per Filippo III di Spagna , come lo indicavano due epigrafi latine tolte nel 1796 . Allorchè si demolirono le prigioni del Podestà alla Piazza dei Mercanti , queste carceri furono dilatate e fortificate con una cinta soda e massiccia di muro . Nel 1796 si levarono le tredici armi rappresentanti gli stemmi di diversi fiscali , capitani e vicari di giustizia , ed al luogo delle accennate epigrafi , venne sostituito l ' assioma del celebre Gaetano Filangeri , che è il seguente : “ LO SPAVENTO DEL MALVAGIO DEVE ESSERE COMBINATO COLLA SICUREZZA DELL ' INNOCENTE “ Nell ' anno 1815 dagli Austriaci era fatto scomparire sotto uno strato di calcina ; e non fu che nel marzo 1871 che , mercè l ' iniziativa di un capo della magistratura milanese , rivisse . Superiormente alla porta vedesi un terrazzo donde pubblicavansi i bandi e le sentenze . Teatro Gerolamo . In sostituzione di demolito teatro , disegno del Canonica , veniva , nell ' anno 1868 , costruito l ' attuale su disegno dell ' architetto Ambrogio Spinella . Fu inaugurato nel 1869 . Il teatro è elegante : conserva un bel telone dipinto dal Vacca , rappresentante la caduta di Ippolito . Serve a spettacoli di burattini colla maschera di Gerolamo , protagonista monferrino . Può anche servire per attori . Chiesa di Santo Stefano . La chiesa di Santo Stefano è antichissima , ed era prima detta di San Zaccaria . La fondazione viene attribuita all ' arcivescovo San Martiniano , il quale vi fu seppellito nel 433 . Il primitivo tempio venne distrutto nel 1075 da un forte incendio ; rifatto , ma non colla vaghezza e maestà del precedente , l ' arcivescovo Visconti volle che fosse ricostruito su disegno di Aurelio Trezzi . Federico Borromeo lo fece perfezionare nel 1596 . Contiene l ' interno di buone pitture di G . Cesare Procacciai , di Federico Bianchi , di Camillo Procaccini , di Del Cairo , del Fiammenghini , di Francesco Casella , ecc . Girolamo Quadrio , nel 1642 , alzò 1' attuale campanile di bella forma archi - tettonica . Il 26 dicembre 1476 , all ' ingresso di questa chiesa , fu assassinato il duca Galeazzo Maria Sforza per opera dell ' Olgiati , del Visconti e del Lampugnani . La Piazza di Santo Stefano serve al mercato del pesce , selvaggiume , pollame , ecc . Chiesa di San Bernardino . Presso Santo Stefano trovasi la chiesa di San Bernardino , eretta nel 1696 . Superiormente all ' atrio di essa evvi un particolare oratorio , ove esistono giovanili lavori di Andrea Appiani . Giovanni V , re di Portogallo , fece levare il disegno di questa chiesa per erigerne altra a Lisbona . Attiguo vi è un Ossario , in cui vedesi una bizzarra decorazione di ossa e di teschi umani , che il volgo crede dei cristiani morti dagli Ariani al tempo di Sane Ambrogio ; ma noi non dubitiamo a supporre vengano dall ' ospedale del Brolio , detto ( li San Giobbe . E un ornamento che dovrebbe ormai scomparire . Colonna di Porta Vittoria . Dalla via di San Bernardino , recandosi al Verziere , o mercato delle erbe , trovasi una colonna di granito . Essa venne fatta erigere nel 1576 da San Carlo , su disegno del Pellegrini , in onore di San Martiniano . La statua del Redentore è del Vismara . Questa colonna è ora sacra alla libertà di Milano . Attorno al piedestallo di essa , su lapidi di bronzo , collocate il 18 marzo 1861 a cura del Municipio , trovansi incisi i nomi dei morti nella gloriosa rivoluzione del marzo 1818 . Evvi pure la seguente epigrafe : CITTADINI ONORATE LA MEMORIA DEI VOSTRI CHE A 18 MARZO 1848 SI LEVARONO NEL NOME D ' ITALIA E TRIONFATA L ' AUSTRIACA TENACIA COLLA VIRTU ' DEL VOLERE QUESTE VIE RIBATTEZZARONO PRIME COL SANGUE E COLLA VITTORIA MDCCCLX . Ai 22 marzo il popolo trae quivi a deporre corone e fiori . Luogo Pio Trivulzi . Il Pio Albergo Trivulzi trovasi nella vicina via della Signora . Questo istituto di beneficenza lo si deve al principe Tolomeo Trivulzi , il quale , con testamento 23 agosto 1766 , ordinò si convertisse il suo palazzo in casa di rifugio poi vecchi d ' ambo i sessi nativi di Milano o domiciliativi da dieci anni almeno , resi inetti , per età settuagenaria , a procurarsi col lavoro la sussistenza . L ' ospizio fa aperto il 1° gennaio 1771 , e venne poscia ampliato con altre elargizioni . Ora vi sono ricoverati oltre 400 vecchi fra maschi e femmine . In quest ' ospizio morì , il 9 gennaio 1799 , 1' illustre Gaetana Agnesi , e vi fu il 21 marzo 1812 trasportata la salma del principe Trivulzi , che era nella chiesa de ' Cappuccini a Porta Orientale . Palazzo Sormani . Passato il ponte di Porta Vittoria , a destra voltando , vedesi il palazzo Sormani . Esso fu eretto su disegno licenzioso , ed apparteneva alla famiglia patrizia Monti . Quivi nacque Cesare Monti , che fu arcivescovo di Milano , non che il fratello di lui , Marco Antonio , presidente del Magistrato di Sanità , e benemerito per savio provvidenze e per civile coraggio durante la peste 1630 . Estinta la fa - miglia Monti passò il palazzo all ' Andreani , e quindi , estinta pur questa , alla Sormani . Collegio della Guastalla . Nel parlare della chiesa di San Paolo , abbiamo accennato alla contessa della Guastalla Lodovica Torelli . E alla stessa che devesi questo collegio , fondato nell ' anno 1557 , per l ' educazione civile e religiosa di donzelle milanesi nobili e povere . Esso è il più antico di questa specie . Chiesa di San Barnaba . La chiesa di San Barnaba , eretta prima del secolo XII , venne ricostruita nel 1545 su disegno di Giacomo Antonio Morigia . E di ordine corintio con tre altari da ciascun lato , comodo presbiterio e coro . Vi sono buone pitture di Aurelio Luini , Carlo Urbino , del Lomazzo , di C . Procaccini , ecc . Poco discosto da San Barnaba , verso la Porta Romana , eravi un chiostro di Templari ; ivi prese alloggio Barbarossa sì nel primo che nel secondo assedio di Milano . Riformatorio alla Pace . Questo Riformatorio , regolato come quello di cui abbiamo parlato , era già Istituto di Santa Maria della Pace pei giovanetti traviati , fondato dal religioso comasco Paolo Marchiondi , ed aperto nel 1841 . La chiesa è di gotica architettura ; fu fondata nel 1466 da un tal Amadeo , cavaliere portoghese , frate francescano , che andava per la città gridando pace , pace , onde far cessare i dissidi tra ' Milanesi ; e perciò detta della Pace . Il duca Galeazzo Maria Sforza ed altri somministrarono di poi i soccorsi per terminarla . Vi sono in essa pitture , pur troppo in deperimento , del Luini , del Semini , di Marco d ' Oggionno ; una copia della Cena di Leonardo , fatta dal Lomazzo . Presso questo luogo evvi una caserma di soldati di fanteria : era quel fabbricato già convento di monache agostiniane , dette di San Filippo . Fu in esso che Napoleone I fondò , nel 1810 , il reale Collegio delle Fanciulle . Edificio di San Michele . In fondo alla via , presso il bastione a destra , presentasi un edificio di forma quasi circolare : è desso San Michele ai nuovi sepolcri , succursale dell ' Ospedale Maggiore . Questo fabbricato risale al 1698 , eretto su disegno dell ' ingegnere Attilio Arigone . Consiste in una chiesa a croce greca , con cupola nel centro , la quale oggidì forma soltanto il corpo di mezzo dell ' edificio . Fu innalzato per la tumulazione dei cadaveri dell ' ospedale . In seguito si formò il magnifico portico all ' in - torno della chiesa , nel quale si pose un continuato numero di sepolcri più alti da terra , a fine di preservarli dall ' acqua sorgente . Il disegno di questo porticato è dell ' architetto Francesco Croce , perfezionato nell ' anno 1731 . Cessò quivi la tumulazione in conseguenza della legge di Giuseppe II , che prescriveva la sepoltura dei cadaveri fuori città . Sotto il Regno Italico si pensava di convertire quest ' edificio in Panteon per gli uomini illustri . Chiesa di Santa Prassede . Questa chiesa fu fondata da San Carlo nell ' anno 1579 con ritiro per le Cappuccine ; nel 1782 vi subentrarono le Benedettine di Santa Radegonda , secolarizzate dalla Repubblica Cisalpina . La chiesa conserva tuttodì due bellissimi quadri , uno di Simone Preterazzano , l ' altro di G . Cesare Procaccini . Il convento , che eravi annesso , fu convertito sotto il Regno Italico in caserma di soldati , e tuttodì serve a tale uso . Chiesa di San Pietro in Gessate . Da una nobile famiglia di Gessate , o Glassiate , si vuole fondata questa chiesa nel 1344 con monastero di Umiliati , nel quale chiostro , nel 1436 , succedettero i Maurini , in ultimo i Somaschi . La chiesa è in tre navi , di gotica architettura , alquanto sformata nei tempi posteriori . Il coro fu innalzato nell ' anno 1450 , di poi ingrandito nel 1640 . V ' hanno in questo tempio pitture del Luini , del Crespi , del Caravaggino , del Lanzani , del Moncalvo , dello Zenale , del Civerchio , del Vajani e del Buttinoni . La Madonna col Bambino si crede del Bramante . Nell ' ultima cappella è pur degno di osservazione il monumento della famiglia Griffi . Orfanotrofio Maschile . Il convento di San Pietro in Gessate coi grandi chiostri , attribuiti al Bramante , per decreto 22 giugno 1772 , venne da Maria Teresa donato all ' Orfanotrofio Maschile , fondato in via Crocifisso nel 1533 da Girolamo Miani . Il patrimonio di quest ' Istituto , che può calcolarsi a tre milioni , è frutto di doni e di lasciti di molti benefattori . I ricoverati sono in numero di 250 circa . Vi si accettano dagli anni sette ai dieci , e vi rimangono sino ai diciotto ; vengono istruiti nelle materie proprie delle classi elementari , nel disegno ; ed avviati nelle arti meccaniche ; alcuni , i più idonei , vi apprendono anche la musica istrumeutale , la ginnastica e i militari esercizi . Ai tempi della Repubblica Cisalpina questi orfani vennero soldatescamente disciplinati : formarono un battaglione , che fu denominato Battaglione della Speranza . Nelle cinque giornate del marzo 1848 gli orfanelli prestarono pure un grande servizio alla patria ; parte di essi stettero alle barricate , parte servirono alla trasmissione degli ordini dei capi della insurrezione da un punto all ' altera del - la città .. Porta Vittoria . - - La Porta Vittoria , così denominata in memoria della vittoria riportata nel 1848 dai Milanesi sulle soldatesche austriache , chiamavasi prima Tosa . L ' origine di questo nome non è dagli storici ben definita . Il più probabile è che possa derivare da Tusca , perchè in antiche carte viene chiamata Tusa e non Tosa . Dalla cittadinanza si fanno voti perchè il Municipio abbia a ricostruire questa Porta e renderla degna del gran fatto al quale è stata dedicata . Fuori la città , non molto lungi , evvi l ' ospedale dei pazzi , detto la Senavra . Il locale era altre volte convento di Gesuiti . Linea I . ( Colore rosa . Dalla Porta Ticinese alla Porta Garibaldi ) . ( 1 . Dalla Piazza del Duomo alla P . a Ticinese ) . MONUMENTI EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Ginnasio e Liceo Beccaria . Palazzo Trivulzi . Congregazione di Carità . Istituto Tecnico . Colonne di San Lorenzo . Arco di Porta Ticinese . Barriera . Bagni pubblici . Stazione Milano - Vigevano . La Conca in via Arena . Istituti dei Sordo - Muti . Casa d ' Industria . CHIESE . San Satiro . Santa Maria Beltrade . San Sebastiano . Sant ' Alessandro . San Michele alla Chiusa . San Giorgio in Palazzo . San Sisto . San Lorenzo . Sant ' Eustorgio . Santa Maria della Vittoria . San Calocero . TEATRI . Re ( nuovo ) . ALBERGHI . Cappello . Falcone . Pozzo . Gran Bretagna . Gran Parigi . D ' Italia . Chiesa di Santa Maria presso San Satiro . - - La chiesa di Santa Maria presso San Satiro affermasi innalzata nell ' anno 869 dall ' arcivescovo Ansperto Confalonieri , ove era una sua casa eretta sull ' area di un tempio romano , e che de - dicò a San Satiro . Un fatto singolare diede il nome di Santa Maria alla chiesa , ed origine all ' edificazione dell ' attuale , chè mal si attribuisce al Bramante , e molto meno al Suardi , suo scolaro . Prima della venuta in Milano del Bramante la chiesa era già in costruzione . Non tornerà discaro sapere il fatto accennato . Nel 1242 , un tal Masazio , uscendo furioso da una casa da giuoco , ove aveva perduto tutto il suo avere , si fece a passare per la via del Falcone . Ivi vedendo l ' immagine della Madonna , che era sul muro esterno della chiesa di San Satiro , cieco d ' ira , le scagliò una coltellata , che colse nel collo il Bambino . Narra la tradizione che dal quadro stillasse sangue . La voce dell ' avvenuto , propagatasi tosto , fuvvi gran ressa alla via del Falcone ; la Madonna venne posta nella chiesa , e da quel giorno la divozione andò crescendo . La chiesa è formata di tre navi , in figura di croce mozza , non essendovi , cagione l ' attigua pubblica via , spazio pel coro ; onde l ' architetto vi surrogò una prospettiva a ' rilievo di mirabile effetto ; opera assai lodata dal Vasari e da altri . Dell ' antichissimo tempio evvi un avanzo nella cappella della crociera a sinistra , verso la via del Falcone , con quattro colonne di materia , dimensione e capitelli differenti , raccolti da edifici anteriori , come allora si soleva . In questa cappella vi è anche un bel lavoro in plastica del Caradosso Foppa . La sagrestia è un tempietto ottagono del Bramante , somma , mente lodato dal Vasari e dal Milizia . Fu assai bene ristaurato nel 1857 . Vi sono in questa chiesa pitture del Boltraffio , del Borgognone , del Bramantino , di Gaetano Vaccani , ecc . - - Quanto prima si darà mano alla costruzione della facciata del tempio , ancora in rustico , su disegno dell ' ingegnere architetto Giuseppe Vandoni . Chiesa di Santa Maria Beltrade . La chiesa di Santa Maria Beltrade fu fondata da una contessa Beltrado nell ' anno 836 , e ristaurata nel 1717 , e da ultimo , da Giacomo Moraglia , nel 1855 con buoni affreschi . Una rozza scultura , che prima vedevasi sulla porta maggiore , ora da un canto , rappresenta l ' immagine che chiamavasi Idea ; essa era il simbolo di una processione che sino all ' anno 1586 soleva farsi nel giorno della Purificazione da questa chiesa alla Metropolitana . Chiesa di San Sebastiano . La chiesa di San Sebastiano , di proprietà del Comune , è opera del Pellegrini , e devesi la sua erezione al voto fatto dai Milanesi durante la peste dell ' anno 1576 . La prima pietra fu posta da San Carlo . E di forma circolare , ed una delle più belle che vanti Milano . Magnifica è la parte esterna , ornata di lesene binate , d ' ordine dorico , con cornice elegantemente lavorata ; l ' ordine jonico si vede superiormente all ' attico praticabile . La cupola torreggia sopra questo secondo ordine . Tre porte , una maggiore ornata con colonne , e due laterali più semplici , danno ingresso all ' interno , il quale corrisponde alla bellezza esterna per la sua semplicità ed eleganza ; un ordine di lesene disposte in giro divide le cappelle arcuate ; il coro è di figura ottagona con cupola circolare . Vi sono in questa chiesa pregevoli pitture : il San Sebastiano è del Bramante . Sotto la Repubblica Cisalpina essa servì di Circolo costituzionale . E generalmente reclamato che quest ' edificio venga isolato , colla demolizione delle catapecchie addossatevi negli ultimi tempi della dominazione spagnuola . Chiesa di Sant ' Alessandro . La chiesa di Sant ' Alessandro , detta in Zebedia , vuolsi eretta sull ' area di una prigione chiamata appunto Zebedia , nella quale l ' alfiere della legione tebea , Alessandro , fu detenuto . La facciata dell ' antico tempio era verso San Giovanni in Conca . L ' attuale edificio venne elevato nell ' anno 1602 con tanta solennità che si coniarono persino medaglie commemorative . L ' architetto ne fu Lorenzo Binaghi , barnabita . Esso ha la forma di una croce greca con magnifica cupola , sostenuta da otto colonne di granito rosso lucido . La facciata , con due campanili e bella scalinata , sarebbe stata più grandiosa se avesse avuto un second ' ordine : così appare tozza . Questo tempio , restaurato non sono molti anni , è ricco nell ' interno di fregi e stucchi , e vi meritano particolare osservazione l ' altare maggiore , il pulpito e due confessionali , incastonati in pietre dure , gli intagli dell ' organo , vari dipinti del Crespi , del Procaccini , del Campi , del Fiamminghino , dello Scaramuccia , del Moncalvo , del Guadagnini , dello Scuri , ecc . , non che il monumento al matematico Paolo Frisi , il cui ritratto è del celebre Franchi . Liceo e Ginnasio Beccarla . Al lato destro della chiesa di Sant ' Alessandro , uscendo , trovansi pubbliche scuole , altre volte Arcimbolde , da monsignor Giovanni Battista Arcimboldi , il quale nel 1609 fondava due cattedre di logica e morale appunto presso i Barnabiti di Sant ' Alessandro . Soppressa la Congregazione di questi padri , vi fu stabilito dal Governo un Liceo ed un Ginnasio pubblico , diretti da professori secolari Il liceo Beccaria possiede un gabinetto di fisica , eretto fino dall ' anno 1787 , una raccolta di animali , ed una collezione mineralogica , che ebbe origine nel 1773 , e resa quindi molto ricca dal celebre naturalista , ex - barnabita , Ermenegildo Pini , mercè le sue fatiche , i suoi viaggi e le sue corrispondenze coi più celebrati naturalisti . Palazzo Trivulzi . Nella Piazza di Sant ' Alessandro , dicontro la chiesa , vedesi il palazzo Trivulzi ; esso è di una soda costruzione , e ragguardevole per le cose rare e preziose che vi si contengono , fra cui una ricca libreria ed un , museo di pregevolissime antichità , formato in gran parte dal filologo abate don Carlo Trivulzi , morto nel 1789 , dal fratello di lui Giorgio , morto nel 1802 , e continuato dai discendenti della famiglia , la quale cortesemente ne permette la visita al forestiero . Congregazione di Carità . La Congregazione di Carità ha la propria sede in via Olmetto , nella già casa Archinti , la quale conserva pregevoli pitture del Lanzani , del Tiepolo , del Piazzetta e del Bigori . Chiesa di San Michele alla Chiusa . La chiesa di San Michele alla Chiusa , che trovasi qui presso , ritiene il suo nome dalla chiusa , posta nel 1171 ad un acquidotto a trattenere le acque che da essa poi uscivano poco lungi dalla città . Sono due chiese riunite verso il 1750 ; contengono qualche buon dipinto . Nel portico del piccolo cortile si osserva 1' antico metodo , detto Graffito , introdottosi in Italia nel principio del XVI secolo , col quale si ornavano e si abbellivano le case nel loro esterno . Chiesa di San Giorgio in palazzo . La chiesa di San Giorgio credesi eretta nel 750 da San Natale , arcivescovo di Milano , sull ' area ov ' era un tempio di Mercurio . L ' aggiunto di Palazzo , che ancora essa ritiene , si vuole derivato da un palazzo imperiale edificato da Trajano o da Massimiano . Nel 1600 fu l ' edificio abbellito da Federico Borromeo . L ' attuale facciata di granito è disegno di Bernardino Ferrari . Vi sono in questa chiesa da ammirarsi un San Gerolamo , opera celebre di Gaudenzio Ferrari , la Deposizione , di Bernardino Luini . Nella casa Stampa - Soncino , presso S . Giorgio , sorge , monumento particolare , una torre a sei piani , con terrazzi accessibili , alta metri 42 24 , sulla cui sommità sono le colonne col plus ultra , stemma di Carlo V , al cui onore fu eretta . Chiesa di San Sisto - - La chiesa di San Sisto si pretende essere fondata da Desiderio , ultimo re dei Longobardi nell ' anno 770; fu rifabbricata da Federico Borromeo : vi sono pitture del Pietra . Istituto Tecnico . Nell ' area , ove sorgeva il convento di monache agostiniane , fondato da Simone da Casale nel 1345 , venne eretto , nella prima metà di questo secolo , un edificio ad uso scuole ginnasiali su disegno del conte Gian Luca della Somaglia . Soppresse queste scuole , sostituendole con quelle tecniche , dal Comune si rifabbricò ed ingrandì l ' edificio , con progetto dell ' ingegnere A . Nazari , comprendendovi anche la già chiesa di Santa Marta , che era una delle più belle opere del Richini . L ' Istituto tecnico impartisce l ' istruzione a circa 180 alunni . Presso il Carrobbio , nella via San Simone , evvi un teatro adatto a rappresentazioni drammatiche . Chiesa e colonne di San Lorenzo . Le sedici colonne , che veggonsi lungo il Corso di Porta Ticinese , e che sono parallele alla pubblica strada , formano il monumento romano più grandioso che conservi ancora Milano . Esse sono di marmo bianco scanalate , d ' ordine corintio , e composte di quattro pezzi ciascuna , compreso il capitello e la base , che ha unita una piccola porzione di colonna . Una giusta ed uniforme distanza si osserva nel loro scomparto ; la base è atticurga ; posano esse a perfetto livello sopra un rozzo zoccolo di pietra . Da ciascuna parte hanno per termine un pilastro innalzato in tempi posteriori . Gli architravi sono alti due terzi del diametro delle colonne con tre fasce , come debbe avere il corintio . Nella soffitta , fra capitello e capitello , avvi un riquadro decente - mente intagliato . Queste colonne da alcuni credonsi una parte delle Terme Erculee , costruite da Massimiano ; altri opinano del tempio di Ercole , pure eretto da quell ' imperatore . L ' iscrizione romana , che vedesi sul pilastro verso la città . ad onore di Lucio Vero , non deve avere nessuna relazione colle colonne , nè coll ' edificio : questa lapide fu ritrovata e dissotterrata 1' anno 1505 vicino al colonnato . Da questi avanzi antichi si ha accesso in un cortile , intorno al quale sono poste le abitazioni altre volte canonicali , fatte costruire da Federico Borromeo ; è il sagrato di una delle più vaste e più belle chiese di Milano , quella cioè di San Lorenzo . Questo tempio fu eretto fin dai tempi di Sant ' Ambrogio sulle rovine di opera romana . Fu distrutto da un incendio nel 1071 , poi ricostrutto ; rovinato di nuovo nell ' anno 1573 , venne infine riedificato per ordine di San Carlo su disegno di Martino Bassi , che imitò San Vitale di Ravenna . Il corpo dell ' edificio è composto di un ottagono formato da quattro archi grandi e da quattro minori . L ' ordine principale è dorico con lesene . I lavori terminarono verso il 1593 . In questa chiesa vi sono buone pitture di Ercole Procaccini , Aurelio Luini , Giambattista della Cerva , Carlo Urbino , dello Storer , ecc . Alla sinistra , verso la Vetra , evvi una chiesetta ottangolare , la quale ha servito di primitivo tempio dedicato a San Genesio , ed ora a Sant ' Aquilino martire , con un vestibolo che ha comunicazione colla strada . Questa cappella dicesi eretta da Galla Placidia , figlia di Teodosio , e vi si vede l ' urna sepolcrale della medesima e di Ataulfo , marito di lei . Posteriormente vi fu aggiunta la cupola con un lucernario . La porta di questa cappella è adorna di ricche sculture ; negli absidi si vedono mosaici del nono secolo , guasti però dai ristauratori . Nella chiesa è pur rimarchevole il mausoleo di Giovanni Conti , eretto nel secolo XVI da Gaspare Visconti , non che l ' altro dell ' antica famiglia Robiano . Uscendo in istrada dalla cappella di Sant ' Aquilino a destra trovasi la Piazza della Vetra . Questo luogo , pochi anni or sono , offriva un misero spettacolo . Da una parte scoperta correva la gora , e all ' intorno erano povere case , con terrazze di legno , occupate le più dai conciapelli . Da antico deturpava inoltre questa Piazza la forca , trasferita nel 1814 altrove . Le catapecchie dall ' anno 1829 vennero scomparendo mano mano , e moderni edifici vi vanno sorgendo ; le acque furono coperte ; e il Comune , nel 1863 , vi erigeva un Mercato per gli erbaggi e le frutta , e nell ' anno 1866 altro pei latticini ; entrambi su disegno dell ' architetto Enrico Terzaghi . Dicontro la Vetra , verso il Corso di Porta Ticinese , è la via Gian Giacomo Mora , nome dell ' infelice barbiere , che ivi aveva la bottega e l ' abitazione , i cui casi miserissimi sono sovranamente descritti da Alessandro Manzoni nel suo libro : Processo degli Untori nel 1630 . E qui appunto , ove ora è la casa al numero 1 , sorgeva la Colonna infame , stata posta sulle rovine della casa e bottega del Mora . La colonna , testimonio di barbarie , venne fatta togliere da Pietro Verri , il 1° settembre 1778 per consiglio di Cesare Beccaria . 123 - Arco di Porta Ticinese . Proseguendo pel Corso trovasi il ponte attraversante il Naviglio , costruito pochi anni sono , in istile lombardo , su disegno dell ' ingegnere Emilio Bignami . Questo ponte conserva l ' arco e parte della torre di cui erano munite le porte dei Visconti . Nel 1863 vennero questi avanzi dell ' antichità , modello dei primordi dell ' architettura gotico - lombarda , ristaurati da inesperto architetto ; sicché le torri furono guaste . Teatro Re . Questo teatro venne fatto costruire da un Giovanni Re nel 1864 , e fu inaugurato nel settembre di quell ' anno . Il disegno è dell ' architetto Concorreggi ; riuscì difettoso . Può contenere circa 1200 persone . Chiesa di Sant ' Enstorgio . La chiesa di Sant ' Eustorgio si annovera tra le più antiche di Milano , e si riguarda come uno dei primi edifici cristiani . Essa è una delle meraviglie dell ' arte lombarda . Fu fondata nel 320 dallo stesso Eustorgio , che la dedicò ai Re Magi , le reliquie dei quali vennero appunto a lui regalate dall ' imperatore di Costantinopoli , ed ivi sepolte ( * ) ; quindi prese il nome di Sant ' Eustorgio in onore dello stesso vescovo , per essere ivi stato tumulato . Nei primi tempi la chiesa trovavasi ben lontana dalla città ; la fronte era verso la via di Santa Croce con due archi che le servivano di portico . Fu rimodernata nell ' anno 1278 da Ottone Visconti coll ' opera di Tosano , detto il Lombardino , e quindi da Francesco Richini , il quale guastò la bella architettura lombarda . ( * ) Il sarcofago è ora vuoto di quelle reliquie , le quali , poste in San Giorgio per salvarle dalle mani del Barbarossa , furono quindi nel 1162 trasportate in Germania . Da qualche anno , sotto la direzione degli architetti Enrico Terzaghi e Giovanni Brocca , si sono intrapresi da quella Fabbriceria lavori di ripristino dell ' architettura antica . Il fianco meridionale della chiesa e la facciata sono stati egregiamente compiuti , ed anche l ' interno è a buon punto di avanzamento . Il campanile , assai ragguardevole per l ' altezza e per la bella costruzione , fu ultimato nel 1309 , e vi venne posto il primo quadrante che dinotasse le ore . Il pulpito di pietra , che si vede posto nell ' angolo della facciata servì a Pietro da Verona per iscagliare i suoi fulmini contro gli eretici . Nell ' interno sonovi magni - fiche opere di architettura , fra cui del Bramante e del Michelozzo Michelozzi , - lo scolaro del Donatello e il seguace del Brunelleschi , il primo che da noi incominciò a scostarsi dallo stile gotico , - consistenti specialmente nelle cappelle fatte erigere a destra dai Visconti , una delle quali ha bellissima arca dovuta a Gian Giacomo Balduccio da Pisa . Molte pitture peregrine pur vi sono del Borgognone , del Bramantino , del Fiammenghini , del Fratazzi , dello Storer , dei fratelli Procaccini , del Civerchio , del Figini , ecc . In Sant ' Eustorgio sono sepolti alcuni uomini illustri , fra cui il grecista Emanuele Crisolara e gli storici Gaspare Bugati e Giorgio Merula . Del convento annesso , ora caserma di soldati , entrarono nel 1220 in possesso i Domenicani . Vi ebbe per qualche tempo sede il Tribunale dell ' Inquisizione . Porta Ticinese . Anticamente la Porta Ticinese era situata dove ora è il Carrobbio , e chiamavasi Marzia , perchè dedicata a Marte . La terza Porta , quella costruita al tempo degli Spagnuoli , era ancora nel 1800 un informe fabbricato . Quando Napoleone Bonaparte , vinta la battaglia di Marengo , ritornò per questa Porta in Milano coll ' esercito francese , dando nuova esistenza alla Repubblica Cisalpina , si pensò di rammemorare il fatto in uno alla gloriosa giornata campale con un monumento . Il 16 giugno dell ' anno 1801 il Governo e le autorità francesi , con solenne pompa , recaronsi alla Porta Ticinese , e posero la prima pietra d ' un nuovo edificio . Il progetto però non fu eseguito per allora . Rivisse soltanto verso il 1810; e con soscrizioni private , ma vuolsi superiormente eccitate , si diede mano nel 1812 alla costruzione del severo Portico isolato che tuttodì esiste . Il disegno è del marchese Cagnola , il quale prese ad imitare quegli onorari che si facevano in Roma . E di grandioso effetto ; raggiunto dall ' architetto con pochissimi mezzi . Ai lati dell ' Arco trovansi due vistosi e sodi fabbricati a bugnato , per uso degli agenti daziari . Per la Porta Ticinese facevano il solenne ingresso i principi , gli arcivescovi , i governatori nostri ed i monarchi che venivano a visitare Milano , usanza derivata dai tempi in cui Pavia era residenza dei re longobardi . Fuori di questa Porta veggonsi i meravigliosi lavori fatti per 1' unione delle acque dell ' Adda con quelle del Ticino , ed il canale detto il Naviglio di Pavia . Più innanzi ne parleremo . Presso la Porta stessa , a sinistra , lungo la via di circonvallazione alla Porta Lodovica è lo Stabilimento nazionale pei bagni , costruito dall ' ingegnere cav . Sfondrini . E grandioso , e con vasche da nuoto eleganti . Prendendo la via a destra , e seguendo la strada di circonvallazione alla Porta Magenta , trovasi , alla sinistra , la nuova Stazione succursale per la linea Milano - Vigevano , inaugurata nel novembre 1869; stazione che fra non molto tempo sarà posta in diretta comunicazione coll ' interno di Milano , andandosi a dar mano ai lavori per l ' apertura di una nuova Porta , che si chiamerà dalla città di Genova . Ritornando in città per la Porta Ticinese devesi visitare la via della Conca , che è presso il bastione a sinistra . Quivi trovasi la magnifica conca , eseguita nella prima metà del decimoquinto secolo per opera degli ingegneri ducali Filippo da Modena e Fioravanti da Bologna , durante la signoria di Filippo Maria Visconti , allo scopo non solo di procurare il vantaggio a Milano coll ' introdurvi acqua navigabile , ma eziandio per congiungere le acque dell ' Adda , o Martesana , con quelle del Ticino , o Naviglio Grande , come sopra si è accennato . Si vede quindi che le conche sono ingegnose opere idrauliche , le quali , succedendosi in vari punti , portano due acque ad unirsi , malgrado la diversità dei loro livelli . Nel 1497 , per ordine di Lodovico il Moro , Leonardo da Vinci non rese che regolare questa conca per alzarsi dal Naviglio grande fino alla fossa di fortificazione . In quell ' anno , 1497 , il duca Lodovico faceva eseguire il monumento che vedesi presso la conca , il quale rammenta e come egli avesse alla fabbrica del duomo ridonato il diritto del dazio sulle navi che passavano per di là , e la morte della diletta di lui sposa Beatrice d ' Este . Santa Maria della Vittoria . Allungandosi per la via Arena , verso la città , trovasi la chiesa di Santa Maria della Vittoria , così chiamata da una vittoria non lungi da quel luogo , allora fuori mura , riportata dai Milanesi contro gli Imperiali , comandati da Lodovico il Bavaro . La chiesa fu eretta nel 1339 , e di nuovo fabbricata nel 1669 dal cardinale Omodei , con disegno del Mangone . L ' Omodei vi pose i sepolcri di sua famiglia in forma di piramidi con erme in bronzo . L ' interno del tempio è di buona e grandiosa architettura , di forma quadrata , con quattro archi , sui quali si innalza una maestosa cupola . L ' ordine è fonico composito . Si ammirano in essa pitture di Camillo Procaccini , di Giacinto Brandi , di Giovanni Ghisolfi , di Antonio Raggi , del Fiammenghini , ecc . Chiesa di San Calocero . Percorrendo la strada a sinistra , lungo il Naviglio , trovasi nella via omonima , la chiesa di San Calocero . Essa venne innalzata da San Carlo nel 1565 , e ciò , vuole una volgare tradizione , per una immagine della Madonna dipinta su d ' un muro , che fu veduta piangere alla vista dei mali che i Francesi facevano soffrire nel 1500 ai Milanesi . Altra tradizione narra poi che San Calocero istruisse ivi nella fede San Secondo , e lo facesse battezzare dai Santi Faustino e Giovita , sgorgando al sacro uso una fonte che tuttodì quivi si riguarda . Annessa a San Calocero è la casa dei padri delle Missioni nelle parti degli infedeli . Di contro evvi la soppressa chiesa di San Vincenzo al Prato , di gotica architettura , il cui primitivo edificio era stato nel 550 eretto sull ' area di un tempio dedicato a Giove . Istituto dei Sordo - muti . Nella vicina via di San Vincenzo , e precisamente nel convento già dei Padri Cistercensi , soppresso nel secolo scorso , venne nel 1830 posto l ' Istituto pei sordo - muti , iniziato in Milano nel 1805 da Antonio Heyraud di Lione , sotto la protezione del Governo italico . Sessanta sono i ricoverati ; v ' hanno 24 piazze gratuite , 16 per maschi e 8 per femmine , a carico del Governo . Coi legati conseguiti dappoi e cogli avanzi dell ' Istituto si sono costituite alcune pensioni semigratuite sì pei maschi che per le femmine , a norma dei casi . Ottima è 1' istruzione che si impartisce a quegli infelici , i quali , uscendo ai ventidue anni dall ' Istituto , ponno procurarsi una vita meno dolorosa . Annesso all ' Istituto principale avvene altro pei sordo - muti poveri di campagna , sorto nell ’ anno 1853 . Ha un patrimonio proprio , formato da lasciti di benefattori , colla cui rendita e col frutto di assegni mantiene circa 120 sordo - muti d ' ambo i sessi . 129 Casa d ' Industria . Ove era l ' ospedale di San Vincenzo de ' Pazzi , nell ' anno 1786 aprivasi una Casa di lavoro volontario pei poveri della città . Essa venne riformata colla denominazione di Casa d ' Industria , nel 1808 , nel qual tempo si proibiva la mendicità nel Dipartimento dell ' Olona . Mentre in quella di San Marco si accettano i soli uomini , quivi le sole donne . Per chi , percorrendo la linea di San Vittore , non avesse visitato il Macello pubblico , potrà recarvisi da questo lato . In principio della via di San Vincenzo , per ritornare nel centro della città , al ponte sul Naviglio , vedesi l ' Arco già della pusterla Fabbrica ; esso , come quello di Porta Ticinese , ci dà un saggio dei primordi dell ' architettura lombardo - gotica . Linea I . ( Colore rosa . Dalla Porta Ticinese alla Porta Garibaldi ) . (2.--Dalla Piazza del Duomo alla P . Garibaldi ) . MONUMENTI RIMARCHEVOLI , ECC . Palazzo Broletto . Clerici . Mercato . Forni militari . Porta Garibaldi . Cimitero maggiore . CHIESE . San Protaso . San Tomaso . Santa Maria del Carmine . San Simpliciano . Santa Maria Incoronata . TEATRI . Fossati . ALBERGHI . Madonna del Monte . Torre di Londra . Palazzo Carmagnola o del Broletto . Il palazzo , detto tuttodì del Broletto , fu ricostruito nel 1410 circa dal noto capitano Francesco Busone di Carmagnola , il quale lo abitò dal 1413 al 1424 , come lo indica l ' apposita lapide , e fu quivi che condusse la propria sposa Antonietta Visconti , parente del duca di Milano Filippo Maria . Passato il Carmagnola , per disgusti col Ducato , al servizio della Repubblica Veneta e dichiarato ribelle , dispose , con testamento 8 settembre 1429 , che questo palazzo toccasse come quota ereditaria alle sue figlie Luchina , maritata al conte Luigi Dal Verme , ed Antonia , maritata al dottor in legge Garnerio di Castilione i ma il 9 marzo 1464 , per contratto fra le due sorelle , passò in unica proprietà della contessa Luchina . Per varie vicende subite dai Dal Verme l ' edificio venne ad appartenere al Governo spagnuolo , e Filippo III , nel 1605 , lo donava alla città di Milano , che vi collocò il mercato dei grani . Nell ' anno 1714 vi fu trasportato il Banco di Sant ' Ambrogio , specie di Monte Mercantile ; nel 1770 , sotto la direzione dello storico Giulini , vi si pose l ' Archivio civico , e finalmente , nel 1786 , vi presero stanza gli uffici del Comune , che sino dal 1228 trovavansi in Piazza Mercanti , dandogli appunto il nome di Broletto , e vi rimasero fino all ' anno 1861 . Consiste esso in un ampio caseggiato , diviso in due cortili con portici nell ' intorno , e con porte di prospetto che mettono alle vie del Broletto e Giulini . Di antico pur conserva qualche finestrone ed alcune sale con buoni dipinti . Ora è sede dell ' Intendenza di Finanza . Trovandosi in questo punto si può visitare il Palazzo Clerici . Questo palazzo , sede della Gran Carte d ' Appello , non che del Tribunale di Commercio , che è posto nella via omonima , apparteneva alla nobile famiglia Clerici . Il capostipite di questa famiglia , venuto in Milano da Domaso , divenne straricco , commerciando in società con quel Pietro Carcano , quasi secondo fondatore dell ' Ospedale Maggiore . Il palazzo , quantunque barocco , è tuttavia grandioso : vi si vede una magnifica sala con stucchi dorati , ed una bellissima pittura a fresco nella vólta , di Gio . Battista Tiepolo . Chiesa di San Protaso . Poco lungi dal palazzo Clerici trovasi la chiesa di San Protaso , detta ad Monacos , aggiunto derivatole dall ' esservi stati fin dal 800 i Benedettini . Eretta poi in parrocchia , il diritto di nomina spettava ai monaci di San Simpliciano . Fu l ' antica chiesa ricostruita con disegno del Pellegrini , e restaurata nel 1852 . Vi sono in questo tempio pitture del Fiammenghini , del Nuvolone , di Daniele Crespi , del Cunio , del Cerano , di Camillo Procaccini . Chiesa di San Tomaso . La chiesa di San Tomaso in Terra Mala è d ' incerta origine . Secondo una tradizione l ' aggiunto di terra mala o amara le deriva da questo fatto . , Essendo morto un povero , e non volendo il parroco di San Tomaso dargli sepoltura , se prima la moglie non gli pagasse il dovuto ; la donna , disperata di non avere , nè trovare il denaro , diede in alti lamenti . Passò in quel mentre il duca Giovan - Maria Visconti , il quale , udito il motivo di quelle strida , comandò che il parroco non solo desse sepoltura gratis al morto , ma fosse , che è peggio , seppellito insieme ; e non vi fu prece peroratrice , nè pianto capace a far muovere il duca . Vuolsi che il parroco , calandosi nella fossa , andasse altamente sciamando : “ Quanto è amara questa terra “ . La chiesa ha un bellissimo pronao , e pitture di Cesare Procaccini , di Aurelio Luini , di Rodolfo Cunio . L ' altare maggiore è disegno dell ' architetto cav . Zanoja . Chiesa di Santa Maria del Carmine . La chiesa di Santa Maria del Carmine fu eretta dai padri Carmelitani nel 1268 . Se non che essa , dominata dal vicino castello , ne fu molto guasta . Rifatta in forma più grande a tre navi , le si diede l ' architettura gotica . L ' ornato esterno della porta , che tuttodì si conserva , vuolsi di - segno di F . Richini . La chiesa fu rimodernata nel 1840 . Vi sono pitture di Cesare Procaccini , di Filippo Abbiati , di Stefano Maria Legnani , di Bernardino Luini , del Montalto ; sculture del Volpi . Vi si ammirano inoltre un Battistero gotico - moderno ed alcuni monumenti . Nella parte del Foro Bonaparte , che trovasi a sinistra di chi si reca al Corso Garibaldi , lambente la strada , si sta erigendo , a cura del Municipio , un Mercato per gli erbaggi , su disegno dell ' ingegnere architetto Agostino Nazari . Teatro Fossati . Il teatro Fossati venne eretto dalla famiglia omonima nell ' anno 1859 , su elegante disegno dell ' architetto Fermo Zuccari . L ' interno è in legno ; può contenere circa 2500 spettatori . Esso ha due facciate , una prospicente il Foro Bonaparte , ì ' altra il Corso Garibaldi . Vi si danno variati spettacoli . Chiesa di San Simpliciano . La chiesa di San Simpliciano , di gotica costruzione , è una delle quattro basiliche che anticamente esiste - vano fuori della città , e si vuole fondata dal vescovo Ambrogio sotto il titolo di Santa Maria . Essendovi seppellito nell ' anno 400 Simpliciano , prese il nome di questo santo . L ' interno della chiesa è costrutto in tre navi in forma di croce latina con cupola . Contiene di belle pitture di Ambrogio Borgognone , - che eseguì mirabilmente nell ' abside del coro l ' affresco la Coronazione della Madonna , - di Francesco Terzi , di Camillo Procaccini , di Antonio Fratazzi , di Aurelio Luini , ecc . La facciata venne compiuta soltanto nel novembre del 1870 su disegno dell ' architetto Carlo Macciachini , il quale le conservò assai lodevolmente il carattere del XIII secolo . Il bellissimo chiostro , che era annesso alla chiesa di San Simpliciano , architettato dal Bramante e finito dal Seregni nel 1563 , fu convertito dall ' arciduca Ferdinando a quartiere pei soldati . Sotto il Governo Italico venne rimodernato con disegno del colonnello Rossi . Forni militari . Proseguendo la via per alla Porta Garibaldi , trovansi a destra , nella via Moscova , i Forni militari , stati costruiti verso il 1828 dal Governo austriaco , il quale si serviva dell ' area e di una parte dei fondamenti che erano stati preparati dal cessato Governo italiano per la principale caserma militare di cavalleria . Chiesa di Santa Maria Incoronata . La chiesa di Santa Maria Incoronata fu eretta nel 1451 dal duca Francesco Sforza ; e nel 1460 Bianca Maria , moglie di lui , ne fabbricò altra unita alla prima , che dedicò a San Nicola da Tolentino , volendo colle due fabbriche formare simbolo della sua unione col duca . La facciata è eguale e semplice , di forma pure eguale è l ' interno con due presbiteri e due altari maggiori . L ' architettura gotica fu guasta nel 1654 . Vi sono bei monumenti della famiglia Bossi , di Giovanni Tolentino e di Gabriele di Cotignola , arcivescovo di Milano , fratello germano di Francesco Sforza . V ' hanno pregevoli pitture di Luigi Scaramuccia , di Ercole Procaccini e del Montalto . Il convento , che era annesso a questa chiesa , fu convertito in caserma pei soldati . Porta Garibaldi . La Porta Garibaldi , già Comasina , è una delle principali di Milano . Essa era nei primi tempi al Ponte Vetero e dedicata alla Luna . La Porta che qui si trovava , costruita dal Governo spagnuolo , venne demolita , e su disegno dell ' architetto Giacomo Moraglia , dai negozianti della città eretta l ' attuale fra gli anni 1826 e 1828 . E un arco ornato alla dorica , sormontato da quattro colossi del Perabò , rappresentanti i fiumi primari di Lombardia : il Po , il Ticino , l ' Adda e l ' Olona . Nel 1860 la Rappresentanza cittadina la intitolava a Garibaldi a rammentare le vittorie comensi . Nell ' attico superiore , cancellata l ' impronta servile , venne posta la seguente epigrafe : QUI SULL ' ORME DEL NOME NEMICO IL FERRO DELL ' ITALICA GIOVENTU ' INCISE LE VITTORIE COMENSI MDCCCLIX ai lati : VARESE . SAN FERMO . Prima di terminare il giro di Milano non si deve tralasciare di visitare il Cimitero monumentale . Il Cimitero monumentale trovasi fuora la Porta Garibaldi , a sinistra , tra la strada comunale di Bovisio e la ferrovia . I lavori di questa grandiosa necropoli vennero iniziati nell ' anno 1863 su disegno dell ' architetto Carlo Macciachini . Eseguitasi la generale fondazione della parte anteriore , tratte a compimento e la metà degli spalti circostanti e il giardino rialzato dal lato di ponente , colle sottoposte gallerie , la Giunta Municipale pensò di farne l ' inaugurazione solenne il 2 novembre 1866 . I lavori continuano annualmente ; e appunto in oggi si stanno ponendo le fondamenta della gran cripta od ossario , e quanto prima si getteranno quelle del Famedio , che raccoglierà la memoria degli illustri cittadini . Il Cimitero è già ricco di pregevoli monumenti dovuti ad artisti milanesi , fra i quali Tantardini , Pandiani , Miglioretti , Strazza , Spertini , Crippa , Buzzi - Giberto , Corti , ecc . Lo stile di esso è lombardo della seconda metà del . XIII secolo . La Piazza del Duomo , la Galleria Vittorio Emanuele , il Cimitero monumentale e il Macello pubblico sono le maggiori opere edili iniziate dal Comune in questo decennio di libertà . 137 Notizie indispensabili od utili al viaggiatore ( * ) . Chiunque visiti Milano dimentica presto i comodi e gli agi del suo domicilio , trovando negli alberghi e nelle locande alloggio e trattamento confacente alla sua condizione qualunque essa siasi . In nessun albergo si penuria di mezzi accessori . Buone vetture , legni di piazza e destri servitori sono al minimo cenno a vostra disposizione . Il banchiere , il negoziante , l ' amico , cui siete raccomandato , vi servono di guida . Le Autorità di qualunque grado sono accessibili in ispecie al forestiere ; anche mancando di protezioni e di raccomandazioni non avete nulla a temere nel disimpegno dei vostri affari . Il Sindaco riceve in udienza particolare ogni settimana ; per essere ammessi a queste udienze bisogna farsi inscrivere in apposito registro . Per affari d ' urgenza riceve tutti i giorni . Le risposte alle suppliche od ai reclami che si presentano al protocollo generale si ricevono per mezzo della divisione a cui l ' affare appartiene . Al Prefetto si ricorre , sia direttamente , sia col mezzo delle Autorità locali , per tutto ciò che concerne l ' amministrazione politica . L ' esito delle suppliche e delle dimande o reclami contro le decisioni delle Autorità subalterne si conosce o col mezzo della Prefettura stessa o delle Autorità locali da cui il ricorso è partito . Il Prefetto dà udienza in determinati giorni della settimana . ( * ) Non permettendoci il limitato spazio di questa Guida di dare un elenco generale di ogni ramo di commercio e d ' industria , ci limitiamo ad additare al viaggiatore alcuno di essi fra i pii . accreditati . Se fa bisogno di rinvenire persone di cui si ignori il domicilio , se ne fa ricerca all ' Ufficio del Ruolo di popolazione ( Anagrafe ) , esistente al Municipio , via Case Rotte , al numero 4 . Qualunque reclamo che il forestiero abbia per avventura a fare contro il servizio delle vetture da nolo , od ogni altro riflettente la sicurezza pubblica , notificazioni di smarrimenti , ecc . , un ufficio di Sorveglianza urbana è posto nel Palazzo del Marino ad accoglierlo . Il forestiero può rivolgersi anche agli Agenti urbani . Ecco intanto alcuni dei principali indirizzi che crediamo segnalare al viaggiatore per gli emergenti suoi bisogni . Alberghi ( * ) . * Agnello - * Ancora - * Angioli - * Aquila - * Beccaccia - Bella Venezia - * Biscione - * Borsa - * Cappello - Cavour - Città ( Ville ) - * Corona d ' Italia - * Due Spade - * Europa - * Falcone - * Firenze - * Francia - * Gallo - Gran Brettagna - * Leone - * Madonna del Monte - * Milano - * Passarella - Pensione Svizzera - * Ponzone - * Popolo - * Pozzo - Reale - Reichman - * Roma - San Marco - * San Michele - * Torre di Londra - Tre Svizzeri . Antiquari . - - Arrigoni , Corso Venezia n . 6 . - Baslini , Corso Venezia n . 12 . - Franchi Ulisse , via del Pesce n . 2 . Sanquirico Antonio , Galleria De Cristoforis n . 43 , ecc . ( * ) Gli alberghi contrassegnati coll ' asterisco hanno trattoria in casa , pronta ad ogni ora del giorno . Con tre , quattro o cinque lire al maximum si può avere in tutti questi alberghi un buon pranzo . Articoli da Viaggio . Bouffier Pietro di Giovanni , via Torino n . 14 . - Ghezzi Enrico , Corso Vittorio Emanuele n . 18 . - Münster Fratelli , Corso Vittorio Emanuele n . 28 , ecc . Bagni particolari . Bagni con gabinetti separati e acque calde . Bagni dell ' ex Ville , via Pasquirolo n . 11 . del Giardinetto , Corso Vittorio Emanuele n . 17 . Reali , via Pantano n . 2 e via Larga n . 33 . di proprietà di Clotilde vedova Jodani , via Tre Alberghi n . 24 . dell ' Annunciata , via omonima n . 11 . Russi ed Orientali , anche per cura idropatica , via Sala n . 7 . Bagni pubblici : con vasche grandi e maestri di nuoto . Bagno di Diana , fuori di Porta Venezia . Bagno in via Castelfidardo . Bagno Nazionale , anche con gabinetti separati e doccia , fuori di Porta Ticinese . Bagno del Ticino , fuori di Porta Ticinese . Banche e Banchieri . Banca Franco - Italiana , via San Pietro all ' Orto n . 8 . - Banca Nazionale , via Giardino n . 6 . - Banca popolare , Piazza Mercanti . - Banca del Popolo , via Brera n . 19 . - Banca Lombarda , via Giardino n . 7 . - Belinzaghi commendatore Giulio , via Andegari n . 14 . Brot cav . Carlo Francesco , via Giardino n . 14 . - Campagnoni Francesco , Galleria Vittorio Emanuele n . 8 e 10 . - Cavajani Oneto e Comp . , via Giardino n . 5 . - Mazzoni e Campi , via Bigli n . 15 . - Mylius Enrico e Comp . , via Clerici n . 6 . - Pisa Zaccaria , via Meravigli n . 11 . - Spagliardi Giuseppe ed Antonio e Comp . , via Cusani n . 5 . - Ulrich e Comp . , via Bigli n . 21 . - Warchex vedova , Garavaglia e Comp . , via Oriani n . 1 . - Weill - Schott figli e Comp . , via Pietro Verri n . 7 , ecc . Biblioteche pubbliche . Biblioteca Nazionale di Brera , via Brera n . 28 , aperta dalle ore 9 antimeridiane alle 5 pomeridiane , meno i giorni festivi , le ferie del carnovale , della Pasqua , e le autunnali dal 15 settembre al 4 novembre . Ambrosiana , San Sepolcro n . 1 . Pei forestieri è aperta tutto l ' anno dalle ore 10 antimeridiane alle 3 pomeridiane ; nei dì festivi da un ' ora alle 3 pomeridiane . Popolare , via Circo n . 4 , aperta dalle ore 7 alle 9 pomeridiane ; nei dì festivi dalle ore 2 pomerid . alle 4 . Per ogni volume che si estrae dalla Biblioteca Popolare si pagano cent . 5 per la durata di venticinque giorni ; scorsi i quali , se il libro non viene riconsegnato alla Biblioteca , si paga di nuovo una tassa e una sopratassa di cent . 5 per ogni mese o frazione di mese . Per ritirare il libro bisogna far constare di sè a chi sepraintende alla distribuzione . Biblioteche private . Belgiojoso fu principe Emilio , piazza Belgiojoso n . 2 . Borromeo Arese conte Vitaliano , piazza Borromeo n . 7 . Bruschetti ing . Giuseppe , corso Porta Romana , n . 66 . ( Archivio storico di architettura civile , idraulica e militare , già proprietà del fu ingegnere F . B . Ferrari , Cavagna Sangiuliani conte cav . Antonio ( Raccolta di storie municipali italiane e illustrazioni patrie ) , via Pietro Verri n . 18 . Cavaleri avv . Michele , Corso Magenta , n . 86 . D ' Adda marchese Girolamo , via Gesù n . 12 . Rocca Saporiti conte Apollinare , marchese della Sforzesca , Corso Venezia n . 56 . Trivulzio marchese Gian Giacomo , Piazza di Sant ' Alessandro n . 4 . Bijoutieri , Orefici , Orologiai . Bigatti fratelli , negozianti in gioje , fabbricatori di giojellerie , bijouterie e argenterie , via Giardino 7 . - Carenzio e Confalonieri , giojellieri e bijoutieri , Piazza del Duomo n . 27 . - Conti Annibale , orefice e giojelliere , via orefici n . 28 . - Grisetti Eugenio , orefice e giojelliere , via Tomaso Grossi n . 9 . - Sartirana G . , orefice e orologiaio , Corso Vittorio Emanuele n . 26 . - Terruggia Pietro , orefice e giojelliere , via Orefici n . 38 , ecc . Broughams . - Stazioni principali . - Piazze : Duomo - Fontana - Mercanti - Santa Marta - Scala - San Sepolcro - Cavour . Vie : Giardino - Brera - Bottonuto - San Giuseppe - Corso Venezia - Corso di Porta Romana - Corso Magenta - Ponte Vetero , ecc . Tariffe : Per una corsa che non oltrepassi la mezz ' ora si paga di giorno Lir . 1 . e di notte Lir . 1 . 25 . Fino ad un ' ora intiera Lir . 1 . 50 di giorno e Lir . 1 . 75 di notte . Per ogni mezz ' ora successiva Cent . 75 di giorno e Lir . 1 di notte . La mezz ' ora incominciata si considera come completa . Per ogni bagaglio od oggetto che non stia nell ' interno si paga Cent . 25 sia di giorno che di notte . Caffè e Pasticcerie principali . Caffè ( * ) . Caffè Cova , via San Giuseppe - Caffè Biffi , Galleria Vittorio Emanuele - Caffè Gnocchi , Galleria Vittorio Emanuele - Caffè Gnocchi , al Foro Bonaparte - Caffè Martini , Piazza della Scala - Caffè Merlo , Corso Vittorio Emanuele - Caffè dell ' Europa , Corso Vittorio Emanuele - Caffè dell ' Accademia , Piazza della Scala - Caffè Maldifassi , via Principe Umberto - Caffè del Rinascimento , Corso Venezia - Caffè del Risorgimento , Corso Magenta - Caffè del Duomo , in Piazza del Duomo ( * * ) - Caffè ai Giardini Pubblici - Caffè Moresco , via Solferino . Pasticcieri od Offellieri . Biffi , Piazza del Duomo n . 33 - Lazzaroni , Corso Venezia n . 1- Dell ' Acqua , via Santa Margherita n . 4 , e Galleria Vittorio Emanuele - Puricelli , via Monte Napoleone n . 45 - Cova , via Giardino n . 1 - Baj Fratelli , Corso Vittorio Emanuele n . 4 - Castiglioni Luigi , via Tre Alberghi n . 2 - Lorioli Carlo , via Brera n . 2 , ecc . Calzolai da donna . Beltrami , Corso Vittorio Emanuele n . 17 - Brivio , Corso Venezia n . 4 - Dupin , via della Passarella n . 26 - Bianchi , via Tre Alberghi n . 14 , ecc . ( * ) Tutti questi caffè dalle ore 10 antimeridiane alle 2 pomeridiane servono il déjeuné alla forchetta . ( * * ) Questo caffè è provveduto di una grande quantità di giornali . Calzolai da uomo . Borioli Alessandro , Galleria Vittorio Emanuele - Mejani Carlo , via Lupetta n . 1 - Mosconi Domenico , Corso Vittorio Emanuele n . 31 - Mûnster fratelli , Corso Vittorio Emanuele n . 28 , e Galleria Vittorio Emanuele ( calzature specialmente di Vienna ) - Veronesi , Corso Venezia n . 11 , ecc . Cambia valute . Casati Ignazio , via Santa Margherita - Grisi Francesco e Comp . , Piazza Mercanti - Mazzucchelli Luigi , Cordusio - Prada Celestino , Piazza del Duomo n . 20 - Strada Luigi , via Giardino n . 4 , ecc . Cappellai . Bergamo Giuseppe , Piazza del Duomo n . 35 - Chiesa Antonio , Piazza del Duomo n . 27 - De Marchi - Gherini Ambrogio , via delle Asole n . 2 - Insom Domenico , Corso Vittorio Emanuele n . 3 - Mariani Gaetano , Cordusio - Migliavacca Giovanni , Corso Vittorio Emanuele - Ponzone Antonio ( Ditta ) , via Santa Margherita n . 4 , ecc . Cartolai , oggetti di cancelleria . Maglia Antonio , Galleria Vittorio Emanuele n . 20 - Crivelli , Corso Vittorio Emanuele n . 36 - Ripamonti - Carpano Antonio , Galleria De Cristoforis n . 18 - De Grandi , Corso Vittorio Emanuele n . 29 - Ferrario Luigi , via Armorari n . 3 - Bontà ( Ditta ) , via Pantano n . 9 - Orgneri Michele , via San Giuseppe n . 12 , ecc . Chincaglieria , Bronzi , Bijouteria di lusso , Grande novità . Baglia Carlo , Piazza del Duomo n . 43 . - Brioschi Fratelli , Corso Vittorio Emanuele n . 4 . - Pirotta e Caprotti , Galleria De Cristoforis . - Galli e Bonnefoy , al Gran Mercurio , Corso Vittorio Emanuele , n . 15 . - Grande Emporio d ' ogni genere d ' addobbi in pendole , bronzi , lampade , porcellana e cristalleria , macchine per usi domestici , bijouterie ed articoli da viaggio . Si spedisce gratis il catalogo dei vari articoli a chi ne fa domanda per lettera . Consoli . Austria - Ungheria . Cantoni Eugenio , console generale , via Meravigli n . 15 . - Belgio . Belinzaghi Giulio , console generale , via Andegari n . 14 . - Bolivia . Brambilla Pietro , vice - console , via Torino n . 51 . - Brasile . Mazzone cav . Carlo , vice - console , via Solferino n . 20 . - Chili . Brivio marchese Giacomo , console , via Olmetto n . 17 . - Confederazione Argentina Juan F . Pelanda . - Confederazione Svizzera . Vonwiller Oscar , console , via Broletto n . 37 . - Francia . Bouillat cav . Edoardo , console , via Sant ' Andrea n . 8 . - Germania del Nord e Granducato di Baden . Mack Davide , console , via Bassano Porrone n . 2 . - Grecia . Ralli cav . Giacomo , console , via San Simone n . 8 . - Inghilterra . Kelly Thomas William , vice - console , nell ' Albergo Reale , via Tre Alberghi . - Messico . Brocca dott . Giovanni , console , corso Vittorio Emanuele n . 21 . - Monaco ( Principato di ) . Cavriani nobile Ippolito , console , via Olmetto n . 7 . - Paraguay . Visconti di Modrone conte Guido , vice - console , via Cerva n . 28 . - Portogallo . De Souza Holstein cav . Federico Filippo , console , Piazza San Sepolcro n . 11 . - San Marino . Antona - Traversi avv . Giovanni , console , via Giardino n . 10 . - Spagna . Brocca commendatore Luigi , console , corso Vittorio Emanuele n . 21 . – Stati Uniti d ' America . Clark William , via Monforte . - Turchia . J . Dominian effendi , Corso Vittorio Emanuele n . 20 . Dentisti e Pedicuri . Ballerio Isidoro , dentista , via Rastrelli n . 16 - Banfi Girolamo , dentista , via Palazzo Reale n . 3 - Bauer Adolfo , dentista , via San Dalmazio n . 5 . - Briziano Pompeo , pedicure , via Pattari n . 3 . Buzenac Luigi , dentista , Corso Vittorio Emanuele n . 24 - Clément Arbib , dentista , via San Protaso n . 3 - Winderling L . Noé1 - e G . Noél , dentista , via Borgospesso n . 21 - De Ambrosis Giovanni , pedicure , via Falcone n . 1 , ecc . Editori di musica . Ricordi Tito , via Omenoni n . 1 , ed ottagono Galleria Vittorio Emanuele - Lucca Francesco , via San Paolo n . 10 , e via Santa Radegonda n . 5 - Canti Giovanni , via Giardino n . 1 , e via Meravigli n . 11 , ecc . Facchini e Fattorini . La società dei Facchini , con brevetto municipale , e quella de ' Fattorini di Piazza , prestano un lodevole servizio di scorta e trasporto di effetti per indicazione da uno ad altro punto della città , ricapito lettere , gruppi , circolari , ecc . Le due Società si distinguono in fra esse dal berretto ; hanno stazioni nelle Piazze e grandi vie ; la stazione principale è in Piazza Mercanti . Tariffa della Società dei Facchini . Per servizio di scorta e per indicazione da uno ad altro punto della città senza interruzioni o fermate L . 25 Per ogni ora L 50 Per ricapito di lettere , gruppi , fatture e di tutto quanto può contenersi nella borsa , per ciascun capo L 20 Trasporto di bagagli , casse , bauli e simili , in qualunque direzione nell ' interno della città del peso di kilogr . 1 a 30 L 30 fino a kilogr . 50 L 50 fino ad un quintale L 70 Pel trasporto nei sobborghi , in aumento per ogni tassa L 15 Tariffa della Società dei Fattorini di Piazza . Per servizio di scorta e per indicazione da uno ad altro punto della città senza interruzioni o fermate L . 30 Per ogni ora L 60 Per ricapito di lettere , gruppi , fatture e di tutto quanto può contenersi nella borsa , per ciascun pezzo L 20 Trasporto di bagagli , casse , bauli e simili , in qualunque direzione nell ' interno della città del peso dikilogr . 1 a 30 L . 30 fino a kilogr . 50 L 50 fino ad un quintaleL 70 Pel trasporto nei sobborghi , in aumento per ogni tassa L 20 Farmacie . Biraghi , Corso Vittorio Emanuele n . 5 - Brera ( di ) , via Fiori Oscuri n . 15 - De Ponti Donnino , alle Cinque Vie n . 22 - Foglia Antonio , Corso di Porta Romana n . 22 - Franzini , via Santa Margherita n . 12 - Garofoletti Alberto , via Santa Maria alla Porta n . 1 - Migliavacca Gio . Battista , via Monte Napoleone n . 1 - Porati , Corso di Porta Ticinese - Pozzi Giuseppe , Corso Venezia n . 41 - Riva Palazzi , Piazza della Scala - Stagnoli , via Bigli n . 28 - Zambelletti Lodovico , piazza San Carlo n . 5 . Farmacie omeopatiche . Biraghi Carlo , Corso Vittorio Emanuele n . 3 - Franzini , via Santa Margherita n . 12 - Garofoletti Alberto , via Santa Maria alla Porta n . 1 - Pozzi Giuseppe , Corso Venezia n . 41 . Fotografi . Calzolari Figlio , successore a Duroni Alessandro , Corso Vittorio Emanuele n . 13 - Deroche ed Heyland , Corso Vittorio Emanuele n . 15 - Ganzini Giovanni Battista , via Unione n . 10 - Montabone , Corso Vittorio Emanuele n . 22 - Pagliano Leonida , via Monforte n . 3 - Rossi Giulio ( sistema Crozat ) , via Bigli n . 7 - Triestina , Corso Venezia n . 77 . Gabinetti di decenza . Due sono i Gabinetti di decenza in Milano con assai proprie ritirate per uomini e signore , l ' uno in via Pasquirolo , l ' altro al nuovo Giardino Pubblico , sotto l ' edificio del caffè . - Il prezzo d ' accesso è di cent . 10 . - Nel primo , a convenienti prezzi , si può anche avere profumerie . - In esso da appositi incaricati si ricevono in deposito effetti da viaggio , e si fa ripulitura d ' abiti e di scarpe . - Pel deposito di effetti pagansi cent . 10 . - Pella pulitura di abiti e scarpe cent . 10 . Giornali politici . La Lombardia , giornale ufficiale della Provincia di Milano - La Perseveranza - La Gazzetta di Milano - Il Secolo - Il Pungolo - Il Corriere di Milano - Il Sole , anche commerciale - L ' Unità Italiana - Il Gazzettino Rosa . - - Questi giornali si ponilo comperare presso le apposite edicole , poste nei principali centri di Milano . Istituti e Collegi principali d ' Educazione . Convitto Nazionale Longoni , Corso ginnasiale - Iiceale e tecnica superiore , via Fatebene - fratelli n . 11 . Civico Collegio - Ginnasio - Liceo Calchi Taeggi , via Porta Vigentina n . 17 . Istituto Dolci , premiato più volte dalla Società Pedagogica italiana . È provveduto d ' un scelto Corpo di professori per l ' insegnamento elementare , ginnasiale , liceale tecnico , militare , amministrativo e commerciale , ecc . Lo stabilimento è arricchito di copiosa suppellettile , in libreria , macchine , musei , ecc . per lo studio della geometria , fisica , storia naturale , geografia , chimica , meccanica , ecc . Ha unito un Convitto regolato sulle norme dei migliori della Svizzera e della Germania . L ' Istituto , che raccomandiamo specialmente , e che può essere visitato in ogni tempo , è posto in vasto locale , con giardino , cortile e portici , Corso di Porta Ticinese n . 83 . Collegio di preparazione agli Istituti militari con annesso Corso tecnico . E molto in credito , diretto essendo da professori addetti al già Collegio militare che esisteva in Milano . Trovasi in via Camminadella n . 22 . Collegio reale delle fanciulle con 24 posti gratuiti , via Passione n . 12 . Liceo privato De Angeli , via Zebedia n . 1 . Istituto privato Boselli per l ' istruzione elementare e ginnasiale , via San Giuseppe n . 4 . Istituto privato Pietrasanta , per Corsi ginnasiali , elementari , tecnici e commercio . Possiede un museo di Storia Naturale e Mineralogia , via San Paolo n . 10 . Istituto privato Stampa . Insegnamento diurno e serale del Corso elementare , di ragioneria , amministrazione e commercio , Galleria Vittorio Emanuele , scala n . 15 . Vi è annesso un ufficio approvato per interpretazioni e traduzioni in qualunque lingua . Insegnamenti speciali . Reale Conservatorio di Musica . Istruzione in ogni ramo di materia musicale , via Conservatorio n . 12 . Accademia de ' Filodrammatici . Scuola di declamazione , via Filodrammatici n . 1 . Reale Istituto Sordo - muti per l ' istruzione de - gli stessi , via San Vincenzo n . 7 . Istituto dei Ciechi , corso Porta Nuova n . 5 . Collegio Tipografico fondato dal tipografo - editore signor Francesco Pagnoni , inaugurato il 14 maggio 1871 , via Ancona n . 3 . Scopo di questo Collegio è la professione e la educazione perfezionata dell ' Arte Tipografica , Fonderia , Stereotipia , Galvanoplastica , Legatoria ed Arti affini . Non si accettano giovinetti se non di madri vedove e bisognose . La durata di permanenza per l ' istruzione ed educazione agli Allievi professionisti non deve oltrepassare gli anni sei ; scorsi i quali ognuno dovrà provvedersi il proprio sostentamento procacciandosi onorato lavoro nelle altrui officine . Scuola civica di Musica , Piazza Mercanti , n . 4 . Scuola di Cauto per adolescenti , piazza del Duomo n . 16 . Scuola di Ballo e Canto , annessa al R . Teatro della Scala . Civica Palestra ginnastica , Corso di Porta Romana n . 108 . Scuole di nuoto presso i Bagni Pubblici , di Diana , Castelfidardo , Nazionale , Ticino , ecc . Scuola Orfeonica femminile , Corso Magenta , locale del Monastero Maggiore pel canto corale da impartirsi alle fanciulle , fondato dal maestro Cr . Varisco . Librerie italiane e straniere . Brigola Gaetano , Corso Vittorio Emanuele n . 26 - Bolchesi Domenico , Galleria De Cristoforis - Dumolard fratelli ( libreria francese ) , Corso Vittorio Emanuele n . 21 - Hoepl , successore a Laengner Teodoro ( libreria tedesca ) , Galleria De Cristoforis n . 59 - Agnelli Giacomo , via Santa Margherita n . 2 , specialmente per libri scolastici ed educativi , - Carrara Paolo , via Santa Margherita n . 5 - Paravia Cr . Batt . , Galleria De Cristoforis . Libri antichi . - Barbini Carlo , via Chiaravalle n . 9 , editore anche della Biblioteca Ebdomadaria - Galleria Teatrale - Repertorio del Teatro Milanese e Poliantea Drammatica - Branca Carlo , via Monte Napoleone n . 23 - Schieppati Gaetano , via San Pietro all ' Orto n . 17 - Frisiani Carlo , via San Paolo n . 11 . - Vergani Pietro , via Sant ' Antonio n . 20 . Mercanti in stoffe , seterie e snoda . Landi Mafessoni e Pollenghi , Corso Vittorio Emanuele n . 22 - Vernazzi Fulvio e Comp . , Corso Vittorio Emanuele n . 28 - Ronchi e Dell ' Orto , ottagono della Galleria Vittorio Emanuele - Cozzi Aliprandi , successori a Panseri , piazza del Duomo - Osnago , Eredi , via Santa Radegonda n . 5 - Manfredi , Zanardi e Comp . , via Rastrelli n . 24 - Rossignol G . , via Torino , ecc . Modiste e Sarte . Lebrun - Ferrandi Giuseppina , Corso Vittorio Emanuele n . 5 - Chaillon Enrichetta , via Pattari n . 2 - Corti , sorelle , via Passarella n . 2 - Nessi Elena . via San Paolo n . 5 - Vigorelli Induno , Corso Vittorio Emanuele - Jeannette Landi , via Borgogna n . 2 . Musei . Museo Cavaleri , dal suo fondatore , l ' egregio avvocato Michele Cavaleri , inaugura - tosi nel marzo 1871 . Trovasi al Corso Magenta n . 86 . Museo Molinari , del suo fondatore , il popolano Francesco Molinari , inauguratosi il 29 settembre 1870 . Trovasi in via Maddalena n . 17 . Museo Civico , nel palazzo Comunale de ' Giardini Pubblici . Museo Patrio di Archeologia , nel palazzo di Belle Arti via Brera . Museo Ambrosiano , presso la Biblioteca Abrosiana , Piazza della Rosa n . 2 , ed altri in case private . Numismatica . Avvi un gabinetto di numismatica nel palazzo di Belle Arti in via Brera - altro nella Biblioteca Ambrosiana - altro nel palazzo Municipale del Marino , proveniente al Comune da eredità del defunto conte Carlo Taverna . Parecchi altri Gabinetti di numismatica sono in case private . Oggetti chirurgici , Cinti , ecc . Baldinelli Ferdinando , via Pattari n . 7 - Gennari P . Enrico , via Ospedale n . 14 - Repossi Flaminio , via Torino 24 - Sighinolfi , via Santa Maria Segreta n . 1 . Orario ferroviario , vedi pag . III Ottici . Duroni Antonio , Galleria Vittorio Emanuele - Brenta Fratelli , Corso Vittorio Emanuele n . 12 - Quercetti Fortunato , Piazza del Duomo n . 35 - Albini Luigi , via Santa Margherita , n . 7 . Pinacoteche . Nel palazzo di Belle Arti in via Brera . - Nella Biblioteca Ambrosiana , Piazza della Rosa n . 2 . Una raccolta di quadri ed altri oggetti d ' arte sono giornalmente visibili nella Esposizione permanente in via Palermo n . 1 . Si fanno esposizioni di Belle Arti nella Gran Sala ai vecchi Giardini Pubblici . Vi sono molte altre Gallerie private di quadri , ecc . Posta delle lettere . L ' ufficio delle Regie Poste è in via Rastrelli num . 20 . Esso è aperto dalle ore 8 della mattina alle 10 della sera per la distribuzione , raccomandazione ed assicurazione delle lettere , giornali e vendita francobolli ; pel rilascio e pagamento di vaglia dalle ore 8 della mattina alle 4 pomeridiane . La levata delle lettere dalle buche sussidiarie ha luogo cinque volte al giorno , cioè : alle ore 7 e 30 e 10 mattina , ed alle 2 e 30 , 4 e 15 e 8 pomeridiane . Quelle site nei quartieri di Porta Vittoria , Porta Venezia , Porta Nuova e Porta Garibaldi sono levate mezz ' ora più tardi . E fatta eccezione per le buche - poste in via Broletto , via Armorari , Piazza Mercanti e Piazza della Scala , per le quali viene stabilita una levata straordinaria alle 12 meridiane . Le lettere della città fra la città e sobborghi dovranno essere impostate nell ' apposita buca presso l ' ufficio centrale . Giornali , stampe e campioni non potranno impostarsi nelle buche succursali della città . Le lettere che si vogliono raccomandare od assicurare , i giornali , le opere periodiche devono essere presentate agli uffici appositi un ' ora prima del tempo stabilito per l ' impostazione delle corrispondenze ordinarie . Le lettere contenenti valori devono assoggettarsi almeno alla formalità della raccomandazione , non rispondendo l ' Amministrazione , in caso diverso , del non avvenutone ricapito . Regia Questura . La Direzione centrale è in via Santa Margherita num . 18 , ed è sede della Questura . V ' hanno sei Sezioni distribuite per la città : la prima . , via Pontaccio n . 19 - la seconda , via Santa Margherita n . 10 - la terza , via Cerva n . 14 - la quarta Corso di Porta Romana n . 98 - la quinta , via San Simone n . 12 - la sesta , via Terraggio n . 4 . Restaurants . Borsa , via San Giuseppe n . 2 Pranzo da franchi 4 in avanti a tutte le ore . Manin , via Manin n . 7 - Rebecchino , via Rebecchino n . 7 - Ristoro , via Aquila n . 6 - Annunciata , via Annunciata n . 11 - Firenze , via Principe Umberto n . 29 - Trattoria Galli nella Galleria Vittorio Emanuele , ecc . La maggior parte degli Alberghi e Caffè primari danno pranzi e déjeunés alla carta e a prezzo fisso . Fra questi citiamo come principali : L ' albergo Milano - di Francia - Roma - del Leone - della Passarella - del Bissone - e del Falcone . Quando vogliasi uscire dalle porte della città per godere della vista della campagna , nei suburbi vi sono parecchie trattorie molto frequentate dai Milanesi , specialmente nella stagione estiva , le quali offrono pranzi succosi : le più in grido sono : l ' Isola Bella , il Giardino d ' Italia , l ' Isola Botta , la Magna , I Promessi Sposi , Loreto , la Noce , ecc . Sarti da uomo . Marzio Carlo , Corso Vittorio Emanuele n . 26 - Prandoni , via Farine n . 10 - Tonelli , via Carlo Alberto n . 1 . - Segramora Alessandro , via Pattari n . 3 - Segramora Giacomo , Corso Vittorio Emanuele n . 32 - Lampugnani Giuseppe , Piazza del Duomo n . 22 , ecc . Sorveglianza Urbana . La Sorveglianza Urbana ha pure sei Mandamenti , ai quali il forestiere potrà rivolgersi per quanto gli verrà ad occorrere per illustrazioni o per reclami dipendenti da servizi di spettanza civica . Il primo Mandamento è posto in via San Simpliciano n . 5 - il secondo via Case Rotte n . 4 - il terzo via Durini n . 19 - il quarto via Sant ' Eufemia n . 14 - il quinto Piazza Vetra n . 9 - il sesto via Terraggio n . 2 . Telegrafo . L ' Ufficio telegrafico è situato in Piazza Mercanti n . 19 . Esso è aperto giorno e notte senza interruzione . La tariffa dei prezzi dei dispacci è esposta nell ' ufficio stesso . Nella sala d ' accesso vi sono le module per l ' invio dei dispacci , non che l ' occorrente per iscriverli . Uffici d ' indizio . Per ricerca di alloggi , persone di servizio , impiegati , ecc . : Amadori Marino , via Tre Alberghi n . 28 - Gavazzeni Carlo , via San Raffaele n . 1 . - Bertolazzi Giuseppe , Piazza Duomo n . 41 - Bestetti Ambrogio Luigi , Verziere n . 5 - Bonfico Giuseppe , via San Vito n . 18 - Camisasca Francesco , via San Giuseppe n . 13 - De Vecchi Giuseppe , via San Raffaele n . 10 . Vedute di Milano , Stampe , Fotografie , Guide , ecc . Artaria Ferdinando e Figli , via Santa Margherita - Pozzi Pompeo , Galleria De Cristoforis - Ronchi Luigi , Corso Vittorio Emanuele n . 22 - Vallardi Antonio , via Santa Margherita , ecc . Guide , Dizionari in tutte le lingue , Dialoghi , ecc . , Brigola Gaetano , Corso Vittorio Emanuele n . 26 . Divertimenti . Sotto questo titolo esponiamo al lettore quanto la città di Milano offre al viaggiatore in materia di Spettacoli teatrali diurni e serali , Concerti , Passeggi , Società di Riunione , Balli , Equitazione , Velocipedi , Scherma , Ginnastica , Pattinaggio , Bersaglio , Salita al Duomo , Gite piacevoli ai dintorni di Milano , ecc . Quando il forestiere , dopo visitati i monumenti della Città , voglia conoscerne i passa - tempi , dovrà innanzi tutto recarsi al Teatro alla Scala , il quale offre il primo spettacolo che si possa godere in Italia d ' opera seria e di ballo , con attori di canto , ballerini e mimi di cartello , e con decorazioni sceniche che invano cercherebbonsi in altre città anche principali . Non dovrà in seguito dimenticare i Teatri secondari , come la Canobbiana , il Carcano , il Vecchio Re , Santa Radegonda , il Milanese ( * ) , il Politeama Milanese , nel quale ultimo , nelle stagioni principalmente di estate ed autunno , si danno opere e balli con abili artisti . Per la commedia italiana o francese è raccomandabile il Vecchio Teatro Re , il quale sarà nel 1872 surrogato dal Teatro della Commedia , che si sta costruendo in Piazza San Fedele . Al Fossati ed al Nuovo Teatro Re si danno operette buffe , balletti e commedie . Questi ultimi ( * ) Non ometta il viaggiatore la visita al Teatro Milanese , ove vi si recita la Commedia in dialetto , che dipinge al vivo i costumi della città . teatri sono frequentatissimi dal popolo dei quartieri operai , e vi è permesso anche il fumare . Seguono i teatri diurni : il Padiglione nazionale , i Circhi al Nuovo Tivoli , e la Commenda , ecc . Quando nella sosta che un forestiere fa in Milano , egli vegga annunciato uno spettacolo nell ' Arena , non deve tralasciare di recarvisi , onde godere del magnifico colpo d ' occhio che offre quell ' edificio , particolarmente dal Pulvinare se , specialmente , siavi concorso di spettatori . Eccovi intanto i prezzi ordinari d ' entrata ai teatri di Milano . Teatro R . alla Scala L . 3 50 In prime sere di spettacolo o di Veglione ( * ) L 5 R . della Canobbiana L 1 25 Quando vi si fa musica L 2 Carcano L 1 50 Re ( vecchio ) L 1 50 Milanese L 1 50 Politeama Milanese ( * * ) L 1 00 Fossati L 80 Re ( nuovo ) L 80 Santa Radegonda L 1 25 A seconda degli spettacoli . L 1 50 ( * ) Un Gabinetto di decenza per signore , custodito da apposita donna , trovasi tra la seconda e terza fila a sinistra del R . Teatro alla Scala . La tariffa è di cent . 10 . ( * * ) Varia il prezzo poi a seconda dei posti . Il teatro fu inaugurato il 4 maggio 1871 . Architetto ne fu il signor Carlo Naymiller . Commenda (spettac.i diurni ) L . 80 Fiando , detto Gerolamo ( marionette ) L . 50 Prandi ( marionette ) L 50 Filodrammatici , vi si ha accesso con biglietto d ' invito emesso dalla Presidenza , o dato da un socio . San Simone , occupato dalla Società di dilettanti Gustavo Modena . Vi si può entrare con biglietto come nel teatro dell ' Accademia dei Filodrammatici . In altra sera , anzichò rinchiudersi nei teatri , si può godere ottimi concerti nei caffè Gnocchi e Biffi nella Galleria Vittorio Emanuele . Si danno concerti assai di frequente nel Salone ai vecchi Giardini Pubblici , nella gran sala del R . Conservatorio . Nelle sere d ' estate si fa musica nel giardino dei caffè Cova in via San Giuseppe , in quello del Rinascimento al Corso Venezia , e Gnocchi al Foro Bonaparte ; al caffè Maldifassi , in via Principe Umberto , ogni giovedì e domenica , come anche al caffe Garibaldi in Piazza Fontana , ed in altre sale di caffè secondari . Pure in estate , ogni giorno di festa , vi è musica e gran passeggio ai Giardini Pubblici Vecchi dalle ore due alle quattro pomeridiane ; dalle ore sei alle otto di sera ai Nuovi Giardini . In questi geniali ritrovi il gentil sesso milanese fa pompa di bellezza e d ' eleganza . Dalle ore 3 alle 4 pomeridiane , nei giorni di martedì e giovedì , il corpo di musica della Guardia Nazionale eseguisce concerti in Piazza della Scala . Ogni giorno , dalle ore 2 alle 5 pomeridiane , passeggio dalla Piazza del Duomo , lungo i Corsi Vittorio Emanuele e Venezia , e bastioni dalla Porta Venezia alla Nuova . Particolarmente nei dì festivi vi si ammirano numerosi ed eleganti cocchi . Nei più caldi giorni dell ' estate il corso delle carrozze sui bastioni si fa dalle ore 7 alle 9 pomeridiane . Luogo di passatempo pel cittadino e il forestiero , offrono pure e la Galleria Vittorio Emanuele , il Foro Bonaparte , special - mente nell ' estate , ove sonvi vari divertimenti , ed il Tivoli , dove si eseguisce musica ogni giovedì e domenica ; vi hanno in esso caffè , liquoristi ed altri esercenti pel popolo ; un circolo per cavalli o comiche compagnie per chi ama gli spettacoli a poco prezzo ; giostre , saltimbanchi , suonatori ambulanti , ecc . Ogni forestiere che soggiorni a Milano per alcuni giorni può , presentato da un socio , frequentare i concerti della Società del Quartetto , e le riunioni serali delle Società Patriottica , dell ' Unione , degli Artisti , del Durino e del Giardino . In quest ' ultima vi sono assai splendide sale , nelle quali nel carnevale si danno bellissime feste da ballo ; possiede essa di molti giornali , ed una buona raccolta di libri . Anche alla Società degli Artisti e del Durino si danno frequentemente concerti , feste da ballo , alle quali il forestiero è ammesso munito di viglietto procurato da un socio . Sono celebratissimi i Risotti masqué , che una volta l ' anno dà la Società degli Artisti , per le spiritose mascherate , parodie e la vivacità più bizzarra che mai . Amate il ballo , 1' equitazione , il velocipede , la scherma , la ginnastica o il bersaglio , ecc . ? , vi hanno luoghi di riunione anche per ciò con ottimi maestri . Ne diamo un saggio . Maestri e maestre da ballo . Angiolini Silvia , via Durini n . 34 - Casati , conjugi , Giovanni e Wouthier Margherita , via Santa Margherita n . 22 - Della Croce Achille , via Bagutta n . 8 - Della Croce Carlo , via Soncino Merati n . 8 , ecc . Maestri di equitazione . Beretta Angelo , vicolo Tignoni n . 14 - Bergomi Saule , Corso Venezia 78 - Mangiagalli Alessandro , Corso Venezia n . 78 . Società del Veloce Club . Ogni socio paga annualmente L . 50 , ed è obbligato per un triennio . I ragazzi dai sette ai quattordici anni pagano la metà , e sono obbligati solamente per un anno . Scopo dell ' Istituzione è quella di diffondere questo nobile e salutare esercizio ginnastico . La Società ha una scuola nel locale presso Porta Tenaglia , il cui terreno è adattato con salite , ostacoli , ecc . , pel perfezionamento del dilettante . Stabilisce gare di velocità , gite di piacere . E in comunicazione colle altre Società principali di velocisti . Maestri di scherma . Citterio Fortunato , via San Vito n . 22 - Carmine Luigi , vicolo Rasivi - Cerri Giuseppe , via Passarella n . 8 - Galli Giovanni , Corso Venezia n . 31 , e Galli Enrico , via San Zeno n . 9 , ecc . Maestri di ginnastica . Bardelli Luigi , Corso Magenta n . 45 - Martinelli Paolo , via Gesù n . 23 - Lomazzi Ippolito , via Guastalla n . 13 - Ronchi Giovanni , via Armorari n . 12 - Zibecchi Luigi , via Stampa 11 . Una Società di Ginnastica ha sede presso la Civica Palestra a Porta Romana , col precipuo scopo di generalizzare l ' igienico esercizio . Anche la Giunta Municipale ha nominata una Commissione all ' uopo . Pattinaggio . Nella stagione invernale l ' Arena è allagata e ridotta ad uso degli amatori del Pattinaggio . Qui convengono i più esperti sdrucciolatori sul ghiaccio , e la spaziosa piazza presenta un incantevole colpo d ' occhio . Un ' apposita Società si è formata per rendere più agevole e più divertente quest ' esercizio ginnastico . La Società è retta da una Commissione di cinque membri . Ogni socio è vincolato al pag - mento della sua quota per anni tre consecutivi , e salvo il diffidamento in iscritto tre mesi prima della scadenza del suo triennio , e perciò prima del mese di settembre , s ' intenderà vincolato per un altro triennio successivo . La quota di ogni socio è fissata in lire 15 annue ; pei soci che non raggiungono l ' età di quindici anni la quota annuale è di lire 7 . 50 . Sono esclusi dal vincolo triennale gli ufficiali della guarnigione , gli impiegati ed i forastieri non aventi domicilio stabile in Milano . Nessuno può pattinare nel recinto della Società non essendo socio ; ai soli forastieri di passaggio in Milano è permesso di pattinare , mediante il contributo di lire 2 ogni volta approfitteranno del permesso , quando però siano presentati da tre soci ed ammessi dalla Commissione . Bersaglio al Lazzaretto fuori di Porta Venezia . Tiro di Carabina e di Pistola . Si fanno spesso partite di gara con premi analoghi . Tassa per ogni colpo di Carabina L . 06 ogni 100 L 5 ogni colpo di Pistola L 03 con figurina di gessoL 08 con cartone L 08 Alla Piazza Castello , vicino al bastione di Porta Magenta , evvi il Bersaglio Municipale . Esso è amministrato , ad esempio delle istituzioni simili , da una speciale Commissione civica di sette membri , sotto la presidenza del Sindaco , col precipuo incarico di promuovere lo sviluppo dell ' esercizio del tiro a segno con premi , incoraggiamenti , ecc . Serve anche ad uso della Società dei carabinieri Milanesi , il cui circolo è Corso Magenta n . 34 . Tariffa pel Tiro a segno nel Bersaglio Municipale N . 1 Ettogrammo polvere di fucileria . . L.-30 N 10 Palle bersaglio L -15 N 100 Id . id L 1 25 N 1 Scatola di 250 capsule rigate L -50 N 1 id . id . lisce L - 40 N 10 Cartucce arma retrocarica L - 60 N 10 » per fucili lisci L - 55 N . 1 Gramma pezzuole L . - 20 N 1 Cartone L - 06 N 1 Marca per colpo di carabina con arma e munizione del Bersaglio L - 05 N 10 Marche per colpo di qualunque arma privata con munizione propria L - 15 N 1 Marca per colpo di fucile liscio o rigato con arma del Bersaglio e munizioni proprie L - 02 N 1 Marca per colpo di pistola con arma e munizione del Bersaglio L - 03 N 10 Marche per colpo di pistola con arma e munizione propria L – 10 Avvertenze . I Tiratori con arma e munizioni proprie possono acquistare una marca personale per trenta giorni continui al prezzo di lire 3 . Il diritto che accorda tale marca viene sospeso nei giorni di partita . Le munizioni acquistate al Bersaglio debbono essere consumate nel luogo e non possono asportarsi dallo stesso . La polvere non viene accordata in quantità maggiore di un ettogramo . Salita al Duomo . Il forastiero , prima della sua partenza da Milano , non deve dispensarsi dalla salita al Duomo da noi citata a pag . 14 , Gite di piacere noi dintorni di Milano . Al forestiere , che abbia tempo di fermarsi in Milano , consigliamo di visitare i suoi dintorni . In alcuni di essi vi si può recare col mezzo della 164 ferrovia ; ma val meglio prendere apposita vettura , e per ciò proponiamo la Società Anonima degli omnibus per 1' ottimo servizio . Ne diamo 1' apposita tariffa . Vetture per servizio di città . Durata del Servizio A 2 cavalli Ad 1 cavallo Per ore due L . Ogni ora successiva Andata e ritorno dal teatro . Un servitore 8 2 4 2 5 1 3 2 Si fanno abbonamenti settimanali e mensili , sia per la passeggiata del Corso , sia per il Teatro , a prezzi da convenirsi . Non competono mancie al personale . Vetture per servizio di campagna . Percorrenza Con cocchiere Con postigl . e Fino a chilometri 40 fra andata e ritorno Ogni chilometro in più All ' uomo per vitto e mancia 15 30 2 18 50 4 Foraggio a carico dei committenti . Sconto del 10 per 100 nei giorni feriali e di ordinario concorso pei soli servizi con cocchiere . I principali luoghi da visitarsi sono : L ' Abbazia di Chiaravalle , fuori di Porta Romana , innalzata nel 1135 da San Bernardo per desiderio dei Milanesi . La Cascina Linterna , fuori di Porta Magenta , ove è la villa abitata da Francesco Petrarca . La Certosa di Garignano , fuori di Porta Sempione , fondata dall ' arcivescovo Giovanni Visconti . Vi sono le migliori opere di Daniele Crespi . La Chiesa di Saronno , una delle più belle e ricche chiese di Lombardia . La Certosa di Pavia , il più bel tempio del - l ' Alta Italia dopo il Duomo di Milano ed il San Marco di Venezia . Fu innalzato nel 1396 da Galeazzo Visconti . Il Santuario di Rho , assai rinomato . Nelle vicinanze vi è la principesca villa di Lainate . Cinisello , per la villa Ghirlanda - Silva , ricca di pitture , di oggetti d ' arte e di libri preziosi , sopratutto del XV secolo . Monza , per la sua Cattedrale , la chiesa di Santa Maria in Strada , il più ricco lavoro gotico in mattoni del Milanese , ristaurato egregiamente nel 1870 dall ' architetto Carlo Macciachini , e la sontuosa Villa Reale co ' suoi giardini e il Parco . Desio , ove evvi la bella villa Traversi - Antona . Como , per la Cattedrale cominciata nel 1396 , le chiese di San Fedele , del Crocifisso , di Sant ' Abbondio e San Carpoforo ; la Biblioteca Comunale , il Palazzo del Comune , il Palazzo Giovio , ecc . Il lago di Como , ove natura ed arte hanno intrecciati tutti i loro tesori . Vaprio , per la villa Castelbarco , detta Monastirolo , e il palazzo Melzi . Evvi in Vaprio una grande manifattura di velluti di cotone e di cotonerie , ora del duca Visconti di Modrone , una grandiosa fabbrica di carta con macchine inglesi , della ditta Binda e Comp . Non sarà male impiegata anche una gita al Santuario di Caravaggio , ai dintorni di Varese , ricchi di ville amenissime , non che al suo Santuario la Madonna del Monte , a Magenta , che diede il nome alla battaglia combattuta il 4 giugno 1859 , e vinta dai Francesi contro gli Austriaci ; alla Brianza amenissima per vedute e luoghi incantevoli , al Lago Maggiore , ecc . , e per ciò il viaggiatore può ricorrere alle Guide analoghe . FINE
GIUSEPPE GARIBALDI. COMMEMORAZIONE ( CRISPI FRANCESCO , 1882 )
StampaPeriodica ,
La Nuova Antologia vuol rendere anch ' essa il suo tributo alla memoria di Giuseppe Garibaldi . Ed il suo direttore , con una squisita cortesia , della quale gli son grato , ha invitato me , che non sono redattore della rinomata effemeride , per adempiere tale ufficio . Dopo tutto ciò , che in questi giorni fu detto e scritto di Garibaldi , è un ' opera assai difficile il poterne ancora degnamente ragionare . Non già che il tema sia esaurito , ma perché mi sembri esser necessaria un ' abilità , che confesso di non avere , per soddisfare le non ordinarie esigenze dei lettori . La biografia di un uomo sia pure un grande statista od uno scienziato è subito fatta . Ma non si può tesser la vita di Garibaldi senza fare la storia italiana degli ultimi 50 anni . E non basta ! Se Garibaldi , sin dalla sua prima giovinezza , ebbe un culto per la patria , se i suoi pensieri , i suoi studii , le sue cure , le sue opere non ebbero altro scopo l ' anima sua generosa spaziava nell ' infinito , il dovere per lui non aveva limiti di territorio , egli era il cavaliere dell ' umanità . Ed allora come ricordare questa parte della sua vita senza toccare il problema ancora insoluto delle nazionalità , senza parlare dei popoli , che lo invocarono nei momenti del pericolo , che sperarono in lui , ed alla difesa dei quali egli concorse con la spada o con la parola ? Nato dal popolo , educato nei principii della democrazia in un paese dove infrenata era la libertà , egli intravide la istituzione della repubblica con un Re . Ciò parve una contraddizione agl ' ideologi della politica : ai repubblicani che non ritengono possibile e duraturo il regime da essi prediletto senza il periodico mutamento delle persone nella suprema magistratura dello Stato ; ai monarchici , i quali presentono la instabilità delle dinastie nel trionfo della democrazia . Garibaldi al contrario trovava ad armonizzare nella sua mente questi due estremi , Popolo e Re . Laonde egli non credeva tradire la sua coscienza , quando al 1859 ed al 1860 scriveva nella sua bandiera il motto : Italia e Vittorio Emanuele . Molto meno credeva poter offendere il Re , quando parlava della repubblica italiana e del suo avvenire . Si illudevano intanto , quando pei loro fini particolari , i monarchici al 1859 si vantavano di aver conquistato Garibaldi ; e più tardi , al 1879 , i repubblicani s ' illusero sperando che Garibaldi fosse ritornato a loro e ch ' essi avrebbero potuto valersi di lui per la distruzione della monarchia . Io non so come sarà governata l ' Europa da qui a 50 anni . Penso intanto e sono profondamente convinto , che per la monarchia del diritto divino non vi sarà posto . Quello che valgano i grandi Stati costituiti in repubblica , ve ne dà un esempio la Francia ; e però per dare pace duratura alle nazioni , non ci si offre che un solo rimedio , ed è l ' attuazione del concetto garibaldino di un Re capo della democrazia . Fortunatamente per l ' Italia , Garibaldi si è fidato ad una dinastia , la quale comprende le tendenze dei tempi . Essa non può dimenticare , che il principato nazionale è sorto dai plebisciti , e che tradirebbe le sue origini , se osasse arrestare il progresso . Fin qui ho definito , senza volerlo , la mente politica del nostro eroe ; ma ciò non basta , perché il quadro sarebbe incompleto , se non delineassi l ' uomo nella società . Noi siamo nel secolo delle plebi , e nessuno più di Garibaldi ne presenti il prossimo avvenimento e ne patrocinò la redenzione . Ma anche in questo s ' ingannarono quei socialisti , i quali avendolo attirato nei congressi internazionali , credettero valersi del suo nome per legittimare le loro teorie . Le sofferenze dell ' operaio e la tirannide della borghesia , gli scioperi e le coalizioni , la necessità di mettere l ' accordo tra coloro che lavorano e coloro che ne profittano , erano tanti problemi la cui soluzione egli spingeva col cuore . Ed ammirava il lavoratore della terra e degli opifizi , e ne onorava i sacrifizi , come onorava i sacrifizi dei suoi militi sui campi di battaglia . Quando nel 1863 ferveva il brigantaggio nelle provincie napolitane e le Camere discutevano le leggi eccezionali per estirparlo , egli osservava che n ' erano imputabili il Governo e la borghesia . Il suo cuore si spezzava alle notizie delle stragi e del sangue versato ; e quando gli parlavano di quegli sciagurati , i quali assaltavano e distruggevano le fattorie , scannavano il bestiame , bruciavano gli alberi e le messi , egli rispondeva che colà era una questione sociale , la quale non si poteva risolvere col ferro e col fuoco . Un giorno raccontandogli uno dei suoi amici , che i briganti , condannati dai consigli di guerra , affrontavano imperterriti la morte , egli ebbe ad esclamare : quanto eroismo miseramente sciupato ! cotesti uomini , traviati dal delitto , sarebbero stati soldati valorosi all ' appello della patria ! Il partito internazionale si lusingò un momento di aver l ' ausilio di Garibaldi , dopo che egli avea consentito di recarsi al congresso di Ginevra . Nulla di più assurdo ; e se i socialisti non se ne sono convinti , basterebbe ricordar loro il fatto , che Garibaldi si rifiutò nel 1871 di portare la sua spada in difesa della Comune di Parigi , e non permise di andare a suo figlio Menotti che vi era stato chiamato . Il partito internazionale rinnega la patria e la famiglia . Pe ' suoi apostoli la costituzione spartana è un rancidume , perché essi vogliono abbattere le frontiere domestiche e le frontiere nazionali . Le frontiere domestiche e le frontiere nazionali erano sacre a Garibaldi . Egli aveva una venerazione per la famiglia ; e la patria per lui era una religione . Garibaldi voleva l ’ indipendenza e la libertà di tutti i popoli ; ma non soffriva che l ’ Italia perdesse la sua autonomia . Quanto egli amasse la famiglia , lo sanno coloro che lo videro in mezzo a ' suoi cari e che dal 1874 in poi assistettero alle lotte del suo cuore , ardente come egli era di assicurare l ’ avvenire a ' suoi bimbi . Il ministro Mancini ed io abbiamo preziosi autografi di Garibaldi , diretti a noi prima e dopo la celebrazione del suo matrimonio . Scelgo una delle sue lettere , e ne fo dono ai lettori della Nuova Antologia , perché nelle parole di lui si rivela la grande anima dell ' uomo e del patriota . Agl ' internazionalisti varrà di lezione . « Caprera , 13 - 1880 . Mio carissimo ed illustre Crispi . « Da molti anni vincolato a voi nel mutuo amore per questa nostra Italia e che ebbimo la fortuna di servire insieme sui campi di battaglia io vi devo la generosa cooperazione al compimento del sacro mio dovere , che mi ha costituito oggi felice e tranquillo sulla sorte dei miei cari . « Con somma gratitudine sono per la vita « vostro G . GARIBALDI . » Quando fui a Caprera pei funerali del compianto Eroe la vedova mi volle nella sua camera per dirmi , che egli le aveva raccomandato più volte di ringraziare gli amici di quello che avevano fatto per la sua famiglia , e che l ' aveva incaricata di dichiarar loro che egli moriva tormentato dal pensiero che Nizza apparteneva ancora ai francesi . Coloro che dopo la sua morte han parlato e scritto di Garibaldi , han ricordato le cento battaglie da lui vinte , la strategia del gran capitano , la preveggenza e la calma di lui sul campo di battaglia . Io non sento il bisogno di ripetere le stesse cose , perché nulla direi di nuovo e nulla aggiungerei a ciò che tutti sanno . Sul campo di battaglia Garibaldi era un veggente . Il suo viso splendeva , i suoi occhi fulminei sorridevano , egli vedeva tutto , prevedeva tutto , nulla gli sfuggiva ; avreste detto che assistesse ad una festa , ludum bellicum . Era un eroe ? No , più che un eroe ; egli creava gli eroi , perché accanto a lui non si poteva esser codardi . E la codardia fu il solo peccato che Garibaldi non perdonava . Ricorderò un aneddoto . Il 26 giugno 1860 scoppiò in Palermo una di quelle agitazioni che si dicono dimostrazioni popolari . Era la prima del genere , ma sventuratamente non fu l ' ultima , perché essa fu di esempio ai partiti , i quali poscia ne usarono e ne abusarono . Le grida di morte e di evviva , gli schiamazzi indescrivibili giunsero alle orecchie del Dittatore , il quale ordinò che una deputazione si presentasse a lui per informarlo dei desiderii del popolo . Quattro o cinque tribuni improvvisati salirono le scale del palazzo reale e furono tosto alla presenza di Garibaldi . Ed egli : - Che vuole il popolo ? La dimissione del ministero . Va bene . Ma chi metterete al posto di coloro che oggi governano ? E qui uno della deputazione tirò fuori una carta , nella quale erano scritti sette od otto nomi . Il Dittatore , letto il nome di colui ch ' era a capo della lista , rispose immantinente : Non lo voglio , perché questo fugge nei pericoli , e noi abbiamo bisogno di persone che affrontino il fuoco . E poiché mi è caduta dalla penna la parola dittatore , mi permettano i lettori che io ne spieghi il significato e dica in qual modo Garibaldi esercitò il suo ufficio sovrano . Ricordando che egli era un soldato , e che l ' unione in un uomo dei poteri civili e militari mena spesso al dispotismo , più d ' uno potrebbe in questo argomento cadere in errore . Garibaldi aveva molta dimestichezza coi classici antichi . Egli conosceva a menadito la storia della repubblica romana , ed ammirava il valore e la sapienza de ' suoi capitani . Egli ricordava sovente , che in tempo di guerra la salute della patria era dovuta alla dittatura . Il 12 maggio 1860 , alle 4 e mezzo del mattino , uscivamo da Marsala per avviarci verso i monti vicini . Precedevamo Garibaldi , io ed un altro condottiere dei Mille . Il mio compagno impegnò il suo discorso sulla necessità della costituzione del nuovo governo , e consigliava la formazione di comitati secondo lo stile del 1848 . Ed il Generale : - Oh ! mio buon amico ! io non sono del vostro avviso . Coi comitati avremmo il disordine . Un solo , un solo dev ' essere alla testa del governo . Dopo questa sentenza fu fatto il silenzio . La sera pernottammo a Rampangallo ed il 13 , verso le 7 pom . , abbiamo fatto il nostro ingresso a Salemi . Il 14 fu fatto il decreto , col quale Garibaldi dichiarava di assumere la dittatura in nome di Vittorio Emanuele Re d ' Italia . Il 15 maggio abbiamo vinto i Borbonici a Calatafimi , il 21 ci siamo battuti presso Monreale e San Martino , il 27 siamo entrati in Palermo , il 3 giugno abbiamo ricostituito il governo con la nomina dei segretari di Stato pei vari rami della pubblica amministrazione . Prima di giungere a Palermo un solo segretario di Stato era agli ordini del Generale . La dittatura liberò la Sicilia e le provincie napolitane , e fondò l ' unità della patria italiana . Nissuno dirà , che con tanta autorità esercitata da un sol uomo , la libertà ne fosse stata offesa . Quantunque non aiutato dalle Assemblee , Garibaldi , governando , cercò d ' interpretare il pensiero del popolo . Nissuno avrebbe detto che quello fosse un regime militare , perché in nissun caso fu vista la spada dominatrice e tiranna . Garibaldi era accessibile a tutti , poveri e ricchi , plebei e borghesi ; ed il diritto di stampa e quello di riunione non furono frenati da legge alcuna . In tutta la Sicilia non vennero eseguite che tre sentenze di morte : un ribaldo fu fucilato perché durante la guerra aveva messo a sacco e fuoco alcuni comuni della provincia di Palermo ; altri due furono fucilati nella provincia di Trapani , colpevoli di assassinii e di rapine . Garibaldi non trovò ostacoli nell ' esercizio delle sue funzioni . Appena nel giugno 1860 i Borbonici ebbero lasciato Palermo , tutto procedette come nei tempi normali : le imposte furono riscosse senza difficoltà , i commerci ripresero il loro movimento , i cittadini ritornarono alle loro abituali occupazioni . Quello che maravigliò gli uomini d ' affari , fu il pagamento delle cedole del debito pubblico , ordinato sin dai primi giorni del nuovo governo e regolarmente eseguito . I Siciliani , i quali ricordavano il governo parlamentare del 1848 , i disordini d ' allora , le difficoltà finanziarie e politiche , non sapevano darsi ragione come da Garibaldi si fosse mantenuto tanto ordine con tanta libertà . Era la dittatura con tutti i beneficii senza i suoi vizi , l ' unità del potere illuminata dalla pubblica opinione , la sovranità della nazione senza violenze e senza i traviamenti della passione . Fin qui l ' uomo di Stato ed il capitano ; ma non certo avrei compiuto il debito mio senza aver penetrato nei penetrali del suo gabinetto e senza aver detto quello che era Garibaldi tra le quattro mura . La reggia di Palermo e quella di Napoli non turbarono la mente sua , ed a Palermo e a Napoli egli aveva scelto una modesta cameretta e dormiva in un letticciuolo non dissimile da quello nel quale ultimamente giaceva nella sua Caprera . Ed in tanta potenza egli non dimenticò gli amici , non i compagni de ' suoi primi anni , non i patrioti coi quali aveva avuto comunanza di aspirazioni e di affetti . Il 3 ottobre 1860 Giorgio Pallavicino fu nominato prodittatore nelle provincie napoletane . Prima che ricevesse il decreto egli l ’ ebbe da me nel pomeriggio di quel giorno aveva fatto stampare nei giornali una lettera a Mazzini , nella quale lo consigliava ad allontanarsi dalle provincie meridionali , dicendogli che la sua presenza creava imbarazzi e metteva a repentaglio quella concordia che tanto era necessaria al trionfo della causa italiana . Quella lettera ferì gravemente il cuore di Garibaldi . La coincidenza di quelle parole col contemporaneo decreto , che investiva Pallavicino dei supremi poteri dello Stato , avrebbe potuto suscitar dubbi che Garibaldi voleva dissipati . Volle veder Mazzini per potersi spiegare con lui , e Mazzini venne a Caserta la sera del 4 ottobre . Garibaldi era nel letto , e i due , appena furon vicini , si strinsero cordialmente la mano come amici che si vedono la prima volta dopo lunga e penosa lontananza . Garibaldi fu il primo a parlare : Spero che non vorrete lasciar Napoli dopo i consigli che vi furon dati . La lettera di Pallavicino è un ' aberrazione ; e capirete , che io non posso diffidare di voi , né supporre che la vostra presenza in Napoli sia d ' imbarazzo al trionfo della causa nazionale , per la quale ambidue abbiam lavorato . Generale , io era sicuro dell ' animo vostro ; ma la lettera ha fatto profonda impressione nel paese , perché scritta dal vostro prodittatore . Pallavicino è da poche ore prodittatore , e quello ch ' egli ha scritto è di sua competenza , e non può essere un atto di governo . Comunque sia , io domando che non vi moviate , e vi assicuro che nessuno oserà portarvi molestia . Mazzini e Garibaldi , dopo questo incidente personale , scambiarono poche altre parole sulle condizioni d ' Italia , sulla necessità di compiere l ' opera nazionale . Verso le 8 pomeridiane , l ’ antico triumviro si levò , e congedatosi riprese la via di Napoli . Questo episodio , ignoto a molti , compie il ritratto del nostro eroe . Il dottor Riboli , il quale nella sua permanenza a Caprera nel 1861 , studiò fisicamente Garibaldi , scriveva , che la craniologia della di lui testa presentava un fenomeno originale dei più rari , anzi senza precedenti ; l ' armonia di tutti gli organi perfetta , e la risultante matematica del loro insieme la quale indicava : l ' abnegazione anzitutto , e ovunque la prudenza , il sangue freddo , l ' austerità naturale dei costumi , la meditazione quasi continua , l ’ eloquenza grave ed esatta , la lealtà dominante .
GARIBALDI NELLE SUE « MEMORIE » ( FERRI ENRICO , 1889 )
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Del genio militare e del patriotta si è tanto parlato e scritto ; e queste « Memorie » del resto offrono così poche novità e , fuori delle sue gesta militari , tacciono anzi o lasciano nell ' ombra tanta parte della sua vita pubblica e privata , che mi parrebbe inutile parlarne dal punto di vista biografico . Più interessante forse potrebb ' essere uno studio psicologico sull ' uomo , coi documenti ch ' egli stesso qua e là , indirettamente , lascia intravvedere , sulla sua tempra fisica e morale . E ad uno studio di questo genere queste Memorie si prestano invece mirabilmente . Per solito nelle autobiografie degli uomini più o meno celebri , se si eccettuano le Confessioni di S . Agostino , di Rousseau e di pochissimi altri , lo scrittore sente troppo di essere davanti al pubblico ; ed è quindi troppo preoccupato dell ' effetto che intende produrre e del giudizio dei suoi lettori , perché egli si lasci andare alla schietta e spontanea descrizione dei suoi pregi e difetti . Troppo spesso l ' autobiografo non è che l ' avvocato di sé stesso , come , per esempio , nel « Memoriale di S . Elena » , Napoleone I . Ed anche quando lo scrittore si attenga alla più scrupolosa sincerità , il solo fatto ch ' egli descriva direttamente le proprie virtù o i propri difetti , ci offre una verità psicologica , piuttosto soggettiva e personale , che oggettiva . Garibaldi invece , nelle sue Memorie , non pensa nemmeno per sogno a fare il suo ritratto morale : egli narra semplicemente dei fatti « della maggior parte dei quali ( come dice nella prefazione ) fu testimonio oculare . » È soltanto dagli scatti generosi del suo sentimento , che erompe dinnanzi agli spettacoli maestosi della natura o si commove alla bellezza di una donna o si elettrizza nell ' amore dell ' ignoto e nella sete di avventure o si afferma a magnanima difesa degli stessi nemici , se ridotti all ' impotenza , o si eleva alle aspirazioni patriottiche ed umanitarie ; è soltanto dalle sue osservazioni incidentali sugli uomini e sulle cose o sulla politica dei popoli o sulla strategia militare o sulla fortuna , ch ' egli chiama più volte la sua fedele alleata ; è allora soltanto , che l ' uomo inconsciamente si rivela qual è ed il lettore sagace , dagli spiragli aperti qua e là tra le pagine , ne intravede l ' anima colle sue luci sfolgoranti e le sue penombre . Non altrimenti l ' occhio esperto del clinico trae , ben più che dalla diretta autobiografia del malato , da pochi sintomi isolati ed oggettivi la diagnosi completa ; e lo sguardo acuto del marinaio intravede dalle poche punte di scogli , sparsi a fior d ' acqua , tutta l ' estensione di un continente sommerso . A rendere meno difficile e più sicuro questo saggio di osservazione psicologica , per trarre i lineamenti caratteristici di una delle più grandi figure del mondo , lascieremo allo stesso Garibaldi il magistero della parola . A noi riserbiamo il compito modesto di raccogliere e ordinare questi frammenti psicologici , sparsi qua e là ; come l ' artista veneziano , con un disegno regolatore , compone i variopinti frammenti di vetro , in un mosaico , che artisticamente ritragga qualche storica figura . E sarà questo uno dei più utili insegnamenti , che noi trarremo dalle sue Memorie ; perché nulla vi è forse di più fecondo , per l ' educazione sociale , quanto il ravvivare l ' ammirazione e l ' esempio degli eroi popolari , non tanto nelle loro doti più abbaglianti della vita militare , quanto e più nello specchio delle loro intime energie morali , che sono l ' anima stessa e perenne dell ' umanità . Non alto di statura , come molti dei grandi capitani da Giulio Cesare a Napoleone I , Garibaldi ebbe in dono , oltre la testa e gli occhi soprattutto , di potenza magnetica , una straordinaria robustezza di fibra , che sorresse sempre , come solida impalcatura , lo smagliante edificio della sua fortunosa esistenza . Nelle sue Memorie abbondano le prove di privazioni e fatiche , da lui sopportate , che avrebbero ucciso qualunque uomo non fosse di eccezionale vigoria fisiologica : e più gravi e più dolorose sono quelle sofferte nell ' America Meridionale . Al capitolo XI descrive lo stato , in cui fu trascinato davanti a Millan , comandante di Gualeguay ed esclama : « Sentomi raccapricciare ogni volta mi rammento la sventuratissima circostanza della mia vita . » Fu per due ore sospeso in aria , legato per le mani ... « il mio corpo ardeva come una fornace .... quando mi sciolsero ero svenuto , diventato un cadavere ! Avevo attraversato 54 miglia di paese paludoso , ove le zanzare sono insoffribili nella stagione in cui eravamo . Colle mani e coi piedi legati , avevo indurato le tremende percosse del moschito . » Presso la estancia di Bento Gonçales , mentre aveva il comando di due barconi nel Camacuan , doveva coi suoi compagni spingere questi barconi a forza di spalle , perché l ' acqua del fiume era bassa « e noi eravamo obbligati allora di passare così nell ' acqua , alle volte , tutta una notte , non trovando riparo all ' acqua del mare e sovente a quella più fredda della pioggia .... Allora era un vero tormento e bisognava certo una fervida gioventù per sostenersi e non soccombere » ( pag . 41 ) . Fervida gioventù e più fervida energia psichica , per la quale egli ed i suoi compagni , nella disastrosa ritirata verso Lages , vissero « per quattro giorni senza trovar altro cibo che radici di piante » e pur faticando per aprirsi il sentiero « fra la gigantesca taquara ammonticchiata fra i pini colossali . » ( pag . 72 ) . Così , nelle battaglie , la fame e la sete non erano estinte per intere giornate , e nel suo primo ritorno in Italia ( 1848 ) « fece tutta la campagna di Lombardia tormentato dalle febbri » ( pag . 205 ) ; e poi , esiliato e viaggiante nell ' America centrale coll ' amico Carpanetto , fu assalito « dalle terribili febbri endemiche , che mi colpirono come un fulmine e mi prostrarono » ( pag . 268 ) . Robustezza di fibra fisica e morale , che non gli venne meno neppure negli anni più avanzati , come ad Aspromonte , dove a 57 anni e col dolore delle lotte fraterne , sofferse la fame « con marcie disastrose per sentieri quasi impraticabili , » dove « alcune patate non mature furono raccolte e crude servirono d ' alimento » ( pagina 403 ) . A 62 anni nella romantica sua fuga da Caprera « indebolito dagli anni e dai malanni » ma infiammato dalla sua fede « O Roma o morte » guada il canale tra Caprera e l ' isola della Maddalena e passa « tra scogli e cespugli , cogli stivali pieni d ' acqua » ( pag . 430 ) . E tre anni dopo , questo vecchio già tormentato e corroso dall ' artrite , offre alla Francia « ciò che restava di lui » e una notte di quell ' inverno rigidissimo , a Dijon , dato l ' allarme per la presenza dei Prussiani , si alza e corre agli avamposti « con le vie cristallizzate dal ghiaccio e mentre nevicava » ( pag . 476 ) . In uomini di questa tempra , che alla congenita robustezza organica , aggiungono l ' abitudine delle battaglie , delle stragi , del sangue , quale meraviglia se il cuore si indurisce e il sentimento si raffredda , se pure non è atrofico già fin dalla nascita , come per esempio in Napoleone I ? Ai documenti scientifici del Taine , per questo riguardo , sulla atrofia del senso morale in quel grande genio militare e sulla enorme sproporzione di sviluppo tra la sua intelligenza meravigliosa e multiforme ed i suoi sentimenti aridi e ristretti , poco tolgono di valore le risposte , inspirate soltanto dalla pietà del parentado . Garibaldi invece , ed è questa una delle più splendide sue doti umane , a quella robustezza ferrigna del corpo univa una mitezza ed una gentilezza così espansiva di sentimento , una tale bontà di cuore , tanta ricchezza di affetti delicati , che io non so se l ' ammirazione debba essere maggiore per il suo genio intellettuale o piuttosto per questa prevalenza in lui delle energie sentimentali , che sono tanto meno appariscenti delle doti mentali , ma pure sono l ' efflorescenza più bella , più nobile , più feconda della vita umana . Qualche compagno di Garibaldi mi ha detto però , che anche lui , nei momenti più decisivi della battaglia , incitava alla strage con tutta la mimica della vera ferocia ; ma questa osservazione , se dimostra come nella guerra ( e così nei delitti di sangue per impeto di passione ) ritornino a galla gli istinti più primitivi e selvaggi anche negli uomini più miti , nulla toglie allo stato normale dei sentimenti , passato l ' uragano psicologico della battaglia . E la conferma si ha infatti da tutti quelli che , come Napoleone I , non solo perdevano i sentimenti più umani nell ' eruzione delle passioni più basse , ma non li riacquistavano né li avevano poi , nelle fasi più tranquille della vita , tranne la vernice , per calcolo mentale e tornaconto sociale , delle più esterne convenienze . Già le sue Memorie cominciano con un capitolo dedicato ai genitori , che commuove per la delicatezza squisita del sentimento , pure ripetendo il fenomeno comune che i figli sentono più dolce e vivo il ricordo della madre , mentre per le figlie accade spesso del padre . Non solo , perché la trasmissione ereditaria organica e psichica più comunemente si alterna per sesso dai genitori ai figli ; ma anche perché negli affetti , che sono come l ' ombra dell ' amore , le profonde ed inconscie affinità sessuali operano come i poli opposti nella corrente elettrica . « Alla pietà di mia madre verso il prossimo , all ' indole sua benefica e caritatevole , alla compassione sua , gentile per il tapino , per il sofferente non devo io forse la poca carità patria , che mi valse la simpatia e l ' affetto dei miei infelici ma buoni concittadini ? « Oh ! abbenché non superstizioso certamente , non di rado , nel più arduo della strepitosa mia esistenza , sorto illeso dai frangenti dell ' Oceano , dalle grandini del campo di battaglia , mi si presentava genuflessa , curva al cospetto dell ' Infinito , l ' amorevole mia genitrice , implorandolo per la vita del nato dalle sue viscere . Ed io , benché poco credente all ' efficacia della preghiera , n ' ero commosso , felice , o meno sventurato » ( pag . 6 ) . A parte le indagini psicologiche , che si potrebbero fare sopra questo indizio di fenomeni allucinativi , così frequenti nei genii , è solo nelle opere predilette dalla natura che si riscontrano simili armonie , chi pensi che quella pagina fu scritta da uno dei più grandi guerrieri del mondo . E appena messo il piede di ritorno sul suolo d ' Italia , il suo pensiero vola ancora alla madre . « Io corsi ad abbracciare i miei bimbi e colei che avevo afflitto tanto coll ' avventurosa mia vita . Povera madre ! La più calda delle mie brame fu certamente quella di abbellire e consolare i vostri ultimi giorni ; la più calda delle vostre era naturalmente di vedermi tranquillo accanto a voi . Ma come si può sperare in un periodo di quiete e goder del bene di consolarvi nella cadente e dolorosa vecchiaia , in questa terra di preti e di ladri ! » ( pag . 189 ) . E non è solo per la madre e per i figli che il suo cuore ha i palpiti più generosi ; benché egli non ami parlare di sé come uomo , pure in queste Memorie ne sono frequenti le prove . Fanciullo ancora , egli si getta in un fosso e salva una donna , che vi era miseramente caduta ( pag . 7 ) . Giovinetto , assiste dalla sua nave ad « un tremendo naufragio , la cui memoria gli rimane incancellabile . » Impedito dalla tempesta infuriata a soccorrere i naufraghi « alcune lagrime sgorgarono dagli occhi » ( pag . 12 ) . Poco dopo , nel porto di Marsiglia si getta in mare « tutto vestito di gala per scendere a terra » e salva un fanciullo ( pag . 14 ) e prodiga poi , giorno e notte , le sue cure ai colpiti dal colera ( pag . 15 ) . Nel fanciullo lampeggia l ' uomo disse il poeta con felice intuizione psicologica , che dovrebbe trovare più feconda ed assidua applicazione , che non abbia , nei nostri sistemi pedagogici : e questa generosità di sentimenti , questo « cuore di angelo e di leone » , com ' egli dice dell ' americano Juan de la Cruz ( pag . 139 ) , questa innata prevalenza dell ' altruismo sull ' egoismo , che irradiano l ' alba della vita di Garibaldi , con quella precocità non patologica , che è propria dei genii , risplendono poi per tutto il ciclo delle sue vicende e fra gli orrori delle battaglie come fra le ebbrezze della vittoria , sotto la magica camicia rossa come sotto il poncho leggendario palpita sempre un cuore umano , nel più alto , nel più nobile senso della parola . Corsaro , sotto la bandiera del Rio Grande , catturata una sumaca carica di caffé , egli ordina ai suoi compagni , che siano « sbarcati passeggieri ed equipaggio , dando loro la lancia della lumaca e permettendo loro d ' imbarcare , oltre le proprie suppellettili , ogni vivere di loro piacimento » ( pag . 17 ) . Imbarcato sul piccolo legno Rio Pardo , nella spedizione di Santa Caterina , egli è rovesciato in mare dalla tempesta . « Il legno fu capovolto sulla destra ed io , che mi trovavo in quel momento alla sommità dell ' albero di trinchetto , fui lanciato per ciò da quella parte , a certa distanza . Io ricordo bene che , abbenché in pericolosissima circostanza , non pensai alla morte ; ma sapevo di aver molti compagni non marinai e prostrati dal mal di mare e ciò mi martoriava , sicché cercai di raccogliere quanti remi ed altri oggetti galleggianti mi fu possibile , avvicinarli a bordo e raccomandare a tutti di prenderne uno per sorreggersi ed agevolarsi a guadagnar la costa . » Un ' ondata terribile li sommerge tutti ed il suo primo pensiero , ritornando a galla , fu per l ' amico suo Luigi Cariglia : « quando ricomparvi , stordito dal colpo e dai vortici , che mi soffocavano , era scomparso lo sfortunato amico mio per sempre ! » Raggiunta a fatica , la sponda , egli si rivolge e vede un altro suo amico , Edoardo Matru , che a stento si regge nuotando . « Io amavo Edoardo come un fratello e mi affannò oltremodo la disperata sua condizione . Io mi slanciai verso il mio caro , per porgergli un legno che aveva servito a salvarmi .... » ( pag . 49 ) . E sebbene egli , in questa pagina stessa , malinconicamente dica : « mi sembrava in quei tempi essere io più sensibile e generoso ! Anche il cuore indurisce e inaridiscono gli anni e i malanni ! » ; pure , per tutta la sua vita continuano queste prove di un angelico cuore . Ecco com ' egli parla del saccheggio di Imiriù : « Io desidero per me ed a chiunque altro non abbia dimenticato di essere uomo , di non essere obbligato a dar sacco . Credo che , per quanto vi sieno delle prolisse relazioni di tali misfatti , impossibile sia narrarne minutamente tutte le sozzure e nefandità . Io non ho avuto mai una giornata di tanto rammarico e di tanta nausea per l ' umana famiglia ! Il mio fastidio e la fatica sofferta , in quel giorno nefasto , per raffrenare almeno le violenze contro le persone , furono immensi e vi pervenni , credo , a furia di sciabolate e non curando la mia vita » ( pag . 61 ) . È questa sublime altezza di sentimento che fa dire a Garibaldi di un tenente di Montevideo , suo compagno : « codesto nostro ufficiale era d ' un valore brillante , ma sventuratamente troppo sanguinario » ( pag . 141 ) . E persino nel furore ebbro della battaglia questa sua indole così umana predominava il facile ritorno degli istinti più lontani nella lenta , millenaria elevazione nostra dai nostri preistorici progenitori . Il carattere di ogni uomo fu giustamente paragonato ad una successiva stratificazione , in cui per ogni fase della vita individuale e per ogni generazione della vita sociale si aggiungono gli strati più recenti e più alti della nostra moralità ; e si elidono via via gli strati più bassi e più profondi , rispondenti alla vita preistorica della nostra specie , che sono il plasma originario ed inconscio di ogni coscienza . Nelle circostanze ordinarie dell ' esistenza di ogni uomo , la sua condotta si determina secondo queste più recenti energie morali , che perciò sono le prime a spegnersi quando , per esempio , una malattia mentale determini nel carattere personale un processo di degenerazione . Nelle circostanze eccezionali poi , come lo scoppio di una passione violenta od una battaglia tra il rombo ed i gaz delle armi e le grida di vittoria o di dolore e le reciproche suggestioni , è soltanto nelle tempre eccezionali , di più alta moralità , che gli strati più profondi e meno umani non erompono , ma restano nel fondo , repressi dalla energia dei sentimenti altruistici , più recenti . Al combattimento del Dayman ( Montevideo ) « un nemico , a cui era stato ammazzato il cavallo , caduto , combatté a piedi contro chi lo aveva rovesciato e malgoverno ne faceva quando giunse un altro de ' vincitori , poi un altro , finalmente contro sei pugnava quel prode e , in ginocchio , perché ferito in una coscia : tardi io giunsi per salvare la vita di un tant ' uomo » ( pag . 175 ) . A Como , nel 1848 , egli salva dal furore popolare il vecchio generale Zucchi , che fuggiva in Isvizzera ( pag . 196 ) . A Varese , nel 1859 , fa raccogliere i prigionieri austriaci ; e questi « che giustamente potevano pagare col loro sangue quello de ' nostri preziosi compagni assassinati dall ' Austria , Ciceruacchio , Ugo Bassi e tanti altri , furono invece trattati con cure forse più gentili ancora di quelle che si ebbero i nostri ! Ciò non monta ! L ' Italia ben fa di essere umana coi suoi carnefici ! Il perdono è l ' appannaggio dei grandi » ( pag . 291 ) . A Palermo , così scrive con affetto paterno de ' suoi volontari : « Allora cominciò un periodo di riposo e tutti ne avevano bisogno , massime i Mille . Poveri giovani ! la parte eletta di tutte le popolazioni italiane , non avvezzi ai disagi , alle privazioni , gran parte studenti e laureati » ( pag . 365 ) . A Monterotondo , la guarnigione nemica rimase prigioniera nel castello : « il prode maggiore Testori , poco prima della resa dei nemici , aveva presa la determinazione di mettersi allo scoperto alzando una bandiera bianca , per intimar loro di arrendersi ; ma quei mercenari , violando ogni diritto di guerra , lo fucilarono con vari colpi e lo lasciarono cadavere . Ebbi un ' immensa fatica , dopo tanti e siffatti atti di barbarie per parte di codesti sgherri dell ' Inquisizione , a salvar loro la vita , essendo i nostri irritatissimi contro di loro » ( pag . 438 ) . Ed in Garibaldi non è solo questa magnanimità , che dava alla leggenda popolare l ' idea « di Cristo redivivo , » ma la gentilezza quasi verginale dei sentimenti più delicati e che più fanno contrasto colla sua tempra d ' acciaio . Bambino , « raccolto un giorno al di fuori un grillo e portatolo in casa , ruppi al poverello una gamba nel maneggiarlo ; me ne addolorai talmente che , rinchiusomi nella mia stanza , io piansi amaramente per più ore » ( pag . 7 ) . All ' estremo opposto della scala psicologica , fino a toccare la zona della pazzia morale , stanno i tormenti che molti bambini e fanciulli amano dare a piccoli animali . Molti anni dopo , nell ' America meridionale , ecco i suoi sentimenti : « L ' Hervidero era pure un Saladero a tempi floridi , cioè sito dove si salava carne , macellando centinaia d ' animali ogni giorno . E le sventure sofferte da codeste popolazioni saranno esse una vendetta per i gran patimenti inflitti alle altre razze animali ? Io credo la morte una semplice transizione della materia , a cui conviene conformarsi pacatamente , anzi famigliarizzarsi con essa . Ma i patimenti inflitti da un essere all ' altro ! Oh ! io credo che esistendo una vendetta della natura , essa deve essere applicata ai ministri del rogo , delle torture e di qualunque sofferenza inflitta ad animale qualunque » ( pag . 146 ) . Perciò egli , come tutti i grandi tipi di bontà umana , avvolgeva nel suo sentimento pietoso ogni essere vivente , e nelle sue Memorie ha parole soavissime di ricordo e di rimpianto per i suoi amici perduti , e così , per esempio , ha pure un ricordo affettuoso pel suo « cane da caccia , Castore » , che fu obbligato a lasciare in Tangeri « e quel mio fedele compagno ne morì di dolore » ( pagina 267 ) . Così narra di sé a Palermo , nel padiglione del palazzo reale : « di là potei bearmi dello spettacolo che presenta un grande e fervidissimo popolo nelle sue emozioni . I liberati ( dalle carceri di Castellamare ) furono portati in trionfo verso la mia abitazione da una folla immensa , frenetica per la libertà acquistata dai suoi carissimi . Io m ' ebbi un tesoro di gratitudine da loro ed una lagrima inumidì la mia guancia » ( pag . 365 ) . E questa semplicità grande , primitiva di nobilissimi sentimenti , così rara in un uomo che abbia avuto un ' esistenza come la sua , trabocca in una pagina eloquente , da lui dedicata ai Cairoli . « Fra i morti vi era pure un figlio , il primo ch ' ella perdette , di quella donna , per cui la posterità confonderà questo periodo di miserie coi giorni più gloriosi di Sparta e Roma ! Un figlio dell ' incomparabile madre dei Cairoli , la matrona pavese . Ernesto , il più giovane de ' tre , ch ' essa aveva mandati , cadeva combattendo , rotto il petto da piombo austriaco , sul cadavere d ' un tamburino nemico , ch ' egli aveva ucciso di baionetta . Mi passò per la mente tutta la afflizione di quella madre sì buona , sì affettuosa per i suoi figli e per chi aveva la fortuna di avvicinarla ! Il mio sguardo s ' incontrò lo stesso giorno con lo sguardo del maggior fratello , Benedetto , valoroso e modesto ufficiale , caro come tutta quella cara famiglia : i suoi occhi si fissaron nei miei , ma una sola parola non uscì da ambedue . Solo io lessi in quel malinconico sguardo « Mia madre ! » e pensai io pure a tutta la somma di dolori che si preparavano a quella generosa ! E quanti altri , di cui non conoscevo le madri , giacevano su quel campo di strage , o mutilati o morenti col desiderio di vedere ancora una volta la desolata genitrice . Poveri giovani ! o piuttosto felici giovani ! il cui sangue riscattava l ' Italia da lungo servaggio e per sempre ! « Le generose donne di Varese supplivano all ' assenza dei parenti . Donne italiane ! io scrivo commosso , vedete ; e lo credereste ? ho pianto nel narrarvi della Cairoli . Sarà debolezza : prendetela come volete , eppure ne ho già veduti dei campi di battaglia e feriti e morenti e cadaveri ; e mi sento ancora , permettetene la presunzione , non più forte come lo ero a vent ' anni , ma fervido d ' animo come io era allora , ove si tratti di tempestare per questa sacra terra ! Dio mi conceda di chiuder gli occhi pronunciando come ultimo accento : « Essa è libera tutta ! » ( pag . 292 ) . L ' intima costituzione psicologica di un uomo è come un brillante dalle cento faccette e non si può bene conoscere se non osservando prima ogni lato singolarmente , per raccoglierne poi nella nostra mente l ' immagine complessa . E questa immagine è tanto più vera e duratura e benefica per noi stessi , per quanto non rimane nei contorni vaghi e nebulosi di un ' ammirazione feticista e leggendaria , ma risalta invece dalla conoscenza sicura delle linee precise , onde natura si compiacque plasmarne la meravigliosa figura . Un altro dei lati tanto simpatici nella psicologia di Garibaldi è una specie di misticismo naturale , che non si cristallizza nelle forme esterne di questo o quel culto religioso , ma si espande libero per tutta la natura vivente e vi circonda uomini e cose di una dolce , e spesso melanconica , aureola di poesia e di idealismo , feconda di morali energie . Nel cap . V ecco com ' egli narra del suo incontro con Rossetti a Rio Janeiro : « Rossetti , che non avevo mai veduto , ma che avrei distinto in qualunque moltitudine per quell ' attrazione reciproca e benevola della simpatia , m ' incontrò al Largo do Passo . Gli occhi nostri s ' incontrarono e non sembrò per la prima volta , com ' era realmente . Ci sorridemmo reciprocamente e fummo fratelli per la vita , per la vita inseparabili . Non sarà questa una delle tante emanazioni di quell ' intelligenza infinita , che può probabilmente animare lo spazio , i mondi e gli insetti che brulicano sulla loro superficie ? Perché devo io privarmi della voluttà gentile che mi bea , pensando alla corrispondenza degli affetti materni rientrati nell ' infinita sorgente da dove scaturirono , ed a quelli del mio carissimo Rossetti ? » ( pag . 15 ) . E a pag . 113 , parlando della terribile sconfitta toccata ai repubblicani di Montevideo sulle sponde dell ' Arroyo Grande , mentre egli mandava invano esploratori a battere il campo , così scrive : « Vi è qualche cosa , oltre l ' intelligenza , nell ' essere nostro che non si sa discernere , non si sa spiegare , ma esiste ed i suoi effetti , benché confusi , sono un vaticinio , intendasi come si vuole tale parola . Un vaticinio che vi reca contento od amarezza , forse quella scintilla infinitesima , emanata dall ' Infinito , e che risiede nella misera nostra scorza , ma immortale come l ’ Infinito , presente oltre il contatto dei nostri sensi ed oltre la portata della nostra vista . « Nulla si scorgeva in quelle deserte campagne ; quel giorno però aveva alquanto di solenne , di tetro , di desolato ! come il cuore di coloro che spiravano o languivano sul campo di battaglia , calpestati dal soldato insolente ! dall ' ugne del destriero vincitore , giubilante per i patimenti , per le torture , per la morte del vinto ! Gloria ! Eroismo ! Vittoria ! si chiamano cotesti macelli ! Ed inni e Te Deum si fanno cantare da alcuni mercenari chercuti ! Pochissimi infatti furono i risparmiati in quella terribile pugna ed il presentimento di un fiero disastro da noi sentito , nulla aveva di esagerato » . È per questa indefinita e quasi inconscia poesia della vita , effetto in massima parte di speciali condizioni fisiologiche , che varia con esse ( e perciò ottimismo e pessimismo non sono che questione di temperamento ) ; è per questa « gioia della vita » che Garibaldi sentiva potente nell ' animo anche la poesia della natura , in lui certo rafforzata nei primi anni di gioventù dai lunghi viaggi di mare , così favorevoli , per chi vi è congenitamente disposto , alle dolci fantasie ed ai sogni delle anime delicate . Ed è bello , nelle sue Memorie , il contrasto , che egli pone spesso , senz ' artificio , fra il terrore delle gesta guerresche e l ' armonia negli spettacoli della natura : tra la rabbia degli uomini e la quiete solenne delle cose . « Quanto è bello lo stallone della Pampa ! Le sue labbra non sentirono giammai il freddo ribrezzo del freno e la lucidissima schiena , giammai calcata dal fetido sedere dell ' uomo , brilla allo splendore del sole quanto un diamante . La sua splendida ma non pettinata criniera batte i fianchi , quando il superbo , raccogliendo le sparse giumente o fuggendo la persecuzione dell ' uomo , avanza la velocità del vento . Il naturale suo calzare , non mai imbrattato nella stalla dell ' uomo , è più lucido dell ' avorio e la ricchissima coda svolazza al soffio del pampero , riparando il generoso animale dal disturbo degli insetti . Vero sultano del deserto , egli sceglie la più vaga delle odalische senza il servile e schifoso ministero della più degradata delle creature , l ' eunuco . « Chi si farà un ' idea dell ' emozione sentita dal corsaro di 25 anni in mezzo a quella fiera natura , vista per la prima volta ! « Oggi 20 dicembre 1871 , rannicchiato al focolare ed irrigidito nelle membra , io ricordo commosso quelle scene d ' una vita passata ; in cui tutto sorrideva , al cospetto del più stupendo spettacolo ch ' io m ' abbia veduto . Io sono decrepito ! Ma ove saranno quei superbi stalloni , i tori , le gazzelle , gli struzzi che tanto abbellivano e vivificavano quelle amenissime colline ? I loro discendenti pascoleranno senza dubbio quei ricchissimi fieni , finché il vapore ed il ferro giungano ad accrescere la ricchezza del suolo , ma ad impoverire queste meravigliose scene della natura ! ( pag . 21 ) . « Noi percorrevamo amenissime colline , circa a due miglia dalle sponde del Dayman . Eravi l ' erba sporgente appena , verdissima , dalla superficie del terreno , ondulato come l ' Oceano in tutta la sua pacifica maestà , quando non è sconvolto dalle tempeste . Una sola pianta , un arbusto solo non presentava ostacolo in quei bellissimi campi . Sarebbe stato un sito ameno per un banchetto , ma in quel giorno lo fu di strage » ( pag . 172 ) . Descrivendo quella miracolosa fuga nella Romagna , dove morì di stenti la sua eroica Anita , Garibaldi narra di sé e dei compagni fuggenti invano nell ' Adriatico ai soldati austriaci . « Noi seguimmo tutto quel resto della giornata la costa italiana , ad una certa distanza , con vento favorevole . La notte pure si presentò bellissima . Era plenilunio ed io vidi alzare con un senso dispiacevole la compagna dei naviganti , ch ' io aveva contemplata tante volte col culto di un adoratore ! Bella come non l ' aveva veduta mai , ma per noi sventuratamente troppo bella ! E la luna ci fu fatale in quella notte ! » ( pag . 249 ) . Ed in lui questa poesia delle cose non è sterile romanticismo ma è forte senso della vita mondiale , che abbraccia pur sempre l ' umanità , a cui egli dedicò l ' esistenza . Garibaldi ama i monti , perché « non sono i monti l ' albergo , il santuario della libertà dei popoli ? Gli Americani , gli Svizzeri , i Greci tennero i monti quando furono soverchiati dalle ordinate coorti dei dominatori » ( pag . 332 ) . Ma dove questo connubio felice della poesia della natura col sentimento umanitario si mostra più eloquente è nella descrizione dell ' imbarco dei Mille . « O notte del 5 maggio , rischiarata dal fuoco di mille luminari con cui l ' Onnipotente adornò lo spazio , l ’ Infinito ! Bella , tranquilla solenne , di quella solennità che fa palpitare le anime generose che si lanciano all ' emancipazione degli schiavi . « Tali erano i Mille . « Adunati sulle spiagge dell ' orientale Liguria , raccolti in gruppi , cupi , penetrati della grande impresa , ma fieri d ' esservi caduti in sorte , succedan pure i disagi e il martirio . « Bella la notte del gran concetto . Tu rumoreggiavi nelle fila di quei superbi , con quell ' armonia indefinita , sublime , con cui gli eletti sono beati contemplando nello spazio interminato l ' Infinito ! Io l ' ho sentita quell ' armonia in tutte le notti che si somigliano alla notte di Quarto , di Reggio , di Palermo , del Volturno . E chi dubita della vittoria quando portati sulle ali del dovere e della coscienza , si è sospinti ad affrontare i pericoli , la morte come il bacio delizioso della tua donna ? » ( pag . 338 ) . Così dal letto di morte , Garibaldi vedendo due capinere sul balcone della finestra , onde egli dà l ' ultimo saluto all ' infinito del mare e del cielo , le indica ai presenti come le anime delle sue bambine , sepolte a Caprera ! Eterna fiamma di poesia , che nel cuore dell ' eroe , ribellandosi alla legge comune della decadenza senile , per cui molti muoiono assai prima dell ' ultimo sospiro , si spense solo coll ' acquetarsi dell ' ultimo battito . Ed ecco perché una nota di dolce tristezza , che spesso ritorna in queste Memorie , è il pensiero delle sepolture . Mortalmente ferito sopra un barcone , navigando nel Plata , egli vide « la salma di Fiorentino ( un suo compagno ucciso dai nemici ) sepolta nelle onde , destino solito dei marinari e con le cerimonie solite in simili circostanze , cioè un saluto affettuoso dei suoi concittadini . « Assicuro per parte mia che tal genere d ' inumazione non mi piacque , e siccome la stessa sorte mi aspettava probabilmente fra poco , senza potermi opporre al sistema di sepoltura del mio compagno , mi contentai di chiamare il mio carissimo Luigi Carniglia per trattenerlo all ' uopo . Fra i periodi rettorici dell ' inchiesta mia , naturalmente breve , all ' incomparabile amico , io recitava a lui i bei versi di Ugo Foscolo ; « Un sasso ! che distingua le mie dalle infinite ossa che in terra e in mar semina morte ! » « Ed il mio caro piangeva , promettendomi di non seppellirmi nelle onde . Chi sa se lui stesso avrebbe potuto mantenere la promessa ed il mio cadavere avria sfamato alcuni lupi marini o qualche iakaré dell ' immenso Plata » ( pag . 28 ) . E per tutte queste Memorie , quando narra la morte di un amico , di un commilitone sui campi di battaglia , sempre egli deplora che un sasso non ne ricordi il nome ai venturi . E così dello stesso Carniglia egli esclama : « O Luigi ! le tue ossa , sparse negli abissi dell ' oceano , meritavano un monumento ove il proscritto riconoscente potesse un giorno ricambiarti di una lagrima sulla sacra terra italiana ! » ( pag . 29 ) . Dopo la battaglia di Sant ' Antonio , « siccome straordinario era stato il combattimento , solenne mi sembrò dovesse essere l ' inumazione dei cadaveri . Mi ricordai allora d ' aver veduto i tumuli dei campi di battaglia nell ' Oriente e sulla collina che domina il Salto , già stata teatro di pugne gloriose , si scavò una fossa per tutte le salme indistintamente , quindi una cestella di terra per ogni individuo coperse le reliquie di amici e nemici e s ' innalzò il tumulo che ognor si scerne , signoreggiato da una croce , sulla quale leggonsi le seguenti parole : Legione Italiana Marina e cavalleria orientale 8 febbraio 1846 » ( pag . 167 ) . In altra occasione , alla Laguna , « seguitando il nemico a fulminarci con le sue artiglierie , io , quasi solo , dovetti incendiare la piccola nostra flottiglia . Ebbi pure a sopportare il doloroso spettacolo dell ' incendio de ' cadaveri dei miei fratelli d ' armi , impossibilitato di dar loro altro genere di sepoltura e far loro gli onori che meritavano » ( pag . 64 ) . Il racconto della battaglia del Volturno comincia così : « Da Annibale , vincitore delle superbe legioni , ai giorni nostri quelle campagne non avevan certo veduto più fiero conflitto ed il bifolco , passando l ' aratro su quelle zolle ubertose , urterà , per molto tempo ancora , nei teschi dalla rabbia umana seminati » ( pag . 387 ) . Poesia della morte , che a lui dettava il desiderio insoddisfatto , che la sua salma fosse consumata dalle fiamme di un verde rogo della sua Caprera al cospetto del cielo e del mare . E i soli libri che si trovarono al suo letto di morte sono I Sepolcri di Foscolo e l ' albo dei Mille . Ma il lato che più risplende di questa gentilezza di sentimento in Garibaldi è l ' attrazione per la donna ; dalla passione ardente , entusiastica per la sua Anita , alla simpatia rispettosa per Dona Manuelita de Saenz , l ' amica di Bolivar « il grande liberatore dell ' America Centrale , » condannata al letto da molti anni ; dalla venerazione soave per la madre , all ' omaggio cavalleresco per la bellezza delle tre donzelle nella estancia di Dona Ana ; dalla forte , gioconda espansione erotica , che è una nota differenziale tra gli uomini d ' azione e gli uomini del pensiero , alla idealizzazione più alta della donna amata . Nelle manifestazioni dei sentimenti , degli affetti , delle passioni , che sono l ' oggetto di questo saggio psicologico , l ' attrazione per la donna occupa lo stesso grado prevalente , per la frequenza e varietà delle prove , che nelle manifestazioni delle sue idee tiene lo anticlericalismo . Già due allusioni fugaci , forse inconsciamente sfuggite alla sua penna , lasciano intravvedere questa potenza che l ' amore ebbe sopra Garibaldi , com ' esso del resto ha su tutti gli uomini del suo tipo psicologico , da Gesù in poi . Ricordando con giovanile entusiasmo la nave Costanza , « su cui doveva solcare il Mediterraneo , quindi il Mar Nero , per la prima volta » egli esclama : « Gli ampi tuoi fianchi , la snella tua alberatura , la spaziosa tua tolda e fino il tuo pettoruto busto di donna , rimarranno impressi sempre nella mia immaginazione » ( pag . 9 ) . Ed ecco qual ' è la pittoresca descrizione , ch ' egli fa dell ' uomo e della donna , che più sembrano avere le sue simpatie : « Il matrero è il vero tipo dell ' uomo indipendente : e perché dovrà egli vivere tra una società corrotta , nella dipendenza di un prete che l ’ inganna e d ' un tiranno che gavazza nel lusso e nelle gozzoviglie , col frutto delle sue fatiche , quando può sussistere nei campi vergini e sterminati di un nuovo mondo , libero come l ' aquila ed il leone , riposando la chiomata sua testa in grembo alla donna del suo cuore , quando stanco o volando col selvaggio suo destriero nelle pampas immense in cerca d ' uno squisito alimento per lui e per la sua cara ? » « Il matrero ha un ' amante , da cui è generalmente adorato e che divide i suoi disagi , i suoi pericoli , con egual coraggio . Oh ! la donna ! che essere straordinario ! Essa più perfetta dell ' uomo , è pure d ' indole più avventurosa , più cavalleresca di lui ! ma l ' educazione servile a cui è dannata , fa sì che meno frequenti ne siano gli esempi » ( pag . 139 ) . Ed anche altrove dice « la donna , la più perfetta delle creature , checché ne presumano gli uomini » ( pag . 13 ) . « Una donna ! sì una donna ! giacché sempre la considerai la più perfetta delle creature ; e , checché ne dicano , infinitamente più facile di trovare un cuore amante fra esse » ( pag . 55 ) . E le donne d ' Italia egli spesso ricorda , per il loro patriottismo , perché molte volte , come narra delle Lombarde , « le donne , le vergini , lasciando da parte il naturale ritegno , si lanciavano al collo dei rozzi militi con effervescenza febbrile . Non eran però tutti rozzi i miei compagni , perché molti appartenevano a distinte famiglie » ( pag . 285 ) . Al ritorno da Lugano de ' Legionari italiani , dopo l ' armistizio di Salasco , « scorgevansi ovunque quelle bellissime nostre donne sporgenti dai balconi delle case , con quei volti graziosissimi , così animati come se avessero voluto volare per raggiungere i prodi , che non disperavano di strappare agli oppressori i loro focolari » ( pag . 198 ) . E poi , ritornato in Lombardia coi Cacciatori delle Alpi , celebra l ' amor patrio delle « generose donne di Varese » e si rivolge alle donne italiane , parlando della Cairoli , come più sopra è riferito ; e più innanzi celebra le donne Palermitane , che « furono sublimi di patriottico slancio , animando i Mille coi plausi , coi gesti , cogli evviva » ( pag . 359 ) . E quando egli rivolge il pensiero commosso ai suoi volontari , caduti per l ' Italia , manda loro questo saluto : « le donne delle venture generazioni italiane insegneranno ai loro bimbi le vostre gesta gloriose ed a benedire i santi vostri nomi » ( pag . 297 ) . In queste Memorie sono pure personalmente ricordate parecchie donne o per la pietà dimostrata verso i combattenti , come « la signora Alleman , angelo virtuoso di bontà , che calpestò il timore , che tutti aveva invaso e venne in soccorso del torturato ! ( prigioniero di Millan ) . Io di nulla mancai nella mia prigione , grazie alla incomparabile mia benefattrice » ( pag . 33 ) . E la signora Luigia Sauvaigo di Nizza , « madre modello delle madri » ( pag . 13 ) e la signora Laura Mantegazza , la quale « quando non erano ancor terminate le fucilate , apparve in una barca , traversando il lago ( di Como ) , raccolse indistintamente tutti i feriti , che condusse e curò in casa sua . Sia essa benedetta da tutti » ( pag . 200 ) . E non mancano gli omaggi amorosi , per esempio , quando , direttosi per caso ad un ' abitazione isolata , trovò « in quel deserto del territorio orientale la moglie di un uomo forse semi - selvaggio , che era una bella giovane , con regolare educazione e poetessa . Nell ' età mia certo si compiace uno a trovare della poesia ovunque e si crederebbe la circostanza narrata un parto della fantasia , anziché realtà . Dopo d ' avermi presentato le poesie di Quintana , ciò che servì di materia a conversazione , la graziosa mia ospite volle recitarmi alcune composizioni sue e confesso ne fui ammirato ! » ( pag . 24 ) . Poi una delle tre figlie di Dona Ana , « Manuela , signoreggiava assolutamente l ' anima mia . Io mai cessai d ' amarla benché senza speranza , essendo essa fidanzata ad un figlio del presidente . Io adoravo il bello ideale in quell ' angelica creatura e nulla aveva di profano l ' amor mio . In occasione d ' un combattimento , ov ' io ero stato creduto morto , conobbi non esser io indifferente a quell ' angelica creatura e ciò bastò a consolarmi dell ' impossibilità di possederla . D ' altronde bellissime sono le Riograndesi in generale , come bella la popolazione . Non indifferenti erano pure le schiave di colore , che si trovavano in quei compitissimi stabilimenti » ( pag . 40 ) . E perfino alle sue imprese di guerra s ' intrecciò l ' amore . « Chi mi aveva informato di tutto questo era stata una coraggiosa ed avvenente fanciulla , che mi comparve in un legno , sulla strada da Rubarolo a Varese , come una visione , mentre io marciavo colla brigata su quella città per attaccarvi Urban . Quella bella fanciulla era partita da Como per annunciarmi lo stato deplorevole in cui la città si trovava e sollecitare quindi il mio ritorno » ( pag . 301 ) . Ma gli episodi , che in queste Memorie , dove non sono narrate le private vicende di famiglia , attestano come ardente fosse l ' attrazione di Garibaldi per la donna , sono gli accenni sparsi qua e là sulla eroica Anita . In un capitolo , dal titolo « Innamorato , » egli narra il primo incontro ; ma poi non vi sono che , di tanto in tanto , dei ricordi isolati sulle gesta di Anita , fino alla sua morte durante la fuga , in Romagna . Raccogliamo questi ricordi , per vedere quanto nobili e focosi , delicati e profondi fossero i palpiti di Garibaldi per la donna del suo cuore , che la leggenda popolare ricorda amazzone imperterrita , sfidante a fianco del suo eroe i pericoli delle sante battaglie per la libertà della Patria ! A pag . 45 , alludendo alla signorina Manuela , che ho già rammentata , egli scrive : « Noi intanto celebravamo la nostra vittoria contro l ’ Impero del Brasile , godendo d ' esser salvi da una tempesta di non poco momento . Alla estancia di donna Antonia , una vergine , a 12 miglia di distanza , chiedeva delle mie nuove con molto interesse ed io n ' ero ben felice . « Sì ! bellissima figlia del Continente ( provincia del Rio Grande ) io ero felice di appartenerti , comunque fosse ! Tu destinata a donna di un altro ! a me serbava la sorte altra Brasiliana , unica per me al mondo , ch ' io piango oggi e che piangerò tutta la vita ! Quella pure mi conobbe nella sventura , naufragò ! e più che del mio merito , forse della sventura s ' invaghì e la sventura me la consacrò per sempre ! » Incaricato dal generale Canabarro di « uscire dalla Laguna con tre legni armati per assaltare la bandiera imperiale nelle coste del Brasile » , Garibaldi si accinse all ' opera . « In questo periodo di tempo ebbe luogo uno dei fatti primordiali della mia vita . « Io giammai avevo pensato al matrimonio e me ne credevo inadeguato per troppa indipendenza d ' indole e propensione a carriera avventurosa . Aver una donna , dei figli , sembravami cosa interamente disdicevole a chi s ' era consacrato assolutamente ad un principio , che per quanto eccellente , non mi avrebbe permesso , propugnandolo col fervore di cui mi sentivo capace , la quiete e stabilità necessarie ad un padre di famiglia . Il destino decise in altro modo . Colla perdita di Luigi , Edoardo e degli altri miei conterranei ero rimasto in un desolato isolamento ; sembravami esser solo nel mondo . Nessuno più scorgevo di tanti amici che quasi mi tenevan luogo di patria , in quelle lontane regioni . Nessuna intimità coi miei nuovi compagni che appena conoscevo e non un amico di cui ho sempre sentito il bisogno nella mia vita .... « Io passeggiavo sul cassero della Itaparica ravvolgendomi nei miei tetri pensieri e dopo ragionamenti d ' ogni specie conchiusi finalmente di cercarmi una donna , per trarmi da una noiosa e insopportabile condizione . « Gettai a caso lo sguardo verso le abitazioni della Barra ( collina all ' entrata della Laguna ) . Là coll ' aiuto del canocchiale che abitualmente tenevo alla mano , scopersi una giovane , ordinai mi trasportassero in terra nella direzione di lei . Sbarcai ed avviandomi verso la casa ove dovea trovarsi l ' oggetto del mio viaggio , non mi era possibile rinvenirlo , quando m ' incontrai con un individuo del luogo , che avevo conosciuto ai primi momenti dell ' arrivo nostro . Egli invitommi a prender caffè nella di lui casa ; entrammo e la prima persona che si affacciò al mio sguardo , era quella il di cui aspetto mi aveva fatto sbarcare . Era Anita ! la madre dei miei figli ! La compagna della mia vita , nella buona e cattiva fortuna ! La donna il di cui coraggio io mi sono desiderato tante volte ! Restammo entrambi estatici e silenziosi , guardandoci reciprocamente , come due persone che non si vedono per la prima volta e che cercano nei lineamenti l ’ uno dell ' altro qualche cosa che agevoli una reminiscenza . « La salutai finalmente , e le dissi : Tu devi esser mia . Parlava poco il portoghese ed articolai le proterve parole in italiano . Comunque , io fui magnetico nella mia insolenza . Aveva stretto un nodo , sancito una sentenza , che la sola morte poteva infrangere ! Io avevo incontrato un proibito tesoro , ma pure un tesoro di gran prezzo ! ! ! « Se vi fu colpa io l ' ebbi intiera ! E ... vi fu colpa ! Sì ... si rannodavano due cuori con amore immenso e s ' infrangeva l ' esistenza di un innocente ! Essa è morta ! Io infelice ! E lui vendicato ... Sì ! vendicato ! Io conobbi il gran male che feci , il dì in cui , sperando ancora di riaverla in vita , io stringeva il polso di un cadavere , e piangeva il pianto della disperazione . Io errai grandemente ed errai solo ! » ( pag . 55-56 ) . Dopo questo racconto , improntato alla più spontanea sincerità , la narrazione delle vicende di guerra , per poco interrotta , riprende il sopravvento , e nel turbinoso incalzarsi degli eventi , la figura di Anita compare soltanto di quando in quando , per qualche accenno fugace , illuminata sempre dal grande amore e dall ' ammirazione del suo Garibaldi . Poco dopo , nel combattimento navale del Rio Pardo , comandato da Garibaldi contro le navi brasiliane , « la tolda nostra era coperta di cadaveri e di mutilati , crivellati i fianchi del Rio Pardo . Si era decisi di pugnare fino alla morte , e tal decisione era corroborata dall ' aspetto imponente dell ' amazzone brasiliana Anita ! che non solo non volle sbarcare , ma prese parte gloriosa all ' arduo conflitto » ( pag . 59 ) . In altra pugna navale contro gli imperiali « io scesi la montagna e fui celeremente al mio posto a bordo del Rio Pardo , e giunsi che già l ' incomparabile mia Anita , con la solita intrepidezza , aveva sparato la prima cannonata , puntata da lei stessa , ed animando con la voce le ciurme sbigottite . » Essendo di troppo superiori le forze nemiche , Garibaldi chiese rinforzo al generale Canabarro , ma « ebbi in risposta di dar fuoco ai legni nostri e ritirarmi con la gente in terra . In tale missione avevo mandato Anita , ingiungendole di non tornare a bordo ; ma essa non mandò , tornò con la risposta ; e veramente io dovetti all ' ammirabile sangue freddo della giovine eroina di poter salvare le munizioni da guerra » ( pag . 64 ) . E la presenza della sua compagna non solo gli raddoppia l ' entusiasmo di guerra , ma gli fa bella la vita stessa di privazioni e attraenti i pericoli . « Tra le peripezie non poche della mia vita procellosa , io non ho mancato d ' avere bei momenti , e tale era quello in cui , alla testa di pochi uomini , avanzo di molte pugne ( contro i brasiliani ) , e che giustamente avevano meritato il titolo di valorosi , io marciava a cavallo con accanto la donna del mio cuore , degna della universale ammirazione ... E che m ' importava il non aver altre vesti che quelle che mi coprivano il corpo e di servire una povera Repubblica che a nessuno poteva dare un soldo ? ... La mia Anita era il mio tesoro , non men fervida di me per la sacrosanta causa dei popoli e per una vita avventurosa . Essa si era figurata le battaglie come un trastullo e i disagi della vita del campo come un passatempo . » Ma ben presto all ' eroina delle battaglie succede la madre . « In quel tempo ( 16 settembre 1840 ) la mia Anita ebbe il suo primo nato , Menotti , la cui esistenza era un vero miracolo , poiché nel decorso della gravidanza la coraggiosissima donna avea assistito a molte pugne , sopportato molte privazioni e disagi ed una caduta da cavallo , per cui il bambino nacque con un ' ammaccatura nella testa . Anita partorì in casa d ' un abitante di quelle campagne , nelle vicinanze di un piccolo villaggio chiamato Mustarda ed ebbe tutte le cure immaginabili da codesta generosissima famiglia per nome Costa . Io sarò riconoscente a quella buona gente tutta la vita . Ma alla mia povera Anita , dodici giorni dopo il parto , toccò di fuggire , col suo pargolo sul davanti della sella , affrontando tempi tempestosi ... Anita abbrividiva all ' idea di perdere il nostro Menotti , che salvammo per un miracolo ! Nel più arduo della strada ed al passo de ' torrenti io portava il mio caro figlio di tre mesi in un fazzoletto a tracolla , procurando di riscaldarmelo al seno e coll ' alito . Siccome si procedeva avanti senza trovar mai la fine della piccada , io rimasi nella selva coi due muli e mandai Anita col mio assistente ed il bambino , acciocché alternando i due cavalli che ci rimanevano , essa procurasse di uscire al chiaro , cioè fuori della foresta , ove trovare alcuni alimenti per sé e per il pargoletto . I due cavalli che alternativamente portavano Anita , ed il coraggio sublime di quella valorosa mia compagna salvaronmi ciò che di più caro io aveva nella vita . Essa giunse fuori della piccada e per fortuna , vi trovò alcuni de ' miei militi con un fuoco acceso . I miei compagni , a cui era riuscito d ' asciugare alcuni cenci , presero il bambino che tutti amavano , l ' involsero , lo riscaldarono e lo tornarono in vita , quando la povera madre già poco sperava di quella tenera esistenza » ( pag . 87-88-91-92 ) . È a Nizza , dopo queste disastrose peripezie , che noi ritroviamo fatto ricordo di Anita . Appena ritornato in Italia , la prima volta , Garibaldi corre alla sua casa : « Anita mia ed i miei bimbi , partiti d ' America alcuni mesi prima , erano lì riuniti alla vecchia mia genitrice ch ' io idolatravo e che non vedevo da quattordici anni » ( pag . 188 ) . E più non ricompare la simpatica figura se non nella miracolosa ritirata , dopo la caduta della Repubblica di Roma : e ricompare per l ' ultima volta , perché furono quelli gli ultimi travagliati momenti di sua vita . Essa più debole , perché in istato di gravidanza , soggiacque agli stenti , alle paure , alla sete ... « La mia buona Anita , ad onta delle mie raccomandazioni per farla rimanere aveva deciso d ' accompagnarmi . L ' osservazione che io avrei da affrontare una vita tremenda di disagi , di privazioni e di pericoli frammezzo a tanti nemici , era stata piuttosto di stimolo alla coraggiosa donna ed invano feci osservare ad essa il trovarsi in istato di gravidanza » ( pag . 240 ) . Arrivati nella ospitale Repubblica di S . Marino « un carissimo e ben doloroso impaccio era la mia Anita , avanzata in gravidanza ed inferma ; io la supplicavo di rimanere in quella terra di rifugio , ove un asilo almeno per lei poteva credersi assicurato e dove gli abitanti ci avevano mostrato molta amorevolezza . Invano ! quel cuore virile e generoso si sdegnava a qualunque delle mie ammonizioni su tale assunto e m ' imponeva silenzio colle parole : « Tu vuoi lasciarmi . » Io determinai di uscire da S . Marino verso la metà della notte e di guadagnare qualche porto nell ' Adriatico , ove potersi imbarcare per Venezia » ( pag . 246 ) . « Il giorno era già avanzato quando salpammo ( in alcuni barconi ) da Cesenatico . S ' io non fossi stato addolorato dalla situazione della mia Anita , che trovavasi in uno stato deplorabile , soffrendo immensamente , avrei potuto dire che superate tante difficoltà e sulla via di salvazione , la condizione nostra poteva chiamarsi fortunata , ma i patimenti della mia cara compagna erano troppo forti e più forte era tuttora il mio rammarico di non poter sollevarla .... Delle mancanze di viveri la principale era l ' acqua e la mia sofferente donna aveva una sete divorante , indizio non dubbio dell ' interno suo male ! » ( pag . 248 ) . Costretti a ritornare a terra , perché scoperti per il plenilunio e cannoneggiati da una nave austriaca , Ugo Bassi e Ciceruacchio coi due figli e sei altri compagni vanno in cerca di rifugio e invece sono presi e fucilati , nove subito e Ugo Bassi poi a Bologna . « Io rimasi nella vicinanza del mare in un campo di melica colla mia Anita e col tenente Leggiero , indivisibile mio compagno ... Le ultime parole della donna del mio cuore erano state per i suoi figli , ch ' essa presentì di non più rivedere ! » ( pag . 251 ) . Il tenente Leggiero s ' avanzò nell ' interno per scoprir case e trovò il colonnello Nino Bonnet , domiciliato e possidente in quei dintorni « uno dei miei più distinti ufficiali , ferito a Roma nell ' assedio » dice Garibaldi e prosegue : « Coraggioso ed intelligente il Bonnet , con gran pericolo di sé stesso , cercò e trovò chi cercava . Una volta trovato un tale ausiliario io mi rimisi intieramente all ' arbitrio suo e ciò fu naturalmente la salvezza nostra . Egli propose subito di appressarsi ad una casipola , che si trovava nelle vicinanze per trovarvi qualche ristoro all ' infelice mia compagna . Ci avvicinammo sostenendo Anita in due ed a stento giungemmo a quella casa di povera gente , ove trovammo acqua , necessità prima della soffrente e non so che altro ... Di lì traversammo parte delle valli di Comacchio ed avvicinammo la Mandriola , ove si doveva trovare un medico . Giungemmo alla Mandriola e stava Anita coricata su d ' un materazzo nel barroccio che l ' avea condotta . Dissi allora al dottor Zannini , giunto pure in quel momento : « Guardate di salvare questa donna . » Il dottore a me : « Procuriamo di trasportarla in letto . » Noi quattro allora prendemmo ognuno un angolo del materazzo e la trasportammo nel letto d ' una stanza della casa , che si trovava a capo d ' una scaletta della stessa . Nel posare la mia donna in letto mi sembrò di scoprire nel suo volto l ' espressione della morte . Le presi il polso ... più non batteva ! Avevo davanti a me la madre dei miei figli , ch ' io tanto amava , cadavere ! ... Essi mi chiederanno della loro genitrice al primo incontro ! Io piansi amaramente la perdita della mia Anita ! di colei che mi fu compagna inseparabile nelle più avventurose circostanze della mia vita ! Raccomandai alla buona gente che mi circondava di dar sepoltura a quel cadavere e mi allontanai , sollecitato dalla stessa gente di casa , ch ' io compromettevo rimanendo più tempo . M ' avviai brancolando per Sant ' Alberto con una guida che mi condusse in casa d ' un sarto , povero ma onesto e generoso » ( pag . 252 ) . A rendere meno incompleta la figura psicologica di Garibaldi , rimangono da ritrarre , in queste Memorie , le sue attitudini e le sue qualità , non più nell ' intimità personale del sentimento , ma nella esteriorità dei suoi rapporti cogli altri uomini e coll ' ambiente , in cui egli manifestò le potenze maravigliose della sua tempra morale . I due caratteri predominanti di Garibaldi , come cittadino fra cittadini , si riassumono in ciò , ch ' egli fu un uomo d ' azione e più specialmente quel tipo caratteristico di uomo d ' azione che è , non il militare del tipo di Moltke , ma l ' avventuriero di guerra , nel senso nobile della parola . E poiché questo iato della grande figura è assai noto , come più direttamente connesso colle sue imprese militari , basterà rilevarne dalle sue Memorie i documenti psicologici più caratteristici . Gli uomini si possono , nella psicologia sociale , classificare in due tipi ben distinti , per prevalenza evidente delle loro energie , che raramente si congiungono , in grado elevatissimo , nella stessa persona : l ' uomo del pensiero e l ' uomo d ' azione . Nella storia del risorgimento italiane , Mazzini e Garibaldi personificano mirabilmente questi due tipi ed è questa una delle non ultime ragioni del loro antagonismo , che in queste Memorie sopravvive , spesso molto acuto . Garibaldi è essenzialmente un uomo d ' azione e presenta tutti i caratteri salienti , organici e psichici di questo tipo antropologico , che sente l ' antipatia più spiccata per « i dottrinari , assuefatti ad argomentare con lunghe ciarle , ma non ad oprare gagliardamente » ( pag . 276 ) . Egli ha quello spirito delle avventure , che si chiama l ' amore dell ' ignoto : la sua giovinezza , come egli dice , era « ardente di lanciarsi nelle avventure dell ' incognito » ( pag . 9 ) e ripete altrove : « l ' indole mia propensa alle avventure » ( pag . 38 e 55 ) e parla del « solletico provato all ' idea della grandezza dell ' impresa » ( pag . 100 ) e allude alla sua « irrequietezza naturale ed abituale » ( pag . 265 ) quando a New - York , stanco di fabbricare candele , voleva cambiar mestiere . Perciò Garibaldi , quando la guerra non ne occupava la traboccante energia , ha esercitato i più diversi mestieri : marinaio e corsaro , precettore di ragazzi a Costantinopoli ( pag . 13 ) e a Montevideo ( pag . 96 ) ; sensale mercantile e domatore di puledri ( pag . 96 ) ; truppiere o conduttore di bovi ( pag . 95 ) e fabbricante di candele ( pag . 265 ) e finalmente agricoltore nella sua Caprera , com ' egli stesso dettò nella scheda del censimento italiano . Ma la sua indole avventurosa aveva come bussola infallibile e dote preziosa un acutissimo senso pratico della vita , carattere fortunato della razza ligure fra gli italiani e che manca spesso agli uomini troppo esclusivamente pensatori . Ed aveva soprattutto un potere simpatico e fascinatore sui propri simili , unito ad una sicura , penetrante conoscenza degli uomini , che gli furono certo alleati potenti nelle tante vittorie ottenute . Del suo fascino sui compagni di battaglia , ch ' egli sapeva trasformare in eroi colla potenza ammaliatrice dello sguardo , della voce , dell ' esempio , è superfluo recar prove . E sugli stessi nemici , anche per la leggenda onde il suo nome era circondato , basta l ' esempio del suo ingresso a Napoli , nel 60 , che , come egli dice , « ha più del portentoso che della realtà . Accompagnato da pochi aiutanti , io passai framezzo alle truppe borboniche ancora padrone , le quali mi presentavano l ' armi con più ossequio certamente , che non lo facevano in quei tempi ai loro generali » ( pag . 380 ) . Ed era nei momenti più ardui e decisivi , ch ' egli appunto sapeva cogliere il lato psicologico , per cui ogni uomo od ogni raccolta di uomini più facilmente cede alle nostre suggestioni , strappando così la vittoria al destino dubbioso . Nella ritirata verso Lages , visto che « molti dei compagni scoraggiavansi , altri disertavano » li riunì ed « energicamente imposi loro che meglio era manifestarsi apertamente sulla volontà di accompagnarmi e che liberi si lasciavano coloro che volessero andarsene . Tale risoluzione fu efficacissima ; da quel momento non vi furono più diserzioni » ( pag . 72 ) . Ed è straordinaria questa sua acutezza di intuizione psicologica , là dove parla del panico in guerra . In più luoghi ne riporta degli esempi ( pag . 71 , 244 , 346 , 377 , 449 ) ; ma il più caratteristico è quello della ritirata verso Autun , dopo l ' assalto dei Prussiani a Lantenay . « In certi casi conviene agire coll ' animale uomo come si agisce coll ' animale bue ... Rompe ? Lasciatelo rompere e che corra a sua voglia . Guai a voi se commetteste l ' imprudenza di attraversare la sua via , egli vi rovescerà cavalli e cavalieri , come mi successe a Velletri nel 1849 , ove salvai la mia pelle , nera di contusioni , per un miracolo . Rompe ? Lasciatelo rompere , fuggire , precipitarsi ; non te ne incaricare e contentatevi di tenervi su di un fianco o alla coda ; egli troverà un ostacolo , lo fermerà un fiume , una montagna , la fame , la sete , od una nuova paura , più prossima o maggiore di quella che lo fece fuggire . Allora è tempo : riordina come puoi gli animali uomini , procura di trovar per loro da mangiare , da bere , da riposarsi ; e quando siano satolli , riposati e rialzati di morale , essi si ricorderanno di una vergognosa fuga , del dovere calpestato e della gloria ! La peggiore d ' ogni pazzia umana ! « Lo stesso succede coi bovi , meno che questi bruti non pensano alla gloria , per fortuna nostra ; guidati da più cavalieri i bovi si spaventano per una qualunque causa : un tuono , un lampo , una bufera od altro , e cominciano a correre con quella velocità di cui sono capaci gli animali selvaggi . Il savio conduttore non è sì stupido di comandare ai suoi uomini di fermarsi , attraversando loro la via , giacché sarebbe rovina certa . Ma li seguita , ponendosi su di un fianco o di dietro , senza perderli di vista , finché un ostacolo qualunque si presenta ai fuggenti : un fiume , un bosco , un monte ; allora la testa di colonna si ferma , si rigira e tutto il resto si rigira e si ferma . « A quel punto l ' avveduto condottiero ordina ai suoi cavalieri di circondare la truppa dei bovi ridivenuti docili come agnelli ; e così i bruti tornano sotto il dominio del loro tiranno , l ' uomo , che non so se valga più di loro » ( pag . 465 ) . A parte le punte d ' amarezza contro gli uomini , che non si sentono nelle pagine giovanili delle Memorie , questo brano è certo una delle più caratteristiche prove di quella , che chiamerei la strategia psicologica di Garibaldi . Questa profonda e geniale conoscenza degli uomini , però , e dei loro difetti non intaccò , non corrose per nulla la nobiltà e magnanimità della grande anima sua . Egli , noncurante delle ricchezze , come dimostrò per tutta la vita ( e perciò si confessa « inadatto al commercio , » pag . 16 e 267 ) , anziché giungere al disprezzo pessimista per l ' umanità , conclude : « Gli uomini gli ho piuttosto compianti che odiati , rimontando alle cause del male , cioè all ' egoismo della sciagurata nostra natura » ( pag . 73 ) . Perciò egli , equanime sempre , dichiara sinceramente , che una delle ragioni della sconfitta di Mentana fu « che i volontari , demoralizzati per il gran numero di diserzioni , non si mostrarono in quel giorno degni della loro fama . Distinti ufficiali ed un pugno di prodi che li seguivano , spargevano il loro sangue prezioso senza cedere un palmo di terreno ; ma la massa non era dei soliti nostri intemerati . Essa cedeva superbe posizioni , senza opporre quella resistenza che io mi potevo aspettare » ( pag . 446 ) . Perciò egli , colla stessa equanimità , riconosce e proclama in più luoghi delle sue Memorie i meriti strategici ed il valore personale dei nemici ; come del generale brasiliano Moringue ( pag . 43 , 45 ) ; del generale argentino Brown ( pag . 104 ) ; dei cavalieri americani , che dice : « non secondi a nessuno in ogni specie di combattimento e insuperabili poi nel perseguire un nemico sconfitto e catturarlo » ( pag . 174 ) . Così egli riconosce il valore delle truppe borboniche , che a Milazzo di cinque o seimila Garibaldini ne misero mille fuori di combattimento ( pag . 368 ) e la forza straordinaria di disciplina e freddo coraggio delle truppe prussiane ( pag . 463 ) . E così nell ' appendice sulla battaglia di Custoza , egli proclama , che « l ' arciduca Alberto d ' Austria fu il solo e vero generale di quella battaglia » e fu quegli che decise della vittoria ( pag . 485 ) . Equanimità , che diede il famoso « obbedisco » all ' ordine di ritirarsi dal Tirolo , come già in circostanze di tanto minori e men dolorose , egli aveva obbedito « sebbene a malincuore » al generale Pacheco nel fatto d ' arme del Passo della Bajada ( pag . 130 ) . Come uomo di guerra , e specialmente in quella forma caratteristica della guerriglia , che ebbe in Garibaldi il suo tipo perfetto , egli presenta nelle sue Memorie , oltre l ' avversione al militarismo , giacché egli « non aveva attitudine alla organizzazione degli eserciti » ( pag . 124 ) ed aveva « un ' antipatia nata per il mestiere del soldato » ( pag . 431 ) « con scarse cognizioni di teorie militari » ( pag . 192 ) , presenta tre qualità psicologiche , che sopra le altre sue doti guerresche prevalgono decisamente . Una fiducia grande in sé stesso un miracoloso occhio strategico , per cogliere ed attuare e sorreggere , colla rapidità del lampo , il piano di battaglia e infine una fede illimitata nella propria fortuna . La prima e l ' ultima di queste doti sono , per Garibaldi come per ogni altro grande uomo , il segreto dei loro successi , ch ' essi strappano veramente alla fortuna , colla pertinacia del proposito e lo slancio dei colpi opportuni . « Il mio animo non era dato alla disperazione , ciò che non mi è mai succeduto » ( pag . 99 ) e ripete più innanzi : « Mai si deve disperare nelle battaglie e nella politica , particolarmente quando si propugna la causa della giustizia » ( pag . 128 ) . Colla propria sicurezza egli s ' imponeva al nemico e colla fede nella vittoria , vinceva . « Bisognava però vincere : e questo proposito era il fatale animatore di quella stupenda campagna ( dei Mille ) ove nei più seri dei nostri combattimenti , come Milazzo e il Volturno , fummo perdenti per più di metà della giornata e dove , a forza di costanza , non disperando giammai , si pervenne a sconfiggere un nemico superiore in tutto ( pag . 370 ) « Pertinacia e costanza nelle battaglie , ecco una delle chiavi della vittoria ! Ma la gente è stanca e grida : Siamo stanchi ed affamati ! Sì ! Ebbene , andate in cerca di cibo e di riposo : il nemico verrà avanti , vi mangierà i viveri raccolti e il riposo ve lo darà col calcio del fucile » ( pag . 476 ) . E lo ripete a pag . 36 , 44 , 83 , 475 . Del suo miracoloso , rapidissimo occhio di guerra non è possibile dar qui le prove , perché si dovrebbe riferire il racconto di quasi tutti i fatti d ' arme , a cui Garibaldi prese parte e nei quali , quasi sempre , la decisione della vittoria fu data da qualche suo espediente strategico dell ' ultima ora o da qualche sua mossa od incitazione quando le sorti della battaglia si trovano al punto critico , in cui possono risolversi nell ' un senso e nell ' altro . Più interessante , psicologicamente , è la convinzione che Garibaldi ebbe sempre di essere il beniamino della fortuna ... e in parte lo fu veramente , se pensiamo che in una lunga vita attraverso cento fatti d ' armi , in terra e per mare , una sola volta fu ferito mortalmente , in America , e sul suo cadavere furono riscontrate dieci sole ferite , di cui più profonda quella d ' Aspromonte e se pensiamo , com ' egli dice , che « nella mia prolissa carriera militare , io mai sia stato fatto prigionierio , ad onta di essermi trovato tante volte in pericolosissimo stato » ( pag . 30 ) . Già sino dai primi capitoli , parlando del generale del Rio Grande , Bento Gonçales , ch ' egli chiama « il tipo del guerriero brillante e magnanimo , » Garibaldi osserva : « Eppure con tante doti , Bento fu sventurato nelle battaglie , ciò che mi ha fatto supporre sempre contribuire la fortuna per una gran parte negli eventi della guerra » ( pag . 36 ) e di lui ripete più innanzi « quel sommo , dotato di tutte le qualità del gran capitano , meno la fortuna . » ( pag . 79 ) . Però devesi notare che delle fortune di guerra sono diverse le specie . C ' è la vera e propria fortuna del caso come c ' è una cosiddetta fortuna , che però non è altro se non l ' imperizia del nemico o il lampo di genio di un grande capitano . E nelle Memorie di Garibaldi quelle ch ' egli chiama sue fortune sono dell ' una e dell ' altra specie . Così la vittoria di Varese ebbe per ragion principale l ’ imperizia del generale austriaco Urban , che , invece di attaccare alle spalle , al nord di Biumo « attaccò il toro per le corna e fu tanto meglio per noi » ( pag . 288 ) . E alla grande , decisiva battaglia del Volturno « per fortuna nostra , fu difettoso il piano di battaglia dei generali borbonici : essi ci dettero una battaglia parallela ( assalendo di fronte ) potendo darcela obliqua » ( pag . 393 ) . E Garibaldi dice , che « da Epaminonda , nelle battaglie di Leuttra e di Mantinea , sino ai generali prussiani del 70 , la regola delle battaglie oblique è stata sempre incontrastabile ed ha prodotto vittorie sempre ; e gli Austriaci vinsero a Custoza appunto perché all ' errore dei generali italiani di dividere il loro esercito in due , si aggiunse l ' arte dell ' Arciduca Alberto di attaccarlo obliquamente » ( pag . 484 ) . Così ancora se a Digione Garibaldi vinse i prussiani , fu , secondo lui , perché « nella guerra domina signora la fortuna e noi fummo veramente favoriti da essa , avendoci il nemico nel 20 gennaio attaccato dalla parte di ponente , sicché si può dire che attaccò il toro per le corna » ( pag . 478 ) . Tutto dunque non dipende realmente dalla fortuna , ma come poi dice lo stesso Garibaldi ( a proposito della battaglia di Caserta ) , « nelle combinazioni di guerra bisogna essere secondati dalla fortuna o da un genio molto superiore » ( pag . 397 ) . Così egli chiama , modestamente , una fortuna l ' aver potuto prendere , nella Laguna , le armi e le munizioni mandate dai Brasiliani ; ma la verità è che Garibaldi , con marcie rapidissime , trovossi alla Laguna prima che i Brasiliani lo sapessero ( pag . 53 ) . Altre volte la fortuna vera furono il suo coraggio e la sua presenza di spirito , che è propria dei veri uomini d ' azione , quando Garibaldi in una piccola lancia , davanti all ' isola della Libertà ( Montevideo ) si trova , di notte , improvvisamente in mezzo ai legni da guerra « tanto vicini che la sentinella di prora d ' uno di quelli ci gridò : « Chi viva ? » « Zitti , io dissi alla mia gente ; era senza dubbio la squadra nemica . Sommessamente parlando , io eccitai a raddoppiare la voga e far sui remi meno rumore possibile , ma mi aspettavo una grandine di fucilate dopo l ’ intimazione fatta dalla sentinella ; invece miracolosamente scansammo » ( pag . 126 ) . Certo « la fortuna , in cui non ho mancato d ' aver sempre qualche fede » ( pag . 246 ) ha favorito qualche volta Garibaldi . Per esempio , nella ritirata attraverso la foresta , quando Anita ebbe Menotti , egli « viaggiando solo per giorni interi coll ' acqua fino alla pancia del cavallo » per andare alla Settembrina a comprarvi « alcune cosarelle di panni » da regalare alla sua donna , udì delle fucilate dalla parte onde era partito . « Nel ritorno seppi la causa delle fucilate ed il tristissimo caso accaduto al capitano Massimo ed ai suoi bravi liberti , subito dopo la mia partenza da quella casa , » dove furono sorpresi ed uccisi tutti dal generale brasiliano Moringue ( pag . 149 ) . All ' assalto di Palermo « posando a terra la sella della mia cavalla Marsala e le pistoliere , una pistola percosse nel suolo e prese fuoco ; la palla mi sfiorò il piede destro , portando via un pezzo della parte inferiore del calzone . Le fortune non vengono mai sole , dissi tra me » ( pag . 358 ) . All ' assalto di Reggio , tutta una colonna di duemila uomini sparò per isbaglio in una sola volta i fucili . « Io , che mi trovavo a cavallo , in mezzo a quel quadrato in tempesta , mi gettai giù , e non mi toccò che una sola palla nel cappello » ( pag . 377 ) . Al Volturno , egli , andato in carrozza a Sant ' Angelo , fu « accolto da una grandine di palle nemiche ; il mio cocchiere fu ucciso , la carrozza crivellata di palle , ed io coi miei aiutanti fummo obbligati di scendere » ( pag . 389 ) . E nella sua romanzesca evasione da Caprera « una circostanza imprevista , che mi favorì molto , fu la seguente : Maurizio , assistente mio , era andato alla Maddalena in quel giorno e verso quell ' ora tornava in Caprera . Un po ' allegro forse non badò al « chi viva » delle barche da guerra , che incrociavano numerose nel canale della Moneta , che separa la Maddalena dalla Caprera , e coteste barche lo fulminarono di fucilate , che felicemente non lo colpirono . Per combinazione ciò succedeva mentre io stavo operando la mia traversata , favorito pure dal vento di scirocco , le cui piccole ondate servivano mirabilmente a nascondere il Beccaccino , che appena usciva d ' un palmo dalla superficie del mare . La mia pratica acquistata nei fiumi dell ' America , con le canoe indiane che si governano con un remo solo , mi valse sommamente . Io avevo un remo o pala di circa un metro , con cui potevo remare con tanto rumore quanto ne fanno gli acquatici . « Dunque mentre la maggior parte dei miei custodi si precipitavano su Maurizio , io tranquillamente traversavo lo stretto della Moneta ed approdavo nell ' isoletta divisa dalla Maddalena da un piccolo canale guadabile » ( pag . 429 ) . Gli è che , in realtà , più che la fortuna , a cui Garibaldi modestamente assegna tanta parte dei suoi successi , era suo alleato potente quello che egli stesso chiama « il fatale animatore » delle sue imprese : l ' amor patrio e la convinzione profonda di combattere sempre per una causa santa .
DEMOCRAZIA OPERAIA ( GRAMSCI ANTONIO , 1919 )
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Un problema si impone oggi assillante a ogni socialista che senta vivo il senso della responsabilità storica che incombe sulla classe lavoratrice e sul Partito che della missione di questa classe rappresenta la consapevolezza critica e operante . Come dominare le immense forze sociali che la guerra ha scatenato ? Come disciplinarle e dar loro una forma politica che contenga in sé la virtù di svilupparsi normalmente , di integrarsi continuamente , fino a diventare l ' ossatura dello Stato socialista nel quale si incarnerà la dittatura del proletariato ? Come saldare il presente all ' avvenire , soddisfacendo le urgenti necessità del presente e utilmente lavorando per creare e " anticipare " l ' avvenire ? Questo scritto vuole essere uno stimolo a pensare e ad operare ; vuole essere un invito ai migliori e più consapevoli operai perché riflettano e , ognuno nella sfera della propria competenza e della propria azione , collaborino alla soluzione del problema , facendo convergere sui termini di esso l ' attenzione dei compagni e delle associazioni . Solo da un lavoro comune e solidale di rischiaramento , di persuasione e di educazione reciproca nascerà l ' azione concreta di costruzione . Lo Stato socialista esiste già potenzialmente negli istituti di vita sociale caratteristici della classe lavoratrice sfruttata . Collegare tra di loro questa istituti , coordinarli e subordinarli in una gerarchia di competenze e di poteri , accentrarli fortemente , pur rispettando le necessarie autonomie e articolazioni , significa creare già fin d ' ora una vera e propria democrazia operaia , in contrapposizione efficiente ed attiva con lo Stato borghese , preparata già fin d ' ora a sostituire lo Stato borghese in tutte le sue funzioni essenziali di gestione e di dominio del patrimonio nazionale . Il movimento operaio è oggi diretto dal Partito socialista e dalla Confederazione del Lavoro ; ma l ' esercizio del potere sociale del Partito e della Confederazione si attua , per la grande massa lavoratrice , indirettamente , per forza di prestigio e d ' entusiasmo , per pressione autoritaria , per inerzia persino . La sfera di prestigio del Partito si amplia quotidianamente , attinge strati popolari finora inesplorati , suscita consenso e desiderio di lavorare proficuamente per l ' avvento del comunismo in gruppi e individui finora assenti dalla lotta politica . E ' necessario dare una forma politica e una disciplina permanente a queste energie disordinate e caotiche , assorbirle , comporle e potenziarle , fare della classe proletaria e semiproletaria una società organizzata che si educhi , che si faccia una esperienza , che acquisti una consapevolezza responsabile dei doveri che incombono alle classi arrivate al potere dello Stato . Il Partito socialista e i sindacati professionali non possono assorbire tutta la classe lavoratrice , che attraverso un lavorio di anni e di decine di anni . Essi non si identificheranno immediatamente con lo Stato proletario ; nelle Repubbliche comuniste infatti essi continuano a sussistere indipendentemente dallo Stato , come istituti di propulsione ( il Partito ) o di controllo e di realizzazione parziale ( i sindacati ) . Il Partito deve continuare ad essere l ' organo di educazione comunista , il focolare della fede , il depositario della dottrina , il potere supremo che armonizza e conduce alla meta le forze organizzate e disciplinate della classe operaia e contadina . Appunto per svolgere rigidamente questo suo ufficio , il Partito non può spalancare le porte all ' invasione di nuovi aderenti , non abituati all ' esercizio della responsabilità e della disciplina . Ma la vita sociale della classe lavoratrice è ricca di istituti , si articola in molteplici attività . Questi istituti e queste attività bisogna appunto sviluppare , organizzare complessivamente , collegare in un sistema vasto e agilmente articolato che assorba e disciplini l ' intera la classe lavoratrice . L ' officina con le sue commissioni interne , i circoli socialisti , le comunità contadine , sono i centri di vita proletaria nei quali occorre direttamente lavorare . Le commissioni interne sono organi di democrazia operaia che occorre liberare dalle limitazioni imposte dagli imprenditori , e ai quali occorre infondere vita nuova ed energia . Oggi le commissioni interne limitano il potere del capitalista nella fabbrica e svolgono funzioni di arbitrato e di disciplina . Sviluppate ed arricchite , dovranno essere domani gli organi di potere proletario che sostituisce il capitalista in tutte le sue funzioni utili di direzione e di amministrazione . Già fin d ' ora gli operai dovrebbero procedere alla elezione di vaste assemblee di delegati , scelti fra i migliori e più consapevoli compagni , sulla parola d ' ordine : " Tutto il potere dell ' officina ai comitati d ' officina " , coordinata all ' altra : " Tutto il potere dello Stato ai Consigli operai e contadini " . Un vasta campo di propaganda concreta rivoluzionaria si aprirebbe per i comunisti organizzati nel Partito e nei circoli rionali . I circoli , d ' accordo con le sezioni urbane , dovrebbero fare un censimento delle forze operaie della zona , e diventare la sede del consiglio rionale dei delegati dell ' officina , il ganglio che annoda e accentra tutte le energie proletarie del rione . I sistemi elettorali potrebbero variare a seconda della vastità delle officine : si dovrebbe cercare però di far eleggere un delegato ogni 15 operai divisi per categoria ( come si fa nelle officine inglesi ) , arrivando , per elezioni graduali , a un comitato di delegati di fabbrica che comprenda rappresentanti di tutto il complesso del lavoro ( operai , impiegati , tecnici ) . Nel comitato rionale dovrebbe tendersi a incorporare delegati anche delle altre categorie di lavoratori abitanti nel rione : camerieri , vetturini , tranvieri , ferrovieri , spazzini , impiegati , privati , commessi , ecc . Il comitato rionale dovrebbe essere emanazione di tutta la classe lavoratrice abitante nel rione , emanazione e legittima e autorevole , capace di far rispettare una disciplina , investita del potere , spontaneamente delegato , ed ordinare la cessazione immediata e integrale di ogni lavoro in tutto il rione . I comitati rionali si ingrandirebbero in commissariati urbani , controllati e disciplinati dal Partito socialista e dalle federazioni di mestiere . Un tale sistema di democrazia operaia ( integrato con organizzazioni equivalenti di contadini ) darebbe una forma e una disciplina alle masse , sarebbe una magnifica scuola di esperienza politica e amministrativa , inquadrerebbe le masse fino all ' ultimo uomo , abituandole alla tenacia e alla perseveranza , abituandole a considerarsi come un esercito in campo che ha bisogno di una ferma coesione se non vuole essere distrutto e ridotto in schiavitù . Ogni fabbrica costruirebbe uno o più reggimenti di questo esercito , coi suoi caporali , coi suoi servizi di collegamento , con la sua ufficialità , col suo stato maggiore , poteri delegati per libera elezione , non imposti autoritariamente . Attraverso i comizi , tenuti all ' interno dell ' officina , con l ' opera incessante di propaganda e di persuasione sviluppata dagli elementi più consapevoli , si otterrebbe una trasformazione radicale della psicologia operaia , si renderebbe la massa meglio preparata e capace all ' esercizio del potere , si diffonderebbe una coscienza dei doveri e dei diritti del compagno e del lavoratore , concreta ed efficiente perché generata spontaneamente dall ' esperienza viva e storica . Abbiamo già detto : questi rapidi appunti si propongono solo di stimolare il pensiero e all ' azione . Ogni aspetto del problema meriterebbe una vasta e profonda trattazione , delucidazioni , integrazioni sussidiarie e coordinate . Ma la soluzione concreta e integrale dei problemi di vita socialista può essere data solo dalla pratica comunista : la discussione in comune , che modifica simpaticamente le coscienze unificandole e colmandole di entusiasmo operoso . Dire la verità , arrivare insieme alla verità , è compiere azione comunista e rivoluzionaria . La formula " dittatura del proletariato " deve finire di essere solo una formula , un ' occasione per sfoggiare fraseologia rivoluzionaria . Chi vuole il fine , deve volere anche i mezzi . La dittatura del proletariato è l ' instaurazione di un nuovo Stato , tipicamente proletario , nel quale confluiscono le esperienze istituzionali della classe oppressa , nel quale la vita sociale della classe operaia e contadina diventa sistema diffuso e fortemente organizzato . Questo Stato non si improvvisa : i comunisti bolscevichi russi per otto mesi lavorano a diffondere e far diventare concreta la parola d ' ordine : tutto il potere ai Soviet , ed i Soviet erano noti agli operai russi fin dal 1905 . I comunisti devono far tesoro dell ' esperienza russa ed economizzare tempo e lavoro : l ' opera di ricostruzione domanderà per sé tanto tempo e tanto lavoro , che ogni giorno e ogni atto dovrebbe poterle essere destinato .
LEOPARDI RISORTO ( DE_SANCTIS FRANCESCO , 1879 )
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Leopardi tornato di Bologna in Recanati gli undici di novembre del 1826 vi dimorò sino al 23 aprile del 1827 . Cosa fece in questo tempo ? Curò la stampa del suo Petrarca , lavorò intorno alla Crestomazia , oltre cose di minor momento . Appena fu in Recanati , già desiderava Bologna . Il 17 dicembre scriveva al Brighenti : « sento qui un poco men freddo che a Bologna , di corpo ; ma d ' animo ho un freddo , che mi ammazza , e ogni ora mi par mille di fuggir via . » Quel freddo dell ' animo era la tristezza di una « solitudine continua e assoluta , » come scrive il 9 febbraio . E s ' aiuta , scrivendo lettere , o qualche articolo per il Nuovo Ricoglitore , cercando spesso notizie letterarie , ricordando con desiderio gli amici e le amiche di Bologna , sopratutto il Brighenti e il buon Pepoli e l ' amorosa Antonietta Tommasini . S ' affaticò tanto intorno alla Crestomazia , che a ' primi di marzo aveva già fatto lo spoglio di oltre settanta autori . Aggiungi le correzioni di stampa delle Operette morali che il fido Stella pubblicava in Milano . E se si pon mente che qualche dolcezza gli dovea pur venire dall ' usanza domestica , volendo egli un gran bene alla Paolina e a Carlo , e che di salute non era male , cessatogli anche quel mal d ' intestini che lo travagliava a Bologna ; si vede che quel suo freddo d ' animo e quella sua tristezza di solitudine non si deve poi prendere alla lettera . Potea ben sentirsi tristo in certi momenti ; ma la tristezza non era il suo stato normale in quel soggiorno di Recanati . E si vede anche dallo stile sciolto e ricordevole , se non affettuoso , ch ' è nelle sue lettere . Di una qualche importanza sono le due ultime lettere che tutta quella compagnia di letterati ch ' erano intorno al Vieusseux , e di cui dice : sono tutti molto sociali , e generalmente pensano e valgono assai più de ' bolognesi . Tra quelli era Giordani e Piccolini e Frullani e Capponi e Lambruschini e Montani . Più tardi conobbe il signor Manzoni , col quale si trattenne a lungo : « Uomo pieno di amabilità e degno della sua fama . » Impressioni molto vive non pare che riceva dalle amichevoli e interessanti conversazioni , di cui non è cenno nemmeno ai più famigliari . Dice a Brighenti : « Io vivo molto malinconico , non ostante le molte gentilezze usatemi da questi letterati : tra ' quali tutti i primarii , compreso Niccolini . Scrive al papà che ha fatto conoscenza e amicizia col famoso Manzoni di Milano , della cui ultima opera tutta l ' Italia parla . Esposizione secca del fatto , quasi egli fosse marmo , quantunque indovini la sua soddisfazione della visita del Niccolini , e della conoscenza col Manzoni . Questo stato marmoreo è detto dall ' autore stoico de ' Dialoghi indifferenza filosofica , ed è quel medesimo che giovane , quando sentiva più , chiamava con disperata energia ferreo sopore . Talora se ne stanca , e presente e chiama la morte . « Sono stanco della vita , scrive al Puccinotti , stanco della indifferenza filosofica , che è il solo rimedio de ' mali e della noia , ma che infine annoia essa medesima . Non ho altri disegni , altre speranze che di morire . » Il ferreo sopore era pur poetico , perché congiunto con la fresca rimembranza di un altro stato , e col sentimento e il dolore della privazione . L ' indifferenza filosofica è affatto prosaica , divenuta un ' abitudine contro la noia , ed essa medesima noiosa . In qualche momento d ' umor nero Leopardi si ribella contro l ’ abitudine , sente il peso dell ' indifferenza , e può dire : « certo è che un morto passa la sua giornata meglio di me . Quel passar la giornata con le braccia in croce , quell ' ozio più tristo assai della morte , a cui lo costringe il mal d ' occhi , è talora più forte della sua indifferenza filosofica , e gli abbuia la vita , non sì che gli dia virtù di farne una rappresentazione poetica , come fece già del ferreo sopore . Ma in generale la sua vita è tollerabile , messe le distrazioni che gli venivano dalle molte conoscenze e da ' buoni amici , e più in là dalla vista di Firenze , quando lo stato degli occhi gli consentiva uscire di giorno . Nelle sue lettere troviamo un umore uguale e prosaico , simile allo stato ordinario della più parte degli uomini , ciò ch ' egli chiama indifferenza ; il quale gli vieta o gl ' inaridisce le impressioni , così tardo il sentire , come è tardo il suo respiro e la sua digestione . Scrivendo al carissimo signor Padre il 4 ottobre , sappiamo che gli occhi sono migliorati e che comincia a uscire di giorno . Ma s ' affanna pe ' quartieri d ' inverno , perché il clima di Firenze non è molto freddo , ma è infestato continuamente da venti e da nebbie , come a Recanati , e il vento è suo capitale nemico . Cerca un clima caldo . Stella offre Como . Ma è troppo lontano . Pensa a Roma . Ma il lungo viaggio e la lontananza dal mondo civilizzato ne lo distoglie . Si risolve per Massa di Carrara , clima ottimo , simile a quel di Nizza ; non vi nevica mai , si esce e si passeggia senza ferraiuolo , in mezzo alla piazza pubblica crescono degli aranci piantati in terra . Ma in sul più bello muta pensiero , ed eccolo a Pisa , spintovi da Giordani , ch ' era tornato di colà contentissimo . Partì da Firenze la mattina del 9 novembre , e fu a Pisa la sera , viaggio di cinquanta miglia . Scrive alla Paolina : « Sono rimasto incantato di Pisa per il clima : se dura così , sarà una beatitudine . Qui ho trovato tanto caldo che ho dovuto gettare il ferraiuolo e alleggerirmi di panni .... Lung ' Arno è uno spettacolo così bello , così ampio , così magnifico , così gaio , così ridente , che innamora .... vi si passeggia poi nell ' inverno con gran piacere , perché v ' è quasi sempre un ' aria di primavera ; vi brilla un sole bellissimo tra le dorature de ' caffé , delle botteghe piene di galanterie e nelle invetriate de ' palazzi e delle case , tutte di bella architettura .... un misto di città grande e di città piccola , di cittadino e di villereccio , un misto così romantico che non ho mai veduto altrettanto . A tutte le altre bellezze si aggiunge la bella lingua . E poi vi si aggiunge che io , grazie a Dio , sto bene , che mangio con appetito , che ho una camera a ponente che guarda sopra un orto , con una grande apertura tanto che si arriva a vedere l ' orizzonte . » Queste impressioni ripete , ora l ' una , ora l ' altra , e quasi con le stesse parole , agli amici . Pisa è un paradiso , il clima è divino . Il padre lo esortava a tornare in Recanati . Egli negava , descrivendo la sua vita in Pisa « Qui non v ' è mai vento , mai nebbia : v ' è sempre ombra , e se s ' hanno giornate piovose , è ben difficile che non trovi un intervallo di tempo da poter passeggiare . Infatti , dacché sono in Pisa non è passato giorno che io non abbia passeggiato per due in tre ore : cosa per me necessarissima , e la cui mancanza è la mia morte ; perché il continuo esercizio de ' nervi e muscoli del capo , senza il corrispondente esercizio di quelli delle altre parti del corpo , produce quello squilibrio totale nella macchina , che è la rovina infallibile degli studiosi , come io ho veduto in me per così lunga esperienza . Qui per tutto decembre abbiamo avuto ed abbiamo una temperatura tale , che io mi debbo difendere dal caldo più che dal freddo . Oltre la passeggiata del giorno , esco anche la sera spesso senza ferraiuolo ; leggo e scrivo a finestre aperte . » A Paolina scrive : « Ho qui parecchi amici , e più ne avrei se volessi far visite , perché da per tutto m ' è usata assai buona accoglienza . » In casa Cioni conobbe il Colletta , e conobbe anche il Carmignani , e dice al padre : « qui tutti mi vogliono bene , e quelli che parrebbe dovessero guardarmi con più gelosia , sono i miei panegiristi ed introduttori , e mi stanno sempre attorno . » Questo non vuol dire che a volta non si lagni del mal di nervi , e dello stomaco e degli intestini , e che trema da mattina a sera , e che non può studiare . All ' Antonietta dice : « Questi miei nervi non mi lasciano più speranza ; né il mangiar poco , né il mangiar molto , né il vino , né l ' acqua , né il passeggiare le mezze giornate , né lo star sempre in riposo , in somma , nessuna dieta e nessun metodo mi giova . Non posso fissare la mente in un pensiero serio per un solo minuto , senza sentirmi muovere una convulsione interna . » Il cinque maggio del 1828 scrive a Giordani : « La mia vita è noia e pena : pochissimo posso studiare , e quel pochissimo è noia medesimamente .... la mia salute è sempre tale da , farmi impossibile ogni godimento : ogni menomo piacere mi ammazzerebbe : se non voglio morire , bisogna ch ' io non viva . » In questo modo di scrivere c ' è del nuovo : non sono le solite lamentanze , a cui l ' indifferenza filosofica toglieva ogni colore ; c ' è qui dentro il sospiro e la lacrima , c ' è la partecipazione dell ' anima . Il perfetto scrittore italiano , come Giordani lo aveva preconizzato , continua così : « questo anno passato ( in Firenze ) tu mi hai potuto conoscere meglio che per l ’ addietro : hai potuto vedere ch ' io non sono nulla ; questo io ti aveva già predicato più volte ; questo è quello ch ' io predico a tutti quelli che desiderano di aver notizia dell ' esser mio . Ma tu non devi perciò scemarmi la tua benevolenza , la quale è fondata sulle qualità del mio cuore , e su quell ' amore antico e tenero ch ' io ti giurai nel primo fiore de ' miei poveri anni , e che ti ho serbato e ti serberò fino alla morte . E sappi , o ricordati , che fuori della mia famiglia , tu sei il solo uomo , il cui amore mi sia paruto tale da servirmene come di un ' ara di rifugiò , una colonna dove la stanca mia vita s ' appoggia . » Nel 1819 diceva : « io sono già vissuto , » e scriveva gl ' idillii ; nel 1828 dice : « io non sono nulla , » e indovini dalla forma insolitamente colorita che già risorge , già ha sacrificato alla Musa . Ci è il sentimento della sua infelicità , non sonnolento nella sua indifferenza filosofica , ma vivo e poetico , e lo vedi in quell ' amore tenero giurato nel primo fiore de ' poveri anni , in quell ' ara di rifugio , in quella colonna a cui s ' appoggia la stanca vita . Giordani non ne capì nulla ; non capì che il fuoco dalla cenere divampava , e gli risponde i soliti conforti . La dimora in Firenze , le nuove amicizie , le illustri conoscenze , le interessanti conversazioni , il vivo di una lingua divina , non gli furono inutili , e fiorirono insieme con la salute sotto il dolce calore del clima pisano . Acquista un ' alacrità insolita . Messa da banda col consenso dello Stella l ’ Enciclopedia , non senza avere accumulato materiali per nuovi lavori che gli giravano in mente , e posta mano alla Crestomazia poetica , l ' ebbe condotta a termine in poco tempo . E insieme l ' immaginazione gli si è svegliata , la facoltà del sogno ritorna , il passato gli si ripresenta vivo , quel lungo torpore ch ' egli chiamava indifferenza è cessato . I nervi lo molestano , ma il sangue circola più libero , più vivace , tra quell ' aria pura , e gli rimette in moto tutte le sue facoltà . Le sue passeggiate diventano poetiche ; la via deliziosa per la quale suole andare è battezzata dalla sua immaginazione , è chiamata la via delle rimembranze . E così camminando sogna a occhi aperti , s ' abbandona all ' onda delle sue immaginazioni , gli pare d ' esser tornato al suo buon tempo antico , come il 25 febbraio scrive alla Paolina . E il due maggio le fa questa confidenza : « io ho finita oramai la Crestomazia poetica , e dopo due anni ho fatto de ' versi quest ' aprile , ma versi all ' antica , e con quel mio cuore d ' una volta . » Ciò che non gl ' impedisce di scrivere tre giorni dopo al Giordani quella trista lettera : « io non sono nulla ! » Leopardi è risorto e canta il suo risorgimento . E che è questo risorgimento di Leopardi ? Forse è divenuto felice ? No . Anzi è più vivace la coscienza della sua infelicità . Mancano , il sento , all ' anima , Alta , gentile e pura La sorte , e la natura Il mondo e la beltà . Forse gli volse un riso la speranza ? No . Anzi la sua trafittura è d ' averla perduta per sempre Ahi della speme il viso Io non vedrò mai più . Sono mutate le sue idee sul mondo ? L ' immagine , l ’ errore sono non più errore , ma cosa salda ; sono la verità ? No . Dalle mie vaghe immagini So ben ch ' ella discorda , So che natura è sorda , Che miserar non sa . Che non del ben . Sollecita Fu , ma dell ' esser solo . La morte della speranza , l ’ impura vista della infausta verità . il sentimento della sua infelicità non è qui affievolito , anzi vi è ribadito e illuminato . Perché dunque si sente risorto ? Cosa è risorto in lui ? La facoltà di sentire , di cui parlava a Iacopsenn , o come ora dice , il cuore . E perché la vita non è a suo avviso altro che facoltà di sentire , d ' immaginare , d ' amare , è in lui risorta la vita ; si sentiva morto , ora torna a vivere . E canta la risurrezione della sua immaginazione , del suo sentire . Risorgono i dolci affanni , i teneri moti della prima età ; rivede la bella natura , così come la vedeva allora , inesperto delle cose ; e ora , malgrado l ’ esperienza della vita e la vista della verità , sente con maraviglia in sé rivivere gl ' inganni aperti e noti . Questa rappresentazione del suo nuovo stato acquista rilievo da quello stato di sopore , ove le stesse cose gli comparivano innanzi morte . Ed hai una rappresentazione , in antitesi , della natura , così come compariva a lui in quel doppio stato , morta e viva . Queste cose non le dice già con quel disordine , con quella veemenza , con quell ' improvviso , ch ' è la parola dell ' entusiasmo giovanile . Ha racquistato i moti e i sensi della gioventù , ma non l ' ingenuità di quella ; ora sa troppo , e parla con ironia della sorda Natura , che pure allora benediva : Pur che ci lasci al duolo Or d ' altro a lei non cal . Il suo piacere non è puro e non è intero . Qui non c ' è l ' inno E non c ' è l ' ode . Il piacere è contenuto dal sapere , dalla presenza del vero , che vi apparisce come fosca nuvola in cielo sereno , con questo che la nuvola qui è l ' immutabile verità e il cielo è la mutabile apparenza . Che importa ? Se l ' apparenza dura , non chiamerà spietato l ' autore della vita . Non è una riconciliazione , è una concessione . Consente solo di non chiamarlo spietato , e sub conditione , se . La situazione poetica non è nel primo momento dell ' entusiasmo , quando egli si sente rivivere , ma in un momento posteriore o di riflessione , interrogando sé stesso , riandando la sua vita , e descrivendo e spiegando il nuovo uomo che s ' è formato in lui . Perciò la poesia prende una forma storica e riflessiva . Non si dipinge egli nel punto che piange e ammira e il cuore gli batte . Ha pianto , ha mirato , ha palpitato . Ora ci riflette sopra . La mente rimane sovrana , e distribuisce con ordine e con chiarezza tutte le parti , con orditura semplice , con moto diritto e soave , senza indugio e senza fretta . Non c ' è immagine e non impressione così viva che lo svii e gli rompa il filo del pensiero . Le rimembranze non s ' affollano , e non s ' incalzano , ma si svolgono l ' una dall ' altra , come onde di mare . Diresti che riviva la sua vita nella sua naturale successione . I dolci affanni della prima età , e quando mancarono , il dolore della mancanza , e quando mancò il dolore , una tristezza ch ' era ancora dolore , e infine il sopore , abbandonata ogni resistenza : Quasi perduto e morto Il cor s ' abbandonò ; questi vari stati della vita gli tornano innanzi l ' uno appresso all ' altro , l ' uno uscito dall ' altro . Si può credere ci sia un po ' di sottigliezza in quel dolore che manca , e nel pianto del dolore mancato , che è una tristezza , la quale è ancora dolore . Ma chi ha studiato bene tutte le diverse stazioni del suo martirio , vedrà che Leopardi è qui non meno acuto che vero esploratore del suo passato . La finezza e profondità dell ' osservazione ti costringe a pensare per coglier bene così delicate gradazioni tra dolore , tristezza e sopore ; e pensando , gusti il piacere intellettuale di scoprirle vere . Tu senti , e acquisti insieme un abito riflessivo che ti dispone a spiegare quello che senti . E tale appunto è il carattere di questa poesia . Or che gli sta tutto il passato innanzi , l ' uomo nuovo ricorda quale gli appariva il mondo allora , e lo rifà co ' più brillanti colori di una fantasia ridesta . Quella natura che non valse a trarlo dal duro sopore , era pure così bella , il canto della rondine , la squilla vespertina , il fuggitivo sole , una candida ignuda mano , e ora la rivede con sentimento nuovo , e l ' accompagna co ' più cari vezzi dell ' immaginazione . Questa rappresentazione vivace dà rilievo a quello stato d ' insensibilità ch ' egli caratterizza in pochi indimenticabili tratti , con una chiarezza uguale alla finezza . Certi contrasti e certi epiteti , come l ' età decrepita e l ' aprile degli anni , i giorni fugaci e brevi , imprimono in questa rappresentazione il moto del sentimento . Con quel grido di maraviglia e di tenera commozione che il cieco senza speranza rivede improvviso il sole , con quel sentimento prorompe qui il grido del redivivo . Non ci è gradazione , non c ' è a poco a poco ; il passaggio è brusco , violento , . come innanzi un miracolo . Non è una evoluzione , come si dice oggi ; è una rivoluzione : Chi dalla grave , immemore Quiete or mi ridesta ? Che virtù nova è questa , Questa ch ' io sento in me ? Quasi non crede agli occhi suoi ; non crede quasi a ' proprii moti . Dunque è vero ? Dunque il cuore è risorto ? Oh sì . E raccoglie e accumula le nuove bellezze e le nuove impressioni con così precipitevole impeto ritmico , che pare voglia tutto in un sorso assaporare il suo godimento . Qui è il tuono più alto del sentimento , che va lentamente digradando . Comparisce il crudo fato , il tristo secolo , l ' ignuda gloria , la bellezza vuota . In lui non ci è altro di risorto che il cuore , se pure .... E in questo se vanisce il canto , quasi in un sospiro malinconico di una mezza soddisfazione . Qui tutto è vero , tutto è a posto . Forse ci è di troppo l ' insistenza sulla vacuità della donna , dove sospetti qualche ricordo personale , che intorbida le proporzioni dell ' armonia , chi sa ! un momento di cattivo umore contro le fiorentine , al quale dà sfogo in una lettera , o il disprezzo di quella strega bolognese , di cui scrive a Papadopoli . È un reliquato , come dicono i medici , nella vita nuova . E ci trovi insieme un presentimento dell ' Aspasia . In questo Risorgimento non solo l ' asprezza , il latinismo , la solennità è liquefatta , ma anche il metro e il ritmo . Hai settenarii metastasiani , de ' quali il primo versetto sdrucciola nel secondo , richiamato dalla rima nel terzo , che va a declinare subitamente nel quarto , formando periodetti liquidi , veloci , e talora con ripigliate , di una movenza melodiosa . Le immagini sono vaghe , e le diresti note musicali , se nella loro generalità non fossero precise . E sono tutte attirate in un movimento ritmico , che accompagnato dal gioco vario degli accenti esprime le gradazioni del sentimento . Chi ha studiato bene il meccanismo de ' nostri versi , e soprattutto del nostro potentissimo settenario , in cui la posizione dell ' accento quasi senza limite ti dà le più varie intonazioni , ammirerà gli effetti musicali che ha saputo cavarne il poeta , come nota della intensità e della velocità delle impressioni . Perciò questa si può chiamare la poesia del sentimento o del cuore . Essa è il preludio musicale alle nuove poesie , alla sua terza maniera .
I SINDACATI E LA DITTATURA ( GRAMSCI ANTONIO , 1919 )
StampaPeriodica ,
La lotta di classe internazionale è culminata nella vittoria degli operai e contadini di due proletariati internazionali . In Russia e in Ungheria gli operai e i contadini hanno instaurato la dittatura proletaria e tanto in Russia che in Ungheria la dittatura dovette sostenere un ' aspra battaglia non solo contro la classe borghese , ma anche contro i sindacati : il conflitto tra la dittatura e i sindacati fu anzi una delle cause della caduta del Soviet ungherese , poiché i sindacati , se mai apertamente tentarono di rovesciare la dittatura , operarono sempre come organismi " disfattisti " della rivoluzione e incessantemente seminarono lo sconforto e la vigliaccheria tra gli operai e i soldati rossi . Un esame anche rapido , delle ragioni e delle condizioni di questo conflitto non può non essere utile all ' educazione rivoluzionaria delle masse , le quali , se devono convincersi che il sindacato è forse l ' organismo proletario più importante della rivoluzione comunista , perché su di esso deve fondarsi la socializzazione dell ' industria , perché esso deve creare le condizioni in cui l ' impresa privata sparisce e non può più rinascere , devono anche convincersi della necessità di creare , prima della rivoluzione , le condizioni psicologiche e obiettive nelle quali sia impossibile ogni conflitto e ogni dualismo di potere tra i vari organismi in cui si incarni la lotta della classe proletaria contro il capitalismo . La lotta di classe ha assunto in tutti i paesi d ' Europa e del mondo un carattere nettamente rivoluzionario . La concezione , che è propria della III Internazionale , secondo la quale la lotta di classe deve essere rivolta all ' instaurazione della dittatura proletaria , ha il sopravvento sulla ideologia democratica e si diffonde irresistibilmente nelle masse . I Partiti socialisti aderiscono alla III Internazionale o almeno si atteggiano secondo i principi fondamentali elaborati al Congresso di Mosca ; i sindacati invece sono rimasti fedeli alla " vera democrazia " e non trascurano nessuna occasione per indurre o costringere gli operai a dichiararsi avversari della dittatura e non attuare manifestazioni di solidarietà con la Russia dei Soviet . Questo atteggiamento dei sindacati fu rapidamente superato in Russia , poiché allo sviluppo delle organizzazioni di mestiere e d ' industria si accompagnò parallelamente e con ritmo più accelerato lo sviluppo dei Consigli d ' officina ; esso ha invece eroso la base del potere proletario in Ungheria , ha determinato in Germania immani carneficine di operai comunisti e la nascita del fenomeno Noske , ha determinato in Francia il fallimento dello sciopero generale del 20-21 luglio e il consolidarsi del regime di Clemenceau , ha impedito finora ogni intervento diretto degli operai inglesi nella lotta politica e minaccia di scindere profondamente e pericolosamente le forze proletarie in tutti i paesi . I Partiti Socialisti acquistano sempre più un profilo nettamente rivoluzionario e internazionalista ; i sindacati invece tendono a incarnare la teoria ( ! ) e la tattica dell ' opportunismo riformista e a diventare organismi meramente nazionali . Ne nasce uno stato di cose insostenibile , una condizione di confusione permanente e di debolezza cronica per la classe lavoratrice , che aumentano lo squilibrio generale della società e favoriscono il pullulare dei fermenti di disgregazione morale e di imbarbarimento . I sindacati hanno organizzato gli operai secondo i principi della lotta di classe e sono stati essi stessi le prime forme organiche di questa lotta . Gli organizzatori hanno sempre detto che solo la lotta di classe può condurre il proletariato alla sua emancipazione e che l ' organizzazione sindacale ha precisamente il fine di sopprimere il profitto individuale e lo sfruttamento dell ' uomo sull ' uomo , poiché essa si propone di eliminare il capitalista ( il proprietario privato ) dal processo industriale di produzione e di eliminare quindi le classi . Ma i sindacati non potevano attuare immediatamente questo fine e pertanto essi rivolsero tutta la loro forza al fine immediato di migliorare le condizioni di vita del proletariato , domandando più alti salari , diminuiti orari di lavoro , un corpo di legislazione sociale . I movimenti successero ai movimenti , gli scioperi agli scioperi , la condizione di vita dei lavoratori divenne relativamente migliore . Ma tutti i risultati , tutte le vittorie dell ' azione sindacale si fondano sulle basi antiche : il principio della proprietà privata resta intatto e forte , l ' ordine della produzione capitalistica e lo sfruttamento dell ' uomo sull ' uomo restano intatti e anzi si complicano in forme nuove . La giornata di otto ore , l ' aumento del salario , i benefici della legislazione sociale non toccano il profitto ; gli squilibri che immediatamente l ' azione sindacale determina nel saggio del profitto si compongono e trovano una sistemazione nuova nel gioco della libera concorrenza per le nazioni a economia mondiale come l ' Inghilterra e la Germania , nel protezionismo per le nazioni a economia limitata come la Francia e l ' Italia . Il capitalismo cioè riversa o sulle masse amorfe nazionali o sulle masse coloniali le accresciute spese generali della produzione industriale . L ' azione sindacale si rivela così assolutamente incapace a superare nel suo dominio e con i suoi mezzi , la società capitalista , si rivela incapace a condurre il proletariato alla sua emancipazione , a condurre il proletariato all ' attuazione del fine alto e universale che si era inizialmente proposto . Secondo le dottrine sindacaliste , i sindacati avrebbero dovuto servire a educare gli operai alla gestione della produzione . Poiché i sindacati di industria , si disse , sono un riflesso integrale di una determinata industria , essi diventeranno i quadri della competenza operaia per la gestione di quella determinata industria ; le cariche sindacali serviranno a rendere possibile una scelta degli operai migliori , dei più studiosi , dei più intelligenti , dei più atti a impadronirsi del complesso meccanismo della produzione e degli scambi . I leaders operai dell ' industria del cuoio saranno i più capaci a gestire questa industria , e così per l ' industria metallurgica , per l ' industria del libro , ecc . Illusione colossale . La scelta dei leaders sindacali non avvenne mai per criteri di competenza industriale , ma di competenza meramente giuridica , burocratica o demagogica . E quanto più le organizzazioni andarono ingrandendosi , quanto più frequente fu il loro intervento nella lotta di classe , quanto più diffusa e profonda la loro azione , e tanto più divenne necessario ridurre l ' ufficio dirigente a ufficio puramente amministrativo e contabile , tanto più la capacità tecnica industriale divenne un non valore ed ebbe il sopravvento la capacità burocratica e commerciale . Si venne così costituendo una vera e propria casta di funzionari e giornalisti sindacali , con una psicologia di corpo assolutamente in contrasto con la psicologia degli operai , la quale ha finito con l ' assumere in confronto alla massa operaia la stessa posizione della burocrazia governativa in confronto dello Stato parlamentare : è la burocrazia che regna e governa . La dittatura proletaria vuole sopprimere l ' ordine della produzione capitalistica , vuole sopprimere la proprietà privata , perché solo così può essere soppresso lo sfruttamento dell ' uomo sull ' uomo . La dittatura proletaria vuole sopprimere la differenza delle classi , vuole sopprimere la lotta delle classi , perché solo così può essere completa l ' emancipazione sociale della classe lavoratrice . Per ottenere questo fine il Partito comunista educa il proletariato a organizzare la sua potenza di classe , a servirsi di questa potenza armata per dominare la classe borghese e determinare le condizioni in cui la classe sfruttatrice sia soppressa e non possa rinascere . Il compito del Partito comunista nella dittatura è dunque questo : organizzare potentemente e definitivamente la classe degli operai e contadini in classe dominante , controllare che tutti gli organismi del nuovo Stato svolgano realmente opera rivoluzionaria , e rompere i diritti e i rapporti antichi inerenti al principio della proprietà privata . Ma quest ' azione distruttiva e di controllo deve essere immediatamente accompagnata da un ' opera positiva di creazione di produzione . Se quest ' opera non riesce , è vana la forza politica , la dittatura non può reggersi : nessuna società può reggersi senza la produzione , e tanto meno la dittatura che , attuandosi nelle condizioni di sfacelo economico prodotto da cinque anni di guerra esasperata e da mesi e mesi di terrorismo armato borghese , ha bisogno anzi di una intensa produzione . Ed ecco il vasto e magnifico compito che dovrebbe aprirsi all ' attività dei sindacati d ' industria . Essi appunto dovranno attuare la socializzazione , essi dovranno iniziare un ordine nuovo di produzione , in cui l ' impresa sia basata non sulla volontà di lucro del proprietario , ma sull ' interesse solidale della comunità sociale che per ogni branca industriale esce dall ' indistinto generico e si concreta nel sindacato operaio corrispondente . Nel Soviet ungherese i sindacati si sono astenuti da ogni lavoro creatore . Politicamente i funzionari sindacali suscitarono continui ostacoli alla dittatura , costituendo uno Stato nello Stato , economicamente rimasero inerti : più di una volta le fabbriche dovettero essere socializzate contro la volontà dei sindacati . Ma i leaders delle organizzazioni ungheresi erano limitati spiritualmente , avevano una psicologia burocratico - riformista , e temevano continuamente di perdere il potere che avevano fino ad allora esercitato sugli operai . Poiché la funzione per cui il sindacato si era sviluppato fino alla dittatura era inerente al predominio della classe borghese , e poiché i funzionari non avevano una capacità tecnica industriale , essi sostenevano l ' immaturità della classe proletaria alla gestione diretta della produzione , essi sostenevano la " vera " democrazia , cioè la conservazione della borghesia nelle sue posizioni principali di classe proletaria , essi volevano perpetuare ed esasperare l ' era dei concordati , dei contratti di lavoro , della legislazione sociale , per essere in grado di far valere la loro competenza . Essi volevano che si attendesse la ... rivoluzione internazionale , non potendo comprendere che la rivoluzione internazionale si manifestava appunto in Ungheria con la rivoluzione ungherese , in Russia con la rivoluzione russa , in tutta l ' Europa con gli scioperi generali , con i pronunciamenti militari , con le condizioni di vita rese impossibili alla classe lavoratrice dalle conseguenze della guerra .
'LA CLASSE DI ASEN' ( - , 1927 )
StampaPeriodica ,
Il Divo , che si fa fotografare più di un attore cinematografico , prende spesso l ' aria atroce , ma più spesso ha l ' aria comica . Egli è , secondo la definizione di un grande scrittore inglese , un tragico buffone . È stata fatta in tante pubblicazioni una raccolta di scritti di Mussolini contro Dio , apologie di reato , esaltazioni dei delitti anarchici , ecc . Ma ciò che sarebbe più interessante è la raccolta degli spropositi . Nella sua movimentata vita di agitatore e di avventuriero , Mussolini non ha mai avuto tempo di studiare . La sua educazione mentale è stata fatta sulle edizioni illustrate di Perino , sui manualetti a 3 e 5 soldi dell ' editore Sonzogno . Come tutti gli autodidatti , però , Mussolini parla di tutto . È l ' uomo che ha studiato sui libri che fanno la storia universale a volo di uccello . Annunzia ( e non fa ) uno studio su Machiavelli , parla di Platone , disserta di filosofia , cita frasi latine ignorando il latino . L ' ultimo discorso del 26 maggio è una vera enciclopedia di spropositi . Ne prendiamo qualcuno a volo . A giustificare i delitti del fascismo , Mussolini è ricorso agli esempi della rivoluzione francese . " Garnier a Nantes " egli ha detto , " prometteva di uccidere tutti gli uomini di ingegno . " Chi era Garnier ? Il Ministero degli esteri francese nel suo Bulletin de la presse étrangère del 6 giugno ha pubblicato il discorso di Mussolini integralmente e vicino al nome di Garnier ha messo un punto interrogativo . In quale manualetto di Sonzogno , Mussolini ha trovato Garnier ? E chi è costui ? Le parole riprodotte dal Divo fan pensare piuttosto alla prosa di Augusto Turati e di de Vecchi , che a quella di un rivoluzionario francese . Nello stesso discorso Mussolini , riproducendo male alcuni dati statistici , ha voluto mostrare di essere un tecnico di demografia . L ' Italia che ha un breve suolo , egli ha detto , deve aver presto 60 milioni di abitanti . " Se si diminuisce , signori , non si fa l ' Impero , si diventa una colonia . " ( In parentesi : Si diminuisce , signori .. , quale stile da baraccone ! ) È vero invece che i paesi che han fatto l ' Impero , la Francia e l ' Inghilterra , hanno un minimo di natalità e che il massimo di natalità è in Bulgaria ! Ma Mussolini ricorre subito alla storia , e vuol dar prova di avere ancora le reminiscenze dei manuali Sonzogno : " Quand ' è , " egli esclama tra l ' ammirazione dei vari Casertano che ora compongono in regime fascista la così detta Camera italiana che la Francia domina il mondo ? Quando poche famiglie di baroni normanni erano così numerose che bastavano a comporre un esercito . Quando , durante il periodo brillante della Monarchia , la Francia avea questa orgogliosa divisa : Egale à plusieurs e quando accanto a 40 o 45 milioni di francesi non c ' erano che pochi milioni di tedeschi , pochi milioni di italiani , pochi milioni di spagnuoli . " Tante parole , tanti spropositi . Mussolini suppone ( ecco un errore storico che farebbe riprovare un alunno di ginnasio ) che i normanni siano andati da prima in Francia e che dalla Francia abbiano fatto le loro grandi conquiste e suppone che i normanni siano stati dei patriarchi guerrieri , circondati da famiglie numerosissime di almeno settanta , ottanta figli . Vi è un ' asinità maggiore ? Supporre che la Francia del secolo decimosettimo e decimottavo , avesse da 40 a 45 milioni di uomini e fosse circondata da pochi milioni di italiani , tedeschi e spagnuoli , è documento di ignoranza assoluta . Se Mussolini avesse letto il libro di Levasseur : Histoire de la population française saprebbe che la Francia del secolo decimosettimo aveva meno di 16 milioni di abitanti , meno di 20 al principio del secolo decimottavo e meno che 25 al tempo della rivoluzione francese e di Napoleone . D ' altra parte , tedeschi , italiani e spagnuoli non erano pochi milioni , ma assolutamente o proporzionalmente assai più numerosi dei francesi . La Norvegia e la Danimarca da cui vennero i grandi conquistatori normanni non avevano , al tempo delle maggiori conquiste , che una piccolissima popolazione , nel complesso forse appena un milione e mezzo di uomini e conquistavano popoli numerosissimi dall ' Inghilterra al mezzogiorno d ' Italia . E pensare che l ' ignoranza del Divo è superata solo dalla ignoranza di molti fascisti i quali dicono che l ' Italia deve pensare solo con il cervello di Mussolini !
IL NUOVO LEOPARDI ( DE_SANCTIS FRANCESCO , 1881 )
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In marzo 1829 scrivendo Leopardi a Colletta pone tra i suoi castelli in aria in primo luogo Storia di un ' anima , romanzo che avrebbe poche avventure estrinseche , e queste sarebbero delle più ordinarie ; ma racconterebbe le vicende interne di un animo nato nobile e tenero dal tempo delle prime ricordanze fino alla morte . Or questa Storia di un ' anima non era altro che la storia della sua anima , le cui note fondamentali sono nel Risorgimento dove con vivace profondità è rappresentata tutta la sua vita intima . Il mondo nella sua mente è già fissato , ridotto a domma , il cui catechismo è nel Risorgimento . Egli è giunto alla conclusione della infelicità universale ed irrimediabile come ha dimostrato già nei suoi dialoghi . Ora non discute più , non dimostra , non lotta , non s ' illude . Quel mondo , chiaro e fisso come un assioma , diviene il dato e l ’ antecedente di ogni sua concezione . E lo tratta come cosa sua , e lo situa e lo fa suonare cavandone tutte le note , che l ’ istrumento può dare . Questo concetto del mondo non gli viene innanzi così improvviso che induca nel suo essere una mutazione violenta . Ci è giunto per gradazioni quasi insensibili e quando si ci è trovato in mezzo , gli è parso un fatto quasi naturale ed ordinario . Perciò non ci è alcuna proporzione tra un concetto così disperato e la sua vita divenuta per l ' abitudine cosa tollerabile . Non è che i suoi mali fossero diminuiti ; ma l ’ uso quotidiano ne aveva rintuzzato il sentimento . E non gli mancavano conforti preziosissimi , soprattutto quello dell ' amicizia , che raddolcivano la sua ipocondria . Molte donne gli furono amiche vere , come l ' Adelaide Maestri e la patriottica Antonietta , e la Lenzoni , e più tardi la Paolina Ranieri . Anche di alcune letterate ebbe l ’ amicizia come fu della Franceschi e della Malvezzi . Furono relazioni brevi , perché l ' ultima volta che manda un saluto alla Franceschi per mezzo del bravo Puccinotti , dice : se se ne cura ; e di un lavoro della Malvezzi parla con compassione sprezzante : Povera donna ! lo avevo già letto . Pare che la nobile signora volesse fargli correggere il manoscritto , e che egli se ne schermisse . Pure , non gli bastava l ' amicizia , voleva l ’ amore , e facilmente si illudeva e si impaniava facendo triste esperienza delle donne , e volgendo talora l ' amore in disgusto . Così fu con la Bolognese , intorno alla quale scherzava Papadopoli : né incontrò meglio in Firenze ; anzi scrive a Giordani : « Questi viottoli , che si chiamano strade mi affogano : questo sudiciume universale mi ammorba ; queste donne sciocchissime , ignorantissime e superbe mi fanno ira . » Scrive all ' Antonietta : « Io non ho bisogno di stima , né di gloria , né di altre cose simili , ma ho bisogno d ' amore . » E ne ha bisogno tale , che talora con gli amici e con le amiche prende linguaggio d ' amore , col Giordani , col fratello Carlo , con la Tommasini , con l ' Adelaide . Questo non era artifizio ed abitudine di frase , come fu in Pietro Giordani , ma sfogo inconscio di un cuore vergine . E meritò di avere intorno a sé non solo ammiratori , ma amici veri e caldi come il Giordani , il Pepoli , il Tommasini , il Brighenti , il Puccinotti , il Papadopoli , lo Stella , il Capponi , il Ranieri , il Colletta . Così si era ito formando intorno al caro sventurato un ambiente morale , che gli ammolliva il carattere , e gli concedeva una espansione socevole . Non è a credere che questi amici fossero tutti concordi nelle opinioni ; anzi Leopardi , in mezzo a loro , spesse volte si sentiva solo . Un vincolo letterario c ' era . I suoi amici stimavano perfetto esemplare di lingua le sue Operette morali , trombettiere Giordani ; e non videro con piacere conferito il premio alla Storia d ' America del Botta dagli Accademici della Crusca , i quali pregiarono più l ’ affettazione e l ’ esagerazione dell ' uno che la modesta naturalezza dell ' altro . Ma se lodavano assai le sue prose e poesie , soprattutto per odore di classicismo o come dicevano per bontà di stile e di lingua , in tutto l ’ altro erano distantissimi dal loro amico . In quel tempo gli animi piegati dalla reazione che successe al ventuno già si andavano rialzando , massimamente in Toscana , dove parecchi esuli o emigrati illustri si erano raccolti militando attorno al Vieusseux coi letterati nativi . Sotto a quel mite governo si rinfrancavano . E già l ’ Antologia avea preso molta voga : ove scrivevano i migliori non senza qualche allusione politica . E Colletta scriveva le sue vendicatrici storie , e Niccolini le tragedie . Si formava una letteratura , la cui eco trasmessa dalle sètte s ' insinuava all ' orecchio penetrando nelle scuole e ne ' convegni in tutte le parti d ' Italia . Il programma dell ' azione immediata aveva cesso il luogo al programma educativo o evulativo , come si direbbe oggi , e con questo intento Leopardi più giovine aveva scritto le canzoni alla Paolina ed al Vincitore del pallone . I due programmi erano uno negli spiriti , sicché si andava dall ' uno all ' altro secondo l ’ occasione . Le menti si volgevano a nuovi studi , alle scienze storiche , all ' economia , alla statistica e cercavano miglioramenti civili o , come si dice oggi , sociali , vietati i politici . In luogo di libertà si dicea civiltà e cultura ; sotto altri nomi era la stessa musica ; le più umili e le più audaci aspirazioni si comprendevano tutte sotto il nome di progresso . Comparvero liberali e democratici anche tra ' cattolici , come il Tommasèo e il Manzoni . Pur allora erano usciti i Promessi Sposi e il successo era universale . La finezza italiana capiva e celebrava tutti , così il religioso Manzoni , come l ' ateo Giordani , e così i moderati come i settarii e i rivoluzionarii . Or questo movimento degli spiriti non trovava più forza capace di riceverlo nell ' anima stanca di Leopardi . Da questo lato si può dire veramente che egli era vissuto . Biasima un suo concittadino morto per l ’ indipendenza greca . Antonietta gli scrive una lettera con ardore patriottico , ed egli la loda augurando sentimenti simili alle donne italiane , ma con stile rimesso ed ordinario ; il cantore di Paolina non ci è più . A lui , che era giunto al concetto della infelicità universale , quelle economie e statistiche , quelle riforme civili , quelle teorie di progresso e di felicità di popoli , movevano il riso e gli doveva far male quella sicumera , quella burbanza de ' più a sciorinar dottrine venute in moda . Ecco in che modo scrive da Firenze a Giordani 1828 : « Mi comincia a stomacare il superbo disprezzo che qui si professa d ' ogni bello e di ogni letteratura ; massimamente , che non mi entra poi nel cervello che la sommità di ogni sapere umano stia nel saper la politica e la statistica . Anzi , considerando filosoficamente l ' inutilità quasi perfetta degli studii fatti dall ' età di Solone in poi per ottenere la perfezione degli stati civili e la felicità dei popoli , mi viene un poco da ridere di questo furore di calcoli e di arzigogoli politici e legislativi , e umilmente domando se la felicità de ' popoli si può dare senza la felicità degli individui . I quali sono condannati alla infelicità dalla natura e non dagli uomini né dal caso ; e per conforto di questa infelicità inevitabile mi par che vagliano sopra ogni cosa gli studii del bello , gli affetti , le immaginazioni e le illusioni . Così avviene che il dilettevole mi pare utile sopra tutti gli utili , e la letteratura utile più veramente e certamente di tutte queste discipline secchissime , le quali , anche ottenendo i loro fini , gioverebbero pochissimo alla felicità vera degli uomini che sono individui e non popoli , ma quando poi gli ottengono questi loro fini ? Amerò che me lo insegni uno de ' nostri professori di scienze storiche . » Qui ci è in germe la Palinodia . Con questa disposizione di animo e con queste opinioni si può facilmente intendere che la corda patriottica non rendeva più suono , credendo egli così poco alla felicità dei popoli come a quella degli individui . La guerra greca , la rivoluzione francese , i moti italici , i Tedeschi nello stato papale , sono cose quasi a lui indifferenti . Essendo così scarsa comunione intellettuale tra lui e i suoi amici , si potea credere che non gli fosse molto cara quella compagnia . Pure lì era il suo conforto . Tornato di Pisa in Firenze , vi si sentiva come in un deserto , quando gli mancava Vieusseux e la sua compagnia ; l ’ amicizia copriva qualsiasi difformità di sentimenti . Già non potea dissimulare a sé stesso quanto di nobile era in quelle loro aspirazioni ; poi per indole era tollerantissimo e dolcissimo ; nelle conversazioni non aveva né pretensioni né ostinazioni , e non puntigli e non dispetti come era del Tommasèo , si accomodava col silenzio alle opinioni altrui , nemico di dispute e di brighe , e inetto a far proseliti , a far valere i suoi concetti . I sentimenti del Manzoni stavano a gran distanza dai suoi , pur sempre lo nomina con lode . Scrive al padre sempre misurato e accorto , e talora con linguaggio e con sentire paterno per non dispiacergli . Il padre trova ne ' dialoghi del figlio troppo abuso di miti e di forme velate ; e il figlio risponde debolmente a difesa quasi assentendo . Lo Stella gli comunica le critiche milanesi dei suoi dialoghi , e lui risponde pacato : « Non mi riesce impreveduto : che i miei principii sieno negativi , io non me ne avveggo ; ma ciò non mi farebbe gran meraviglia , perché mi ricordo di quel detto di Bayle che in religione e in morale la ragione non può edificare ma solo distruggere . » Così non venne mai meno l ' amicizia tra quei nobili intelletti dei quali alcuni volevano la fede riconciliata con la ragione , altri predicavano la ragione creatrice e madre del progresso e guardavano con affettuosa sollecitudine al povero Leopardi , che affermava la negazione e il mistero universale . Dissentendo s ' amavano e si stimavano . Singolare fu l ’ amicizia verso di lui di due illustri medici , il Tommasini ed il Puccinotti , che dovevano ben ridere di quel mondo teologico metafisico , che era il pensiero massonico e filosofico del secolo , e credevano più alla forza della materia che della fede o della ragione . Leopardi aveva in molta reverenza il Tommasini e si sentiva stretto verso il Puccinotti di un affetto eguale all ' ammirazione . Questo era quello stato tollerabile ed ordinario di vita , che egli chiama indifferenza filosofica . L ' ambiente contrario in mezzo al quale viveva , quelli studii statistici , quelle teorie di progresso , quelle vanterie patriottiche lo trovavano triste o ironico con qualche sforzo mal riuscito di buon umore . Si deve a questo stato psicologico l ' ispirazione , dalla quale uscì la Palinodia . E forse in questo tempo concepiva e abbozzava i Paralipomeni , ai quali metteva mano più tardi . L ' indifferenza era quella quietudine , che nasce da uno stato di cose tenuto inevitabile , effetto dell ' assuefazione e della prostrazione morale . È la sorte spesso dei vecchi , che lasciano correre le cose così come vanno conservando in sé le antiche opinioni , senza colore e senza efficacia . E Leopardi in verità era invecchiato sotto il peso della sua tristezza . In quello stato di apatia morbosa , che egli chiama indifferenza , il suo intelletto rimane solitario e come ripiegato in sé in un ambiente non simpatico , anzi contrario . Questa era la sua individualità e originalità , che lo rendeva singolare dalle genti . Il suo Risorgimento non mutò il suo essere dirimpetto a questo mondo esteriore ; ma gli dava la forza di allontanarlo da sé , come cosa estranea , e rimanere concentrato in quel solitario suo pensiero , che tornava a vivere innanzi alla sua immaginazione ; ritornava l ' antico io con quel suo cuore di una volta . Risorto dalla sua apatia , riacquistata la facoltà di immaginare e di amare si sentì redivivo al cospetto del Fato e della Natura con quell ' amore dei campi , con quel bisogno di amare e di fantasticare , con quel dolore della speranza scomparsa e della giovinezza spenta da cui erano usciti gli idilli . La società in mezzo a cui era vissuto non lasciava traccia nel suo spirito ; gli era passata innanzi come ombra . Di vivo , di presente non c ' era che lui co ' suoi ideali e l ' universo coi suoi misteri . Risorto era il poeta dell ' Infinito e del Sogno e della Sera ; nessun vestigio rimaneva più del poeta , delle canzoni . Tutto quel moto di erudizione , e di patriottismo che lo aveva tirato fuori di sé , e gittatolo in mezzo all ' Italia moderna ed antica , in mezzo ai patriarchi e alle favole , in mezzo ai Bruti ed alle Saffo , alle Virginie e ai Simonidi , non rende più una favilla . Giovine , avea creduto all ' opinione volgare , che il gran genere nella lirica fosse la canzone e sperava affaticandosi in quello di perpetuare il suo nome . Ora sente che l ’ eccellenza non è nel genere e lasciando lì canzoni , idilli , elegie , inni , chiama le sue poesie canti , parola generica , che comprende tutti i generi perché non ne comprende nessuno . Egli è vero che aveva in serbo per un ' altra edizione due nuove canzoni e non furono più pubblicate e debbono forse essere , tra le carte da lui rifiutate . Finite sono le canzoni e finite con esse le contraddizioni ed i tentennamenti nel pensiero , la crudità e la spessezza nei concetti , la solennità e sonorità nella frase , gli involucri mitici e storici , il colorito locale , le varie apparenze di un mondo esteriore , un certo non so che di denso e nebuloso , tutte cose che qua e là si notano nelle canzoni . L ' uomo ha gittato via una parte di sé , quasi mutilando sé stesso ; ma condensando in quello che rimane , tutta la vita e tutta la luce . Abbiamo in questo mondo concentrato del dolore e del mistero situazioni nette e decise , spesso originali e interessanti , chiarezza e coesione nel pensiero , formazioni intere e diafane , semplicità e proprietà nel linguaggio , espansione ed emozione nello stile , nessun vestigio di imitazioni , di costruzioni e di reminiscenze . Quell ' umor denso di una malinconia nera e solida si era liquefatto in quella malinconia dolce , che sfugge la sventura reale e cerca asilo nell ' immaginazione . Il mondo esterno non era stato mai per lui cosa solida ; ora è cancellata ogni orma di questo o quel mondo storico e anche della società contemporanea . Vive coi suoi fantasmi e coi suoi ideali solitario ; vive nella sua immaginazione forte e calda . Leopardi ritrova così sé stesso quale la natura lo aveva fatto e quale si era rivelato negli idilli . Ritorna il pittore dell ' anima sua con un senso più spiccato di vivo e di moderno . La semplicità , la grazia , l ' ingenuità , la dolcezza , che si ammirano negli idilli e che gli venivano non pur dalla sua natura ma dal suo lungo uso degli scrittori greci , sono ora qualità spesso congiunte con un brio di espansione , con un calore , con una disinvoltura , che lo rivelano moderno . Il commercio dei vivi , la dimora nelle principali città italiane non fu senza effetto . Soprattutto dové giovargli la civilizzatissima Firenze alla quale contrappone Roma così lontana dal mondo civilizzato . Quel dolce parlar toscano così vivace , e nella sua semplicità così pieno di grazia , quella dimestichezza di conversazioni con gli uomini più celebri , quel suo affiatarsi con gli scrittori più recenti come Goethe , Byron , Sismondi , Manzoni , fino quegli studii della Crestomazia poetica che gli misero innanzi antologie di altri paesi come quella del Brancia , non furono senza efficacia su di un ' anima delicata , aperta alle impressioni . Giovarono forse anche i lunghi suoi colloqui col Manzoni , che dovettero stornarlo da quelle forme solenni e clamorose , le quali egli aveva ereditato dall ' uso dei Latini , da Monti e da Foscolo . Tra i libri acquistati o donati in Firenze , de ' quali pensava arricchire la biblioteca paterna , c ' erano le opere del Manzoni , che egli promette in dono al fratello più piccolo . Ma più che altro dové giovargli la separazione della sua anima da tutti gli accidenti del mondo esterno e il suo ritiro assoluto in sé stesso . Terminata la Crestomazia poetica prende commiato dallo Stella ponendo fine a questi lavori di pazienza , ancoraché abbia innanzi ricchi materiali intatti e mulini progetti che egli medesimo chiama castelli in aria . Consegnando i suoi manoscritti al Sinner aveva già lasciati per sempre gli studii ed i libri , vietatogli dalla cattiva salute . Nella sua vita solitaria e monotona ci sono intervalli felicissimi nei quali si rivela il poeta che fantastica sopra sé stesso alzandosi all ' universo , o fantastica sull ' universo con ritorni frequenti in sé stesso . La bellezza , l ' amore , la rimembranza , l ' uccello , il fiore , la lapide sepolcrale , non l ' interessano solo per sé , ma come motivo al perpetuo ritornello di sé e dell ' universo ; sono le variazioni di quella formidabile ripetizione . Vita idillica se mai ci fu , nobilitata dall ' altezza del pensiero , dall ' orgoglio dell ' uomo nel dolore , dalla perfetta sincerità del sentire . Il concetto stesso dell ' arte gli si era purificato . Quell ' arte per sé stessa , quel puro gioco dell ' immaginazione , quell ' andar cercando forme e modelli gli doveva parere una profanazione . Era salito a quel punto di perfezione , che la forma non ha più valore per sé e non è che voce immediata di quel di dentro . L ' uomo era venuto nella piena coscienza e nel pieno possesso di sé . Si può credere che nota dominante di questo mondo psicologico chiuso in sé con frequente ritorno degli stessi pensieri e sentimenti , fondato sulla infelicità universale , sia tristezza e monotonia . Ma il poeta ha ricuperato il suo cuore e con esso la facoltà di immaginare e di sentire . Questo regno della morte e del nulla è pieno di luce e di calore . Il poeta doveva sentirsi felice in quei rari momenti , che poteva cantare la sua infelicità ; e felice tu lo senti nel brio e nella eloquenza della sua rappresentazione . Riempie di luce i sepolcri , inspira la vita nei morti , anima le rimembranze , ricrea l ’ amore con un tripudio di gioventù . Niente è più triste e niente è più gioioso . E la tristezza della morte ed è la gioia dell ' amore fuso insieme in una sola persona poetica , come non sai . Appartengono a questo tempo Silvia , le Ricordanze , Quiete dopo la tempesta , il Sabato del Villaggio , il Canto notturno di un pastore errante nell ' Asia , poesie nuove , che comparvero oltre il Risorgimento nella edizione del Piatti in Firenze , e forse anche il Passero solitario e il Consalvo . Questi caratteri si mantengono anche nelle altre poesie publicate nell ' edizione di Napoli , e tutte insieme costituiscono il nuovo Leopardi .