StampaQuotidiana ,
Difficile
che
domani
Berlusconi
alzi
le
spalle
:
«
Sono
più
quelli
che
votano
di
quelli
che
scioperano
o
manifestano
»
.
Neanche
ad
Arcore
si
possono
dire
più
d
'
una
volta
certe
sciocchezze
.
E
non
solo
perché
da
due
mesi
gli
scioperi
sono
battenti
e
diffusi
come
non
succedeva
da
quindici
anni
,
e
domani
una
folla
mai
vista
confluirà
a
Roma
,
malgrado
,
o
anche
a
causa
,
del
disastro
nel
Nord
.
Sono
dodici
milioni
in
Italia
i
lavoratori
dipendenti
:
quelli
immediatamente
minacciati
nel
lavoro
,
nel
salario
,
nelle
pensioni
.
Dodici
su
57
milioni
di
italiani
,
su
40
milioni
di
elettori
.
Ognuno
di
essi
ha
,
legate
alla
sua
esistenza
,
almeno
una
o
due
persone
.
Ma
soprattutto
,
non
sono
una
parte
come
le
altre
:
se
si
fermano
loro
,
si
ferma
la
città
,
la
regione
,
il
paese
.
È
così
oggi
e
sarà
così
domani
,
perché
anche
un
terminale
resta
inerte
senza
la
mano
e
la
testa
che
lo
accendono
e
interrogano
.
Se
si
fermano
dodici
milioni
di
altri
cittadini
,
l
'
impatto
simbolico
è
grande
ma
la
macchina
produttiva
e
amministrativa
cammina
.
Anche
se
si
fermano
gli
otto
milioni
di
cosiddetti
«
autonomi
»
;
perfino
i
fatali
camionisti
,
ce
ne
vuole
perché
da
soli
inceppino
tutto
come
farebbero
due
,
tre
,
sei
giorni
di
sciopero
dei
salariati
.
Sarebbe
la
paralisi
.
La
guerra
sociale
totale
.
Sui
salariati
se
ne
son
dette
di
tutte
,
soprattutto
che
,
in
declino
la
grande
impresa
,
erano
una
specie
in
estinzione
.
Ma
il
lavoro
salariato
resta
il
sistema
sanguigno
della
società
industriale
e
postindustriale
,
per
diffusa
e
retificata
che
sia
.
E
mentre
nel
voto
si
confondono
salariato
o
padrone
,
manager
o
casalinga
,
peso
e
potere
sociale
sono
un
altro
paio
di
maniche
.
Da
due
mesi
questo
è
tornato
a
evidenziarsi
sullo
schermo
della
società
non
virtuale
.
Sono
corpi
che
non
entrano
in
fabbrica
o
in
ufficio
,
mani
che
non
attivano
macchine
o
computer
,
non
alzano
lo
sportello
,
non
emettono
biglietti
,
non
mettono
in
moto
vagoni
,
tram
e
ferrovie
.
Mutano
,
luogo
per
luogo
,
il
ritmo
delle
giornate
,
i
meccanismi
del
quotidiano
,
l
'
uso
della
città
.
E
nei
paesaggi
metropolitani
,
dove
non
si
addensava
che
il
passeggio
domenicale
,
si
materializzano
presenze
aggregate
,
fuse
in
manifestazioni
e
cortei
,
parlanti
.
La
società
ha
ripreso
voce
,
altro
che
l
'
anonimia
dei
sondaggi
.
Sono
voci
diverse
,
domande
,
volontà
,
tensioni
,
anche
lacerazioni
,
non
riducibili
a
numeri
.
Con
costoro
in
piazza
si
tratta
o
gli
si
gettano
contro
gli
odierni
corrispondenti
dei
carabinieri
a
cavallo
.
E
questo
è
il
problema
di
Berlusconi
.
Ma
su
che
cosa
e
come
si
tratta
è
anche
il
problema
dei
progressisti
,
o
come
diavolo
si
vogliono
chiamare
.
Quel
che
vuole
Berlusconi
è
ridurre
il
peso
contrattuale
,
rendere
la
massa
dei
salariati
plastica
alla
«
competitività
»
,
in
un
mondo
dove
esiste
una
sorta
di
dumping
del
mercato
di
manodopera
,
cinque
o
dieci
volte
più
a
buon
prezzo
nell
'
Est
europeo
e
in
Asia
.
Perciò
si
vuole
che
da
noi
il
lavoro
costi
meno
,
diventi
precario
e
flessibile
,
e
a
questo
giova
l
'
abolizione
degli
ammortizzatori
sociali
.
Scuola
,
sanità
,
pensione
non
hanno
da
essere
più
un
servizio
cui
si
ha
diritto
:
devono
essere
privatizzati
e
quindi
acquistati
,
e
per
poterlo
fare
competano
fra
salariati
per
il
posto
,
concorrano
per
il
salario
,
si
scannino
gli
immigrati
.
Per
chi
resterà
a
margine
se
la
vedranno
le
Regioni
,
con
fondi
abbondanti
dove
ce
ne
sarà
meno
bisogno
,
magri
dove
ce
ne
sarà
:
questa
è
l
'
autonomia
fiscale
.
Ma
questo
modello
-
non
meniamo
il
can
per
l
'
aia
-
è
stato
accettato
dai
progressisti
,
Rifondazione
esclusa
.
La
caduta
del
Muro
di
Berlino
per
l
'
Italia
non
è
stata
la
rinuncia
al
comunismo
,
ma
a
qualsiasi
regolazione
politica
del
mercato
.
Di
qui
la
inefficacia
dell
'
opposizione
,
il
suo
prendere
di
petto
il
governo
più
sulle
regole
che
sulla
finanziaria
.
Anche
il
sindacato
ha
avuto
un
sussulto
soltanto
quando
s
'
è
visto
che
nessuno
degli
antichi
e
nuovi
patti
sarebbe
stato
tenuto
,
e
la
gente
si
è
mossa
senza
starlo
ad
aspettare
.
Non
c
'
è
futuro
accettabile
per
i
lavoratori
di
oggi
e
quelli
di
domani
,
oggi
studenti
,
in
questo
quadro
.
Non
è
una
terapia
d
'
urto
,
dopo
la
quale
come
in
passato
la
crescita
tornerà
espansione
e
sviluppo
,
seppellirà
morti
e
feriti
e
riaggregherà
lembi
allargati
di
società
.
Il
modello
competitivo
non
moltiplica
più
il
ventaglio
dei
prodotti
,
non
alimenta
più
,
attraverso
la
redistribuzione
salariale
,
il
mercato
interno
,
non
mira
più
ad
allargare
la
sua
area
:
oggi
tutti
producono
le
stesse
merci
per
la
stessa
fascia
alta
di
consumi
.
Un
mercato
saturo
,
nel
quale
battersi
a
morte
per
concorrere
a
qualità
sempre
più
alta
e
a
prezzo
sempre
più
basso
.
Che
il
mercato
oggi
sia
questo
lo
sa
qualsiasi
operaio
o
impiegato
della
Fiat
o
di
Lucchini
o
di
De
Benedetti
.
Lo
sanno
gli
economisti
.
Lo
sa
il
governatore
Fazio
.
Lo
sa
Scalfari
,
che
protesta
soltanto
per
il
prelievo
di
classe
.
Abbattere
i
salari
,
privatizzare
i
servizi
,
liberare
i
movimenti
dei
capitali
non
è
stata
l
'
unica
scelta
anche
per
i
progressisti
?
Che
propongono
,
salvo
qualche
emendamento
,
D
'
Alema
,
Buttiglione
,
Spini
,
Orlando
e
quant
'
altri
?
Sottinteso
:
qualche
sacrificio
,
poi
tutto
andrà
da
sé
.
No
,
nulla
andrà
da
sé
.
Domani
Roma
lo
dirà
.
Non
si
risponda
,
per
favore
:
buona
manifestazione
,
come
sarebbe
bello
riavere
,
al
posto
di
Berlusconi
,
Ciampi
.
Alain
Minc
,
che
ebbe
fortuna
anche
in
Italia
per
aver
firmato
con
Simon
Nora
il
primo
rapporto
sull
'
informatica
,
poi
come
brillante
manager
del
postindustriale
e
poi
meno
brillante
consulente
di
Carlo
De
Benedetti
,
ha
reso
pubblico
il
rapporto
sulle
«
Sfide
economiche
e
sociali
del
2000»
,
affidatogli
dal
commissario
governativo
del
Piano
in
Francia
.
La
tesi
è
sempre
quella
,
ma
il
bello
sono
gli
argomenti
che
la
adornano
.
Nell
'
ordine
:
la
rivoluzione
è
epocale
.
Si
è
rivelato
caduco
il
contratto
che
nelle
democrazie
europee
s
'
era
instaurato
dopo
il
1945
fra
le
parti
sociali
e
lo
Stato
:
era
basato
sulla
«
compassione
»
della
collettività
(
sic
)
,
radicata
nel
mito
dell
'
uguaglianza
,
sceso
direttamente
dalla
Rivoluzione
francese
.
Con
perniciosi
effetti
.
Ha
immobilizzato
la
società
,
ha
frenato
le
forze
produttive
più
audaci
con
lacci
e
lacciuoli
.
Oggi
occorre
un
altro
contratto
sociale
,
fondato
non
più
sull
'
uguaglianza
,
che
si
misurava
sul
diritto
di
ciascuno
,
ma
sull
'
equità
,
cioè
sulla
capacità
di
adeguarsi
al
modello
dell
'
attuale
economia
di
mercato
.
La
quale
è
l
'
unica
,
non
c
'
è
alternativa
.
Meglio
che
l
'
Europa
si
renda
attraente
subito
per
i
capitali
stranieri
.
Come
?
Continuando
con
la
disinflazione
e
accelerando
la
moneta
unica
europea
,
anticipata
dal
1999
al
1997
.
Magari
si
comincia
da
Germania
e
Francia
.
Abbassando
il
costo
del
lavoro
direttamente
e
tagliando
gli
oneri
sociali
,
ma
sul
serio
,
e
quindi
riducendo
le
prestazioni
sociali
,
ma
sul
serio
.
In
attesa
di
abolirlo
,
il
salario
minimo
garantito
va
ridotto
:
funziona
contro
i
disoccupati
.
Eccetera
.
Con
Alain
Minc
,
firmano
il
rapporto
anche
Alain
Touraine
,
Edgar
Morin
,
Pierre
Rosanvallon
.
La
sinistra
pensante
.
Un
'
idea
geniale
da
Reims
,
quella
del
viaggio
di
Rossini
.
Il
23
ottobre
scorso
la
società
di
promozione
Athletics
e
una
ventina
di
imprese
nazionali
hanno
indetto
la
corsa
del
disoccupato
.
Quota
di
partecipazione
:
lire
15000
,
scarpe
e
maglietta
a
carico
del
partecipante
.
Fornito
dai
promotori
l
'
originale
cartello
da
appendere
sulla
schiena
con
su
scritto
il
curriculum
vitae
.
Tre
percorsi
:
minimo
io
chilometri
,
meglio
i
21
,
consigliata
la
maratona
dei
42
.
Si
tratta
infatti
di
mettere
in
luce
i
disoccupati
dotati
di
maggior
tenacia
e
spirito
di
sacrificio
,
qualità
più
apprezzate
dalle
imprese
.
Uno
scherzo
?
Una
provocazione
di
qualche
Centro
sociale
?
No
,
la
corsa
è
stata
patrocinata
dal
Comune
di
Reims
e
dall
'
Anpe
(
Associazione
nazionale
per
l
'
occupazione
)
,
che
ha
offerto
ai
concorrenti
una
consulenza
per
la
formulazione
ottimale
del
loro
profilo
professionale
.
StampaPeriodica ,
La
storia
della
introduzione
e
della
diffusione
del
marxismo
in
Italia
non
è
certo
molto
consolante
per
quelli
che
sentono
e
comprendono
tutta
l
'
importanza
del
pensiero
di
Marx
,
così
negli
aspetti
teoretici
come
in
quelli
pratici
.
Introdotto
in
Italia
dai
personali
avversari
del
maestro
,
che
,
per
questa
loro
condizione
,
erano
poco
adatti
a
comprenderlo
e
che
di
fatto
ben
poco
lo
conoscevano
,
un
sedicente
marxismo
fu
diffuso
fra
di
noi
da
uomini
che
di
Marx
avevano
una
conoscenza
incompleta
e
che
lo
consideravano
in
conseguenza
più
come
insegna
di
battaglia
che
come
formulatore
della
dottrina
della
rivoluzione
proletaria
.
Marx
fu
staccato
dalla
sua
dottrina
;
e
il
nome
divenne
simbolo
di
unità
internazionale
per
quanti
si
occupavano
con
simpatia
della
questione
sociale
,
mentre
la
dottrina
fu
considerata
come
una
opinione
,
fu
cioè
messa
alla
stregua
delle
idee
dei
molti
autori
di
progetti
e
di
programmi
per
la
società
futura
.
Il
pensiero
positivistico
dominava
allora
in
Italia
gli
scienziati
che
avevano
simpatia
col
socialismo
,
e
il
partito
.
era
pieno
di
uomini
che
,
avversi
per
sentimento
al
carattere
aspro
del
pensatore
di
Treviri
,
cercavano
di
temperare
il
marxismo
con
l
'
ardente
ideologia
di
qualche
altro
grande
socialista
.
Gli
uni
e
gli
altri
poi
lavoravano
intorno
a
un
Marx
di
loro
maniera
,
perché
pochissimi
erano
quelli
che
avevano
una
maturità
di
studi
sufficiente
ad
intendere
il
vero
Marx
e
,
fra
questi
pochissimi
,
credo
che
nessuno
abbia
avuto
la
possibilità
materiale
di
farlo
,
perché
fino
verso
al
1895
le
opere
del
maestro
erano
una
vera
rarità
libraria
ed
Antonio
Labriola
dovette
condurre
all
'
estero
ricerche
dispendiose
e
pazienti
per
ritrovarle
.
Così
hanno
potuto
formarsi
in
Italia
vere
e
proprie
leggende
intorno
al
marxismo
,
così
hanno
potuto
fiorire
e
prosperare
l
ibrida
triade
di
Enrico
Ferri
(
Darwin
,
Spencer
,
Marx
)
e
sopratutto
la
ridicola
favola
di
un
Achille
Loria
marxista
,
anzi
Marx
italiano
.
Achille
Loria
aveva
criticato
più
volte
senza
riserve
il
maestro
ed
aveva
sollevato
ripetute
proteste
.
Ma
"
le
critiche
acerbe
come
scrive
il
Michels
che
il
Loria
ebbe
a
subire
da
parte
di
uomini
così
autorevoli
in
materia
marxista
,
come
l
'
Engels
,
il
Pareto
,
il
Lafargue
,
non
valsero
però
affatto
a
mutare
l
'
atteggiamento
ossequioso
dei
marxisti
del
Partito
socialista
militante
in
Italia
verso
di
lui
.
"
Fatto
questo
che
è
indice
e
prova
insieme
della
scarsa
conoscenza
che
avevano
i
socialisti
italiani
dell
'
opera
loriana
e
(
peggio
)
di
quella
di
Marx
;
fatto
che
caratterizza
in
modo
non
dubbio
il
marxismo
italiano
come
un
marxismo
senza
conoscenza
di
Marx
.
E
,
anche
quando
le
nuove
frazioni
più
intransigenti
del
partito
parvero
bandire
la
crociata
del
ritorno
al
genuino
pensiero
di
lui
,
anche
allora
si
fece
strada
l
'
antica
idea
della
insufficienza
dottrinale
del
marxismo
e
della
necessità
della
sua
revisione
.
R
.
Michels
,
nella
sua
Storia
del
marxismo
in
Italia
,
ha
ben
compreso
questa
aspirazione
dei
nostri
scrittori
socialisti
,
che
hanno
a
suo
dire
fra
i
maggiori
compiti
quello
della
ricerca
di
una
teoria
complementare
al
Marx
.
Ma
il
Michels
,
critico
dell
'
economia
marxistica
,
ha
preso
questa
insufficienza
culturale
come
il
non
plus
ultra
della
genialità
,
e
con
ciò
si
è
precluso
da
se
medesimo
la
via
ad
intendere
il
pensiero
di
quel
grande
filosofo
italiano
che
ha
scritto
nella
storia
della
dottrina
marxistica
una
pagina
originale
e
feconda
.
Infatti
il
prof
.
Michels
.
non
ha
trovato
spazio
per
parlare
dei
Saggi
di
Antonio
Labriola
,
mentre
tanto
ne
ha
dedicato
a
scritti
di
gran
lunga
meno
importanti
.
A
p
.
75
,
Antonio
Labriola
è
ricordato
come
uno
dei
sottoscrittori
di
un
ordine
del
giorno
al
Congresso
operaio
italiano
di
Palermo
;
a
p
.
99
come
persona
che
era
in
relazione
con
F
.
Engels
;
a
pp
.
102
e
103
come
contrario
alla
impurità
del
marxismo
;
a
pp
.
114
e
154
come
appartenente
alla
coorte
partenopea
,
con
B
.
Croce
,
Arturo
Labriola
,
E
.
Leone
,
ecc
.
;
a
pp
.
120-121
e
159
come
filosofo
che
stimava
i
marxisti
stranieri
i
quali
gli
ricambiavano
questa
considerazione
;
e
a
p
.
153
come
scrittore
che
dà
alle
sue
opere
un
'
intonazione
socialistica
.
Tutte
notizie
,
queste
,
date
con
una
sobrietà
eccessiva
di
due
o
tre
parole
,
di
sfuggita
,
come
sobri
sono
e
il
periodo
che
parla
del
suo
insegnamento
universitario
,
messo
in
seconda
linea
per
importanza
socialistica
rispetto
a
quello
di
Enrico
Ferri
,
e
quella
breve
nota
dove
gli
si
attribuisce
la
poca
stima
dì
F
.
Engels
.
Anche
quando
parla
del
materialismo
storico
,
considerato
come
"
campo
dell
'
economia
marxistica
"
(
sic
!
)
,
il
Michels
non
ha
una
parola
,
non
dirò
per
illustrare
,
ma
solo
per
accennare
alla
meravigliosa
opera
di
filosofia
della
storia
di
Antonio
Labriola
.
In
questo
modo
il
Michels
,
invece
di
fare
la
storia
del
marxismo
italiano
,
come
avrebbe
voluto
,
ha
fatto
la
storia
della
fama
di
Marx
in
Italia
e
ha
messo
in
rilievo
le
difficoltà
non
lievi
che
presenta
lo
studio
e
la
continuazione
dell
'
opera
del
pensatore
di
Treviri
,
e
,
indirettamente
,
anche
di
quella
di
Antonio
Labriola
.
Nel
campo
delle
discipline
storico
-
sociali
,
è
ancora
diffuso
il
mal
vezzo
di
preferire
le
tesi
dalle
apparenze
allettanti
,
i
sistemi
completi
,
cioè
i
sistemi
che
sembrano
dare
soddisfazione
piena
al
nostro
desiderio
conoscitivo
,
al
lavoro
freddo
,
lento
,
preciso
,
misurato
della
scienza
.
E
siccome
il
marxismo
è
animato
da
quello
spirito
di
cui
vive
la
scienza
in
genere
,
e
ha
raggiunto
una
relativa
perfezione
degli
strumenti
di
ricerca
e
un
pensiero
criticamente
consapevole
;
poiché
,
anzi
,
per
tutto
ciò
ambisce
di
diventare
il
perno
delle
scienze
che
indagano
il
vivere
.
umano
,
gli
ostacoli
alla
diffusione
della
sua
conoscenza
non
sono
certamente
ancora
oggi
rimossi
.
Di
qui
nuova
confusione
e
manifestazioni
continue
della
dotta
ignoranza
;
di
qui
anche
,
e
sopratutto
,
il
luogo
comune
di
"
Marx
è
sorpassato
,
il
marxismo
è
in
crisi
,
ecc
.
"
come
se
si
potesse
superare
ciò
che
non
si
è
pienamente
inteso
,
o
si
potesse
avere
crisi
di
ciò
che
non
esiste
ancora
!
Ma
,
se
lo
studiare
e
comprendere
il
marxismo
è
cosa
non
lieve
,
più
arduo
è
il
compito
di
continuarlo
e
di
criticarlo
,
in
quanto
qui
si
tratta
,
per
uomini
di
ingegno
e
di
coltura
non
comune
,
di
sacrificare
l
'
ingente
fardello
di
cari
pregiudizi
e
di
viete
e
comode
tradizioni
e
delle
più
forti
passioni
politiche
.
Perciò
questa
dottrina
urta
contro
la
fantasia
di
molti
e
contro
l
'
indolenza
di
tutti
.
I
più
di
costoro
rigettano
il
marxismo
in
blocco
e
fanno
bene
.
Non
pochi
però
da
un
incompleto
studio
del
materialismo
storico
sono
portati
a
deformarlo
e
,
inavvertitamente
,
a
portare
in
questo
tutti
gli
avanzi
e
i
rifiuti
della
mentalità
metafisica
.
Altri
infine
trovano
comodo
riferirsi
al
marxismo
,
come
ad
un
qualcosa
di
attraente
,
e
riandare
ad
un
tempo
con
la
mente
a
cercare
nella
storia
del
pensiero
i
punti
di
contatto
con
varie
concezioni
,
per
poi
presentare
al
pubblico
,
p
.
es
.
,
ora
un
Marx
-
Spencer
,
ora
un
Marx
-
Kant
,
ora
un
Marx
-
Bergson
.
Per
i
primi
,
il
materialismo
storico
non
esiste
,
e
ciò
vuoi
dire
che
essi
si
accontentano
di
spiegare
la
storia
con
l
'
isterismo
e
la
fantasia
.
Per
i
secondi
e
gli
ultimi
,
esso
è
diventato
una
nuova
e
sterile
esercitazione
metafisica
,
poiché
non
vi
può
essere
forza
in
un
pensiero
che
cerca
di
illuminare
la
storia
con
un
gioco
di
combinazioni
del
pensato
dei
vari
uomini
grandi
,
invece
di
chiedere
luce
alla
fonte
inesauribile
della
realtà
storica
passata
e
presente
.
Per
tutti
costoro
non
sarà
fuor
di
luogo
ripetere
ciò
che
scrissi
or
non
è
molto
a
proposito
della
mania
di
voler
completare
il
marxismo
col
pensiero
di
questo
o
di
quel
filosofo
:
Non
si
considera
che
questo
basta
per
mettersi
fuori
dall
'
orbita
del
marxismo
,
perché
,
o
si
vuoi
portare
nel
marxismo
qualcosa
che
esso
ha
già
in
sé
per
il
fatto
di
aver
tratto
dalle
dottrine
che
ha
superato
ciò
che
di
scientificamente
esatto
esse
contenevano
,
o
si
vuoi
riportare
nel
marxismo
la
metafisica
da
questo
vinta
.
Nel
primo
caso
il
materialismo
storico
non
si
comprende
;
nel
secondo
si
rinnega
.
C
'
è
da
augurarsi
che
questi
tentativi
di
deturpare
e
svisare
il
marxismo
siano
frantumati
,
e
possa
finalmente
essere
compreso
nella
sua
piena
integrità
il
pensiero
del
filosofo
germanico
.
Da
un
tale
momento
soltanto
la
continuazione
dell
'
opera
sua
diverrà
più
agevole
,
perché
si
saprà
distinguere
ciò
che
è
opinione
personale
di
Marx
,
dettata
da
individuali
considerazioni
,
passibile
di
smentita
da
parte
dei
fatti
,
da
ciò
che
fu
rigorosamente
da
lui
osservato
nella
realtà
della
storia
.
Perciò
diceva
Antonio
Labriola
25
anni
or
sono
:
"
altro
è
guardare
al
tenore
particolare
degli
scritti
di
Marx
,
in
quanto
sono
un
fatto
particolare
,
e
altro
è
guardare
al
marxismo
come
a
una
dottrina
che
è
capace
di
svolgersi
.
"
'
Perciò
,
ammaestrati
dalla
esperienza
,
noi
sosteniamo
che
il
materialismo
storico
non
potrà
essere
continuato
,
corretto
,
completato
se
non
con
i
metodi
,
che
l
'
esperienza
della
classe
lavoratrice
attraverso
l
'
opera
di
Marx
ci
ha
indicati
,
cioè
criticamente
,
dalla
critica
che
nasce
dalle
cose
storiche
e
non
dalle
opinioni
del
signor
X
.
StampaQuotidiana ,
L
'
Unità
ha
dato
ieri
le
cifre
dei
congressi
di
sezione
ds
finora
svolti
,
circa
la
metà
delle
seimila
sezioni
ancora
in
vita
.
Sarebbero
centomila
partecipanti
su
seicentomila
iscritti
dichiarati
.
Cifre
in
parte
litigiose
,
ma
non
tanto
da
modificare
il
risultato
:
la
mozione
Fassino
ha
il
64%
,
quella
di
Berlinguer
circa
il
32%
e
quella
di
Morando
circa
il
4%
.
La
partecipazione
è
scarsa
,
il
dibattito
pressoché
nullo
.
Il
congresso
Ds
non
fa
neanche
notizia
.
Questo
è
il
dato
più
impressionante
.
Dopo
la
sconfitta
del
13
maggio
pareva
incalzare
l
'
interrogativo
:
com
'
è
che
una
grande
forza
politica
,
che
aveva
retto
al
1989
,
è
scesa
al
minimo
storico
,
pesa
meno
delle
altre
,
già
assai
meno
forti
,
sinistre
moderate
europee
?
Non
era
un
interrogativo
soltanto
degli
iscritti
,
ma
del
paese
,
che
aveva
amato
o
detestato
il
Pci
e
poi
,
benché
ridimensionato
,
il
Pds
,
ma
su
di
esso
si
divideva
o
determinava
,
i
suoi
congressi
infiammavano
gli
spiriti
.
Ora
al
congresso
ci
siamo
ma
non
interessa
più
di
un
congresso
,
che
so
,
delle
Acli
.
E
'
la
guerra
,
si
dice
,
che
offusca
tutto
il
resto
.
E
'
vero
,
ma
perché
dai
Democratici
di
sinistra
non
è
venuta
su
di
essa
una
sola
parola
diversa
da
quella
del
governo
,
che
era
uguale
a
quella
di
Bush
?
Se
non
si
sente
la
voce
dei
ds
è
perché
non
c
'
è
.
E
non
c
'
è
da
nessuna
parte
,
benché
per
la
prima
volta
essi
andassero
con
mozioni
separate
al
congresso
.
Ma
sulla
guerra
Giovanni
Berlinguer
non
s
'
è
espresso
diversamente
da
Fassino
.
Nessuna
analisi
differente
,
neppure
un
tentativo
di
chiedersi
perché
il
jihad
,
che
dieci
anni
fa
era
pochissima
cosa
,
sia
cresciuto
fino
a
diventare
un
pericolo
mortale
,
perché
il
tollerante
Islam
sia
oggi
in
così
gran
parte
fondamentalista
,
e
il
fondamentalismo
diventi
terrorismo
.
Nessun
ammonimento
sulla
inaccettabilità
della
guerra
prima
ancora
che
sulla
sua
insensatezza
,
perché
se
di
odio
all
'
occidente
si
tratta
non
farà
che
alimentarlo
.
Nessuna
proposta
su
un
che
fare
che
modifichi
un
Medio
Oriente
che
noi
,
occidentali
,
abbiamo
strutturato
,
risanandone
almeno
le
ferite
più
purulente
come
quelle
della
Palestina
.
L
'
Europa
è
scomparsa
nel
generale
ossequio
al
Dipartimento
di
stato
e
in
essa
sono
affondati
i
ds
.
La
guerra
è
,
come
sempre
per
la
sinistra
,
un
crudele
rivelatore
.
La
sinistra
ds
credeva
di
potersi
distinguere
da
D
'
Alema
sul
lavoro
,
senza
andare
troppo
in
fondo
sulla
globalizzazione
,
che
è
stretta
all
'
impero
unico
,
a
sua
volta
stretto
,
checché
si
speri
,
al
sistema
militare
di
dominio
,
chiamato
ormai
ogni
due
anni
a
preservare
coi
carri
armati
l
'
ordine
mondiale
.
Pensava
in
questo
modo
di
allargare
i
consensi
raccogliendo
anche
un
centro
veltroniano
che
a
una
presa
di
posizione
più
netta
non
sarebbe
stato
.
Era
una
modesta
operazione
e
non
ha
funzionato
.
In
tre
settimane
la
mozione
di
Giovanni
Berlinguer
è
precipitata
dall
'
adesione
di
quasi
la
metà
degli
iscritti
a
un
po
'
meno
di
un
terzo
.
Meglio
sarebbe
stato
partire
e
tener
fermo
su
una
identità
più
limpida
che
funzionasse
contro
il
liberismo
e
la
guerra
,
perché
se
si
tratta
di
dividersi
almeno
farlo
su
questioni
fondamentali
.
In
mancanza
di
questo
,
i
congressi
sono
diventati
una
modesta
conta
con
scarsa
partecipazione
.
Delusione
o
indifferenza
o
tutt
'
e
due
:
se
l
'
esito
è
scontato
,
discutere
che
senso
ha
?
Eppure
pareva
,
ed
era
stato
detto
,
che
era
in
causa
la
sopravvivenza
stessa
di
un
grande
partito
:
D
'
Alema
e
Veltroni
credono
di
non
averne
bisogno
,
credono
che
gli
basti
un
comitato
elettorale
e
l
'
entratura
nei
luoghi
giusti
.
Ma
la
mozione
di
sinistra
non
puntava
a
una
rianimazione
di
quel
corpo
collassato
?
Non
c
'
è
stata
,
se
al
congresso
dei
ds
nessuno
bada
è
perché
non
c
'
è
a
che
badare
.
StampaPeriodica ,
La
questione
dell
'
ordinamento
dei
sindacati
operai
acquista
oggi
una
eccezionale
attualità
dalla
promulgazione
della
nuova
legge
fascista
sindacale
,
i
modi
e
le
conseguenze
della
cui
attuazione
sono
una
delle
più
grandi
incognite
del
presente
periodo
della
politica
italiana
.
Al
chiarimento
di
tale
questione
cui
sarà
anche
dedicato
un
prossimo
convegno
dei
rappresentanti
del
Partito
socialista
dei
lavoratori
italiani
recherà
indubbiamente
molta
luce
il
seguente
articolo
che
a
disegno
non
volle
essere
polemico
del
più
sperimentato
e
coscienzioso
dei
nostri
organizzatori
operai
.
La
C
.
S
.
Nel
mio
Sindacalismo
confederale
,
presenterò
alcuni
saggi
,
in
parte
vecchi
e
in
parte
nuovi
,
intesi
a
far
conoscere
come
si
sia
andato
evolvendo
,
nel
corso
degli
anni
,
il
pensiero
del
movimento
operaio
italiano
,
ed
a
fissare
,
in
pari
.
tempo
,
alcuni
principi
che
si
possono
considerare
definitivamente
acquisiti
alla
pratica
sindacale
,
tanto
che
possono
formare
,
nel
loro
insieme
,
una
teoria
.
In
questo
scritto
mi
propongo
di
esporre
i
concetti
fondamentali
della
teoria
,
separandola
dalla
parte
puramente
storica
e
documentaria
.
Non
è
un
riassunto
del
libro
che
intendo
fare
,
bensì
una
specie
di
estratto
Liebig
,
il
quale
mi
auguro
possa
piacere
ai
cucinieri
che
hanno
per
compito
di
fornire
al
proletariato
l
'
alimento
spirituale
.
È
una
teoria
sgorgata
dalla
pratica
e
collaudata
da
una
quadrilustre
esperienza
.
Convien
ricordare
che
il
movimento
operaio
italiano
è
di
origine
rivoluzionaria
e
che
è
stato
in
ogni
tempo
ispirato
da
un
"
credo
"
politico
eterodosso
.
Che
i
suoi
ispiratori
si
chiamassero
Mazzini
,
o
Bakunin
,
o
Costa
,
o
Turati
,
non
conta
.
Ciò
che
va
rilevato
si
è
che
le
associazioni
non
animate
da
idealità
politiche
non
fanno
parte
del
movimento
di
cui
ci
occupiamo
.
Anche
il
sindacalismo
cosidetto
riformista
,
in
quanto
mira
alla
totale
liberazione
del
proletariato
,
è
rivoluzionario
nei
fini
,
cioè
contrario
alle
istituzioni
capitalistiche
;
è
,
in
altre
parole
,
politico
.
Tolta
la
meta
ideale
,
la
finalità
rivoluzionaria
,
non
si
può
più
parlare
di
sindacalismo
in
senso
stretto
,
ma
di
corporativismo
,
il
quale
può
essere
,
all
'
opposto
,
rivoluzionario
nei
metodi
e
conservatore
o
agnostico
in
politica
.
Poiché
,
dunque
,
furono
in
ogni
tempo
i
partiti
rivoluzionari
a
suscitare
il
movimento
operaio
,
non
apparirà
strano
se
questo
è
stato
sempre
un
fatto
subordinato
al
fatto
politico
.
Giuseppe
Mazzini
si
adoperò
per
federare
le
"
Fratellanze
,
"
da
lui
fondate
,
in
una
vasta
organizzazione
nazionale
,
che
,
secondo
i
suoi
intendimenti
,
avrebbe
dovuto
facilitare
la
soluzione
del
problema
sociale
,
riunendo
il
lavoro
e
il
capitale
nelle
stesse
mani
;
ma
il
suo
tentativo
non
sorti
esito
felice
,
causa
l
'
immaturità
dell
'
ambiente
.
La
propaganda
mazziniana
non
poteva
essere
compresa
che
dalle
minoranze
più
colte
delle
città
,
mentre
il
socialismo
,
col
denunziare
gli
antagonismi
di
classe
e
col
predicare
la
solidarietà
fra
gli
oppressi
,
trasse
facilmente
le
grandi
masse
operaie
e
contadine
alla
ribalta
della
storia
.
La
meravigliosa
fioritura
di
leghe
e
di
Camere
del
lavoro
,
che
il
1901
ci
presenta
,
era
stata
preceduta
da
una
larga
seminagione
di
idee
socialiste
in
un
'
epoca
particolarmente
favorevole
al
loro
germoglio
.
Per
un
certo
tempo
la
resistenza
sembrò
non
essere
altro
che
il
socialismo
in
divenire
.
Senonché
il
socialismo
parlamentare
,
con
alla
testa
la
social
-
democrazia
germanica
,
tenacemente
abbarbicato
al
concetto
che
il
sindacato
fosse
utile
se
ed
in
quanto
era
di
ausilio
all
'
azione
politico
-
parlamentare
del
partito
,
tendeva
a
subordinarlo
a
sé
o
almeno
alla
sua
particolare
concezione
rivoluzionaria
.
L
'
azione
diretta
,
preconizzata
dal
sindacalismo
rivoluzionario
,
altro
non
è
stata
,
in
fondo
,
che
la
reazione
alla
pratica
troppo
elettoralistica
,
e
forse
,
più
ancora
che
ad
essa
,
a
quel
generico
pessimismo
che
portava
al
non
fare
ed
all
'
attesa
messianica
dell
'
evento
rivoluzionario
.
Quale
fiducia
si
può
riporre
nell
'
azione
sindacale
se
si
è
convinti
a
priori
che
essa
non
modifica
i
rapporti
di
classe
e
non
risolve
il
problema
sociale
?
Il
movimento
operaio
non
vive
che
per
l
'
azione
.
Si
può
credere
che
la
ginnastica
scioperaiola
sia
un
non
senso
e
l
'
espropriazione
violenta
dei
capitalisti
un
'
utopia
,
ma
non
si
può
negare
che
il
sindacalismo
rivoluzionario
ha
servito
a
correggere
l
'
eccesso
parlamentarista
e
a
infondere
nei
lavoratori
quella
fiducia
in
se
stessi
e
quella
volontà
.
di
azione
,
per
le
quali
soltanto
potranno
essere
qualche
cosa
nel
mondo
.
Comunque
è
certo
che
,
allorquando
i
nostri
più
autorevoli
organizzatori
meditavano
di
costituire
la
Confederazione
del
lavoro
,
obbedivano
precisamente
al
bisogno
di
fare
,
di
muoversi
nella
realtà
della
vita
,
di
allentare
le
ritorte
che
tenevano
l
'
organizzazione
avvinta
ad
un
troppo
dogmatico
verbo
politico
.
Essi
intuivano
la
necessità
di
fare
una
politica
sindacale
autonoma
.
Erano
dei
buoni
riformisti
ligi
alla
corrente
di
destra
del
partito
,
ma
propendevano
a
valorizzare
il
sindacato
mettendolo
almeno
alla
pari
col
partito
.
Le
revisioni
di
destra
e
di
sinistra
operatesi
in
quel
turno
di
tempo
non
avevano
lasciato
indifferente
il
proletariato
italiano
.
L
'
azione
diretta
non
aveva
affatto
bisogno
di
esplicarsi
nella
forma
dello
sciopero
rivoluzionario
,
ed
essa
appariva
come
un
'
integrazione
dell
'
azione
mediata
,
parlamentare
.
Principi
fondamentali
del
sindacato
.
Il
sindacato
operaio
moderno
fu
variamente
definito
da
tutti
coloro
che
lo
studiarono
.
Economisti
,
sociologi
,
storici
,
uomini
politici
,
organizzatori
ne
fissarono
i
caratteri
e
gli
scopi
con
una
formula
rispondente
più
o
meno
alle
loro
particolari
opinioni
e
concezioni
.
Nella
stessa
parola
"
sindacato
"
(
o
"
lega
"
)
è
implicito
il
concetto
di
una
associazione
fra
gente
della
stessa
condizione
,
che
intende
procurare
a
se
stessa
dei
miglioramenti
.
Il
sindacato
è
"
l
'
impresa
dei
miglioramenti
,
"
i
quali
non
sono
delimitabili
a
priori
.
Il
sindacato
non
si
forma
se
non
vi
è
negli
operai
l
'
intenzione
di
lottare
contro
lo
sfruttamento
capitalistico
.
Il
sindacato
deve
quindi
incardinarsi
su
questi
principi
:
1
.
La
solidarietà
fra
lavoratori
è
tanto
più
produttiva
di
effetti
benefici
quanto
più
è
estesa
.
Il
primo
vantaggio
che
gli
operai
traggono
dal
loro
associarsi
in
sindacato
di
resistenza
è
di
ridurre
al
minimo
la
concorrenza
tra
loro
stessi
,
rendendo
più
difficile
il
peggioramento
delle
loro
condizioni
anche
se
rimangono
in
atteggiamento
passivo
.
La
piccola
lega
isolata
offre
scarsa
capacità
di
resistenza
ed
è
sprovveduta
di
qualsiasi
forza
per
svolgere
un
'
azione
attiva
,
specie
dopo
che
gli
imprenditori
si
sono
organizzati
a
loro
volta
.
C
'
è
,
dunque
,
uno
stretto
rapporto
fra
i
successi
o
gli
insuccessi
delle
lotte
del
lavoro
e
l
'
ampiezza
e
l
'
unità
dell
'
organizzazione
.
Il
verificarsi
di
questa
prima
condizione
influisce
vantaggiosamente
anche
nel
senso
di
diminuire
il
costo
delle
conquiste
operaie
,
perché
basta
la
presenza
di
una
forte
organizzazione
ad
eliminare
molte
cause
di
conflitto
.
2
.
Ma
il
rendimento
dell
'
organizzazione
non
dipende
soltanto
dal
numero
,
dall
'
affiatamento
e
dalla
combattività
degli
organizzati
.
Costituiscono
altrettanti
elementi
di
successo
l
'
abilità
dei
capi
,
la
disciplina
e
lo
spirito
di
previdenza
dei
gregari
.
Se
una
controversia
sbocca
nello
sciopero
o
nella
serrata
,
le
probabilità
maggiori
di
vittoria
sono
per
la
parte
che
è
in
grado
di
resistere
di
più
e
di
infliggere
un
danno
alla
parte
avversa
.
È
quindi
necessario
che
l
'
organizzazione
sia
forte
anche
finanziariamente
.
Se
gli
operai
,
dopo
aver
provveduto
al
retto
funzionamento
della
loro
organizzazione
,
accantonano
fondi
per
distribuire
sussidi
in
caso
di
sciopero
,
la
loro
capacità
di
resistenza
si
accresce
di
tanto
.
La
politica
delle
alte
contribuzioni
è
raccomandabile
sotto
ogni
punto
di
vista
.
3
.
La
previdenza
sindacale
è
anch
'
essa
un
fattore
del
progresso
operaio
.
Gli
operai
,
che
escono
da
un
periodo
di
disoccupazione
e
di
malattia
non
sussidiata
,
sono
costretti
talvolta
ad
accettare
quel
qualunque
salario
che
l
'
imprenditore
voglia
loro
corrispondere
;
ove
invece
funzionino
nell
'
interno
del
sindacato
servigi
mutualistici
,
si
ottiene
il
duplice
risultato
di
accrescere
la
capacità
di
resistenza
dei
soci
e
di
limitarne
la
fluttuazione
.
Infatti
l
'
organizzazione
che
si
proponga
la
pura
difesa
del
contratto
di
lavoro
riesce
difficilmente
a
tenere
avvinti
a
sé
i
soci
negli
intervalli
fra
un
contratto
e
l
'
altro
.
4
.
Come
tutte
le
battaglie
,
anche
quelle
del
lavoro
hanno
per
iscopo
la
pace
.
Vincitori
e
vinti
finiscono
sempre
per
firmare
un
trattato
che
vien
detto
"
contratto
di
lavoro
"
o
(
più
propriamente
)
"
concordato
di
tariffa
,
"
con
scadenza
a
termine
fisso
.
Non
vi
sono
limiti
circa
le
materie
suscettibili
di
formare
oggetto
di
contrattazione
tra
le
parti
.
Il
salario
,
il
cottimo
,
la
disciplina
interna
,
la
previdenza
,
la
stabilità
,
i
licenziamenti
,
le
assunzioni
,
la
condirezione
,
il
controllo
,
eventualmente
,
sull
'
azienda
nella
quale
gli
operai
sono
impiegati
,
tutto
può
essere
liberamente
regolato
tra
le
parti
mediante
il
concordato
di
tariffa
,
come
tutto
può
fornire
materia
di
conflitto
.
5
.
Le
organizzazioni
padronali
ed
operaie
stipulano
non
soltanto
per
i
loro
soci
,
ma
per
tutta
la
massa
interessata
in
una
data
industria
e
in
un
dato
territorio
.
Trattandosi
però
di
contratto
libero
,
la
sua
esecuzione
non
può
essere
affidata
che
alla
lealtà
dei
contraenti
,
i
quali
non
possono
rispondere
delle
infrazioni
individuali
.
Quindi
,
anche
in
tempo
di
pace
,
il
concordato
ha
valore
se
ed
in
quanto
sia
presidiato
dall
'
organizzazione
.
Ma
poiché
,
indipendentemente
dalla
buona
o
cattiva
volontà
delle
parti
,
un
concordato
può
prestarsi
alle
più
diverse
interpretazioni
,
così
,
per
eliminare
ogni
causa
d
'
attrito
,
l
'
organizzazione
operaia
si
assume
di
esercitare
una
continua
vigilanza
sulla
sua
applicazione
nell
'
interno
di
ogni
stabilimento
mediante
le
cosidette
"
Commissioni
interne
.
"
E
questo
bisogno
di
vigilanza
assidua
si
risolve
in
un
argomento
di
più
a
favore
della
stabilità
,
della
forza
,
dell
'
unità
del
sindacato
.
Sindacalismo
,
mutualismo
,
cooperazione
,
sciopero
.
Per
trattenere
gli
operai
nei
sindacati
,
è
necessario
coltivare
l
'
idea
mutualista
.
La
questione
di
principio
non
può
essere
dubbia
:
ridurre
i
sindacati
a
pure
società
di
resistenza
vuoi
dire
opporre
una
barriera
formidabile
all
'
evoluzione
del
proletariato
;
vuoi
dire
abbandonarlo
all
'
influenza
preponderante
dei
demagoghi
borghesi
,
riducendo
l
'
importanza
delle
forze
economiche
che
possono
contribuire
a
mantenere
l
'
autonomia
della
classe
operaia
;
vuol
dire
impedirgli
di
elaborare
conformemente
al
suo
proprio
modo
di
vivere
i
nuovi
principi
del
suo
diritto
;
vuoi
dire
,
in
una
parola
,
rifiutargli
la
possibilità
di
diventare
una
classe
"
per
se
stessa
.
"
Le
società
mutue
fondate
dai
sindacati
non
poggiano
punto
sugli
stessi
principi
delle
Casse
borghesi
;
in
luogo
di
ispirarsi
all
'
associazione
dei
capitali
,
esse
osservano
il
principio
della
solidarietà
proletaria
.
Si
parla
spesso
di
organizzare
il
proletariato
:
ma
organizzare
non
si
gnifica
inquadrare
degli
automi
!
L
'
organizzazione
è
il
passaggio
dall
'
ordine
meccanico
,
cieco
,
comandato
dall
'
esterno
,
alla
differenziazione
organica
,
intelligente
,
coscientemente
accettata
;
in
una
parola
,
è
una
evoluzione
morale
.
Non
vi
si
arriva
che
con
una
lunga
pratica
e
con
l
'
esperienza
acquistata
nella
vita
.
Tutte
le
istituzioni
si
sono
formate
allo
stesso
modo
;
esse
non
sono
né
il
risultato
delle
decisioni
dei
grandi
uomini
di
Stato
,
né
quello
dei
calcoli
dei
sapienti
;
esse
si
fanno
abbracciando
e
condensando
tutti
gli
elementi
della
vita
.
Per
quale
ragione
il
proletariato
sfuggirebbe
alla
necessità
di
"
farsi
"
per
questa
via
?
Una
cosa
mi
ha
sempre
colmato
di
stupore
scrive
G
.
Sorel
ed
è
l
'
avversione
di
numerosi
marxisti
per
la
cooperazione
...
Che
cosa
accadrebbe
se
,
dopo
la
rivoluzione
sociale
,
l
'
industria
dovesse
essere
diretta
da
gruppi
incapaci
di
condurre
oggi
una
cooperativa
?
...
È
nel
seno
della
società
capitalista
che
devono
svilupparsi
,
non
soltanto
le
nuove
forze
produttive
,
ma
anche
le
regole
di
un
nuovo
ordine
sociale
,
quelle
che
si
possono
chiamare
le
forze
morali
dell
'
avvenire
.
I
conflitti
del
lavoro
non
sono
da
confondersi
con
la
lotta
di
classe
teorizzata
dai
socialisti
.
I
liberali
respingono
la
lotta
di
classe
;
ma
ammettono
la
legittimità
della
lotta
fra
imprenditori
ed
operai
per
l
'
equa
ripartizione
dei
frutti
del
lavoro
comune
,
non
solo
,
ma
la
credono
economicamente
meno
costosa
e
moralmente
più
sana
della
pace
imposta
artificiosamente
dall
'
alto
.
"
Alla
quiete
,
che
è
morte
,
è
preferibile
il
travaglio
,
che
è
vita
"
(
L
.
Einaudi
)
.
Carlo
Marx
attribuisce
la
massima
importanza
ai
sindacati
operai
,
sopratutto
perché
riuniscono
gli
uomini
della
stessa
classe
per
la
lotta
contro
la
classe
capitalista
.
La
grande
industria
agglomera
in
un
solo
luogo
una
folla
di
persone
sconosciute
le
une
alle
altre
.
La
concorrenza
divide
i
loro
interessi
.
Ma
il
mantenimento
del
salario
,
interesse
che
essi
hanno
comune
contro
i
loro
padroni
,
li
riunisce
nello
stesso
pensiero
di
resistenza
(
coalizione
)
.
Onde
la
coalizione
ha
sempre
un
duplice
scopo
:
quello
di
far
cessare
la
concorrenza
fra
loro
e
quello
di
fare
una
concorrenza
generale
al
capitalista
.
Se
inizialmente
lo
scopo
della
resistenza
non
è
stato
che
il
mantenimento
dei
salari
,
a
misura
che
i
capitalisti
a
loro
volta
si
riuniscono
in
un
pensiero
di
repressione
,
le
coalizioni
,
dapprima
isolate
,
si
formano
in
gruppi
;
di
fronte
al
capitale
sempre
riunito
,
il
mantenimento
dell
'
associazione
diviene
più
necessario
per
loro
di
quello
del
salario
.
Ciò
è
talmente
vero
,
che
gli
economisti
inglesi
sono
pieni
di
meraviglia
nel
vedere
che
gli
operai
sacrificano
una
buona
parte
del
salario
in
favore
delle
associazioni
che
,
agli
occhi
di
quegli
economisti
,
non
sono
stabilite
in
favore
del
salario
.
In
questa
lotta
vera
guerra
civile
si
riuniscono
e
si
sviluppano
tutti
gli
elementi
necessari
ad
una
futura
battaglia
.
Arrivata
a
tal
punto
,
l
'
associazione
prende
un
carattere
politico
.
Le
condizioni
economiche
avevano
dapprima
trasformata
la
massa
del
paese
in
lavoratori
.
La
dominazione
del
capitale
ha
creato
a
questa
massa
una
situazione
comune
,
interessi
comuni
.
Onde
questa
massa
è
una
classe
rispetto
al
capitale
,
ma
non
ancora
tale
in
se
stessa
.
Nella
lotta
,
di
cui
noi
non
abbiamo
segnalato
che
alcune
fasi
,
questa
massa
si
riunisce
,
si
costituisce
in
classe
da
se
stessa
.
Gli
interessi
che
essa
difende
divengono
interessi
di
classe
.
Ma
la
lotta
tra
classe
e
classe
è
una
lotta
politica
.
Lo
sciopero
economico
è
il
fatto
per
cui
un
gruppo
di
operai
viene
a
trovarsi
in
conflitto
momentaneo
con
un
gruppo
di
capitalisti
per
una
divergenza
che
non
mette
in
questione
il
possesso
dei
mezzi
di
produzione
da
parte
dei
primi
,
appunto
perché
il
problema
del
possesso
non
può
essere
risolto
per
via
di
scioperi
particolari
,
né
pacifici
,
né
violenti
.
La
resistenza
,
gli
scioperi
,
sono
,
quindi
,
effettivamente
"
conflitti
"
o
"
lotte
"
del
lavoro
,
ma
non
possono
essere
la
lotta
di
classe
,
che
è
sempre
una
lotta
di
carattere
politico
.
In
quanto
sono
fatti
episodici
e
subordinati
al
fatto
generale
della
lotta
di
classe
,
i
socialisti
accettano
gli
sciopèri
quando
sono
necessari
,
ma
non
hanno
alcun
interesse
a
moltiplicarli
o
ad
esasperarli
,
come
non
possono
essere
aprioristicamente
contrari
ai
congegni
che
tendono
a
ridurne
il
numero
e
la
durata
senza
menomare
la
libertà
degli
operai
.
Il
sindacato
va
preso
per
quello
che
è
,
per
quello
che
può
dare
,
e
non
si
deve
pretendere
da
esso
più
di
quanto
è
nelle
sue
possibilità
.
Esso
è
,
prima
di
tutto
,
un
ottimo
strumento
per
mitigare
lo
sfruttamento
diretto
del
conduttore
d
'
opera
sui
suoi
dipendenti
.
Non
è
da
credere
ch
'
esso
riesca
a
ridurre
il
profitto
del
capitalista
al
disotto
del
saggio
normale
,
ma
riesce
certamente
ad
armonizzare
meglio
i
salari
coi
profitti
,
a
impedire
che
la
concorrenza
fra
imprenditori
si
faccia
a
tutte
spese
del
lavoro
,
ad
espellere
dal
processo
produttivo
gli
industriali
inetti
,
a
migliorare
,
insomma
,
la
condizione
del
lavoratore
,
sì
dal
lato
economico
che
da
quello
morale
ed
igienico
.
Monopolio
della
mano
d
'
opera
e
controllo
della
produzione
.
Il
sindacato
tende
a
monopolizzare
la
mano
d
'
opera
.
I
mezzi
coattivi
,
a
cui
ricorrono
le
organizzazioni
per
aumentare
la
percentuale
degli
organizzati
o
per
ridurre
,
comunque
,
la
passività
dei
disorganizzati
,
degli
assenti
,
dei
crumiri
,
ne
sono
la
prova
migliore
.
Il
monopolio
è
osteggiato
dagli
economisti
liberali
;
ma
è
questione
di
intendersi
su
di
esso
.
La
libera
concorrenza
,
che
gli
economisti
vorrebbero
,
non
sparisce
affatto
finché
non
è
interdetto
a
nessuno
di
organizzare
un
sindacato
in
concorrenza
ad
un
altro
sindacato
.
Noi
tendiamo
a
sopprimere
la
concorrenza
perché
è
causa
di
indebolimento
dei
salariati
,
ma
intendiamo
che
al
monopolio
si
debba
giungere
per
il
naturale
sviluppo
del
principio
di
solidarietà
.
Insomma
,
il
monopolio
,
in
quanto
viene
come
conclusione
del
processo
formativo
della
solidarietà
professionale
,
non
solo
non
può
essere
respinto
,
ma
deve
essere
sollecitato
da
chi
non
fa
del
sindacalismo
a
fondo
capitalistico
.
I
particolarismi
e
gli
egoismi
che
porta
seco
in
germe
non
devono
preoccupare
eccessivamente
,
perché
vengono
facilmente
neutralizzati
dalla
concorrenza
in
atto
o
allo
stato
di
minaccia
allorché
si
vive
in
condizioni
di
libertà
.
Ad
ogni
modo
,
l
'
indirizzo
,
la
prassi
,
la
finalità
classista
costituiscono
ancora
la
migliore
salvaguardia
contro
i
privilegi
e
i
particolarismi
dei
gruppi
;
privilegi
,
particolarismi
,
egoismi
che
sono
in
gran
parte
frutto
della
morale
individualista
.
La
concezione
classista
,
che
implica
uno
sforzo
di
negazione
e
di
superamento
del
capitalismo
,
è
quella
che
meglio
risponde
,
anche
dal
punto
di
vista
dell
'
interesse
dei
terzi
.
Gli
operai
che
entrano
in
quest
'
ordine
di
idee
lottano
bensì
per
i
salari
,
ma
tendono
sopratutto
ad
assumere
e
a
controllare
direttamente
la
produzione
.
Corpi
consultivi
,
riconoscimento
giuridico
,
sindacato
unico
.
I
corpi
consultivi
rappresentano
un
terreno
d
'
incontro
fra
operai
e
padroni
fuori
dell
'
azienda
di
produzione
.
Qui
la
discussione
non
è
più
portata
sulla
tariffa
,
ma
su
provvidenze
di
carattere
generale
che
spetta
allo
Stato
di
attuare
,
sentito
il
parere
dei
tecnici
e
delle
parti
più
direttamente
interessate
.
Ciascuna
parte
può
starvi
,
dunque
,
in
piena
indipendenza
di
spirito
,
e
non
vi
è
pericolo
che
questa
collaborazione
conduca
ad
ammorbidimenti
o
a
compromessi
incompatibili
con
l
'
idea
di
classe
.
La
controversia
,
se
convenga
o
meno
partecipare
ai
corpi
tecnici
consultivi
dello
Stato
,
è
per
noi
risolta
in
senso
affermativo
.
Lo
Stato
moderno
tende
fatalmente
alla
moltiplicazione
dei
propri
organi
,
e
i
sindacati
sono
portati
ad
assumere
sempre
nuove
funzioni
pubbliche
.
Sorge
,
a
questo
punto
,
la
questione
del
riconoscimento
giuridico
.
Come
può
lo
Stato
investire
i
sindacati
padronali
ed
operai
del
diritto
di
rappresentanza
negli
istituti
di
legislazione
e
di
previdenza
,
se
i
sindacati
stessi
non
sono
riconosciuti
dalla
legge
?
E
a
quali
sindacati
lo
Stato
affiderà
la
rappresentanza
,
se
sono
più
di
uno
per
ogni
ramo
professionale
?
Il
problema
è
già
virtualmente
risolto
.
Si
possono
seguire
due
metodi
per
dare
veste
legale
ai
sindacati
rispettando
la
libertà
individuale
:
il
primo
consiste
nel
concedere
il
riconoscimento
ai
sindacati
di
tutte
le
tendenze
i
quali
ne
facciano
domanda
dando
a
ciascuno
una
rappresentanza
proporzionata
al
numero
dei
propri
soci
;
e
il
secondo
nel
raggruppare
professionalmente
gli
operai
e
i
datori
di
lavoro
in
apposite
liste
elettorali
,
per
la
nomina
dei
rispettivi
rappresentanti
negli
organi
statali
.
L
'
uno
e
l
'
altro
metodo
possono
essere
adottati
contemporaneamente
.
Nel
primo
caso
sono
elettori
i
sindacati
,
nel
secondo
gli
individui
,
siano
o
non
siano
organizzati
.
Il
secondo
metodo
è
già
in
uso
per
la
nomina
dei
probiviri
.
Non
è
in
contraddizione
coi
nostri
principi
l
'
addivenire
alla
costituzione
dei
corpi
di
mestiere
,
assegnando
ad
essi
l
'
ufficio
di
rappresentanti
legali
e
riconosciuti
per
la
stipulazione
dei
contratti
di
lavoro
.
Solo
si
richiede
che
l
'
ente
giuridico
sia
ordinato
su
base
democratica
e
che
rimanga
salva
la
libertà
degli
operai
di
organizzarsi
in
sindacati
di
fatto
,
secondo
le
loro
preferenze
sociali
e
politiche
.
Il
sindacato
unico
è
una
perfezione
del
processo
formativo
dell
'
organizzazione
di
classe
,
un
bene
superiore
che
il
proletariato
deve
voler
raggiungere
,
anche
se
non
riuscirà
mai
a
possederlo
interamente
,
e
la
cui
conquista
dipende
da
lui
solo
,
dalla
sua
forza
morale
.
Nessuno
potrà
mai
donare
graziosamente
alle
masse
le
armi
della
loro
liberazione
.
Il
sindacato
unico
,
obbligatorio
,
imposto
d
'
autorità
,
creerebbe
immediatamente
il
bisogno
di
costituire
entro
di
esso
il
sindacato
o
i
sindacati
volontari
,
perché
il
sindacalismo
è
pensiero
,
vita
,
movimento
.
Inserzione
del
sindacato
nello
Stato
.
I
sindacati
e
i
partiti
.
Il
plurisindacalismo
,
dunque
,
non
esclude
l
'
unità
sostanziale
della
classe
,
purché
,
naturalmente
,
tutte
le
organizzazioni
si
trovino
nelle
identiche
condizioni
di
libertà
.
Perché
l
'
unità
sostanziale
sia
,
è
indispensabile
che
il
movimento
operaio
si
emancipi
dalla
tutela
dei
partiti
e
dei
governi
.
Lo
Stato
,
che
è
sopra
le
classi
,
può
svolgere
una
sua
azione
,
intesa
a
limitare
i
danni
economici
delle
lotte
del
lavoro
,
creando
istituti
arbitramentali
e
di
conciliazione
,
ma
è
assurdo
pretendere
che
crei
il
sindacato
e
disconosca
in
pari
tempo
la
sua
prima
e
più
importante
funzione
,
che
è
quella
di
migliorare
le
condizioni
dei
lavoratori
;
salvo
non
si
voglia
fare
del
sindacato
un
semplice
materiale
per
il
rifacimento
dello
Stato
su
basi
tecnico
-
professionali
.
Allora
il
potere
non
emanerebbe
più
dal
popolo
indistinto
,
ma
uscirebbe
dai
sindacati
professionali
di
tutte
le
classi
e
professioni
:
tanti
ingegneri
,
tanti
medici
,
tanti
professori
,
tanti
meccanici
,
tanti
agricoltori
,
e
così
via
.
Tutt
'
al
più
,
oltre
alla
rappresentanza
diretta
dei
sindacati
"
aclassisti
,
"
quella
Camera
o
quel
senato
,
che
fosse
chiamato
a
funzionare
da
potere
legislativo
,
potrebbe
essere
completato
da
un
certo
numero
di
membri
nominati
a
vita
dal
governo
.
Contro
simili
tesi
si
levano
due
categorie
di
oppositori
:
coloro
i
quali
non
ammettono
che
i
sindacati
debbano
assumere
funzioni
rappresentative
di
carattere
politico
,
e
coloro
che
vorrebbero
inserire
i
sindacati
nel
tessuto
dello
Stato
,
senza
,
però
,
distruggere
la
base
democratica
di
questo
.
Alfredo
Poggi
appartiene
alla
prima
categoria
.
Secondo
il
Poggi
,
l
'
attenzione
dei
politici
e
degli
studiosi
sulla
trasformazione
dello
Stato
politico
in
una
gerenza
sociale
sarebbe
stata
richiamata
in
particolar
modo
,
dopo
l
'
armistizio
,
tanto
dalle
notizie
sull
'
ordinamento
russo
(
che
pareva
tutto
imperniato
sull
'
azione
politica
dei
sindacati
)
,
quanto
dalla
nuova
costumanza
dei
"
Consigli
di
fabbrica
,
"
come
organi
anche
di
controllo
.
I
motivi
che
il
Poggi
adduce
a
dimostrazione
della
fallacia
dei
progetti
sindacalisti
sono
principalmente
dedotti
dalla
passata
esperienza
.
I
sindacati
si
sarebbero
fin
qui
mostrati
incapaci
di
allargare
le
proprie
vedute
fino
all
'
interesse
generale
;
talché
,
in
Russia
,
per
esempio
,
si
ravvisò
presto
la
necessità
di
immettere
negli
organi
corporativi
anche
rappresentanti
puramente
politici
per
impedire
il
particolarismo
sindacale
.
Né
può
accadere
diversamente
precisa
Alfredo
Poggi
dato
lo
scopo
ristretto
per
cui
il
sindacato
è
sorto
e
ha
avuto
sino
ad
ora
ragione
d
'
essere
;
le
abitudini
mentali
non
si
possono
certo
mutare
in
un
"
fiat
.
"
Se
esso
potrà
quindi
essere
organo
adatto
per
dar
consigli
tecnici
e
per
proporre
leggi
tecniche
allo
Stato
,
dall
'
altro
lato
sarà
,
per
la
stessa
sua
natura
,
impreparato
a
formulare
leggi
,
a
fissare
diritti
,
a
porsi
cioè
da
quel
punto
di
vista
universale
,
da
cui
il
legislatore
giudica
o
...
dovrebbe
giudicare
.
Le
competenze
sindacali
,
se
saranno
assunte
a
funzione
politica
,
faranno
pure
una
politica
,
ma
la
"
loro
"
;
mentre
il
partito
politico
,
che
parte
da
finalità
universali
e
trascende
,
se
non
è
fazione
o
consorteria
,
l
'
interesse
particolare
,
pur
servendosi
dei
consigli
dei
competenti
,
è
più
adatto
a
dare
delle
questioni
la
soluzione
"
politica
,
"
nel
senso
etimologico
della
parola
,
cioè
interessante
la
generalità
dei
cittadini
.
...
La
cellula
attiva
della
collettività
sociale
è
pur
sempre
l
'
individuo
sociale
con
i
suoi
bisogni
e
i
suoi
sentimenti
politici
,
l
'
homo
politicus
di
Aristotile
,
anziché
la
corporazione
,
la
quale
nel
suo
fine
non
contiene
,
(
come
contiene
,
per
esempio
,
la
famiglia
)
,
l
'
uomo
nella
pienezza
della
sua
natura
morale
;
ma
tende
alla
soddisfazione
di
un
preciso
e
limitato
scopo
,
che
è
poi
il
mezzo
per
il
fine
vero
,
per
quello
morale
...
Se
lo
Stato
,
per
riconoscere
la
"
società
,
"
dovesse
solo
riconoscere
queste
corporazioni
economiche
,
finirebbe
col
non
riconoscere
la
vera
,
la
concreta
cellula
del
suo
organismo
,
che
è
l
'
uomo
nella
pienezza
della
sua
vita
sensitiva
e
spirituale
e
non
l
'
astratto
individuo
,
né
il
non
meno
astratto
homo
oeconomicus
.
L
'
uomo
,
che
,
come
tale
,
tende
a
trasformare
lo
Stato
,
non
è
l
'
uomo
sindacato
,
che
,
come
tale
,
ha
un
limitato
scopo
utilitario
,
ma
l
'
uomo
politico
,
organizzato
cioè
nei
partiti
politici
,
detti
dal
Jellineck
necessari
,
che
ispirano
la
loro
condotta
ad
una
concezione
universale
della
vita
sociale
.
Uno
Stato
dei
sindacati
(
che
poi
sarebbe
lo
Stato
dei
sindacati
maggiori
,
con
sacrificio
di
quelli
minori
)
dovrebbe
essere
uno
Stato
come
...
gli
altri
,
dovrebbe
cioè
fare
della
politica
come
gli
altri
;
per
guardare
ai
gruppi
e
non
agli
atomi
,
costringerebbe
forse
...
Dante
ad
iscriversi
nell
'
arte
degli
speziali
,
per
valer
qualcosa
;
ma
ridurrebbe
la
sua
politica
ad
una
piatta
,
materiale
e
utilitaristica
routine
amministrativa
.
Noi
però
non
condividiamo
tutta
la
sfiducia
del
Poggi
verso
il
sindacato
,
o
,
per
dir
meglio
,
tutta
la
fiducia
che
egli
ripone
nei
partiti
politici
.
Quello
dell
'
inserzione
dei
sindacati
nella
costituzione
politica
dello
Stato
è
un
problema
che
va
considerato
in
rapporto
allo
Stato
capitalistico
ed
in
rapporto
alla
società
socialista
.
L
'
esperienza
della
Russia
non
è
decisiva
perché
in
Russia
il
sindacalismo
politico
è
tramontato
col
tramontare
del
comunismo
.
Alfredo
Poggi
ha
ragione
se
e
finché
allude
al
sindacato
presente
.
In
regime
capitalistico
il
sindacato
è
necessariamente
un
'
organizzazione
a
scopi
limitati
e
particolari
.
Il
sindacato
non
si
forma
,
evidentemente
,
per
decidere
se
lo
Stato
debba
essere
laico
o
confessionale
,
oligarchico
o
democratico
,
militarista
o
pacifista
.
Ove
si
prefiggesse
scopi
di
questa
natura
,
verrebbe
a
mancargli
la
base
dell
'
esistenza
,
dappoiché
i
membri
di
una
società
non
hanno
bisogno
,
per
risolvere
siffatte
questioni
,
di
schierarsi
in
sindacati
professionali
distinti
.
A
ciò
sono
senza
dubbio
più
adatte
le
formazioni
di
partito
,
le
quali
permettono
agli
individui
di
schierarsi
secondo
le
proprie
convinzioni
e
non
in
vista
di
difendere
i
loro
particolari
interessi
professionali
ed
economici
.
Noi
,
però
,
non
ci
sentiamo
di
trarre
da
questa
premessa
tutte
le
illazioni
che
ne
trae
il
Poggi
;
noi
non
assegniamo
ai
partiti
tutte
le
virtù
universaliste
che
il
Poggi
loro
assegna
,
sia
pure
con
la
riserva
che
non
diventino
fazioni
o
consorterie
.
L
'
individuo
,
cioè
la
cellula
attiva
della
società
,
non
sparisce
nel
sindacato
più
di
quanto
non
sparisca
nel
partito
;
il
partito
può
diventare
particolarista
come
ogni
altra
forma
di
organizzazione
.
Le
burocrazie
politiche
sono
anch
'
esse
soggette
a
trasformarsi
in
sindacati
misti
per
il
monopolio
e
lo
sfruttamento
del
potere
politico
;
laonde
la
vera
universalità
si
dovrebbe
cercare
nella
mancanza
assoluta
di
ogni
privata
organizzazione
,
nel
rapporto
diretto
fra
lo
Stato
e
il
singolo
individuo
.
E
,
poiché
non
si
può
pretendere
che
i
membri
della
società
cessino
dall
'
associarsi
liberamente
in
vista
di
fini
particolari
,
così
pensiamo
che
il
sindacato
possa
servire
da
utile
contrappeso
alla
influenza
dei
partiti
politici
.
Del
resto
,
la
più
bella
prova
che
il
sindacato
assume
un
'
importanza
sempre
più
decisiva
nella
vita
delle
nazioni
è
data
dal
fatto
che
tutti
i
partiti
cercano
di
appoggiarsi
ai
sindacati
per
valere
qualche
cosa
.
Le
formazioni
politiche
sono
sempre
effimere
e
transitorie
,
mentre
l
'
organizzazione
di
classe
è
stabile
e
permanente
.
I
sentimenti
umani
sono
mobili
e
cangianti
come
la
moda
,
ma
le
classi
,
che
si
evolvono
lentamente
,
hanno
ben
altra
consistenza
e
stabilità
,
e
le
filosofie
politiche
stanno
alle
classi
come
l
'
abito
al
corpo
.
Detto
questo
,
siamo
i
primi
a
riconoscere
che
,
in
regime
di
lotta
di
classe
,
il
sindacato
non
può
assumere
vere
funzioni
politiche
.
Non
lo
può
perché
come
il
Poggi
giustamente
osserva
se
ha
da
compiere
la
funzione
tecnica
,
non
può
compiere
simultaneamente
anche
quella
politica
;
la
politica
dei
sindacati
,
in
regime
proprietario
,
rischierebbe
di
essere
la
politica
dei
grandi
sindacati
.
È
troppo
evidente
che
la
politica
generale
non
può
essere
fatta
con
degli
organismi
a
base
di
rappresentanze
paritarie
di
classe
,
come
sono
tutti
gli
organismi
del
lavoro
creati
dallo
Stato
moderno
.
Se
la
classe
operaia
accettasse
una
tale
soluzione
,
precluderebbe
a
se
stessa
la
via
al
proprio
definitivo
avvento
.
E
fuori
da
questi
organi
paritari
,
i
quali
funzionano
ottimamente
finché
attendono
a
mansioni
di
carattere
tecnico
,
non
si
vede
troppo
quale
altra
funzione
politica
possa
essere
riservata
al
sindacato
,
ossia
come
questo
possa
essere
inserito
nel
parlamento
di
un
paese
.
Si
è
accennato
in
questi
ultimi
tempi
alla
possibilità
di
dare
una
rappresentanza
ai
sindacati
,
come
tali
,
nell
'
Assemblea
legislativa
,
come
si
è
parlato
del
doppio
voto
:
il
professionale
e
il
politico
.
Ora
,
il
voto
professionale
è
già
in
uso
(
vedi
il
caso
dei
probiviri
)
;
può
essere
dunque
questione
soltanto
di
farne
una
più
larga
applicazione
aumentando
gli
istituti
operai
;
e
,
del
resto
,
nulla
impedisce
ai
sindacati
,
in
regime
democratico
,
di
entrare
nello
Stato
seguendo
le
vie
normali
del
suffragio
individuale
.
Gli
inglesi
hanno
risolto
magnificamente
il
problema
:
nelle
unioni
di
mestiere
fanno
la
politica
dei
miglioramenti
salariali
,
ma
con
le
unioni
di
mestiere
fanno
la
politica
nazionale
ed
universa
.
Le
unioni
di
mestiere
inglesi
non
hanno
mai
chiesto
di
essere
ammesse
,
come
tali
,
nell
'
Assemblea
legislativa
;
ma
le
unioni
inglesi
si
sona
immesse
da
se
stesse
nel
parlamento
politico
creando
un
organismo
"
ad
hoc
"
il
partito
del
lavoro
,
al
quale
,
naturalmente
,
l
'
aderire
non
è
obbligatorio
né
per
tutte
le
unioni
,
né
per
tutti
i
soci
di
una
stessa
unione
.
Libertà
per
i
politici
come
per
gli
apolitici
.
Sindacalismo
di
classe
e
socialismo
.
I
sindacati
liberi
,
senza
distinzione
di
tendenza
,
guardano
tutti
al
socialismo
come
ad
una
meta
ideale
;
e
in
ogni
loro
atto
si
trova
espressa
questa
loro
fiducia
in
un
profondo
rinnovamento
sociale
.
Le
conquiste
parziali
sono
sempre
collegate
,
nella
loro
mente
,
al
fine
ultimo
,
che
usiamo
chiamare
convenzionalmente
"
socialismo
"
o
"
comunismo
"
o
"
collettivismo
,
"
cioè
un
fine
che
per
essi
significa
liberazione
dalla
servitù
economica
.
I
confederalisti
professano
la
teoria
generale
della
socializzazione
,
senza
per
ciò
credere
che
si
debba
forzare
l
'
economia
rispetto
a
quei
rami
di
attività
che
non
si
prestano
o
non
sono
maturi
per
tale
trasformazione
.
Essi
seguono
,
in
materia
,
le
direttive
tracciate
dalla
grande
maggioranza
dei
sindacati
aderenti
alla
Federazione
internazionale
di
Amsterdam
.
Secondo
la
scuola
inglese
,
quando
le
industrie
sono
giunte
ad
uno
stato
di
monopolio
(
trust
)
o
di
quasi
-
monopolio
,
il
principio
della
nazionalizzazione
vi
deve
essere
applicato
.
Quanto
al
modo
della
gestione
pubblica
,
essi
ritengono
che
lo
Stato
debba
bensì
essere
il
proprietario
dei
mezzi
di
produzione
,
ma
non
per
questo
il
sistema
di
lavoro
deve
essere
accentrato
nelle
mani
dei
funzionari
dell
'
amministrazione
civile
.
Quando
lo
Stato
si
interessa
seriamente
agli
affari
industriali
,
è
costretto
ad
avvalersi
di
ben
altro
che
di
associazioni
politiche
o
di
gruppi
che
funzionino
politicamente
.
Esso
,
allora
,
tratta
come
un
mandatario
della
società
,
e
per
il
successo
del
suo
mandato
deve
chiamare
in
aiuto
le
associazioni
ed
i
gruppi
che
sono
interessati
alla
esecuzione
del
mandato
,
così
come
il
consumatore
è
interessato
ai
risultati
del
medesimo
.
Man
mano
che
l
'
idea
della
socializzazione
impone
nuovi
compiti
e
nuove
responsabilità
allo
Stato
,
questo
deve
adattarsi
ai
nuovi
doveri
di
amministrazione
,
perfezionando
ed
estendendo
la
propria
organizzazione
.
La
burocrazia
scrive
il
Mac
Donald
è
amministrazione
di
uomini
dotati
di
autorità
statale
,
investiti
dell
'
ufficio
di
funzionari
dello
Stato
;
essa
presuppone
che
la
direzione
non
attinga
la
sua
autorità
dal
basso
e
dal
rapporto
con
gli
affari
che
controlla
,
ma
dall
'
alto
,
dal
potere
generale
e
sovrano
dello
Stato
.
Il
pubblico
controllo
è
invece
un
'
amministrazione
retta
da
persone
,
la
cui
posizione
,
la
cui
autorità
proviene
dalla
organizzazione
nella
quale
operarono
.
Mentre
questi
si
elevano
all
'
autorità
,
il
burocrate
discende
con
l
'
autorità
.
I
primi
sono
nel
sistema
e
per
il
sistema
,
il
burocrate
è
sopra
il
sistema
e
fuori
di
esso
.
Nulla
indica
sino
a
questo
momento
che
lo
Stato
sia
prossimo
a
sparire
,
per
lasciar
posto
ad
una
semplice
gestione
amministrativa
,
come
Marx
prevedeva
,
o
per
essere
assorbito
,
in
ciò
che
ha
di
immanente
,
dai
sindacati
,
secondo
la
concezione
soreliana
.
L
'
esperimento
russo
è
lungi
dal
confermare
siffatte
previsioni
e
concezioni
.
Lo
Stato
si
evolve
,
ecco
tutto
.
Allo
Stato
borghese
succede
lo
Stato
operaio
.
Questi
due
Stati
sono
necessariamente
diversi
nella
loro
costituzione
e
natura
.
Il
primo
è
essenzialmente
politico
,
e
le
sue
attribuzioni
sono
ridotte
ai
minimi
termini
;
il
secondo
è
essenzialmente
economico
-
industriale
,
ed
implica
una
struttura
assai
più
complessa
.
Il
governo
della
classe
operaia
si
concreta
nel
governo
della
produzione
.
L
'
importante
non
è
,
dunque
,
di
inserire
il
sindacato
nell
'
impalcatura
politica
borghese
,
bensì
di
inserirlo
nel
tessuto
economico
della
società
.
A
questo
si
perviene
per
vie
diverse
.
Vi
sono
cooperatori
i
quali
pensano
,
per
esempio
,
che
si
possa
giungere
all
'
abolizione
del
sistema
del
profitto
riorganizzando
dall
'
interno
l
'
economia
mediante
la
cooperazione
.
Se
la
grande
massa
dei
consumatori
poveri
cessasse
dall
'
acquistare
i
prodotti
dai
privati
commercianti
,
questi
verrebbero
automaticamente
eliminati
dal
processo
di
distribuzione
;
ed
,
una
volta
che
l
'
organizzazione
dei
consumatori
è
divenuta
potente
,
essa
può
assumersi
anche
la
gestione
della
produzione
.
Sarà
questa
una
concezione
unilaterale
;
a
un
dato
momento
i
cooperatori
si
troveranno
di
fronte
a
difficoltà
quasi
insormontabili
,
e
dovranno
ricorrere
ad
altre
forme
d
'
azione
per
conseguire
interamente
i
loro
scopi
.
Tutto
ciò
è
verissimo
,
ma
non
si
può
negare
che
la
trasformazione
del
sistema
capitalistico
si
effettui
mediante
l
'
inserzione
del
principio
sindacale
nel
tessuto
economico
delle
nazioni
.
A
fianco
di
questa
azione
indipendente
,
si
può
sviluppare
quella
che
tende
a
dare
agli
operai
un
'
ingerenza
nell
'
azienda
capitalistica
,
e
il
preferire
l
'
una
o
l
'
altra
non
dipende
che
dalle
circostanze
.
Certo
è
,
però
,
che
tutte
queste
forme
d
'
azione
e
d
'
organizzazione
conducono
ad
un
risultato
unico
:
la
gestione
pubblica
.
I
modi
e
i
limiti
della
socializzazione
non
si
possono
determinare
a
priori
.
Tutti
i
piani
prestabiliti
sono
destinati
a
subire
nella
pratica
profonde
modificazioni
.
Val
quanto
dire
che
il
socialismo
non
è
un
modo
di
vita
,
un
ordine
sociale
di
cui
si
conoscano
gli
schemi
particolareggiati
,
ma
una
tendenza
della
società
.
Il
proletariato
aspira
ad
emanciparsi
dalla
servitù
economica
.
Sua
missione
storica
è
di
effettuare
un
ordine
economico
dal
quale
sia
bandito
lo
sfruttamento
dell
'
uomo
sull
'
uomo
.
La
dottrina
socialista
ha
per
funzione
di
orientare
le
masse
in
tale
direzione
.
Non
importa
sapere
(
non
importa
,
perché
non
sarebbe
possibile
)
a
quali
transazioni
si
debba
giungere
col
principio
individualista
;
l
'
essenziale
è
non
transigere
in
sede
morale
.
Il
sindacalismo
di
classe
nega
il
capitalismo
,
condanna
in
blocco
il
sistema
del
profitto
come
contrario
alla
libertà
ed
alla
morale
,
ma
transige
con
esso
quando
la
transigenza
è
necessaria
.
Se
il
sindacato
da
sé
solo
è
impotente
a
risolvere
il
problema
sociale
,
la
politica
,
da
sola
,
è
più
impotente
ancora
.
La
critica
al
sistema
capitalistico
è
certamente
necessaria
,
ma
,
se
essa
serve
a
modificare
il
modo
di
pensare
degli
uomini
,
non
crea
nulla
per
se
stessa
.
I
partiti
,
in
quanto
sono
formati
da
un
insieme
di
critici
e
di
dialettici
,
potranno
stilare
formule
perfette
,
ma
esse
rimarranno
senza
effetto
pratico
se
non
troveranno
l
'
ambiente
adatto
a
tradurle
nella
realtà
.
La
crisi
delle
tendenze
è
precisamente
la
crisi
del
vuoto
.
La
trasformazione
sociale
è
innanzi
tutto
un
problema
di
organi
,
di
funzioni
,
di
capacità
.
Il
movimento
operaio
elabora
dentro
di
sé
questi
organi
,
queste
funzioni
,
queste
capacità
.
Il
sindacalismo
di
classe
è
una
prassi
volta
a
effettuare
la
democrazia
del
lavoro
.
Torna
quindi
l
'
antica
conclusione
:
il
movimento
sindacale
e
il
movimento
politico
hanno
pari
importanza
e
sono
ugualmente
necessari
.
Paure ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Non
è
la
prima
volta
che
gli
italiani
si
precipitano
compatti
a
destra
,
osserva
su
«
La
Stampa
»
Norberto
Bobbio
,
ricordando
che
anche
nel
1948
la
grande
paura
della
sinistra
portò
a
quel
voto
democristiano
che
ci
avrebbe
condizionato
per
mezzo
secolo
.
Anche
altri
hanno
scritto
di
questa
paura
della
sinistra
che
continuerebbe
a
far
tremare
le
masse
.
Nel
1994
paura
dei
progressisti
,
cavallo
di
Troia
dei
comunisti
?
Stento
a
crederlo
.
Nel
1948
l
'
Urss
era
uscita
dalla
guerra
come
grande
potenza
,
che
,
dopo
aver
fermato
i
tedeschi
all
'
Est
e
ripreso
Berlino
,
aveva
il
controllo
su
Polonia
,
Cecoslovacchia
,
Ungheria
,
Romania
,
Bulgaria
,
per
un
poco
la
Iugoslavia
e
i
paesi
baltici
.
La
minaccia
sovietica
era
assai
minore
di
quel
che
si
dice
,
per
le
disastrose
condizioni
nelle
quali
l
'
invasione
tedesca
aveva
lasciato
l
'
Est
e
perché
Yalta
aveva
fermamente
determinato
le
aree
di
influenza
a
favore
della
intatta
potenza
militare
ed
economica
americana
;
ma
si
poteva
temere
,
almeno
in
Italia
e
in
Francia
,
una
egemonia
dei
partiti
comunisti
.
Erano
diventati
forti
nei
fronti
popolari
,
avevano
praticamente
diretto
la
resistenza
,
il
fascismo
faceva
orrore
,
una
ventata
di
sinistra
spolverava
gli
scaffali
della
vecchia
Europa
.
Ma
nel
1994
?
L
'
Unione
Sovietica
non
esiste
più
.
Le
grandi
potenze
che
si
affacciano
nel
mondo
,
Germania
e
Giappone
,
sono
per
i
borghesi
del
tutto
rassicuranti
.
Minacce
di
armate
rosse
non
se
ne
vedono
.
Va
da
sé
che
il
comunismo
è
morto
,
e
in
ogni
caso
l
'
Italia
sembra
tutto
fuorché
sull
'
orlo
d
'
una
rivoluzione
operaia
.
Nessuno
mi
persuaderà
che
chi
ha
votato
Berlusconi
,
Fini
e
Bossi
lo
abbia
fatto
per
timore
della
dittatura
del
proletariato
.
Per
timore
di
espropri
,
nazionalizzazioni
,
comandi
operai
in
azienda
.
Quel
voto
massiccio
del
triangolo
industriale
non
è
un
voto
«
contro
»
la
sinistra
,
è
un
voto
«
per
»
la
destra
.
Nella
sinistra
non
credono
più
perché
pensano
che
ormai
padroni
,
capitale
,
Europa
dei
tedeschi
che
l
'
hanno
fatta
,
la
società
è
diretta
dai
più
ricchi
e
più
forti
,
la
competitività
è
selvaggia
attorno
a
una
torta
non
sufficientemente
vasta
e
da
dividere
fra
tutti
.
Il
Nord
non
ha
votato
per
la
democrazia
e
l
'
Occidente
,
ha
votato
per
sé
.
Ha
detto
addio
al
«
vecchio
sistema
politico
»
perché
«
assistenziale
»
e
ha
affondato
Martinazzoli
e
Rosy
Bindi
perché
ancora
proponevano
una
relativa
suddivisione
dei
carichi
.
Chi
ha
,
non
intende
più
assistere
nessuno
.
Se
ci
dev
'
essere
una
sola
Italia
,
sia
quella
di
Fini
,
dove
i
poveri
stanno
al
loro
posto
,
i
giovani
non
sono
fannulloni
,
le
donne
stanno
a
casa
a
fungere
da
stato
sociale
.
Oppure
sia
l
'
Italia
di
Berlusconi
,
dove
tutto
funziona
come
in
una
squadra
di
calcio
o
un
'
azienda
,
non
occorrono
le
SS
,
basta
un
capo
del
personale
;
riconosciamo
che
c
'
è
una
differenza
.
Hanno
tenuto
le
regioni
rosse
perché
le
amministrazioni
di
sinistra
avevano
garantito
un
modello
produttivo
di
piccole
e
medie
aziende
.
E
il
Sud
-
tolta
Roma
e
la
Sicilia
,
le
più
vendicative
e
malate
-
si
è
arroccato
come
poteva
.
Questo
mi
pare
il
senso
del
voto
.
Paura
per
sé
in
un
sistema
che
ha
un
solo
modello
e
molto
rigido
.
Non
è
la
classica
reazione
piccolo
borghese
.
Per
questa
sarebbe
bastata
come
sempre
la
Democrazia
cristiana
.
Uno
guarda
sui
grafici
la
suddivisione
della
nuova
camera
e
vede
la
società
dei
due
terzi
di
Glotz
.
E
sui
giornali
già
si
profila
un
qualche
allineamento
sui
vincenti
,
che
per
qualche
giorno
paiono
incredibili
alla
stampa
estera
.
E
chi
sarà
mai
,
questo
Berlusconi
?
Non
è
neanche
fascista
come
Fini
,
né
maleducato
come
Bossi
.
Se
non
piace
agli
intellettuali
,
vuol
dire
che
ha
i
piedi
per
terra
,
saprà
far
andare
le
cose
,
non
spaccherà
l
'
Italia
e
la
farà
rigare
dritta
dalle
Alpi
a
Lampedusa
.
Chi
accetta
le
regole
del
gioco
entra
nel
gioco
,
non
senza
trarre
saporose
vendette
su
chi
non
ci
sta
.
C
'
è
però
un
tratto
comune
con
il
1948;
sta
nella
paura
dell
'
assumersi
responsabilità
totali
su
di
sé
,
marciare
sulle
proprie
gambe
in
una
società
terrestre
di
cittadini
in
linea
di
principio
uguali
.
Nel
1948
l
'
Italia
non
si
dava
,
per
difendersi
dai
comunisti
,
un
normale
governo
democratico
,
correva
sotto
il
mantello
della
Chiesa
,
pregando
la
Madonna
e
facendosi
consigliare
dai
parroci
.
Quella
del
1994
per
difendersi
dall
'
esclusione
è
corsa
sotto
il
mantello
dell
'
Imprenditore
,
facendosi
consigliare
dalla
televisione
.
Non
inganniamoci
:
Rai
e
Fininvest
sono
state
identiche
nell
'
irridere
alle
«
utopie
»
che
dividono
sfera
politica
e
sfera
economica
,
nel
vantare
il
mercato
non
come
regolatore
dello
scambio
ma
come
regolatore
dei
valori
,
principio
dell
'
etica
pubblica
.
Un
intelligente
amico
di
Milano
,
Italia
chiedeva
qualche
mese
fa
a
un
invitato
:
ma
lei
crede
ancora
che
ci
siano
diritti
a
prescindere
dal
mercato
?
Lo
domandava
sul
serio
,
lui
non
ci
credeva
più
,
e
l
'
altro
si
difendeva
in
modo
un
po
'
cattolico
.
Questa
totalizzazione
dell
'
economico
è
manifestamente
la
fine
d
'
una
divisione
dei
poteri
fra
politico
ed
economico
,
ma
con
questo
è
anche
la
fine
di
un
possibile
primato
della
persona
.
L
'
individualismo
del
mercato
è
quello
dell
'
imprenditore
e
solo
il
suo
.
Chi
non
ha
capitale
è
macchina
o
merce
o
consumatore
,
non
è
metro
sul
quale
si
misura
il
modo
di
produrre
e
organizzare
la
propria
esistenza
.
E
qui
s
'
è
verificato
l
'
incontro
fra
destra
e
postmoderno
,
nella
riduzione
dell
'
io
debole
a
privatezze
che
lo
rendono
solipsista
,
se
ha
un
certo
reddito
,
e
obbediente
,
se
non
lo
ha
.
Si
tratta
d
'
una
appena
travestita
regressione
a
prima
della
Rivoluzione
francese
.
Non
è
un
'
operazione
semplice
e
scompagina
le
culture
.
Se
il
1994
segna
una
data
storica
,
è
nel
senso
che
il
carisma
della
Chiesa
ha
ceduto
a
quello
di
Berlusconi
.
La
Chiesa
era
tornata
sulla
scena
politica
dopo
una
lunga
assenza
per
invocare
l
'
unità
dei
cattolici
contro
il
capitalismo
selvaggio
e
in
favore
di
quello
temperato
dalla
solidarietà
e
dai
valori
che
vorrebbe
Martinazzoli
.
Ma
non
ha
funzionato
,
perché
nessun
valore
ha
mai
temperato
le
scelte
del
capitale
;
le
ha
moderate
talvolta
lo
Stato
moderno
,
e
con
la
stessa
mano
sorrette
,
diminuendo
gli
attriti
che
il
suo
selvaggio
procedere
provocava
.
Forse
che
le
politiche
sul
mezzogiorno
non
hanno
fornito
un
esercito
di
riserva
al
Nord
,
e
la
spesa
pubblica
non
ha
permesso
i
bassi
salari
?
Per
favore
.
La
Chiesa
sarà
per
il
primato
dell
'
uomo
,
ma
non
per
quello
del
cittadino
.
Tutta
la
sua
storia
dopo
i
Padri
è
una
trattativa
con
i
poteri
per
spartirsi
il
terreno
,
a
loro
gli
eserciti
e
la
proprietà
,
alla
sede
di
Pietro
la
gerarchia
dei
valori
.
Ma
nei
momenti
di
impetuosa
crescita
del
capitale
,
essa
perde
sempre
.
Le
strade
del
Signore
sono
infinite
ma
quelle
del
capitale
sembrano
più
sbrigative
.
Così
l
'
Italia
si
è
scristianizzata
.
Non
era
vero
che
la
parola
partito
destasse
ormai
in
tutti
una
vivace
repulsione
.
Lo
credevamo
a
torto
.
Berlusconi
ha
parlato
con
orgoglio
del
suo
partito
,
spuntato
come
un
fungo
:
la
sua
rapidità
di
crescita
,
ha
detto
commentando
il
voto
,
dimostra
come
l
'
Italia
fervesse
del
bisogno
di
raggrupparsi
,
fare
finalmente
riunioni
e
dedicarsi
al
volantinaggio
.
Le
mancava
soltanto
la
sigla
giusta
.
Anche
quello
di
Fini
è
un
partito
,
e
muscoloso
.
E
un
partito
è
la
Lega
,
con
attivisti
,
congressi
,
funzionari
e
tutto
.
Dunque
la
forma
partito
va
ancora
.
Va
per
quello
che
avevamo
stigmatizzato
come
il
suo
maggior
vizio
,
la
centralizzazione
,
il
potere
del
capo
.
Dunque
quel
che
si
voleva
non
era
tanto
distruggere
i
partiti
,
ma
adeguarli
ai
soggetti
postindustrialmente
ruggenti
.
Anche
il
precetto
dell
'
onestà
si
è
rivelato
relativo
,
Berlusconi
s
'
è
arricchito
alle
spalle
dei
cittadini
con
il
Caf
?
Che
altro
poteva
fare
.
C
'
è
qualche
piccolo
sospetto
su
legami
mafiosi
?
Bisogna
essere
garantisti
.
Tutto
è
relativo
.
E
quanto
al
leader
referendario
,
l
'
identificazione
diretta
,
personale
,
ravvicinata
fra
cittadino
e
potere
,
sarà
per
un
'
altra
volta
.
StampaPeriodica ,
...
Non
è
più
il
Goliardo
Fascista
il
giovane
privo
di
spina
dorsale
e
di
tutto
ciò
che
è
romanamente
maschio
;
quello
che
ha
quasi
l
'
orgoglio
di
sentirsi
già
vecchio
,
l
'
ipercritico
e
l
'
ironista
che
tutto
vede
con
pessimismo
e
tutto
distrugge
senza
creare
nulla
;
colui
che
ricerca
disperatamente
tutto
ciò
che
è
più
raffinato
e
snobistico
,
e
non
sa
gustare
la
bellezza
delle
vie
più
semplici
assegnategli
da
Dio
:
colui
che
non
sa
tendere
la
sua
vita
a
nessun
Ideale
perché
tutti
gli
Ideali
ha
abbassati
ad
uno
stesso
zero
comune
,
e
della
vita
non
conosce
nessun
entusiasmo
;
colui
che
non
sa
riconoscere
,
nemmeno
in
sé
stesso
,
alcuna
disciplina
;
colui
che
anche
come
studente
vale
perfettamente
nulla
in
quanto
sa
già
a
quale
posizione
l
'
abbia
destinato
la
magnanimità
della
loggia
...
paterna
.
Non
è
neppure
il
Goliardo
Fascista
lo
studioso
di
professione
,
quello
che
dice
sempre
:
"
sì
"
,
che
non
fa
che
ingoiare
libri
su
libri
senza
saper
trarne
alcuna
idea
;
quello
che
non
sa
concepire
la
scuola
altro
che
come
un
campionato
di
sollevamento
pesi
;
quello
che
noi
bolliamo
,
fotograficamente
,
col
nominativo
di
"
secchia
"
...
I
Goliardi
,
come
il
Duce
vuole
,
studieranno
sui
loro
libri
e
sapranno
trarre
dalla
Scuola
tutto
quanto
essa
potrà
dare
,
con
la
segreta
speranza
che
le
Università
vadano
sempre
più
avvicinandosi
alla
loro
anima
fascistissima
,
e
che
detti
libri
siano
sempre
meglio
aderenti
alla
vita
d
'
oggi
:
così
prepareranno
le
loro
menti
ad
occupare
con
piena
consapevolezza
i
posti
dirigenti
nell
'
Italia
,
immancabilmente
più
grande
e
più
potente
,
di
domani
.
Ma
i
Goliardi
sapranno
anche
,
sempre
,
temprare
le
loro
volontà
nella
gioia
d
'
imbracciare
i
loro
moschetti
,
preparando
il
fisico
e
la
coscienza
nella
sana
e
virile
disciplina
del
glorioso
Grigio
Verde
,
e
,
compatti
nelle
loro
Centurie
,
sapranno
sempre
offrire
al
Duce
,
per
quelle
mete
che
essi
sentono
,
e
ch
'
Egli
solo
conosce
,
gioiosamente
,
come
per
il
passato
,
la
loro
giovinezza
.
Al
Libro
ed
al
Moschetto
,
con
Lui
,
e
per
la
Patria
,
tutta
la
nostra
vita
.
Goliardi
Fascisti
,
"
A
Noi
!
"
StampaQuotidiana ,
Neanche
dopo
una
travolgente
ondata
elettorale
abbiamo
una
destra
che
riesce
a
essere
presentabile
,
o
almeno
capace
di
sembrarlo
come
nel
resto
d
'
Europa
.
Ne
abbiamo
tre
lacerti
impossibilitati
al
compromesso
e
trascinati
in
una
zuffa
per
il
primato
alla
fine
della
quale
almeno
uno
resterà
cadavere
sul
terreno
.
Gli
opinionisti
dell
'
ex
centro
vorrebbero
che
fosse
Bossi
,
quelli
dell
'
ex
sinistra
preferirebbero
Berlusconi
.
La
testa
di
Fini
non
la
chiede
nessuno
,
perché
per
ora
si
tiene
defilato
alle
spalle
del
cavaliere
.
Non
sorprende
che
in
Italia
non
sia
agevole
per
la
destra
darsi
espressione
politica
coerente
.
Fino
a
ieri
l
'
altro
è
stata
fascista
,
poi
democratico
-
cristiana
e
poi
democristian
-
socialista
,
e
tutte
e
tre
sono
finite
indecentemente
.
Né
va
da
sé
un
riproporsi
sotto
forme
fasciste
nell
'
Europa
del
1994
:
per
questo
,
si
suppone
,
Vittorio
Foa
o
Norberto
Bobbio
ritenevano
finita
la
funzione
dell
'
antifascismo
e
Lucio
Colletti
garantiva
l
'
innocuità
di
Fini
.
Con
qualche
imprudenza
,
perché
un
grosso
voto
fascista
apre
la
strada
a
uno
Stato
manganellatore
,
e
non
è
detto
che
se
la
crisi
sociale
si
acutizza
esso
non
torni
utile
:
dopo
una
prima
perplessità
,
«
Le
Figaro
»
invidia
all
'
Italia
un
governo
che
saprebbe
rispondere
meglio
di
Balladur
ai
disoccupati
e
ai
giovani
in
piazza
.
Né
è
facile
tornare
democristiani
malgrado
le
preghiere
dei
vescovi
.
Nelle
pentole
scoperchiate
da
Mani
pulite
è
esplosa
l
'
unità
politica
dei
cattolici
,
metà
dei
quali
si
sono
consegnati
al
signore
degli
spot
,
subito
seguiti
da
metà
della
Chiesa
.
Un
partito
cattolico
doveva
essere
interclassista
e
per
l
'
interclassismo
spazio
non
ce
n
'
è
più
.
La
domanda
più
interessante
è
perché
da
noi
non
si
sia
mai
formata
una
destra
moderna
e
liberale
.
Einaudi
fu
presidente
più
per
stima
che
per
convinzione
,
Malagodi
restò
poca
cosa
,
inutilmente
Pannunzio
,
Scalfari
e
Ad
hanno
coltivato
i
fragili
La
Malfa
o
Segni
,
o
qualche
altro
si
è
illuso
su
boccioli
presto
degenerati
,
tipo
Martelli
o
i
radicali
.
È
dall
'
epoca
di
Beccaria
che
una
borghesia
puritana
e
industriosa
,
una
cultura
conservatrice
e
liberale
non
abitano
qui
.
Qui
abita
in
Bossi
,
sola
novità
,
l
'
eredità
della
incompiutezza
capitalistica
del
paese
.
Essa
riflette
anche
nei
nostri
confini
la
nuova
divisione
del
mondo
,
non
più
fra
capitalismo
e
socialismo
,
fra
Stato
e
Stato
nazionale
,
ma
fra
zone
forti
e
zone
deboli
.
Perciò
Bossi
è
altro
da
Fini
e
Berlusconi
,
e
venderà
cara
la
sua
pelle
.
Quanto
a
Berlusconi
,
è
la
sinistra
sconfitta
a
vedere
in
lui
un
capitale
nazionale
a
statura
europea
,
piuttosto
che
le
banche
continentali
che
ne
conoscono
i
conti
.
E
Fini
,
sarà
tanto
se
al
parlamento
europeo
qualcuno
non
chiederà
di
metterci
fuori
dalla
Comunità
,
se
lo
portiamo
al
governo
.
Già
Ciampi
ha
avvertito
che
gli
dorrebbe
di
essere
stato
Facta
.
Mentre
la
destra
insegue
se
stessa
,
gli
intellettuali
di
sinistra
inseguono
i
sogni
.
Pensare
che
erano
stati
severamente
ammoniti
di
tornare
a
terra
,
smetterla
con
il
messianismo
,
le
utopie
,
le
chimere
del
socialismo
e
,
Dio
non
voglia
,
comunismo
.
Massimo
Cacciari
confida
a
«
Repubblica
»
che
se
i
progressisti
non
ce
l
'
hanno
fatta
è
solo
per
via
dell
'
immagine
:
alla
faccia
nuova
e
seducente
di
Berlusconi
non
hanno
opposto
che
quella
nota
e
poco
amena
di
Occhetto
.
Ma
quel
che
in
Cacciari
suona
ancora
come
un
certo
disprezzo
per
le
élections
piège
à
cons
,
in
molti
nostri
amici
diventa
filosofia
e
la
confidano
al
«
Cerchio
quadrato
»
.
Il
«
polo
della
libertà
»
ha
vinto
,
scrivono
domenica
scorsa
,
non
perché
prometteva
occupazione
e
meno
tasse
,
ma
perché
,
come
Ariel
nella
Tempesta
,
liberava
la
fantasia
,
dava
voce
alle
pulsioni
del
profondo
,
esprimeva
spinte
esistenziali
.
La
mancanza
della
sinistra
non
è
stata
di
idee
,
per
non
dire
di
progetto
(
tediosissima
parola
)
ma
di
miti
e
di
sogni
.
Soprattutto
di
sogni
,
perché
il
mito
ha
un
suo
qualche
spessore
e
durata
,
talvolta
ha
a
che
fare
con
il
logos
,
il
razionalismo
,
l
'
illuminismo
,
l
'
assolutismo
laico
che
ci
hanno
malefiziato
finora
.
I
bisogni
,
come
dice
la
parola
stessa
,
sono
in
gran
parte
fatti
di
sogni
.
I
progressisti
non
l
'
hanno
capito
e
ci
hanno
inondato
-
basti
pensare
alle
loro
prestazioni
televisive
-
di
concretezza
e
materialità
,
antico
vizio
da
modernità
perdente
.
Non
che
le
cosiddette
questioni
sociali
siano
irrilevanti
,
ma
quel
che
conta
sono
le
vie
esistenziali
del
malessere
,
che
dipendono
dall
'
immaginario
.
La
tv
ammonisce
il
nostro
bieco
economicismo
che
non
è
l
'
essere
a
determinare
la
coscienza
ma
viceversa
.
All
'
anima
.
Non
l
'
avevano
capito
neanche
i
francofortesi
,
e
Dio
sa
quanto
diffidassero
dalle
trappole
.
Ma
sono
poi
trappole
?
Le
mie
amiche
della
differenza
lo
chiamano
ordine
simbolico
,
insistono
che
è
decisivo
,
ma
talvolta
scordano
che
gli
ordini
simbolici
non
si
inventano
,
non
si
autolegittimano
,
non
vanno
in
parallelo
agli
ordini
reali
,
ne
sono
una
proiezione
e
tendono
a
eternarli
.
E
quindi
non
si
abbattono
per
dichiarazione
.
Un
ordine
simbolico
diverso
presuppone
o
impone
ordini
sociali
diversi
.
In
questo
senso
è
vero
quel
che
altri
scrive
:
che
non
è
più
tempo
di
disvelamenti
.
Tutto
è
disvelato
nella
sua
serializzazione
e
mercificazione
,
ma
ambedue
sono
accettate
.
Finiamola
di
credere
che
la
gente
non
sa
quel
che
vota
.
Ha
votato
Berlusconi
non
perché
appariva
favoloso
,
ma
esattamente
quel
che
è
,
un
padrone
lombardo
furbo
che
ce
l
'
ha
fatta
con
il
Caf
e
dopo
.
Da
soli
gli
italiani
non
pensano
più
di
farcela
,
se
mai
l
'
hanno
pensato
.
Questa
è
la
miseria
,
e
miserabilismo
è
lo
starci
.
Fuggendo
nell
'
immaginario
e
affidando
alla
genetica
vocazione
antiautoritaria
del
mercato
di
regolare
le
cose
per
noi
,
spazzando
le
escrescenze
patrimoniali
del
potere
,
che
dovrebbero
mettere
in
contraddizione
il
Berlusconi
profittatore
di
regime
con
il
Berlusconi
liberista
e
garantire
la
società
«
sana
»
.
Sana
come
la
Mosca
di
Eltsin
...
ma
via
,
prendiamo
il
meglio
,
la
Germania
,
il
Giappone
,
il
Sudest
asiatico
,
New
York
,
Messico
.
Che
il
mondo
sia
ammalato
e
si
aggraverà
se
non
cambia
un
sistema
fondato
sulla
competitività
,
si
dice
oggi
correntemente
a
Bruxelles
e
alle
Nazioni
Unite
.
I
progressisti
invece
ne
dubitano
,
e
sono
pronti
a
battersi
il
petto
perché
sugli
spiriti
libertari
del
mercato
sarebbero
stati
messi
lacci
e
lacciuoli
,
e
sui
lavoratori
troppe
provvidenze
.
Basterebbe
che
la
gente
desse
retta
alle
proprie
domande
immateriali
invece
che
a
quelle
di
salario
,
magari
autoledendosi
per
un
po
'
,
e
tutto
si
aggiusterebbe
.
Come
dice
il
Fondo
monetario
internazionale
.
Cari
amici
,
perdiamo
perché
siamo
incantati
dall
'
avversario
.
Di
che
materia
sarebbero
fatti
i
nostri
sogni
se
è
stato
un
abbaglio
credere
di
dovere
e
poter
cambiare
questo
mondo
?
Su
che
cosa
fonderemmo
una
comunità
altra
,
se
già
sono
garantite
da
questa
le
ragioni
della
libertà
?
Se
non
è
questione
di
vita
o
morte
per
sette
degli
otto
miliardi
di
persone
che
fra
un
po
'
siamo
,
e
ormai
per
un
margine
crescente
delle
nostre
periferie
?
Non
si
fa
politica
senza
necessità
.
Non
è
un
optional
.
Se
le
cose
vanno
da
sé
e
in
fondo
non
tanto
male
,
facciamo
a
meno
della
sinistra
o
almeno
non
prendiamola
sul
serio
.
Perché
tanta
enfasi
?
Sembra
sempre
che
cada
il
mondo
e
invece
abbiamo
solo
i
fascisti
di
ritorno
.
Enrico
Ghezzi
ha
fatto
vedere
a
Fuori
Orario
,
la
notte
prima
del
voto
,
Tre
inni
a
Lenin
di
Dziga
Vertov
.
Curiosa
scelta
e
bizzarro
prodotto
.
Girato
negli
anni
venti
,
montato
nel
1934
-
alle
spalle
di
quel
Congresso
dei
vincitori
del
cui
Comitato
centrale
sarebbero
rimasti
vivi
in
una
dozzina
-
e
rimontato
con
musiche
orrende
negli
anni
settanta
.
Le
immagini
bellissime
parlano
di
un
sogno
.
Mio
,
dice
la
gente
,
tutto
mio
.
La
mia
terra
,
la
mia
fabbrica
,
la
mia
elettricità
,
il
mio
libro
,
il
mio
potere
.
Mio
di
lui
,
mio
di
lei
.
Mio
di
tutti
.
Neppure
la
grondante
retorica
delle
scritte
non
so
quando
sovrapposte
offusca
questo
sogno
dei
sogni
,
cui
abbiamo
rinunciato
non
per
troppa
scienza
.
Per
troppa
paura
di
vedere
che
cosa
è
stato
,
dove
e
perché
s
'
è
spezzato
,
gli
giriamo
attorno
,
coltiviamo
risentimenti
e
oblii
.
StampaPeriodica ,
Farinacci
non
è
là
per
caso
.
Non
è
il
prodotto
di
un
'
infatuazione
momentanea
di
folle
inconscie
,
non
è
stato
messo
a
capo
dell
'
organizzazione
del
Partito
per
intrighi
d
'
anticamera
o
di
corridoio
.
È
il
sintomo
di
una
situazione
ed
è
il
rimedio
contro
un
male
.
Bisogna
pur
farsi
tutti
una
ragione
del
fenomeno
Farinacci
.
E
per
farsela
bisogna
tornare
alla
crisi
Matteotti
ed
ai
sei
od
otto
mesi
che
l
'
hanno
seguita
.
Era
nell
'
opinione
di
molti
,
di
moltissimi
anche
amici
del
Fascismo
e
iscritti
al
Fascismo
che
il
Fascismo
costituisse
l
'
improvvisa
ed
occasionale
reazione
contro
una
malattia
acuta
ed
improvvisa
:
la
reazione
alla
crisi
del
dopoguerra
.
Ma
che
,
dopo
il
Fascismo
(
lo
definivano
"
uno
stato
d
'
animo
e
basta
"
)
,
dovesse
risorgere
a
nuovi
splendori
lo
stato
costituzionale
sulla
base
di
prima
,
sul
tipo
di
prima
,
ma
rafforzato
da
questa
grande
lezione
storica
apportata
dal
sacrificio
di
tante
giovinezze
...
L
'
alone
di
popolarità
che
aveva
accompagnato
il
Governo
fino
ai
giorni
del
delitto
Matteotti
si
era
in
gran
parte
dissipato
;
e
le
maggioranze
parlamentari
erano
infide
e
franose
come
tutte
le
maggioranze
.
Ma
nessuno
se
la
sentiva
di
gettare
il
paese
,
nuovamente
,
nella
geenna
di
una
situazione
insurrezionale
...
Nessuno
:
tranne
alcuni
pochissimi
capi
fascisti
e
la
maggioranza
dei
loro
giovani
gregari
.
E
questo
fu
il
cardine
della
salvezza
.
Giovanni
Gentile
presidente
della
Commissione
dei
Diciotto
,
Roberto
Farinacci
segretario
generale
del
Partito
,
erano
i
due
esponenti
della
via
d
'
uscita
che
l
'
esperienza
terribile
aveva
indicata
:
riforme
costituzionali
e
un
rassodamento
del
Fascismo
guerriero
.
Farinacci
rappresentava
,
nel
senso
più
tipico
e
non
peggiore
,
il
più
focoso
rassismo
provinciale
.
Era
l
'
esponente
dello
spirito
mimetico
,
bellicoso
e
intransigente
dei
ranghi
.
E
poiché
erano
i
ranghi
che
in
questo
caso
avevano
ridato
forza
e
possibilità
di
azione
alla
testa
,
bisognava
rialzarli
ai
loro
stessi
occhi
e
in
pari
tempo
garantirne
la
disciplina
più
seriamente
che
per
il
passato
.
Per
far
questo
occorreva
un
generale
venuto
su
(
e
non
v
'
è
ingiuria
nel
dirlo
)
dalla
bassa
forza
,
un
generale
che
conservasse
tutto
lo
zelo
candido
e
le
capacità
spicciole
di
esecuzione
immediata
di
un
buon
sergente
di
truppa
.
Di
un
uomo
disposto
a
prendere
per
il
petto
gl
'
indisciplinati
,
e
capace
di
risolvere
le
intricatissime
beghe
locali
senza
troppe
sottigliezze
e
amletismi
,
ma
con
brusca
e
sia
pur
rozza
praticità
.
In
tutto
ciò
che
s
'
è
detto
si
riassume
in
gran
parte
la
funzione
di
Farinacci
.
Egli
è
a
capo
della
organizzazione
di
partito
per
disciplinare
più
profondamente
le
file
,
per
potenziare
lo
spirito
intransigente
violento
e
combattivo
della
massa
,
e
per
essere
,
dentro
e
fuori
del
partito
,
un
minaccioso
cane
da
guardia
di
tutto
quel
complesso
di
provvedimenti
e
di
riforme
,
legislative
e
costituzionali
,
nelle
quali
debbono
ormai
avviarsi
a
prender
corpo
quegli
istituti
dello
Stato
Fascista
la
cui
necessità
si
è
maturata
più
chiaramente
nella
coscienza
della
classe
dominante
nuova
.
E
più
ancora
la
funzione
di
Farinacci
dovrebbe
risaltare
per
il
Mezzogiorno
.
E
ormai
chiaro
che
in
moltissime
zone
del
Mezzogiorno
non
esiste
fascismo
contro
antifascismo
,
ma
esistono
gli
ideali
nazionali
del
Fascismo
di
fronte
alle
solite
vecchie
congreghe
locali
e
a
certi
inveterati
abiti
mentali
e
pratici
di
quelle
popolazioni
...
E
da
Roma
che
si
deve
disciplinare
,
come
una
massa
sempre
più
compatta
,
il
fascismo
meridionale
,
e
muoverlo
come
un
'
unica
e
irresistibile
catapulta
contro
tutti
i
piccoli
e
grandi
interessi
locali
contrastanti
ad
un
interesse
più
generale
;
la
lotta
aspra
e
lunga
per
la
conquista
del
Mezzogiorno
ad
un
ordine
di
vita
politica
e
sociale
assonante
con
tutto
il
resto
d
'
Italia
dev
essere
organizzata
e
capeggiata
da
Roma
...
E
una
conquista
che
colle
parole
non
è
riuscita
:
occorre
gente
capace
di
fatti
.
E
noi
crediamo
che
l
'
on
.
Farinacci
,
se
rivolgerà
sempre
più
attentamente
la
sua
attenzione
a
questo
problema
,
sia
più
indicato
di
molti
altri
a
risolverlo
.
Con
ciò
sarebbe
anche
finito
il
discorso
,
se
non
esistesse
pure
il
rovescio
della
medaglia
.
Un
uomo
come
Farinacci
,
ad
esempio
,
tende
a
eliminare
la
dialettica
interna
del
movimento
:
a
casermizzarlo
.
Per
alcuni
mesi
dopo
il
suo
avvento
,
tutti
gli
spiriti
più
studiosi
e
riflessivi
del
Fascismo
si
trovarono
nella
necessità
,
se
non
altro
per
necessità
di
amor
proprio
,
di
tacere
ed
eclissarsi
.
A
lui
appare
facilmente
come
indisciplina
ciò
che
invece
è
un
vitale
contributo
di
riflessione
e
di
critica
.
E
ne
può
derivare
uno
stato
di
cose
di
cui
non
si
avverte
il
male
per
il
presente
,
ma
che
cova
grosso
veleno
per
l
'
avvenire
.
Uno
stato
di
inaridimento
spirituale
,
da
cui
presto
o
tardi
dovranno
svilupparsi
forme
disastrose
di
aridità
e
inefficienza
pratica
.
E
così
abbiamo
detto
il
male
e
il
bene
,
per
amore
di
sincerità
e
di
chiarezza
.
Al
male
si
potrà
rimediare
assai
facilmente
.
E
quanto
al
bene
,
ciò
che
ha
fatto
e
farà
il
Segretario
Generale
deve
rimanere
come
un
suo
titolo
perpetuo
alla
riconoscenza
dei
veri
fascisti
,
anche
quando
la
rivoluzione
in
corso
lo
abbia
,
come
dice
egli
stesso
,
divorato
.
Sarà
un
divoramento
metaforico
in
tutti
i
casi
;
eppoi
vogliamo
liberarci
da
questa
inclinazione
servile
a
piaggiare
gli
uomini
in
auge
,
per
poi
dimenticarli
o
disprezzarli
quando
sono
caduti
.
StampaQuotidiana ,
Che
in
nessun
paese
un
solo
signore
possieda
tre
canali
più
tre
è
certo
.
Che
nessuno
se
li
tenga
quando
diventa
presidente
del
Consiglio
,
è
certo
.
Che
Berlusconi
venne
vide
e
vinse
perché
possiede
tre
più
tre
canali
tv
,
è
meno
certo
.
Se
lo
fosse
,
non
si
capisce
perché
nel
1963
quando
la
Rai
era
tutta
ferreamente
democristiana
la
Dc
perdette
.
E
invece
la
sinistra
,
che
in
due
mesi
di
campagna
elettorale
ebbe
sei
volte
dieci
minuti
di
spazi
spaventosamente
autogestiti
,
più
il
messaggio
finale
fra
gli
altri
,
andò
avanti
.
Come
media
non
aveva
che
«
l
'
Unità
»
e
1'«Avanti
!
»
,
maldestri
fogli
e
foglietti
che
risfogliati
sembrano
ancora
più
distanti
dalla
tv
di
Bernabei
di
quanto
oggi
i
quotidiani
siano
dal
video
.
Eppure
quella
tv
unificò
la
lingua
ma
non
la
testa
degli
italiani
.
Il
fatto
è
che
la
testa
si
formava
anche
su
altro
,
la
mediatizzazione
non
era
la
sola
forma
di
socializzazione
,
o
il
suo
sostitutivo
.
Qualche
milione
di
persone
si
era
fatto
cittadino
nel
reticolo
dei
partiti
e
sindacati
,
e
sì
,
anche
delle
parrocchie
,
era
divenuto
soggetto
nel
confliggere
delle
idee
e
delle
identità
sociali
,
scoperto
e
agito
nel
luogo
di
lavoro
in
città
o
nelle
campagne
in
naufragio
.
Per
poco
che
contasse
quel
cittadino
parlava
,
chiedeva
,
protestava
,
si
univa
ad
altri
,
si
faceva
un
giudizio
.
Aveva
una
idea
di
sé
che
comparava
con
altri
,
che
gli
erano
noti
e
meno
noti
,
dalla
fabbrica
alla
scuola
alla
cascina
al
comizio
alle
prime
lotte
di
strada
.
Esercitava
un
frammento
di
potere
del
quale
aveva
qualche
frammento
di
pratica
.
Accendeva
il
televisore
accanto
o
dopo
una
esperienza
politica
ravvicinata
che
fungeva
da
filtro
.
Sapeva
distinguere
l
'
immagine
dalla
realtà
,
metterle
a
confronto
,
e
divorava
immagini
senza
rischio
di
una
perdita
di
sé
.
La
pervasività
della
tv
non
sta
dunque
nella
diabolicità
del
mezzo
,
sta
nell
'
essersi
fatto
il
cittadino
non
più
che
spettatore
,
atomo
e
quindi
unidimensionale
,
senza
altra
idea
di
sé
che
quella
ricevuta
dal
video
e
i
suoi
annessi
,
e
docilmente
rinviante
al
video
lo
stesso
comando
che
quello
gli
suggerisce
,
per
cui
l
'
uno
riflette
l
'
altro
all
'
infinito
.
Faremmo
meglio
a
chiederci
perché
è
avvenuto
.
Negli
anni
settanta
avrebbero
avuto
un
bel
cantare
,
Berlusconi
e
Fiorello
.
La
tv
non
ci
ha
espropriato
,
ha
riempito
un
vuoto
di
un
altro
esproprio
.
Autoesproprio
.
La
sinistra
parlamentare
non
ha
predicato
che
la
politica
moderna
era
consenso
,
e
quella
extraparlamentare
,
uomini
e
donne
,
che
della
politica
se
ne
aveva
abbastanza
?
Non
hanno
tutti
accettato
che
il
partito
fosse
leggero
o
non
fosse
?
Ma
che
vuol
dire
leggero
se
non
ridotto
a
comitato
elettorale
addestrato
a
fornire
immagini
suggestive
?
Il
partito
leggero
espropria
la
sua
base
della
stessa
possibilità
d
'
una
esperienza
politica
magari
elementare
ma
diretta
.
Compreso
il
come
del
finanziamento
:
non
le
case
del
popolo
e
i
festival
fai
-
da
-
te
dei
pesanti
partiti
operai
e
popolari
furono
costruiti
dalle
tangenti
,
ma
il
leggerissimo
Psi
.
La
famelica
Dc
di
Milano
ai
tempi
di
Mongini
non
aveva
neanche
diecimila
iscritti
.
Quando
Mario
Segni
dichiarò
,
con
la
lungimiranza
che
lo
distingue
,
che
politica
altro
non
doveva
essere
che
fiducia
negata
o
data
ogni
quattro
anni
dal
singolo
al
deputato
della
sua
circoscrizione
,
non
solo
riduceva
l
'
Italia
del
1994
all
'
Inghilterra
del
circolo
Pickwick
,
ma
riduceva
la
formazione
della
coscienza
politica
a
cosa
tanto
fragile
,
che
basta
un
soffio
a
volgerla
da
una
parte
all
'
altra
,
ed
egli
per
primo
ne
ha
pagato
il
prezzo
.
Quando
nel
plauso
generale
Orlando
ha
distrutto
i
consigli
comunali
,
ha
deprivato
il
paese
e
anche
la
sua
causa
di
decine
di
migliaia
di
persone
che
avevano
un
'
idea
di
che
significa
amministrare
una
società
complessa
.
In
pochi
anni
tutto
il
tessuto
politico
-
sindacale
-
sociale
è
stato
concordemente
demolito
,
da
destra
e
da
sinistra
.
È
a
quel
punto
che
gli
italiani
sono
diventati
carta
assorbente
.
Può
esserci
una
televisione
di
sinistra
?
I
francofortesi
e
per
ultimo
Enzensberger
dicono
di
no
:
la
tv
,
come
tutte
le
immagini
in
movimento
,
induce
suggestioni
più
che
pensieri
,
imponendo
tempi
e
scansioni
alla
ricezione
,
mentre
il
lettore
si
dà
tempi
e
scansioni
suoi
.
Una
distanza
che
gli
permette
di
accogliere
o
rifiutare
.
Lo
sanno
Placido
e
Guglielmi
,
grandi
lettori
e
sostenitori
del
libro
colto
per
chi
si
presume
dotato
di
intelletto
,
e
dello
schermo
incolto
per
il
telespettatore
,
che
si
presume
mediamente
debole
.
Chi
amministra
le
immagini
gioca
su
questo
,
sia
nel
messaggio
esplicito
sia
in
quello
subliminale
-
del
quale
molto
si
parlava
quando
ci
si
sarebbe
vergognati
di
Funari
.
Ma
questa
tv
non
libera
l
'
immaginario
,
gli
suggerisce
degli
stereotipi
costruiti
sulla
media
di
desideri
semplificati
(
denaro
,
successo
,
sesso
)
e
trasgressioni
consentite
.
È
questa
la
tecnica
dei
serials
,
che
diventa
obbligata
anche
per
chi
li
fabbrica
,
come
spiega
Altman
.
E
tuttavia
,
come
dimostra
Altman
,
non
c
'
è
mezzo
che
non
possa
suggerire
una
presa
di
distanza
dalle
sue
proprie
trappole
.
Che
non
lo
voglia
fare
non
implica
che
non
lo
possa
fare
.
C
'
è
chi
lo
ha
fatto
,
Blob
.
Non
quando
ha
opposto
alle
immagini
del
giorno
immagini
estranee
,
portando
per
mano
il
telespettatore
a
dire
:
ma
guarda
un
po
'
che
roba
,
sembra
un
politico
è
invece
un
sedere
di
donna
(
a
destra
o
al
centro
o
a
sinistra
usano
il
sesso
femminile
come
negazione
e
sprezzo
,
stile
caserma
)
.
Ma
quando
fa
parlare
immagine
contro
immagine
,
dallo
stesso
giorno
e
tempo
e
mondo
,
facendole
dubitare
di
sé
,
cioè
nel
modo
più
antipubblicitario
possibile
.
E
usando
dei
moduli
del
mezzo
,
ripetitività
,
ossessioni
.
Sono
Blob
e
qualche
volta
il
palinsesto
dell
'
imprendibile
Fuori
orario
che
a
volte
ci
accomiatano
con
una
riflessione
invece
che
con
una
suggestione
.
Questo
sarebbe
al
fondo
della
discussione
su
una
tv
o
radio
«
di
sinistra
»
.
Ahimé
,
siamo
però
molto
al
di
qua
del
fondo
.
Forse
che
negli
anni
novanta
è
stato
diverso
il
messaggio
esplicito
della
Rai
e
delle
private
?
La
Rai
,
con
la
coda
di
paglia
della
lottizzazione
,
ha
forse
osato
dire
che
«
pubblico
»
non
equivale
necessariamente
a
«
statale
»
,
stato
non
equivale
a
somma
fra
partiti
,
partito
non
equivale
ad
apparato
?
Non
ha
osato
.
Ha
umilmente
portato
acqua
al
mulino
del
privato
,
del
governo
antiparlamentare
,
delle
corporazioni
.
Curzi
e
Santoro
,
come
Scalfari
,
hanno
pensato
che
liquidando
il
pubblico
e
i
partiti
,
la
crisi
del
Caf
avrebbe
colpito
solo
il
Caf
e
la
valanga
si
sarebbe
gentilmente
fermata
ai
piedi
prima
di
La
Malfa
,
poi
di
Segni
.
E
invece
non
s
'
è
fermata
affatto
.
Anche
i
loro
argomenti
avevano
aiutato
il
parto
del
figlio
naturale
del
Caf
,
Berlusconí
,
che
ora
li
affligge
,
nonché
la
banalizzazione
di
Fini
.
Eppure
l
'
andamento
dell
'
opinione
durante
questo
genere
di
crisi
è
scritto
da
Weimar
in
poi
in
lettere
minacciose
sui
muri
del
secolo
,
e
qualche
riflessione
sul
come
portare
in
altre
acque
la
crisi
d
'
un
detestato
sistema
si
sarebbe
potuta
fare
.
Ma
non
l
'
hanno
fatta
.
Hanno
gridato
«
in
galera
,
in
galera
»
come
un
tempo
faceva
Bracardi
,
mentre
Corrado
Augias
,
che
oggi
si
duole
del
supermercato
Fininvest
,
se
doveva
presentare
a
Babele
un
libro
se
ne
scusava
,
indorando
la
pillola
con
amenità
distraenti
.
Anche
Elvira
Sellerio
ci
fa
sapere
che
la
sola
idea
di
far
«
cultura
»
in
Rai
le
fa
venir
mal
di
testa
.
Non
è
che
la
sinistra
non
abbia
detto
.
Ha
detto
,
ha
detto
.
Ha
deciso
che
la
gente
è
troppo
debole
per
tollerare
una
critica
-
critica
,
e
che
al
nazional
-
popolare
si
poteva
sostituire
dell
'
altro
che
non
fossero
pappette
sessual
-
popolari
-
antipolitiche
-
antipartitiche
-
anticomuniste
.
Se
questa
non
è
stata
egemonia
della
destra
,
mi
sparo
.
Tutti
costoro
si
difendono
dicendo
che
la
tv
non
fa
che
riflettere
l
'
odierna
realtà
.
Ma
andiamo
.
E
come
potrebbe
?
La
tv
,
come
un
giornale
,
ne
sceglie
pochi
sprazzi
e
li
illumina
,
sprofondando
il
resto
nel
buio
.
È
un
teatro
.
Perché
vergognarsene
?
Si
risponda
del
testo
e
della
messinscena
.
Scrivo
queste
note
appena
finito
il
«
Tg
1
»
delle
13.30
di
martedì
.
Dell
'
universo
ha
fatto
22
notizie
.
Otto
delitti
,
ma
tredici
scenari
di
morte
,
due
guerre
e
una
necrologia
inclusi
(
sarebbe
interessante
chiedersi
perché
riflettiamo
l
'
universo
come
morte
)
.
Poi
un
governo
.
Un
fatto
privato
.
Tre
notizie
economiche
.
Tre
di
teatro
.
All
'
ottavo
posto
il
primo
risultato
elettorale
del
Sudafrica
:
vittoria
di
Nelson
Mandela
,
testuale
:
«
I
neri
ballano
»
.
Una
sola
volta
la
realtà
ha
dominato
.
Sulla
fine
di
Ayrton
Senna
la
tv
non
ha
fatto
in
tempo
a
decidere
il
registro
,
e
ha
mandato
in
onda
quel
bel
volto
sorridente
,
la
macchina
sfasciata
.
Senna
santo
,
Senna
libertino
,
l
'
accusa
alla
pista
e
agli
interessi
,
la
difesa
della
pista
e
degli
interessi
,
che
i
piloti
vivano
,
che
i
piloti
muoiano
se
no
che
spettacolo
è
?
E
gli
stessi
che
piangevano
«
è
finita
la
speranza
di
riscatto
del
Brasile
»
,
e
avevano
pagato
perché
ogni
volta
che
correva
poteva
morire
.
Niente
tornava
,
tutto
si
contraddiceva
,
era
un
gigantesco
Blob
.
Molto
utile
.
StampaPeriodica ,
Il
problema
che
affanna
i
cultori
dell
'
arte
in
ogni
paese
,
in
ogni
campo
di
manifestazione
estetica
,
è
ormai
maturo
in
sintomi
e
fenomeni
molto
evidenti
in
Italia
e
sopratutto
nel
campo
delle
arti
decorative
.
Un
campo
specialissimo
,
nel
quale
non
si
tratta
più
di
semplici
astrazioni
estetiche
,
di
concezioni
cerebrali
,
di
tendenze
tecniche
,
ma
di
nuove
abitudini
e
di
nuovi
bisogni
del
pubblico
che
attendono
di
essere
,
dall
'
arte
dell
'
arredamento
,
interpretati
e
soddisfatti
prontamente
.
Da
questa
necessità
di
risolvere
in
breve
tempo
dei
problemi
ardui
e
complicatissimi
mentre
i
bisogni
incombenti
non
sono
ben
precisati
,
i
desideri
non
definiti
ed
il
gusto
delle
masse
non
ancora
orizzontate
verso
linee
sicure
,
nasce
il
periodo
caotico
,
pieno
di
disagi
e
di
incertezze
,
nel
quale
minacciano
di
naufragare
la
buona
volontà
ed
i
precedenti
-
non
del
tutto
sfortunati
-
tentativi
di
riscatto
dalla
routine
abitudinaria
.
Poiché
la
urgenza
assillante
della
soluzione
ha
interrotto
in
Italia
quel
sereno
e
vigoroso
lavoro
di
ricerche
che
-
iniziato
dai
futuristi
-
aveva
attratto
nel
movimento
innovatore
,
poco
a
poco
,
buon
numero
d
'
artisti
nostri
di
alto
valore
e
di
provata
serietà
.
Noi
siamo
i
primi
a
riconoscere
-
e
non
da
oggi
certamente
-
come
la
tendenza
dell
'
epoca
moderna
sia
rivolta
alla
semplificazione
e
spesso
anche
alla
schematizzazione
delle
forme
,
assegnando
alla
linea
ed
alla
bellezza
intrinseca
della
materia
quel
compito
decorativo
che
una
volta
chiamava
a
raccolta
tanta
orgia
di
fronzoli
e
di
ornati
.
Ma
non
bisogna
esagerare
riducendo
a
povertà
squallida
e
derelitta
quella
semplicità
che
dev
'
essere
la
suprema
espressione
della
eleganza
decorativa
,
né
confondere
l
'
austerità
della
linea
colla
monotonia
uggiosa
della
retta
,
dimenticando
che
la
sobrietà
non
può
andare
disgiunta
dalla
grazia
.
E
un
altro
feticcio
ha
trovato
oggi
un
culto
troppo
bigotto
:
la
tecnica
,
che
si
vuole
promuovere
a
scopo
mentre
non
è
che
uno
strumento
dell
'
arte
.
Nessuno
piú
di
noi
ha
vagheggiato
ed
auspicato
la
rinascita
del
mestiere
e
della
buona
tradizione
nell
'
artigianato
nostro
,
la
cui
opera
si
umiliò
per
tanto
tempo
,
per
la
dura
costrizione
industriale
,
alla
lavorazione
in
serie
.
Ma
i
fautori
di
certo
mobile
iper
-
moderno
nel
quale
ogni
oggetto
,
ogni
intaglio
,
ogni
ornamento
sono
banditi
con
intransigente
rigore
per
il
trionfo
indisturbato
della
sola
materia
e
della
linea
costruttiva
,
non
rappresentano
più
la
virtù
e
la
conoscenza
del
mestiere
,
bensì
dei
saggi
di
meccanica
di
precisione
,
inesorabilmente
perfetti
:
hanno
l
'
odore
della
macchina
non
della
mano
dell
'
uomo
che
li
abbia
elaborati
per
l
'
uomo
,
accarezzandoli
amorosamente
...
Queste
correnti
meccanizzatrici
del
mobile
che
si
prefiggono
apertamente
una
standardizzazione
del
gusto
,
sono
accettate
dall
'
esempio
estero
,
per
puro
omaggio
alla
moda
,
senza
profondità
di
convinzione
,
senza
sincerità
di
espressione
,
senza
neppur
uno
sforzo
di
adattamento
ad
una
visione
personale
ed
al
gusto
nazionale
.
E
c
'
è
in
questa
apologia
della
pretesa
modernità
oltremontana
una
scimmiesca
voluttà
di
dedizione
ingenua
,
provincialesca
,
desolante
...
Si
è
cominciato
a
plagiare
per
mancanza
di
tempo
e
di
riflessione
e
si
è
finito
per
illudersi
di
creare
ed
inventare
del
nuovo
,
ripetendo
le
forme
esotiche
assai
spesso
imitate
dai
nostri
modelli
dei
secoli
d
'
oro
!
Il
plagio
-
del
resto
-
non
ha
mai
fecondato
forme
nuove
e
durature
:
ha
soltanto
documentato
l
'
immobilità
e
l
'
impotenza
,
in
ogni
sua
manifestazione
ed
in
ogni
sua
mascheratura
.
E
dal
plagio
è
inutile
aspettarsi
il
nuovo
stile
italiano
.
Ogni
stile
veramente
nazionale
non
si
riallaccia
mai
a
suggestioni
ed
a
maniere
esotiche
:
si
salda
con
un
robusto
anello
di
congiunzione
ad
uno
stile
che
l
'
abbia
preceduto
nell
'
arte
del
popolo
che
lo
crea
.
Se
il
secolo
XIX
troppo
preso
dalle
grandi
trasformazioni
tecniche
che
hanno
sconvolto
il
mondo
e
l
'
esistenza
umana
con
tante
mirabili
conquiste
della
scienza
-
il
vapore
ed
il
telegrafo
,
il
campo
elettrico
rotante
e
l
'
aviazione
,
la
telefonia
senza
fili
e
la
radiofonia
-
non
ha
potuto
scrivere
nell
'
arte
pagine
profondissime
né
legarci
uno
stile
suo
proprio
,
il
passato
remoto
dell
'
Italia
è
così
glorioso
,
così
ricco
,
così
meraviglioso
da
offrire
mille
fonti
d
'
ispirazione
a
chi
lo
voglia
interrogare
senza
ricorrere
alle
grottesche
farneticazioni
avveniriste
di
Monaco
o
di
Vienna
né
alle
sdolcinature
del
neo
-
impero
francese
né
alle
rigide
aridità
del
"
Trafalgar
"
britannico
.
La
salvezza
è
nella
tradizione
nostra
che
non
è
culto
accademico
né
astrazione
immobile
,
ma
forza
meravigliosa
,
pulsante
,
in
continuo
divenire
.
La
tradizione
italiana
ha
illuminato
nel
cammino
evolutivo
tutti
i
trionfi
gloriosi
delle
nostre
arti
in
ogni
tempo
.
E
deve
continuare
a
svolgere
questa
sua
altissima
funzione
,
avviandoci
a
trovare
le
audaci
e
sicure
vie
della
nuova
arte
italiana
.