StampaQuotidiana ,
Sebbene
fosse
aspettata
,
dopo
parecchi
giorni
di
dolorose
alternative
,
ieri
la
morte
di
Leone
XIII
produsse
viva
impressione
ed
il
giornale
uscito
qualche
ora
dopo
pervenuto
l
'
annunzio
ufficiale
venne
avidamente
letto
da
tutti
.
Iersera
,
poiché
il
Municipio
non
aveva
ricevuto
comunicazione
ufficiale
dell
'
avvenimento
,
ebbe
luogo
il
consueto
concerto
al
Foro
Umberto
I
,
dove
del
resto
intervenne
,
come
al
solito
,
poca
gente
.
Un
gruppo
di
giovani
cattolici
verso
le
10
si
recò
alla
marina
e
protestò
con
una
dimostrazione
perché
non
si
era
sospeso
il
concerto
.
Un
altro
gruppo
,
di
opposto
avviso
,
fece
una
contro
dimostrazione
.
Intervenne
il
commissario
cav
.
Damiani
che
indusse
i
dimostranti
ad
allontanarsi
;
e
così
l
'
incidente
non
ebbe
più
seguito
.
StampaPeriodica ,
È
nella
sventura
che
si
misurano
gli
uomini
.
È
nella
sconfitta
che
il
movimento
socialista
italiano
darà
la
prova
migliore
della
sua
forza
e
della
sua
vitalità
.
Bisogna
però
che
esso
si
imponga
un
coraggioso
esame
di
coscienza
,
che
esso
addivenga
alla
più
spietata
delle
autocritiche
.
Perché
fummo
battuti
?
Ecco
la
domanda
fondamentale
che
dobbiamo
porci
e
che
esige
una
chiara
risposta
.
Il
sapersi
rendere
ragione
della
sconfitta
è
già
un
primo
passo
sulla
via
della
rivincita
.
Chi
nasconde
il
capo
sotto
l
'
ala
e
si
trincera
dietro
il
dadà
della
«
reazione
internazionale
»
,
o
si
limita
semplicemente
a
considerare
il
fascismo
come
il
figlio
legittimo
e
necessario
del
regime
capitalistico
,
come
una
tappa
fatale
lungo
il
calvario
socialista
,
dà
prova
di
poca
forza
morale
e
mostra
di
non
aver
nulla
appreso
dalla
lezione
di
questi
anni
.
Le
ragioni
della
disfatta
non
vanno
infatti
tanto
cercate
negli
avvenimenti
esteriori
delle
forze
che
sfuggono
per
definizione
al
nostro
controllo
,
quanto
in
noi
stessi
.
Siamo
noi
gli
autori
e
del
nostro
bene
e
del
nostro
male
.
Coloro
che
si
rifugiano
nel
determinismo
pseudo
marxista
per
giustificare
il
loro
stato
di
passivismo
e
di
supina
rassegnazione
,
coloro
che
attendono
la
salute
dagli
errori
degli
avversari
e
dal
fatale
svolgersi
delle
cose
,
mostrano
di
non
aver
inteso
lo
spirito
profondo
di
Marx
,
che
è
uno
spirito
di
combattimento
,
e
davvero
non
si
capisce
che
stiano
a
fare
nei
partiti
e
nelle
organizzazioni
.
Perché
fummo
dunque
battuti
?
Le
cause
sono
tante
e
così
complesse
che
vano
sarebbe
volerne
fare
l
'
elenco
.
Si
tratta
qui
più
di
porre
che
di
risolvere
il
problema
.
È
indubbio
che
alcune
di
queste
cause
erano
per
natura
loro
incontrollabili
e
immodificabili
,
per
lo
meno
in
breve
giro
di
anni
,
e
risiedevano
e
tuttora
risiedono
nel
costume
nazionale
.
Secoli
di
storia
non
si
cancellano
in
pochi
lustri
di
predicazione
socialista
;
e
l
'
italiano
è
ancora
troppo
figlio
del
passato
per
potersi
considerare
popolo
moderno
.
L
'
Italia
è
un
paese
capitalisticamente
arretrato
,
povero
,
disarticolato
nelle
sue
parti
,
politicamente
ineducato
,
affetto
da
provincialismo
congenito
nel
quale
si
ci
illuse
di
avere
elevato
nel
corso
di
una
generazione
quel
grandioso
edificio
socialista
che
alla
prova
dei
fatti
non
poteva
non
rivelarsi
terribilmente
fragile
nelle
sue
basi
.
Fragile
nelle
sue
basi
perché
un
movimento
socialista
degno
di
questo
nome
e
improntato
alla
pura
ideologia
marxista
(
come
tentò
invano
di
esserlo
il
nostro
)
è
possibile
solo
là
dove
la
vita
economica
così
industriale
che
agricola
è
grandemente
sviluppata
,
là
dove
si
sono
superate
le
colonne
d
'
Ercole
del
salario
di
sussistenza
,
là
dove
la
rivoluzione
borghese
ha
posto
su
solide
basi
nello
Stato
«
nazionale
»
il
regime
rappresentativo
e
ha
definitivamente
affermate
le
libertà
politiche
.
Ora
in
Italia
difettavano
in
gran
parte
tali
condizioni
.
Per
quanto
l
'
evoluzione
industriale
del
Nord
andasse
foggiando
un
proletariato
urbano
ormai
consapevole
della
sua
storica
funzione
,
l
'
Italia
è
ancor
oggi
un
paese
prevalentemente
agricolo
che
male
si
presta
,
specie
nel
centro
e
nel
meridione
,
all
'
affermarsi
di
un
movimento
socialista
ispirato
alla
ideologia
marxista
;
la
quale
,
sia
detto
di
sfuggita
,
si
volle
sin
dai
primordi
dovunque
affermare
senza
alcuna
elasticità
e
intelligenza
,
specie
nelle
zone
rurali
.
L
'
Italia
è
un
paese
nel
quale
non
si
ebbero
mai
le
grandi
lotte
di
religione
che
costituirono
dovunque
(
sia
pure
nonostante
e
contro
la
volontà
delle
parti
in
lotta
)
il
massimo
livello
dei
regimi
liberali
e
la
più
sicura
garanzia
del
principio
di
tolleranza
e
del
rispetto
di
un
minimo
comune
denominatore
di
civiltà
;
è
un
paese
nel
quale
le
libertà
politiche
conquistate
durante
il
Risorgimento
,
per
opera
di
una
ristretta
élite
borghese
e
patrizia
,
rimasero
sempre
patrimonio
di
pochi
.
Purtroppo
in
Italia
la
conquista
di
quello
che
a
giusto
titolo
è
considerato
il
sommo
bene
dei
popoli
a
civiltà
occidentale
,
non
è
legata
a
nessun
moto
di
masse
capace
di
adempiere
ad
un
ruolo
mitico
e
ammonitore
.
La
massa
fu
assente
nelle
battaglie
per
l
'
indipendenza
e
per
le
libertà
politiche
.
La
libertà
italiana
è
figlia
di
transazioni
,
di
adattamenti
e
di
taciti
accomodamenti
.
Il
proletariato
non
ha
conquistato
a
prezzo
di
sforzi
e
di
sacrifici
personali
la
«
sua
»
libertà
.
Fu
troppo
breve
il
suo
tirocinio
nella
lotta
per
il
diritto
di
organizzazione
,
e
il
suffragio
universale
apparve
una
gratuita
concessione
e
non
una
conquista
cosciente
.
E
siccome
non
si
ama
e
non
si
difende
se
non
ciò
per
cui
molto
si
è
lottato
e
sacrificato
,
così
era
fatale
che
la
classe
lavoratrice
,
che
nei
paesi
evoluti
è
giustamente
la
più
vigile
e
interessata
custode
del
metodo
democratico
,
dovesse
da
noi
assistere
quasi
inerte
alla
negazione
di
valori
supremi
che
apparivano
purtroppo
estranei
alla
sua
coscienza
.
Ora
è
qui
che
si
annida
uno
dei
massimi
errori
del
nostro
movimento
su
cui
tanto
insistettero
uomini
come
Arturo
Labriola
e
Gaetano
Salvemini
.
Il
suo
compito
precipuo
doveva
essere
appunto
quello
di
reagire
a
tali
condizioni
ambientali
,
di
adeguare
la
sua
teoria
,
la
sua
propaganda
e
la
sua
azione
al
clima
storico
del
nostro
paese
,
di
porre
prima
salde
le
basi
morali
e
politiche
per
un
fruttuoso
lavoro
socialista
.
Invece
il
partito
socialista
non
valutò
al
suo
giusto
valore
il
problema
politico
,
fu
travolto
dalla
strepitosa
vittoria
del
1900
ottenuta
così
a
buon
mercato
in
una
lotta
che
di
fatto
interessò
solo
le
aristocrazie
operaie
del
Nord
,
si
illuse
che
fosse
ormai
definitivamente
acquisito
ciò
che
altrove
era
stato
il
frutto
di
lotte
lunghissime
e
di
rivoluzioni
sanguinose
,
e
non
seppe
condurre
dopo
il
'900
la
grande
battaglia
per
le
libertà
e
le
fondamentali
conquiste
politiche
in
nome
e
in
pro
dell
'
intero
proletariato
.
Si
perse
da
un
lato
nel
rivoluzionarismo
verboso
e
astratto
,
dall
'
altro
degenerò
troppo
spesso
nel
corporativismo
e
nel
gretto
riformismo
,
barattando
inconsapevolmente
i
valori
supremi
per
il
classico
piatto
di
lenticchie
abilmente
presentato
dal
Giolitti
.
L
'
esercizio
del
voto
,
la
progressiva
partecipazione
alla
vita
pubblica
,
le
lotte
parlamentari
,
presero
sempre
più
il
sapore
di
atti
di
normale
amministrazione
.
La
concezione
gradualistica
e
pacifista
del
divenire
socialistico
ripugnò
generalmente
,
allontanò
i
migliori
o
li
condusse
alle
esagerazioni
estreme
.
Il
senso
dell
'
eroico
,
lo
spirito
di
sacrificio
e
di
abnegazione
,
la
coscienza
dei
valori
universali
pei
quali
il
socialismo
lottava
si
andarono
così
sempre
più
oscurando
.
Le
conseguenze
inevitabili
non
tardarono
a
manifestarsi
.
Così
che
oggi
siam
quasi
tratti
a
pensare
che
forse
fu
necessaria
questa
tragedia
perché
il
socialismo
italiano
rimettesse
in
onore
i
valori
morali
,
si
riaccostasse
alla
realtà
e
prendesse
nozione
finalmente
delle
grandi
questioni
politiche
.
Si
tratta
ora
di
ricominciare
da
capo
,
con
animo
nuovo
,
ricchi
della
esperienza
del
passato
,
forti
di
una
fede
che
ha
ormai
superato
tutte
le
prove
.
StampaQuotidiana ,
Una
parte
almeno
del
compianto
unanime
che
ha
accolto
la
morte
di
Churchill
è
certo
dovuta
a
un
tratto
della
sua
figura
che
è
il
meno
frequente
nei
personaggi
storici
:
Churchill
è
stato
un
capo
senza
essere
un
fanatico
.
Churchill
non
si
è
mai
sentito
«
l
'
uomo
della
provvidenza
»
o
«
del
destino
»
.
Le
responsabilità
che
si
è
assunto
nei
momenti
più
critici
della
storia
contemporanea
,
il
peso
decisivo
delle
sue
scelte
e
della
sua
condotta
di
uomo
politico
,
il
successo
che
ha
coronato
la
sua
opera
non
gli
hanno
fatto
ritenere
d
'
essere
un
uomo
privilegiato
,
investito
di
una
missione
nel
cui
compimento
nessuno
potesse
sostituirlo
e
di
fronte
alla
quale
la
comune
umanità
valesse
soltanto
come
mezzo
.
La
figura
di
Churchill
è
,
da
questo
punto
di
vista
,
la
più
ovvia
smentita
alla
credenza
che
l
'
azione
efficace
,
il
coraggio
e
la
resistenza
alle
forze
avverse
possono
essere
alimentati
e
sostenuti
soltanto
dal
senso
di
una
investitura
dall
'
alto
e
dalla
certezza
di
essere
lo
strumento
unico
e
privilegiato
di
un
disegno
super
-
umano
.
Tuttavia
la
credenza
nel
carattere
praticamente
benefico
del
fanatismo
,
nella
sua
capacità
di
valere
come
una
leva
potente
per
muovere
masse
e
individui
,
infiammarli
di
sacro
entusiasmo
,
renderli
insensibili
a
sacrifici
e
rinunce
,
e
portarli
alla
realizzazione
di
scopi
grandiosi
(
o
ritenuti
tali
)
,
è
ancora
abbastanza
diffusa
e
si
lascia
talora
intravedere
nei
discorsi
di
politici
o
di
capipartito
.
In
un
passato
recente
,
la
parola
aveva
perfino
perduto
,
nell
'
uso
di
certi
partiti
politici
,
la
connotazione
negativa
che
i
dizionari
solitamente
le
attribuiscono
,
per
essere
esaltata
come
un
merito
del
seguace
zelante
e
del
credente
a
tutta
prova
.
E
per
quanto
oggi
l
'
esaltazione
esplicita
del
fanatismo
sia
difficile
a
trovarsi
o
si
presenti
in
forma
camuffata
(
come
quando
si
è
detto
:
«
L
'
estremismo
nella
difesa
della
libertà
non
è
un
vizio
;
la
moderazione
nel
conseguimento
della
giustizia
non
è
una
virtù
»
)
,
una
certa
nostalgia
per
il
fanatismo
e
un
certo
rispetto
superstizioso
(
che
è
a
sua
volta
fanatico
)
verso
di
esso
serpeggiano
ancora
nei
vari
campi
della
cultura
e
in
certi
angoli
dell
'
opinione
comune
.
Ciò
accade
perché
il
fanatismo
sembra
,
in
primo
luogo
,
una
testimonianza
resa
alla
verità
,
anzi
alla
Verità
unica
ed
assoluta
,
di
cui
il
fanatico
si
ritiene
il
depositario
,
l
'
interprete
e
il
realizzatore
.
Questo
atteggiamento
sembra
l
'
opposto
di
quello
dello
«
scettico
»
o
,
come
anche
si
dice
,
del
«
cinico
»
che
non
crede
a
nulla
o
non
prende
nulla
sul
serio
e
perciò
è
incapace
di
rendere
omaggio
alla
verità
ed
impegnarsi
per
essa
.
In
secondo
luogo
il
fanatico
non
ha
bisogno
di
argomenti
o
di
«
ragioni
»
per
credere
nella
sua
verità
.
Gli
argomenti
o
le
ragioni
sono
spesso
deboli
o
di
esito
incerto
:
possono
venire
controbattuti
,
bilanciati
o
distrutti
da
altre
ragioni
;
e
sotto
questo
aspetto
la
convinzione
razionale
,
che
è
aperta
alle
critiche
e
ne
tiene
conto
,
appare
,
come
strumento
d
'
azione
,
assai
più
debole
e
vacillante
della
persuasione
fanatica
che
condanna
chi
la
possiede
all
'
entusiasmo
perpetuo
.
In
terzo
luogo
,
il
fanatismo
è
per
sua
natura
collettivo
e
pandemico
;
tende
a
diffondersi
da
individuo
a
individuo
,
a
travolgere
o
a
rendere
insignificante
il
dubbio
privato
,
a
fondere
gli
individui
nell
'
unità
di
una
massa
anonima
e
compatta
che
può
agire
come
forza
d
'
urto
.
Sono
,
questi
,
i
vantaggi
teorici
e
pratici
del
fanatismo
;
e
sarebbero
vantaggi
importanti
,
se
fossero
veri
.
Sono
invece
fittizi
.
La
verità
,
e
specialmente
la
Verità
con
la
V
maiuscola
,
che
dovrebbe
essere
(
se
ci
fosse
)
una
forza
spirituale
che
agisce
o
si
manifesta
soltanto
nei
poteri
più
alti
,
più
difficili
e
più
rari
di
cui
l
'
uomo
dispone
,
non
ha
nulla
a
che
fare
con
il
fanatismo
che
è
più
agevolmente
suscitato
da
viete
superstizioni
e
da
rozze
credenze
.
Anzi
,
il
fatto
dimostra
che
non
c
'
è
superstizione
così
grossolana
,
credenza
così
infondata
,
ideale
così
balordo
che
non
abbia
trovato
o
non
trovi
i
suoi
fanatici
e
che
non
possa
essere
assunto
come
insegna
di
violenze
e
persecuzioni
contro
coloro
che
non
lo
condividono
.
Ciò
che
il
fanatismo
chiama
«
verità
»
non
è
che
un
pretesto
per
attribuirsi
un
potere
sovrano
nei
confronti
delle
credenze
e
della
vita
degli
altri
.
Essere
fedeli
alla
verità
significa
essere
disposti
a
cercarla
,
a
riconoscerla
dovunque
si
presenti
,
sia
in
noi
che
negli
altri
,
anche
quando
non
ci
torna
comodo
,
significa
adoperare
strumenti
adatti
a
questo
fine
,
correggere
o
rettificare
le
proprie
opinioni
e
abbandonarle
,
sia
pure
con
sforzo
,
quando
la
verità
lo
richieda
.
Questo
atteggiamento
implica
,
non
già
la
certezza
di
un
possesso
infallibile
,
ma
il
dubbio
incessante
,
la
critica
,
uno
scetticismo
metodico
e
(
perché
no
?
)
anche
un
certo
cinismo
che
fa
dire
pane
al
pane
e
vino
al
vino
e
non
si
lascia
incantare
dalle
parole
solenni
e
dal
manto
di
porpora
degli
ideali
fittizi
.
Esso
consiste
nell
'
esercizio
della
ragione
e
delle
sue
tecniche
,
quali
si
sono
venute
costituendo
nei
vari
campi
del
sapere
,
sul
fondamento
della
loro
continua
revisione
e
correzione
.
Kant
giustamente
ritenne
il
fanatismo
,
sotto
questo
aspetto
,
«
la
trasgressione
dei
limiti
della
ragione
umana
»
:
cioè
il
non
tener
conto
dei
limiti
e
delle
imperfezioni
delle
nostre
capacità
d
'
indagine
e
di
accertamento
,
perciò
l
'
identificare
se
stessi
con
la
voce
della
verità
e
della
giustizia
e
ritenere
che
tutto
il
resto
dell
'
umanità
sia
dalla
parte
dell
'
errore
e
del
male
.
Certamente
,
per
questi
stessi
limiti
,
la
ragione
umana
è
una
debole
forza
:
gli
argomenti
di
cui
si
avvale
,
le
prove
che
adduce
,
le
conclusioni
che
raggiunge
,
sono
continuamente
soggette
alla
revisione
e
alla
critica
e
possono
essere
corrette
o
confutate
.
Ma
proprio
da
questa
debolezza
essa
ricava
la
sua
forza
.
La
critica
che
smonta
un
argomento
rafforza
il
potere
di
critica
,
la
prova
che
confuta
un
'
altra
prova
è
un
passo
in
avanti
rispetto
all
'
altra
;
una
conclusione
corretta
o
sostituita
con
un
'
altra
contiene
una
maggiore
garanzia
di
validità
.
Anche
se
,
per
un
'
ipotesi
inverosimile
,
tutto
ciò
che
la
ragione
umana
ha
conseguito
finora
si
rivelasse
privo
di
fondamento
,
questa
conquista
negativa
della
ragione
sarebbe
un
segno
della
sua
forza
,
perché
costituirebbe
la
premessa
di
un
'
opera
costruttiva
più
valida
.
Ma
una
«
verità
»
fanaticamente
accettata
non
può
subire
correzioni
ed
aggiunte
;
teme
le
critiche
e
persino
la
tepidezza
dell
'
entusiasmo
;
è
fragile
nei
confronti
dei
dubbi
e
cade
di
colpo
alla
prima
occasione
.
Cade
senza
lasciare
nulla
,
se
non
forse
un
atteggiamento
fanatico
,
provvisoriamente
disoccupato
o
alla
ricerca
di
nuovi
pretesti
.
Come
già
diceva
Locke
,
che
ci
dette
nella
quarta
edizione
del
Saggio
(
1700
)
la
prima
celebre
critica
del
fanatismo
,
questo
è
un
fuoco
fatuo
.
E
alla
prima
occasione
,
la
fusione
delle
masse
o
dei
gruppi
fanatici
,
l
'
entusiasmo
travolgente
che
era
parso
una
poderosa
forza
d
'
urto
,
si
scioglie
o
si
spegne
come
un
fuoco
fatuo
e
non
lascia
dietro
di
sé
che
il
caos
o
il
deserto
.
Non
si
può
far
conto
sui
fuochi
fatui
per
illuminare
il
difficile
cammino
dell
'
umanità
nel
mondo
:
occorre
che
l
'
umanità
cerchi
e
trovi
altri
mezzi
di
orientamento
e
che
questi
mezzi
possano
costantemente
essere
corretti
e
migliorati
.
La
convinzione
ben
radicata
dei
limiti
dell
'
uomo
e
la
disposizione
che
ne
deriva
all
'
ironia
,
alla
pietà
e
alla
solidarietà
umana
sono
,
come
già
avevano
visto
gli
analisti
del
'700
(
Shaftesbury
,
Voltaire
,
Kant
)
,
i
migliori
correttivi
del
fanatismo
e
alcuni
dei
costituenti
essenziali
della
nostra
civiltà
.
La
tentazione
del
fanatismo
si
presenta
ogni
qualvolta
si
tende
a
trasformare
gli
ideali
umani
anche
più
nobili
(
per
esempio
la
libertà
o
la
giustizia
)
in
fini
assoluti
ai
quali
la
comune
umanità
va
senz
'
altro
sacrificata
.
Cerchiamo
di
ricordare
che
tali
ideali
sono
invece
sempre
e
soltanto
strumenti
:
strumenti
che
l
'
uomo
ha
escogitato
,
e
che
può
e
deve
correggere
,
per
sopravvivere
come
uomo
e
vivere
in
pace
.
StampaQuotidiana ,
Dopo
una
lunga
discussione
sulla
mozione
del
deputato
Bissolati
per
una
inchiesta
sulla
gestione
del
ministro
della
P
.
I
.
,
dal
1901
al
1903
,
il
Presidente
della
Camera
dei
Deputati
annunzia
che
in
adempimento
del
mandato
conferitogli
dalla
Camera
ha
chiamato
a
far
parte
del
comitato
incaricato
di
procedere
all
'
inchiesta
sull
'
amministrazione
dell
'
on
.
Nasi
,
gli
on
.
Berenini
,
Cappelli
,
Chiapusso
,
Gorio
e
Guicciardini
.
StampaPeriodica ,
La
grande
battaglia
che
la
classe
operaia
inglese
sta
conducendo
in
Inghilterra
è
di
un
così
palpitante
interesse
ed
è
così
gravida
di
conseguenze
nell
'
uno
o
nell
'
altro
senso
,
che
la
penna
trema
a
buttar
giù
le
prime
impressioni
.
Chi
ha
visitato
i
distretti
minerari
inglesi
,
chi
ha
conosciuto
anche
per
brevi
ore
tutte
le
durezze
del
lavoro
sotterraneo
,
chi
soprattutto
ha
visto
coi
propri
occhi
quale
mirabile
impiego
facciano
gli
operai
dei
loro
disputati
incrementi
salariali
,
non
può
non
ribellarsi
sentendo
ragionare
di
diminuzione
di
salario
e
d
'
aumento
di
orari
.
Chi
scrive
provò
forse
la
più
grande
impressione
della
sua
vita
visitando
i
paesi
di
minatori
del
Galles
del
Sud
,
oggi
alla
testa
della
battaglia
;
ed
ebbe
chiara
e
forte
come
non
mai
la
visione
e
la
fede
nella
incontenibile
ascesa
di
una
massa
che
aspira
alla
piena
autonomia
anche
nel
governo
dell
'
industria
.
Vi
sono
due
aspetti
in
questa
battaglia
,
che
è
un
ritorno
all
'
azione
diretta
dopo
le
delusioni
dell
'
esperimento
di
governo
,
che
vanno
tenuti
distinti
:
dal
lato
strettamente
economico
è
indubitato
che
li
operai
,
proprio
obbiettivamente
,
hanno
ragione
.
Il
tono
stesso
della
stampa
liberale
e
conservatrice
,
ben
altrimenti
feroce
in
altre
occasioni
,
se
depone
a
favore
del
tradizionale
equilibrio
anglosassone
,
dice
anche
chiaramente
quale
sia
il
giudizio
dell
'
opinione
pubblica
.
In
sostanza
si
chiede
agli
operai
una
somma
non
indifferente
di
sacrifici
al
solo
scopo
di
assicurare
un
profitto
ai
proprietari
di
miniere
,
a
quei
proprietari
di
miniere
che
lo
stesso
governo
conservatore
ha
proclamato
incapaci
di
condurre
razionalmente
l
'
industria
;
ma
non
si
vuoi
dar
loro
una
seria
garanzia
che
l
'
auspicata
riorganizzazione
venga
conseguita
al
più
presto
a
spese
evidentemente
di
essi
proprietari
,
tagliando
i
rami
secchi
ed
imponendo
le
necessarie
fusioni
.
Se
i
proprietari
,
dicono
i
minatori
,
non
sono
stati
capaci
sinora
,
malgrado
gli
infiniti
ammonimenti
e
le
ripetute
pressioni
(
ricordate
il
progetto
nazionalizzatore
di
Lloyd
George
?
)
di
riorganizzare
l
'
industria
,
e
non
sono
in
grado
di
assicurarci
un
decente
tenore
di
vita
,
si
facciano
allora
da
parte
e
cedano
il
campo
a
noi
che
ci
sentiamo
ormai
capaci
e
degni
di
gestire
l
'
industria
nell
'
interesse
generale
.
Dal
lato
politico
certo
la
questione
è
più
complessa
,
e
ingenuo
sarebbe
sostenere
,
al
punto
a
cui
son
giunte
le
cose
,
che
si
tratta
di
un
conflitto
puramente
economico
.
Siamo
di
fronte
ad
una
battaglia
storica
,
magnifica
per
serietà
,
disciplina
e
compattezza
,
gravida
di
conseguenze
per
molti
anni
avvenire
(
a
meno
di
una
rapida
soluzione
transazionale
)
che
non
potrà
non
avere
un
grande
sbocco
sul
terreno
politico
;
battaglia
che
certo
pone
a
dura
prova
il
regime
liberale
inglese
da
ogni
punto
di
vista
.
Ma
ridicola
è
l
'
accusa
di
sovvertimento
della
costituzione
lanciata
all
'
ultima
ora
contro
il
colosso
unionistico
;
esso
è
in
realtà
il
grido
angosciato
di
Odilon
Barrot
:
«
la
légalité
nous
tue
!
»
;
è
il
terrore
borghese
contro
il
minaccioso
avanzarsi
delle
forze
del
lavoro
armate
di
quelle
armi
che
esse
seppero
conquistarsi
in
un
secolo
di
lotta
per
far
trionfare
un
principio
rivoluzionatore
nella
vita
collettiva
.
E
se
chiamiamo
sovversive
le
organizzazioni
operaie
che
si
valgono
del
diritto
di
sciopero
assicurato
dalla
legge
,
come
dovremmo
chiamare
allora
coloro
che
per
quattro
anni
,
sovvertirono
la
vita
del
mondo
per
interessi
particolari
scatenando
una
guerra
tremenda
per
sacrifici
materiali
,
morali
e
spirituali
;
che
porta
nel
suo
seno
le
cause
di
molti
mali
attuali
?
Guai
però
se
la
vittoria
trade
unionista
,
che
noi
auspichiamo
piena
ed
intera
,
dovesse
restare
priva
di
conseguenze
nel
campo
politico
!
Quanto
maggiore
un
eventuale
successo
,
tanto
maggiori
i
pericoli
.
L
'
esperienza
italiana
dopo
l
'
occupazione
delle
fabbriche
ci
ammonisce
che
in
certe
ore
decisive
rimangono
vane
o
peggio
tutte
le
vittorie
che
non
pongono
capo
ad
una
conquista
o
per
lo
meno
ad
un
ferreo
controllo
del
centro
direttivo
,
anche
quando
questo
centro
sia
dotato
di
poteri
relativamente
così
limitati
come
in
Inghilterra
il
potere
esecutivo
.
Certo
si
è
che
per
il
socialismo
mondiale
questa
battaglia
inglese
ha
un
enorme
valore
sperimentale
:
essa
ci
dirà
in
sostanza
se
la
democrazia
borghese
permette
il
graduale
e
possente
avanzarsi
delle
forze
del
lavoro
.
StampaQuotidiana ,
Viktor
Frankl
,
un
medico
psichiatra
che
passò
parecchi
anni
nel
campo
di
concentramento
di
Auschwitz
,
racconta
che
il
desiderio
di
riscrivere
un
libro
il
cui
manoscritto
gli
era
stato
confiscato
e
distrutto
al
suo
ingresso
nel
campo
,
fu
il
fattore
decisivo
che
gli
consentì
di
sopravvivere
,
mentre
intorno
a
lui
soccombevano
molti
suoi
compagni
di
prigionia
dotati
di
robustezza
fisica
maggiore
.
Questo
fatto
,
che
non
è
isolato
,
sembra
mostrare
che
,
quando
la
vita
ha
un
significato
,
è
più
facile
per
l
'
uomo
sopportarne
i
pericoli
e
le
durezze
e
che
perciò
il
problema
del
significato
della
vita
è
,
per
ogni
uomo
,
il
problema
fondamentale
,
quello
da
cui
dipendono
la
sua
sopravvivenza
,
il
suo
equilibrio
e
la
sua
felicità
.
Ma
questo
problema
ha
,
rigorosamente
parlando
,
un
«
significato
»
?
In
un
libro
recente
Huston
Smith
,
professore
di
filosofia
nel
Massachusetts
Institute
of
Technology
(
Condemned
to
Meaning
,
New
York
,
1965
)
,
ha
messo
in
luce
la
situazione
paradossale
in
cui
si
trova
oggi
la
filosofia
di
fronte
a
questo
problema
.
Da
un
lato
gli
antropologi
,
gli
psicologi
,
i
teologi
e
i
filosofi
esistenzialisti
riconoscono
l
'
autenticità
del
problema
e
lo
ritengono
ineludibile
,
anche
se
le
soluzioni
da
essi
apprestate
sono
diverse
e
non
convincenti
.
Dall
'
altro
lato
(
e
soprattutto
nei
paesi
anglosassoni
)
i
filosofi
analisti
ritengono
che
il
problema
del
significato
della
vita
sia
uno
pseudo
-
problema
derivante
dall
'
uso
improprio
della
parola
«
significato
»
:
la
quale
appartiene
alla
sfera
linguistica
,
per
cui
si
può
parlare
del
significato
di
un
termine
o
di
una
espressione
,
non
della
vita
nel
suo
complesso
.
I
primi
considerano
solo
il
significato
esistenziale
,
i
secondi
solo
il
significato
linguistico
:
i
primi
si
occupano
delle
situazioni
della
vita
,
dei
problemi
che
esse
presentano
e
delle
soluzioni
che
prospettano
;
i
secondi
si
occupano
delle
situazioni
linguistiche
,
delle
loro
confusioni
e
delle
possibilità
di
chiarirle
.
Il
libro
di
Huston
Smith
vuole
in
qualche
modo
mediare
i
due
punti
di
vista
che
abitualmente
rimangono
separati
e
non
entrano
neppure
in
dialogo
:
intende
mostrare
che
una
trattazione
analitica
è
possibile
,
entro
certi
limiti
,
anche
nella
sfera
del
problema
che
concerne
il
significato
della
vita
.
Ovviamente
,
questo
tentativo
suppone
che
tale
problema
sia
autentico
,
cioè
che
non
si
riduca
a
una
confusione
linguistica
.
Huston
Smith
ritiene
che
l
'
autenticità
di
esso
risulta
provata
dall
'
importanza
che
il
problema
riveste
nella
vita
di
ogni
uomo
:
perché
la
perdita
o
l
'
assenza
di
significato
,
cioè
di
uno
scopo
per
cui
valga
la
pena
di
vivere
,
lottare
e
soffrire
,
determina
spesso
(
come
psicologi
e
antropologi
mettono
in
luce
)
squilibri
,
infelicità
e
pazzia
o
,
nel
migliore
dei
casi
,
la
perdita
o
la
diminuzione
del
gusto
di
vivere
.
Egli
ha
perciò
dato
al
suo
libro
il
titolo
Condannato
al
significato
:
una
espressione
di
Merleau
-
Ponty
,
riferita
all
'
uomo
,
che
significa
l
'
impossibilità
per
l
'
uomo
di
vivere
senza
dare
un
significato
alla
vita
.
Ma
Smith
ritiene
pure
che
il
significato
della
vita
l
'
uomo
deve
in
qualche
modo
costruirlo
:
cioè
che
esso
non
è
un
dato
,
ma
un
risultato
da
ottenere
attraverso
un
'
attività
che
investe
le
manifestazioni
della
vita
e
le
porta
a
ordinarsi
e
organizzarsi
in
modo
da
costituire
modelli
significanti
.
E
come
Kant
parlò
di
categorie
intellettuali
che
presiedono
alla
nostra
costruzione
del
mondo
conoscitivo
,
così
Smith
parla
di
categorie
di
significati
che
permettono
all
'
uomo
di
organizzare
la
struttura
delle
sue
esperienze
,
che
altrimenti
rimarrebbero
caotiche
e
prive
di
scopo
.
Queste
categorie
di
significato
sono
:
l
'
inquietudine
o
angoscia
;
h
speranza
;
lo
sforzo
,
cioè
la
capacità
di
trascendersi
e
di
tendere
a
qualcosa
che
non
esiste
ma
può
esistere
;
la
fiducia
,
cioè
il
senso
di
essere
aiutato
o
garantito
nello
sforzo
dall
'
ordine
delle
cose
;
e
infine
il
mistero
,
cioè
il
senso
di
una
realtà
che
non
può
essere
attinta
attraverso
le
vie
normali
della
conoscenza
.
Bisogna
subito
dire
che
queste
categorie
appaiono
inadeguate
alla
funzione
,
cui
Smith
le
destina
,
di
costruire
un
mondo
di
significati
.
La
prima
,
cioè
l
'
angoscia
,
non
è
una
categoria
,
ma
piuttosto
lo
stato
o
la
condizione
di
chi
si
sente
privo
o
povero
di
possibilità
a
venire
e
pertanto
non
riesce
a
dare
un
significato
alla
vita
.
Le
altre
sembra
che
presuppongano
questo
significato
piuttosto
che
renderlo
possibile
:
giacché
,
come
si
fa
a
sperare
,
a
sforzarsi
per
uno
scopo
,
ad
aver
fiducia
nel
mondo
e
a
credere
in
una
realtà
misteriosa
,
se
già
non
si
è
certi
del
significato
che
la
vita
possiede
?
D
'
altronde
,
se
la
vita
ha
il
significato
che
noi
stessi
chiediamo
,
questo
non
implica
forse
che
essa
è
,
in
se
stessa
,
priva
di
significato
?
Smith
risponde
a
quest
'
ultima
domanda
asserendo
che
il
significato
della
vita
non
è
né
imposto
all
'
uomo
dai
fatti
,
né
imposto
dall
'
uomo
ai
fatti
stessi
:
non
è
,
in
altri
termini
,
né
oggettivo
né
soggettivo
,
ma
alcunché
di
intermedio
,
come
qualsiasi
costruzione
umana
che
,
se
utilizza
gli
elementi
e
le
leggi
della
natura
,
non
è
tuttavia
opera
totale
della
natura
ma
dell
'
uomo
.
E
questa
risposta
sarebbe
valida
se
sapessimo
qualcosa
in
più
su
ciò
che
deve
intendersi
per
«
significato
della
vita
»
.
In
realtà
il
tentativo
di
Smith
si
ferma
alla
difesa
di
un
'
esigenza
generica
,
ma
non
entra
a
esaminare
la
natura
specifica
dei
«
significati
»
che
la
vita
può
avere
.
E
di
«
significati
»
si
tratta
,
non
di
«
significato
»
.
Per
illuminante
e
tipico
che
possa
essere
il
caso
del
medico
Frankl
nel
campo
di
Auschwitz
,
nessuno
lo
generalizzerebbe
asserendo
che
,
per
qualsiasi
uomo
,
lo
scopo
della
vita
è
di
riscrivere
(
o
scrivere
)
un
libro
.
Ciò
che
per
un
uomo
è
ragione
di
vita
,
per
l
'
altro
è
motivo
di
fastidio
o
di
noia
.
Esistono
,
senza
dubbio
,
significati
partecipabili
da
gruppi
più
o
meno
estesi
di
individui
umani
,
e
sono
quelli
su
cui
fanno
leva
le
grandi
religioni
e
le
filosofie
popolari
.
Ma
è
molto
dubbio
che
esista
un
unico
,
totale
,
esauriente
significato
della
vita
ed
è
molto
dubbio
che
una
filosofia
qualsiasi
sia
in
grado
di
«
costruirlo
»
.
Ciò
che
la
filosofia
può
fare
consiste
sostanzialmente
nell
'
aiutare
l
'
uomo
,
ogni
singolo
uomo
,
a
scoprire
o
a
costruire
da
sé
il
significato
della
vita
:
chiarendo
in
forma
oggettiva
,
sulla
base
degli
elementi
positivi
del
sapere
di
cui
disponiamo
,
la
sua
situazione
nel
mondo
e
fra
gli
uomini
,
la
struttura
e
i
limiti
delle
sue
possibilità
,
le
minacce
che
incombono
su
di
lui
e
le
prospettive
di
riuscita
meno
ingannevoli
e
più
feconde
.
Essa
può
anche
delucidare
la
natura
e
i
limiti
della
scelta
che
si
offre
a
ogni
individuo
tra
i
significati
specifici
che
la
vita
può
offrirgli
;
ma
,
quanto
a
questa
scelta
,
nessuno
può
farla
per
un
altro
.
Proprio
in
ciò
sta
l
'
insegnamento
della
filosofia
esistenzialistica
,
cui
Huston
Smith
fa
troppo
imprecisi
riferimenti
.
Quando
i
filosofi
analitici
negano
(
ma
ormai
lo
negano
sempre
più
di
rado
)
che
il
problema
dell
'
esistenza
sia
autentico
,
intendono
semplicemente
asserire
che
gli
strumenti
linguistici
di
cui
l
'
uomo
dispone
non
consentono
di
parlarne
e
che
pertanto
(
come
diceva
Wittgenstein
)
«
di
ciò
di
cui
non
si
può
parlare
,
si
deve
tacere
»
.
Essi
partono
cioè
da
una
teoria
del
linguaggio
il
quale
,
considerato
come
una
specie
di
immagine
dei
fatti
del
mondo
,
non
offre
la
possibilità
di
parlare
di
altro
che
di
tali
fatti
.
La
risposta
alla
loro
negazione
non
si
può
quindi
ottenere
asserendo
l
'
importanza
generica
del
problema
dell
'
esistenza
,
ma
facendo
appello
a
un
'
altra
teoria
del
linguaggio
:
a
una
teoria
che
,
senza
sfumare
nel
vago
e
nel
mistero
,
renda
possibile
affrontare
le
condizioni
specifiche
di
quel
problema
con
ordine
e
correttezza
.
Questa
teoria
del
linguaggio
è
,
oggi
,
più
un
desiderio
che
una
realtà
;
è
tuttavia
il
presupposto
per
ridare
alla
filosofia
il
suo
carattere
umano
.
StampaQuotidiana ,
Nei
movimenti
femminili
,
ciò
che
mi
sembra
sommamente
sbagliato
è
lo
spirito
di
competizione
con
il
sesso
opposto
,
e
lo
spirito
d
'
orgoglio
.
Le
parole
«
donna
è
bello
»
non
hanno
nessun
senso
.
In
verità
essere
una
donna
non
è
né
bello
né
brutto
,
oppure
è
tutt
'
e
due
,
lo
stesso
come
essere
un
uomo
.
Ne
sbagliato
scoprire
delle
ragioni
d
'
orgoglio
,
o
delle
ragioni
d
'
avvilimento
,
nella
propria
nascita
o
origine
,
o
nella
propria
condizione
umana
.
Riguardo
all
'
essere
ebrei
,
è
sbagliato
esserne
avviliti
,
sbagliato
gloriarsene
.
Riguardo
all
'
essere
omosessuali
,
è
sbagliato
esserne
umiliati
,
sbagliato
esserne
orgogliosi
.
L
'
atteggiamento
giusto
è
sentire
,
nei
confronti
della
propria
condizione
umana
,
una
totale
indifferenza
.
Una
fra
le
cose
che
oggi
avvelenano
il
mondo
,
è
la
retorica
costruita
sopra
delle
semplici
condizioni
umane
.
Si
suole
dire
che
l
'
orgoglio
ideologico
,
nei
movimenti
femminili
per
esempio
,
è
generato
da
secoli
di
umiliazioni
e
persecuzioni
,
ed
è
perciò
giustificabile
e
comprensibile
.
Questo
significa
che
bisogna
accordare
loro
indulgenza
,
se
assumono
atteggiamenti
sbagliati
,
se
commettono
errori
.
Ma
l
'
indulgenza
va
accordata
agli
errori
delle
persone
singole
,
non
agli
errori
delle
idee
.
Alle
idee
si
chiede
che
siano
vere
e
giuste
,
subito
e
in
assoluto
.
Non
credo
che
gli
esseri
umani
abbiano
,
in
quanto
esseri
umani
,
nessuna
giusta
ragione
d
'
orgoglio
.
Non
credo
che
sia
una
giusta
ragione
d
'
orgoglio
né
essere
una
donna
,
né
essere
un
uomo
,
né
essere
un
omosessuale
.
Non
credo
che
sia
una
ragione
d
'
orgoglio
né
l
'
essere
madre
,
né
l
'
essere
padre
,
né
il
non
esserlo
.
Meno
ancora
credo
che
una
di
queste
condizioni
umane
sia
una
ragione
d
'
umiliazione
.
Allo
stesso
modo
,
non
credo
che
sia
una
ragione
d
'
orgoglio
appartenere
alla
schiera
dei
giovani
,
né
credo
che
appartenere
alla
schiera
dei
vecchi
sia
umiliante
.
Simili
condizioni
umane
,
in
se
stesse
,
non
sono
evidentemente
né
un
merito
,
né
una
colpa
.
Portarle
come
dei
meriti
,
o
delle
colpe
,
è
un
'
attitudine
di
assoluta
stolidità
e
irrealtà
.
Tutto
questo
appare
ovvio
,
ma
è
accaduto
che
nel
mondo
presente
,
si
siano
riempite
le
strade
di
fiumane
d
'
orgoglio
e
d
'
umiliazione
e
che
tali
fiumane
siano
di
qualità
sessuale
,
o
razziale
,
o
generazionale
.
I
meriti
e
le
colpe
sono
cosa
strettamente
individuale
,
inscindibile
dalla
coscienza
di
ogni
essere
singolo
.
Ciascuno
di
noi
conosce
le
proprie
colpe
e
i
propria
meriti
,
e
se
ne
gloria
o
se
ne
avvilisce
dentro
di
sé
.
Riguardo
all
'
orgoglio
,
esso
è
legittimo
in
una
persona
,
per
un
'
azione
singola
che
questa
stessa
persona
ha
compiuto
.
E
però
legittimo
e
tollerabile
se
non
dura
più
d
'
un
istante
.
Quando
lo
sentiamo
protrarsi
nel
tempo
,
ne
sentiamo
la
stolidità
e
l
'
irrealtà
.
Quando
diventa
un
'
attitudine
dello
spirito
,
non
è
più
tollerabile
.
Non
lo
tollerano
gli
altri
in
noi
,
e
non
lo
tolleriamo
noi
in
noi
stessi
,
se
guardiamo
in
noi
stessi
con
un
giusto
sguardo
.
L
'
orgoglio
riveste
la
nostra
stessa
immagine
,
dentro
di
noi
,
di
uniformi
e
di
insegne
,
che
la
separano
dalle
comunità
.
Riguardo
all
'
avvilimento
,
è
anch
'
esso
legittimo
soltanto
se
episodico
e
momentaneo
.
Ma
quando
diventa
un
'
attitudine
dello
spirito
,
a
sua
volta
veste
allora
la
nostra
stessa
immagine
di
un
'
uniforme
,
la
copre
di
grigi
grembiali
e
la
induce
a
scivolare
via
a
testa
bassa
.
Si
tratta
un
'
attitudine
dello
spirito
forse
meno
intollerabile
dell
'
orgoglio
,
perché
più
disarmata
e
più
mite
,
e
perché
i
negletti
grembiali
sono
ben
meglio
delle
insegne
dei
capitani
.
è
però
un
'
attitudine
dello
spirito
sbagliata
e
viziata
non
meno
dell
'
orgoglio
,
quando
ricopre
e
schiaccia
l
'
intiera
nostra
esistenza
,
nel
passato
,
nel
presente
e
nel
futuro
.
Anche
il
grigiore
dell
'
avvilimento
è
un
modo
di
pensare
la
nostra
immagine
separata
dalle
comunità
.
Ora
noi
possiamo
sentirci
,
in
mezzo
alle
comunità
,
soli
e
diversi
,
ma
il
desiderio
di
rassomigliare
ai
nostri
simili
e
il
desiderio
di
condividere
il
più
possibile
il
destino
comune
è
qualcosa
che
dobbiamo
custodire
nel
corso
della
nostra
esistenza
e
che
se
si
spegne
è
male
.
Di
diversità
e
solitudine
,
e
di
desiderio
di
essere
come
tutti
,
è
fatta
la
nostra
infelicità
e
tuttavia
sentiamo
che
tale
infelicità
forma
la
sostanza
migliore
della
nostra
persona
ed
è
qualcosa
che
non
dovremmo
perdere
mai
.
Ragioni
di
scoprirci
diversi
in
mezzo
alle
comunità
,
noi
ne
abbiamo
infinite
,
e
ciascuno
trova
prontamente
le
proprie
,
o
le
ha
trovate
e
coltivate
fin
dalla
più
lontana
infanzia
.
Tutti
o
quasi
tutti
siamo
o
donne
,
o
ebrei
,
o
omosessuali
,
oppure
siamo
diversi
semplicemente
per
inclinazione
alla
diversità
,
per
malinconia
,
per
timidezza
,
per
nevrosi
,
per
silenzio
.
Siamo
tutti
«
diversi
»
.
L
'
essenziale
è
portare
giustamente
la
propria
diversità
,
l
'
essenziale
è
non
farne
né
un
'
insegna
né
un
'
uniforme
,
e
mescolarla
silenziosamente
nelle
infinite
diversità
degli
altri
,
in
quelle
che
noi
riteniamo
le
comunità
dei
non
diversi
e
normali
.
Comunque
,
l
'
orgoglio
e
l
'
avvilimento
sono
i
nostri
stati
d
'
animo
abituali
,
e
noi
usiamo
passare
dall
'
uno
all
'
altro
come
dalla
notte
al
mattino
.
Finché
sono
i
nostri
sentimenti
individuali
,
e
finché
sono
volubili
e
momentanei
,
non
sono
di
qualità
scadente
.
Diventano
però
di
qualità
deteriore
e
scadente
se
diventano
il
fondamento
di
un
'
idea
.
A
muovere
le
idee
e
a
portarle
avanti
dovrebbero
essere
dei
sentimenti
di
qualità
superiore
e
nobile
,
e
fatti
per
essere
innalzati
su
un
piano
universale
.
Sono
di
questa
qualità
e
natura
l
'
impegno
civile
,
la
solidarietà
umana
,
il
senso
della
giustizia
,
il
coraggio
.
La
parola
«
valori
»
è
una
parola
che
oggi
adoperiamo
e
leggiamo
con
diffidenza
,
perché
è
stata
adoperata
troppo
e
male
,
si
è
scolorita
e
sembra
non
significare
più
nulla
.
Tuttavia
è
forse
proprio
questa
parola
che
è
necessario
adoperare
per
mettere
in
chiaro
ciò
che
può
essere
innalzato
su
un
piano
universale
.
L
'
orgoglio
non
è
un
valore
e
non
ha
qualità
universale
.
L
'
orgoglio
ideologico
,
noi
lo
detestiamo
e
ci
fa
orrore
,
quando
prende
forma
di
orgoglio
di
patria
.
Lo
riconosciamo
allora
in
tutta
la
sua
turpitudine
.
Nesso
è
orribile
perché
irreale
.
E
orribile
anche
e
soprattutto
perché
è
una
sorgente
di
odio
,
perché
cerca
intorno
a
sé
delle
armi
per
uccidere
i
propri
nemici
,
quelli
che
pensa
come
propri
nemici
,
e
separa
un
paese
dalla
folla
dei
paesi
,
lo
separa
colmandolo
di
ideologiche
vanità
e
irrealtà
.
L
'
orgoglio
di
sesso
nei
movimenti
femminili
è
però
assai
simile
all
'
orgoglio
di
patria
,
poiché
ne
assume
le
fattezze
,
ne
assume
gli
aspetti
aggressivi
e
faziosi
,
la
grottesca
e
irreale
combattività
.
Essere
donne
,
essere
ebrei
,
essere
o
diventare
omosessuali
,
è
come
essere
nati
in
un
paese
o
in
un
altro
.
La
persona
adulta
è
tenuta
a
trarre
,
dalle
origini
che
le
ha
assegnato
il
caso
,
i
massimi
beni
possibili
,
e
la
massima
quantità
possibile
di
conoscenza
della
propria
terra
.
Ma
alle
umiliazioni
e
oppressioni
e
persecuzioni
che
la
società
ha
inflitto
o
infligge
alle
donne
,
o
agli
omosessuali
,
o
agli
ebrei
,
donne
e
omosessuali
e
ebrei
sono
tenuti
a
rispondere
come
se
umiliazioni
e
oppressioni
e
persecuzioni
non
offendessero
soltanto
loro
ma
l
'
intiera
collettività
degli
uomini
.
Nessi
sono
tenuti
a
rispondere
non
con
le
miserabili
combattività
dell
'
orgoglio
ingiuriato
ma
con
l
'
indifferenza
ai
propri
fatti
personali
e
territoriali
che
contraddistingue
la
vera
e
adulta
libertà
.
Ne
invalso
oggi
il
costume
di
radunare
alcuni
gruppi
umani
in
sorte
di
eserciti
,
che
si
propongono
di
imitare
i
partiti
politici
,
o
anzi
dichiarano
di
muoversi
al
seguito
di
insegne
o
bandiere
.
Ma
i
partiti
politici
nascono
da
scelte
politiche
,
ideologiche
,
morali
.
I
migliori
fra
i
partiti
politici
sono
fondati
su
idee
vere
,
su
un
vero
e
reale
e
possibile
disegno
del
mondo
,
e
le
loro
idee
,
partendo
da
valori
universali
,
sono
nel
loro
contenuto
migliore
libere
da
ogni
specie
di
orgoglio
ideologico
,
quindi
chiare
e
secche
.
Le
separazioni
che
si
creano
fra
la
gente
,
per
motivi
politici
,
hanno
un
senso
.
Le
separazioni
che
si
creano
fra
la
gente
,
quando
non
perseguono
un
chiaro
disegno
del
mondo
,
non
hanno
nessun
senso
.
Le
separazioni
che
si
delineano
fra
i
gruppi
umani
,
le
alleanze
fra
donne
,
o
fra
omosessuali
,
o
fra
ebrei
,
non
hanno
nessun
senso
perché
non
ubbidiscono
a
una
scelta
politica
,
ma
si
basano
su
un
lontano
fatto
d
'
origine
,
legato
all
'
ora
della
nascita
,
o
magari
,
come
è
forse
nel
caso
degli
omosessuali
,
legato
a
una
lontana
decisione
infantile
.
Identificare
le
condizioni
umane
con
i
partiti
politici
è
perciò
irreale
.
Non
esiste
,
fra
le
condizioni
umane
e
i
partiti
politici
,
nessuna
specie
di
affinità
.
Una
condizione
umana
non
è
frutto
di
scelta
,
ma
discende
dal
destino
e
dal
caso
.
I
movimenti
femminili
non
saranno
mai
un
partito
politico
,
perché
mentre
è
ben
possibile
immaginare
un
mondo
governato
dalle
forze
d
'
una
determinata
e
nuova
classe
sociale
,
immaginare
un
mondo
composto
esclusivamente
di
donne
e
dominato
da
loro
è
impossibile
,
irreale
e
mortale
.
StampaPeriodica ,
La
questione
dell
'
unità
socialista
sta
per
avere
il
suo
epilogo
che
possiamo
prevedere
negativo
.
Dai
massimalisti
cioè
,
ancora
una
volta
verrà
un
gesto
di
disperata
negazione
,
di
attaccamento
non
al
proletariato
,
ma
a
una
loro
formula
cento
volte
sconfitta
.
Possiamo
tutti
deplorare
un
tale
stato
di
cose
e
conservare
,
nonostante
questo
,
intatta
la
nostra
fiducia
che
l
'
unità
socialista
si
farà
.
Ma
è
evidente
che
non
possiamo
per
questo
cedere
a
tentazioni
di
scetticismo
e
di
abbandono
.
Al
contrario
:
è
nell
'
azione
che
i
socialisti
devono
proporsi
di
risolvere
un
problema
che
è
fondamentale
e
che
risponde
al
sentimento
e
agli
interessi
delle
classi
lavoratrici
.
Perciò
il
prossimo
Congresso
del
Partito
Socialista
dei
Lavoratori
Italiani
(
ex
Partito
Unitario
)
assumerà
una
importanza
ancora
maggiore
,
almeno
per
quanti
navigano
oggi
contro
corrente
ansiosi
di
un
segno
di
orientamento
e
di
rinascita
.
Esso
ci
dirà
fino
a
qual
punto
questa
frazione
tutt
'
altro
che
trascurabile
dei
socialisti
italiani
ha
la
consapevolezza
della
funzione
storica
che
l
'
ora
le
affida
di
svolgere
;
in
quale
misura
cioè
essa
ha
la
capacità
e
l
'
energia
di
farsi
centro
coordinatore
e
propulsore
delle
forze
di
opposizione
,
sulla
base
di
quel
programma
di
integrale
rinnovamento
della
vita
nazionale
che
noi
e
con
noi
sicuramente
tutti
i
giovani
da
molti
mesi
invochiamo
.
Più
volte
sostenemmo
la
tesi
che
,
nella
attuale
situazione
,
tocca
ai
socialisti
l
'
onore
e
l
'
onere
di
guidare
la
opposizione
italiana
.
E
ora
,
col
profilarsi
di
un
nuovo
non
possumus
massimalista
,
questa
tesi
si
rafforza
e
si
chiarisce
fino
a
farci
ritenere
che
saranno
probabilmente
gli
elementi
del
disciolto
partito
unitario
a
farsi
eco
concreto
dell
'
appello
che
dalle
masse
si
leva
verso
i
socialisti
perché
vogliano
sortire
dalla
stasi
indecorosa
nella
quale
si
dibattono
da
anni
.
Noi
non
facciamo
del
partito
un
feticcio
:
siamo
abbastanza
sensibili
per
capire
che
non
saranno
le
etichette
che
in
definitiva
trionferanno
,
ma
le
opere
.
Né
abbiamo
nascoste
(
tutt
'
altro
)
le
nostre
modeste
ma
recise
censure
verso
i
maggiori
esponenti
del
PSLI
.
Se
diciamo
che
probabilmente
una
ripresa
se
una
ripresa
ha
da
esservi
verrà
dalle
fila
dei
socialisti
unitari
è
perché
siamo
convinti
che
questo
partito
ha
in
sé
elementi
tali
da
permettergli
di
assolvere
il
compito
che
ricordavamo
più
sopra
.
Si
voglia
o
non
si
voglia
il
PSLI
è
l
'
unico
partito
di
opposizione
che
per
il
suo
programma
realistico
,
per
gli
appoggi
e
le
simpatie
che
desta
in
tutti
i
ceti
così
manuali
che
intellettuali
,
per
la
notorietà
dei
suoi
capi
,
per
il
primissimo
posto
occupato
nella
lotta
,
per
il
chiaro
riconoscimento
dell
'
interesse
universale
e
altamente
umano
dei
valori
oggi
calpestati
,
per
lo
sforzo
di
contemperare
le
esigenze
della
classe
con
quelle
della
nazione
,
sia
in
grado
di
far
leva
su
tutti
i
ceti
non
parassitari
della
popolazione
e
possa
contare
con
quasi
sicurezza
per
un
non
troppo
lontano
domani
su
un
larghissimo
seguito
.
Malgrado
tutte
le
critiche
che
gli
si
rivolgono
,
il
PSLI
resta
pur
sempre
l
'
unico
partito
di
massa
che
disponga
di
uno
stato
maggiore
politico
e
sindacale
degno
di
questo
nome
.
E
comunque
si
giudichino
gli
uomini
che
lo
dirigono
non
si
può
fare
a
meno
di
riconoscere
che
cotesto
troppo
bistrattato
stato
maggiore
,
che
è
di
una
altezza
morale
fuori
di
discussione
,
è
l
'
unico
esistente
nelle
fila
dell
'
opposizione
.
Il
che
,
dati
i
tempi
,
non
è
poco
.
Si
ricordi
,
infine
,
che
esso
è
il
solo
partito
,
fatta
eccezione
forse
per
il
repubblicano
,
nel
quale
si
noti
da
tempo
un
fervore
di
iniziative
e
un
promettente
risveglio
di
forze
giovanili
;
e
si
affermi
,
sia
pure
faticosamente
,
un
complesso
processo
di
revisione
.
Questi
e
molti
altri
motivi
ci
fanno
dunque
ritenere
che
il
PSLI
,
pur
che
sappia
essere
all
'
altezza
della
situazione
e
sappia
sfruttare
i
molti
elementi
che
oggi
giuocano
in
suo
favore
,
potrà
dare
il
primo
segno
tangibile
di
ripresa
.
E
appunto
per
questo
,
noi
vogliamo
qui
fissare
sinteticamente
quali
sono
secondo
noi
i
massimi
ostacoli
che
si
frappongono
tuttora
nel
suo
cammino
,
nella
speranza
che
il
prossimo
Congresso
ci
dica
che
le
nostre
critiche
o
sono
superate
o
non
hanno
ragione
di
essere
.
Sembra
dunque
a
noi
che
il
PSLI
comprometta
le
sue
possibilità
avvenire
e
in
special
modo
la
sua
opera
d
'
attrazione
dei
migliori
elementi
della
nuova
generazione
,
per
la
riluttanza
di
alcuni
dei
suoi
dirigenti
a
impostare
la
battaglia
in
modo
radicale
,
adeguando
cioè
i
suoi
metodi
di
lotta
alle
ferree
necessità
dell
'
ambiente
e
audacemente
rivendicando
quella
iniziativa
e
quel
posto
nella
ripresa
oppositoria
che
gli
vengono
ormai
da
tempo
per
dovere
e
per
diritto
riconosciuti
.
Questa
riluttanza
deriva
da
un
grave
errore
nella
visione
della
situazione
e
da
un
troppo
tenace
e
sentimentale
attaccamento
a
un
passato
ormai
definitivamente
superato
dal
lato
politico
.
Per
essere
più
chiari
sopravvive
troppo
in
essi
della
mentalità
,
del
programma
,
dello
stato
d
'
animo
aventiniani
;
stati
d
'
animo
,
che
,
come
è
noto
,
comportavano
la
previsione
di
un
rapido
mutare
della
situazione
per
forze
essenzialmente
estranee
all
'
azione
oppositoria
,
l
'
accurata
astensione
da
ogni
candidatura
alla
successione
,
il
desiderio
di
mantenere
il
contatto
con
tutte
le
forze
di
opposizione
,
il
ripudio
di
tutti
gli
irrigidimenti
che
potessero
eliminare
anche
una
sola
delle
tante
possibili
soluzioni
compromettendo
nel
tempo
stesso
l
'
unità
del
blocco
aventiniano
.
Ed
ecco
così
non
pochi
degli
unitari
rifiutare
nettamente
ogni
accenno
alla
questione
istituzionale
,
ogni
accentuazione
della
nota
antiborghese
,
ogni
maggiore
precisazione
intorno
al
programma
del
poi
,
ogni
rivendicazione
successoria
.
Ed
ecco
compromessa
o
gravemente
ostacolata
quell
'
opera
alla
quale
pure
s
'
ha
da
arrivare
se
vogliamo
sortire
dalle
presenti
distrette
.
Noi
non
abbiamo
il
culto
della
intransigenza
esteriore
e
formale
;
tanto
che
proclamiamo
la
necessità
del
più
ampio
mobilismo
tattico
.
Non
vogliamo
imboscarci
facendo
nostre
le
negazioni
in
toto
e
rinchiudendoci
in
uno
splendido
isolamento
che
ci
elimini
dalla
lotta
positiva
.
Ma
d
'
altra
parte
non
riusciamo
assolutamente
a
comprendere
la
posizione
di
questi
socialisti
che
in
una
situazione
come
l
'
attuale
danno
prova
di
un
malthusianismo
così
radicale
da
far
loro
respingere
con
orrore
la
tesi
elementare
della
conquista
del
potere
politico
;
e
che
sono
disposti
a
transigere
a
priori
e
in
permanenza
sul
loro
specifico
programma
,
anche
quando
come
oggi
è
il
caso
sono
venute
a
cadere
una
per
una
tutte
le
condizioni
che
rendevano
per
l
'
innanzi
utile
e
forse
inevitabile
la
transazione
.
Se
ci
fossero
le
forze
con
le
quali
e
per
le
quali
transigere
,
evitando
gli
irrigidimenti
e
i
programmi
a
lunga
scadenza
,
noi
potremmo
ancora
riconoscere
la
logicità
di
una
simile
impostazione
.
Ma
non
riusciamo
a
vederle
.
Nel
campo
liberale
e
democratico
,
dove
la
disorganizzazione
regnò
sovrana
non
rimangono
sulla
breccia
altro
che
pochi
uomini
di
nobile
carattere
che
reggono
dignitosamente
anche
se
spesso
passivamente
alla
prova
:
e
nel
campo
popolare
è
definitivamente
cessata
ogni
attività
anche
strettamente
legale
.
In
campo
restano
dunque
col
PSLI
solo
i
partiti
repubblicano
e
massimalista
,
oltre
scarse
pattuglie
democratiche
.
Sono
queste
le
forze
sulle
quali
,
bene
o
male
,
possiamo
fare
assegnamento
.
Fuori
di
esse
non
ci
sono
in
Italia
,
di
forze
reali
,
che
i
comunisti
e
i
fascisti
.
Finché
dunque
il
PSLI
si
ostinerà
in
questa
erronea
impostazione
,
solito
frutto
della
solita
immobilità
di
visione
,
darà
inevitabilmente
l
'
impressione
di
essere
disposto
a
tutti
i
compromessi
pur
di
tenersi
aperte
tutte
le
strade
;
e
si
inimicherà
gli
elementi
più
giovani
e
combattivi
giustamente
desiderosi
per
la
somma
stessa
dei
sacrifici
che
la
lotta
richiede
di
una
assoluta
nettezza
di
posizioni
ideali
e
per
salvare
un
passato
ormai
sepolto
comprometterà
l
'
avvenire
,
il
suo
avvenire
,
immiserendo
,
sciupando
questa
grande
battaglia
.
Ciò
che
si
richiede
in
quest
'
ora
è
un
coraggioso
riesame
della
situazione
da
un
punto
di
vista
meno
contingente
che
la
liberi
dagli
accidenti
passeggeri
e
ingannatori
.
Quattro
anni
sono
passati
dall
'
avvento
del
fascismo
al
potere
e
quasi
due
anni
dal
crollo
dell
'
Aventino
.
Noi
non
rammarichiamo
nulla
,
non
accusiamo
nessuno
.
Chiediamo
solo
che
si
vogliano
prendere
una
buona
volta
in
considerazione
le
lezioni
del
passato
;
chiediamo
solo
che
si
abbandoni
l
'
ottimismo
facilone
e
la
fede
inconcussa
nella
legge
del
progresso
indefinito
;
chiediamo
solo
che
gli
oppositori
italiani
,
pur
senza
cadere
nelle
braccia
del
volontarismo
parolaio
,
si
abituino
a
cercare
la
salvezza
più
nelle
forze
proprie
che
nelle
armi
,
più
nella
storia
che
essi
medesimi
imbastiscono
,
che
in
quella
imbastita
dagli
avversari
e
dal
fato
.
Siamo
stanchi
di
vivere
alla
giornata
e
di
essere
tutto
,
fuori
che
noi
stessi
.
Occorre
che
i
socialisti
italiani
tornino
a
essere
loro
,
tornino
cioè
a
battersi
sul
loro
terreno
,
senza
per
questo
rinnegare
e
allontanare
nessuna
forza
efficiente
di
opposizione
,
ma
solo
facendosi
essi
centro
delle
forze
affini
con
un
programma
che
sia
per
lo
meno
socialista
per
l
'
ispirazione
e
per
gli
ispiratori
.
Si
facciano
i
socialisti
,
e
per
essi
il
PSLI
,
gli
iniziatori
dell
'
accordo
fra
i
partiti
di
opposizione
per
la
conquista
di
un
regime
di
integrale
e
agguerrita
democrazia
,
il
cui
nerbo
abbiano
a
essere
le
classi
lavoratrici
.
L
'
ora
incalza
e
le
masse
,
abbandonate
a
loro
stesse
,
brancolano
nel
buio
alla
disperata
ricerca
di
una
luce
,
di
un
segno
di
vita
,
di
ripresa
,
per
piccoli
che
siano
.
Occorre
far
presto
.
Tra
un
anno
potrebbe
essere
tardi
.
Altre
mani
sono
pronte
ad
afferrare
il
bastone
del
comando
.
Il
comunismo
lavora
.
Contrapporre
alla
doppia
concezione
dittatoriale
,
per
quanto
profondamente
diversa
nei
fini
,
una
soluzione
media
che
abbia
come
pernio
il
movimento
socialista
,
come
minimo
comune
denominatore
la
fede
nel
metodo
democratico
,
come
base
essenziale
le
forze
del
lavoro
in
lotta
per
la
loro
emancipazione
,
ecco
ciò
che
occorre
in
quest
'
ora
.
Socialisti
italiani
,
al
lavoro
.
StampaQuotidiana ,
Quando
a
Socrate
,
che
era
in
carcere
in
attesa
del
processo
,
gli
amici
proposero
la
fuga
da
Atene
,
egli
rifiutò
perché
fuggire
sarebbe
stato
azione
ingiusta
nei
confronti
delle
leggi
ateniesi
che
avevano
presieduto
alla
sua
nascita
,
alla
sua
educazione
e
all
'
intera
sua
vita
.
«
Giusto
»
è
,
in
modo
tipico
,
il
comportamento
di
Socrate
:
cioè
,
in
generale
,
di
chi
si
ispira
al
rispetto
delle
leggi
anche
quando
esse
si
rivolgono
contro
il
suo
interesse
privato
.
Ma
che
cosa
accade
quando
le
leggi
stesse
,
cui
si
dovrebbe
obbedire
per
essere
giusti
,
si
ritengono
«
ingiuste
»
?
E
come
si
fa
a
giudicare
,
in
generale
,
se
una
legge
è
«
giusta
»
o
non
lo
è
?
Gli
uomini
hanno
presto
fatto
l
'
amara
esperienza
che
non
tutte
le
leggi
sono
giuste
.
E
per
valutare
la
giustizia
delle
leggi
,
hanno
fatto
appello
a
una
legge
più
alta
,
data
dalla
natura
o
da
Dio
,
che
sarebbe
il
fondamento
di
tutte
le
leggi
umane
.
In
un
passo
famoso
del
De
Republica
,
Cicerone
esaltava
la
legge
eterna
,
razionale
e
conforme
a
natura
che
è
immutabile
in
tutti
i
luoghi
e
in
tutti
i
tempi
ed
è
l
'
espressione
stessa
della
divinità
che
governa
il
mondo
.
E
già
Aristotele
,
in
un
'
illustrazione
rimasta
classica
del
concetto
di
«
equità
»
,
mostrava
come
questa
fosse
la
correzione
che
i
giudici
apportano
alle
imperfezioni
della
legge
positiva
,
mediante
il
ricorso
alla
legge
eterna
della
giustizia
.
Per
duemila
anni
circa
,
questi
fondamenti
del
giusnaturalismo
sono
stati
i
principi
incontestabili
di
ogni
dottrina
del
diritto
.
Quando
,
nel
'600
,
la
ragione
umana
cominciò
a
rivendicare
la
sua
autonomia
nei
confronti
dell
'
ordine
cosmico
e
della
stessa
divinità
,
la
legge
naturale
apparve
come
la
manifestazione
della
ragione
e
Grozio
affermava
che
essa
aveva
la
stessa
necessità
dei
principi
della
matematica
.
Con
ciò
,
essa
non
perdeva
,
ovviamente
,
la
sua
certezza
assoluta
,
ma
mutava
soltanto
il
suo
fondamento
:
che
non
veniva
più
riconosciuto
nell
'
ordine
naturale
o
divino
,
ma
nella
infallibilità
dell
'
umana
ragione
.
La
consolante
credenza
in
un
'
unica
,
immutabile
legge
di
giustizia
ha
continuato
a
permeare
,
anche
dopo
il
tramonto
del
giusnaturalismo
razionalistico
del
'700
,
la
maggior
parte
delle
teorie
filosofiche
del
diritto
,
che
ne
hanno
dato
ora
questa
ora
quella
giustificazione
o
l
'
hanno
in
molti
modi
camuffata
o
mistificata
.
Soltanto
negli
ultimi
decenni
,
ad
opera
di
quella
corrente
che
suol
chiamarsi
«
positivismo
giuridico
»
ma
che
non
ha
niente
a
che
fare
con
il
vecchio
positivismo
e
perciò
meglio
si
chiamerebbe
«
neoempirismo
giuridico
»
,
quella
certezza
è
stata
messa
in
crisi
.
La
crisi
è
il
riflesso
,
nel
campo
della
teoria
del
diritto
,
della
crisi
generale
della
metafisica
cioè
della
credenza
in
elementi
assoluti
,
soprannaturali
,
trascendenti
per
spiegare
il
mondo
della
realtà
umana
.
Quali
sono
le
ragioni
specifiche
della
crisi
?
Il
diritto
naturale
è
stato
invocato
a
fondare
le
leggi
più
disparate
.
Si
è
ricorso
ad
esso
per
giustificare
l
'
autorità
assoluta
dello
Stato
come
per
giustificare
la
lotta
e
l
'
insurrezione
contro
lo
Stato
.
Si
è
fondata
su
di
esso
la
divisione
naturale
tra
schiavi
e
liberi
(
come
fecero
Platone
e
Aristotele
)
e
l
'
uguaglianza
naturale
di
tutti
gli
uomini
(
come
fecero
gli
Stoici
,
i
Cristiani
e
gli
Illuministi
)
.
Si
è
ritenuta
legge
di
natura
che
il
più
forte
prevalga
sul
più
debole
(
come
dicevano
gli
antichi
Sofisti
e
alcuni
moderni
)
e
che
tutti
gli
uomini
debbano
comportarsi
come
fratelli
.
Se
ne
è
vista
l
'
espressione
nella
guerra
belluina
di
tutti
contro
tutti
e
nella
«
solidarietà
»
che
lega
tutti
gli
uomini
fra
loro
.
Si
è
«
dedotto
»
da
esso
l
'
assolutismo
politico
(
Hobbes
)
come
il
liberalismo
(
Locke
e
molti
moderni
)
.
Ma
a
che
può
servire
una
«
legge
unica
ed
eterna
»
che
consente
di
giustificare
le
leggi
positive
più
contrastanti
e
non
permette
di
scegliere
razionalmente
tra
esse
?
È
questo
l
'
interrogativo
che
domina
il
libro
recente
di
una
lancia
spezzata
del
neoempirismo
giuridico
,
il
danese
Alf
Ross
(
Diritto
e
giustizia
;
l
'
edizione
italiana
è
del
1965
)
.
«
Il
diritto
naturale
»
scrive
Ross
«
cerca
l
'
assoluto
,
l
'
eterno
,
ciò
che
deve
rendere
il
diritto
qualcosa
di
più
di
una
creazione
dell
'
uomo
e
che
esonera
il
legislatore
dalle
penose
responsabilità
della
decisione
...
Ma
l
'
esperienza
mostra
che
le
dottrine
costruite
dagli
uomini
su
questo
fondamento
,
ben
lungi
dall
'
essere
eterne
e
immutabili
,
sono
mutate
a
seconda
dei
tempi
,
dei
luoghi
e
delle
persone
.
La
nobile
sembianza
del
diritto
naturale
è
stata
usata
per
difendere
o
combattere
ogni
possibile
tipo
di
richieste
nascenti
da
una
specifica
situazione
di
vita
o
determinate
da
interessi
politici
ed
economici
di
classe
,
dalla
tradizione
culturale
,
dai
suoi
pregiudizi
e
dalle
sue
aspirazioni
.
»
Sotto
quelle
nobili
sembianze
si
cela
perciò
,
secondo
Ross
,
«
una
sgualdrina
che
è
a
disposizione
di
tutti
»
.
Il
risultato
di
quest
'
atteggiamento
è
la
dissociazione
totale
tra
i
concetti
di
«
diritto
»
e
di
«
giustizia
»
.
Le
parole
«
giusto
»
e
«
ingiusto
»
sono
interamente
prive
di
significato
se
riferite
,
non
ad
un
comportamento
,
ma
ad
una
norma
generale
o
ad
un
ordinamento
giuridico
.
L
'
ideologia
della
giustizia
conduce
solo
al
fanatismo
e
al
conflitto
perché
pretende
dar
valore
assoluto
a
interessi
che
si
oppongono
ad
altri
interessi
e
chiude
la
strada
alla
discussione
diretta
a
trovare
una
soluzione
razionale
dei
conflitti
.
Pertanto
dichiarare
ingiusta
una
norma
o
un
riordinamento
giuridico
non
è
un
atto
di
ragione
ma
l
'
espressione
di
una
reazione
emotiva
,
cioè
di
atteggiamenti
o
di
interessi
che
sono
in
contrasto
con
quella
norma
o
non
trovano
in
essa
una
sufficiente
difesa
.
Sembrerebbe
con
ciò
che
ogni
critica
del
diritto
vigente
,
ogni
tentativo
di
modificarlo
o
correggerlo
,
appartenesse
al
dominio
dell
'
irrazionale
e
consistesse
solo
in
una
cieca
lotta
di
interessi
.
Ma
Ross
non
spinge
sino
a
questo
punto
la
sua
coerenza
.
Egli
si
preoccupa
di
stabilire
anche
il
compito
della
«
politica
del
diritto
»
cioè
della
disciplina
di
trasformazione
del
diritto
.
La
politica
del
diritto
concerne
problemi
che
non
sono
,
o
non
sono
soltanto
,
giuridici
perché
appartengono
all
'
economia
,
alla
finanza
,
pubblica
o
privata
,
al
commercio
,
all
'
educazione
,
ai
rapporti
con
gli
Stati
esteri
,
alla
difesa
e
via
dicendo
.
Questi
problemi
devono
ovviamente
essere
trattati
o
elaborati
con
le
tecniche
specifiche
del
campo
cui
appartengono
e
in
base
a
tali
tecniche
vanno
trovate
le
soluzioni
di
essi
.
La
considerazione
giuridica
interviene
soltanto
per
prevedere
,
nei
limiti
del
possibile
,
quali
sono
le
possibilità
di
influenzare
,
nel
senso
previsto
da
quelle
soluzioni
,
le
azioni
umane
mediante
sanzioni
giuridiche
.
E
in
questo
senso
la
politica
del
diritto
è
«
sociologia
giuridica
applicata
»
o
«
tecnica
giuridica
»
.
In
tal
modo
all
'
ideale
di
una
unica
norma
di
giustizia
valida
come
criterio
o
fondamento
di
tutte
le
leggi
si
sostituisce
come
criterio
per
la
valutazione
e
la
correzione
delle
leggi
il
pluralismo
delle
tecniche
invalse
nei
vari
campi
che
sono
,
o
possono
essere
,
oggetto
di
regolamentazione
giuridica
.
Soltanto
queste
tecniche
potranno
infatti
dirci
quali
sono
i
fini
che
nei
campi
rispettivi
è
conveniente
,
o
utile
o
indispensabile
realizzare
;
mentre
la
dottrina
giuridica
ci
dirà
se
,
e
in
quale
misura
,
questa
regolamentazione
,
agendo
sui
comportamenti
,
potrà
condurre
alla
realizzazione
di
quei
fini
.
Ma
se
così
stanno
le
cose
,
può
ancora
dirsi
,
come
vuole
Ross
,
che
dichiarare
«
ingiusta
»
una
legge
significa
semplicemente
abbandonarsi
ad
una
«
reazione
emotiva
»
?
Mettendo
tra
parentesi
l
'
appello
all
'
ideale
assoluto
di
giustizia
del
vecchio
giusnaturalismo
,
affermare
che
una
legge
è
«
ingiusta
»
può
avere
proprio
il
significato
chiarito
da
Ross
,
che
essa
non
risponde
alle
tecniche
del
campo
che
dovrebbe
regolamentare
o
alla
tecnica
causale
delle
sanzioni
.
Se
per
esempio
l
'
esperienza
prova
che
la
pena
di
morte
non
è
un
deterrente
più
efficace
di
altri
,
la
sua
abolizione
diventa
«
razionale
»
perché
fra
l
'
altro
evita
le
conseguenze
fatali
di
un
possibile
errore
giudiziario
.
Norme
legislative
che
aggravano
i
conflitti
invece
di
evitarli
o
risolverli
o
che
impediscono
,
limitano
o
inceppano
attività
che
è
interesse
comune
garantire
e
sviluppare
o
che
negano
ai
cittadini
,
o
a
gruppi
di
cittadini
,
possibilità
che
sono
a
loro
stessi
o
ad
altri
utili
,
convenienti
o
indispensabili
,
possono
ben
dichiararsi
«
irrazionali
»
nel
senso
ristretto
e
specifico
di
questo
termine
.
E
se
per
razionale
s
'
intende
,
non
già
il
dettato
di
una
ragione
infallibile
,
ma
ogni
tecnica
efficace
,
convalidata
e
correggibile
,
di
un
campo
qualsiasi
,
il
vecchio
ideale
della
giustizia
trascendente
e
normativa
si
converte
in
quello
della
razionalizzazione
delle
norme
giuridiche
,
mediante
l
'
adeguazione
a
queste
tecniche
.
Un
compito
limitato
e
fallibile
quanto
si
vuole
,
ma
profondamente
umano
e
impegnativo
,
perché
consente
agli
uomini
di
guardare
con
più
fiducia
al
loro
avvenire
.
StampaPeriodica ,
Il
Partito
Socialista
dei
Lavoratori
Italiani
ha
tenuto
il
suo
Congresso
.
Esso
ha
approvato
il
programma
del
partito
,
ha
votato
un
caldo
appello
all
'
unità
e
ha
concretato
in
una
mozione
della
quale
diamo
qui
di
seguito
(
riportandola
da
«
Giustizia
»
)
la
parte
essenziale
,
il
proprio
pensiero
sulla
situazione
.
Il
Convegno
:
premesso
innanzi
tutto
che
il
Partito
socialista
dei
lavoratori
italiani
procede
nel
vecchio
solco
del
socialismo
marxista
,
che
non
è
un
partito
nuovo
se
non
per
le
dure
vicende
del
nostro
Paese
,
che
aderisce
all
'
Internazionale
socialista
operaia
,
e
mira
alla
conquista
del
potere
politico
dello
Stato
,
per
trasformarlo
,
da
organo
di
oppressione
,
in
organo
di
affrancazione
della
classe
lavoratrice
e
di
tutta
la
società
umana
dal
giogo
del
sistema
capitalistico
;
approvata
la
dichiarazione
programmatica
intorno
ai
metodi
e
ai
fini
dell
'
azione
del
partito
;
riconfermata
nei
rapporti
con
la
dittatura
fascista
quell
'
assoluta
opposizione
che
ebbe
nell
'
Aventino
la
sua
più
alta
espressione
morale
;
constatato
che
il
fascismo
,
malgrado
non
possa
semplicisticamente
identificarsi
in
un
puro
fatto
di
reazione
borghese
e
capitalistica
,
ha
trovato
il
suo
maggiore
appoggio
nei
ceti
più
retrivi
del
privilegio
economico
e
il
suo
strumento
nella
complice
acquiescenza
alla
distruzione
del
regime
costituzionale
da
parte
di
chi
doveva
maggiormente
difenderlo
;
ritenuto
perciò
che
la
crisi
scatenata
dal
fascismo
,
essendo
nel
più
alto
senso
istituzionale
e
riproponendo
quindi
tutti
i
problemi
della
vita
dello
stato
,
non
si
supererà
con
un
semplice
ritorno
allo
statu
quo
ante
;
dichiarata
ancora
una
volta
la
sua
fede
nel
metodo
democratico
virilmente
inteso
e
difeso
,
quale
strumento
di
civili
competizioni
di
classi
e
di
partiti
;
afferma
che
un
'
opposizione
integrale
ed
efficiente
al
fascismo
deve
appoggiarsi
principalmente
e
necessariamente
sul
proletariato
manuale
e
intellettuale
e
impegna
tutti
i
suoi
aderenti
alla
più
intensa
propaganda
dei
seguenti
principii
(
segue
un
riassunto
della
«
dichiarazione
programmatica
»
)
.
Questa
mozione
segna
,
a
nostro
parere
,
un
notevole
passo
sulla
via
della
chiarificazione
politica
della
situazione
oppositrice
.
Per
la
prima
volta
in
un
documento
ufficiale
del
Partito
Socialista
dei
Lavoratori
Italiani
troviamo
affermati
in
modo
chiaro
ed
esplicito
alcuni
punti
essenziali
da
noi
sempre
sostenuti
.
Per
la
prima
volta
troviamo
riconosciuto
il
nerbo
della
futura
opposizione
italiana
che
deve
essere
e
non
può
non
essere
il
proletariato
manuale
e
intellettuale
.
Ci
piace
soprattutto
la
netta
impostazione
della
lotta
,
come
lotta
per
un
rinnovamento
radicale
,
sostanziale
della
vita
politica
;
la
ribellione
al
vecchio
regime
nel
quale
stanno
le
cause
prime
e
profonde
dei
mali
che
ci
affliggono
;
la
sensazione
che
si
vuol
dare
che
i
socialisti
sono
sempre
più
decisi
a
rinnegare
i
compromessi
aprioristici
dando
alla
battaglia
quella
nettezza
di
posizioni
ideali
che
solo
è
capace
di
suscitare
le
forti
passioni
e
i
grandi
sacrifici
che
l
'
ora
impone
ai
non
conformisti
attivi
.
Una
simile
impostazione
discende
direttamente
,
d
'
altronde
,
da
quella
realistica
visione
del
fenomeno
fascista
che
«
Il
Quarto
Stato
»
ha
sempre
sostenuto
e
alla
quale
il
Congresso
nella
sua
grande
maggioranza
ha
decisamente
aderito
.
Il
fascismo
non
è
cioè
un
semplice
fatto
di
reazione
borghese
;
esso
assume
caratteri
tutti
suoi
particolari
e
inconfondibili
in
relazione
al
clima
storico
nel
quale
e
dal
quale
si
è
sviluppato
.
Esso
è
il
logico
sbocco
di
tutta
la
vita
italiana
;
è
la
sintesi
dei
mali
antichi
e
recenti
di
un
paese
di
scarsa
educazione
politica
,
povero
e
capitalisticamente
arretrato
,
dove
la
libertà
conquistata
da
esigue
minoranze
attraverso
transazioni
e
rinuncie
restò
estranea
alla
coscienza
generale
,
dove
si
ebbero
tutte
le
degenerazioni
del
sistema
democratico
parlamentare
senza
che
mai
fosse
esistita
una
vera
democrazia
e
un
vero
parlamento
,
dove
al
di
là
dello
scenario
di
cartone
della
sovranità
popolare
il
potere
di
fatto
sempre
risiedette
nelle
mani
di
una
ristretta
oligarchia
facente
capo
al
potere
esecutivo
,
al
partito
di
corte
,
alla
burocrazia
e
a
taluni
gruppi
plutocratici
settentrionali
,
dove
insomma
difettarono
le
condizioni
elementari
per
il
sorgere
e
l
'
affermarsi
di
una
salda
coscienza
politica
.
Accettato
questo
punto
di
vista
si
pone
inevitabilmente
il
problema
di
risalire
alle
cause
del
fenomeno
senza
arrestarsi
alle
pure
manifestazioni
esteriori
e
patologiche
di
esso
,
di
impostare
la
battaglia
in
modo
integrale
,
di
riesaminare
realisticamente
la
situazione
e
le
forze
oppositrici
,
di
formulare
un
programma
di
opposizione
che
non
abbia
solo
riguardo
al
lato
negativo
(
l
'
antifascismo
)
ma
anche
al
positivo
(
il
post
-
fascismo
)
in
guisa
da
dare
il
la
per
la
ripresa
e
da
orientare
finalmente
le
masse
brancolanti
da
due
anni
nel
buio
.
Quanto
al
problema
dell
'
unità
socialista
il
Congresso
ha
votato
un
ordine
del
giorno
che
documenta
l
'
importanza
che
i
compagni
del
PSLI
vi
attribuiscono
.
Il
Congresso
auspica
che
«
in
questa
dura
vigilia
i
socialisti
italiani
vogliano
comporsi
a
unità
nell
'
orbita
della
Internazionale
,
affratellandosi
nell
'
azione
»
.
L
'
unica
condizione
è
quindi
che
l
'
unità
si
faccia
nell
'
Internazionale
.
I
socialisti
coi
socialisti
,
i
comunisti
coi
comunisti
,
tornano
a
ripetere
i
compagni
del
PSLI
,
convinti
che
il
movimento
italiano
non
potrà
alla
lunga
sfuggire
a
quella
netta
separazione
di
compiti
che
si
è
compiuta
in
tutti
i
paesi
tra
i
partiti
affigliati
all
'
Internazionale
socialista
e
a
quella
comunista
e
che
ha
eliminato
prima
o
poi
tutte
le
formazioni
intermedie
.
Allo
stato
attuale
delle
cose
,
posti
di
fronte
alla
situazione
che
si
va
purtroppo
profilando
nel
partito
massimalista
,
dobbiamo
riconoscere
che
non
è
possibile
sfuggire
a
questa
impostazione
del
problema
.
Infatti
il
partito
massimalista
,
dopo
tre
o
quattro
anni
di
scissioni
a
ripetizione
,
dopo
aver
tagliato
,
epurato
,
espulso
,
si
ritrova
come
dopo
Livorno
,
come
dopo
Roma
,
in
balia
di
correnti
inconciliabili
.
Da
un
lato
tornano
fuori
da
un
letargo
biennale
i
terzinternazionalisti
,
assai
più
numerosi
del
previsto
,
che
richiedono
a
gran
voce
una
«
dignitosa
»
adesione
all
'
Internazionale
di
Mosca
;
dall
'
altro
i
cosidetti
defensionisti
costretti
a
prendere
una
posizione
intermedia
tra
Mosca
e
Zurigo
,
aderiscono
a
un
Bureau
parigino
tanto
scarno
di
partiti
aderenti
quanto
di
possibilità
di
sviluppo
,
specie
ora
che
l
'
unico
partito
efficiente
che
vi
aderisce
il
norvegese
è
sulle
soglie
di
uscirne
.
In
tale
situazione
,
di
fronte
al
nuovo
rafforzarsi
del
terzinternazionalismo
,
si
spiega
perfettamente
che
il
desiderio
di
unità
socialista
espresso
dal
Congresso
del
PSLI
abbia
trovato
nel
problema
internazionale
il
suo
criterio
limite
.
Diciamo
:
sincero
desiderio
di
unità
,
e
non
appello
demagogico
senza
fondamento
nei
fatti
e
nei
desideri
.
La
riprova
ci
è
data
dal
fatto
che
i
compagni
del
PSLI
pur
avendo
approvato
una
lunga
dichiarazione
programmatica
della
quale
avremo
occasione
di
occuparci
,
si
sono
rifiutati
,
come
taluno
invece
proponeva
,
di
reclamare
l
'
unità
sulla
base
della
dichiarazione
medesima
.
Giustamente
ritenendo
che
l
'
unità
può
derivare
solo
da
reciproche
transazioni
e
che
il
programma
votato
non
potrebbe
in
ogni
modo
essere
accettato
a
priori
e
in
toto
dai
socialisti
di
sinistra
.
Ci
voleva
l
'
ingenuità
(
o
altro
)
del
Comitato
di
Difesa
Socialista
per
dichiararsi
favorevolissimo
all
'
unità
...
nel
massimalismo
sulla
base
del
programma
di
Bologna
!
Queste
dunque
le
premesse
e
le
promesse
del
Congresso
unitario
che
trovano
«
Il
Quarto
Stato
»
in
buona
parte
consenziente
.
Ma
i
fatti
?
Cosa
si
propongono
in
concreto
di
fare
i
nuovi
dirigenti
del
partito
per
impedire
che
il
Congresso
abbia
a
ridursi
alla
consueta
accademia
,
e
la
volontà
virile
di
lotta
in
esso
manifestatasi
rimanga
allo
stato
potenziale
?
Quale
lo
sbocco
concreto
,
quale
la
piattaforma
di
lotta
,
quali
gli
obiettivi
immediati
?
Che
cosa
si
propone
di
fare
questo
partito
,
per
porre
fine
all
'
indecoroso
,
dannosissimo
atomismo
dell
'
opposizione
italiana
divisa
in
sette
gruppi
sovente
in
rissa
tra
loro
?
È
favorevole
o
meno
alla
concentrazione
di
sinistra
socialista
repubblicana
?
Che
cosa
intende
contrapporre
sul
terreno
programmatico
al
programma
comunista
?
Silenzio
su
tutta
la
linea
.
Su
tutte
queste
questioni
molto
concrete
la
mozione
non
dice
nulla
.
E
qui
sta
il
suo
massimo
difetto
,
la
sua
maggiore
lacuna
.
Se
il
silenzio
derivasse
solo
da
una
comprensibile
riserva
a
mettere
in
piazza
questioni
gelose
come
quelle
sopraccennate
,
ci
asterremmo
da
ogni
rilievo
critico
.
Ma
noi
crediamo
che
sia
piuttosto
vero
il
contrario
.
Che
non
si
dica
nulla
perché
nulla
per
ora
si
creda
utile
di
poter
fare
;
che
il
silenzio
perduri
soprattutto
a
causa
della
mentalità
di
taluni
dei
capi
più
autorevoli
,
rispettati
e
rispettabili
del
PSLI
contrari
a
tutti
gli
irrigidimenti
,
desiderosi
di
conservare
i
contatti
con
tutte
le
forze
di
opposizione
,
ansiosi
di
mantenere
aperte
tutte
le
vie
,
tutte
le
porte
,
per
tutte
le
soluzioni
,
in
nome
di
una
nuova
originale
forma
di
intransigenza
:
quella
delle
transigenze
.
Non
crediamo
che
sia
il
caso
di
criticare
per
l
'
ennesima
volta
questa
che
fu
ironicamente
definita
come
una
forma
incomprensibile
di
malthusianismo
politico
.
Ci
sia
solo
permesso
di
osservare
che
sta
bene
volersi
tenere
aperte
tutte
le
porte
evitando
i
programmi
troppo
assoluti
e
le
troppo
astratte
pregiudiziali
,
ma
purché
si
tratti
di
porte
reali
,
attuali
,
che
diano
adito
a
strade
capaci
di
essere
percorse
con
una
qualche
utilità
dalle
forze
socialiste
;
e
non
invece
di
porte
e
di
strade
tutte
e
solo
potenziali
create
dalla
fantasia
.
E
d
'
altra
parte
si
vorrà
pur
riconoscere
che
a
un
certo
punto
occorrerà
bene
decidersi
a
spalancare
una
porta
e
a
imboccare
una
via
;
perché
,
per
voler
tenere
in
perpetuo
tutte
le
porte
contemporaneamente
aperte
,
si
corre
il
rischio
di
vedersele
sbattere
una
per
una
sul
naso
,
così
da
rimanere
per
l
'
eternità
appiccicati
alla
soglia
,
poveri
postulanti
in
attesa
del
fatto
nuovo
rivoluzionario
che
eliminando
il
fascismo
elimini
anche
il
problema
oppositore
.
Ma
preferiamo
per
ora
non
insistere
su
questo
punto
.
Sul
terreno
concreto
delle
cose
noi
vedremo
se
le
premesse
e
le
promesse
sopra
ricordate
sono
una
platonica
concessione
alle
esigenze
dell
'
ora
o
il
punto
di
partenza
per
quella
ripresa
dell
'
opposizione
italiana
imperniata
nel
movimento
socialista
per
la
quale
ci
battemmo
fino
dal
primo
numero
di
questo
foglio
.