StampaPeriodica ,
La
periferia
di
corso
Lodi
si
perde
a
poco
a
poco
in
un
disordine
di
sterrati
,
depositi
di
rottami
,
piccole
fabbriche
di
vernici
,
concerie
,
e
intanto
si
profila
,
sotto
la
foschia
del
primo
mattino
,
la
campagna
lombarda
,
intirizzita
dal
gelo
:
i
campi
bianchi
di
brina
,
i
pioppi
scheletrici
,
un
fosso
d
'
acqua
sporca
e
turbinosa
,
che
fuma
all
'
aria
tesa
e
frizzante
.
Quel
fossaccio
che
poi
,
mi
dicono
,
è
uno
dei
canali
di
scolo
delle
fogne
milanesi
,
fiancheggia
la
via
Emilia
per
tutto
il
nostro
viaggio
.
Il
comune
di
San
Donato
,
il
primo
fuori
di
Milano
sulla
strada
di
Lodi
,
non
ha
l
'
aria
di
un
vero
e
proprio
villaggio
.
S
'
incontrano
all
'
improvviso
poche
case
raccolte
attorno
a
una
vecchia
chiesa
:
casette
vecchie
e
povere
,
uno
o
due
piani
al
massimo
.
Una
serve
da
municipio
,
a
un
pianterreno
c
'
è
un
negozietto
che
vende
un
po
'
di
tutto
,
dagli
alimentari
agli
utensili
domestici
.
Il
nome
sulla
porta
è
vecchio
e
sbiadito
.
«
Posteria
»
.
Si
stenta
a
credere
che
questo
comune
di
San
Donato
milanese
conti
quasi
cinquemila
abitanti
;
ci
si
chiede
dove
siano
,
dove
abitino
.
Eppure
è
così
.
San
Donato
milanese
è
un
grosso
comune
;
non
solo
,
è
un
comune
in
continua
crescita
.
Ecco
come
si
è
sviluppata
la
popolazione
in
soli
cinque
anni
:
1951
:
2663;
1952
:
2762;
1953
:
2920;
1954
:
3255;
1955
:
3983;1956
:
4954
.
Non
solo
;
si
afferma
che
entro
tre
anni
la
popolazione
sarà
ancora
moltiplicata
,
con
l
'
insediamento
di
10-12
mila
nuovi
abitanti
.
Secondo
previsioni
attendibili
,
in
breve
tempo
tutta
la
zona
raggiungerà
complessivamente
i
quarantamila
abitanti
.
Qualche
frazione
vicina
(
che
un
tempo
era
soltanto
un
piccolo
nucleo
di
casupole
e
di
cascine
)
è
repentinamente
cresciuta
,
come
gonfiata
da
un
'
improvvisa
idropisia
edilizia
:
ecco
la
Certosa
,
per
esempio
,
così
simile
ad
una
periferia
di
provincia
,
con
le
case
che
vengono
su
a
fungaia
,
alte
e
basse
,
coi
colori
degli
intonachi
balordi
e
contraddittori
,
e
con
la
solita
proliferazione
di
baracche
e
di
abitazioni
fortunose
.
Ma
San
Donato
,
voglio
dire
il
centro
amministrativo
,
pare
rimasto
tale
e
quale
.
Dov
'
è
dunque
la
novità
?
Non
è
difficile
rendersene
conto
:
basta
fare
due
e
trecento
metri
,
ed
ecco
Metanopoli
,
che
compare
in
mezzo
alla
campagna
,
improvvisa
,
come
dipinta
su
di
un
fondale
da
un
urbanista
megalomane
.
Proprio
sulla
strada
,
sulla
via
Emilia
,
una
serie
di
box
dove
sostano
macchine
ed
autocarri
carichi
di
bombole
vuote
:
è
,
come
avverte
un
gran
cartello
,
la
stazione
di
rifornimento
del
metano
.
Poi
,
poco
più
avanti
,
si
spalanca
un
piazzale
immenso
,
tutto
lastricato
a
cubetti
di
porfido
,
che
disegnano
per
terra
,
a
perdita
d
'
occhio
,
una
interminabile
serie
di
volute
.
Il
piazzale
è
chiuso
,
giù
in
fondo
,
dal
basso
e
lunghissimo
edificio
che
ospita
la
stazione
di
servizio
per
gli
autocarri
:
aria
,
acqua
,
garage
e
riparazioni
.
E
una
stazione
di
sosta
per
automezzi
,
un
'
enorme
stazione
,
all
'
uscita
di
Milano
,
dove
comincia
la
via
Emilia
e
dove
comincerà
la
«
Strada
del
sole
»
.
Proprio
lì
davanti
un
cartello
avvisa
che
siamo
al
capolinea
milanese
della
famosa
autostrada
,
che
per
ora
,
tuttavia
,
è
solo
un
cartello
,
un
progetto
,
un
esiguo
recinto
di
filo
spinato
,
con
dentro
uno
sterro
sconvolto
dai
bulldozer
.
Sul
ciglio
della
strada
un
cartello
dice
:
«
Motel
:
albergo
ristorante
Metanopoli
»
.
C
'
è
tutto
:
mensa
,
alloggio
,
bagno
,
piscina
,
lustrascarpe
.
Motel
è
voce
americana
e
diffusa
in
Italia
dal
film
Niagara
e
dal
diario
statunitense
di
Simone
de
Beauvoir
.
Sta
a
indicare
l
'
albergo
di
transito
sulle
grandi
strade
continentali
,
formato
da
una
o
due
stanzette
,
con
annesso
il
garage
per
l
'
auto
e
per
la
roulotte
.
A
rigore
questo
dunque
non
è
un
motel
,
ma
un
normale
albergo
di
transito
,
di
ambiziosa
fattura
,
con
un
atrio
lustro
e
comodo
,
e
dappertutto
legno
,
nichel
e
materie
plastiche
.
Dovrebbe
essere
una
costruzione
«
moderna
»
;
in
realtà
,
essa
si
limita
ad
esibire
uno
stile
tra
«
tirolo
»
e
«
far
-
west
»
,
del
tutto
incomprensibile
nel
paesaggio
lombardo
.
Al
ristorante
si
mangia
abbastanza
bene
anche
con
cinquecento
lire
.
La
città
è
dietro
il
piazzale
:
si
apre
un
vialone
larghissimo
,
spalancato
al
vento
tagliente
di
gennaio
,
coi
pali
della
luce
,
che
,
dai
due
lati
,
incombono
arditamente
verso
il
centro
.
Da
una
parte
un
lunghissimo
muro
,
dall
'
altra
tante
costruzioni
tutte
uguali
.
Il
vialone
porta
il
nome
di
Alcide
De
Gasperi
,
le
strade
minori
,
fra
una
fila
di
edifici
e
l
'
altra
,
s
'
intitolano
a
Galilei
,
a
Fermi
,
ai
nomi
di
altri
scienziati
poco
noti
ai
profani
.
Ci
vuol
poco
a
capire
che
da
questa
parte
c
'
è
la
zona
operante
della
città
.
Dalle
finestre
infatti
s
'
intravedono
strumenti
di
laboratorio
,
macchine
,
tubi
.
Qui
la
SNAM
ha
i
suoi
centri
di
studio
,
alcuni
collegati
con
il
Politecnico
di
Milano
.
Non
zona
industriale
,
dunque
,
ma
centro
di
ricerca
:
è
probabilmente
una
città
di
tecnici
,
non
di
operai
,
e
l
'
aspetto
borghese
della
zona
residenziale
ce
lo
conferma
.
Percorrendo
il
vialone
Alcide
De
Gasperi
,
si
trova
,
in
fondo
,
piazza
Santa
Barbara
,
protettrice
,
come
è
noto
,
di
minatori
,
artiglieri
,
e
di
tutti
coloro
che
abbiano
a
che
fare
con
roba
esplosiva
;
anche
quelli
del
metano
,
dunque
.
Un
'
altra
piazza
immensa
,
interrotta
però
,
questa
,
da
brevi
strisce
di
aiole
verdi
,
molto
curate
.
Ogni
pochi
metri
ecco
spuntare
da
terra
un
tubo
ricurvo
,
dipinto
in
giallo
;
serve
,
mi
spiegano
,
per
l
'
irrigazione
delle
aiole
.
La
piazza
è
dominata
dalla
più
straordinaria
chiesa
che
mi
sia
mai
accaduto
di
vedere
.
È
un
edificio
monumentale
e
insieme
semplicissimo
:
una
specie
di
capannone
col
timpano
altissimo
e
acuto
,
come
per
suggerire
una
elevazione
che
di
fatto
non
c
'
è
.
Ai
quattro
lati
sorgono
altrettante
gugliette
appuntite
,
color
verde
tenero
.
I
colori
sono
la
cosa
meno
prevedibile
di
questo
duomo
di
Metanopoli
.
Pare
come
se
sulla
facciata
bianca
fossero
stati
applicati
dei
pannelli
rettangolari
,
quale
verde
tenero
,
come
le
guglie
,
quale
rosa
pallido
,
quale
cinerino
.
Le
strade
dietro
la
chiesa
,
nella
zona
residenziale
,
son
tutte
alberate
e
divise
da
aiole
verdi
.
Gli
alberi
sovente
sono
dei
pioppi
:
il
pioppo
è
la
pianta
tipica
della
pianura
padana
,
di
cui
rompe
la
piattezza
con
la
sua
acuta
spinta
al
cielo
.
Ma
qui
sono
pioppi
di
trapianto
in
attesa
che
rinsaldino
le
radici
li
hanno
legati
con
quattro
filo
di
ferro
,
presto
arrugginiti
all
'
aria
umida
della
zona
.
Le
case
son
tutte
belle
e
tutte
uguali
,
con
pochi
segni
palesi
di
vita
interna
.
In
mezzo
alle
case
,
quasi
in
fondo
a
via
Soresina
,
la
lunga
e
bassa
costruzione
che
ospita
i
negozi
,
alcuni
ancora
interminati
e
vuoti
.
La
città
di
Metanopoli
è
dunque
di
Fondazione
recentissima
,
anzi
,
non
è
ancora
terminata
:
via
Enrico
Fermi
esiste
,
per
esempio
,
soltanto
di
nome
,
e
proprio
all
'
ingresso
della
città
,
quasi
stilla
strada
,
sorge
lo
scheletro
di
un
altissimo
edificio
poligonale
,
con
le
strutture
portanti
di
ferro
,
rosso
di
minio
fresco
,
ed
i
piani
di
cemento
e
mattoni
forati
.
il
primo
dei
grattacieli
di
Metanopoli
;
di
un
secondo
si
inizierà
presto
la
costruzione
.
La
città
è
stata
fondata
dalla
SNAM
,
che
è
poi
una
filiazione
dell
'
ENI
sorta
per
lo
sfruttamento
del
metano
.
Qui
,
come
si
è
detto
,
non
vi
sono
stabilimenti
di
produzione
o
di
trasformazione
,
ma
soltanto
un
centro
studi
.
Tanto
vero
che
la
SNAM
non
paga
al
comune
di
San
Donato
l
'
Icap
,
l
'
imposta
che
grava
sulle
attività
industriali
,
commerciali
,
professionali
e
artigiane
.
Ha
preferito
edificare
la
sua
città
a
San
Donato
per
due
ragioni
:
per
tenersi
vicinissima
a
Milano
,
ma
fuori
dei
confini
comunali
,
e
pagare
così
minori
imposte
,
e
poi
per
tenersi
al
capolinea
di
due
grandi
vie
di
comunicazione
,
l
'
Emilia
e
la
futura
strada
del
sole
.
Del
comune
di
San
Donato
la
SNAM
,
cioè
l
'
ENI
,
possiede
mille
pertiche
,
cioè
654.000
metri
quadrati
,
pari
a
circa
un
terzo
della
superficie
totale
del
comune
stesso
.
Il
terreno
,
in
conseguenza
di
questo
acquisto
massiccio
e
dell
'
incremento
edilizio
,
è
salito
enormemente
di
prezzo
.
Quasi
dieci
volte
e
più
:
dalle
sei
-
settecento
lire
al
metro
quadrato
del
1950
siamo
ora
sulle
cinquemila
,
con
punte
sulle
ottomila
lire
al
metro
quadrato
.
La
popolazione
di
Metanopoli
non
è
mai
indigena
:
la
SNAM
ha
reclutato
altrove
i
suoi
dipendenti
,
che
son
divenuti
suoi
abitanti
.
Dal
Veneto
,
dalla
Toscana
,
dal
Lazio
,
dal
Napoletano
,
dalle
Puglie
:
dalle
regioni
insomma
che
tradizionalmente
danno
la
maggior
quota
di
migrazione
verso
Milano
.
Gli
abitanti
vecchi
,
quelli
di
San
Donato
e
delle
frazioni
vicine
,
li
chiamano
tutti
«
terroni
»
ed
hanno
ribattezzato
,
per
conto
loro
,
la
città
nuova
col
nome
di
Metanopoli
.
Ma
rapporti
,
fra
gli
uni
e
gli
altri
,
fra
i
vecchi
ed
i
nuovi
,
fra
i
metanopolitani
ed
i
sandonatesi
,
se
ne
stabiliscono
di
rado
,
i
sandonatesi
erano
in
origine
salariati
,
operai
della
campagna
;
qualcuno
addirittura
giornaliero
.
Poi
hanno
cominciato
a
cambiar
mestiere
,
ed
oggi
più
della
metà
sono
operai
;
ma
lavorano
a
Milano
.
A
Metanopoli
nessuno
di
loro
è
entrato
come
dipendente
stabile
e
come
abitatore
delle
nuove
case
.
La
vita
di
Metanopoli
è
chiusa
,
pertanto
,
anche
fisicamente
,
all
'
ambiente
esterno
,
alla
campagna
lombarda
.
Gli
abitanti
di
San
Donato
,
abitano
accanto
alla
città
del
metano
,
ma
non
hanno
ancora
il
gas
in
casa
,
nonostante
lo
chiedano
da
tre
anni
.
Non
ancora
,
prima
e
oltre
il
metano
,
troppe
altre
cose
che
servono
a
dar
la
base
del
vivere
civile
:
basti
pensare
alle
tristissime
condizioni
igieniche
delle
vecchie
cascine
sandonatesi
,
non
è
sovrapponendo
un
'
isola
di
razionalità
(
astratta
razionalità
)
urbanistica
che
si
fa
progredire
la
civiltà
nella
campagna
milanese
.
StampaPeriodica ,
La
Commissione
bicamerale
per
le
riforme
costituzionali
ha
chiuso
i
battenti
.
Felicemente
o
infelicemente
?
Per
il
Palazzo
felicemente
,
visto
che
ne
è
uscito
un
accordo
.
Ma
per
il
paese
infelicemente
,
se
è
vero
-
come
sostengo
-
che
l
'
accordo
è
stato
pessimo
.
E
un
cattivo
accordo
che
peggiora
le
cose
non
dà
,
o
non
dovrebbe
dare
,
felicità
.
Si
capisce
che
non
ci
sono
quasi
mai
accordi
assolutamente
cattivi
,
così
come
non
ci
sono
quasi
mai
accordi
perfetti
.
Un
cattivo
accordo
è
dunque
un
'
intesa
nella
quale
le
malefatte
nettamente
prevalgono
sulle
cose
ben
fatte
.
I
difensori
d
'
ufficio
dell
'
operato
della
Bicamerale
si
arroccano
su
due
argomenti
.
Il
primo
è
che
qualsiasi
accordo
è
meglio
di
nessun
accordo
.
Il
secondo
è
che
,
come
dicevo
,
nell
'
operato
dei
70
bene
e
male
si
mescolano
.
Ma
con
questo
argomento
,
il
secondo
,
si
redime
tutto
:
si
redime
la
guerra
(
che
Hegel
equipara
al
vento
che
disperde
i
miasmi
che
aleggiano
sulle
paludi
)
,
si
redime
la
tortura
(
che
consente
di
ottenere
la
confessione
dei
torturati
)
,
si
redime
magari
anche
Pol
Pot
(
che
riduce
l
'
esplosione
demografica
)
.
Quali
sarebbero
,
allora
,
le
acquisizioni
positive
della
Bicamerale
?
Che
gli
italiani
,
mai
sazi
di
elezioni
,
potranno
finalmente
votare
per
il
capo
dello
Stato
?
Il
loro
tripudio
sarà
breve
quando
si
accorgeranno
di
aver
votato
per
un
sotto
-
capo
di
Stato
.
Il
federalismo
?
Poveri
noi
,
che
caos
.
La
riforma
della
magistratura
?
Di
questa
ancora
non
si
sa
,
ma
tutto
lascia
prevedere
che
la
nostra
giustizia
resterà
in
crisi
.
Accetto
,
dunque
,
che
nelle
pieghe
del
male
si
possa
nascondere
anche
del
bene
;
ma
spiegatemi
,
per
favore
,
qual
è
.
Quanto
al
primo
punto
,
e
cioè
che
qualsiasi
accordo
è
meglio
di
niente
,
questa
è
una
vera
stortura
.
Chi
ragiona
così
fa
dell
'
accordo
un
valore
assoluto
,
un
valore
in
sé
.
Invece
l
'
accordo
è
uno
strumento
per
conseguire
un
fine
.
Accordo
a
quale
scopo
?
Per
che
cosa
?
Stranamente
(
ma
non
tanto
,
a
ripensarci
)
la
Bicamerale
non
se
l
'
è
quasi
mai
chiesto
.
L
'
importante
,
per
i
70
,
è
stato
soltanto
mettersi
d
'
accordo
fra
di
loro
,
ai
loro
fini
.
Non
hanno
cercato
di
scrivere
una
buona
Costituzione
ma
,
assai
più
,
di
evitare
riforme
che
li
danneggiassero
.
E
ci
sono
magnificamente
riusciti
.
Ci
sono
riusciti
mettendo
la
Costituzione
all
'
asta
:
tanto
a
me
,
tanto
a
te
;
io
chiedo
cento
,
concludiamo
per
cinquanta
.
Il
risultato
è
sotto
gli
occhi
di
tutti
:
il
trionfo
dei
partitini
,
che
si
sono
assicurati
l
'
eternità
e
un
rinforzato
potere
di
interdizione
e
di
ricatto
;
un
contentino
presidenzialista
per
la
pubblicità
di
Gianfranco
Fini
;
un
contentino
parlamentarista
per
gli
antipresidenzialisti
:
un
misto
di
cane
e
di
gatto
,
un
can
-
gatto
.
Torniamo
alla
domanda
che
i
bicameralisti
hanno
disatteso
:
perché
una
Seconda
Repubblica
?
Perché
una
nuova
Costituzione
?
Ovviamente
perché
abbiamo
problemi
di
disfunzionalità
sistemica
che
dobbiamo
risolvere
:
primo
,
ridurre
la
frammentazione
partitica
;
secondo
,
rinforzare
la
governabilità
.
Due
obiettivi
che
sono
strettamente
collegati
.
I
partiti
sono
le
gambe
sulle
quali
la
governabilità
dovrebbe
camminare
;
e
se
le
gambe
sono
zoppe
e
troppe
,
allora
la
governabilità
va
all
'
aria
e
non
c
'
è
barba
di
marchingegno
costituzionale
che
possa
rimediare
.
Orbene
,
questi
due
obiettivi
e
gli
strumenti
per
perseguirli
sono
stati
non
soltanto
mancati
,
ma
addirittura
capovolti
.
Il
progetto
magnifico
e
progressivo
siglato
dalla
quadriglia
D
'
Alema
-
Marini
-
Berlusconi
-
Fini
,
in
breve
Damabefi
,
ci
garantisce
una
decina
di
partiti
,
e
governi
di
cinque
anni
di
veti
incrociati
.
Se
non
sarà
una
dieta
polacca
,
poco
ci
manca
.
Meglio
l
'
accordo
Damabefi
che
nessun
accordo
?
Confesso
di
essere
interdetto
.
Perché
non
è
che
nessun
accordo
ci
lascia
con
nulla
,
librati
nel
vuoto
.
Se
non
siamo
capaci
di
creare
una
nuova
Costituzione
sensata
,
l
'
alternativa
è
restare
con
il
sistema
parlamentare
che
abbiamo
,
e
tornare
a
lavorare
sul
suo
miglioramento
.
Se
il
nuovo
è
peggio
dell
'
esistente
,
allora
meglio
l
'
esistente
.
Davanti
alla
Costituzione
Damabefi
l
'
alternativa
non
è
,
ripeto
,
il
niente
o
il
caos
.
E
riconoscere
che
la
Bicamerale
ha
fatto
autogol
.
E
se
l
'
autogol
delegittima
la
classe
politica
che
l
'
ha
fatto
,
chi
è
causa
del
suo
mal
pianga
se
stesso
.
A
questi
argomenti
si
risponde
in
coro
,
dal
Palazzo
e
dintorni
,
che
in
politica
gli
accordi
si
fanno
sempre
come
sono
stati
fatti
in
Bicamerale
,
che
io
di
politica
proprio
non
mastico
,
e
che
la
mia
opposizione
è
professionale
,
astratta
,
addirittura
egolatrica
.
Per
esempio
,
di
me
Silvio
Berlusconi
scrive
(
«
Corriere
della
Sera
»
,
28
giugno
)
che
«
per
un
Professore
l
'
importante
è
il
modello
,
il
teorema
.
Il
modello
è
perfetto
,
l
'
ha
fatto
il
Professore
,
è
bello
,
gli
piace
»
.
Spiegando
che
chi
«
è
innamorato
per
professione
delle
astrazioni
accademiche
poco
si
cura
della
realtà
,
e
rifiuta
perciò
di
sottoporre
i
suoi
modelli
alla
verifica
dei
fatti
»
.
Troppo
onore
,
deputato
Berlusconi
:
lei
mi
accredita
un
merito
che
non
mi
spetta
.
Il
modello
«
fatto
dal
Professore
»
è
stato
fatto
una
quarantina
d
'
anni
fa
da
un
certo
Debré
,
si
chiama
Quinta
Repubblica
,
e
funziona
da
altrettanto
tempo
in
una
capitale
che
si
chiama
Parigi
.
Aggiungo
che
siccome
la
Francia
degli
anni
Cinquanta
era
molto
simile
,
politicamente
,
all
'
Italia
degli
anni
Novanta
,
l
'
argomento
che
il
prototipo
francese
non
si
presta
a
trapianti
è
pretestuoso
.
Ma
veniamo
al
punto
:
chi
è
che
,
in
politica
,
è
bravo
.
Io
racconterò
la
vicenda
della
Bicamerale
così
come
la
conosco
in
prima
persona
.
Dal
che
potrà
risultare
quant
'
è
bello
il
primato
della
politica
,
dove
stanno
gli
sbagli
e
chi
li
ha
fatti
.
La
vicenda
dura
,
per
l
'
esattezza
,
da
quando
cadde
il
governo
Berlusconi
(
dicembre
1994
)
.
Dopo
un
anno
di
governo
Dini
,
nel
febbraio
1996
venne
tentato
il
governo
di
Antonio
Maccanico
.
In
quel
momento
mi
parve
,
e
sostenni
,
che
nessuna
riforma
costituzionale
sarebbe
stata
possibile
senza
un
'
intesa
preventiva
fra
i
tre
maggiori
partiti
,
e
cioè
di
larga
maggioranza
trasversale
.
Siccome
al
Pds
premeva
(
giustamente
)
un
sistema
elettorale
a
doppio
turno
,
mentre
il
Polo
reclamava
un
generico
presidenzialismo
,
mi
venne
l
'
idea
,
elementare
e
banale
,
di
uno
scambio
fra
doppio
turno
e
semipresidenzialismo
.
E
siccome
non
tutti
gli
scambi
lo
sono
,
tengo
a
sottolineare
che
il
mio
era
«
alto
e
nobile
»
,
visto
che
proponeva
un
sistema
esistente
e
ben
funzionante
,
e
che
non
era
per
nulla
(
come
appare
alla
logica
aggrovigliata
dell
'
onorevole
Ciriaco
De
Mita
)
uno
spezzatino
:
non
spezzava
nulla
,
era
il
modello
francese
mantenuto
integro
,
stessa
testa
con
gli
stessi
piedi
.
Il
tentativo
Maccanico
fallì
per
un
soffio
.
Scrissi
allora
che
avevamo
perduto
,
per
colpa
congiunta
di
D
'
Alema
e
di
Fini
,
un
treno
che
non
sarebbe
ripassato
.
Difatti
non
stava
ripassando
quando
mi
incontrai
con
Massimo
D
'
Alema
,
a
metà
marzo
del
1997
.
E
poiché
a
me
non
era
venuta
nel
frattempo
nessuna
idea
nuova
,
in
quell
'
occasione
riproposi
a
D
'
Alema
lo
scambio
dell
'
anno
prima
.
Io
ho
sempre
ritenuto
scorretto
riferire
di
un
incontro
privato
.
Ma
dato
che
su
quell
'
incontro
ci
sono
state
numerose
fughe
di
notizie
,
in
larga
parte
fantasiose
,
forse
a
questo
punto
occorre
darne
la
versione
autentica
.
Dunque
,
a
quel
mio
suggerimento
D
'
Alema
rispose
,
prendendomi
in
contropiede
,
così
:
vede
,
professore
,
oggi
chi
non
vuole
nessun
presidenzialismo
è
Berlusconi
.
Pur
raggelato
,
gli
chiesi
:
mi
autorizza
ad
andare
da
Berlusconi
a
dirgli
che
è
lui
che
blocca
l
'
intesa
?
Senz
'
altro
,
fu
la
risposta
di
D
'
Alema
.
Il
che
non
mi
rendeva
(
come
è
stato
scioccamente
scritto
)
suo
ambasciatore
.
Ma
sottintendeva
che
un
sì
di
Berlusconi
avrebbe
sbloccato
la
trattativa
.
Adelante
Pedro
,
feci
il
giro
delle
sette
chiese
,
vidi
un
po
'
tutti
,
incluso
Berlusconi
,
e
il
4
aprile
tornai
a
Botteghe
Oscure
.
Per
riferire
che
Fini
accettava
il
doppio
turno
,
nella
formulazione
che
avevo
proposto
;
e
che
Berlusconi
mi
aveva
autorizzato
a
confermare
che
la
formula
del
semipresidenzialismo
a
lui
stava
bene
.
Immaginavo
che
D
'
Alema
sarebbe
stato
contento
.
Immaginavo
male
.
D
'
Alema
mi
ascoltò
accigliato
;
mi
disse
in
quel
momento
(
non
quando
mi
aveva
mandato
allo
sbaraglio
)
che
lui
aveva
cambiato
disegno
;
e
mi
congedò
esortandomi
a
tornare
agli
studi
,
e
a
lasciare
la
politica
a
lui
.
Difatti
mi
sono
rimesso
alla
finestra
,
imparando
quel
che
dirò
tra
poco
.
Racconto
tutto
ciò
perché
mi
sento
dire
da
ogni
parte
che
l
'
accordo
,
stavolta
basso
e
ignobile
,
raggiunto
in
extremis
a
fine
giugno
da
Damabefi
è
stato
«
il
migliore
possibile
»
.
No
.
La
storia
di
cui
ho
riferito
dimostra
di
no
.
La
verità
è
che
la
sera
del
5
aprile
1997
D
'
Alema
,
Berlusconi
e
Fini
avrebbero
potuto
benissimo
incontrarsi
in
casa
di
Gianni
Letta
e
accordarsi
in
un
lampo
su
una
buona
Seconda
Repubblica
.
Non
è
accaduto
,
ma
era
possibile
.
Possibilissimo
.
Anzi
,
era
quasi
fatta
.
Il
successo
della
Bicamerale
,
un
successo
vero
,
era
a
portata
di
mano
.
Invece
è
stato
regalato
alle
ortiche
.
Perché
?
E
importante
,
in
cose
importanti
,
capire
come
è
andata
.
Guardando
dalla
mia
finestra
,
quel
che
sono
riuscito
a
vedere
è
che
D
'
Alema
ha
sbagliato
tutto
.
Lo
dico
con
dispiacere
,
perché
in
D
'
Alema
ho
creduto
.
Dubitavo
da
tempo
,
fin
dal
tempo
della
vicenda
Maccanico
,
del
suo
coraggio
;
ma
ritenevo
che
avesse
una
visione
,
che
non
fosse
un
tatticista
come
gli
altri
.
Così
ritenevo
.
Ma
temo
di
essermi
sbagliato
.
Succede
anche
a
me
.
Intanto
,
e
per
cominciare
,
D
'
Alema
ha
ingannato
tutti
coloro
che
lo
hanno
insediato
alla
presidenza
della
Bicamerale
.
Soltanto
a
maggio
D
'
Alema
ci
ha
detto
che
la
sua
linea
di
azione
era
ispirata
da
amore
di
Ulivo
,
e
che
la
sua
priorità
era
salvare
il
governo
Prodi
.
No
,
onorevole
D
'
Alema
.
In
tal
caso
lei
non
doveva
né
cercare
né
accettare
la
presidenza
della
Bicamerale
.
Perché
come
presidente
della
Bicamerale
la
sua
priorità
doveva
essere
la
Costituzione
,
la
ricerca
di
un
buon
accordo
costituzionale
.
Nel
gestire
la
Bicamerale
per
salvare
il
governo
Prodi
,
pertanto
,
lei
si
è
messo
in
una
posizione
falsa
che
ha
falsato
tutto
il
gioco
.
Fra
l
'
altro
,
non
c
'
è
bisogno
di
essere
professori
per
capire
che
una
traballantissima
e
risicatissima
maggioranza
di
centro
-
sinistra
non
poteva
essere
in
alcun
modo
una
maggioranza
di
riforma
.
La
quadratura
del
cerchio
in
partenza
non
c
'
era
;
se
l
'
è
creata
lei
giocando
contemporaneamente
su
due
tavoli
.
Ed
è
per
questo
che
lei
è
approdato
a
un
cerchio
quadrato
,
oppure
a
un
quadrato
circolare
;
insomma
,
al
pasticciaccio
al
quale
è
approdato
.
Ciò
premesso
,
resta
da
spiegare
perché
D
'
Alema
il
4
aprile
abbia
buttato
via
un
ragionevolissimo
accordo
che
aveva
già
in
tasca
e
imboccato
l
'
impervia
e
assai
dubbia
via
del
cosiddetto
premierato
forte
,
di
un
premier
quasi
-
israeliano
,
quasi
-
eletto
(
e
,
in
sostanza
,
come
-
se
-
eletto
)
.
Non
è
che
con
questa
trovata
D
'
Alema
accontentasse
Franco
Marini
e
i
popolari
,
avversi
a
ogni
«
direttismo
»
.
E
nemmeno
accontentava
,
così
,
Fausto
Bertinotti
.
Accontentava
almeno
il
suo
partito
,
il
Pds
?
Per
quel
che
mi
consta
,
no
.
Le
resistenze
che
D
'
Alema
incontra
nel
Pds
sono
di
coloro
che
restano
ancorati
alla
tradizione
parlamentarista
del
partito
.
Allora
,
perché
D
'
Alema
si
è
buttato
davvero
a
corpo
morto
sul
premierato
all
'
israeliana
?
Visto
che
mi
si
rimproverava
di
non
capire
la
realtà
della
politica
,
sarò
realista
:
tanto
realista
quanto
lo
sono
i
politici
che
osservo
.
Che
cosa
è
successo
a
D
'
Alema
?
E
successo
,
dice
il
mio
realismo
,
che
D
'
Alema
si
è
promosso
al
rango
del
più
furbo
di
tutti
.
Può
darsi
,
per
esempio
,
che
D
'
Alema
abbia
ritenuto
che
le
sue
chance
di
essere
eletto
presidente
della
Repubblica
erano
modeste
,
mentre
il
premierato
forte
era
un
vestito
fatto
su
misura
per
lui
.
Inoltre
D
'
Alema
può
aver
pensato
che
sul
premier
di
elezione
diretta
avrebbe
potuto
imbrogliare
facilmente
Berlusconi
,
e
poi
ottenere
l
'
assenso
di
Fini
.
Berlusconi
,
si
sa
,
non
ha
mai
percepito
che
tra
presidenzialismo
e
premierato
ci
fosse
differenza
;
dunque
Berlusconi
non
era
un
problema
.
Quanto
a
Fini
,
anche
lui
stava
facendo
il
furbo
.
Diceva
presidenzialismo
,
ma
poi
,
si
sapeva
,
era
pronto
a
salvare
l
'
onore
anche
con
l
'
elezione
diretta
del
capo
del
governo
.
Forse
,
mentre
io
ingenuamente
giravo
le
sette
chiese
,
l
'
intesa
era
già
,
nell
'
aria
,
questa
.
Non
lo
so
.
Ma
quel
mattacchione
di
Umberto
Bossi
è
riuscito
all
'
ultimo
minuto
a
farla
saltare
.
Nel
gioco
dei
furbi
,
è
andata
a
finire
che
il
più
furbo
è
stato
lui
.
Congetture
a
parte
,
quel
che
è
certo
è
che
D
'
Alema
,
pur
di
ottenere
il
premierato
forte
,
ha
venduto
tutto
.
Soprattutto
ha
rinunciato
a
quel
doppio
turno
che
per
il
Pds
era
vitale
.
Perché
D
'
Alema
il
doppio
turno
lo
ha
ritirato
fuori
soltanto
all
'
ultimo
,
per
il
semipresidenzialismo
alla
francese
.
Ma
,
vedi
caso
,
per
il
premierato
forte
non
era
necessario
.
E
,
vedi
caso
,
l
'
abbandono
del
doppio
turno
andava
bene
al
Berlusconi
ispirato
da
Gianni
Pilo
,
e
gli
guadagnava
il
plauso
dei
cespugli
.
Non
contento
,
D
'
Alema
ha
anche
disperatamente
cercato
di
comprare
Bossi
,
regalandogli
tutto
il
federalismo
che
in
poche
notti
Francesco
D
'
Onofrio
è
riuscito
a
mettere
assieme
.
Dunque
,
pur
facendo
in
finale
buon
viso
a
cattivo
gioco
,
D
'
Alema
esce
sconfittissimo
dalla
sua
gestione
della
Bicamerale
.
Purtroppo
ne
esce
anche
sconfittissima
la
stessa
ragion
d
'
essere
di
una
riforma
costituzionale
.
I
davvero
contenti
dovrebbero
essere
gli
ex
democristiani
che
salvano
tutte
le
loro
poltrone
,
e
Bertinotti
che
potrà
continuare
a
rafforzarsi
.
Ma
gli
italiani
contenti
non
dovrebbero
essere
.
La
televisione
di
Stato
(
aggiunta
,
s
'
intende
,
a
quella
di
Berlusconi
)
ci
ha
annunziato
il
30
giugno
sera
che
«
per
la
prima
volta
una
commissione
bicamerale
ha
fatto
centro
»
.
Cornuti
,
mazziati
e
anche
soddisfatti
.
Grazie
a
questi
media
,
finiremo
proprio
così
.
StampaPeriodica ,
La
villa
era
stata
costruita
oltre
la
città
di
P
...
,
in
solitaria
aperta
campagna
;
ma
già
qualche
tempo
prima
che
nascesse
Sergio
agli
abitanti
della
città
doveva
essere
piaciuto
quel
luogo
se
qua
e
là
,
senza
alcun
ordine
come
vengono
i
desideri
,
erano
sorte
tre
ville
.
Alcune
avevano
la
facciata
rivolta
al
levar
del
sole
,
altre
guardavano
le
crete
lontane
.
Forse
la
loro
varia
disposizione
rispondeva
al
carattere
delle
persone
che
vi
abitavano
.
Tranquillità
,
soggezione
verso
la
natura
i
cui
segni
si
ripetono
ogni
giorno
più
desiderati
dall
'
apparire
del
sole
.
Istinto
di
avventura
e
amore
per
il
creato
nelle
sue
bizzarrie
significava
fissare
le
crete
poiché
da
loro
provenivano
su
quell
'
angolo
di
terra
effluvi
di
un
mondo
chimerico
.
La
facciata
della
villa
guardava
le
colline
dietro
le
quali
si
consumava
il
tramonto
e
in
lontananza
aveva
a
sinistra
le
crete
,
a
destra
e
più
vicina
la
città
;
ma
porte
e
finestre
si
aprivano
in
ogni
muro
e
in
egual
numero
come
se
il
suo
costruttore
avesse
voluto
godere
di
tutte
le
bellezze
circostanti
,
prossime
e
lontane
.
Un
viottolo
campestre
,
via
via
allargato
,
continuato
,
rafforzato
era
stato
trasformato
in
una
grande
strada
che
andava
da
P
...
verso
il
Sud
,
oltre
le
crete
;
e
che
ora
,
da
tempo
cessato
su
di
essa
il
lavoro
degli
uomini
,
lambiva
placida
e
invitante
,
il
giardino
,
chiuso
da
una
cancellata
resa
quasi
invisibile
da
un
folto
strato
di
fiori
e
di
piante
,
sul
davanti
della
villa
.
Al
di
là
della
strada
,
una
trentina
di
metri
più
a
Sud
,
era
una
casa
di
contadini
appoggiata
ad
un
monticello
,
oltre
il
quale
una
piccola
valle
e
poi
la
catena
delle
colline
.
Il
giardino
si
estendeva
vastissimo
anche
dietro
la
villa
,
colmo
di
alberi
,
senza
alcun
segno
di
cinta
in
modo
che
pareva
continuarsi
degradando
nei
campi
e
nei
prati
.
Chi
veniva
da
P
...
,
percorsi
tre
chilometri
tra
giardini
,
orti
e
campi
,
si
trovava
,
superata
una
piccola
chiesa
detta
di
Sant
'
Antonio
,
dinanzi
alle
due
costruzioni
l
'
una
quasi
di
fronte
all
'
altra
;
allora
la
strada
subito
dopo
svoltava
ad
un
tratto
scomparendo
dietro
la
casa
dei
contadini
senza
lasciar
capire
quale
fosse
la
sua
direzione
;
e
il
monticello
e
gli
alberi
del
giardino
impedivano
di
girare
quegli
ostacoli
con
lo
sguardo
.
Ma
oltrepassato
quella
specie
di
valico
,
il
paesaggio
si
apriva
in
una
immensa
pianura
circondata
per
tre
quarti
dalle
colline
e
dalle
crete
.
Nella
pianura
,
e
molte
in
vicinanza
della
strada
,
erano
le
altre
ville
.
A
guardarle
dall
'
alto
delle
colline
,
rade
e
morbidamente
adagiate
sul
verde
della
campagna
,
non
spiccavano
in
modo
particolare
,
ma
percorrendo
la
strada
non
permettevano
di
pensare
ai
prati
,
alle
vigne
,
agli
alberi
.
Solo
un
cancello
rustico
tra
due
pilastri
di
mattoni
rossi
sormontato
da
una
piccola
tettoia
era
bello
;
al
di
là
delle
sue
sbarre
si
apriva
un
lungo
viale
che
portava
ad
una
villa
accuratamente
nascosta
da
grandi
piante
verdi
.
Così
avrebbero
dovuto
essere
anche
le
altre
ville
!
Quella
non
disturbava
i
passeggeri
incantati
;
anzi
introduceva
accenni
di
segretezza
,
di
mistero
nel
paesaggio
tutto
aperto
sotto
il
cielo
.
Pareva
che
tra
tutti
gli
abitatori
della
strada
maestra
solo
i
suoi
proprietari
avessero
stabilito
naturali
rapporti
con
la
campagna
.
Nella
villa
dinanzi
alla
casa
dei
contadini
abitavano
Sergio
,
Marta
sua
madre
,
Bruno
suo
padre
,
la
nonna
Giovanna
e
Vera
,
sorella
di
Bruno
.
Possedevano
alcuni
poderi
nella
pianura
e
di
quelli
vivevano
.
Quando
Sergio
fu
capace
di
notare
qualcosa
della
campagna
e
di
comprendere
i
discorsi
dei
familiari
,
le
ville
sorgevano
già
ai
margini
della
strada
e
altrove
,
esisteva
anche
la
villa
in
fondo
al
lungo
viale
dietro
al
cancello
rustico
.
Per
molti
anni
nulla
sarebbe
cambiato
.
Non
una
casa
nuova
.
I
signori
,
iniziata
l
'
invasione
della
pianura
,
dovevano
essersi
ingelositi
delle
bellezze
di
quel
luogo
meraviglioso
e
ne
avevano
impedito
agli
altri
il
godimento
.
Il
primo
contatto
di
Sergio
con
la
natura
avvenne
attraverso
le
colline
.
Seppe
poi
che
anche
prima
di
allora
lo
avevano
condotto
per
la
campagna
ma
non
se
ne
ricordava
per
la
sua
età
infantile
.
Presto
le
colline
stabilirono
l
'
amicizia
tra
Sergio
e
la
natura
.
Soli
,
per
mesi
e
mesi
,
Sergio
e
Marta
salirono
lassù
tutti
i
pomeriggi
.
Poi
Sergio
si
ammalò
gravemente
.
Un
intero
anno
passò
in
letto
.
Lo
portarono
al
mare
;
e
l
'
inverno
successivo
rimase
chiuso
nella
villa
.
Infine
il
dottore
gli
ordinò
di
girare
di
nuovo
per
la
campagna
.
Il
babbo
lo
condusse
allora
a
piedi
e
in
carrozza
,
nei
luoghi
da
lui
preferiti
.
Una
volta
si
spinsero
fino
alle
crete
,
partendo
la
mattina
prestissimo
.
Poi
quelle
gite
cessarono
.
Il
babbo
non
andò
più
a
prenderlo
;
ma
un
giorno
in
un
'
ora
insolita
,
comparve
Marta
e
insieme
fecero
di
nuovo
una
passeggiata
sulle
colline
.
Tutti
i
pomeriggi
tornarono
lassù
.
Delle
gite
in
compagnia
del
babbo
,
eccettuata
quella
nelle
crete
,
Sergio
non
rammentò
quasi
nulla
.
Anche
le
cose
di
cui
serbava
una
immagine
le
credeva
assai
più
lontane
di
dove
arrivava
la
sua
vista
,
esistenti
oltre
l
'
orizzonte
.
Fu
da
capo
tutto
nuovo
per
lui
.
La
strada
per
le
colline
incominciava
dietro
la
casa
dei
contadini
;
qui
erano
cani
cuccioli
morbidi
come
piccole
oche
che
Sergio
rivide
con
meraviglia
.
Della
città
Sergio
sapeva
soltanto
che
vi
abitavano
i
nonni
materni
i
quali
,
ogni
tanto
,
andavano
alla
villa
.
Qualche
volta
Sergio
aveva
accompagnato
Bruno
,
Marta
e
Vera
in
città
ad
un
caffé
situato
in
una
grande
piazza
.
Bibite
rosse
e
una
banda
che
suonava
su
di
un
palco
vicino
ai
tavolini
.
Tutto
gli
era
piaciuto
.
Un
giorno
,
subito
dopo
la
guarigione
,
aveva
sentito
dire
che
sarebbe
andato
a
stare
in
città
dai
nonni
per
la
scuola
,
ma
la
sua
gracilità
aveva
impedito
l
'
attuazione
di
quel
progetto
.
Marta
e
Vera
gli
avrebbero
insegnato
piano
piano
a
leggere
e
a
scrivere
,
poi
una
maestra
sarebbe
andata
alla
villa
per
portarlo
avanti
negli
studi
.
Soltanto
dopo
avrebbe
potuto
,
fortificato
da
altri
anni
passati
in
campagna
,
frequentare
la
scuola
in
città
.
Da
allora
i
rapporti
di
Sergio
con
la
città
erano
di
attesa
.
Appena
intravista
,
egli
sapeva
che
in
un
futuro
imprecisato
ma
certo
vi
avrebbe
iniziato
una
vita
diversa
e
se
la
immaginava
come
un
oggetto
da
possedersi
più
tardi
.
Il
tempo
passò
,
Marta
e
Vera
incominciarono
a
insegnargli
a
leggere
e
a
scrivere
,
gli
lessero
esse
stesse
libri
interessanti
,
ma
la
maestra
non
comparve
mai
alla
villa
e
non
si
parlò
più
della
scuola
.
Dei
poderi
di
proprietà
della
nonna
e
del
babbo
Sergio
sapeva
ancor
meno
che
della
città
;
nessuno
ve
lo
aveva
condotto
;
Vera
e
Marta
vi
alludevano
con
gesti
di
noia
.
Non
sapeva
neppure
dove
fossero
situati
.
Dalle
colline
,
una
volta
,
Marta
aveva
puntato
il
dito
verso
la
pianura
dicendo
:
-
Vedi
quella
macchia
sulla
strada
?
È
il
babbo
che
va
in
carrozza
a
visitare
i
poderi
.
Sono
dietro
l
'
ultima
casa
bianca
.
-
Sergio
era
appena
riuscito
dopo
molto
tempo
,
data
la
sua
incapacità
di
fissare
lo
sguardo
su
un
solo
punto
della
vasta
campagna
,
a
scoprire
la
carrozza
che
procedeva
a
stento
sulla
strada
come
un
insetto
meschino
.
Ai
poderi
accudivano
il
babbo
e
la
nonna
.
Il
babbo
vi
andava
quasi
ogni
giorno
e
alla
vendemmia
e
alla
divisione
degli
altri
raccolti
tentava
di
portarci
anche
Marta
e
Vera
;
ma
quelle
non
ne
volevano
sapere
.
Stavano
a
discutere
lungamente
dinanzi
alla
carrozza
e
appena
la
nonna
voltava
loro
le
spalle
facevano
gesti
minacciosi
a
Bruno
perché
desistesse
dai
suoi
insistenti
inviti
e
dalle
accuse
di
disinteresse
.
Il
babbo
fingeva
di
non
accorgersi
dei
loro
gesti
e
parlava
sorridendo
,
divertito
della
loro
rabbia
a
stento
repressa
.
Sergio
conosceva
solo
i
contadini
che
si
recavano
alla
villa
coi
panieri
pieni
di
erbaggi
e
di
frutta
.
Più
grande
,
l
'
idea
di
andare
in
un
posto
di
sua
proprietà
in
mezzo
all
'
ampia
pianura
gli
divenne
insopportabile
come
se
dovesse
entrare
in
una
stanza
con
le
finestre
chiuse
quando
oltre
quelle
si
apriva
un
magnifico
paesaggio
.
Nonostante
le
ville
e
le
case
dei
contadini
,
aveva
sempre
pensato
che
la
campagna
non
fosse
stata
di
alcuno
;
e
non
si
spinse
mai
fino
ai
poderi
.
A
lungo
,
la
parte
più
importante
della
sua
vita
si
svolse
sulle
colline
.
StampaQuotidiana ,
Inutile
negarlo
:
al
Vittoriale
tu
arrivi
prevenuto
.
Troppi
gli
amici
che
ti
hanno
messo
sull
'
avviso
:
vedrai
la
retorica
,
la
bolsaggine
,
il
cattivo
gusto
!
Vedrai
i
soldi
sperperati
!
Pensa
,
monumento
nazionale
sin
dal
1925
,
con
dentro
lui
,
vivo
.
S
'
era
lasciato
seppellire
da
Mussolini
e
senza
nemmeno
soffrirne
troppo
.
Infatti
,
pensi
tu
quando
la
macchina
si
arresta
sullo
spiazzale
e
guardi
l
'
ingresso
.
«
Io
ho
quel
che
ho
donato
»
,
leggi
per
prima
cosa
.
Esatto
,
pensi
:
di
questa
roba
egli
fece
dono
agli
italiani
,
ma
ci
rimase
dentro
,
e
gli
italiani
gli
pagarono
tutto
quanto
,
la
terra
,
gli
immobili
,
le
aggiunte
successive
,
che
non
finivano
mai
.
Con
quest
'
animo
paghi
le
duecento
lire
del
biglietto
e
prendi
su
per
il
viale
selciato
a
«
cubi
porfirici
»
,
come
diceva
lui
.
Ed
ecco
la
retorica
,
pensi
,
quando
la
guida
ti
spiega
come
quel
gran
pennone
con
in
vetta
una
vittoria
alata
e
dorata
riproduca
la
forma
di
un
pilone
di
ponte
sul
Piave
.
Vero
,
constati
,
ma
lì
per
lì
non
te
n
'
eri
accorto
,
perché
stavi
guardando
altro
.
La
vegetazione
,
per
esempio
,
che
qui
è
ricca
,
varia
,
d
'
un
verde
sempre
intenso
ma
sfumato
dal
cipresso
all
'
ulivo
al
nespolo
all
'
edera
al
magnolio
.
Il
terreno
digrada
verso
il
lago
,
che
in
un
mattino
piovigginoso
,
come
oggi
,
è
d
'
un
chiaro
quasi
bianco
.
Certo
,
se
volgi
gli
occhi
attorno
vedi
archetti
,
colonne
,
pennoni
,
capitelli
,
un
sarcofago
grigio
e
massiccio
,
un
obice
da
centocinque
,
fontanine
,
oblò
,
vetri
colorati
,
nicchie
.
Vedi
un
mucchio
di
roba
,
che
però
non
rompe
la
bellezza
del
panorama
e
anzi
ne
è
soggiogata
,
ingentilita
.
Insomma
,
su
tutto
l
'
hanno
vinta
i
cipressi
svettanti
,
o
il
grande
pino
contorto
e
antichissimo
che
sta
nel
«
cortile
dalmata
»
.
Lì
accanto
c
'
è
il
pennone
massimo
,
che
ha
per
base
due
mole
da
frantoio
,
e
per
ornamento
otto
mascheroni
slavonici
,
di
pietra
.
Lo
sguardo
rimane
incerto
fra
pino
e
pennone
,
e
alla
fine
tu
pensi
che
va
be
'
,
non
è
mica
poi
tanto
brutto
.
Non
è
mica
tutta
retorica
,
pensi
adesso
;
insomma
,
ci
si
potrebbe
anche
campare
,
forse
bene
.
La
villa
di
Cargnacco
,
che
D
'
Annunzio
comprò
nel
1921
,
era
questa
fetta
centrale
,
ora
coperta
da
una
quarantina
di
stemmi
in
pietra
,
di
tutte
le
grandezze
e
con
tutti
i
motivi
:
ci
sono
cani
,
draghi
,
palle
,
teste
,
alberi
,
gladii
,
fiori
,
aquile
e
putti
.
Quando
lui
fece
l
'
acquisto
era
una
villa
campagnola
,
d
'
una
certa
eleganza
solenne
e
discreta
e
ci
abitava
un
critico
d
'
arte
tedesco
,
Heinrich
Tode
,
genero
di
Wagner
.
Solo
questa
fetta
:
nelle
fotografie
di
allora
ha
un
aspetto
a
metà
fra
la
fattoria
e
la
pieve
,
tanto
vero
che
il
Comandante
la
battezzò
,
scherzando
,
«
la
calonica
»
,
e
subito
si
accinse
a
cambiarla
.
Adesso
gli
edifici
formano
un
quadrato
di
vuoti
e
pieni
,
attorno
al
cortile
dalmata
:
muri
,
finestre
,
portici
,
altane
.
Ecco
lì
la
FIAT
tipo
4
della
marcia
da
Ronchi
,
scura
,
con
la
leva
del
freno
sul
predellino
,
e
i
fanali
ad
acetilene
.
Non
è
eroica
.
E
lassù
,
in
una
sala
rotonda
dove
si
tengono
anche
le
commemorazioni
,
appeso
col
fil
di
ferro
al
soffitto
,
l
'
aereo
del
volo
su
Vienna
:
è
uno
SVA
di
compensato
e
seta
,
con
il
leone
di
San
Marco
in
rosso
e
oro
(
«
iterum
rudit
leo
»
dice
il
motto
)
e
sulla
coda
le
sette
stelle
dell
'
Orsa
in
campo
azzurro
:
sette
come
furon
sette
gli
aerei
che
,
degli
undici
partiti
,
giunsero
sulla
capitale
austriaca
.
Nemmeno
questo
è
eroico
,
ormai
:
sembra
un
gran
farfallone
infilzato
a
mezz
'
aria
,
fragile
e
rinsecchito
,
come
polveroso
.
Non
sono
eroici
nemmeno
i
giardini
privati
,
nonostante
i
macigni
alpestri
,
ciascuno
con
scritto
in
rosso
il
monte
d
'
origine
:
Veliki
,
Sabotino
,
Podgora
,
Carso
e
così
via
,
e
frammezzo
una
mitragliatrice
(
raffreddamento
ad
acqua
,
pensi
)
,
proiettili
,
elmetti
,
e
un
san
Francesco
stilizzato
che
apre
le
braccia
verso
la
finestra
della
Zambracca
,
la
stanza
dove
morì
di
emorragia
cerebrale
il
Comandante
.
Non
sono
eroici
perché
anche
qui
la
vegetazione
domina
su
tutto
:
nel
boschetto
dei
magnolii
incontri
un
fossatello
,
e
per
superarlo
c
'
è
una
lastra
di
marmo
,
scritta
:
«
Strepitu
sine
ullo
»
,
dice
da
una
parte
,
e
dall
'
altra
:
«
Sordida
pellit
»
.
Spiega
la
guida
che
gli
indesiderati
,
i
malevoli
,
dovevano
restare
di
qua
,
nel
sordidume
,
mentre
i
fedeli
,
senza
far
chiasso
,
giungevano
sino
all
'
arengo
,
cioè
ad
una
serie
di
belle
panche
in
pietra
scolpita
,
con
alle
spalle
,
fra
magnolii
folti
,
ventisette
colonne
.
Il
Comandante
riceveva
qui
reduci
,
compagni
d
'
arme
,
belle
donne
,
Mussolini
,
Cicerin
,
Umberto
di
Savoia
,
e
intratteneva
tutti
con
le
sue
alate
concioni
,
con
le
sue
squisite
arguzie
.
Racconta
Dario
Niccodemi
d
'
essere
rimasto
quattordici
ore
,
fra
arengo
,
cortiletto
degli
schiavoni
,
portico
del
parente
(
il
parente
sarebbe
Michelangelo
)
,
affascinato
e
divertito
,
da
non
accorgersi
che
il
tempo
passava
.
Ora
comincio
a
non
dubitare
che
ci
saremmo
divertiti
anche
noi
,
tanto
doveva
essere
ricca
e
variata
e
bislacca
la
conversazione
d
'
un
uomo
che
poteva
appigliarsi
a
tanti
particolari
in
mostra
,
a
tante
minutaglie
eterogenee
e
stravaganti
.
Infatti
nel
cortile
e
nel
portico
non
c
'
è
palmo
di
muro
che
non
rechi
infisso
un
medaglione
o
una
testa
,
o
un
paio
di
corna
bovine
,
una
clessidra
,
una
campana
,
un
lampione
,
una
testina
,
una
maiolica
,
un
'
epigrafe
,
un
'
anfora
,
un
motto
,
un
cartiglio
.
Ciriaco
Marini
,
oggi
guardiano
ma
allora
muratore
al
Vittoriale
,
mi
precisa
che
il
Comandante
,
in
compagnia
del
suo
fido
architetto
Maroni
,
presiedeva
ad
ogni
cosa
:
diceva
lui
voglio
qui
questo
,
lì
quello
,
così
va
bene
e
così
no
.
Era
attivissimo
,
esigente
,
preciso
,
piccolo
,
asciutto
,
gran
camminatore
,
generoso
,
cordiale
,
aristocratico
e
perciò
populista
.
Giù
verso
l
'
Acqua
Pazza
,
per
esempio
,
un
giorno
stavano
sistemando
una
piaggia
a
gradini
.
Arrivò
in
visita
il
Comandante
,
sempre
in
compagnia
del
Maroni
,
e
con
le
sue
gambette
di
vecchio
non
ce
la
faceva
a
superare
lo
sbalzo
del
terreno
.
Si
rivolse
all
'
operaio
Betta
:
«
Dammi
la
mano
»
,
comandò
con
quella
voce
acuta
(
«
Pareva
una
cornetta
»
,
spiega
il
guardiano
)
.
Ma
il
Bella
non
voleva
,
si
scherniva
:
aveva
la
mano
sporca
di
terra
.
«
Dammi
la
mano
»
,
strillò
D
'
Annunzio
.
E
poi
,
a
monito
:
«
Ricordati
,
la
mano
di
un
operaio
giammai
sarà
sporca
»
.
I
guardiani
d
'
oggi
(
portano
una
divisa
,
ma
in
estate
,
con
le
insegne
del
principato
di
Montenevoso
)
ricordano
parecchie
cose
e
sanno
dirti
a
memoria
il
nome
di
tutto
.
Perché
qui
tutto
ha
un
nome
:
viale
d
'
Aligi
,
Acqua
Pazza
e
Acqua
Saggia
,
cortiletto
degli
schiavoni
,
portico
del
parente
,
fontana
del
delfino
,
Pilo
del
«
dare
in
brocca
»
,
edicola
di
San
Rocco
,
colonna
dei
giuramenti
,
cortile
dalmata
,
torre
del
belvedere
.
È
una
toponomastica
che
basterebbe
per
un
quartiere
cittadino
,
e
invece
si
riferisce
a
poche
spanne
di
terra
.
E
continua
e
si
infittisce
e
si
accavalla
e
prolifera
dentro
casa
.
Qui
il
pubblico
non
può
entrare
,
e
si
capisce
perché
:
più
di
tre
persone
alla
volta
non
ci
si
muoverebbero
,
e
io
che
sono
grosso
ho
sempre
paura
di
rompere
qualcosa
.
Immagina
ora
d
'
essere
ospite
del
Comandante
.
Arrivi
alla
porta
,
e
un
'
epigrafe
ti
ammonisce
:
«
Clausura
finché
s
'
apra
,
silentium
fin
che
parli
»
.
Aprono
la
porta
,
e
vedi
due
leoni
d
'
oro
,
sette
scalini
rossi
,
un
andito
scuro
di
noce
vecchio
,
una
colonna
e
due
busti
.
Ti
fanno
accomodare
nell
'
oratorio
dalmata
,
che
è
proprio
un
oratorio
coi
suoi
scanni
e
i
cuscini
rossi
,
i
turiboli
,
gli
ostensori
,
le
croci
,
i
reliquarii
,
le
statue
dei
santi
,
e
appesa
al
soffitto
l
'
elica
dell
'
aereo
di
De
Pinedo
.
E
non
sai
cosa
guardare
.
E
se
ti
ammettono
alle
altre
stanze
,
cresce
questa
sensazione
,
questo
principio
di
capogiro
e
di
soffocazione
asmatica
.
Perché
ogni
stanza
è
tappezzata
,
ovattata
,
imbottita
,
straripante
di
oggetti
:
su
un
tavolo
foderato
di
rosso
,
dinanzi
a
un
tabernacolo
d
'
oro
,
il
volante
spezzato
del
pilota
inglese
Seagraves
.
Per
terra
cuscini
e
una
pelle
di
leopardo
,
e
accanto
,
dal
pavimento
a
l
soffitto
,
una
piramide
di
statue
:
si
comincia
con
due
gatti
di
porcellana
,
e
si
sale
,
traverso
Budda
e
Visnù
e
Krishna
e
non
sai
più
che
altro
,
fino
alla
Madonna
col
Bambino
,
di
legno
colorato
.
È
la
scala
delle
religioni
,
ti
spiegano
,
e
la
scritta
precisa
:
«
Tutti
gli
idoli
adombrano
un
dio
vivo
,
tutte
le
fedi
attestan
l
'
uomo
eterno
,
tutti
i
martiri
annunziano
un
sorriso
»
.
Nella
stanza
del
mappamondo
,
insieme
ai
tavoli
e
alle
statue
e
ai
libri
,
trovi
un
organo
,
il
globo
enorme
che
dà
nome
all
'
ambiente
e
una
mitragliatrice
Schwartzlose
,
preda
bellica
.
Le
luci
sono
tutte
smorzate
,
rosate
,
rossastre
,
giallicce
,
verdine
,
bluastre
.
La
sala
del
lebbroso
,
la
più
famosa
,
contiene
,
accanto
a
un
letto
-
culla
-
bara
coperto
di
seta
nera
con
scritte
latine
in
oro
,
una
statua
di
giovinetto
nudo
in
legno
chiaro
.
Tu
muovi
con
crescente
cautela
e
non
senti
il
rumore
dei
tuoi
passi
,
per
i
continui
tappeti
che
si
susseguono
sovrapposti
agli
orli
.
Saranno
più
di
mille
.
E
ogni
stanza
ha
il
suo
nome
d
'
invenzione
.
Nella
stanza
della
Zambracca
(
in
veneto
significa
,
se
non
sbaglio
,
«
cameraccia
»
)
c
'
è
un
fornitissimo
armadio
di
medicinali
(
ultimamente
il
poeta
aveva
gran
paura
delle
malattie
)
e
il
guardaroba
,
dove
stupisce
il
gran
numero
delle
cravatte
a
farfallino
.
Un
appunto
del
poeta
ti
dice
che
anche
ai
«
servizi
»
doveva
toccare
il
nome
,
in
latino
:
bibliothecula
stercoraria
,
balneolum
vetusculum
,
cellula
vinaria
et
dearia
.
La
stanza
della
Cheli
prende
nome
da
una
tartaruga
enorme
che
sta
sul
tavolo
da
pranzo
.
Quest
'
animale
morì
per
una
indigestione
di
tuberose
,
ma
il
poeta
la
volle
ancora
:
il
guscio
è
il
suo
,
dorato
,
la
testa
e
le
zampe
le
rifece
in
bronzo
,
pure
dorato
,
lo
scultore
Bronzi
.
Ora
,
si
pensi
che
D
'
Annunzio
fece
mangiare
a
questo
tavolo
Umberto
di
Savoia
e
Mussolini
,
con
a
capo
tavola
la
tartaruga
Cheli
.
Se
riesci
a
dominare
il
senso
di
vertigine
che
a
questo
punto
t
'
ha
preso
,
non
eviti
un
dubbio
:
faceva
sempre
sul
serio
,
il
Poeta
?
Perché
di
solito
,
lui
così
parco
,
mangiava
giù
,
solo
,
nella
Zambracca
,
e
a
tavola
con
la
tartaruga
ci
andava
solo
in
compagnia
di
ospiti
illustri
.
Ancora
:
entri
nel
bagno
,
a
fatica
rintracci
vasca
,
bidet
e
lavabo
,
di
maiolica
blu
,
annullati
dal
carico
di
anfore
,
uccelli
,
piatti
,
mattonelle
,
teste
,
frutti
finti
,
ampolline
,
teche
e
fotografie
(
più
di
duemila
pezzi
,
avverte
serissima
la
guida
)
.
Guardi
sul
tavolino
,
e
in
bella
mostra
vedi
e
conti
almeno
dieci
spazzole
pei
capelli
.
E
tutti
sanno
che
D
'
Annunzio
era
calvo
.
Qualcuno
mi
dice
:
possibile
dormire
avendo
ai
piedi
del
letto
un
calco
in
gesso
del
Prigione
di
Michelangelo
?
Giusto
:
ma
non
si
dimentichi
che
questa
enorme
statua
porta
alla
vita
un
pezzo
di
damasco
dorato
che
gli
fa
da
gonnella
.
È
questo
un
modo
serio
di
trattare
un
artista
venerato
e
per
giunta
«
parente
»
?
Né
si
scordi
,
per
esempio
,
che
lo
scrittoio
del
monco
,
con
quella
rossa
mano
mozza
sopra
l
'
architrave
,
serviva
a
raccogliere
la
posta
inevasa
,
le
lettere
dinanzi
alle
quali
Gabriele
sentiva
cader
giù
la
mano
,
lettere
di
seccatori
,
postulanti
,
creditori
.
E
oltre
tutto
in
queste
stanze
D
'
Annunzio
non
lavorava
:
e
chi
ci
riuscirebbe
?
Al
piano
di
sopra
c
'
è
l
'
Officina
,
cioè
lo
studio
.
Se
da
questa
stanza
leviamo
la
copia
d
'
una
Vittoria
,
qualche
calco
,
qualche
fotografia
,
potrebbe
sembrare
lo
studio
di
uno
scrittore
qualunque
.
È
di
legno
chiaro
;
la
luce
basta
per
leggere
,
lo
scrittoio
è
piccolo
(
non
si
lavora
bene
sui
tavoli
grandi
)
,
i
libri
sono
ben
disposti
,
a
portata
di
mano
;
rigorosamente
allineati
,
accanto
ai
numerosi
dizionari
(
l
'
imaginifico
non
tirava
mai
a
indovinare
,
quanto
alle
parole
)
ecco
i
volumi
d
'
una
storia
economica
della
Toscana
:
quando
morì
,
mi
spiegano
,
stava
lavorando
a
una
vita
di
Santa
Caterina
,
e
voleva
documentarsi
a
dovere
.
E
in
tutta
la
casa
non
trovi
un
libro
inutile
:
i
trentamila
volumi
formano
una
biblioteca
strumentale
,
e
non
ripetono
affatto
le
stramberie
degli
altri
oggetti
;
non
vedi
nemmeno
un
incunabolo
,
né
un
'
edizione
pregiata
.
È
la
biblioteca
d
'
uno
studioso
,
non
d
'
un
bibliofilo
estetizzante
.
Insomma
al
tavolo
di
lavoro
D
'
Annunzio
diventava
serio
.
Qualcuno
dei
guardiani
ricorda
che
era
capace
di
restarsene
a
sedere
per
dodici
,
quattordici
ore
di
fila
.
Preoccupati
,
essi
ogni
tanto
spiavano
questo
faticatore
della
penna
,
e
allora
vedevano
sulla
testa
calva
una
vena
gonfiarsi
e
tendersi
come
una
corda
,
per
lo
sforzo
.
Lavorava
sodo
,
dimentico
di
tanta
paccottiglia
che
gl
'
ingombrava
le
stanze
di
sotto
.
Certo
,
non
era
più
lui
:
passata
la
sessantina
,
aveva
dato
il
meglio
di
sé
,
e
adesso
gli
restavano
i
progetti
di
altre
quaranta
opere
che
non
scrisse
mai
,
ma
che
promise
al
suo
editore
.
Esaurita
la
vena
dello
scrittore
,
conclusa
la
vita
eroica
di
Buccari
,
di
Vienna
,
di
Fiume
,
adesso
la
sua
avventura
diventava
di
estetica
quotidiana
.
«
Tutto
qui
è
dunque
una
forma
della
mia
mente
,
un
aspetto
della
mia
anima
,
una
prova
del
mio
fervore
.
»
Era
sincero
.
Ma
doveva
fare
i
conti
con
un
doppio
rischio
.
Ecco
il
primo
.
Girando
per
queste
sale
io
mi
chiedevo
quale
poté
essere
il
gusto
di
D
'
Annunzio
verso
le
arti
figurative
.
E
constatavo
che
in
casa
non
esiste
un
quadro
né
una
statua
di
pregio
.
I
calchi
michelangioleschi
,
così
bianchi
,
enormi
,
e
gessosi
,
sono
orrendi
.
I
quattro
o
cinque
quadri
del
Previati
che
oggi
,
ben
illuminati
,
stanno
nella
camera
di
Schifamondo
,
par
che
non
gli
piacessero
,
e
infatti
li
aveva
relegati
in
una
specie
di
magazzino
.
Il
gusto
delle
maioliche
orientali
dunque
?
Non
lo
apparenta
forse
a
certi
decadenti
inglesi
,
a
Whistler
,
a
Rossetti
,
a
Howell
,
fanatici
del
blue
china
?
E
i
disegni
del
De
Carolis
(
fece
tutti
i
suoi
frontespizi
)
non
saranno
forse
l
'
equivalente
delle
illustrazioni
che
tracciò
Aubrey
Beardsley
per
le
opere
di
Oscar
Wilde
?
Nemmeno
questo
convince
.
E
forse
la
risposta
giusta
è
che
D
'
Annunzio
non
ebbe
mai
un
preciso
gusto
figurativo
;
che
questi
oggetti
servivano
,
come
suol
dirsi
,
a
creare
l
'
atmosfera
,
a
sollecitare
la
fantasia
;
che
ebbero
un
valore
più
tattile
,
più
vellicatorio
che
visivo
.
Secondo
rischio
.
In
un
certo
senso
,
il
Vittoriale
è
davvero
degli
Italiani
:
esso
infatti
ospita
tutto
quel
che
gli
italiani
regalarono
a
D
'
Annunzio
.
Una
pera
di
vetro
,
una
pina
secca
,
un
satiro
in
stile
Novecento
,
un
palloncino
di
carta
,
una
pietra
consacrata
,
una
camicia
sporca
di
sangue
:
non
sempre
fu
lui
a
mettersi
in
casa
questa
roba
.
E
poté
accadere
che
non
sapesse
sbarazzarsi
d
'
un
dono
,
far
piazza
pulita
degli
oggetti
inutili
,
o
di
quelli
brutti
.
Poté
accadere
,
all
'
inverso
,
che
donasse
ad
un
visitatore
oggetti
di
pregio
autentico
.
Lui
stesso
dovette
accorgersi
di
questo
progressivo
soffocamento
quando
decise
di
«
schifare
il
mondo
»
(
e
cioè
quel
mondo
,
quelle
pere
di
vetro
,
quelle
zucche
luminescenti
,
quei
pugnali
)
e
trasferirsi
a
vivere
lì
accanto
,
in
due
sole
stanze
,
brutte
quanto
si
vuole
anche
esse
,
ma
perlomeno
non
più
attuffate
da
tanta
paccottiglia
.
Schifamondo
,
disse
lui
:
una
camera
da
letto
scura
,
arredata
nello
stile
che
fu
degli
anni
Trenta
,
con
più
i
calchi
giganteschi
,
a
capo
del
letto
un
occhio
d
'
oro
,
con
l
'
insegna
«
per
non
dormire
»
.
Le
luci
piovono
dal
soffitto
smorzate
e
opalescenti
;
l
'
effetto
complessivo
è
funereo
,
ma
d
'
una
certa
solennità
.
D
'
Annunzio
su
quel
letto
non
riposò
mai
,
se
non
dopo
morto
.
Lì
lo
vide
per
l
'
ultima
volta
Mussolini
,
poi
lo
esposero
alla
folla
sotto
il
portico
del
cortile
dalmata
,
e
infine
lo
sotterrarono
(
no
,
non
in
piedi
,
mi
dice
l
'
ex
muratore
Ciriaco
Marini
,
che
era
presente
;
no
,
disteso
come
un
cristiano
qualunque
)
.
Adesso
il
corpo
di
Gabriele
è
in
una
nicchia
abbastanza
semplice
dell
'
Esedra
:
il
nome
,
un
pugnale
,
la
corona
dell
'
Accademia
d
'
Italia
,
la
terra
di
Pescara
,
l
'
acqua
del
Piave
.
Sta
lì
di
fronte
alla
casa
.
Ma
c
'
è
chi
non
vorrebbe
lasciarcelo
.
Nel
1940
cominciarono
i
lavori
per
l
'
erezione
del
Mausoleo
,
che
è
più
grande
di
tutti
gli
altri
edifici
messi
insieme
.
Sta
in
cima
al
poggio
che
guarda
la
prua
della
nave
«
Puglia
»
(
sempre
lì
in
attesa
di
salpare
,
ma
non
si
muove
mai
,
purtroppo
)
.
È
a
pianta
circolare
,
con
balze
successive
ornate
da
pochi
stenti
ulivi
che
non
vogliono
attecchire
.
Bianche
scalinate
portano
da
una
balza
all
'
altra
,
e
sul
cerchio
più
alto
si
levano
dieci
arche
spigolose
,
e
un
'
undicesima
sta
al
centro
,
in
mezzo
a
una
specie
di
vasca
,
più
alta
di
tutte
.
Lì
vorrebbero
mettere
D
'
Annunzio
,
circondato
da
dieci
eroi
fiumani
(
sette
già
ci
sono
)
.
L
'
architetto
Maroni
,
che
qui
e
altrove
fece
cose
non
indegne
,
stavolta
si
lasciò
prendere
la
mano
dal
gusto
littorio
dell
'
ossario
imponente
e
falso
.
Il
mausoleo
è
brutto
.
È
una
cattiveria
contro
la
dolcezza
del
paesaggio
.
Per
fortuna
non
è
stato
mai
finito
,
e
speriamo
che
non
sia
mai
.
Dopo
tutto
un
mausoleo
per
D
'
Annunzio
non
serve
.
Esiste
già
.
È
quello
,
il
Vittoriale
.
Teniamolo
così
:
un
monumento
patetico
,
che
costruì
per
se
medesimo
un
uomo
vecchio
.
Entriamoci
a
guardarlo
con
la
pietà
che
dobbiamo
a
un
nostro
nonno
.
Era
un
nonno
strambo
,
ma
a
suo
modo
geniale
.
StampaPeriodica ,
L
'
atteggiamento
dell
'
intellettuale
di
fronte
alla
letteratura
si
traduce
,
spesso
,
nella
creazione
di
uno
spazio
vuoto
in
cui
egli
consuma
impunemente
la
propria
indifferenza
storica
.
La
"
precisione
dei
metodi
"
,
valida
ancora
come
difesa
dell
'
arte
contro
"
i
cattivi
artisti
"
,
corre
il
rischio
di
divenire
un
alibi
con
cui
il
letterato
proscioglie
se
stesso
da
ogni
obbligo
morale
e
civile
.
In
questo
contesto
,
l
'
unica
via
di
uscita
,
secondo
Gatto
,
sembra
consistere
nel
rifiuto
di
una
letteratura
conformistica
,
ripetitiva
di
formule
già
acquisite
,
e
nella
scelta
coraggiosa
di
una
"
espressione
"
nuova
,
la
quale
sia
in
grado
di
cogliere
immediatamente
la
"
nostra
dolorosa
storia
di
uomini
"
.
Solo
attraverso
la
spregiudicata
ricerca
di
una
"
difficoltosa
sintassi
"
è
possibile
tradurre
nella
letteratura
il
segno
qualificante
del
nostro
tempo
.
Bisogna
andare
al
fondo
di
noi
stessi
,
convincersi
che
in
qualche
mese
di
praticantato
è
possibile
trovare
il
passo
letterario
con
cui
mettersi
in
gara
con
tutti
gli
scrittori
che
si
preoccupano
di
mantenere
una
media
delle
proposte
con
cui
s
'
incalzano
e
non
si
risolvono
da
anni
.
Occorre
che
finalmente
si
dica
che
è
inutile
la
difesa
del
fatto
letterario
,
se
l
'
intelligenza
dell
'
arte
,
come
iniziativa
di
interesse
vero
e
diretto
,
spetta
a
pochissimi
,
se
la
precisione
dei
metodi
,
come
impegno
mantenuto
principalmente
contro
i
cattivi
artisti
,
è
svolto
fino
alla
salvezza
dall
'
ambiente
con
tutta
la
possibile
e
inavvertita
reazione
alla
storia
che
dovremmo
portare
a
fondo
.
Ormai
tutti
declamano
la
propria
ambizione
di
difendere
quel
"
fatto
letterario
"
in
cui
trovano
l
'
unica
condizione
passiva
per
vivere
:
si
crede
di
poter
mantenere
approssimativamente
un
mito
liberale
di
storicità
ripetendo
il
bisogno
di
un
'
assuefazione
polemica
,
reagendo
costantemente
al
bisogno
di
una
propria
vita
morale
e
sociale
ritardata
e
difficoltosa
rispetto
alle
facili
regole
e
alle
forme
già
acquisite
di
una
letteratura
.
Non
ci
si
accorge
che
giriamo
al
largo
per
non
incontrarci
mai
,
per
non
provare
nemmeno
sgomento
di
noi
stessi
e
della
nostra
indifferenza
storica
:
non
ci
si
accorge
che
,
puntualmente
onesta
e
determinata
,
questa
difesa
del
fatto
letterario
ripete
dall
'
esterno
un
grado
di
civiltà
che
soltanto
pochissimi
scrittori
hanno
posto
con
la
propria
espressione
e
non
con
la
propria
definizione
.
Questi
scrittori
,
in
fin
dei
conti
,
dovrebbero
assicurare
una
vita
polemica
e
media
ai
sostenitori
e
ai
"
secondi
"
:
dovrebbero
restare
combinati
per
un
tempo
indeterminato
nello
spettacolo
letterario
,
nella
gara
dei
detrattori
o
dei
ritardatari
,
o
nella
zelante
difesa
di
quanti
da
essi
ricavano
solo
un
modello
di
stile
o
un
nobile
esempio
di
condotta
lessicale
.
Questo
metodismo
,
sia
pure
avverato
nella
precisione
di
una
critica
in
atto
,
potrebbe
restare
all
'
infinito
una
condotta
storicistica
per
i
lettori
che
cooperano
a
conservare
se
stessi
,
ripetendo
sterilmente
,
nella
formula
dei
doveri
e
delle
situazioni
riflesse
,
la
mancanza
di
una
propria
coscienza
diretta
e
il
bisogno
di
una
determinazione
nei
valori
riconosciuti
passibili
di
imitazione
e
di
contagio
,
cioè
di
ambiente
.
Così
il
fatto
letterario
resta
la
sordina
storicistica
della
poesia
,
la
vetrata
diffusa
ed
immaginosa
di
un
linguaggio
alienato
per
sempre
dagli
scrittori
.
Inavvertitamente
le
precisioni
puntualizzate
restano
sempre
una
verifica
nello
stesso
tempo
astratta
ed
empirica
delle
somiglianze
temporali
dei
testi
:
ed
una
mostruosa
necessità
di
coscienza
e
di
logica
dovrebbe
scaturire
da
questo
sterile
accordo
formale
?
Individualmente
presi
e
costretti
nella
verifica
di
noi
stessi
e
della
nostra
coscienza
resisteremo
sempre
a
definirci
in
un
fatto
letterario
,
rinnegando
la
nostra
dolorosa
storia
di
uomini
,
che
è
la
stessa
difficoltosa
sintassi
e
l
'
unica
elaborazione
condotta
e
scontata
su
un
tempo
concreto
e
valido
?
I
nostri
contemporanei
dovranno
rispondere
a
questa
domanda
ogni
volta
che
troveranno
facilmente
la
via
di
un
gusto
su
cui
sembra
conformato
per
sempre
il
nostrodestino
.
StampaQuotidiana ,
«
La
cosa
che
donna
M
.
temeva
è
ormai
una
certezza
.
Bisognerà
trovare
un
mezzo
per
rimediare
prontamente
...
La
madre
finora
non
sa
nulla
:
dubita
soltanto
.
Il
caso
è
stranissimo
.
Io
prima
avrei
giurato
che
non
poteva
essere
.
Tu
che
pensi
?
Che
mi
consigli
?
»
Così
scriveva
Gabriele
al
padre
nel
maggio
del
1883
.
È
la
tipica
lettera
del
giovanotto
meridionale
salito
in
città
a
fare
fortuna
che
ha
«
commenato
'
o
gliommere
»
,
cioè
ha
combinato
il
pasticcio
e
ora
non
sa
più
a
che
santo
votarsi
:
sbalordito
,
teme
le
ire
del
padre
suo
,
della
madre
di
lei
,
teme
le
chiacchiere
di
amici
e
conoscenti
,
ma
al
tempo
stesso
,
sotto
sotto
,
si
compiace
della
sua
grossa
avventura
.
Donna
M
.
,
e
cioè
Maria
Hardouin
duchessina
di
Galles
,
era
incinta
.
La
nobiltà
romana
,
da
lei
impersonata
,
gli
aveva
ceduto
a
tal
punto
.
Una
nobiltà
di
mezza
tacca
,
certo
:
il
padre
di
lei
,
Jules
Hardouin
,
era
sottufficiale
degli
ussari
.
Accantonato
col
suo
plotone
al
pian
terreno
di
palazzo
Altemps
,
aveva
sedotto
la
vedova
del
duca
di
Gallese
,
l
'
aveva
sposata
e
papa
Pio
IX
gli
concesse
allora
la
nomina
a
sottotenente
.
Non
solo
:
la
duchessa
sedotta
e
impalmata
ottenne
dal
pontefice
anche
il
passaggio
del
titolo
nobiliare
al
suo
aitante
ex
sergentone
.
E
ora
quel
titolo
,
grazie
a
una
seconda
seduzione
,
veniva
a
ornare
la
nomea
del
giovanissimo
Gabriele
.
Quel
bel
ragazzino
biondo
,
ricciuto
,
piccoletto
,
capellutissimo
,
dagli
occhi
azzurri
,
era
evidentemente
destinato
a
far
carriera
.
Gli
amici
romani
del
Fanfulla
,
della
Cronaca
bizantina
,
e
infine
della
Tribuna
,
ne
erano
anch
'
essi
,
a
modo
loro
,
sedotti
,
e
se
lo
coccolavano
,
se
lo
portavano
dietro
a
mangiar
pane
e
ricotta
,
a
pellegrinare
sull
'
Appia
antica
,
a
recitare
a
gran
voce
un
'
ode
carducciana
.
«
In
lui
era
tanto
spontaneo
il
senso
della
barbarie
e
tanto
curiosamente
commisto
a
una
nativa
gentilezza
di
donna
,
che
lo
avresti
detto
una
di
quelle
querce
educate
al
tempo
del
barocchismo
e
potate
in
guisa
da
dar
sembianza
d
'
una
qualche
cosa
poco
selvatica
.
»
Sono
parole
di
Eduardo
Scarfoglio
,
che
di
lì
a
poco
doveva
scoprire
,
con
appassionata
disillusione
,
quanto
poco
barbara
fosse
la
sua
giovane
amica
quercia
pescarese
.
Gabriele
,
che
sino
ad
allora
girava
con
la
chioma
irsuta
,
senza
cravatta
,
con
indosso
una
stenta
giacchetta
,
si
trasformò
rapidamente
in
un
damerino
,
accolto
in
tutti
i
salotti
e
in
non
poche
alcove
.
La
prova
eccola
lì
,
donna
Maria
incinta
,
il
matrimonio
irrevocabile
,
i
parenti
di
lei
sdegnati
ma
pur
sempre
costretti
ad
accettare
gli
sponsali
,
e
a
trovare
per
Gabriele
un
posto
degno
e
sicuro
:
cinquecento
lire
alla
Tribuna
,
per
redigere
la
cronaca
mondana
.
Ora
Gabriele
lanciava
una
firma
che
avrà
fortuna
,
Duca
Minimo
,
prendeva
lezioni
di
cavallo
e
di
scherma
,
che
gli
saranno
assai
utili
in
un
paio
di
duelli
,
cominciava
a
far
debiti
,
entrava
nel
suo
turbinoso
giro
di
avventure
galanti
.
«
La
giovinezza
mia
barbara
e
forte
in
braccio
de
le
femmine
si
uccide
»
.
Olga
Ossani
era
una
cronista
mondana
,
e
si
firmava
Febea
:
più
anziana
di
Gabriele
,
precocemente
canuta
,
spregiudicata
,
avviò
lei
questo
amorazzo
redazionale
,
e
guidava
il
suo
giovane
amico
,
padre
da
poche
settimane
,
nell
'
«
alta
selva
»
di
Villa
Medici
,
e
gli
insegnava
certi
suoi
strani
riti
paleocristiani
.
Nel
Piacere
la
Ossani
si
chiamerà
Elena
Muti
,
e
il
suo
amore
con
Gabriele
durerà
esattamente
quanto
l
'
amore
di
Elena
per
Andrea
Sperelli
.
Ma
il
libro
fu
dedicato
alla
moglie
:
è
già
cominciata
una
specie
di
staffetta
,
per
cui
sul
frontespizio
del
libro
figura
il
nome
della
donna
abbandonata
,
mentre
il
nuovo
amore
ne
costituisce
la
materia
.
Eduardo
Scarfoglio
è
ormai
un
ex
amico
e
diventa
critico
mordace
:
«
Risaotto
al
pomidauro
»
,
scrive
sul
Corriere
di
Roma
,
all
'
uscita
dell
'
Isaotta
Guttadauro
,
e
i
due
scendono
sul
terreno
,
spada
alla
mano
.
Proprio
Scarfoglio
gli
aveva
fatto
da
padrino
nel
primo
duello
,
con
un
certo
Magnico
:
ferito
di
fendente
alla
testa
,
il
medico
lo
curò
con
una
soluzione
di
cloruro
di
ferro
,
che
bastò
a
fermare
il
sangue
,
ma
anche
gli
bruciò
il
bulbo
dei
capelli
,
avviando
già
da
allora
la
rapida
calvizie
del
poeta
.
Il
nuovo
amico
adesso
è
Adolfo
De
Bosis
,
che
organizza
una
crociera
argonautica
.
Sopra
un
panfilo
a
vela
,
la
«
Lady
Giare
»
,
innalzando
la
bandiera
di
Shelley
,
bianca
e
azzurra
con
tre
conchiglie
,
salparono
da
Ortona
,
decisi
a
far
cabotaggio
lungo
la
adriatica
,
fino
a
Venezia
,
a
Trieste
,
a
Fiume
,
e
poi
giù
giù
verso
Spalato
,
Zara
e
Gattaro
(
luoghi
che
entrano
adesso
nella
poetica
dannunziana
)
.
Portavano
con
sé
tappeti
persiani
e
vasellame
d
'
argento
,
e
a
ogni
porto
scendevano
a
terra
per
prepararsi
il
tè
.
«
Mo
arriveno
li
ggiochi
»
,
dicevano
i
pescatori
abruzzesi
e
marchigiani
al
veder
stendere
quei
tappeti
,
convinti
che
fosse
una
compagnia
di
saltimbanchi
.
Avevano
scelto
la
ciurma
con
un
criterio
estetico
,
e
cioè
s
'
erano
presi
due
marinai
dal
nome
sonante
.
Ippolito
Santillozzo
e
Valente
Veniero
.
Purtroppo
l
'
uno
non
aveva
mai
navigato
a
vela
,
l
'
altro
era
un
mezzo
deficiente
,
e
fu
così
che
la
«
Lady
Giare
»
dopo
Rimini
perse
la
rotta
,
e
il
vento
la
portava
al
largo
.
Li
salvò
,
per
loro
buona
sorte
,
una
nave
da
guerra
che
incrociava
da
quelle
parti
,
e
li
rimorchiò
a
Venezia
.
Gabriele
ebbe
lì
la
notizia
della
nascita
del
terzo
figlio
(
che
battezzò
Veniero
)
,
ma
non
si
mosse
.
Aveva
mandato
via
anche
Barbara
Leoni
e
adesso
pensava
solo
a
discutere
di
problemi
navali
con
certi
ufficiali
della
«
Barbarigo
»
.
Degli
amori
con
Barbara
Leoni
dava
un
resoconto
quasi
cronistico
nel
Trionfo
della
Morte
che
uscì
nel
1887
,
quando
già
era
cominciata
una
storia
d
'
amore
nuova
,
con
la
nobildonna
napoletana
Maria
Gravina
Cruyllas
.
A
lei
è
dedicato
L
'
innocente
,
che
pure
ha
per
protagonista
,
ancora
,
Barbara
,
anzi
contiene
,
ricopiati
pari
pari
,
interi
brani
di
lettere
a
lei
.
A
questo
punto
tu
cominci
a
pensare
che
a
Gabriele
importasse
più
la
letteratura
che
le
donne
.
«
Se
veramente
pel
mio
letto
passassero
tutte
le
donne
che
don
Giovanni
sognava
»
,
scriveva
a
Barbara
addolorata
e
offesa
,
«
tu
dovresti
esserne
quasi
lieta
alla
fine
:
perché
tutte
certamente
,
certamente
,
mi
lascerebbero
il
rimpianto
e
il
desiderio
furioso
di
te
»
.
Certi
biografi
affermano
che
la
Barbara
Leoni
fu
il
più
grande
amore
del
poeta
.
Altri
danno
il
primo
posto
alla
Eleonora
Duse
.
Ma
chi
segua
questa
catena
di
storie
che
si
accavallano
e
si
confondono
e
sfumano
l
'
una
nell
'
altra
senza
visibili
differenze
,
è
indotto
a
concludere
che
grandi
amori
nella
vita
di
D
'
Annunzio
non
ce
ne
furono
,
e
che
egli
anzi
soffrì
d
'
una
innata
incapacità
di
affetti
profondi
.
E
che
non
ebbe
neanche
una
profonda
sensualità
.
Infatti
una
sensualità
autentica
presuppone
sempre
una
radice
interiore
di
impegno
morale
,
che
D
'
Annunzio
non
ebbe
mai
.
Nei
rapporti
con
le
donne
,
e
così
con
gli
animali
e
con
gli
oggetti
,
D
'
Annunzio
portò
una
sensibilità
acuta
,
anche
esasperata
,
ma
sempre
epidermica
.
Vagheggiò
il
piacere
come
esperienza
tattile
,
olfattiva
,
visiva
,
non
di
più
.
Fu
tutto
pelle
,
tutto
vellicamento
,
e
portò
al
parossismo
quest
'
arte
.
Ha
scritto
il
Croce
che
egli
fu
«
dilettante
di
sensazioni
»
.
Non
sta
a
noi
dire
qui
se
è
veramente
così
.
Ecco
come
racconta
il
ritorno
da
una
cavalcata
peri
poggi
intorno
a
Settignano
:
«
Balzavamo
di
sella
,
su
lo
spiazzo
,
palpando
il
collo
della
bestia
generosa
col
guanto
inzuppato
.
I
garzoni
accorrevano
...
Il
palafreniere
curvo
su
la
lettiera
asciutta
,
con
una
manciata
di
paglia
per
ogni
mano
,
e
quello
che
tuffava
la
spugna
nella
secchia
tenendo
la
coda
o
il
piede
,
ognuno
accompagnava
la
bisogna
con
un
certo
soffiare
ch
'
era
come
un
suono
lieve
di
persuasione
e
di
blandimento
...
Di
posta
in
posta
,
palpavo
con
la
mano
senza
guanto
la
spalla
le
reni
l
'
anca
per
sentirle
asciutte
;
e
più
d
'
una
volta
eccitavo
lo
zelo
con
l
'
esempio
,
in
gara
di
prontezza
,
ché
tu
sai
quanto
mi
piaccia
fra
i
destri
essere
più
destro
»
.
Come
si
vede
,
il
lavoro
degli
uomini
è
guardato
solo
in
quanto
occasione
che
mette
in
rilievo
un
bel
gesto
,
un
bel
contrasto
visivo
o
sonoro
,
e
gli
animali
si
riducono
a
sensazione
tattile
,
assaporata
sottilmente
(
prima
col
guanto
e
poi
senza
)
.
Anche
il
figlio
neonato
,
la
prima
volta
che
lo
vede
,
gli
suscita
sensazioni
di
questo
tipo
:
«
È
una
cosa
molle
,
rosea
,
calda
,
palpitante
,
che
a
volte
si
muove
tutta
e
ha
degli
annaspamenti
di
ragno
,
delle
grazie
di
scimmia
giovane
,
degli
accenti
talora
bestiali
,
talora
sovrumani
»
.
E
quando
una
sua
nuova
amante
,
la
Alessandra
di
Rudinì
,
la
«
Nike
»
ammalata
,
dovette
subire
tre
operazioni
,
lui
volle
essere
presente
,
e
così
racconta
:
«
Non
so
quale
ebrezza
di
volontà
m
'
infiammi
e
moltiplichi
le
mie
forze
...
Per
la
terza
volta
ho
tenuto
nelle
mie
mani
le
mani
della
vittima
mentre
la
sua
anima
si
profondava
nel
buio
,
sotto
la
maschera
del
cloroformio
;
e
m
'
è
parso
di
assistere
a
tre
agonie
e
ho
udito
salire
da
ciascuna
parole
inaudite
,
parole
che
non
possono
essere
dette
se
non
alla
soglia
della
morte
...
»
.
Anche
un
corpo
sofferente
e
dilaniato
diventava
ragione
di
godimento
epidermico
.
Era
veramente
un
dilettante
di
sensazioni
,
che
nulla
si
negava
pur
di
accrescere
questo
suo
estetico
diletto
.
La
casa
della
Capponcina
,
con
ventun
servitori
,
otto
cavalli
e
trentanove
cani
,
stracolma
di
oggetti
,
di
mobili
antichi
,
di
stalli
da
oratorio
,
di
cuscini
,
di
tappeti
,
turiboli
,
ferri
battuti
,
damaschi
(
una
prefigurazione
del
Vittoriale
)
,
sta
a
provare
quel
furibondo
bisogno
del
superfluo
,
necessario
a
lui
quanto
l
'
aria
che
respirava
.
Già
allora
correvano
sul
suo
conto
le
voci
più
strane
,
e
lui
non
faceva
nulla
per
smentirle
,
anzi
non
di
rado
le
metteva
in
circolazione
,
un
po
'
per
burla
,
un
po
'
sul
serio
.
Ad
ognuna
delle
sue
numerose
cadute
da
cavallo
,
qualche
giornale
stampava
che
D
'
Annunzio
era
morto
.
Alla
villa
di
Settignano
,
diceva
la
gente
,
D
'
Annunzio
beve
filtri
d
'
amore
nel
cranio
d
'
una
vergine
.
E
indossa
pantofole
di
pelle
umana
.
E
sostiene
il
suo
declinante
vigore
mangiando
carne
di
neonato
.
Cavalca
nudo
sulla
spiaggia
di
Bocca
d
'
Arno
,
in
compagnia
di
una
Diana
caucasica
,
matta
della
più
nera
mattezza
slava
.
La
slava
matta
,
un
amore
brevissimo
,
era
Natalia
Golubev
,
alta
,
bionda
,
formosa
.
E
se
,
come
abbiamo
visto
,
tornando
da
una
cavalcata
sostava
ad
ammirare
il
bel
gesto
d
'
un
palafreniere
,
finita
la
suggestione
estetizzante
,
il
prossimo
gli
diventava
all
'
improvviso
odioso
,
meschino
,
vile
e
repellente
.
Un
giorno
in
pretura
per
una
causa
da
lui
stesso
promossa
,
lo
ricorda
così
:
«
Cara
contessa
,
sono
rimasto
fino
a
mezzogiorno
e
mezzo
nell
'
orrendo
fetore
del
prossimo
.
E
debbo
tornare
in
pretura
alle
tre
!
Mi
compianga
»
.
Era
la
causa
contro
un
contadino
di
Settignano
,
certo
Volpi
;
colpevole
di
aver
ucciso
con
un
colpo
di
vanga
un
cane
del
D
'
Annunzio
,
che
faceva
strage
di
galline
nei
pollai
dei
dintorni
.
Il
poeta
ne
parla
con
accenti
quasi
ebbri
:
«
Io
sono
stato
accolto
con
pazza
gioia
dai
miei
cani
innumerevoli
,
che
sono
il
terrore
del
vicinato
.
Nella
mia
assenza
hanno
trucidato
una
cinquantina
fra
polli
e
anatre
!
Ieri
li
ho
condotti
a
gran
galoppo
su
per
la
spiaggia
,
tra
le
grida
dei
bagnanti
e
dei
pescatori
»
.
Per
i
danni
ai
pollai
offriva
,
magnanimo
,
cinque
lire
in
cambio
d
'
ogni
capo
azzannato
.
Ora
,
si
è
parlato
di
bontà
del
D
'
Annunzio
verso
gli
umili
:
qualche
suo
vecchio
servitore
che
ho
conosciuto
al
Vittoriale
mi
ha
detto
dei
suoi
modi
cortesi
e
signorili
,
della
sua
generosità
.
È
vero
:
è
anche
vero
che
D
'
Annunzio
ebbe
a
volte
certe
impennate
da
populista
.
Ma
amore
per
gli
umili
non
ne
ebbe
mai
,
e
la
sostanza
della
sua
generosità
la
ritroviamo
in
un
ricordo
di
lui
ragazzo
al
Cicognini
,
quando
ebbe
il
permesso
dal
rettore
di
recarsi
in
libera
uscita
a
Firenze
e
ne
profittò
per
visitare
un
bordello
.
Ci
andò
in
carrozza
e
scese
all
'
imbocco
di
via
dell
'
Amorino
.
«
Balzai
giù
dal
legno
;
accomiatai
il
cocchiere
;
gli
fui
prodigo
.
Già
incominciavo
a
esercitare
la
prodigalità
come
un
mezzo
di
allontanamento
,
come
un
modo
di
recidere
i
vincoli
e
di
confermare
le
distanze
.
»
Così
il
danaro
che
dava
.
Quello
che
ricevette
gli
parve
,
sempre
,
un
debito
del
mondo
intero
verso
di
lui
.
Per
esempio
,
sappiamo
tutti
quanto
siano
sempre
stati
,
e
sempre
siano
,
vaghi
e
precari
i
rapporti
fra
editore
e
scrittore
.
Raramente
rimangono
sul
puro
piano
commerciale
(
io
scrivo
,
tu
stampi
,
questo
il
contratto
,
tanto
la
percentuale
,
punto
e
basta
)
.
Tendono
invece
ad
assomigliare
ai
rapporti
fra
società
sportiva
e
centravanti
,
fra
impresario
dell
'
opera
e
primadonna
:
ripicche
,
gelosie
,
scenate
,
sberleffi
,
improvvisi
ritorni
d
'
amore
.
Ma
Gabriele
,
in
questo
,
ha
superato
ogni
esempio
,
anche
futuro
,
anche
ipotetico
.
La
sua
corrispondenza
con
Treves
meriterebbe
un
articolo
apposta
.
Aveva
ventidue
anni
,
era
uno
sconosciuto
,
e
già
gli
scriveva
così
:
«
Per
le
poesie
chiedo
4000
lire
;
concessione
,
per
cinque
anni
.
Questo
a
lei
non
converrà
,
certamente
;
quindi
sarà
inutile
ragionare
»
.
E
il
Treves
,
di
rimando
:
«
Vedo
che
con
lei
i
rapporti
sarebbero
molto
difficili
,
avendo
acquisito
idee
erronee
sul
movimento
letterario
in
Italia
.
Le
rimando
quindi
le
sue
novelle
»
.
Invece
trovarono
il
modo
di
mettersi
d
'
accordo
,
e
le
lettere
si
susseguirono
fitte
fino
all
'
«
esilio
»
in
Francia
.
Inevitabile
che
il
Treves
non
gli
volesse
mai
bene
davvero
,
anche
se
ne
subì
il
fascino
e
la
seduzione
.
D
'
Annunzio
,
se
escludiamo
,
forse
,
Ciccillo
Michetti
,
non
ebbe
mai
un
amico
vero
.
Lamentava
la
litigiosità
altrui
,
ma
era
pronto
a
far
causa
contro
Eduardo
Scarpetta
,
che
gli
andava
parodiando
sulle
scene
La
figlia
di
Jorio
.
Accettava
danaro
dagli
strozzini
,
e
poi
imprecava
quando
gli
strozzini
facevano
il
mestier
loro
,
e
cioè
lo
strozzavano
.
Non
seppe
mai
farsi
una
donna
,
allo
stesso
modo
in
cui
non
seppe
mai
farsi
una
casa
,
e
vagò
invece
da
un
quartiere
all
'
altro
di
Roma
,
e
poi
da
Roma
a
Francavilla
,
a
Napoli
,
a
Venezia
,
a
Settignano
,
a
Bocca
d
'
Arno
,
a
Ostia
,
a
Romena
,
ad
Arcachon
.
Dilettante
anche
come
padrone
di
casa
,
diventava
professionista
solo
al
tavolo
di
lavoro
:
allora
dimenticava
le
donne
,
i
cavalli
,
i
cani
,
i
begli
oggetti
,
gli
amici
,
persino
i
pasti
.
Imponeva
a
se
medesimo
una
disciplina
di
ferro
.
E
sapeva
farsi
pagare
,
sempre
,
da
tutti
,
e
bene
.
Eppure
il
professionista
non
bastò
mai
a
pagare
i
capricci
del
dilettante
.
Nel
1910
la
situazione
era
diventata
insostenibile
,
ed
egli
tentò
le
più
strambe
vie
d
'
uscita
.
Pensò
addirittura
di
impiantare
un
'
industria
profumiera
,
e
di
mettere
in
commercio
un
'
essenza
di
sua
invenzione
,
che
battezzò
«
acqua
nunzia
»
:
cercava
nelle
farmacie
e
dagli
erboristi
ambra
,
belzuino
,
rose
,
gelsomini
,
zagare
.
Fu
un
fallimento
.
Poi
saltò
fuori
un
emigrato
abruzzese
,
diventato
milionario
in
Argentina
,
certo
Giovanni
del
Guzzo
.
Aveva
il
rimedio
:
si
fece
dare
dal
poeta
diciassette
manoscritti
,
un
'
automobile
usata
marca
«
Florentia
»
,
e
la
promessa
di
scrivere
un
'
ode
per
il
centenario
della
indipendenza
argentina
,
e
di
tenere
un
ciclo
di
conferenze
nei
maggiori
teatri
di
quel
Paese
.
In
cambio
assicurava
a
D
'
Annunzio
un
guadagno
di
almeno
300mila
lire
,
che
sarebbe
servito
a
colmare
i
debiti
.
Per
sé
avrebbe
trattenuto
il
venti
per
cento
.
Questo
Del
Guzzo
pensò
anche
di
comperare
la
Capponcina
e
di
trasformarla
in
museo
,
con
biglietto
d
'
ingresso
di
lire
due
.
Il
poeta
parve
acconsentire
,
e
così
firmarono
un
«
patto
d
'
alleanza
»
con
tutte
le
clausole
in
bell
'
italiano
e
in
bella
scrittura
.
Ma
prima
d
'
imbarcarsi
per
l
'
Argentina
il
poeta
dichiarò
che
gli
era
indispensabile
recarsi
a
Parigi
per
farsi
curare
i
denti
da
uno
specialista
.
Arrivò
in
Francia
il
28
marzo
1910
,
e
ci
rimase
cinque
anni
.
Intanto
alla
Capponcina
mettevano
all
'
asta
tutto
,
esclusi
i
muri
:
statue
di
santi
,
stalli
d
'
oratorio
,
coperte
di
damasco
,
un
cavallo
,
torciere
in
ferro
battuto
,
materassi
di
lana
,
orologi
,
uno
iatagan
arabo
,
colonne
di
marmo
,
tele
,
terrecotte
,
libri
antichi
e
calamai
.
L
'
asta
durò
otto
giorni
e
diede
un
ricavato
di
centotrentamila
lire
.
StampaQuotidiana ,
Con
commossa
unanimità
di
accenti
,
da
destra
e
da
sinistra
,
la
stampa
italiana
piange
Pier
Paolo
Pasolini
,
l
'
intellettuale
più
scomodo
che
abbiamo
avuto
in
questi
anni
.
Diventato
,
anzi
,
scomodissimo
.
Non
piaceva
a
nessuno
,
quel
che
negli
ultimi
tempi
andava
scrivendo
.
Non
a
noi
,
la
sinistra
,
perché
battagliava
contro
il
1968
,
le
femministe
,
l
'
aborto
e
la
disobbedienza
.
Non
piaceva
alla
destra
perché
queste
sue
sortite
si
accompagnavano
a
un
'
argomentazione
sconcertante
,
per
la
destra
inutilizzabile
,
sospetta
.
Non
piaceva
soprattutto
agli
intellettuali
;
perché
erano
il
contrario
di
quel
che
in
genere
essi
sono
,
cauti
distillatori
di
parole
e
di
posizioni
,
pacifici
fruitori
della
separazione
fra
"
letteratura
"
e
"
vita
"
,
anche
quelli
cui
il
1968
aveva
dato
cattiva
coscienza
.
Solo
di
essi
,
Sanguineti
ha
avuto
,
ieri
,
il
coraggio
di
scrivere
"
finalmente
ce
lo
siamo
tolto
dai
piedi
,
questo
confusionario
,
residuo
degli
anni
cinquanta
". Gli
anni
cioè
della
lacerazione
,
apocalittici
,
tragici
.
Finalmente
,
per
l
'
intellettuale
di
sinistra
,
superati
.
Questa
pressoché
totale
unanimità
è
certo
la
seconda
pesante
macchina
che
passa
sul
corpo
di
Pasolini
.
Come
della
prima
,
chi
ha
la
coscienza
a
posto
può
dire
:
"
se
l
'
è
cercata
"
.
Per
chi
non
ha
queste
certezze
è
invece
l
'
ultimo
segno
di
contraddizione
,
di
questa
contraddittoria
creatura
:
una
contraddizione
vera
,
non
ricomponibile
in
qualche
artificio
dialettico
.
Giacché
se
una
cosa
è
certa
è
che
questo
improvviso
riconoscersi
tutti
nelle
sue
ragioni
,
ora
che
è
morto
e
in
questo
modo
,
è
davvero
l
'
ultimo
sbeffeggiamento
che
gli
restituisce
questo
nostro
mondo
non
amato
.
Non
è
,
infatti
,
il
tradizionale
omaggio
al
defunto
illustre
,
e
neppure
la
consueta
assoluzione
per
il
defunto
in
vita
detestato
.
Se
tutti
scrivono
sullo
stesso
registro
(
l
'
Unità
,
in
un
corsivo
commosso
,
abbozza
perfino
un
'
autocritica
,
mentre
il
partito
radicale
lo
iscrive
post
mortem
)
è
perché
ognuno
,
dalle
ragioni
di
Pasolini
,
pensa
oggi
di
poter
trarre
il
profitto
suo
.
Non
diceva
che
i
giovani
sono
,
ormai
,
come
una
schiuma
lasciata
da
una
mareggiata
che
ha
distrutto
i
vecchi
valori
?
che
una
collettività
deve
darsi
un
ordine
,
un
sistema
di
convivenza
,
un
modello
?
Su
questo
sono
d
'
accordo
tutti
,
salvo
dare
ciascuno
,
a
questo
ordine
e
a
questa
denuncia
,
il
segno
che
più
gli
conviene
.
Pasolini
,
l
'
intellettuale
più
outsider
della
nostra
società
culturale
,
fornisce
con
la
sua
indecorosa
morte
la
prova
ferrea
che
così
non
si
può
andare
avanti
.
Così
comoda
,
che
tutto
il
resto
è
perdonato
.
Penso
che
su
questo
fervore
e
i
suoi
corollari
,
Pasolini
avrebbe
-
se
è
lecito
immaginare
questo
gesto
in
un
uomo
così
dimessamente
gentile
-
sputato
sopra
.
Che
,
se
ne
fosse
uscito
vivo
,
oggi
sarebbe
dalla
parte
del
diciassettenne
che
lo
ha
ammazzato
di
botte
.
Maledicendole
,
ma
con
lui
.
E
così
fino
all
'
inevitabile
,
forse
prevista
e
temuta
,
altra
occasione
di
morte
.
Ma
con
lui
perché
era
il
mondo
,
queste
le
creature
della
sua
vita
più
vera
(
"
io
li
conosco
questi
giovani
,
davvero
,
sono
parte
di
me
,
della
mia
vita
diretta
,
privata
"
)
in
cui
cercava
,
ostinatamente
,
una
luce
.
In
loro
,
non
nel
mondo
d
'
ordine
,
che
non
sono
solo
i
commissariati
di
polizia
.
Qui
tornava
perché
nella
sua
visione
del
mondo
altre
strade
non
c
'
erano
.
La
sua
denuncia
dello
"
sviluppo
"
,
dei
valori
del
consumismo
,
del
profitto
,
dell
'
appiattimento
da
essi
indotto
in
una
società
preindustriale
dove
ancora
potevano
prevalere
i
rapporti
personali
,
non
alienati
,
non
passivamente
accolti
era
-
come
in
genere
è
in
questo
filone
,
che
ha
esponenti
illustri
,
cattolici
e
laici
-
unidimensionale
come
la
società
che
criticava
;
era
vissuta
come
fine
della
storia
,
imbarbarimento
,
di
fronte
al
quale
soltanto
cercar
di
arretrare
.
Arretrare
,
finché
un
rifiuto
opposto
a
questo
tipo
di
"
sviluppo
"
-
e
chi
può
opporvisi
se
non
il
margine
,
o
un
terzo
mondo
non
ancora
arrivato
a
questa
soglia
?
-
non
avrebbe
offerto
un
'
ancora
di
salvezza
.
Altrove
,
salvezze
non
vedeva
,
per
questo
Pasolini
tornava
,
ostinatamente
,
in
borgata
e
più
gli
sfuggiva
,
più
vi
tornava
tormentosamente
.
Tanto
più
che
in
tutti
i
sensi
doveva
presentarglisi
come
una
frustrazione
,
una
contraddizione
.
Cercava
un
rapporto
autentico
,
e
non
tesseva
,
invece
,
un
rapporto
mercificato
?
cercava
un
rapporto
libero
e
non
ripeteva
lui
stesso
-
l
'
intellettuale
ricco
che
arriva
con
l
'
Alfa
e
paga
il
ragazzo
davanti
a
lui
,
socialmente
e
personalmente
tanto
più
fragile
-
un
rapporto
fra
oppressore
e
oppresso
?
né
l
'
umiliazione
che
ne
doveva
ricevere
in
cambio
(
quante
prove
,
meno
tragicamente
finite
,
di
questa
sua
morte
deve
aver
vissuto
;
l
'
irrisione
del
compagno
occasionale
,
il
rifiuto
,
la
resistenza
di
chi
si
fa
usare
ma
si
sente
usato
,
e
quindi
si
ribella
)
poteva
assolverlo
dal
fatto
che
entrava
egli
stesso
in
questo
meccanismo
alienante
.
Nel
quale
l
'
interlocutore
diventava
sempre
più
sfuggente
,
più
"
oggetto
"
.
Diverso
da
un
tempo
,
quando
il
ragazzo
veniva
con
lui
ma
mantenendo
una
sua
figura
,
una
sua
dimensione
non
integrata
,
non
asservibile
,
come
il
Tommaso
di
Una
vita
violenta
.
Oggi
non
era
più
così
:
il
ragazzo
che
lo
ha
ucciso
ha
poco
in
comune
col
borgataro
d
'
un
tempo
.
Dovrebbe
esser
rilasciato
domani
,
ai
sensi
dei
valori
che
reggono
questa
società
(
oltre
che
di
un
'
umanità
elementare
)
perché
non
è
da
dubitare
della
testimonianza
della
sua
borgata
,
e
cioè
che
non
aveva
gran
voglia
di
lavorare
-
e
chi
ce
l
'
ha
-
ma
era
pronto
e
prossimo
a
rientrare
nell
'
ordine
della
famiglia
,
solo
provvisoriamente
e
venalmente
violato
.
Nulla
,
in
questa
storia
,
è
davvero
uguale
a
quel
che
sembra
.
Non
il
ricco
vizioso
che
cerca
amori
nascosti
fra
gli
emarginati
,
giacché
nessuno
come
Pasolini
viveva
più
semplicemente
la
sua
inclinazione
omosessuale
e
avrebbe
potuto
soddisfarla
,
in
una
società
ormai
più
permissiva
,
senza
rischi
di
sorta
.
Non
il
giovane
vizioso
,
che
non
c
'
è
:
né
come
vizioso
,
né
come
delinquente
,
e
neppure
come
volontariamente
deviante
,
ribelle
alla
norma
.
Morte
accidentale
nell
'
inseguimento
di
un
fantasma
,
si
potrebbe
dire
.
Con
soddisfazione
per
i
più
,
con
amarezza
per
chi
di
Pasolini
aveva
stima
e
rispetto
.
E
funerali
,
adesso
,
con
assunzione
in
gloria
da
parte
di
chi
,
quel
fantasma
,
ha
prima
costruito
e
poi
esorcizzato
.
Se
Pasolini
è
oggi
così
lodato
,
se
probabilmente
in
buona
fede
tanti
si
riconoscono
in
metà
del
discorso
che
lui
faceva
,
è
perché
l
'
altra
metà
per
lui
essenziale
,
quella
in
cui
riponeva
la
sua
speranza
,
non
aveva
fondamento
.
Quante
discussioni
,
le
poche
volte
che
lo
incontravo
,
e
sempre
le
stesse
;
le
stesse
che
ripeteva
puntualmente
con
Moravia
.
È
vero
che
il
capitale
ci
ha
disumanizzato
.
È
vero
.
È
vero
che
la
conformizzazione
al
suo
modello
è
mostruosa
.
È
vero
che
essa
è
così
potente
,
da
riflettersi
persino
in
chi
la
nega
;
nel
1968
,
quando
scrisse
la
famosa
poesia
sugli
scontri
di
Valle
Giulia
,
Pasolini
vedeva
nello
studente
il
prodotto
d
'
un
ceto
che
può
perfino
"
provare
"
la
rivoluzione
,
cosa
che
al
poliziotto
,
figlio
di
bracciante
meridionale
,
non
è
permessa
;
e
coglieva
una
parte
di
verità
.
È
vero
che
oggi
,
e
non
ieri
,
si
può
parlare
di
aborto
,
e
non
solo
perché
è
maturato
il
movimento
femminista
,
ma
la
società
maschile
pensa
a
"
economizzarsi
"
.
È
vero
che
scuola
dell
'
obbligo
e
Tv
sono
organismi
del
consenso
.
È
vero
che
il
fascista
non
è
così
diverso
dal
democratico
,
nei
suoi
modelli
culturali
,
come
era
nel
1922
.
Vero
tutto
,
e
tutto
parziale
:
perché
ogni
volta
che
Pasolini
toccava
con
mano
queste
scomode
verità
,
l
'
ambiguità
del
presente
,
faceva
seguire
un
salto
indietro
,
verso
l
'
umanità
non
ambigua
di
"
prima
"
,
invece
che
cogliere
nello
studente
,
nel
femminismo
,
nella
scolarizzazione
,
nella
stessa
conformizzazione
,
il
principio
d
'
una
sicuramente
spuria
,
ma
vitale
via
d
'
uscita
in
avanti
.
L
'
idea
che
questo
itinerario
si
dovesse
compiere
fino
in
fondo
e
di
qui
ritrovare
il
filo
d
'
un
mondo
restituito
all
'
umanità
,
era
in
lui
sempre
più
lontana
.
Avrebbe
potuto
essere
uno
scettico
,
diventava
,
in
senso
classico
,
un
"
reazionario
"
.
E
questo
oggi
viene
sfruttato
,
questa
è
la
seconda
macchina
che
passa
sul
suo
corpo
.
Giacché
del
valore
dirompente
,
violento
,
di
questa
sua
"
reazione
"
nulla
resta
,
nella
elegia
delle
prime
,
seconde
e
terze
pagine
che
gli
sono
dedicate
.
Avrà
un
funerale
borghese
,
e
fra
qualche
tempo
il
comune
di
Roma
gli
dedicherà
una
strada
.
Lo
ammazzeranno
meglio
,
i
suoi
veri
nemici
,
che
non
il
ragazzo
dell
'
altra
sera
.
Nel
quale
,
prima
di
perire
,
deve
aver
visto
soltanto
la
via
senza
uscite
in
cui
s
'
era
cacciato
,
la
dimensione
del
suo
errore
.
E
pensare
che
cercava
l
'
angelo
della
passione
secondo
Matteo
.
StampaPeriodica ,
I
Un
senso
insormontabile
di
disagio
,
supposto
in
partenza
come
politico
,
e
poi
nobilitato
dai
conflitti
ideologici
,
ha
investito
il
campo
della
cultura
che
è
apparsa
ad
un
certo
momento
impossibilitata
a
tener
dietro
ai
furori
popolari
dei
quali
,
con
l
'
illuminismo
,
si
era
eletta
mandante
.
Colpa
quindi
del
suo
imbastardimento
plebeo
,
a
giudicarla
da
un
punto
di
vista
reazionario
secondo
il
quale
l
'
essere
scesa
nella
piazza
una
prima
volta
la
comprometteva
per
sempre
nel
fluire
della
storia
di
cui
si
è
poi
sentita
sfuggire
il
controllo
.
E
massimamente
questo
,
in
Italia
,
aveva
considerato
l
'
idealismo
che
il
compromesso
avallava
trovando
così
la
sua
formula
.
Cotesto
disagio
essa
cultura
va
adesso
protestando
,
per
bocca
dei
suoi
responsabili
,
contro
le
teorie
fecondate
dalla
sua
stessa
dialettica
;
e
nella
protesta
si
serve
di
una
serpentina
d
'
idee
,
prive
di
originalità
,
allo
scopo
di
ristabilire
l
'
equilibrio
necessario
alla
propria
esistenza
.
È
sorto
così
un
concetto
di
crisi
che
si
vuole
attribuire
genericamente
alla
civiltà
e
che
al
postutto
si
identifica
con
una
"
particolare
"
civiltà
che
pretende
,
oggi
,
di
essere
difesa
dal
profitto
che
la
politica
ha
saputo
ricavare
dai
suoi
suggerimenti
dottrinari
.
(
Sempre
qualora
sia
possibile
scendere
a
considerare
polemicamente
una
civiltà
che
non
sia
"
quella
"
civiltà
)
.
La
cultura
è
scoperta
per
conservazione
in
questa
sua
perplessità
"
sociale
"
;
costretta
alle
conclusioni
temporali
,
non
sa
fare
altro
che
rimettere
in
mano
alle
forze
giovani
la
sua
eredità
filosofica
,
ponendo
come
ultimo
atto
di
forza
la
clausola
di
una
risoluzione
ortodossa
.
Troppo
comodo
protestare
sino
all
'
agonia
un
errore
,
e
fidare
sui
giovani
per
una
difesa
di
fronte
alla
storia
;
e
meschini
quei
giovani
che
accettano
queste
consegne
poliziesche
contro
il
tempo
che
avrà
comunque
,
fatalmente
,
ragione
di
loro
.
Ma
intanto
,
nel
particolare
,
accettiamo
,
noi
giovani
,
da
Huizinga
,
questa
conclusione
che
non
ci
rende
affatto
vanitosi
tanto
poco
sentiamo
di
partecipare
agl
'
interessi
che
la
muovono
:
"
essa
(
la
gioventù
)
si
manifesta
aperta
,
generosa
,
spontanea
,
pronta
ai
godimenti
,
ma
anche
alle
privazioni
,
rapida
nelle
decisioni
,
ardita
e
di
gran
cuore
"
;
e
riconosciamo
,
da
una
fonte
come
altre
responsabile
,
che
"
né
debole
,
né
pigra
,
né
indifferente
"
l
'
ha
fatta
"
il
rallentamento
dei
legami
,
la
confusione
delle
idee
,
lo
svagamento
dalla
meditazione
,
la
dissipazione
dell
'
energia
"
tra
cui
crebbe
;
e
rifiutiamo
per
il
suo
gesto
impreciso
il
compito
generico
"
di
tornare
a
dominare
il
mondo
,
così
com
'
esso
vuol
essere
dominato
,
di
non
lasciarlo
perire
nell
'
orgoglio
o
nella
follia
,
di
ripenetrarlo
nello
spirito
"
.
E
leghiamo
il
vaticinio
del
sapiente
olandese
alle
premesse
di
questo
suo
recente
ragionamento
sulle
cause
di
una
percepita
violenta
Crisi
della
civiltà
(
secondo
il
quale
,
dopo
il
segnale
d
'
allarme
dello
Spengler
(
7
)
,
ne
sarebbe
derivata
coscienza
di
partecipazione
in
tutti
gli
strati
sociali
,
familiarizzati
ormai
col
pensiero
della
possibilità
di
un
tramonto
dell
'
odierna
civiltà
,
mentre
prima
sarebbero
stati
ancora
involti
in
un
'
indiscussa
fede
nel
progresso
)
e
rileviamone
,
per
colmo
d
'
ironia
,
il
rallentamento
dei
legami
,
la
confusione
delle
idee
,
lo
svagamento
della
meditazione
,
la
dissipazione
dell
'
energia
di
cui
ci
fornisce
implicito
documento
.
"
Un
ottimismo
immutabile
rispetto
alle
sorti
della
civiltà
attualmente
non
si
riscontra
più
se
non
in
quelli
che
,
per
mancanza
di
cognizioni
,
non
possono
capire
che
cosa
le
manchi
,
e
quindi
sono
intaccati
essi
stessi
dal
suo
processo
regressivo
,
oppure
in
quelli
che
nella
propria
dottrina
sociale
e
politica
stimano
di
possedere
già
la
civiltà
futura
e
di
poterla
fin
da
ora
diffondere
in
mezzo
alla
povera
umanità
.
Fra
un
pessimismo
convinto
e
la
certezza
di
una
prossima
panacea
stanno
tutti
quelli
che
scorgono
i
gravi
mali
e
gli
acciacchi
del
tempo
,
non
sanno
come
vi
si
possa
rimediare
od
ovviare
,
ma
intanto
lavorano
e
sperano
,
cercano
di
capire
e
sono
disposti
a
sopportare
"
.
Bel
gesto
di
sopportevole
rinuncia
se
non
lo
infirmasse
,
nelle
conclusioni
,
un
angelismo
,
guarda
caso
,
"
attivo
"
della
panacea
filosofica
(
8
)
.
"
Dal
disinteresse
e
dalla
giustizia
,
però
il
mondo
attuale
sembra
più
lontano
di
quanto
sia
stato
per
molti
secoli
,
o
almeno
di
quanto
abbia
preteso
di
esserlo
.
Adesso
si
respinge
da
molti
la
richiesta
di
una
giustizia
e
di
un
benessere
internazionale
perfino
come
principio
teorico
.
La
dottrina
dello
stato
-
potenza
privo
d
'
ogni
freno
anticipa
l
'
assoluzione
al
vincitore
.
Il
mondo
è
insanabilmente
minacciato
dalla
furia
della
guerra
annientatrice
,
che
porta
nel
suo
seno
un
nuovo
e
più
tristo
imbarbarimento
.
Pubbliche
forze
si
adoperano
intanto
perché
l
'
immane
disastro
venga
stornato
,
e
agiscono
nel
senso
della
concordia
e
della
ponderatezza
.
Ma
,
le
forze
di
un
intelligente
internazionalismo
alla
lunga
non
sono
sufficienti
,
se
lo
spirito
pubblico
non
muta
.
Così
come
la
restaurazione
dell
'
ordine
e
il
benessere
(
9
)
non
significano
ancora
di
per
sé
una
purificazione
della
civiltà
,
non
possiamo
aspettarla
neppure
dalla
prevenzione
in
sé
della
guerra
per
mezzo
della
politica
internazionale
.
Una
nuova
civiltà
può
nascere
solo
da
un
'
umanità
purificata
"
.
Purificata
,
è
detto
più
avanti
e
più
indietro
,
nelle
condizioni
fondamentali
della
cultura
.
"
Se
vogliamo
conservare
la
cultura
dobbiamo
continuare
a
creare
cultura
"
.
-
"
Cultura
...
è
l
'
ideale
di
una
comunità
"
.
-
"
La
cultura
deve
avere
un
indirizzo
metafisico
:
altrimenti
non
esiste
"
(
10
)
.
-
"
Non
è
affatto
paradossale
affermare
che
una
civiltà
,
con
un
progresso
realissimo
ed
innegabile
,
potrebbe
arrivare
alla
sua
rovina
"
.
-
"
La
somma
di
tutta
la
scienza
non
è
ancora
diventata
civiltà
"
.
-
"
L
'
istruzione
rende
sotto
-
istruiti
"
.
-
"
Viene
proclamato
intuizione
,
ciò
che
,
in
realtà
,
non
è
altro
che
una
scelta
intenzionale
per
ragione
affettiva
"
.
-
"
La
pretesa
di
superiorità
in
grazia
di
una
pretesa
purezza
di
razza
ha
sempre
avuto
fascino
per
taluni
,
perché
corrisponde
a
un
certo
spirito
romantico
,
non
inceppato
dal
bisogno
di
critica
e
animato
dal
desiderio
di
autoelevazione
"
.
(
"
Una
nuova
civiltà
può
nascere
solo
da
una
umanità
purificata
"
,
e
non
siamo
tanto
ingenui
da
non
avere
capito
la
tentazione
cattolica
che
tuttavia
non
elide
il
dilemma
,
soprattutto
quando
ci
viene
detto
che
"
la
tragicità
dell
'
esistenza
terrena
,
l
'
essere
la
civitas
dei
mescolata
e
intrecciata
alla
civitas
terrena
per
tutto
il
tempo
che
il
mondo
ha
da
durare
ha
fatto
della
storia
della
cristianità
,
cioè
dei
popoli
che
professano
la
fede
di
Cristo
,
tutt
'
altro
che
una
marcia
trionfale
del
cristianesimo
"
)
.
-
"
Un
sano
organismo
statale
è
caratterizzato
dall
'
ordine
e
dalla
disciplina
.
Capovolgendo
:
l
'
ordine
e
la
disciplina
rivelano
un
sano
organismo
statale
.
Come
se
a
fare
il
sonno
del
giusto
bastasse
un
sonno
tranquillo
"
.
-
"
Se
ciascuno
non
fosse
personalmente
convinto
di
dover
resistere
a
un
vizio
capitale
detto
incontinenza
,
la
società
sarebbe
inesorabilmente
in
balia
di
una
degenerazione
sessuale
che
la
condurrebbe
alla
distruzione
"
.
E
ancora
:
"
Nel
mondo
attuale
il
senso
di
essere
tutti
insieme
responsabili
di
tutto
è
indubbiamente
molto
aumentato
,
contemporaneamente
,
e
in
rapporto
con
esso
,
è
enormemente
cresciuto
il
pericolo
di
azioni
di
massa
del
tutto
irresponsabili
"
.
-
"
Ad
ogni
modo
,
ove
si
voglia
affermare
questa
polarità
,
bisognerà
assolutamente
svuotare
i
concetti
di
massa
e
di
élite
di
qualsiasi
contenuto
sociale
,
e
considerarli
solo
in
quanto
espressioni
di
atteggiamenti
spirituali
"
.
-
"
Quando
il
mito
scaccia
il
logos
e
ne
prende
il
posto
,
allora
siamo
alla
soglia
della
barbarie
"
.
Al
tempo
.
Attenzione
a
questa
cultura
ufficiale
,
ordinata
,
storicistica
che
ha
fin
troppo
degenerato
nell
'
onore
reso
all
'
impagabile
aforisma
crociano
su
la
"
bella
conversazione
europea
"
.
Fissiamola
nel
momento
stesso
in
cui
essa
riconosce
che
"
nessuna
grande
trasformazione
nei
rapporti
umani
si
avvera
mai
nella
forma
che
gli
uomini
nell
'
età
immediatamente
precedente
si
sono
immaginata
"
.
Rendiamola
viva
ancora
,
con
la
sua
presenza
nella
storia
,
ed
imputiamola
di
tutti
i
falsi
liberalisti
che
ridussero
alla
tentazione
piccolo
borghese
quelle
masse
incontenibili
negli
interessi
economici
creati
dalla
sua
meccanica
ostruzionistica
;
e
scendiamo
a
confutarla
proprio
laddove
essa
scantona
alla
resa
dei
conti
tra
la
crisi
spirituale
e
le
condizioni
economiche
,
entrambe
da
essa
generate
e
costrette
,
e
lascia
apparire
logico
che
una
dottrina
la
quale
stima
più
l
'
essere
che
il
sapere
debba
comprendere
tra
i
suoi
problemi
anche
la
fine
dell
'
essere
,
ammettendo
che
la
massa
riconosce
senz
'
esitare
,
e
più
convinta
che
mai
,
la
vita
terrena
come
meta
di
ogni
aspirazione
e
di
ogni
azione
(
11
)
.
A
questo
punto
possiamo
anche
confessare
che
Huizinga
ci
serve
da
pretesto
.
Non
ci
sarebbe
infatti
"
mezzo
migliore
di
disabituare
la
gioventù
dal
pensare
,
di
mantenerla
infantile
e
probabilmente
,
per
giunta
,
di
annoiarla
rapidamente
e
a
fondo
"
,
come
capita
troppe
volte
da
troppo
tempo
ai
nostri
vecchi
maestri
.
II
(
12
)
Prima
di
esprimerci
dentro
i
termini
della
cultura
,
servendoci
delle
leve
della
sapienza
,
che
un
individuo
può
muovere
più
o
meno
bene
di
un
altro
individuo
e
viceversa
,
in
una
dialettica
che
pone
,
con
giustizia
,
l
'
abilità
verbale
e
l
'
apprendistato
libresco
a
fondamento
della
ragione
,
bisognerà
scontare
fino
in
fondo
la
nostra
educazione
umanistica
e
riconoscerci
in
essa
,
confessando
il
nostro
sentimento
fino
ai
limiti
estremi
della
passività
,
riducendoci
minimi
dinanzi
alla
storia
.
E
bisognerà
riconoscere
agli
uomini
"
attivi
"
la
nostra
impotenza
a
penetrare
la
loro
temporale
tracotanza
,
riportando
dalla
nostra
vergogna
la
luce
di
una
verità
interiore
che
ci
fa
vivere
nel
compromesso
di
una
continua
esitazione
coi
testi
.
Allora
anche
i
termini
del
ragionamento
ci
tornano
puri
di
significato
e
la
civiltà
viene
a
significarsi
oltre
le
condizioni
fondamentali
della
cultura
,
nella
vissuta
esperienza
dei
rapporti
sociali
(
13
)
,
a
tu
per
tu
cogli
uomini
inibiti
alla
speculazione
a
causa
del
loro
esaurimento
quotidiano
nella
realtà
.
Onde
fornire
aperto
il
senso
del
discorso
diremo
che
ci
resta
sufficiente
ammettere
che
si
possa
concepire
una
discriminazione
iniziale
d
'
interessi
,
economici
o
spirituali
,
fra
gli
individui
per
ritenere
precluso
da
qualsiasi
altro
versante
il
raccordo
fra
i
due
estremi
.
A
costo
di
riconoscerci
come
degli
animali
asociali
,
non
riusciremo
mai
a
vedere
conciliate
nel
tempo
le
ragioni
che
andiamo
via
via
ascoltando
in
noi
stessi
,
a
meno
di
premettere
una
"
carità
"
di
gesti
e
di
pronunciamenti
negli
incontri
della
vita
quotidiana
.
Soltanto
così
avvertiamo
possibile
l
'
evasione
dalla
cronaca
che
vorrebbe
legarci
ai
suoi
interessi
immediati
e
temporali
.
Soltanto
concedendo
alla
società
in
estensione
i
privilegi
fruttati
dalle
singole
positive
esperienze
potremo
conciliare
la
cultura
e
il
nostro
labile
destino
di
letterati
con
la
vita
,
in
quanto
in
ogni
applicazione
è
da
riconoscere
un
mestiere
il
cui
prodotto
va
appunto
al
di
là
della
tecnica
solo
a
patto
di
diventare
umanità
,
e
quindi
acquisibile
e
speculabile
.
A
questo
punto
consideriamo
di
ottenere
l
'
assoluzione
della
cultura
,
reintegrandola
al
suo
grado
formativo
,
nient
'
affatto
come
un
estremo
ed
ineffabile
privilegio
,
ma
come
fattore
preparatorio
e
conclusivo
di
una
civiltà
.
La
quale
civiltà
non
è
affatto
possibile
far
consistere
in
una
continua
vigilanza
e
lotta
armata
contro
la
possibilità
di
una
ricaduta
del
mondo
nella
barbarie
,
e
quindi
in
un
continuo
stato
di
allarme
contro
l
'
evenienza
di
una
"
crisi
"
,
e
in
una
unità
impenetrabile
alle
leggi
morali
e
sociali
modernamente
concepite
;
laddove
è
purtuttavia
vero
che
la
civiltà
saggia
nella
sua
continua
crisi
il
divenire
di
una
società
sempre
più
liberata
dagli
impacci
dell
'
interesse
temporale
.
Torna
di
proposito
concludere
,
in
questo
primo
momento
,
riaffermando
la
inderogabilità
di
un
assolutismo
morale
che
resta
alla
base
di
una
perfettibile
umanità
la
quale
,
pur
non
ripetendosi
nella
storia
,
si
ritrova
tuttavia
nel
tempo
,
con
una
faccia
diversa
ed
uno
spirito
mutato
.
Sarà
questo
un
ragionamento
che
riprenderemo
continuamente
e
di
buon
grado
,
a
commento
delle
letture
che
andiamo
facendo
e
che
investono
direttamente
e
indirettamente
(
v
.
il
libro
di
Huizinga
)
il
concetto
di
una
civiltà
"
privilegiata
"
.
Si
intenderebbe
difendere
un
pensiero
storico
facendolo
nascere
,
come
dice
il
Croce
nella
avvertenza
alla
Storia
come
pensiero
e
come
azione
"
da
un
travaglio
di
passione
pratica
"
che
trascende
se
stesso
"
liberandosene
nel
puro
giudizio
del
vero
"
e
convertendo
,
"
mercé
di
questo
giudizio
,
quella
passione
...
in
risolutezza
di
azione
"
.
Questo
significato
a
noi
appare
intelligibilissimo
e
riconoscibile
nella
immediata
giustificazione
di
uno
storicismo
che
ritrova
ogni
momento
,
nel
"
fatto
"
di
cui
si
serve
,
la
propria
scadenza
.
StampaQuotidiana ,
Sembrerà
un
paradosso
,
ma
se
confrontiamo
il
nostro
dopoguerra
con
quello
dei
nostri
padri
,
dobbiamo
concludere
che
la
loro
condizione
fu
assai
più
difficile
.
Dopo
la
sconfitta
,
noi
ci
trovammo
vaccinati
a
vita
contro
il
fascismo
,
e
uniti
almeno
in
questo
:
nella
volontà
di
ricostruire
il
Paese
(
poi
,
naturalmente
,
cominciavano
le
divisioni
,
sul
modo
di
ricostruire
)
.
I
nostri
padri
,
vincitori
,
assistevano
inconsapevoli
alla
fine
del
Risorgimento
,
e
furono
divisi
su
tutto
,
persino
sul
significato
da
attribuire
alla
sanguinosissima
vittoria
.
Cominciava
l
'
inflazione
;
l
'
industria
era
in
crisi
,
stentando
a
convertirsi
alla
produzione
di
pace
;
i
milioni
di
smobilitati
aspettavano
inquieti
un
lavoro
;
i
contadini
s
'
agitavano
per
la
mancata
promessa
della
terra
;
gli
operai
stavano
a
guardare
,
trepidi
,
gli
sviluppi
della
Rivoluzione
d
'
ottobre
;
una
classe
dirigente
invecchiata
e
stanca
non
riusciva
a
far
fronte
ai
problemi
,
antichi
e
nuovi
;
si
riaccendeva
la
polemica
fra
interventisti
e
neutralisti
,
e
i
secondi
,
strano
a
dirsi
,
ci
mettevano
uno
zelo
stizzoso
che
purtroppo
era
loro
mancato
quando
la
guerra
scoppiò
.
I
nostri
plenipotenziari
alla
Conferenza
di
Parigi
sostenevano
la
causa
italiana
in
maniera
assurda
,
appellandosi
ora
al
rispetto
dei
trattati
,
ora
al
principio
della
nazionalità
,
ora
al
«
sacro
egoismo
»
delle
frontiere
(
per
ragioni
di
difesa
,
naturalmente
)
.
Trovavano
in
Lord
Balfour
un
amico
,
ma
che
non
bastava
a
vincere
l
'
astratto
rigore
dell
'
uomo
nuovo
,
Wilson
.
Per
loro
disgrazia
,
dovevano
prestare
orecchio
a
troppe
voci
:
le
minoranze
italiane
si
agitavano
a
Spalato
e
a
Fiume
;
i
generali
della
Terza
Armata
parlavano
di
colpi
di
mano
in
Dalmazia
,
e
addirittura
di
costituire
una
Repubblica
delle
Tre
Venezie
,
col
duca
d
'
Aosta
presidente
.
D
'
Annunzio
in
Campidoglio
sventolava
la
bandiera
di
Giovanni
Randaccio
,
agitava
la
spada
di
Nino
Bixio
.
Nitti
gli
vietava
i
comizi
,
ma
lui
poteva
sempre
stampare
e
diffondere
il
suo
discorso
:
«
Se
seguissi
il
mio
istinto
,
io
stasera
,
con
le
latte
di
benzina
che
avanzarono
alla
beffa
di
Buccari
,
andrei
a
bruciare
il
Palazzo
Braschi
,
infischiandomi
della
bella
scalinata
di
Pio
vi
»
.
Alle
trame
dei
politici
contrapponeva
l
'
azione
diretta
,
eroica
(
«
ardisco
,
non
ordisco
»
era
il
suo
motto
di
quei
giorni
)
;
progettava
un
grande
raid
aviatorio
,
da
Roma
a
Tokio
,
inveiva
contro
la
nuova
nazione
jugoslava
(
«
gli
schiavi
del
sud
»
)
,
tendeva
l
'
orecchio
alle
voci
che
gli
giungevano
dal
mare
amarissimo
,
da
Zara
,
da
Spalato
,
soprattutto
da
Fiume
.
Per
la
verità
,
quella
città
non
figurava
fra
le
promesse
del
Patto
di
Londra
,
un
accordo
superato
dal
nuovo
principio
wilsoniano
,
il
diritto
delle
nazioni
a
decidere
la
propria
sorte
.
Però
Fiume
aveva
più
volte
,
durante
e
dopo
la
guerra
,
manifestato
la
volontà
di
annettersi
all
'
Italia
.
Per
adesso
la
occupava
un
corpo
interalleato
,
e
viveva
giorni
di
grande
irrequietezza
.
Uno
scontro
,
con
morti
fra
fiumani
,
soldati
italiani
e
truppe
francesi
di
colore
,
provocò
un
'
inchiesta
,
che
decise
l
'
allontanamento
sia
degli
italiani
che
dei
francesi
.
Fu
allora
che
sette
giovani
ufficiali
dei
granatieri
giurarono
di
ritornare
,
e
offersero
il
giuramento
a
D
'
Annunzio
,
che
era
tornato
alla
«
casetta
rossa
»
sul
Canal
Grande
.
AI
poeta
,
che
aveva
la
febbre
,
piacque
tuttavia
quel
numero
fatidico
,
sette
,
e
scelse
per
l
'
azione
una
data
a
lui
propizia
,
l
'
undici
.
«11
dado
è
tratto
»
,
scrisse
allora
a
Mussolini
.
«
Parto
ora
.
Domattina
prenderò
Fiume
con
le
armi
.
Il
Dio
d
'
Italia
ci
assista
.
Mi
levo
dal
letto
febbricitante
.
Ma
non
è
possibile
differire
.
»
Fu
così
che
partirono
da
Ronchi
trecento
granatieri
del
maggiore
Reina
,
con
quaranta
autocarri
e
sette
autoblindo
,
prelevate
di
forza
dal
deposito
di
Palmanova
.
Al
confine
provvisorio
il
generale
Pittaluga
non
osò
sparare
contro
la
medaglia
d
'
oro
che
il
poeta
gli
offriva
come
bersaglio
(
in
realtà
era
già
d
'
accordo
)
e
gli
autocarri
passarono
.
Quei
trecento
uomini
crebbero
rapidamente
di
numero
:
erano
già
pronti
gruppi
di
volontari
(
il
più
grosso
era
la
legione
fiumana
di
Host
Venturi
)
,
e
vari
reparti
,
di
fanteria
,
di
bersaglieri
,
artiglieri
e
marinai
,
disertarono
per
unirsi
all
'
impresa
e
raggiungere
Fiume
.
In
breve
tempo
D
'
Annunzio
ebbe
ai
suoi
ordini
l
'
equivalente
di
sei
o
sette
battaglioni
,
circa
duemilacinquecento
uomini
.
Entrarono
tutti
in
Fiume
senza
sparare
un
colpo
;
le
truppe
d
'
occupazione
furono
consegnate
nelle
caserme
,
e
le
bandiere
ammainate
(
con
l
'
onore
delle
armi
)
lasciando
a
svettare
solo
quella
italiana
.
La
risposta
del
governo
fu
pronta
e
decisa
,
ma
soltanto
nelle
intenzioni
di
Nitti
.
Badoglio
,
nominato
commissario
straordinario
per
le
Venezie
,
cominciò
subito
una
sua
politica
personale
piuttosto
ambigua
.
Il
cordone
steso
attorno
alla
città
non
sempre
resse
,
nell
'
uno
e
nell
'
altro
verso
.
I
legionari
fiumani
a
più
riprese
lo
ruppero
,
in
improvvisi
e
fruttuosi
colpi
di
mano
sui
depositi
e
sui
parcheggi
dell
'
esercito
regio
.
Una
volta
giunsero
addirittura
a
sequestrare
un
generale
.
All
'
inverso
,
poterono
entrare
a
Fiume
rifornimenti
,
armi
,
nuovi
gruppi
di
volontari
e
di
disertori
,
e
via
via
,
in
successione
sempre
più
rapida
,
uomini
politici
delle
più
varie
tendenze
,
emissari
del
governo
,
messi
personali
di
Badoglio
,
grosse
personalità
della
cultura
,
pestatori
assortiti
.
Il
Comandante
(
ormai
lo
chiamavano
tutti
così
)
,
otteneva
dal
Consiglio
Nazionale
Fiumano
i
pieni
poteri
,
s
'
installava
a
palazzo
,
attorniato
da
gente
la
più
diversa
.
Bisogna
chiarirlo
subito
:
il
fascismo
,
più
tardi
,
con
non
comune
abilità
,
si
«
annesse
»
l
'
impresa
fiumana
,
ma
la
verità
è
che
a
Fiume
i
fascisti
(
anzi
i
«
mussoliniani
»
)
furono
in
minoranza
.
Nei
sedici
mesi
dell
'
occupazione
dannunziana
,
a
Fiume
troviamo
nazionalisti
come
Giuriati
e
Rocco
,
repubblicani
come
Marinetti
e
Ferruccio
Vecchi
,
sindacalisti
rivoluzionari
come
Alceste
De
Ambris
,
anarchici
come
Errico
Malatesta
,
letterati
puri
come
Giovanni
Comisso
e
Henry
Furst
,
matti
di
genio
come
Guido
Keller
.
Ci
troviamo
,
naturalmente
,
una
discreta
manica
di
avventurieri
,
di
disoccupati
,
di
poveri
diavoli
.
Fra
gli
ufficiali
superiori
,
ce
n
'
era
uno
che
si
dichiarava
figlio
naturale
del
re
Umberto
I
;
ad
ogni
nuovo
conoscente
regalava
una
moneta
dicendo
:
«
Prendi
,
è
il
ritratto
di
mio
fratello
»
.
Il
Comandante
lanciava
messaggi
alati
,
teneva
concioni
e
colloqui
con
la
folla
,
guidava
marce
di
armati
coi
moschetti
adorni
di
fiori
di
ciliegio
.
Aveva
un
«
segretario
d
'
azione
»
,
Guido
Keller
,
che
abitava
in
compagnia
di
un
'
aquila
,
regalo
di
certi
alpini
,
come
se
fosse
una
donna
,
anzi
sua
moglie
.
Appollaiata
sulla
spalliera
della
sua
poltrona
,
in
veranda
,
lasciava
che
gli
beccasse
la
lunga
chioma
.
D
'
Annunzio
,
per
scherzo
,
gliela
fece
rapire
,
e
lui
si
ritenne
offeso
a
tal
punto
che
mandò
i
padrini
,
e
poi
,
per
vendetta
,
voleva
rapire
a
sua
volta
la
donna
del
poeta
,
che
a
quel
tempo
era
la
pianista
Baccara
.
A
sera
,
in
compagnia
dei
suoi
amici
Comisso
e
Furst
,
discuteva
i
progetti
più
straordinari
:
fondare
un
movimento
«
yoga
»
,
cioè
un
'
unione
di
spiriti
liberi
tendenti
alla
perfezione
;
creare
una
società
dove
fossero
aboliti
il
danaro
e
le
prigioni
,
e
l
'
amore
fosse
libero
,
le
città
abbellite
,
i
gradi
dell
'
esercito
elettivi
,
e
mai
superiori
al
suo
(
capitano
)
,
il
governo
affidato
a
un
principe
eroico
e
geniale
.
Valorosissimo
pilota
,
pensò
addirittura
di
raggiungere
in
volo
Mosca
,
e
poi
dalla
Russia
spingere
orde
barbariche
sull
'
Europa
,
per
distruggere
la
civiltà
meccanica
e
far
rinascere
la
vita
dello
spirito
.
Sarà
lui
,
il
4
novembre
del
1920
,
a
volare
su
Roma
,
dove
si
stava
inumando
la
salma
del
Milite
Ignoto
,
per
lanciare
su
Montecitorio
un
vaso
da
notte
pieno
di
rape
,
con
questo
messaggio
:
«
Guido
Keller
,
ala
:
azione
nello
splendore
,
dona
al
Parlamento
e
al
governo
che
si
reggono
da
tempo
con
la
menzogna
e
con
la
paura
la
tangibilità
allegorica
del
loro
valore
»
.
Durante
il
volo
di
ritorno
scorse
la
Repubblica
di
San
Marino
,
e
decise
di
atterrarvi
.
Finì
incolume
,
sopra
un
albero
,
e
i
reggenti
lo
accolsero
con
grandi
feste
;
anzi
,
lo
nominarono
ambasciatore
a
vita
di
Fiume
presso
il
loro
antico
staterello
.
Tornato
a
Fiume
,
donò
al
Comandante
un
ornitorinco
impagliato
,
e
col
nome
di
questo
animale
fu
ribattezzata
l
'
osteria
prediletta
.
D
'
Annunzio
era
lì
quasi
tutte
le
sere
,
e
offriva
agli
amici
«
sangue
di
Morlacco
»
,
cioè
bicchierini
di
maraschino
.
A
molti
perciò
quest
'
impresa
di
Fiume
parve
un
glorioso
carnevale
.
Certo
,
purché
si
rammenti
che
in
città
l
'
entusiasmo
era
autentico
,
genialoide
,
festaiolo
.
Un
altro
tratto
,
questo
,
che
distingue
il
fiumanesimo
dal
fascismo
,
che
fu
all
'
opposto
sempre
lugubre
,
ottuso
.
E
c
'
è
di
più
.
Quando
il
blocco
si
fece
più
aspro
,
i
legionari
,
un
po
'
per
bisogno
e
un
po
'
per
spirito
di
avventura
,
si
diedero
alla
pirateria
.
Nacquero
gli
«
uscocchi
»
(
così
si
chiamavano
gli
antichi
corsari
dalmati
che
taglieggiavano
la
navigazione
adriatica
)
;
uscivano
nottetempo
coi
Mas
dalla
rada
di
Fiume
,
abbordavano
le
navi
da
carico
sulla
loro
rotta
,
e
le
costringevano
a
dirigere
su
Fiume
.
A
capo
degli
«
uscocchi
»
D
'
Annunzio
mise
il
«
capitan
magro
»
,
cioè
il
capitano
Mario
Magri
(
morirà
trucidato
dai
tedeschi
alle
Fosse
Ardeatine
)
.
Il
primo
colpo
di
mano
fu
contro
il
piroscafo
«
Persia
»
,
che
faceva
rotta
verso
l
'
Estremo
Oriente
,
portando
-
così
almeno
si
credette
allora
-
rifornimenti
all
'
armata
controrivoluzionaria
del
generale
Kolciak
.
Impossibile
dire
se
fra
gli
scopi
dell
'
impresa
ci
fu
anche
quello
di
aiutare
i
bolscevichi
;
ma
è
certo
che
il
ratto
del
«
Persia
»
fu
voluto
da
Giuseppe
Giulietti
,
capo
della
Federazione
dei
Lavoratori
del
Mare
;
ed
è
altrettanto
certo
che
nel
1921
il
ministro
degli
Esteri
sovietico
Georgi
Cicerin
andò
a
trovare
D
'
Annunzio
a
Gardone
cd
ebbe
con
lui
un
lungo
colloquio
.
Non
sapremo
mai
,
ovviamente
,
quel
che
dissero
.
Dell
'
incontro
resta
solo
qualche
fotografia
.
Su
di
una
D
'
Annunzio
,
imitando
l
'
italiano
del
suo
ospite
fulvo
e
barbuto
,
aveva
scritto
:
«
Tu
criedi
di
friegarmi
»
.
Comunque
sia
,
nell
'
azione
di
D
'
Annunzio
c
'
è
una
componente
populista
di
sinistra
,
che
si
andò
accentuando
col
passare
dei
mesi
.
Fra
le
varie
influenze
che
egli
subì
durante
l
'
occupazione
di
Fiume
,
quelle
di
Alceste
De
Ambris
e
di
Giuseppe
Giulietti
andarono
sempre
di
più
crescendo
,
con
ira
e
dissenso
della
fazione
nazionalista
.
Ai
primi
dell
'
anno
nuovo
il
contrasto
era
acuto
,
fra
nazionalisti
ed
estremisti
.
Un
contrasto
non
di
metodo
,
ma
di
fondo
:
i
primi
vedevano
nell
'
occupazione
di
Fiume
soltanto
un
mezzo
per
forzare
la
mano
al
governo
e
insieme
dargli
buon
gioco
verso
gli
alleati
,
mettendolo
di
fronte
al
fatto
compiuto
.
I
secondi
volevano
la
marcia
su
Roma
,
e
cioè
un
moto
di
liberazione
popolare
che
,
partendo
da
Fiume
e
dalla
Dalmazia
,
accendesse
prima
le
Venezie
e
la
Romagna
,
e
poi
tutta
l
'
Italia
,
già
scossa
da
una
vasta
ondata
di
scioperi
,
per
creare
infine
un
ordine
nuovo
,
repubblicano
.
Ecco
perché
,
motivi
di
concorrenza
e
d
'
invidia
personale
a
parte
,
Mussolini
allora
sconsigliò
a
D
'
Annunzio
la
marcia
su
Roma
.
Così
la
scissione
fu
inevitabile
.
Il
maggiore
Reina
,
fra
i
primi
,
come
abbiamo
visto
,
ad
entrare
in
Fiume
,
tornandosene
fra
le
file
dell
'
esercito
regio
,
rimproverava
al
Comandante
di
avere
come
programma
«
un
colpo
di
Stato
militarista
-
anarchico
»
e
lo
ammoniva
che
questo
programma
«
non
noi
,
ma
i
Malatesta
l
'
avrebbero
compiuto
»
.
Partì
il
maggiore
Reina
,
partì
il
generale
Ceccherini
,
partì
il
capitano
Vadalà
coi
suoi
carabinieri
.
In
città
intanto
era
scoppiata
un
'
epidemia
,
e
i
viveri
tornarono
a
scarseggiare
.
Badoglio
era
stato
promosso
Capo
di
Stato
Maggiore
(
parve
a
molti
che
fosse
un
modo
per
allontanarlo
dalle
Venezie
)
e
al
posto
suo
misero
l
'
intransigente
generale
Caviglia
,
che
aveva
sicuro
il
senso
della
disciplina
e
faceva
rispettare
il
blocco
.
L
'
ammiraglio
Millo
,
che
occupava
Zara
,
a
poco
a
poco
si
staccò
da
D
'
Annunzio
.
Il
Comandante
cominciava
a
sentire
sempre
più
netto
l
'
isolamento
.
«
Fiumani
,
perché
queste
grida
?
perché
questo
furore
?
perché
questa
angoscia
?
-
La
voce
di
Fiume
s
'
è
mutata
.
Non
la
riconosco
più
.
La
voce
di
Fiume
s
'
è
fatta
aspra
come
s
'
è
intorbidita
la
sua
acqua
.
L
'
acqua
di
Fiume
era
limpida
e
salutare
:
ci
rinfrescava
la
gola
e
l
'
anima
.
Un
giorno
scoprimmo
che
s
'
era
infettata
.
»
Né
era
capace
di
impegnarsi
fino
in
fondo
con
l
'
ala
estremista
ormai
dominante
.
Lo
Statuto
della
Reggenza
,
o
Carta
del
Carnaro
,
se
anche
è
dannunziano
nella
forma
,
fu
concepito
soprattutto
da
Alceste
De
Ambris
,
e
suonava
ormai
anacronistico
se
messo
al
confronto
con
le
reali
posizioni
di
forza
a
Fiume
.
Proprio
a
questo
punto
Mussolini
gli
consigliava
la
marcia
su
Roma
.
Perché
?
Voleva
vederlo
naufragare
.
E
quando
1'11
novembre
,
a
Rapallo
gli
alleati
si
accordarono
sul
confine
giuliano
,
su
Zara
all
'
Italia
e
la
Dalmazia
alla
Jugoslavia
,
e
sullo
status
di
città
libera
per
Fiume
,
in
attesa
del
plebiscito
,
Mussolini
approvò
,
diede
ragione
a
Giolitti
,
si
scaricò
di
ogni
responsabilità
fiumana
,
si
preparava
la
strada
del
tacito
appoggio
governativo
,
e
già
intravedeva
la
sua
marcia
su
Roma
.
Per
D
'
Annunzio
era
la
fine
.
Sarebbe
fin
troppo
facile
ironizzare
sull
'
unica
cannonata
dell
'
«
Andrea
Doria
»
che
bastò
a
indurre
il
Comandante
alla
resa
.
In
realtà
D
'
Annunzio
s
'
era
già
arreso
,
vinto
proprio
dal
voltafaccia
dei
nazionalisti
e
di
Mussolini
,
oltre
che
,
beninteso
,
dalla
sua
scarsa
chiarezza
d
'
intenti
politici
.
Ventitré
anni
prima
il
«
deputato
della
bellezza
»
,
eletto
coi
voti
conservatori
nel
collegio
di
Ortona
a
Mare
,
aveva
rotto
coi
suoi
per
andare
«
verso
la
vita
»
,
per
passare
cioè
all
'
estrema
sinistra
.
Non
fu
soltanto
un
gesto
estetizzante
.
Pochi
giorni
dopo
la
clamorosa
scenata
egli
precisava
:
«
E
voi
credete
che
io
sia
socialista
?
Io
sono
sempre
lo
stesso
...
Sono
e
rimango
individualista
ad
oltranza
...
Ma
da
noi
non
c
'
è
più
altra
politica
che
quella
del
distruggere
.
Tutto
ciò
che
attualmente
esiste
è
nulla
:
è
il
marciume
,
la
morte
che
si
oppone
alla
vita
.
Bisogna
dapprima
tutto
distruggere
»
.
E
il
suo
interventismo
,
nel
maggio
del
1915
,
fu
di
questo
tipo
:
mosso
da
un
impulso
di
azione
distruttiva
,
contro
una
dirigenza
politica
che
gli
appariva
marcia
,
cancerosa
.
Come
ben
dice
Nino
Valeri
,
a
Fiume
aveva
nuovamente
«
captato
gli
spazi
e
le
menti
di
una
tendenza
sovvertitrice
»
,
elementi
variatissimi
:
l
'
azione
dei
marittimi
e
di
capitan
Giulietti
,
quella
dei
sindacalisti
,
dei
soreliani
,
degli
anarchici
,
dei
futuristi
,
dei
mussoliniani
.
Mussolini
,
di
lui
infinitamente
più
abile
in
politica
,
fiutò
il
vento
buono
,
smise
d
'
essere
mussoliniano
e
diventò
fascista
.
Tese
la
mano
alla
monarchia
;
col
discorso
del
fascismo
«
tendenzialmente
»
repubblicano
,
diede
il
suo
avallo
all
'
operato
di
Giolitti
,
fece
persino
buon
viso
al
Vaticano
.
In
questo
modo
diventava
l
'
uomo
dei
banchieri
e
dei
bottegai
,
degli
industriali
e
degli
agrari
;
fu
il
salvatore
della
vittoria
mutilata
.
Dell
'
impresa
di
Fiume
prese
gli
spogli
,
il
ciarpame
retorico
,
i
«
me
ne
frego
»
.
Ma
ci
aggiunse
il
manganello
e
l
'
olio
di
ricino
,
che
non
sono
invenzioni
di
D
'
Annunzio
.
Non
pochi
legionari
fiumani
ci
caddero
,
e
nel
'22
furono
convinti
che
quella
marcia
su
Roma
fosse
la
continuazione
dell
'
impresa
di
Fiume
.
Eppure
D
'
Annunzio
aveva
ancora
qualche
carta
in
mano
.
Nell
'
agosto
del
1922
si
andava
preparando
un
incontro
segreto
fra
D
'
Annunzio
,
Mussolini
e
Nitti
(
il
vituperato
«
Cagoia
»
)
in
vista
d
'
un
governo
di
pacificazione
nazionale
.
Ciascuno
dei
tre
andava
disponendo
le
sue
pedine
:
Nitti
intendeva
imbrigliare
il
sovversivismo
degli
altri
due
nell
'
alveo
parlamentare
e
governativo
.
D
'
Annunzio
,
se
da
un
lato
riceveva
a
Gardone
il
socialista
D
'
Aragona
e
il
ministro
sovietico
Cicerin
,
dall
'
altro
preparava
con
una
rappresentanza
dei
combattenti
la
grandiosa
cerimonia
del
4
novembre
.
Mussolini
fece
il
gioco
più
abile
:
trattava
con
Giolitti
e
con
Facta
e
coi
fascisti
rivoluzionari
.
Prometteva
l
'
ordine
ai
primi
e
agli
altri
la
rivoluzione
.
L
'
incontro
era
fissato
per
il
15
.
Nitti
aveva
già
pronta
l
'
auto
e
il
salvacondotto
personale
di
Mussolini
,
contro
una
possibile
imboscata
delle
squadracce
.
Il
giorno
14
D
'
Annunzio
cadeva
da
una
finestra
della
villa
,
a
Gardone
.
Rimase
a
lungo
fra
la
vita
e
la
morte
.
Nessuno
-
men
che
mai
il
poeta
-
ha
mai
spiegato
come
andarono
le
cose
.
StampaQuotidiana ,
Stampa
e
radio
si
sono
piegate
febbrilmente
,
il
giorno
di
Pasqua
,
sul
secondo
messaggio
delle
Brigate
Rosse
come
su
un
palinsesto
da
decifrare
.
Siccome
sulle
cose
che
contano
-
se
Moro
sia
vivo
,
se
lo
libereranno
e
a
quali
condizioni
-
non
dice
niente
,
i
commentatori
ne
hanno
dedotto
che
è
invece
interessantissimo
politicamente
.
Lo
hanno
trovato
a
)
ricco
di
novità
,
b
)
tale
da
accattivarsi
le
simpatie
della
nuova
sinistra
(
i
più
gentili
)
,
o
da
esserne
senz
'
altro
il
frutto
(
i
più
maliziosi
)
.
Perché
?
perché
sviluppa
un
vasto
attacco
alla
Democrazia
cristiana
,
cosa
che
nella
vecchia
sinistra
non
è
più
di
moda
.
Ma
quando
mai
è
stata
di
moda
nella
sinistra
nuova
?
Nel
1968
essa
nacque
accusando
,
a
torto
o
a
ragione
,
i
partiti
operai
di
essersi
dati
come
solo
nemico
la
DC
,
mentre
era
il
sistema
nel
suo
complesso
che
bisognava
disvelare
e
demolire
.
Nel
1977
,
il
movimento
ha
avuto
per
nemico
tutto
«
lo
Stato
»
,
e
in
particolare
i
riformisti
perché
vi
ingabbiavano
le
masse
.
Per
una
sola
breve
fase
la
nuova
sinistra
(
meglio
i
gruppi
)
scoprirono
la
DC
,
e
fu
nel
1972
con
Fanfani
.
In
verità
,
chiunque
sia
stato
comunista
negli
anni
Cinquanta
riconosce
di
colpo
il
nuovo
linguaggio
delle
BR
.
Sembra
di
sfogliare
l
'
album
di
famiglia
:
ci
sono
tutti
gli
ingredienti
che
ci
vennero
propinati
nei
corsi
Stalin
e
Zdanov
di
felice
memoria
.
Il
mondo
-
imparavamo
allora
-
è
diviso
in
due
.
Da
una
parte
sta
l
'
imperialismo
,
dall
'
altra
il
socialismo
.
L
'
imperialismo
agisce
come
centrale
unica
del
capitale
monopolistico
internazionale
(
allora
non
si
diceva
«
multinazionali
»
)
.
Gli
stati
erano
«
il
comitato
d
'
affari
»
locale
dell
'
imperialismo
internazionale
.
In
Italia
il
partito
di
fiducia
-
l
'
espressione
è
di
Togliatti
-
ne
era
la
DC
.
In
questo
quadro
,
appena
meno
rozzo
,
e
fortunatamente
riequilibrato
dalla
«
doppiezza
»
,
cioè
dall
'
intuizione
del
partito
nuovo
,
la
lettura
di
Gramsci
,
una
pratica
di
massa
diversa
,
crebbe
il
militantismo
comunista
fino
agli
anni
Cinquanta
.
Vecchio
o
giovane
che
sia
il
tizio
che
maneggia
la
famosa
Ibm
,
il
suo
schema
è
veterocomunismo
puro
.
Cui
innesta
una
conclusione
che
invece
veterocomunista
non
è
,
e
cioè
la
guerriglia
.
In
quel
contesto
infatti
essa
non
funziona
.
Se
le
masse
sono
manipolate
dagli
apparati
,
con
quale
esercito
si
fa
la
rivoluzione
?
Se
il
nemico
è
un
potentissimo
partito
-
stato
,
protetto
dall
'
estero
e
padrone
di
tutte
le
istituzioni
,
difficile
pensare
di
abbatterlo
col
cecchinaggio
.
E
infatti
quella
posizione
aveva
,
per
logica
conseguenza
,
o
l
'
abbassamento
del
tiro
o
«
Ha
da
venì
Baffone
»
,
cioè
il
rinvio
dell
'
ora
X
all
'
esplodere
d
'
una
crisi
europea
,
d
'
una
nuova
guerra
che
rovesciasse
il
rapporto
impari
di
forze
.
Tanto
è
vero
che
,
quando
il
problema
della
rivoluzione
italiana
tornò
all
'
ordine
del
giorno
nella
sinistra
,
nei
primi
anni
Sessanta
,
comportò
un
'
analisi
diversa
anche
della
Democrazia
cristiana
,
più
complessa
e
insieme
più
aggredibile
;
si
vide
nell
'
interclassismo
cattolico
un
terreno
di
disgregazione
del
vecchio
e
di
riaggregazione
,
nella
lotta
di
massa
,
del
nuovo
blocco
storico
.
Tutta
la
spinta
a
sinistra
ne
fu
alimentata
,
e
ne
risentì
la
stessa
Democrazia
cristiana
,
specie
nelle
fasi
in
cui
si
trovò
sotto
sterzo
,
cioè
nell
'
estate
del
1963
e
poi
dal
1975
al
1976
.
Interessi
imperialisti
,
capitale
privato
e
di
stato
,
stato
,
partiti
,
confessionalismo
,
«
luoghi
»
della
dominazione
borghese
apparvero
in
continuità
,
ma
non
appiattiti
;
e
nel
relativo
scollamento
si
rifletté
la
forza
d
'
urto
dell
'
avanzata
a
sinistra
.
Se
oggi
qualcuno
scopre
nel
testo
delle
BR
una
efficace
critica
della
DC
,
vuol
dire
che
l
'
arretramento
delle
idee
politiche
s
'
è
fatto
precipitoso
.
Le
BR
odierne
,
se
pure
di
loro
si
tratta
,
ci
hanno
contato
.
E
il
Partito
comunista
farebbe
bene
a
misurare
lo
spazio
che
ha
lasciato
scoperto
e
l
'
ampiezza
di
manovra
che
esso
offre
.
Consente
infatti
ai
brigatisti
di
fare
degli
ammazzamenti
,
sequestri
e
ora
relativa
ideologia
,
i
cardini
d
'
una
doppia
operazione
:
far
saltare
la
Democrazia
cristiana
o
parte
di
essa
fuori
dal
«
compromesso
democratico
»
e
indebolire
la
credibilità
della
sinistra
,
nel
momento
in
cui
si
attua
una
destabilizzazione
a
destra
.
Questa
manovra
sconta
il
silenzio
delle
sinistre
sulla
DC
e
se
ne
fa
una
forza
.
Può
infatti
opporre
il
PCI
,
allo
schematismo
d
'
una
denuncia
che
mira
a
impressionare
una
certa
base
inquieta
o
delusa
,
l
'
articolato
giudizio
formulato
negli
anni
Sessanta
?
Quello
-
l
'
analisi
della
DC
come
d
'
uno
specifico
interclassismo
,
specifico
problema
strutturale
,
storico
e
di
coscienza
della
nostra
società
-
comportava
comunque
una
strategia
di
attacco
,
di
avanzata
,
di
egemonia
,
di
conquista
.
Quali
che
ne
fossero
i
limiti
che
la
strategia
che
le
sinistre
ne
derivavano
,
ed
erano
molti
,
nella
loro
coscienza
e
in
quella
delle
masse
che
le
seguivano
restò
al
centro
il
«
come
»
della
divisione
della
DC
e
della
sua
sconfitta
.
Lo
restò
fino
al
20
giugno
.
Da
allora
non
lo
è
più
.
Al
suo
posto
sono
subentrate
,
con
la
filosofia
dell
'
emergenza
,
la
priorità
data
all
'
accordo
con
tutta
la
Democrazia
cristiana
,
e
quindi
la
necessità
di
stare
alle
sue
compatibilità
.
PCI
e
PSI
vanno
fin
dove
la
DC
può
arrivare
.
La
rovinosa
condotta
dell
'
ultima
crisi
di
governo
ne
è
stata
la
prova
.
E
un
caso
che
sia
culminata
nella
seconda
grande
provocazione
del
decennio
,
reciproca
alla
strage
di
piazza
Fontana
?
È
straordinario
che
dal
Cile
,
che
pure
lo
spaventò
,
il
PCI
non
abbia
tratto
le
due
lezioni
più
evidenti
.
Prima
,
che
non
può
inoltrarsi
in
campo
avversario
senza
fortemente
coprirsi
a
sinistra
con
un
tenace
legame
di
masse
(
masse
più
coese
e
non
meno
,
più
capaci
di
egemonia
e
non
meno
)
.
Secondo
,
che
deve
essere
garantito
da
modifiche
immediate
e
sostanziali
negli
apparati
del
potere
di
stato
.
Berlinguer
invece
sembra
essersi
mosso
al
buio
.
E
ora
a
sinistra
gli
si
aprono
falle
,
nella
forma
peggiore
.
No
,
non
il
crescere
del
partito
armato
nelle
fabbriche
:
queste
sono
storie
che
piacciono
a
Carli
.
Ma
prime
sacche
di
rassegnazione
e
delusione
e
sconcerto
;
domani
smobilitazione
.
A
destra
,
nel
giro
di
poche
settimane
e
sotto
l
'
iniziativa
degli
attentati
,
un
avversario
incattivito
e
uno
stato
che
domanda
leggi
eccezionali
.
PCI
e
PSI
,
privi
di
iniziative
e
capaci
solo
di
esecrazione
,
le
avalleranno
.
Dove
sono
le
casematte
che
il
movimento
popolare
italiano
,
nel
momento
del
suo
originario
avvento
al
governo
,
si
sarebbe
dato
per
garantire
gli
embrioni
di
un
nuovo
stato
?
Si
è
fatto
di
tutto
per
asfissiarle
.
Resta
una
grande
classe
operaia
all
'
erta
,
e
attorno
ad
essa
una
coscienza
democratica
che
comincia
a
confondersi
e
incrinarsi
.
Nessuno
le
chiama
a
organizzarsi
,
a
farsi
presidio
.
La
salvezza
della
democrazia
è
affidata
ai
questori
.
Come
stupirsi
se
ogni
avventura
è
tentata
?