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Dodici milioni ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Difficile che domani Berlusconi alzi le spalle : « Sono più quelli che votano di quelli che scioperano o manifestano » . Neanche ad Arcore si possono dire più d ' una volta certe sciocchezze . E non solo perché da due mesi gli scioperi sono battenti e diffusi come non succedeva da quindici anni , e domani una folla mai vista confluirà a Roma , malgrado , o anche a causa , del disastro nel Nord . Sono dodici milioni in Italia i lavoratori dipendenti : quelli immediatamente minacciati nel lavoro , nel salario , nelle pensioni . Dodici su 57 milioni di italiani , su 40 milioni di elettori . Ognuno di essi ha , legate alla sua esistenza , almeno una o due persone . Ma soprattutto , non sono una parte come le altre : se si fermano loro , si ferma la città , la regione , il paese . È così oggi e sarà così domani , perché anche un terminale resta inerte senza la mano e la testa che lo accendono e interrogano . Se si fermano dodici milioni di altri cittadini , l ' impatto simbolico è grande ma la macchina produttiva e amministrativa cammina . Anche se si fermano gli otto milioni di cosiddetti « autonomi » ; perfino i fatali camionisti , ce ne vuole perché da soli inceppino tutto come farebbero due , tre , sei giorni di sciopero dei salariati . Sarebbe la paralisi . La guerra sociale totale . Sui salariati se ne son dette di tutte , soprattutto che , in declino la grande impresa , erano una specie in estinzione . Ma il lavoro salariato resta il sistema sanguigno della società industriale e postindustriale , per diffusa e retificata che sia . E mentre nel voto si confondono salariato o padrone , manager o casalinga , peso e potere sociale sono un altro paio di maniche . Da due mesi questo è tornato a evidenziarsi sullo schermo della società non virtuale . Sono corpi che non entrano in fabbrica o in ufficio , mani che non attivano macchine o computer , non alzano lo sportello , non emettono biglietti , non mettono in moto vagoni , tram e ferrovie . Mutano , luogo per luogo , il ritmo delle giornate , i meccanismi del quotidiano , l ' uso della città . E nei paesaggi metropolitani , dove non si addensava che il passeggio domenicale , si materializzano presenze aggregate , fuse in manifestazioni e cortei , parlanti . La società ha ripreso voce , altro che l ' anonimia dei sondaggi . Sono voci diverse , domande , volontà , tensioni , anche lacerazioni , non riducibili a numeri . Con costoro in piazza si tratta o gli si gettano contro gli odierni corrispondenti dei carabinieri a cavallo . E questo è il problema di Berlusconi . Ma su che cosa e come si tratta è anche il problema dei progressisti , o come diavolo si vogliono chiamare . Quel che vuole Berlusconi è ridurre il peso contrattuale , rendere la massa dei salariati plastica alla « competitività » , in un mondo dove esiste una sorta di dumping del mercato di manodopera , cinque o dieci volte più a buon prezzo nell ' Est europeo e in Asia . Perciò si vuole che da noi il lavoro costi meno , diventi precario e flessibile , e a questo giova l ' abolizione degli ammortizzatori sociali . Scuola , sanità , pensione non hanno da essere più un servizio cui si ha diritto : devono essere privatizzati e quindi acquistati , e per poterlo fare competano fra salariati per il posto , concorrano per il salario , si scannino gli immigrati . Per chi resterà a margine se la vedranno le Regioni , con fondi abbondanti dove ce ne sarà meno bisogno , magri dove ce ne sarà : questa è l ' autonomia fiscale . Ma questo modello - non meniamo il can per l ' aia - è stato accettato dai progressisti , Rifondazione esclusa . La caduta del Muro di Berlino per l ' Italia non è stata la rinuncia al comunismo , ma a qualsiasi regolazione politica del mercato . Di qui la inefficacia dell ' opposizione , il suo prendere di petto il governo più sulle regole che sulla finanziaria . Anche il sindacato ha avuto un sussulto soltanto quando s ' è visto che nessuno degli antichi e nuovi patti sarebbe stato tenuto , e la gente si è mossa senza starlo ad aspettare . Non c ' è futuro accettabile per i lavoratori di oggi e quelli di domani , oggi studenti , in questo quadro . Non è una terapia d ' urto , dopo la quale come in passato la crescita tornerà espansione e sviluppo , seppellirà morti e feriti e riaggregherà lembi allargati di società . Il modello competitivo non moltiplica più il ventaglio dei prodotti , non alimenta più , attraverso la redistribuzione salariale , il mercato interno , non mira più ad allargare la sua area : oggi tutti producono le stesse merci per la stessa fascia alta di consumi . Un mercato saturo , nel quale battersi a morte per concorrere a qualità sempre più alta e a prezzo sempre più basso . Che il mercato oggi sia questo lo sa qualsiasi operaio o impiegato della Fiat o di Lucchini o di De Benedetti . Lo sanno gli economisti . Lo sa il governatore Fazio . Lo sa Scalfari , che protesta soltanto per il prelievo di classe . Abbattere i salari , privatizzare i servizi , liberare i movimenti dei capitali non è stata l ' unica scelta anche per i progressisti ? Che propongono , salvo qualche emendamento , D ' Alema , Buttiglione , Spini , Orlando e quant ' altri ? Sottinteso : qualche sacrificio , poi tutto andrà da sé . No , nulla andrà da sé . Domani Roma lo dirà . Non si risponda , per favore : buona manifestazione , come sarebbe bello riavere , al posto di Berlusconi , Ciampi . Alain Minc , che ebbe fortuna anche in Italia per aver firmato con Simon Nora il primo rapporto sull ' informatica , poi come brillante manager del postindustriale e poi meno brillante consulente di Carlo De Benedetti , ha reso pubblico il rapporto sulle « Sfide economiche e sociali del 2000» , affidatogli dal commissario governativo del Piano in Francia . La tesi è sempre quella , ma il bello sono gli argomenti che la adornano . Nell ' ordine : la rivoluzione è epocale . Si è rivelato caduco il contratto che nelle democrazie europee s ' era instaurato dopo il 1945 fra le parti sociali e lo Stato : era basato sulla « compassione » della collettività ( sic ) , radicata nel mito dell ' uguaglianza , sceso direttamente dalla Rivoluzione francese . Con perniciosi effetti . Ha immobilizzato la società , ha frenato le forze produttive più audaci con lacci e lacciuoli . Oggi occorre un altro contratto sociale , fondato non più sull ' uguaglianza , che si misurava sul diritto di ciascuno , ma sull ' equità , cioè sulla capacità di adeguarsi al modello dell ' attuale economia di mercato . La quale è l ' unica , non c ' è alternativa . Meglio che l ' Europa si renda attraente subito per i capitali stranieri . Come ? Continuando con la disinflazione e accelerando la moneta unica europea , anticipata dal 1999 al 1997 . Magari si comincia da Germania e Francia . Abbassando il costo del lavoro direttamente e tagliando gli oneri sociali , ma sul serio , e quindi riducendo le prestazioni sociali , ma sul serio . In attesa di abolirlo , il salario minimo garantito va ridotto : funziona contro i disoccupati . Eccetera . Con Alain Minc , firmano il rapporto anche Alain Touraine , Edgar Morin , Pierre Rosanvallon . La sinistra pensante . Un ' idea geniale da Reims , quella del viaggio di Rossini . Il 23 ottobre scorso la società di promozione Athletics e una ventina di imprese nazionali hanno indetto la corsa del disoccupato . Quota di partecipazione : lire 15000 , scarpe e maglietta a carico del partecipante . Fornito dai promotori l ' originale cartello da appendere sulla schiena con su scritto il curriculum vitae . Tre percorsi : minimo io chilometri , meglio i 21 , consigliata la maratona dei 42 . Si tratta infatti di mettere in luce i disoccupati dotati di maggior tenacia e spirito di sacrificio , qualità più apprezzate dalle imprese . Uno scherzo ? Una provocazione di qualche Centro sociale ? No , la corsa è stata patrocinata dal Comune di Reims e dall ' Anpe ( Associazione nazionale per l ' occupazione ) , che ha offerto ai concorrenti una consulenza per la formulazione ottimale del loro profilo professionale .
StampaPeriodica ,
La storia della introduzione e della diffusione del marxismo in Italia non è certo molto consolante per quelli che sentono e comprendono tutta l ' importanza del pensiero di Marx , così negli aspetti teoretici come in quelli pratici . Introdotto in Italia dai personali avversari del maestro , che , per questa loro condizione , erano poco adatti a comprenderlo e che di fatto ben poco lo conoscevano , un sedicente marxismo fu diffuso fra di noi da uomini che di Marx avevano una conoscenza incompleta e che lo consideravano in conseguenza più come insegna di battaglia che come formulatore della dottrina della rivoluzione proletaria . Marx fu staccato dalla sua dottrina ; e il nome divenne simbolo di unità internazionale per quanti si occupavano con simpatia della questione sociale , mentre la dottrina fu considerata come una opinione , fu cioè messa alla stregua delle idee dei molti autori di progetti e di programmi per la società futura . Il pensiero positivistico dominava allora in Italia gli scienziati che avevano simpatia col socialismo , e il partito . era pieno di uomini che , avversi per sentimento al carattere aspro del pensatore di Treviri , cercavano di temperare il marxismo con l ' ardente ideologia di qualche altro grande socialista . Gli uni e gli altri poi lavoravano intorno a un Marx di loro maniera , perché pochissimi erano quelli che avevano una maturità di studi sufficiente ad intendere il vero Marx e , fra questi pochissimi , credo che nessuno abbia avuto la possibilità materiale di farlo , perché fino verso al 1895 le opere del maestro erano una vera rarità libraria ed Antonio Labriola dovette condurre all ' estero ricerche dispendiose e pazienti per ritrovarle . Così hanno potuto formarsi in Italia vere e proprie leggende intorno al marxismo , così hanno potuto fiorire e prosperare l ’ ibrida triade di Enrico Ferri ( Darwin , Spencer , Marx ) e sopratutto la ridicola favola di un Achille Loria marxista , anzi Marx italiano . Achille Loria aveva criticato più volte senza riserve il maestro ed aveva sollevato ripetute proteste . Ma " le critiche acerbe come scrive il Michels – che il Loria ebbe a subire da parte di uomini così autorevoli in materia marxista , come l ' Engels , il Pareto , il Lafargue , non valsero però affatto a mutare l ' atteggiamento ossequioso dei marxisti del Partito socialista militante in Italia verso di lui . " Fatto questo che è indice e prova insieme della scarsa conoscenza che avevano i socialisti italiani dell ' opera loriana e ( peggio ) di quella di Marx ; fatto che caratterizza in modo non dubbio il marxismo italiano come un marxismo senza conoscenza di Marx . E , anche quando le nuove frazioni più intransigenti del partito parvero bandire la crociata del ritorno al genuino pensiero di lui , anche allora si fece strada l ' antica idea della insufficienza dottrinale del marxismo e della necessità della sua revisione . R . Michels , nella sua Storia del marxismo in Italia , ha ben compreso questa aspirazione dei nostri scrittori socialisti , che hanno a suo dire fra i maggiori compiti quello della ricerca di una teoria complementare al Marx . Ma il Michels , critico dell ' economia marxistica , ha preso questa insufficienza culturale come il non plus ultra della genialità , e con ciò si è precluso da se medesimo la via ad intendere il pensiero di quel grande filosofo italiano che ha scritto nella storia della dottrina marxistica una pagina originale e feconda . Infatti il prof . Michels . non ha trovato spazio per parlare dei Saggi di Antonio Labriola , mentre tanto ne ha dedicato a scritti di gran lunga meno importanti . A p . 75 , Antonio Labriola è ricordato come uno dei sottoscrittori di un ordine del giorno al Congresso operaio italiano di Palermo ; a p . 99 come persona che era in relazione con F . Engels ; a pp . 102 e 103 come contrario alla impurità del marxismo ; a pp . 114 e 154 come appartenente alla coorte partenopea , con B . Croce , Arturo Labriola , E . Leone , ecc . ; a pp . 120-121 e 159 come filosofo che stimava i marxisti stranieri i quali gli ricambiavano questa considerazione ; e a p . 153 come scrittore che dà alle sue opere un ' intonazione socialistica . Tutte notizie , queste , date con una sobrietà eccessiva di due o tre parole , di sfuggita , come sobri sono e il periodo che parla del suo insegnamento universitario , messo in seconda linea per importanza socialistica rispetto a quello di Enrico Ferri , e quella breve nota dove gli si attribuisce la poca stima dì F . Engels . Anche quando parla del materialismo storico , considerato come " campo dell ' economia marxistica " ( sic ! ) , il Michels non ha una parola , non dirò per illustrare , ma solo per accennare alla meravigliosa opera di filosofia della storia di Antonio Labriola . In questo modo il Michels , invece di fare la storia del marxismo italiano , come avrebbe voluto , ha fatto la storia della fama di Marx in Italia e ha messo in rilievo le difficoltà non lievi che presenta lo studio e la continuazione dell ' opera del pensatore di Treviri , e , indirettamente , anche di quella di Antonio Labriola . Nel campo delle discipline storico - sociali , è ancora diffuso il mal vezzo di preferire le tesi dalle apparenze allettanti , i sistemi completi , cioè i sistemi che sembrano dare soddisfazione piena al nostro desiderio conoscitivo , al lavoro freddo , lento , preciso , misurato della scienza . E siccome il marxismo è animato da quello spirito di cui vive la scienza in genere , e ha raggiunto una relativa perfezione degli strumenti di ricerca e un pensiero criticamente consapevole ; poiché , anzi , per tutto ciò ambisce di diventare il perno delle scienze che indagano il vivere . umano , gli ostacoli alla diffusione della sua conoscenza non sono certamente ancora oggi rimossi . Di qui nuova confusione e manifestazioni continue della dotta ignoranza ; di qui anche , e sopratutto , il luogo comune di " Marx è sorpassato , il marxismo è in crisi , ecc . " come se si potesse superare ciò che non si è pienamente inteso , o si potesse avere crisi di ciò che non esiste ancora ! Ma , se lo studiare e comprendere il marxismo è cosa non lieve , più arduo è il compito di continuarlo e di criticarlo , in quanto qui si tratta , per uomini di ingegno e di coltura non comune , di sacrificare l ' ingente fardello di cari pregiudizi e di viete e comode tradizioni e delle più forti passioni politiche . Perciò questa dottrina urta contro la fantasia di molti e contro l ' indolenza di tutti . I più di costoro rigettano il marxismo in blocco e fanno bene . Non pochi però da un incompleto studio del materialismo storico sono portati a deformarlo e , inavvertitamente , a portare in questo tutti gli avanzi e i rifiuti della mentalità metafisica . Altri infine trovano comodo riferirsi al marxismo , come ad un qualcosa di attraente , e riandare ad un tempo con la mente a cercare nella storia del pensiero i punti di contatto con varie concezioni , per poi presentare al pubblico , p . es . , ora un Marx - Spencer , ora un Marx - Kant , ora un Marx - Bergson . Per i primi , il materialismo storico non esiste , e ciò vuoi dire che essi si accontentano di spiegare la storia con l ' isterismo e la fantasia . Per i secondi e gli ultimi , esso è diventato una nuova e sterile esercitazione metafisica , poiché non vi può essere forza in un pensiero che cerca di illuminare la storia con un gioco di combinazioni del pensato dei vari uomini grandi , invece di chiedere luce alla fonte inesauribile della realtà storica passata e presente . Per tutti costoro non sarà fuor di luogo ripetere ciò che scrissi or non è molto a proposito della mania di voler completare il marxismo col pensiero di questo o di quel filosofo : Non si considera che questo basta per mettersi fuori dall ' orbita del marxismo , perché , o si vuoi portare nel marxismo qualcosa che esso ha già in sé per il fatto di aver tratto dalle dottrine che ha superato ciò che di scientificamente esatto esse contenevano , o si vuoi riportare nel marxismo la metafisica da questo vinta . Nel primo caso il materialismo storico non si comprende ; nel secondo si rinnega . C ' è da augurarsi che questi tentativi di deturpare e svisare il marxismo siano frantumati , e possa finalmente essere compreso nella sua piena integrità il pensiero del filosofo germanico . Da un tale momento soltanto la continuazione dell ' opera sua diverrà più agevole , perché si saprà distinguere ciò che è opinione personale di Marx , dettata da individuali considerazioni , passibile di smentita da parte dei fatti , da ciò che fu rigorosamente da lui osservato nella realtà della storia . Perciò diceva Antonio Labriola 25 anni or sono : " altro è guardare al tenore particolare degli scritti di Marx , in quanto sono un fatto particolare , e altro è guardare al marxismo come a una dottrina che è capace di svolgersi . " ' Perciò , ammaestrati dalla esperienza , noi sosteniamo che il materialismo storico non potrà essere continuato , corretto , completato se non con i metodi , che l ' esperienza della classe lavoratrice attraverso l ' opera di Marx ci ha indicati , cioè criticamente , dalla critica che nasce dalle cose storiche e non dalle opinioni del signor X .
Finale di partito ( Rossanda Rossana , 2001 )
StampaQuotidiana ,
L ' Unità ha dato ieri le cifre dei congressi di sezione ds finora svolti , circa la metà delle seimila sezioni ancora in vita . Sarebbero centomila partecipanti su seicentomila iscritti dichiarati . Cifre in parte litigiose , ma non tanto da modificare il risultato : la mozione Fassino ha il 64% , quella di Berlinguer circa il 32% e quella di Morando circa il 4% . La partecipazione è scarsa , il dibattito pressoché nullo . Il congresso Ds non fa neanche notizia . Questo è il dato più impressionante . Dopo la sconfitta del 13 maggio pareva incalzare l ' interrogativo : com ' è che una grande forza politica , che aveva retto al 1989 , è scesa al minimo storico , pesa meno delle altre , già assai meno forti , sinistre moderate europee ? Non era un interrogativo soltanto degli iscritti , ma del paese , che aveva amato o detestato il Pci e poi , benché ridimensionato , il Pds , ma su di esso si divideva o determinava , i suoi congressi infiammavano gli spiriti . Ora al congresso ci siamo ma non interessa più di un congresso , che so , delle Acli . E ' la guerra , si dice , che offusca tutto il resto . E ' vero , ma perché dai Democratici di sinistra non è venuta su di essa una sola parola diversa da quella del governo , che era uguale a quella di Bush ? Se non si sente la voce dei ds è perché non c ' è . E non c ' è da nessuna parte , benché per la prima volta essi andassero con mozioni separate al congresso . Ma sulla guerra Giovanni Berlinguer non s ' è espresso diversamente da Fassino . Nessuna analisi differente , neppure un tentativo di chiedersi perché il jihad , che dieci anni fa era pochissima cosa , sia cresciuto fino a diventare un pericolo mortale , perché il tollerante Islam sia oggi in così gran parte fondamentalista , e il fondamentalismo diventi terrorismo . Nessun ammonimento sulla inaccettabilità della guerra prima ancora che sulla sua insensatezza , perché se di odio all ' occidente si tratta non farà che alimentarlo . Nessuna proposta su un che fare che modifichi un Medio Oriente che noi , occidentali , abbiamo strutturato , risanandone almeno le ferite più purulente come quelle della Palestina . L ' Europa è scomparsa nel generale ossequio al Dipartimento di stato e in essa sono affondati i ds . La guerra è , come sempre per la sinistra , un crudele rivelatore . La sinistra ds credeva di potersi distinguere da D ' Alema sul lavoro , senza andare troppo in fondo sulla globalizzazione , che è stretta all ' impero unico , a sua volta stretto , checché si speri , al sistema militare di dominio , chiamato ormai ogni due anni a preservare coi carri armati l ' ordine mondiale . Pensava in questo modo di allargare i consensi raccogliendo anche un centro veltroniano che a una presa di posizione più netta non sarebbe stato . Era una modesta operazione e non ha funzionato . In tre settimane la mozione di Giovanni Berlinguer è precipitata dall ' adesione di quasi la metà degli iscritti a un po ' meno di un terzo . Meglio sarebbe stato partire e tener fermo su una identità più limpida che funzionasse contro il liberismo e la guerra , perché se si tratta di dividersi almeno farlo su questioni fondamentali . In mancanza di questo , i congressi sono diventati una modesta conta con scarsa partecipazione . Delusione o indifferenza o tutt ' e due : se l ' esito è scontato , discutere che senso ha ? Eppure pareva , ed era stato detto , che era in causa la sopravvivenza stessa di un grande partito : D ' Alema e Veltroni credono di non averne bisogno , credono che gli basti un comitato elettorale e l ' entratura nei luoghi giusti . Ma la mozione di sinistra non puntava a una rianimazione di quel corpo collassato ? Non c ' è stata , se al congresso dei ds nessuno bada è perché non c ' è a che badare .
UNA TEORIA DEI SINDACATI ( RIGOLA RINALDO , 1926 )
StampaPeriodica ,
La questione dell ' ordinamento dei sindacati operai acquista oggi una eccezionale attualità dalla promulgazione della nuova legge fascista sindacale , i modi e le conseguenze della cui attuazione sono una delle più grandi incognite del presente periodo della politica italiana . Al chiarimento di tale questione cui sarà anche dedicato un prossimo convegno dei rappresentanti del Partito socialista dei lavoratori italiani recherà indubbiamente molta luce il seguente articolo che a disegno non volle essere polemico del più sperimentato e coscienzioso dei nostri organizzatori operai . La C . S . Nel mio Sindacalismo confederale , presenterò alcuni saggi , in parte vecchi e in parte nuovi , intesi a far conoscere come si sia andato evolvendo , nel corso degli anni , il pensiero del movimento operaio italiano , ed a fissare , in pari . tempo , alcuni principi che si possono considerare definitivamente acquisiti alla pratica sindacale , tanto che possono formare , nel loro insieme , una teoria . In questo scritto mi propongo di esporre i concetti fondamentali della teoria , separandola dalla parte puramente storica e documentaria . Non è un riassunto del libro che intendo fare , bensì una specie di estratto Liebig , il quale mi auguro possa piacere ai cucinieri che hanno per compito di fornire al proletariato l ' alimento spirituale . È una teoria sgorgata dalla pratica e collaudata da una quadrilustre esperienza . Convien ricordare che il movimento operaio italiano è di origine rivoluzionaria e che è stato in ogni tempo ispirato da un " credo " politico eterodosso . Che i suoi ispiratori si chiamassero Mazzini , o Bakunin , o Costa , o Turati , non conta . Ciò che va rilevato si è che le associazioni non animate da idealità politiche non fanno parte del movimento di cui ci occupiamo . Anche il sindacalismo cosidetto riformista , in quanto mira alla totale liberazione del proletariato , è rivoluzionario nei fini , cioè contrario alle istituzioni capitalistiche ; è , in altre parole , politico . Tolta la meta ideale , la finalità rivoluzionaria , non si può più parlare di sindacalismo in senso stretto , ma di corporativismo , il quale può essere , all ' opposto , rivoluzionario nei metodi e conservatore o agnostico in politica . Poiché , dunque , furono in ogni tempo i partiti rivoluzionari a suscitare il movimento operaio , non apparirà strano se questo è stato sempre un fatto subordinato al fatto politico . Giuseppe Mazzini si adoperò per federare le " Fratellanze , " da lui fondate , in una vasta organizzazione nazionale , che , secondo i suoi intendimenti , avrebbe dovuto facilitare la soluzione del problema sociale , riunendo il lavoro e il capitale nelle stesse mani ; ma il suo tentativo non sorti esito felice , causa l ' immaturità dell ' ambiente . La propaganda mazziniana non poteva essere compresa che dalle minoranze più colte delle città , mentre il socialismo , col denunziare gli antagonismi di classe e col predicare la solidarietà fra gli oppressi , trasse facilmente le grandi masse operaie e contadine alla ribalta della storia . La meravigliosa fioritura di leghe e di Camere del lavoro , che il 1901 ci presenta , era stata preceduta da una larga seminagione di idee socialiste in un ' epoca particolarmente favorevole al loro germoglio . Per un certo tempo la resistenza sembrò non essere altro che il socialismo in divenire . Senonché il socialismo parlamentare , con alla testa la social - democrazia germanica , tenacemente abbarbicato al concetto che il sindacato fosse utile se ed in quanto era di ausilio all ' azione politico - parlamentare del partito , tendeva a subordinarlo a sé o almeno alla sua particolare concezione rivoluzionaria . L ' azione diretta , preconizzata dal sindacalismo rivoluzionario , altro non è stata , in fondo , che la reazione alla pratica troppo elettoralistica , e forse , più ancora che ad essa , a quel generico pessimismo che portava al non fare ed all ' attesa messianica dell ' evento rivoluzionario . Quale fiducia si può riporre nell ' azione sindacale se si è convinti a priori che essa non modifica i rapporti di classe e non risolve il problema sociale ? Il movimento operaio non vive che per l ' azione . Si può credere che la ginnastica scioperaiola sia un non senso e l ' espropriazione violenta dei capitalisti un ' utopia , ma non si può negare che il sindacalismo rivoluzionario ha servito a correggere l ' eccesso parlamentarista e a infondere nei lavoratori quella fiducia in se stessi e quella volontà . di azione , per le quali soltanto potranno essere qualche cosa nel mondo . Comunque è certo che , allorquando i nostri più autorevoli organizzatori meditavano di costituire la Confederazione del lavoro , obbedivano precisamente al bisogno di fare , di muoversi nella realtà della vita , di allentare le ritorte che tenevano l ' organizzazione avvinta ad un troppo dogmatico verbo politico . Essi intuivano la necessità di fare una politica sindacale autonoma . Erano dei buoni riformisti ligi alla corrente di destra del partito , ma propendevano a valorizzare il sindacato mettendolo almeno alla pari col partito . Le revisioni di destra e di sinistra operatesi in quel turno di tempo non avevano lasciato indifferente il proletariato italiano . L ' azione diretta non aveva affatto bisogno di esplicarsi nella forma dello sciopero rivoluzionario , ed essa appariva come un ' integrazione dell ' azione mediata , parlamentare . Principi fondamentali del sindacato . Il sindacato operaio moderno fu variamente definito da tutti coloro che lo studiarono . Economisti , sociologi , storici , uomini politici , organizzatori ne fissarono i caratteri e gli scopi con una formula rispondente più o meno alle loro particolari opinioni e concezioni . Nella stessa parola " sindacato " ( o " lega " ) è implicito il concetto di una associazione fra gente della stessa condizione , che intende procurare a se stessa dei miglioramenti . Il sindacato è " l ' impresa dei miglioramenti , " i quali non sono delimitabili a priori . Il sindacato non si forma se non vi è negli operai l ' intenzione di lottare contro lo sfruttamento capitalistico . Il sindacato deve quindi incardinarsi su questi principi : 1 . La solidarietà fra lavoratori è tanto più produttiva di effetti benefici quanto più è estesa . Il primo vantaggio che gli operai traggono dal loro associarsi in sindacato di resistenza è di ridurre al minimo la concorrenza tra loro stessi , rendendo più difficile il peggioramento delle loro condizioni anche se rimangono in atteggiamento passivo . La piccola lega isolata offre scarsa capacità di resistenza ed è sprovveduta di qualsiasi forza per svolgere un ' azione attiva , specie dopo che gli imprenditori si sono organizzati a loro volta . C ' è , dunque , uno stretto rapporto fra i successi o gli insuccessi delle lotte del lavoro e l ' ampiezza e l ' unità dell ' organizzazione . Il verificarsi di questa prima condizione influisce vantaggiosamente anche nel senso di diminuire il costo delle conquiste operaie , perché basta la presenza di una forte organizzazione ad eliminare molte cause di conflitto . 2 . Ma il rendimento dell ' organizzazione non dipende soltanto dal numero , dall ' affiatamento e dalla combattività degli organizzati . Costituiscono altrettanti elementi di successo l ' abilità dei capi , la disciplina e lo spirito di previdenza dei gregari . Se una controversia sbocca nello sciopero o nella serrata , le probabilità maggiori di vittoria sono per la parte che è in grado di resistere di più e di infliggere un danno alla parte avversa . È quindi necessario che l ' organizzazione sia forte anche finanziariamente . Se gli operai , dopo aver provveduto al retto funzionamento della loro organizzazione , accantonano fondi per distribuire sussidi in caso di sciopero , la loro capacità di resistenza si accresce di tanto . La politica delle alte contribuzioni è raccomandabile sotto ogni punto di vista . 3 . La previdenza sindacale è anch ' essa un fattore del progresso operaio . Gli operai , che escono da un periodo di disoccupazione e di malattia non sussidiata , sono costretti talvolta ad accettare quel qualunque salario che l ' imprenditore voglia loro corrispondere ; ove invece funzionino nell ' interno del sindacato servigi mutualistici , si ottiene il duplice risultato di accrescere la capacità di resistenza dei soci e di limitarne la fluttuazione . Infatti l ' organizzazione che si proponga la pura difesa del contratto di lavoro riesce difficilmente a tenere avvinti a sé i soci negli intervalli fra un contratto e l ' altro . 4 . Come tutte le battaglie , anche quelle del lavoro hanno per iscopo la pace . Vincitori e vinti finiscono sempre per firmare un trattato che vien detto " contratto di lavoro " o ( più propriamente ) " concordato di tariffa , " con scadenza a termine fisso . Non vi sono limiti circa le materie suscettibili di formare oggetto di contrattazione tra le parti . Il salario , il cottimo , la disciplina interna , la previdenza , la stabilità , i licenziamenti , le assunzioni , la condirezione , il controllo , eventualmente , sull ' azienda nella quale gli operai sono impiegati , tutto può essere liberamente regolato tra le parti mediante il concordato di tariffa , come tutto può fornire materia di conflitto . 5 . Le organizzazioni padronali ed operaie stipulano non soltanto per i loro soci , ma per tutta la massa interessata in una data industria e in un dato territorio . Trattandosi però di contratto libero , la sua esecuzione non può essere affidata che alla lealtà dei contraenti , i quali non possono rispondere delle infrazioni individuali . Quindi , anche in tempo di pace , il concordato ha valore se ed in quanto sia presidiato dall ' organizzazione . Ma poiché , indipendentemente dalla buona o cattiva volontà delle parti , un concordato può prestarsi alle più diverse interpretazioni , così , per eliminare ogni causa d ' attrito , l ' organizzazione operaia si assume di esercitare una continua vigilanza sulla sua applicazione nell ' interno di ogni stabilimento mediante le cosidette " Commissioni interne . " E questo bisogno di vigilanza assidua si risolve in un argomento di più a favore della stabilità , della forza , dell ' unità del sindacato . Sindacalismo , mutualismo , cooperazione , sciopero . Per trattenere gli operai nei sindacati , è necessario coltivare l ' idea mutualista . La questione di principio non può essere dubbia : ridurre i sindacati a pure società di resistenza vuoi dire opporre una barriera formidabile all ' evoluzione del proletariato ; vuoi dire abbandonarlo all ' influenza preponderante dei demagoghi borghesi , riducendo l ' importanza delle forze economiche che possono contribuire a mantenere l ' autonomia della classe operaia ; vuol dire impedirgli di elaborare conformemente al suo proprio modo di vivere i nuovi principi del suo diritto ; vuoi dire , in una parola , rifiutargli la possibilità di diventare una classe " per se stessa . " Le società mutue fondate dai sindacati non poggiano punto sugli stessi principi delle Casse borghesi ; in luogo di ispirarsi all ' associazione dei capitali , esse osservano il principio della solidarietà proletaria . Si parla spesso di organizzare il proletariato : ma organizzare non si • • gnifica inquadrare degli automi ! L ' organizzazione è il passaggio dall ' ordine meccanico , cieco , comandato dall ' esterno , alla differenziazione organica , intelligente , coscientemente accettata ; in una parola , è una evoluzione morale . Non vi si arriva che con una lunga pratica e con l ' esperienza acquistata nella vita . Tutte le istituzioni si sono formate allo stesso modo ; esse non sono né il risultato delle decisioni dei grandi uomini di Stato , né quello dei calcoli dei sapienti ; esse si fanno abbracciando e condensando tutti gli elementi della vita . Per quale ragione il proletariato sfuggirebbe alla necessità di " farsi " per questa via ? Una cosa mi ha sempre colmato di stupore scrive G . Sorel ed è l ' avversione di numerosi marxisti per la cooperazione ... Che cosa accadrebbe se , dopo la rivoluzione sociale , l ' industria dovesse essere diretta da gruppi incapaci di condurre oggi una cooperativa ? ... È nel seno della società capitalista che devono svilupparsi , non soltanto le nuove forze produttive , ma anche le regole di un nuovo ordine sociale , quelle che si possono chiamare le forze morali dell ' avvenire . I conflitti del lavoro non sono da confondersi con la lotta di classe teorizzata dai socialisti . I liberali respingono la lotta di classe ; ma ammettono la legittimità della lotta fra imprenditori ed operai per l ' equa ripartizione dei frutti del lavoro comune , non solo , ma la credono economicamente meno costosa e moralmente più sana della pace imposta artificiosamente dall ' alto . " Alla quiete , che è morte , è preferibile il travaglio , che è vita " ( L . Einaudi ) . Carlo Marx attribuisce la massima importanza ai sindacati operai , sopratutto perché riuniscono gli uomini della stessa classe per la lotta contro la classe capitalista . La grande industria agglomera in un solo luogo una folla di persone sconosciute le une alle altre . La concorrenza divide i loro interessi . Ma il mantenimento del salario , interesse che essi hanno comune contro i loro padroni , li riunisce nello stesso pensiero di resistenza ( coalizione ) . Onde la coalizione ha sempre un duplice scopo : quello di far cessare la concorrenza fra loro e quello di fare una concorrenza generale al capitalista . Se inizialmente lo scopo della resistenza non è stato che il mantenimento dei salari , a misura che i capitalisti a loro volta si riuniscono in un pensiero di repressione , le coalizioni , dapprima isolate , si formano in gruppi ; di fronte al capitale sempre riunito , il mantenimento dell ' associazione diviene più necessario per loro di quello del salario . Ciò è talmente vero , che gli economisti inglesi sono pieni di meraviglia nel vedere che gli operai sacrificano una buona parte del salario in favore delle associazioni che , agli occhi di quegli economisti , non sono stabilite in favore del salario . In questa lotta vera guerra civile si riuniscono e si sviluppano tutti gli elementi necessari ad una futura battaglia . Arrivata a tal punto , l ' associazione prende un carattere politico . Le condizioni economiche avevano dapprima trasformata la massa del paese in lavoratori . La dominazione del capitale ha creato a questa massa una situazione comune , interessi comuni . Onde questa massa è una classe rispetto al capitale , ma non ancora tale in se stessa . Nella lotta , di cui noi non abbiamo segnalato che alcune fasi , questa massa si riunisce , si costituisce in classe da se stessa . Gli interessi che essa difende divengono interessi di classe . Ma la lotta tra classe e classe è una lotta politica . Lo sciopero economico è il fatto per cui un gruppo di operai viene a trovarsi in conflitto momentaneo con un gruppo di capitalisti per una divergenza che non mette in questione il possesso dei mezzi di produzione da parte dei primi , appunto perché il problema del possesso non può essere risolto per via di scioperi particolari , né pacifici , né violenti . La resistenza , gli scioperi , sono , quindi , effettivamente " conflitti " o " lotte " del lavoro , ma non possono essere la lotta di classe , che è sempre una lotta di carattere politico . In quanto sono fatti episodici e subordinati al fatto generale della lotta di classe , i socialisti accettano gli sciopèri quando sono necessari , ma non hanno alcun interesse a moltiplicarli o ad esasperarli , come non possono essere aprioristicamente contrari ai congegni che tendono a ridurne il numero e la durata senza menomare la libertà degli operai . Il sindacato va preso per quello che è , per quello che può dare , e non si deve pretendere da esso più di quanto è nelle sue possibilità . Esso è , prima di tutto , un ottimo strumento per mitigare lo sfruttamento diretto del conduttore d ' opera sui suoi dipendenti . Non è da credere ch ' esso riesca a ridurre il profitto del capitalista al disotto del saggio normale , ma riesce certamente ad armonizzare meglio i salari coi profitti , a impedire che la concorrenza fra imprenditori si faccia a tutte spese del lavoro , ad espellere dal processo produttivo gli industriali inetti , a migliorare , insomma , la condizione del lavoratore , sì dal lato economico che da quello morale ed igienico . Monopolio della mano d ' opera e controllo della produzione . Il sindacato tende a monopolizzare la mano d ' opera . I mezzi coattivi , a cui ricorrono le organizzazioni per aumentare la percentuale degli organizzati o per ridurre , comunque , la passività dei disorganizzati , degli assenti , dei crumiri , ne sono la prova migliore . Il monopolio è osteggiato dagli economisti liberali ; ma è questione di intendersi su di esso . La libera concorrenza , che gli economisti vorrebbero , non sparisce affatto finché non è interdetto a nessuno di organizzare un sindacato in concorrenza ad un altro sindacato . Noi tendiamo a sopprimere la concorrenza perché è causa di indebolimento dei salariati , ma intendiamo che al monopolio si debba giungere per il naturale sviluppo del principio di solidarietà . Insomma , il monopolio , in quanto viene come conclusione del processo formativo della solidarietà professionale , non solo non può essere respinto , ma deve essere sollecitato da chi non fa del sindacalismo a fondo capitalistico . I particolarismi e gli egoismi che porta seco in germe non devono preoccupare eccessivamente , perché vengono facilmente neutralizzati dalla concorrenza in atto o allo stato di minaccia allorché si vive in condizioni di libertà . Ad ogni modo , l ' indirizzo , la prassi , la finalità classista costituiscono ancora la migliore salvaguardia contro i privilegi e i particolarismi dei gruppi ; privilegi , particolarismi , egoismi che sono in gran parte frutto della morale individualista . La concezione classista , che implica uno sforzo di negazione e di superamento del capitalismo , è quella che meglio risponde , anche dal punto di vista dell ' interesse dei terzi . Gli operai che entrano in quest ' ordine di idee lottano bensì per i salari , ma tendono sopratutto ad assumere e a controllare direttamente la produzione . Corpi consultivi , riconoscimento giuridico , sindacato unico . I corpi consultivi rappresentano un terreno d ' incontro fra operai e padroni fuori dell ' azienda di produzione . Qui la discussione non è più portata sulla tariffa , ma su provvidenze di carattere generale che spetta allo Stato di attuare , sentito il parere dei tecnici e delle parti più direttamente interessate . Ciascuna parte può starvi , dunque , in piena indipendenza di spirito , e non vi è pericolo che questa collaborazione conduca ad ammorbidimenti o a compromessi incompatibili con l ' idea di classe . La controversia , se convenga o meno partecipare ai corpi tecnici consultivi dello Stato , è per noi risolta in senso affermativo . Lo Stato moderno tende fatalmente alla moltiplicazione dei propri organi , e i sindacati sono portati ad assumere sempre nuove funzioni pubbliche . Sorge , a questo punto , la questione del riconoscimento giuridico . Come può lo Stato investire i sindacati padronali ed operai del diritto di rappresentanza negli istituti di legislazione e di previdenza , se i sindacati stessi non sono riconosciuti dalla legge ? E a quali sindacati lo Stato affiderà la rappresentanza , se sono più di uno per ogni ramo professionale ? Il problema è già virtualmente risolto . Si possono seguire due metodi per dare veste legale ai sindacati rispettando la libertà individuale : il primo consiste nel concedere il riconoscimento ai sindacati di tutte le tendenze i quali ne facciano domanda dando a ciascuno una rappresentanza proporzionata al numero dei propri soci ; e il secondo nel raggruppare professionalmente gli operai e i datori di lavoro in apposite liste elettorali , per la nomina dei rispettivi rappresentanti negli organi statali . L ' uno e l ' altro metodo possono essere adottati contemporaneamente . Nel primo caso sono elettori i sindacati , nel secondo gli individui , siano o non siano organizzati . Il secondo metodo è già in uso per la nomina dei probiviri . Non è in contraddizione coi nostri principi l ' addivenire alla costituzione dei corpi di mestiere , assegnando ad essi l ' ufficio di rappresentanti legali e riconosciuti per la stipulazione dei contratti di lavoro . Solo si richiede che l ' ente giuridico sia ordinato su base democratica e che rimanga salva la libertà degli operai di organizzarsi in sindacati di fatto , secondo le loro preferenze sociali e politiche . Il sindacato unico è una perfezione del processo formativo dell ' organizzazione di classe , un bene superiore che il proletariato deve voler raggiungere , anche se non riuscirà mai a possederlo interamente , e la cui conquista dipende da lui solo , dalla sua forza morale . Nessuno potrà mai donare graziosamente alle masse le armi della loro liberazione . Il sindacato unico , obbligatorio , imposto d ' autorità , creerebbe immediatamente il bisogno di costituire entro di esso il sindacato o i sindacati volontari , perché il sindacalismo è pensiero , vita , movimento . Inserzione del sindacato nello Stato . I sindacati e i partiti . Il plurisindacalismo , dunque , non esclude l ' unità sostanziale della classe , purché , naturalmente , tutte le organizzazioni si trovino nelle identiche condizioni di libertà . Perché l ' unità sostanziale sia , è indispensabile che il movimento operaio si emancipi dalla tutela dei partiti e dei governi . Lo Stato , che è sopra le classi , può svolgere una sua azione , intesa a limitare i danni economici delle lotte del lavoro , creando istituti arbitramentali e di conciliazione , ma è assurdo pretendere che crei il sindacato e disconosca in pari tempo la sua prima e più importante funzione , che è quella di migliorare le condizioni dei lavoratori ; salvo non si voglia fare del sindacato un semplice materiale per il rifacimento dello Stato su basi tecnico - professionali . Allora il potere non emanerebbe più dal popolo indistinto , ma uscirebbe dai sindacati professionali di tutte le classi e professioni : tanti ingegneri , tanti medici , tanti professori , tanti meccanici , tanti agricoltori , e così via . Tutt ' al più , oltre alla rappresentanza diretta dei sindacati " aclassisti , " quella Camera o quel senato , che fosse chiamato a funzionare da potere legislativo , potrebbe essere completato da un certo numero di membri nominati a vita dal governo . Contro simili tesi si levano due categorie di oppositori : coloro i quali non ammettono che i sindacati debbano assumere funzioni rappresentative di carattere politico , e coloro che vorrebbero inserire i sindacati nel tessuto dello Stato , senza , però , distruggere la base democratica di questo . Alfredo Poggi appartiene alla prima categoria . Secondo il Poggi , l ' attenzione dei politici e degli studiosi sulla trasformazione dello Stato politico in una gerenza sociale sarebbe stata richiamata in particolar modo , dopo l ' armistizio , tanto dalle notizie sull ' ordinamento russo ( che pareva tutto imperniato sull ' azione politica dei sindacati ) , quanto dalla nuova costumanza dei " Consigli di fabbrica , " come organi anche di controllo . I motivi che il Poggi adduce a dimostrazione della fallacia dei progetti sindacalisti sono principalmente dedotti dalla passata esperienza . I sindacati si sarebbero fin qui mostrati incapaci di allargare le proprie vedute fino all ' interesse generale ; talché , in Russia , per esempio , si ravvisò presto la necessità di immettere negli organi corporativi anche rappresentanti puramente politici per impedire il particolarismo sindacale . Né può accadere diversamente precisa Alfredo Poggi dato lo scopo ristretto per cui il sindacato è sorto e ha avuto sino ad ora ragione d ' essere ; le abitudini mentali non si possono certo mutare in un " fiat . " Se esso potrà quindi essere organo adatto per dar consigli tecnici e per proporre leggi tecniche allo Stato , dall ' altro lato sarà , per la stessa sua natura , impreparato a formulare leggi , a fissare diritti , a porsi cioè da quel punto di vista universale , da cui il legislatore giudica o ... dovrebbe giudicare . Le competenze sindacali , se saranno assunte a funzione politica , faranno pure una politica , ma la " loro " ; mentre il partito politico , che parte da finalità universali e trascende , se non è fazione o consorteria , l ' interesse particolare , pur servendosi dei consigli dei competenti , è più adatto a dare delle questioni la soluzione " politica , " nel senso etimologico della parola , cioè interessante la generalità dei cittadini . ... La cellula attiva della collettività sociale è pur sempre l ' individuo sociale con i suoi bisogni e i suoi sentimenti politici , l ' homo politicus di Aristotile , anziché la corporazione , la quale nel suo fine non contiene , ( come contiene , per esempio , la famiglia ) , l ' uomo nella pienezza della sua natura morale ; ma tende alla soddisfazione di un preciso e limitato scopo , che è poi il mezzo per il fine vero , per quello morale ... Se lo Stato , per riconoscere la " società , " dovesse solo riconoscere queste corporazioni economiche , finirebbe col non riconoscere la vera , la concreta cellula del suo organismo , che è l ' uomo nella pienezza della sua vita sensitiva e spirituale e non l ' astratto individuo , né il non meno astratto homo oeconomicus . L ' uomo , che , come tale , tende a trasformare lo Stato , non è l ' uomo sindacato , che , come tale , ha un limitato scopo utilitario , ma l ' uomo politico , organizzato cioè nei partiti politici , detti dal Jellineck necessari , che ispirano la loro condotta ad una concezione universale della vita sociale . Uno Stato dei sindacati ( che poi sarebbe lo Stato dei sindacati maggiori , con sacrificio di quelli minori ) dovrebbe essere uno Stato come ... gli altri , dovrebbe cioè fare della politica come gli altri ; per guardare ai gruppi e non agli atomi , costringerebbe forse ... Dante ad iscriversi nell ' arte degli speziali , per valer qualcosa ; ma ridurrebbe la sua politica ad una piatta , materiale e utilitaristica routine amministrativa . Noi però non condividiamo tutta la sfiducia del Poggi verso il sindacato , o , per dir meglio , tutta la fiducia che egli ripone nei partiti politici . Quello dell ' inserzione dei sindacati nella costituzione politica dello Stato è un problema che va considerato in rapporto allo Stato capitalistico ed in rapporto alla società socialista . L ' esperienza della Russia non è decisiva perché in Russia il sindacalismo politico è tramontato col tramontare del comunismo . Alfredo Poggi ha ragione se e finché allude al sindacato presente . In regime capitalistico il sindacato è necessariamente un ' organizzazione a scopi limitati e particolari . Il sindacato non si forma , evidentemente , per decidere se lo Stato debba essere laico o confessionale , oligarchico o democratico , militarista o pacifista . Ove si prefiggesse scopi di questa natura , verrebbe a mancargli la base dell ' esistenza , dappoiché i membri di una società non hanno bisogno , per risolvere siffatte questioni , di schierarsi in sindacati professionali distinti . A ciò sono senza dubbio più adatte le formazioni di partito , le quali permettono agli individui di schierarsi secondo le proprie convinzioni e non in vista di difendere i loro particolari interessi professionali ed economici . Noi , però , non ci sentiamo di trarre da questa premessa tutte le illazioni che ne trae il Poggi ; noi non assegniamo ai partiti tutte le virtù universaliste che il Poggi loro assegna , sia pure con la riserva che non diventino fazioni o consorterie . L ' individuo , cioè la cellula attiva della società , non sparisce nel sindacato più di quanto non sparisca nel partito ; il partito può diventare particolarista come ogni altra forma di organizzazione . Le burocrazie politiche sono anch ' esse soggette a trasformarsi in sindacati misti per il monopolio e lo sfruttamento del potere politico ; laonde la vera universalità si dovrebbe cercare nella mancanza assoluta di ogni privata organizzazione , nel rapporto diretto fra lo Stato e il singolo individuo . E , poiché non si può pretendere che i membri della società cessino dall ' associarsi liberamente in vista di fini particolari , così pensiamo che il sindacato possa servire da utile contrappeso alla influenza dei partiti politici . Del resto , la più bella prova che il sindacato assume un ' importanza sempre più decisiva nella vita delle nazioni è data dal fatto che tutti i partiti cercano di appoggiarsi ai sindacati per valere qualche cosa . Le formazioni politiche sono sempre effimere e transitorie , mentre l ' organizzazione di classe è stabile e permanente . I sentimenti umani sono mobili e cangianti come la moda , ma le classi , che si evolvono lentamente , hanno ben altra consistenza e stabilità , e le filosofie politiche stanno alle classi come l ' abito al corpo . Detto questo , siamo i primi a riconoscere che , in regime di lotta di classe , il sindacato non può assumere vere funzioni politiche . Non lo può perché come il Poggi giustamente osserva se ha da compiere la funzione tecnica , non può compiere simultaneamente anche quella politica ; la politica dei sindacati , in regime proprietario , rischierebbe di essere la politica dei grandi sindacati . È troppo evidente che la politica generale non può essere fatta con degli organismi a base di rappresentanze paritarie di classe , come sono tutti gli organismi del lavoro creati dallo Stato moderno . Se la classe operaia accettasse una tale soluzione , precluderebbe a se stessa la via al proprio definitivo avvento . E fuori da questi organi paritari , i quali funzionano ottimamente finché attendono a mansioni di carattere tecnico , non si vede troppo quale altra funzione politica possa essere riservata al sindacato , ossia come questo possa essere inserito nel parlamento di un paese . Si è accennato in questi ultimi tempi alla possibilità di dare una rappresentanza ai sindacati , come tali , nell ' Assemblea legislativa , come si è parlato del doppio voto : il professionale e il politico . Ora , il voto professionale è già in uso ( vedi il caso dei probiviri ) ; può essere dunque questione soltanto di farne una più larga applicazione aumentando gli istituti operai ; e , del resto , nulla impedisce ai sindacati , in regime democratico , di entrare nello Stato seguendo le vie normali del suffragio individuale . Gli inglesi hanno risolto magnificamente il problema : nelle unioni di mestiere fanno la politica dei miglioramenti salariali , ma con le unioni di mestiere fanno la politica nazionale ed universa . Le unioni di mestiere inglesi non hanno mai chiesto di essere ammesse , come tali , nell ' Assemblea legislativa ; ma le unioni inglesi si sona immesse da se stesse nel parlamento politico creando un organismo " ad hoc " il partito del lavoro , al quale , naturalmente , l ' aderire non è obbligatorio né per tutte le unioni , né per tutti i soci di una stessa unione . Libertà per i politici come per gli apolitici . Sindacalismo di classe e socialismo . I sindacati liberi , senza distinzione di tendenza , guardano tutti al socialismo come ad una meta ideale ; e in ogni loro atto si trova espressa questa loro fiducia in un profondo rinnovamento sociale . Le conquiste parziali sono sempre collegate , nella loro mente , al fine ultimo , che usiamo chiamare convenzionalmente " socialismo " o " comunismo " o " collettivismo , " cioè un fine che per essi significa liberazione dalla servitù economica . I confederalisti professano la teoria generale della socializzazione , senza per ciò credere che si debba forzare l ' economia rispetto a quei rami di attività che non si prestano o non sono maturi per tale trasformazione . Essi seguono , in materia , le direttive tracciate dalla grande maggioranza dei sindacati aderenti alla Federazione internazionale di Amsterdam . Secondo la scuola inglese , quando le industrie sono giunte ad uno stato di monopolio ( trust ) o di quasi - monopolio , il principio della nazionalizzazione vi deve essere applicato . Quanto al modo della gestione pubblica , essi ritengono che lo Stato debba bensì essere il proprietario dei mezzi di produzione , ma non per questo il sistema di lavoro deve essere accentrato nelle mani dei funzionari dell ' amministrazione civile . Quando lo Stato si interessa seriamente agli affari industriali , è costretto ad avvalersi di ben altro che di associazioni politiche o di gruppi che funzionino politicamente . Esso , allora , tratta come un mandatario della società , e per il successo del suo mandato deve chiamare in aiuto le associazioni ed i gruppi che sono interessati alla esecuzione del mandato , così come il consumatore è interessato ai risultati del medesimo . Man mano che l ' idea della socializzazione impone nuovi compiti e nuove responsabilità allo Stato , questo deve adattarsi ai nuovi doveri di amministrazione , perfezionando ed estendendo la propria organizzazione . La burocrazia scrive il Mac Donald è amministrazione di uomini dotati di autorità statale , investiti dell ' ufficio di funzionari dello Stato ; essa presuppone che la direzione non attinga la sua autorità dal basso e dal rapporto con gli affari che controlla , ma dall ' alto , dal potere generale e sovrano dello Stato . Il pubblico controllo è invece un ' amministrazione retta da persone , la cui posizione , la cui autorità proviene dalla organizzazione nella quale operarono . Mentre questi si elevano all ' autorità , il burocrate discende con l ' autorità . I primi sono nel sistema e per il sistema , il burocrate è sopra il sistema e fuori di esso . Nulla indica sino a questo momento che lo Stato sia prossimo a sparire , per lasciar posto ad una semplice gestione amministrativa , come Marx prevedeva , o per essere assorbito , in ciò che ha di immanente , dai sindacati , secondo la concezione soreliana . L ' esperimento russo è lungi dal confermare siffatte previsioni e concezioni . Lo Stato si evolve , ecco tutto . Allo Stato borghese succede lo Stato operaio . Questi due Stati sono necessariamente diversi nella loro costituzione e natura . Il primo è essenzialmente politico , e le sue attribuzioni sono ridotte ai minimi termini ; il secondo è essenzialmente economico - industriale , ed implica una struttura assai più complessa . Il governo della classe operaia si concreta nel governo della produzione . L ' importante non è , dunque , di inserire il sindacato nell ' impalcatura politica borghese , bensì di inserirlo nel tessuto economico della società . A questo si perviene per vie diverse . Vi sono cooperatori i quali pensano , per esempio , che si possa giungere all ' abolizione del sistema del profitto riorganizzando dall ' interno l ' economia mediante la cooperazione . Se la grande massa dei consumatori poveri cessasse dall ' acquistare i prodotti dai privati commercianti , questi verrebbero automaticamente eliminati dal processo di distribuzione ; ed , una volta che l ' organizzazione dei consumatori è divenuta potente , essa può assumersi anche la gestione della produzione . Sarà questa una concezione unilaterale ; a un dato momento i cooperatori si troveranno di fronte a difficoltà quasi insormontabili , e dovranno ricorrere ad altre forme d ' azione per conseguire interamente i loro scopi . Tutto ciò è verissimo , ma non si può negare che la trasformazione del sistema capitalistico si effettui mediante l ' inserzione del principio sindacale nel tessuto economico delle nazioni . A fianco di questa azione indipendente , si può sviluppare quella che tende a dare agli operai un ' ingerenza nell ' azienda capitalistica , e il preferire l ' una o l ' altra non dipende che dalle circostanze . Certo è , però , che tutte queste forme d ' azione e d ' organizzazione conducono ad un risultato unico : la gestione pubblica . I modi e i limiti della socializzazione non si possono determinare a priori . Tutti i piani prestabiliti sono destinati a subire nella pratica profonde modificazioni . Val quanto dire che il socialismo non è un modo di vita , un ordine sociale di cui si conoscano gli schemi particolareggiati , ma una tendenza della società . Il proletariato aspira ad emanciparsi dalla servitù economica . Sua missione storica è di effettuare un ordine economico dal quale sia bandito lo sfruttamento dell ' uomo sull ' uomo . La dottrina socialista ha per funzione di orientare le masse in tale direzione . Non importa sapere ( non importa , perché non sarebbe possibile ) a quali transazioni si debba giungere col principio individualista ; l ' essenziale è non transigere in sede morale . Il sindacalismo di classe nega il capitalismo , condanna in blocco il sistema del profitto come contrario alla libertà ed alla morale , ma transige con esso quando la transigenza è necessaria . Se il sindacato da sé solo è impotente a risolvere il problema sociale , la politica , da sola , è più impotente ancora . La critica al sistema capitalistico è certamente necessaria , ma , se essa serve a modificare il modo di pensare degli uomini , non crea nulla per se stessa . I partiti , in quanto sono formati da un insieme di critici e di dialettici , potranno stilare formule perfette , ma esse rimarranno senza effetto pratico se non troveranno l ' ambiente adatto a tradurle nella realtà . La crisi delle tendenze è precisamente la crisi del vuoto . La trasformazione sociale è innanzi tutto un problema di organi , di funzioni , di capacità . Il movimento operaio elabora dentro di sé questi organi , queste funzioni , queste capacità . Il sindacalismo di classe è una prassi volta a effettuare la democrazia del lavoro . Torna quindi l ' antica conclusione : il movimento sindacale e il movimento politico hanno pari importanza e sono ugualmente necessari .
Paure ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Non è la prima volta che gli italiani si precipitano compatti a destra , osserva su « La Stampa » Norberto Bobbio , ricordando che anche nel 1948 la grande paura della sinistra portò a quel voto democristiano che ci avrebbe condizionato per mezzo secolo . Anche altri hanno scritto di questa paura della sinistra che continuerebbe a far tremare le masse . Nel 1994 paura dei progressisti , cavallo di Troia dei comunisti ? Stento a crederlo . Nel 1948 l ' Urss era uscita dalla guerra come grande potenza , che , dopo aver fermato i tedeschi all ' Est e ripreso Berlino , aveva il controllo su Polonia , Cecoslovacchia , Ungheria , Romania , Bulgaria , per un poco la Iugoslavia e i paesi baltici . La minaccia sovietica era assai minore di quel che si dice , per le disastrose condizioni nelle quali l ' invasione tedesca aveva lasciato l ' Est e perché Yalta aveva fermamente determinato le aree di influenza a favore della intatta potenza militare ed economica americana ; ma si poteva temere , almeno in Italia e in Francia , una egemonia dei partiti comunisti . Erano diventati forti nei fronti popolari , avevano praticamente diretto la resistenza , il fascismo faceva orrore , una ventata di sinistra spolverava gli scaffali della vecchia Europa . Ma nel 1994 ? L ' Unione Sovietica non esiste più . Le grandi potenze che si affacciano nel mondo , Germania e Giappone , sono per i borghesi del tutto rassicuranti . Minacce di armate rosse non se ne vedono . Va da sé che il comunismo è morto , e in ogni caso l ' Italia sembra tutto fuorché sull ' orlo d ' una rivoluzione operaia . Nessuno mi persuaderà che chi ha votato Berlusconi , Fini e Bossi lo abbia fatto per timore della dittatura del proletariato . Per timore di espropri , nazionalizzazioni , comandi operai in azienda . Quel voto massiccio del triangolo industriale non è un voto « contro » la sinistra , è un voto « per » la destra . Nella sinistra non credono più perché pensano che ormai padroni , capitale , Europa dei tedeschi che l ' hanno fatta , la società è diretta dai più ricchi e più forti , la competitività è selvaggia attorno a una torta non sufficientemente vasta e da dividere fra tutti . Il Nord non ha votato per la democrazia e l ' Occidente , ha votato per sé . Ha detto addio al « vecchio sistema politico » perché « assistenziale » e ha affondato Martinazzoli e Rosy Bindi perché ancora proponevano una relativa suddivisione dei carichi . Chi ha , non intende più assistere nessuno . Se ci dev ' essere una sola Italia , sia quella di Fini , dove i poveri stanno al loro posto , i giovani non sono fannulloni , le donne stanno a casa a fungere da stato sociale . Oppure sia l ' Italia di Berlusconi , dove tutto funziona come in una squadra di calcio o un ' azienda , non occorrono le SS , basta un capo del personale ; riconosciamo che c ' è una differenza . Hanno tenuto le regioni rosse perché le amministrazioni di sinistra avevano garantito un modello produttivo di piccole e medie aziende . E il Sud - tolta Roma e la Sicilia , le più vendicative e malate - si è arroccato come poteva . Questo mi pare il senso del voto . Paura per sé in un sistema che ha un solo modello e molto rigido . Non è la classica reazione piccolo borghese . Per questa sarebbe bastata come sempre la Democrazia cristiana . Uno guarda sui grafici la suddivisione della nuova camera e vede la società dei due terzi di Glotz . E sui giornali già si profila un qualche allineamento sui vincenti , che per qualche giorno paiono incredibili alla stampa estera . E chi sarà mai , questo Berlusconi ? Non è neanche fascista come Fini , né maleducato come Bossi . Se non piace agli intellettuali , vuol dire che ha i piedi per terra , saprà far andare le cose , non spaccherà l ' Italia e la farà rigare dritta dalle Alpi a Lampedusa . Chi accetta le regole del gioco entra nel gioco , non senza trarre saporose vendette su chi non ci sta . C ' è però un tratto comune con il 1948; sta nella paura dell ' assumersi responsabilità totali su di sé , marciare sulle proprie gambe in una società terrestre di cittadini in linea di principio uguali . Nel 1948 l ' Italia non si dava , per difendersi dai comunisti , un normale governo democratico , correva sotto il mantello della Chiesa , pregando la Madonna e facendosi consigliare dai parroci . Quella del 1994 per difendersi dall ' esclusione è corsa sotto il mantello dell ' Imprenditore , facendosi consigliare dalla televisione . Non inganniamoci : Rai e Fininvest sono state identiche nell ' irridere alle « utopie » che dividono sfera politica e sfera economica , nel vantare il mercato non come regolatore dello scambio ma come regolatore dei valori , principio dell ' etica pubblica . Un intelligente amico di Milano , Italia chiedeva qualche mese fa a un invitato : ma lei crede ancora che ci siano diritti a prescindere dal mercato ? Lo domandava sul serio , lui non ci credeva più , e l ' altro si difendeva in modo un po ' cattolico . Questa totalizzazione dell ' economico è manifestamente la fine d ' una divisione dei poteri fra politico ed economico , ma con questo è anche la fine di un possibile primato della persona . L ' individualismo del mercato è quello dell ' imprenditore e solo il suo . Chi non ha capitale è macchina o merce o consumatore , non è metro sul quale si misura il modo di produrre e organizzare la propria esistenza . E qui s ' è verificato l ' incontro fra destra e postmoderno , nella riduzione dell ' io debole a privatezze che lo rendono solipsista , se ha un certo reddito , e obbediente , se non lo ha . Si tratta d ' una appena travestita regressione a prima della Rivoluzione francese . Non è un ' operazione semplice e scompagina le culture . Se il 1994 segna una data storica , è nel senso che il carisma della Chiesa ha ceduto a quello di Berlusconi . La Chiesa era tornata sulla scena politica dopo una lunga assenza per invocare l ' unità dei cattolici contro il capitalismo selvaggio e in favore di quello temperato dalla solidarietà e dai valori che vorrebbe Martinazzoli . Ma non ha funzionato , perché nessun valore ha mai temperato le scelte del capitale ; le ha moderate talvolta lo Stato moderno , e con la stessa mano sorrette , diminuendo gli attriti che il suo selvaggio procedere provocava . Forse che le politiche sul mezzogiorno non hanno fornito un esercito di riserva al Nord , e la spesa pubblica non ha permesso i bassi salari ? Per favore . La Chiesa sarà per il primato dell ' uomo , ma non per quello del cittadino . Tutta la sua storia dopo i Padri è una trattativa con i poteri per spartirsi il terreno , a loro gli eserciti e la proprietà , alla sede di Pietro la gerarchia dei valori . Ma nei momenti di impetuosa crescita del capitale , essa perde sempre . Le strade del Signore sono infinite ma quelle del capitale sembrano più sbrigative . Così l ' Italia si è scristianizzata . Non era vero che la parola partito destasse ormai in tutti una vivace repulsione . Lo credevamo a torto . Berlusconi ha parlato con orgoglio del suo partito , spuntato come un fungo : la sua rapidità di crescita , ha detto commentando il voto , dimostra come l ' Italia fervesse del bisogno di raggrupparsi , fare finalmente riunioni e dedicarsi al volantinaggio . Le mancava soltanto la sigla giusta . Anche quello di Fini è un partito , e muscoloso . E un partito è la Lega , con attivisti , congressi , funzionari e tutto . Dunque la forma partito va ancora . Va per quello che avevamo stigmatizzato come il suo maggior vizio , la centralizzazione , il potere del capo . Dunque quel che si voleva non era tanto distruggere i partiti , ma adeguarli ai soggetti postindustrialmente ruggenti . Anche il precetto dell ' onestà si è rivelato relativo , Berlusconi s ' è arricchito alle spalle dei cittadini con il Caf ? Che altro poteva fare . C ' è qualche piccolo sospetto su legami mafiosi ? Bisogna essere garantisti . Tutto è relativo . E quanto al leader referendario , l ' identificazione diretta , personale , ravvicinata fra cittadino e potere , sarà per un ' altra volta .
NOI ( CENERINI , 1927 )
StampaPeriodica ,
... Non è più il Goliardo Fascista il giovane privo di spina dorsale e di tutto ciò che è romanamente maschio ; quello che ha quasi l ' orgoglio di sentirsi già vecchio , l ' ipercritico e l ' ironista che tutto vede con pessimismo e tutto distrugge senza creare nulla ; colui che ricerca disperatamente tutto ciò che è più raffinato e snobistico , e non sa gustare la bellezza delle vie più semplici assegnategli da Dio : colui che non sa tendere la sua vita a nessun Ideale perché tutti gli Ideali ha abbassati ad uno stesso zero comune , e della vita non conosce nessun entusiasmo ; colui che non sa riconoscere , nemmeno in sé stesso , alcuna disciplina ; colui che anche come studente vale perfettamente nulla in quanto sa già a quale posizione l ' abbia destinato la magnanimità della loggia ... paterna . Non è neppure il Goliardo Fascista lo studioso di professione , quello che dice sempre : " sì " , che non fa che ingoiare libri su libri senza saper trarne alcuna idea ; quello che non sa concepire la scuola altro che come un campionato di sollevamento pesi ; quello che noi bolliamo , fotograficamente , col nominativo di " secchia " ... I Goliardi , come il Duce vuole , studieranno sui loro libri e sapranno trarre dalla Scuola tutto quanto essa potrà dare , con la segreta speranza che le Università vadano sempre più avvicinandosi alla loro anima fascistissima , e che detti libri siano sempre meglio aderenti alla vita d ' oggi : così prepareranno le loro menti ad occupare con piena consapevolezza i posti dirigenti nell ' Italia , immancabilmente più grande e più potente , di domani . Ma i Goliardi sapranno anche , sempre , temprare le loro volontà nella gioia d ' imbracciare i loro moschetti , preparando il fisico e la coscienza nella sana e virile disciplina del glorioso Grigio Verde , e , compatti nelle loro Centurie , sapranno sempre offrire al Duce , per quelle mete che essi sentono , e ch ' Egli solo conosce , gioiosamente , come per il passato , la loro giovinezza . Al Libro ed al Moschetto , con Lui , e per la Patria , tutta la nostra vita . Goliardi Fascisti , " A Noi ! "
Destra e sogno ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Neanche dopo una travolgente ondata elettorale abbiamo una destra che riesce a essere presentabile , o almeno capace di sembrarlo come nel resto d ' Europa . Ne abbiamo tre lacerti impossibilitati al compromesso e trascinati in una zuffa per il primato alla fine della quale almeno uno resterà cadavere sul terreno . Gli opinionisti dell ' ex centro vorrebbero che fosse Bossi , quelli dell ' ex sinistra preferirebbero Berlusconi . La testa di Fini non la chiede nessuno , perché per ora si tiene defilato alle spalle del cavaliere . Non sorprende che in Italia non sia agevole per la destra darsi espressione politica coerente . Fino a ieri l ' altro è stata fascista , poi democratico - cristiana e poi democristian - socialista , e tutte e tre sono finite indecentemente . Né va da sé un riproporsi sotto forme fasciste nell ' Europa del 1994 : per questo , si suppone , Vittorio Foa o Norberto Bobbio ritenevano finita la funzione dell ' antifascismo e Lucio Colletti garantiva l ' innocuità di Fini . Con qualche imprudenza , perché un grosso voto fascista apre la strada a uno Stato manganellatore , e non è detto che se la crisi sociale si acutizza esso non torni utile : dopo una prima perplessità , « Le Figaro » invidia all ' Italia un governo che saprebbe rispondere meglio di Balladur ai disoccupati e ai giovani in piazza . Né è facile tornare democristiani malgrado le preghiere dei vescovi . Nelle pentole scoperchiate da Mani pulite è esplosa l ' unità politica dei cattolici , metà dei quali si sono consegnati al signore degli spot , subito seguiti da metà della Chiesa . Un partito cattolico doveva essere interclassista e per l ' interclassismo spazio non ce n ' è più . La domanda più interessante è perché da noi non si sia mai formata una destra moderna e liberale . Einaudi fu presidente più per stima che per convinzione , Malagodi restò poca cosa , inutilmente Pannunzio , Scalfari e Ad hanno coltivato i fragili La Malfa o Segni , o qualche altro si è illuso su boccioli presto degenerati , tipo Martelli o i radicali . È dall ' epoca di Beccaria che una borghesia puritana e industriosa , una cultura conservatrice e liberale non abitano qui . Qui abita in Bossi , sola novità , l ' eredità della incompiutezza capitalistica del paese . Essa riflette anche nei nostri confini la nuova divisione del mondo , non più fra capitalismo e socialismo , fra Stato e Stato nazionale , ma fra zone forti e zone deboli . Perciò Bossi è altro da Fini e Berlusconi , e venderà cara la sua pelle . Quanto a Berlusconi , è la sinistra sconfitta a vedere in lui un capitale nazionale a statura europea , piuttosto che le banche continentali che ne conoscono i conti . E Fini , sarà tanto se al parlamento europeo qualcuno non chiederà di metterci fuori dalla Comunità , se lo portiamo al governo . Già Ciampi ha avvertito che gli dorrebbe di essere stato Facta . Mentre la destra insegue se stessa , gli intellettuali di sinistra inseguono i sogni . Pensare che erano stati severamente ammoniti di tornare a terra , smetterla con il messianismo , le utopie , le chimere del socialismo e , Dio non voglia , comunismo . Massimo Cacciari confida a « Repubblica » che se i progressisti non ce l ' hanno fatta è solo per via dell ' immagine : alla faccia nuova e seducente di Berlusconi non hanno opposto che quella nota e poco amena di Occhetto . Ma quel che in Cacciari suona ancora come un certo disprezzo per le élections piège à cons , in molti nostri amici diventa filosofia e la confidano al « Cerchio quadrato » . Il « polo della libertà » ha vinto , scrivono domenica scorsa , non perché prometteva occupazione e meno tasse , ma perché , come Ariel nella Tempesta , liberava la fantasia , dava voce alle pulsioni del profondo , esprimeva spinte esistenziali . La mancanza della sinistra non è stata di idee , per non dire di progetto ( tediosissima parola ) ma di miti e di sogni . Soprattutto di sogni , perché il mito ha un suo qualche spessore e durata , talvolta ha a che fare con il logos , il razionalismo , l ' illuminismo , l ' assolutismo laico che ci hanno malefiziato finora . I bisogni , come dice la parola stessa , sono in gran parte fatti di sogni . I progressisti non l ' hanno capito e ci hanno inondato - basti pensare alle loro prestazioni televisive - di concretezza e materialità , antico vizio da modernità perdente . Non che le cosiddette questioni sociali siano irrilevanti , ma quel che conta sono le vie esistenziali del malessere , che dipendono dall ' immaginario . La tv ammonisce il nostro bieco economicismo che non è l ' essere a determinare la coscienza ma viceversa . All ' anima . Non l ' avevano capito neanche i francofortesi , e Dio sa quanto diffidassero dalle trappole . Ma sono poi trappole ? Le mie amiche della differenza lo chiamano ordine simbolico , insistono che è decisivo , ma talvolta scordano che gli ordini simbolici non si inventano , non si autolegittimano , non vanno in parallelo agli ordini reali , ne sono una proiezione e tendono a eternarli . E quindi non si abbattono per dichiarazione . Un ordine simbolico diverso presuppone o impone ordini sociali diversi . In questo senso è vero quel che altri scrive : che non è più tempo di disvelamenti . Tutto è disvelato nella sua serializzazione e mercificazione , ma ambedue sono accettate . Finiamola di credere che la gente non sa quel che vota . Ha votato Berlusconi non perché appariva favoloso , ma esattamente quel che è , un padrone lombardo furbo che ce l ' ha fatta con il Caf e dopo . Da soli gli italiani non pensano più di farcela , se mai l ' hanno pensato . Questa è la miseria , e miserabilismo è lo starci . Fuggendo nell ' immaginario e affidando alla genetica vocazione antiautoritaria del mercato di regolare le cose per noi , spazzando le escrescenze patrimoniali del potere , che dovrebbero mettere in contraddizione il Berlusconi profittatore di regime con il Berlusconi liberista e garantire la società « sana » . Sana come la Mosca di Eltsin ... ma via , prendiamo il meglio , la Germania , il Giappone , il Sudest asiatico , New York , Messico . Che il mondo sia ammalato e si aggraverà se non cambia un sistema fondato sulla competitività , si dice oggi correntemente a Bruxelles e alle Nazioni Unite . I progressisti invece ne dubitano , e sono pronti a battersi il petto perché sugli spiriti libertari del mercato sarebbero stati messi lacci e lacciuoli , e sui lavoratori troppe provvidenze . Basterebbe che la gente desse retta alle proprie domande immateriali invece che a quelle di salario , magari autoledendosi per un po ' , e tutto si aggiusterebbe . Come dice il Fondo monetario internazionale . Cari amici , perdiamo perché siamo incantati dall ' avversario . Di che materia sarebbero fatti i nostri sogni se è stato un abbaglio credere di dovere e poter cambiare questo mondo ? Su che cosa fonderemmo una comunità altra , se già sono garantite da questa le ragioni della libertà ? Se non è questione di vita o morte per sette degli otto miliardi di persone che fra un po ' siamo , e ormai per un margine crescente delle nostre periferie ? Non si fa politica senza necessità . Non è un optional . Se le cose vanno da sé e in fondo non tanto male , facciamo a meno della sinistra o almeno non prendiamola sul serio . Perché tanta enfasi ? Sembra sempre che cada il mondo e invece abbiamo solo i fascisti di ritorno . Enrico Ghezzi ha fatto vedere a Fuori Orario , la notte prima del voto , Tre inni a Lenin di Dziga Vertov . Curiosa scelta e bizzarro prodotto . Girato negli anni venti , montato nel 1934 - alle spalle di quel Congresso dei vincitori del cui Comitato centrale sarebbero rimasti vivi in una dozzina - e rimontato con musiche orrende negli anni settanta . Le immagini bellissime parlano di un sogno . Mio , dice la gente , tutto mio . La mia terra , la mia fabbrica , la mia elettricità , il mio libro , il mio potere . Mio di lui , mio di lei . Mio di tutti . Neppure la grondante retorica delle scritte non so quando sovrapposte offusca questo sogno dei sogni , cui abbiamo rinunciato non per troppa scienza . Per troppa paura di vedere che cosa è stato , dove e perché s ' è spezzato , gli giriamo attorno , coltiviamo risentimenti e oblii .
LA FUNZIONE DI FARINACCI ( PELLIZZI CAMILLO , 1925 )
StampaPeriodica ,
Farinacci non è là per caso . Non è il prodotto di un ' infatuazione momentanea di folle inconscie , non è stato messo a capo dell ' organizzazione del Partito per intrighi d ' anticamera o di corridoio . È il sintomo di una situazione ed è il rimedio contro un male . Bisogna pur farsi tutti una ragione del fenomeno Farinacci . E per farsela bisogna tornare alla crisi Matteotti ed ai sei od otto mesi che l ' hanno seguita . Era nell ' opinione di molti , di moltissimi anche amici del Fascismo e iscritti al Fascismo che il Fascismo costituisse l ' improvvisa ed occasionale reazione contro una malattia acuta ed improvvisa : la reazione alla crisi del dopoguerra . Ma che , dopo il Fascismo ( lo definivano " uno stato d ' animo e basta " ) , dovesse risorgere a nuovi splendori lo stato costituzionale sulla base di prima , sul tipo di prima , ma rafforzato da questa grande lezione storica apportata dal sacrificio di tante giovinezze ... L ' alone di popolarità che aveva accompagnato il Governo fino ai giorni del delitto Matteotti si era in gran parte dissipato ; e le maggioranze parlamentari erano infide e franose come tutte le maggioranze . Ma nessuno se la sentiva di gettare il paese , nuovamente , nella geenna di una situazione insurrezionale ... Nessuno : tranne alcuni pochissimi capi fascisti e la maggioranza dei loro giovani gregari . E questo fu il cardine della salvezza . Giovanni Gentile presidente della Commissione dei Diciotto , Roberto Farinacci segretario generale del Partito , erano i due esponenti della via d ' uscita che l ' esperienza terribile aveva indicata : riforme costituzionali e un rassodamento del Fascismo guerriero . Farinacci rappresentava , nel senso più tipico e non peggiore , il più focoso rassismo provinciale . Era l ' esponente dello spirito mimetico , bellicoso e intransigente dei ranghi . E poiché erano i ranghi che in questo caso avevano ridato forza e possibilità di azione alla testa , bisognava rialzarli ai loro stessi occhi e in pari tempo garantirne la disciplina più seriamente che per il passato . Per far questo occorreva un generale venuto su ( e non v ' è ingiuria nel dirlo ) dalla bassa forza , un generale che conservasse tutto lo zelo candido e le capacità spicciole di esecuzione immediata di un buon sergente di truppa . Di un uomo disposto a prendere per il petto gl ' indisciplinati , e capace di risolvere le intricatissime beghe locali senza troppe sottigliezze e amletismi , ma con brusca e sia pur rozza praticità . In tutto ciò che s ' è detto si riassume in gran parte la funzione di Farinacci . Egli è a capo della organizzazione di partito per disciplinare più profondamente le file , per potenziare lo spirito intransigente violento e combattivo della massa , e per essere , dentro e fuori del partito , un minaccioso cane da guardia di tutto quel complesso di provvedimenti e di riforme , legislative e costituzionali , nelle quali debbono ormai avviarsi a prender corpo quegli istituti dello Stato Fascista la cui necessità si è maturata più chiaramente nella coscienza della classe dominante nuova . E più ancora la funzione di Farinacci dovrebbe risaltare per il Mezzogiorno . E ’ ormai chiaro che in moltissime zone del Mezzogiorno non esiste fascismo contro antifascismo , ma esistono gli ideali nazionali del Fascismo di fronte alle solite vecchie congreghe locali e a certi inveterati abiti mentali e pratici di quelle popolazioni ... E ’ da Roma che si deve disciplinare , come una massa sempre più compatta , il fascismo meridionale , e muoverlo come un ' unica e irresistibile catapulta contro tutti i piccoli e grandi interessi locali contrastanti ad un interesse più generale ; la lotta aspra e lunga per la conquista del Mezzogiorno ad un ordine di vita politica e sociale assonante con tutto il resto d ' Italia dev ’ essere organizzata e capeggiata da Roma ... E ’ una conquista che colle parole non è riuscita : occorre gente capace di fatti . E noi crediamo che l ' on . Farinacci , se rivolgerà sempre più attentamente la sua attenzione a questo problema , sia più indicato di molti altri a risolverlo . Con ciò sarebbe anche finito il discorso , se non esistesse pure il rovescio della medaglia . Un uomo come Farinacci , ad esempio , tende a eliminare la dialettica interna del movimento : a casermizzarlo . Per alcuni mesi dopo il suo avvento , tutti gli spiriti più studiosi e riflessivi del Fascismo si trovarono nella necessità , se non altro per necessità di amor proprio , di tacere ed eclissarsi . A lui appare facilmente come indisciplina ciò che invece è un vitale contributo di riflessione e di critica . E ne può derivare uno stato di cose di cui non si avverte il male per il presente , ma che cova grosso veleno per l ' avvenire . Uno stato di inaridimento spirituale , da cui presto o tardi dovranno svilupparsi forme disastrose di aridità e inefficienza pratica . E così abbiamo detto il male e il bene , per amore di sincerità e di chiarezza . Al male si potrà rimediare assai facilmente . E quanto al bene , ciò che ha fatto e farà il Segretario Generale deve rimanere come un suo titolo perpetuo alla riconoscenza dei veri fascisti , anche quando la rivoluzione in corso lo abbia , come dice egli stesso , divorato . Sarà un divoramento metaforico in tutti i casi ; eppoi vogliamo liberarci da questa inclinazione servile a piaggiare gli uomini in auge , per poi dimenticarli o disprezzarli quando sono caduti .
Televisione ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Che in nessun paese un solo signore possieda tre canali più tre è certo . Che nessuno se li tenga quando diventa presidente del Consiglio , è certo . Che Berlusconi venne vide e vinse perché possiede tre più tre canali tv , è meno certo . Se lo fosse , non si capisce perché nel 1963 quando la Rai era tutta ferreamente democristiana la Dc perdette . E invece la sinistra , che in due mesi di campagna elettorale ebbe sei volte dieci minuti di spazi spaventosamente autogestiti , più il messaggio finale fra gli altri , andò avanti . Come media non aveva che « l ' Unità » e 1'«Avanti ! » , maldestri fogli e foglietti che risfogliati sembrano ancora più distanti dalla tv di Bernabei di quanto oggi i quotidiani siano dal video . Eppure quella tv unificò la lingua ma non la testa degli italiani . Il fatto è che la testa si formava anche su altro , la mediatizzazione non era la sola forma di socializzazione , o il suo sostitutivo . Qualche milione di persone si era fatto cittadino nel reticolo dei partiti e sindacati , e sì , anche delle parrocchie , era divenuto soggetto nel confliggere delle idee e delle identità sociali , scoperto e agito nel luogo di lavoro in città o nelle campagne in naufragio . Per poco che contasse quel cittadino parlava , chiedeva , protestava , si univa ad altri , si faceva un giudizio . Aveva una idea di sé che comparava con altri , che gli erano noti e meno noti , dalla fabbrica alla scuola alla cascina al comizio alle prime lotte di strada . Esercitava un frammento di potere del quale aveva qualche frammento di pratica . Accendeva il televisore accanto o dopo una esperienza politica ravvicinata che fungeva da filtro . Sapeva distinguere l ' immagine dalla realtà , metterle a confronto , e divorava immagini senza rischio di una perdita di sé . La pervasività della tv non sta dunque nella diabolicità del mezzo , sta nell ' essersi fatto il cittadino non più che spettatore , atomo e quindi unidimensionale , senza altra idea di sé che quella ricevuta dal video e i suoi annessi , e docilmente rinviante al video lo stesso comando che quello gli suggerisce , per cui l ' uno riflette l ' altro all ' infinito . Faremmo meglio a chiederci perché è avvenuto . Negli anni settanta avrebbero avuto un bel cantare , Berlusconi e Fiorello . La tv non ci ha espropriato , ha riempito un vuoto di un altro esproprio . Autoesproprio . La sinistra parlamentare non ha predicato che la politica moderna era consenso , e quella extraparlamentare , uomini e donne , che della politica se ne aveva abbastanza ? Non hanno tutti accettato che il partito fosse leggero o non fosse ? Ma che vuol dire leggero se non ridotto a comitato elettorale addestrato a fornire immagini suggestive ? Il partito leggero espropria la sua base della stessa possibilità d ' una esperienza politica magari elementare ma diretta . Compreso il come del finanziamento : non le case del popolo e i festival fai - da - te dei pesanti partiti operai e popolari furono costruiti dalle tangenti , ma il leggerissimo Psi . La famelica Dc di Milano ai tempi di Mongini non aveva neanche diecimila iscritti . Quando Mario Segni dichiarò , con la lungimiranza che lo distingue , che politica altro non doveva essere che fiducia negata o data ogni quattro anni dal singolo al deputato della sua circoscrizione , non solo riduceva l ' Italia del 1994 all ' Inghilterra del circolo Pickwick , ma riduceva la formazione della coscienza politica a cosa tanto fragile , che basta un soffio a volgerla da una parte all ' altra , ed egli per primo ne ha pagato il prezzo . Quando nel plauso generale Orlando ha distrutto i consigli comunali , ha deprivato il paese e anche la sua causa di decine di migliaia di persone che avevano un ' idea di che significa amministrare una società complessa . In pochi anni tutto il tessuto politico - sindacale - sociale è stato concordemente demolito , da destra e da sinistra . È a quel punto che gli italiani sono diventati carta assorbente . Può esserci una televisione di sinistra ? I francofortesi e per ultimo Enzensberger dicono di no : la tv , come tutte le immagini in movimento , induce suggestioni più che pensieri , imponendo tempi e scansioni alla ricezione , mentre il lettore si dà tempi e scansioni suoi . Una distanza che gli permette di accogliere o rifiutare . Lo sanno Placido e Guglielmi , grandi lettori e sostenitori del libro colto per chi si presume dotato di intelletto , e dello schermo incolto per il telespettatore , che si presume mediamente debole . Chi amministra le immagini gioca su questo , sia nel messaggio esplicito sia in quello subliminale - del quale molto si parlava quando ci si sarebbe vergognati di Funari . Ma questa tv non libera l ' immaginario , gli suggerisce degli stereotipi costruiti sulla media di desideri semplificati ( denaro , successo , sesso ) e trasgressioni consentite . È questa la tecnica dei serials , che diventa obbligata anche per chi li fabbrica , come spiega Altman . E tuttavia , come dimostra Altman , non c ' è mezzo che non possa suggerire una presa di distanza dalle sue proprie trappole . Che non lo voglia fare non implica che non lo possa fare . C ' è chi lo ha fatto , Blob . Non quando ha opposto alle immagini del giorno immagini estranee , portando per mano il telespettatore a dire : ma guarda un po ' che roba , sembra un politico è invece un sedere di donna ( a destra o al centro o a sinistra usano il sesso femminile come negazione e sprezzo , stile caserma ) . Ma quando fa parlare immagine contro immagine , dallo stesso giorno e tempo e mondo , facendole dubitare di sé , cioè nel modo più antipubblicitario possibile . E usando dei moduli del mezzo , ripetitività , ossessioni . Sono Blob e qualche volta il palinsesto dell ' imprendibile Fuori orario che a volte ci accomiatano con una riflessione invece che con una suggestione . Questo sarebbe al fondo della discussione su una tv o radio « di sinistra » . Ahimé , siamo però molto al di qua del fondo . Forse che negli anni novanta è stato diverso il messaggio esplicito della Rai e delle private ? La Rai , con la coda di paglia della lottizzazione , ha forse osato dire che « pubblico » non equivale necessariamente a « statale » , stato non equivale a somma fra partiti , partito non equivale ad apparato ? Non ha osato . Ha umilmente portato acqua al mulino del privato , del governo antiparlamentare , delle corporazioni . Curzi e Santoro , come Scalfari , hanno pensato che liquidando il pubblico e i partiti , la crisi del Caf avrebbe colpito solo il Caf e la valanga si sarebbe gentilmente fermata ai piedi prima di La Malfa , poi di Segni . E invece non s ' è fermata affatto . Anche i loro argomenti avevano aiutato il parto del figlio naturale del Caf , Berlusconí , che ora li affligge , nonché la banalizzazione di Fini . Eppure l ' andamento dell ' opinione durante questo genere di crisi è scritto da Weimar in poi in lettere minacciose sui muri del secolo , e qualche riflessione sul come portare in altre acque la crisi d ' un detestato sistema si sarebbe potuta fare . Ma non l ' hanno fatta . Hanno gridato « in galera , in galera » come un tempo faceva Bracardi , mentre Corrado Augias , che oggi si duole del supermercato Fininvest , se doveva presentare a Babele un libro se ne scusava , indorando la pillola con amenità distraenti . Anche Elvira Sellerio ci fa sapere che la sola idea di far « cultura » in Rai le fa venir mal di testa . Non è che la sinistra non abbia detto . Ha detto , ha detto . Ha deciso che la gente è troppo debole per tollerare una critica - critica , e che al nazional - popolare si poteva sostituire dell ' altro che non fossero pappette sessual - popolari - antipolitiche - antipartitiche - anticomuniste . Se questa non è stata egemonia della destra , mi sparo . Tutti costoro si difendono dicendo che la tv non fa che riflettere l ' odierna realtà . Ma andiamo . E come potrebbe ? La tv , come un giornale , ne sceglie pochi sprazzi e li illumina , sprofondando il resto nel buio . È un teatro . Perché vergognarsene ? Si risponda del testo e della messinscena . Scrivo queste note appena finito il « Tg 1 » delle 13.30 di martedì . Dell ' universo ha fatto 22 notizie . Otto delitti , ma tredici scenari di morte , due guerre e una necrologia inclusi ( sarebbe interessante chiedersi perché riflettiamo l ' universo come morte ) . Poi un governo . Un fatto privato . Tre notizie economiche . Tre di teatro . All ' ottavo posto il primo risultato elettorale del Sudafrica : vittoria di Nelson Mandela , testuale : « I neri ballano » . Una sola volta la realtà ha dominato . Sulla fine di Ayrton Senna la tv non ha fatto in tempo a decidere il registro , e ha mandato in onda quel bel volto sorridente , la macchina sfasciata . Senna santo , Senna libertino , l ' accusa alla pista e agli interessi , la difesa della pista e degli interessi , che i piloti vivano , che i piloti muoiano se no che spettacolo è ? E gli stessi che piangevano « è finita la speranza di riscatto del Brasile » , e avevano pagato perché ogni volta che correva poteva morire . Niente tornava , tutto si contraddiceva , era un gigantesco Blob . Molto utile .
ALLA RICERCA DELLE NUOVE VIE ( ' CASA BELLA ' , 1928 )
StampaPeriodica ,
Il problema che affanna i cultori dell ' arte in ogni paese , in ogni campo di manifestazione estetica , è ormai maturo in sintomi e fenomeni molto evidenti in Italia e sopratutto nel campo delle arti decorative . Un campo specialissimo , nel quale non si tratta più di semplici astrazioni estetiche , di concezioni cerebrali , di tendenze tecniche , ma di nuove abitudini e di nuovi bisogni del pubblico che attendono di essere , dall ' arte dell ' arredamento , interpretati e soddisfatti prontamente . Da questa necessità di risolvere in breve tempo dei problemi ardui e complicatissimi mentre i bisogni incombenti non sono ben precisati , i desideri non definiti ed il gusto delle masse non ancora orizzontate verso linee sicure , nasce il periodo caotico , pieno di disagi e di incertezze , nel quale minacciano di naufragare la buona volontà ed i precedenti - non del tutto sfortunati - tentativi di riscatto dalla routine abitudinaria . Poiché la urgenza assillante della soluzione ha interrotto in Italia quel sereno e vigoroso lavoro di ricerche che - iniziato dai futuristi - aveva attratto nel movimento innovatore , poco a poco , buon numero d ' artisti nostri di alto valore e di provata serietà . Noi siamo i primi a riconoscere - e non da oggi certamente - come la tendenza dell ' epoca moderna sia rivolta alla semplificazione e spesso anche alla schematizzazione delle forme , assegnando alla linea ed alla bellezza intrinseca della materia quel compito decorativo che una volta chiamava a raccolta tanta orgia di fronzoli e di ornati . Ma non bisogna esagerare riducendo a povertà squallida e derelitta quella semplicità che dev ' essere la suprema espressione della eleganza decorativa , né confondere l ' austerità della linea colla monotonia uggiosa della retta , dimenticando che la sobrietà non può andare disgiunta dalla grazia . E un altro feticcio ha trovato oggi un culto troppo bigotto : la tecnica , che si vuole promuovere a scopo mentre non è che uno strumento dell ' arte . Nessuno piú di noi ha vagheggiato ed auspicato la rinascita del mestiere e della buona tradizione nell ' artigianato nostro , la cui opera si umiliò per tanto tempo , per la dura costrizione industriale , alla lavorazione in serie . Ma i fautori di certo mobile iper - moderno nel quale ogni oggetto , ogni intaglio , ogni ornamento sono banditi con intransigente rigore per il trionfo indisturbato della sola materia e della linea costruttiva , non rappresentano più la virtù e la conoscenza del mestiere , bensì dei saggi di meccanica di precisione , inesorabilmente perfetti : hanno l ' odore della macchina non della mano dell ' uomo che li abbia elaborati per l ' uomo , accarezzandoli amorosamente ... Queste correnti meccanizzatrici del mobile che si prefiggono apertamente una standardizzazione del gusto , sono accettate dall ' esempio estero , per puro omaggio alla moda , senza profondità di convinzione , senza sincerità di espressione , senza neppur uno sforzo di adattamento ad una visione personale ed al gusto nazionale . E c ' è in questa apologia della pretesa modernità oltremontana una scimmiesca voluttà di dedizione ingenua , provincialesca , desolante ... Si è cominciato a plagiare per mancanza di tempo e di riflessione e si è finito per illudersi di creare ed inventare del nuovo , ripetendo le forme esotiche assai spesso imitate dai nostri modelli dei secoli d ' oro ! Il plagio - del resto - non ha mai fecondato forme nuove e durature : ha soltanto documentato l ' immobilità e l ' impotenza , in ogni sua manifestazione ed in ogni sua mascheratura . E dal plagio è inutile aspettarsi il nuovo stile italiano . Ogni stile veramente nazionale non si riallaccia mai a suggestioni ed a maniere esotiche : si salda con un robusto anello di congiunzione ad uno stile che l ' abbia preceduto nell ' arte del popolo che lo crea . Se il secolo XIX troppo preso dalle grandi trasformazioni tecniche che hanno sconvolto il mondo e l ' esistenza umana con tante mirabili conquiste della scienza - il vapore ed il telegrafo , il campo elettrico rotante e l ' aviazione , la telefonia senza fili e la radiofonia - non ha potuto scrivere nell ' arte pagine profondissime né legarci uno stile suo proprio , il passato remoto dell ' Italia è così glorioso , così ricco , così meraviglioso da offrire mille fonti d ' ispirazione a chi lo voglia interrogare senza ricorrere alle grottesche farneticazioni avveniriste di Monaco o di Vienna né alle sdolcinature del neo - impero francese né alle rigide aridità del " Trafalgar " britannico . La salvezza è nella tradizione nostra che non è culto accademico né astrazione immobile , ma forza meravigliosa , pulsante , in continuo divenire . La tradizione italiana ha illuminato nel cammino evolutivo tutti i trionfi gloriosi delle nostre arti in ogni tempo . E deve continuare a svolgere questa sua altissima funzione , avviandoci a trovare le audaci e sicure vie della nuova arte italiana .