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StampaQuotidiana ,
Sebbene fosse aspettata , dopo parecchi giorni di dolorose alternative , ieri la morte di Leone XIII produsse viva impressione ed il giornale uscito qualche ora dopo pervenuto l ' annunzio ufficiale venne avidamente letto da tutti . Iersera , poiché il Municipio non aveva ricevuto comunicazione ufficiale dell ' avvenimento , ebbe luogo il consueto concerto al Foro Umberto I , dove del resto intervenne , come al solito , poca gente . Un gruppo di giovani cattolici verso le 10 si recò alla marina e protestò con una dimostrazione perché non si era sospeso il concerto . Un altro gruppo , di opposto avviso , fece una contro dimostrazione . Intervenne il commissario cav . Damiani che indusse i dimostranti ad allontanarsi ; e così l ' incidente non ebbe più seguito .
IL FASCISMO E SOCIALISMO: AUTOCRITICA ( ROSSELLI CARLO , 1926 )
StampaPeriodica ,
È nella sventura che si misurano gli uomini . È nella sconfitta che il movimento socialista italiano darà la prova migliore della sua forza e della sua vitalità . Bisogna però che esso si imponga un coraggioso esame di coscienza , che esso addivenga alla più spietata delle autocritiche . Perché fummo battuti ? Ecco la domanda fondamentale che dobbiamo porci e che esige una chiara risposta . Il sapersi rendere ragione della sconfitta è già un primo passo sulla via della rivincita . Chi nasconde il capo sotto l ' ala e si trincera dietro il dadà della « reazione internazionale » , o si limita semplicemente a considerare il fascismo come il figlio legittimo e necessario del regime capitalistico , come una tappa fatale lungo il calvario socialista , dà prova di poca forza morale e mostra di non aver nulla appreso dalla lezione di questi anni . Le ragioni della disfatta non vanno infatti tanto cercate negli avvenimenti esteriori delle forze che sfuggono per definizione al nostro controllo , quanto in noi stessi . Siamo noi gli autori e del nostro bene e del nostro male . Coloro che si rifugiano nel determinismo pseudo marxista per giustificare il loro stato di passivismo e di supina rassegnazione , coloro che attendono la salute dagli errori degli avversari e dal fatale svolgersi delle cose , mostrano di non aver inteso lo spirito profondo di Marx , che è uno spirito di combattimento , e davvero non si capisce che stiano a fare nei partiti e nelle organizzazioni . Perché fummo dunque battuti ? Le cause sono tante e così complesse che vano sarebbe volerne fare l ' elenco . Si tratta qui più di porre che di risolvere il problema . È indubbio che alcune di queste cause erano per natura loro incontrollabili e immodificabili , per lo meno in breve giro di anni , e risiedevano e tuttora risiedono nel costume nazionale . Secoli di storia non si cancellano in pochi lustri di predicazione socialista ; e l ' italiano è ancora troppo figlio del passato per potersi considerare popolo moderno . L ' Italia è un paese capitalisticamente arretrato , povero , disarticolato nelle sue parti , politicamente ineducato , affetto da provincialismo congenito nel quale si ci illuse di avere elevato nel corso di una generazione quel grandioso edificio socialista che alla prova dei fatti non poteva non rivelarsi terribilmente fragile nelle sue basi . Fragile nelle sue basi perché un movimento socialista degno di questo nome e improntato alla pura ideologia marxista ( come tentò invano di esserlo il nostro ) è possibile solo là dove la vita economica così industriale che agricola è grandemente sviluppata , là dove si sono superate le colonne d ' Ercole del salario di sussistenza , là dove la rivoluzione borghese ha posto su solide basi nello Stato « nazionale » il regime rappresentativo e ha definitivamente affermate le libertà politiche . Ora in Italia difettavano in gran parte tali condizioni . Per quanto l ' evoluzione industriale del Nord andasse foggiando un proletariato urbano ormai consapevole della sua storica funzione , l ' Italia è ancor oggi un paese prevalentemente agricolo che male si presta , specie nel centro e nel meridione , all ' affermarsi di un movimento socialista ispirato alla ideologia marxista ; la quale , sia detto di sfuggita , si volle sin dai primordi dovunque affermare senza alcuna elasticità e intelligenza , specie nelle zone rurali . L ' Italia è un paese nel quale non si ebbero mai le grandi lotte di religione che costituirono dovunque ( sia pure nonostante e contro la volontà delle parti in lotta ) il massimo livello dei regimi liberali e la più sicura garanzia del principio di tolleranza e del rispetto di un minimo comune denominatore di civiltà ; è un paese nel quale le libertà politiche conquistate durante il Risorgimento , per opera di una ristretta élite borghese e patrizia , rimasero sempre patrimonio di pochi . Purtroppo in Italia la conquista di quello che a giusto titolo è considerato il sommo bene dei popoli a civiltà occidentale , non è legata a nessun moto di masse capace di adempiere ad un ruolo mitico e ammonitore . La massa fu assente nelle battaglie per l ' indipendenza e per le libertà politiche . La libertà italiana è figlia di transazioni , di adattamenti e di taciti accomodamenti . Il proletariato non ha conquistato a prezzo di sforzi e di sacrifici personali la « sua » libertà . Fu troppo breve il suo tirocinio nella lotta per il diritto di organizzazione , e il suffragio universale apparve una gratuita concessione e non una conquista cosciente . E siccome non si ama e non si difende se non ciò per cui molto si è lottato e sacrificato , così era fatale che la classe lavoratrice , che nei paesi evoluti è giustamente la più vigile e interessata custode del metodo democratico , dovesse da noi assistere quasi inerte alla negazione di valori supremi che apparivano purtroppo estranei alla sua coscienza . Ora è qui che si annida uno dei massimi errori del nostro movimento su cui tanto insistettero uomini come Arturo Labriola e Gaetano Salvemini . Il suo compito precipuo doveva essere appunto quello di reagire a tali condizioni ambientali , di adeguare la sua teoria , la sua propaganda e la sua azione al clima storico del nostro paese , di porre prima salde le basi morali e politiche per un fruttuoso lavoro socialista . Invece il partito socialista non valutò al suo giusto valore il problema politico , fu travolto dalla strepitosa vittoria del 1900 ottenuta così a buon mercato in una lotta che di fatto interessò solo le aristocrazie operaie del Nord , si illuse che fosse ormai definitivamente acquisito ciò che altrove era stato il frutto di lotte lunghissime e di rivoluzioni sanguinose , e non seppe condurre dopo il '900 la grande battaglia per le libertà e le fondamentali conquiste politiche in nome e in pro dell ' intero proletariato . Si perse da un lato nel rivoluzionarismo verboso e astratto , dall ' altro degenerò troppo spesso nel corporativismo e nel gretto riformismo , barattando inconsapevolmente i valori supremi per il classico piatto di lenticchie abilmente presentato dal Giolitti . L ' esercizio del voto , la progressiva partecipazione alla vita pubblica , le lotte parlamentari , presero sempre più il sapore di atti di normale amministrazione . La concezione gradualistica e pacifista del divenire socialistico ripugnò generalmente , allontanò i migliori o li condusse alle esagerazioni estreme . Il senso dell ' eroico , lo spirito di sacrificio e di abnegazione , la coscienza dei valori universali pei quali il socialismo lottava si andarono così sempre più oscurando . Le conseguenze inevitabili non tardarono a manifestarsi . Così che oggi siam quasi tratti a pensare che forse fu necessaria questa tragedia perché il socialismo italiano rimettesse in onore i valori morali , si riaccostasse alla realtà e prendesse nozione finalmente delle grandi questioni politiche . Si tratta ora di ricominciare da capo , con animo nuovo , ricchi della esperienza del passato , forti di una fede che ha ormai superato tutte le prove .
IL FANATISMO ( Abbagnano Nicola , 1965 )
StampaQuotidiana ,
Una parte almeno del compianto unanime che ha accolto la morte di Churchill è certo dovuta a un tratto della sua figura che è il meno frequente nei personaggi storici : Churchill è stato un capo senza essere un fanatico . Churchill non si è mai sentito « l ' uomo della provvidenza » o « del destino » . Le responsabilità che si è assunto nei momenti più critici della storia contemporanea , il peso decisivo delle sue scelte e della sua condotta di uomo politico , il successo che ha coronato la sua opera non gli hanno fatto ritenere d ' essere un uomo privilegiato , investito di una missione nel cui compimento nessuno potesse sostituirlo e di fronte alla quale la comune umanità valesse soltanto come mezzo . La figura di Churchill è , da questo punto di vista , la più ovvia smentita alla credenza che l ' azione efficace , il coraggio e la resistenza alle forze avverse possono essere alimentati e sostenuti soltanto dal senso di una investitura dall ' alto e dalla certezza di essere lo strumento unico e privilegiato di un disegno super - umano . Tuttavia la credenza nel carattere praticamente benefico del fanatismo , nella sua capacità di valere come una leva potente per muovere masse e individui , infiammarli di sacro entusiasmo , renderli insensibili a sacrifici e rinunce , e portarli alla realizzazione di scopi grandiosi ( o ritenuti tali ) , è ancora abbastanza diffusa e si lascia talora intravedere nei discorsi di politici o di capipartito . In un passato recente , la parola aveva perfino perduto , nell ' uso di certi partiti politici , la connotazione negativa che i dizionari solitamente le attribuiscono , per essere esaltata come un merito del seguace zelante e del credente a tutta prova . E per quanto oggi l ' esaltazione esplicita del fanatismo sia difficile a trovarsi o si presenti in forma camuffata ( come quando si è detto : « L ' estremismo nella difesa della libertà non è un vizio ; la moderazione nel conseguimento della giustizia non è una virtù » ) , una certa nostalgia per il fanatismo e un certo rispetto superstizioso ( che è a sua volta fanatico ) verso di esso serpeggiano ancora nei vari campi della cultura e in certi angoli dell ' opinione comune . Ciò accade perché il fanatismo sembra , in primo luogo , una testimonianza resa alla verità , anzi alla Verità unica ed assoluta , di cui il fanatico si ritiene il depositario , l ' interprete e il realizzatore . Questo atteggiamento sembra l ' opposto di quello dello « scettico » o , come anche si dice , del « cinico » che non crede a nulla o non prende nulla sul serio e perciò è incapace di rendere omaggio alla verità ed impegnarsi per essa . In secondo luogo il fanatico non ha bisogno di argomenti o di « ragioni » per credere nella sua verità . Gli argomenti o le ragioni sono spesso deboli o di esito incerto : possono venire controbattuti , bilanciati o distrutti da altre ragioni ; e sotto questo aspetto la convinzione razionale , che è aperta alle critiche e ne tiene conto , appare , come strumento d ' azione , assai più debole e vacillante della persuasione fanatica che condanna chi la possiede all ' entusiasmo perpetuo . In terzo luogo , il fanatismo è per sua natura collettivo e pandemico ; tende a diffondersi da individuo a individuo , a travolgere o a rendere insignificante il dubbio privato , a fondere gli individui nell ' unità di una massa anonima e compatta che può agire come forza d ' urto . Sono , questi , i vantaggi teorici e pratici del fanatismo ; e sarebbero vantaggi importanti , se fossero veri . Sono invece fittizi . La verità , e specialmente la Verità con la V maiuscola , che dovrebbe essere ( se ci fosse ) una forza spirituale che agisce o si manifesta soltanto nei poteri più alti , più difficili e più rari di cui l ' uomo dispone , non ha nulla a che fare con il fanatismo che è più agevolmente suscitato da viete superstizioni e da rozze credenze . Anzi , il fatto dimostra che non c ' è superstizione così grossolana , credenza così infondata , ideale così balordo che non abbia trovato o non trovi i suoi fanatici e che non possa essere assunto come insegna di violenze e persecuzioni contro coloro che non lo condividono . Ciò che il fanatismo chiama « verità » non è che un pretesto per attribuirsi un potere sovrano nei confronti delle credenze e della vita degli altri . Essere fedeli alla verità significa essere disposti a cercarla , a riconoscerla dovunque si presenti , sia in noi che negli altri , anche quando non ci torna comodo , significa adoperare strumenti adatti a questo fine , correggere o rettificare le proprie opinioni e abbandonarle , sia pure con sforzo , quando la verità lo richieda . Questo atteggiamento implica , non già la certezza di un possesso infallibile , ma il dubbio incessante , la critica , uno scetticismo metodico e ( perché no ? ) anche un certo cinismo che fa dire pane al pane e vino al vino e non si lascia incantare dalle parole solenni e dal manto di porpora degli ideali fittizi . Esso consiste nell ' esercizio della ragione e delle sue tecniche , quali si sono venute costituendo nei vari campi del sapere , sul fondamento della loro continua revisione e correzione . Kant giustamente ritenne il fanatismo , sotto questo aspetto , « la trasgressione dei limiti della ragione umana » : cioè il non tener conto dei limiti e delle imperfezioni delle nostre capacità d ' indagine e di accertamento , perciò l ' identificare se stessi con la voce della verità e della giustizia e ritenere che tutto il resto dell ' umanità sia dalla parte dell ' errore e del male . Certamente , per questi stessi limiti , la ragione umana è una debole forza : gli argomenti di cui si avvale , le prove che adduce , le conclusioni che raggiunge , sono continuamente soggette alla revisione e alla critica e possono essere corrette o confutate . Ma proprio da questa debolezza essa ricava la sua forza . La critica che smonta un argomento rafforza il potere di critica , la prova che confuta un ' altra prova è un passo in avanti rispetto all ' altra ; una conclusione corretta o sostituita con un ' altra contiene una maggiore garanzia di validità . Anche se , per un ' ipotesi inverosimile , tutto ciò che la ragione umana ha conseguito finora si rivelasse privo di fondamento , questa conquista negativa della ragione sarebbe un segno della sua forza , perché costituirebbe la premessa di un ' opera costruttiva più valida . Ma una « verità » fanaticamente accettata non può subire correzioni ed aggiunte ; teme le critiche e persino la tepidezza dell ' entusiasmo ; è fragile nei confronti dei dubbi e cade di colpo alla prima occasione . Cade senza lasciare nulla , se non forse un atteggiamento fanatico , provvisoriamente disoccupato o alla ricerca di nuovi pretesti . Come già diceva Locke , che ci dette nella quarta edizione del Saggio ( 1700 ) la prima celebre critica del fanatismo , questo è un fuoco fatuo . E alla prima occasione , la fusione delle masse o dei gruppi fanatici , l ' entusiasmo travolgente che era parso una poderosa forza d ' urto , si scioglie o si spegne come un fuoco fatuo e non lascia dietro di sé che il caos o il deserto . Non si può far conto sui fuochi fatui per illuminare il difficile cammino dell ' umanità nel mondo : occorre che l ' umanità cerchi e trovi altri mezzi di orientamento e che questi mezzi possano costantemente essere corretti e migliorati . La convinzione ben radicata dei limiti dell ' uomo e la disposizione che ne deriva all ' ironia , alla pietà e alla solidarietà umana sono , come già avevano visto gli analisti del '700 ( Shaftesbury , Voltaire , Kant ) , i migliori correttivi del fanatismo e alcuni dei costituenti essenziali della nostra civiltà . La tentazione del fanatismo si presenta ogni qualvolta si tende a trasformare gli ideali umani anche più nobili ( per esempio la libertà o la giustizia ) in fini assoluti ai quali la comune umanità va senz ' altro sacrificata . Cerchiamo di ricordare che tali ideali sono invece sempre e soltanto strumenti : strumenti che l ' uomo ha escogitato , e che può e deve correggere , per sopravvivere come uomo e vivere in pace .
StampaQuotidiana ,
Dopo una lunga discussione sulla mozione del deputato Bissolati per una inchiesta sulla gestione del ministro della P . I . , dal 1901 al 1903 , il Presidente della Camera dei Deputati annunzia che in adempimento del mandato conferitogli dalla Camera ha chiamato a far parte del comitato incaricato di procedere all ' inchiesta sull ' amministrazione dell ' on . Nasi , gli on . Berenini , Cappelli , Chiapusso , Gorio e Guicciardini .
LA CONDIZIONE DEI MINATORI INGLESI ( ROSSELLI CARLO , 1926 )
StampaPeriodica ,
La grande battaglia che la classe operaia inglese sta conducendo in Inghilterra è di un così palpitante interesse ed è così gravida di conseguenze nell ' uno o nell ' altro senso , che la penna trema a buttar giù le prime impressioni . Chi ha visitato i distretti minerari inglesi , chi ha conosciuto anche per brevi ore tutte le durezze del lavoro sotterraneo , chi soprattutto ha visto coi propri occhi quale mirabile impiego facciano gli operai dei loro disputati incrementi salariali , non può non ribellarsi sentendo ragionare di diminuzione di salario e d ' aumento di orari . Chi scrive provò forse la più grande impressione della sua vita visitando i paesi di minatori del Galles del Sud , oggi alla testa della battaglia ; ed ebbe chiara e forte come non mai la visione e la fede nella incontenibile ascesa di una massa che aspira alla piena autonomia anche nel governo dell ' industria . Vi sono due aspetti in questa battaglia , che è un ritorno all ' azione diretta dopo le delusioni dell ' esperimento di governo , che vanno tenuti distinti : dal lato strettamente economico è indubitato che li operai , proprio obbiettivamente , hanno ragione . Il tono stesso della stampa liberale e conservatrice , ben altrimenti feroce in altre occasioni , se depone a favore del tradizionale equilibrio anglosassone , dice anche chiaramente quale sia il giudizio dell ' opinione pubblica . In sostanza si chiede agli operai una somma non indifferente di sacrifici al solo scopo di assicurare un profitto ai proprietari di miniere , a quei proprietari di miniere che lo stesso governo conservatore ha proclamato incapaci di condurre razionalmente l ' industria ; ma non si vuoi dar loro una seria garanzia che l ' auspicata riorganizzazione venga conseguita al più presto a spese evidentemente di essi proprietari , tagliando i rami secchi ed imponendo le necessarie fusioni . Se i proprietari , dicono i minatori , non sono stati capaci sinora , malgrado gli infiniti ammonimenti e le ripetute pressioni ( ricordate il progetto nazionalizzatore di Lloyd George ? ) di riorganizzare l ' industria , e non sono in grado di assicurarci un decente tenore di vita , si facciano allora da parte e cedano il campo a noi che ci sentiamo ormai capaci e degni di gestire l ' industria nell ' interesse generale . Dal lato politico certo la questione è più complessa , e ingenuo sarebbe sostenere , al punto a cui son giunte le cose , che si tratta di un conflitto puramente economico . Siamo di fronte ad una battaglia storica , magnifica per serietà , disciplina e compattezza , gravida di conseguenze per molti anni avvenire ( a meno di una rapida soluzione transazionale ) che non potrà non avere un grande sbocco sul terreno politico ; battaglia che certo pone a dura prova il regime liberale inglese da ogni punto di vista . Ma ridicola è l ' accusa di sovvertimento della costituzione lanciata all ' ultima ora contro il colosso unionistico ; esso è in realtà il grido angosciato di Odilon Barrot : « la légalité nous tue ! » ; è il terrore borghese contro il minaccioso avanzarsi delle forze del lavoro armate di quelle armi che esse seppero conquistarsi in un secolo di lotta per far trionfare un principio rivoluzionatore nella vita collettiva . E se chiamiamo sovversive le organizzazioni operaie che si valgono del diritto di sciopero assicurato dalla legge , come dovremmo chiamare allora coloro che per quattro anni , sovvertirono la vita del mondo per interessi particolari scatenando una guerra tremenda per sacrifici materiali , morali e spirituali ; che porta nel suo seno le cause di molti mali attuali ? Guai però se la vittoria trade unionista , che noi auspichiamo piena ed intera , dovesse restare priva di conseguenze nel campo politico ! Quanto maggiore un eventuale successo , tanto maggiori i pericoli . L ' esperienza italiana dopo l ' occupazione delle fabbriche ci ammonisce che in certe ore decisive rimangono vane o peggio tutte le vittorie che non pongono capo ad una conquista o per lo meno ad un ferreo controllo del centro direttivo , anche quando questo centro sia dotato di poteri relativamente così limitati come in Inghilterra il potere esecutivo . Certo si è che per il socialismo mondiale questa battaglia inglese ha un enorme valore sperimentale : essa ci dirà in sostanza se la democrazia borghese permette il graduale e possente avanzarsi delle forze del lavoro .
IL «SIGNIFICATO» DELLA VITA ( Abbagnano Nicola , 1965 )
StampaQuotidiana ,
Viktor Frankl , un medico psichiatra che passò parecchi anni nel campo di concentramento di Auschwitz , racconta che il desiderio di riscrivere un libro il cui manoscritto gli era stato confiscato e distrutto al suo ingresso nel campo , fu il fattore decisivo che gli consentì di sopravvivere , mentre intorno a lui soccombevano molti suoi compagni di prigionia dotati di robustezza fisica maggiore . Questo fatto , che non è isolato , sembra mostrare che , quando la vita ha un significato , è più facile per l ' uomo sopportarne i pericoli e le durezze e che perciò il problema del significato della vita è , per ogni uomo , il problema fondamentale , quello da cui dipendono la sua sopravvivenza , il suo equilibrio e la sua felicità . Ma questo problema ha , rigorosamente parlando , un « significato » ? In un libro recente Huston Smith , professore di filosofia nel Massachusetts Institute of Technology ( Condemned to Meaning , New York , 1965 ) , ha messo in luce la situazione paradossale in cui si trova oggi la filosofia di fronte a questo problema . Da un lato gli antropologi , gli psicologi , i teologi e i filosofi esistenzialisti riconoscono l ' autenticità del problema e lo ritengono ineludibile , anche se le soluzioni da essi apprestate sono diverse e non convincenti . Dall ' altro lato ( e soprattutto nei paesi anglosassoni ) i filosofi analisti ritengono che il problema del significato della vita sia uno pseudo - problema derivante dall ' uso improprio della parola « significato » : la quale appartiene alla sfera linguistica , per cui si può parlare del significato di un termine o di una espressione , non della vita nel suo complesso . I primi considerano solo il significato esistenziale , i secondi solo il significato linguistico : i primi si occupano delle situazioni della vita , dei problemi che esse presentano e delle soluzioni che prospettano ; i secondi si occupano delle situazioni linguistiche , delle loro confusioni e delle possibilità di chiarirle . Il libro di Huston Smith vuole in qualche modo mediare i due punti di vista che abitualmente rimangono separati e non entrano neppure in dialogo : intende mostrare che una trattazione analitica è possibile , entro certi limiti , anche nella sfera del problema che concerne il significato della vita . Ovviamente , questo tentativo suppone che tale problema sia autentico , cioè che non si riduca a una confusione linguistica . Huston Smith ritiene che l ' autenticità di esso risulta provata dall ' importanza che il problema riveste nella vita di ogni uomo : perché la perdita o l ' assenza di significato , cioè di uno scopo per cui valga la pena di vivere , lottare e soffrire , determina spesso ( come psicologi e antropologi mettono in luce ) squilibri , infelicità e pazzia o , nel migliore dei casi , la perdita o la diminuzione del gusto di vivere . Egli ha perciò dato al suo libro il titolo Condannato al significato : una espressione di Merleau - Ponty , riferita all ' uomo , che significa l ' impossibilità per l ' uomo di vivere senza dare un significato alla vita . Ma Smith ritiene pure che il significato della vita l ' uomo deve in qualche modo costruirlo : cioè che esso non è un dato , ma un risultato da ottenere attraverso un ' attività che investe le manifestazioni della vita e le porta a ordinarsi e organizzarsi in modo da costituire modelli significanti . E come Kant parlò di categorie intellettuali che presiedono alla nostra costruzione del mondo conoscitivo , così Smith parla di categorie di significati che permettono all ' uomo di organizzare la struttura delle sue esperienze , che altrimenti rimarrebbero caotiche e prive di scopo . Queste categorie di significato sono : l ' inquietudine o angoscia ; h speranza ; lo sforzo , cioè la capacità di trascendersi e di tendere a qualcosa che non esiste ma può esistere ; la fiducia , cioè il senso di essere aiutato o garantito nello sforzo dall ' ordine delle cose ; e infine il mistero , cioè il senso di una realtà che non può essere attinta attraverso le vie normali della conoscenza . Bisogna subito dire che queste categorie appaiono inadeguate alla funzione , cui Smith le destina , di costruire un mondo di significati . La prima , cioè l ' angoscia , non è una categoria , ma piuttosto lo stato o la condizione di chi si sente privo o povero di possibilità a venire e pertanto non riesce a dare un significato alla vita . Le altre sembra che presuppongano questo significato piuttosto che renderlo possibile : giacché , come si fa a sperare , a sforzarsi per uno scopo , ad aver fiducia nel mondo e a credere in una realtà misteriosa , se già non si è certi del significato che la vita possiede ? D ' altronde , se la vita ha il significato che noi stessi chiediamo , questo non implica forse che essa è , in se stessa , priva di significato ? Smith risponde a quest ' ultima domanda asserendo che il significato della vita non è né imposto all ' uomo dai fatti , né imposto dall ' uomo ai fatti stessi : non è , in altri termini , né oggettivo né soggettivo , ma alcunché di intermedio , come qualsiasi costruzione umana che , se utilizza gli elementi e le leggi della natura , non è tuttavia opera totale della natura ma dell ' uomo . E questa risposta sarebbe valida se sapessimo qualcosa in più su ciò che deve intendersi per « significato della vita » . In realtà il tentativo di Smith si ferma alla difesa di un ' esigenza generica , ma non entra a esaminare la natura specifica dei « significati » che la vita può avere . E di « significati » si tratta , non di « significato » . Per illuminante e tipico che possa essere il caso del medico Frankl nel campo di Auschwitz , nessuno lo generalizzerebbe asserendo che , per qualsiasi uomo , lo scopo della vita è di riscrivere ( o scrivere ) un libro . Ciò che per un uomo è ragione di vita , per l ' altro è motivo di fastidio o di noia . Esistono , senza dubbio , significati partecipabili da gruppi più o meno estesi di individui umani , e sono quelli su cui fanno leva le grandi religioni e le filosofie popolari . Ma è molto dubbio che esista un unico , totale , esauriente significato della vita ed è molto dubbio che una filosofia qualsiasi sia in grado di « costruirlo » . Ciò che la filosofia può fare consiste sostanzialmente nell ' aiutare l ' uomo , ogni singolo uomo , a scoprire o a costruire da sé il significato della vita : chiarendo in forma oggettiva , sulla base degli elementi positivi del sapere di cui disponiamo , la sua situazione nel mondo e fra gli uomini , la struttura e i limiti delle sue possibilità , le minacce che incombono su di lui e le prospettive di riuscita meno ingannevoli e più feconde . Essa può anche delucidare la natura e i limiti della scelta che si offre a ogni individuo tra i significati specifici che la vita può offrirgli ; ma , quanto a questa scelta , nessuno può farla per un altro . Proprio in ciò sta l ' insegnamento della filosofia esistenzialistica , cui Huston Smith fa troppo imprecisi riferimenti . Quando i filosofi analitici negano ( ma ormai lo negano sempre più di rado ) che il problema dell ' esistenza sia autentico , intendono semplicemente asserire che gli strumenti linguistici di cui l ' uomo dispone non consentono di parlarne e che pertanto ( come diceva Wittgenstein ) « di ciò di cui non si può parlare , si deve tacere » . Essi partono cioè da una teoria del linguaggio il quale , considerato come una specie di immagine dei fatti del mondo , non offre la possibilità di parlare di altro che di tali fatti . La risposta alla loro negazione non si può quindi ottenere asserendo l ' importanza generica del problema dell ' esistenza , ma facendo appello a un ' altra teoria del linguaggio : a una teoria che , senza sfumare nel vago e nel mistero , renda possibile affrontare le condizioni specifiche di quel problema con ordine e correttezza . Questa teoria del linguaggio è , oggi , più un desiderio che una realtà ; è tuttavia il presupposto per ridare alla filosofia il suo carattere umano .
Ragioni d'orgoglio ( Ginzburg Natalia , 1975 )
StampaQuotidiana ,
Nei movimenti femminili , ciò che mi sembra sommamente sbagliato è lo spirito di competizione con il sesso opposto , e lo spirito d ' orgoglio . Le parole « donna è bello » non hanno nessun senso . In verità essere una donna non è né bello né brutto , oppure è tutt ' e due , lo stesso come essere un uomo . Ne sbagliato scoprire delle ragioni d ' orgoglio , o delle ragioni d ' avvilimento , nella propria nascita o origine , o nella propria condizione umana . Riguardo all ' essere ebrei , è sbagliato esserne avviliti , sbagliato gloriarsene . Riguardo all ' essere omosessuali , è sbagliato esserne umiliati , sbagliato esserne orgogliosi . L ' atteggiamento giusto è sentire , nei confronti della propria condizione umana , una totale indifferenza . Una fra le cose che oggi avvelenano il mondo , è la retorica costruita sopra delle semplici condizioni umane . Si suole dire che l ' orgoglio ideologico , nei movimenti femminili per esempio , è generato da secoli di umiliazioni e persecuzioni , ed è perciò giustificabile e comprensibile . Questo significa che bisogna accordare loro indulgenza , se assumono atteggiamenti sbagliati , se commettono errori . Ma l ' indulgenza va accordata agli errori delle persone singole , non agli errori delle idee . Alle idee si chiede che siano vere e giuste , subito e in assoluto . Non credo che gli esseri umani abbiano , in quanto esseri umani , nessuna giusta ragione d ' orgoglio . Non credo che sia una giusta ragione d ' orgoglio né essere una donna , né essere un uomo , né essere un omosessuale . Non credo che sia una ragione d ' orgoglio né l ' essere madre , né l ' essere padre , né il non esserlo . Meno ancora credo che una di queste condizioni umane sia una ragione d ' umiliazione . Allo stesso modo , non credo che sia una ragione d ' orgoglio appartenere alla schiera dei giovani , né credo che appartenere alla schiera dei vecchi sia umiliante . Simili condizioni umane , in se stesse , non sono evidentemente né un merito , né una colpa . Portarle come dei meriti , o delle colpe , è un ' attitudine di assoluta stolidità e irrealtà . Tutto questo appare ovvio , ma è accaduto che nel mondo presente , si siano riempite le strade di fiumane d ' orgoglio e d ' umiliazione e che tali fiumane siano di qualità sessuale , o razziale , o generazionale . I meriti e le colpe sono cosa strettamente individuale , inscindibile dalla coscienza di ogni essere singolo . Ciascuno di noi conosce le proprie colpe e i propria meriti , e se ne gloria o se ne avvilisce dentro di sé . Riguardo all ' orgoglio , esso è legittimo in una persona , per un ' azione singola che questa stessa persona ha compiuto . E però legittimo e tollerabile se non dura più d ' un istante . Quando lo sentiamo protrarsi nel tempo , ne sentiamo la stolidità e l ' irrealtà . Quando diventa un ' attitudine dello spirito , non è più tollerabile . Non lo tollerano gli altri in noi , e non lo tolleriamo noi in noi stessi , se guardiamo in noi stessi con un giusto sguardo . L ' orgoglio riveste la nostra stessa immagine , dentro di noi , di uniformi e di insegne , che la separano dalle comunità . Riguardo all ' avvilimento , è anch ' esso legittimo soltanto se episodico e momentaneo . Ma quando diventa un ' attitudine dello spirito , a sua volta veste allora la nostra stessa immagine di un ' uniforme , la copre di grigi grembiali e la induce a scivolare via a testa bassa . Si tratta un ' attitudine dello spirito forse meno intollerabile dell ' orgoglio , perché più disarmata e più mite , e perché i negletti grembiali sono ben meglio delle insegne dei capitani . è però un ' attitudine dello spirito sbagliata e viziata non meno dell ' orgoglio , quando ricopre e schiaccia l ' intiera nostra esistenza , nel passato , nel presente e nel futuro . Anche il grigiore dell ' avvilimento è un modo di pensare la nostra immagine separata dalle comunità . Ora noi possiamo sentirci , in mezzo alle comunità , soli e diversi , ma il desiderio di rassomigliare ai nostri simili e il desiderio di condividere il più possibile il destino comune è qualcosa che dobbiamo custodire nel corso della nostra esistenza e che se si spegne è male . Di diversità e solitudine , e di desiderio di essere come tutti , è fatta la nostra infelicità e tuttavia sentiamo che tale infelicità forma la sostanza migliore della nostra persona ed è qualcosa che non dovremmo perdere mai . Ragioni di scoprirci diversi in mezzo alle comunità , noi ne abbiamo infinite , e ciascuno trova prontamente le proprie , o le ha trovate e coltivate fin dalla più lontana infanzia . Tutti o quasi tutti siamo o donne , o ebrei , o omosessuali , oppure siamo diversi semplicemente per inclinazione alla diversità , per malinconia , per timidezza , per nevrosi , per silenzio . Siamo tutti « diversi » . L ' essenziale è portare giustamente la propria diversità , l ' essenziale è non farne né un ' insegna né un ' uniforme , e mescolarla silenziosamente nelle infinite diversità degli altri , in quelle che noi riteniamo le comunità dei non diversi e normali . Comunque , l ' orgoglio e l ' avvilimento sono i nostri stati d ' animo abituali , e noi usiamo passare dall ' uno all ' altro come dalla notte al mattino . Finché sono i nostri sentimenti individuali , e finché sono volubili e momentanei , non sono di qualità scadente . Diventano però di qualità deteriore e scadente se diventano il fondamento di un ' idea . A muovere le idee e a portarle avanti dovrebbero essere dei sentimenti di qualità superiore e nobile , e fatti per essere innalzati su un piano universale . Sono di questa qualità e natura l ' impegno civile , la solidarietà umana , il senso della giustizia , il coraggio . La parola « valori » è una parola che oggi adoperiamo e leggiamo con diffidenza , perché è stata adoperata troppo e male , si è scolorita e sembra non significare più nulla . Tuttavia è forse proprio questa parola che è necessario adoperare per mettere in chiaro ciò che può essere innalzato su un piano universale . L ' orgoglio non è un valore e non ha qualità universale . L ' orgoglio ideologico , noi lo detestiamo e ci fa orrore , quando prende forma di orgoglio di patria . Lo riconosciamo allora in tutta la sua turpitudine . Nesso è orribile perché irreale . E orribile anche e soprattutto perché è una sorgente di odio , perché cerca intorno a sé delle armi per uccidere i propri nemici , quelli che pensa come propri nemici , e separa un paese dalla folla dei paesi , lo separa colmandolo di ideologiche vanità e irrealtà . L ' orgoglio di sesso nei movimenti femminili è però assai simile all ' orgoglio di patria , poiché ne assume le fattezze , ne assume gli aspetti aggressivi e faziosi , la grottesca e irreale combattività . Essere donne , essere ebrei , essere o diventare omosessuali , è come essere nati in un paese o in un altro . La persona adulta è tenuta a trarre , dalle origini che le ha assegnato il caso , i massimi beni possibili , e la massima quantità possibile di conoscenza della propria terra . Ma alle umiliazioni e oppressioni e persecuzioni che la società ha inflitto o infligge alle donne , o agli omosessuali , o agli ebrei , donne e omosessuali e ebrei sono tenuti a rispondere come se umiliazioni e oppressioni e persecuzioni non offendessero soltanto loro ma l ' intiera collettività degli uomini . Nessi sono tenuti a rispondere non con le miserabili combattività dell ' orgoglio ingiuriato ma con l ' indifferenza ai propri fatti personali e territoriali che contraddistingue la vera e adulta libertà . Ne invalso oggi il costume di radunare alcuni gruppi umani in sorte di eserciti , che si propongono di imitare i partiti politici , o anzi dichiarano di muoversi al seguito di insegne o bandiere . Ma i partiti politici nascono da scelte politiche , ideologiche , morali . I migliori fra i partiti politici sono fondati su idee vere , su un vero e reale e possibile disegno del mondo , e le loro idee , partendo da valori universali , sono nel loro contenuto migliore libere da ogni specie di orgoglio ideologico , quindi chiare e secche . Le separazioni che si creano fra la gente , per motivi politici , hanno un senso . Le separazioni che si creano fra la gente , quando non perseguono un chiaro disegno del mondo , non hanno nessun senso . Le separazioni che si delineano fra i gruppi umani , le alleanze fra donne , o fra omosessuali , o fra ebrei , non hanno nessun senso perché non ubbidiscono a una scelta politica , ma si basano su un lontano fatto d ' origine , legato all ' ora della nascita , o magari , come è forse nel caso degli omosessuali , legato a una lontana decisione infantile . Identificare le condizioni umane con i partiti politici è perciò irreale . Non esiste , fra le condizioni umane e i partiti politici , nessuna specie di affinità . Una condizione umana non è frutto di scelta , ma discende dal destino e dal caso . I movimenti femminili non saranno mai un partito politico , perché mentre è ben possibile immaginare un mondo governato dalle forze d ' una determinata e nuova classe sociale , immaginare un mondo composto esclusivamente di donne e dominato da loro è impossibile , irreale e mortale .
LA BATTAGLIA PER L’UNITÀ SOCIALISTA ( ROSSELLI CARLO , 1926 )
StampaPeriodica ,
La questione dell ' unità socialista sta per avere il suo epilogo che possiamo prevedere negativo . Dai massimalisti cioè , ancora una volta verrà un gesto di disperata negazione , di attaccamento non al proletariato , ma a una loro formula cento volte sconfitta . Possiamo tutti deplorare un tale stato di cose e conservare , nonostante questo , intatta la nostra fiducia che l ' unità socialista si farà . Ma è evidente che non possiamo per questo cedere a tentazioni di scetticismo e di abbandono . Al contrario : è nell ' azione che i socialisti devono proporsi di risolvere un problema che è fondamentale e che risponde al sentimento e agli interessi delle classi lavoratrici . Perciò il prossimo Congresso del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani ( ex Partito Unitario ) assumerà una importanza ancora maggiore , almeno per quanti navigano oggi contro corrente ansiosi di un segno di orientamento e di rinascita . Esso ci dirà fino a qual punto questa frazione tutt ' altro che trascurabile dei socialisti italiani ha la consapevolezza della funzione storica che l ' ora le affida di svolgere ; in quale misura cioè essa ha la capacità e l ' energia di farsi centro coordinatore e propulsore delle forze di opposizione , sulla base di quel programma di integrale rinnovamento della vita nazionale che noi e con noi sicuramente tutti i giovani da molti mesi invochiamo . Più volte sostenemmo la tesi che , nella attuale situazione , tocca ai socialisti l ' onore e l ' onere di guidare la opposizione italiana . E ora , col profilarsi di un nuovo non possumus massimalista , questa tesi si rafforza e si chiarisce fino a farci ritenere che saranno probabilmente gli elementi del disciolto partito unitario a farsi eco concreto dell ' appello che dalle masse si leva verso i socialisti perché vogliano sortire dalla stasi indecorosa nella quale si dibattono da anni . Noi non facciamo del partito un feticcio : siamo abbastanza sensibili per capire che non saranno le etichette che in definitiva trionferanno , ma le opere . Né abbiamo nascoste ( tutt ' altro ) le nostre modeste ma recise censure verso i maggiori esponenti del PSLI . Se diciamo che probabilmente una ripresa se una ripresa ha da esservi verrà dalle fila dei socialisti unitari è perché siamo convinti che questo partito ha in sé elementi tali da permettergli di assolvere il compito che ricordavamo più sopra . Si voglia o non si voglia il PSLI è l ' unico partito di opposizione che per il suo programma realistico , per gli appoggi e le simpatie che desta in tutti i ceti così manuali che intellettuali , per la notorietà dei suoi capi , per il primissimo posto occupato nella lotta , per il chiaro riconoscimento dell ' interesse universale e altamente umano dei valori oggi calpestati , per lo sforzo di contemperare le esigenze della classe con quelle della nazione , sia in grado di far leva su tutti i ceti non parassitari della popolazione e possa contare con quasi sicurezza per un non troppo lontano domani su un larghissimo seguito . Malgrado tutte le critiche che gli si rivolgono , il PSLI resta pur sempre l ' unico partito di massa che disponga di uno stato maggiore politico e sindacale degno di questo nome . E comunque si giudichino gli uomini che lo dirigono non si può fare a meno di riconoscere che cotesto troppo bistrattato stato maggiore , che è di una altezza morale fuori di discussione , è l ' unico esistente nelle fila dell ' opposizione . Il che , dati i tempi , non è poco . Si ricordi , infine , che esso è il solo partito , fatta eccezione forse per il repubblicano , nel quale si noti da tempo un fervore di iniziative e un promettente risveglio di forze giovanili ; e si affermi , sia pure faticosamente , un complesso processo di revisione . Questi e molti altri motivi ci fanno dunque ritenere che il PSLI , pur che sappia essere all ' altezza della situazione e sappia sfruttare i molti elementi che oggi giuocano in suo favore , potrà dare il primo segno tangibile di ripresa . E appunto per questo , noi vogliamo qui fissare sinteticamente quali sono secondo noi i massimi ostacoli che si frappongono tuttora nel suo cammino , nella speranza che il prossimo Congresso ci dica che le nostre critiche o sono superate o non hanno ragione di essere . Sembra dunque a noi che il PSLI comprometta le sue possibilità avvenire e in special modo la sua opera d ' attrazione dei migliori elementi della nuova generazione , per la riluttanza di alcuni dei suoi dirigenti a impostare la battaglia in modo radicale , adeguando cioè i suoi metodi di lotta alle ferree necessità dell ' ambiente e audacemente rivendicando quella iniziativa e quel posto nella ripresa oppositoria che gli vengono ormai da tempo per dovere e per diritto riconosciuti . Questa riluttanza deriva da un grave errore nella visione della situazione e da un troppo tenace e sentimentale attaccamento a un passato ormai definitivamente superato dal lato politico . Per essere più chiari sopravvive troppo in essi della mentalità , del programma , dello stato d ' animo aventiniani ; stati d ' animo , che , come è noto , comportavano la previsione di un rapido mutare della situazione per forze essenzialmente estranee all ' azione oppositoria , l ' accurata astensione da ogni candidatura alla successione , il desiderio di mantenere il contatto con tutte le forze di opposizione , il ripudio di tutti gli irrigidimenti che potessero eliminare anche una sola delle tante possibili soluzioni compromettendo nel tempo stesso l ' unità del blocco aventiniano . Ed ecco così non pochi degli unitari rifiutare nettamente ogni accenno alla questione istituzionale , ogni accentuazione della nota antiborghese , ogni maggiore precisazione intorno al programma del poi , ogni rivendicazione successoria . Ed ecco compromessa o gravemente ostacolata quell ' opera alla quale pure s ' ha da arrivare se vogliamo sortire dalle presenti distrette . Noi non abbiamo il culto della intransigenza esteriore e formale ; tanto che proclamiamo la necessità del più ampio mobilismo tattico . Non vogliamo imboscarci facendo nostre le negazioni in toto e rinchiudendoci in uno splendido isolamento che ci elimini dalla lotta positiva . Ma d ' altra parte non riusciamo assolutamente a comprendere la posizione di questi socialisti che in una situazione come l ' attuale danno prova di un malthusianismo così radicale da far loro respingere con orrore la tesi elementare della conquista del potere politico ; e che sono disposti a transigere a priori e in permanenza sul loro specifico programma , anche quando come oggi è il caso sono venute a cadere una per una tutte le condizioni che rendevano per l ' innanzi utile e forse inevitabile la transazione . Se ci fossero le forze con le quali e per le quali transigere , evitando gli irrigidimenti e i programmi a lunga scadenza , noi potremmo ancora riconoscere la logicità di una simile impostazione . Ma non riusciamo a vederle . Nel campo liberale e democratico , dove la disorganizzazione regnò sovrana non rimangono sulla breccia altro che pochi uomini di nobile carattere che reggono dignitosamente anche se spesso passivamente alla prova : e nel campo popolare è definitivamente cessata ogni attività anche strettamente legale . In campo restano dunque col PSLI solo i partiti repubblicano e massimalista , oltre scarse pattuglie democratiche . Sono queste le forze sulle quali , bene o male , possiamo fare assegnamento . Fuori di esse non ci sono in Italia , di forze reali , che i comunisti e i fascisti . Finché dunque il PSLI si ostinerà in questa erronea impostazione , solito frutto della solita immobilità di visione , darà inevitabilmente l ' impressione di essere disposto a tutti i compromessi pur di tenersi aperte tutte le strade ; e si inimicherà gli elementi più giovani e combattivi giustamente desiderosi per la somma stessa dei sacrifici che la lotta richiede di una assoluta nettezza di posizioni ideali e per salvare un passato ormai sepolto comprometterà l ' avvenire , il suo avvenire , immiserendo , sciupando questa grande battaglia . Ciò che si richiede in quest ' ora è un coraggioso riesame della situazione da un punto di vista meno contingente che la liberi dagli accidenti passeggeri e ingannatori . Quattro anni sono passati dall ' avvento del fascismo al potere e quasi due anni dal crollo dell ' Aventino . Noi non rammarichiamo nulla , non accusiamo nessuno . Chiediamo solo che si vogliano prendere una buona volta in considerazione le lezioni del passato ; chiediamo solo che si abbandoni l ' ottimismo facilone e la fede inconcussa nella legge del progresso indefinito ; chiediamo solo che gli oppositori italiani , pur senza cadere nelle braccia del volontarismo parolaio , si abituino a cercare la salvezza più nelle forze proprie che nelle armi , più nella storia che essi medesimi imbastiscono , che in quella imbastita dagli avversari e dal fato . Siamo stanchi di vivere alla giornata e di essere tutto , fuori che noi stessi . Occorre che i socialisti italiani tornino a essere loro , tornino cioè a battersi sul loro terreno , senza per questo rinnegare e allontanare nessuna forza efficiente di opposizione , ma solo facendosi essi centro delle forze affini con un programma che sia per lo meno socialista per l ' ispirazione e per gli ispiratori . Si facciano i socialisti , e per essi il PSLI , gli iniziatori dell ' accordo fra i partiti di opposizione per la conquista di un regime di integrale e agguerrita democrazia , il cui nerbo abbiano a essere le classi lavoratrici . L ' ora incalza e le masse , abbandonate a loro stesse , brancolano nel buio alla disperata ricerca di una luce , di un segno di vita , di ripresa , per piccoli che siano . Occorre far presto . Tra un anno potrebbe essere tardi . Altre mani sono pronte ad afferrare il bastone del comando . Il comunismo lavora . Contrapporre alla doppia concezione dittatoriale , per quanto profondamente diversa nei fini , una soluzione media che abbia come pernio il movimento socialista , come minimo comune denominatore la fede nel metodo democratico , come base essenziale le forze del lavoro in lotta per la loro emancipazione , ecco ciò che occorre in quest ' ora . Socialisti italiani , al lavoro .
DIRITTO E GIUSTIZIA ( Abbagnano Nicola , 1966 )
StampaQuotidiana ,
Quando a Socrate , che era in carcere in attesa del processo , gli amici proposero la fuga da Atene , egli rifiutò perché fuggire sarebbe stato azione ingiusta nei confronti delle leggi ateniesi che avevano presieduto alla sua nascita , alla sua educazione e all ' intera sua vita . « Giusto » è , in modo tipico , il comportamento di Socrate : cioè , in generale , di chi si ispira al rispetto delle leggi anche quando esse si rivolgono contro il suo interesse privato . Ma che cosa accade quando le leggi stesse , cui si dovrebbe obbedire per essere giusti , si ritengono « ingiuste » ? E come si fa a giudicare , in generale , se una legge è « giusta » o non lo è ? Gli uomini hanno presto fatto l ' amara esperienza che non tutte le leggi sono giuste . E per valutare la giustizia delle leggi , hanno fatto appello a una legge più alta , data dalla natura o da Dio , che sarebbe il fondamento di tutte le leggi umane . In un passo famoso del De Republica , Cicerone esaltava la legge eterna , razionale e conforme a natura che è immutabile in tutti i luoghi e in tutti i tempi ed è l ' espressione stessa della divinità che governa il mondo . E già Aristotele , in un ' illustrazione rimasta classica del concetto di « equità » , mostrava come questa fosse la correzione che i giudici apportano alle imperfezioni della legge positiva , mediante il ricorso alla legge eterna della giustizia . Per duemila anni circa , questi fondamenti del giusnaturalismo sono stati i principi incontestabili di ogni dottrina del diritto . Quando , nel '600 , la ragione umana cominciò a rivendicare la sua autonomia nei confronti dell ' ordine cosmico e della stessa divinità , la legge naturale apparve come la manifestazione della ragione e Grozio affermava che essa aveva la stessa necessità dei principi della matematica . Con ciò , essa non perdeva , ovviamente , la sua certezza assoluta , ma mutava soltanto il suo fondamento : che non veniva più riconosciuto nell ' ordine naturale o divino , ma nella infallibilità dell ' umana ragione . La consolante credenza in un ' unica , immutabile legge di giustizia ha continuato a permeare , anche dopo il tramonto del giusnaturalismo razionalistico del '700 , la maggior parte delle teorie filosofiche del diritto , che ne hanno dato ora questa ora quella giustificazione o l ' hanno in molti modi camuffata o mistificata . Soltanto negli ultimi decenni , ad opera di quella corrente che suol chiamarsi « positivismo giuridico » ma che non ha niente a che fare con il vecchio positivismo e perciò meglio si chiamerebbe « neoempirismo giuridico » , quella certezza è stata messa in crisi . La crisi è il riflesso , nel campo della teoria del diritto , della crisi generale della metafisica cioè della credenza in elementi assoluti , soprannaturali , trascendenti per spiegare il mondo della realtà umana . Quali sono le ragioni specifiche della crisi ? Il diritto naturale è stato invocato a fondare le leggi più disparate . Si è ricorso ad esso per giustificare l ' autorità assoluta dello Stato come per giustificare la lotta e l ' insurrezione contro lo Stato . Si è fondata su di esso la divisione naturale tra schiavi e liberi ( come fecero Platone e Aristotele ) e l ' uguaglianza naturale di tutti gli uomini ( come fecero gli Stoici , i Cristiani e gli Illuministi ) . Si è ritenuta legge di natura che il più forte prevalga sul più debole ( come dicevano gli antichi Sofisti e alcuni moderni ) e che tutti gli uomini debbano comportarsi come fratelli . Se ne è vista l ' espressione nella guerra belluina di tutti contro tutti e nella « solidarietà » che lega tutti gli uomini fra loro . Si è « dedotto » da esso l ' assolutismo politico ( Hobbes ) come il liberalismo ( Locke e molti moderni ) . Ma a che può servire una « legge unica ed eterna » che consente di giustificare le leggi positive più contrastanti e non permette di scegliere razionalmente tra esse ? È questo l ' interrogativo che domina il libro recente di una lancia spezzata del neoempirismo giuridico , il danese Alf Ross ( Diritto e giustizia ; l ' edizione italiana è del 1965 ) . « Il diritto naturale » scrive Ross « cerca l ' assoluto , l ' eterno , ciò che deve rendere il diritto qualcosa di più di una creazione dell ' uomo e che esonera il legislatore dalle penose responsabilità della decisione ... Ma l ' esperienza mostra che le dottrine costruite dagli uomini su questo fondamento , ben lungi dall ' essere eterne e immutabili , sono mutate a seconda dei tempi , dei luoghi e delle persone . La nobile sembianza del diritto naturale è stata usata per difendere o combattere ogni possibile tipo di richieste nascenti da una specifica situazione di vita o determinate da interessi politici ed economici di classe , dalla tradizione culturale , dai suoi pregiudizi e dalle sue aspirazioni . » Sotto quelle nobili sembianze si cela perciò , secondo Ross , « una sgualdrina che è a disposizione di tutti » . Il risultato di quest ' atteggiamento è la dissociazione totale tra i concetti di « diritto » e di « giustizia » . Le parole « giusto » e « ingiusto » sono interamente prive di significato se riferite , non ad un comportamento , ma ad una norma generale o ad un ordinamento giuridico . L ' ideologia della giustizia conduce solo al fanatismo e al conflitto perché pretende dar valore assoluto a interessi che si oppongono ad altri interessi e chiude la strada alla discussione diretta a trovare una soluzione razionale dei conflitti . Pertanto dichiarare ingiusta una norma o un riordinamento giuridico non è un atto di ragione ma l ' espressione di una reazione emotiva , cioè di atteggiamenti o di interessi che sono in contrasto con quella norma o non trovano in essa una sufficiente difesa . Sembrerebbe con ciò che ogni critica del diritto vigente , ogni tentativo di modificarlo o correggerlo , appartenesse al dominio dell ' irrazionale e consistesse solo in una cieca lotta di interessi . Ma Ross non spinge sino a questo punto la sua coerenza . Egli si preoccupa di stabilire anche il compito della « politica del diritto » cioè della disciplina di trasformazione del diritto . La politica del diritto concerne problemi che non sono , o non sono soltanto , giuridici perché appartengono all ' economia , alla finanza , pubblica o privata , al commercio , all ' educazione , ai rapporti con gli Stati esteri , alla difesa e via dicendo . Questi problemi devono ovviamente essere trattati o elaborati con le tecniche specifiche del campo cui appartengono e in base a tali tecniche vanno trovate le soluzioni di essi . La considerazione giuridica interviene soltanto per prevedere , nei limiti del possibile , quali sono le possibilità di influenzare , nel senso previsto da quelle soluzioni , le azioni umane mediante sanzioni giuridiche . E in questo senso la politica del diritto è « sociologia giuridica applicata » o « tecnica giuridica » . In tal modo all ' ideale di una unica norma di giustizia valida come criterio o fondamento di tutte le leggi si sostituisce come criterio per la valutazione e la correzione delle leggi il pluralismo delle tecniche invalse nei vari campi che sono , o possono essere , oggetto di regolamentazione giuridica . Soltanto queste tecniche potranno infatti dirci quali sono i fini che nei campi rispettivi è conveniente , o utile o indispensabile realizzare ; mentre la dottrina giuridica ci dirà se , e in quale misura , questa regolamentazione , agendo sui comportamenti , potrà condurre alla realizzazione di quei fini . Ma se così stanno le cose , può ancora dirsi , come vuole Ross , che dichiarare « ingiusta » una legge significa semplicemente abbandonarsi ad una « reazione emotiva » ? Mettendo tra parentesi l ' appello all ' ideale assoluto di giustizia del vecchio giusnaturalismo , affermare che una legge è « ingiusta » può avere proprio il significato chiarito da Ross , che essa non risponde alle tecniche del campo che dovrebbe regolamentare o alla tecnica causale delle sanzioni . Se per esempio l ' esperienza prova che la pena di morte non è un deterrente più efficace di altri , la sua abolizione diventa « razionale » perché fra l ' altro evita le conseguenze fatali di un possibile errore giudiziario . Norme legislative che aggravano i conflitti invece di evitarli o risolverli o che impediscono , limitano o inceppano attività che è interesse comune garantire e sviluppare o che negano ai cittadini , o a gruppi di cittadini , possibilità che sono a loro stessi o ad altri utili , convenienti o indispensabili , possono ben dichiararsi « irrazionali » nel senso ristretto e specifico di questo termine . E se per razionale s ' intende , non già il dettato di una ragione infallibile , ma ogni tecnica efficace , convalidata e correggibile , di un campo qualsiasi , il vecchio ideale della giustizia trascendente e normativa si converte in quello della razionalizzazione delle norme giuridiche , mediante l ' adeguazione a queste tecniche . Un compito limitato e fallibile quanto si vuole , ma profondamente umano e impegnativo , perché consente agli uomini di guardare con più fiducia al loro avvenire .
CONGRESSO DEL PSLI ( - , 1926 )
StampaPeriodica ,
Il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani ha tenuto il suo Congresso . Esso ha approvato il programma del partito , ha votato un caldo appello all ' unità e ha concretato in una mozione della quale diamo qui di seguito ( riportandola da « Giustizia » ) la parte essenziale , il proprio pensiero sulla situazione . Il Convegno : premesso innanzi tutto che il Partito socialista dei lavoratori italiani procede nel vecchio solco del socialismo marxista , che non è un partito nuovo se non per le dure vicende del nostro Paese , che aderisce all ' Internazionale socialista operaia , e mira alla conquista del potere politico dello Stato , per trasformarlo , da organo di oppressione , in organo di affrancazione della classe lavoratrice e di tutta la società umana dal giogo del sistema capitalistico ; approvata la dichiarazione programmatica intorno ai metodi e ai fini dell ' azione del partito ; riconfermata nei rapporti con la dittatura fascista quell ' assoluta opposizione che ebbe nell ' Aventino la sua più alta espressione morale ; constatato che il fascismo , malgrado non possa semplicisticamente identificarsi in un puro fatto di reazione borghese e capitalistica , ha trovato il suo maggiore appoggio nei ceti più retrivi del privilegio economico e il suo strumento nella complice acquiescenza alla distruzione del regime costituzionale da parte di chi doveva maggiormente difenderlo ; ritenuto perciò che la crisi scatenata dal fascismo , essendo nel più alto senso istituzionale e riproponendo quindi tutti i problemi della vita dello stato , non si supererà con un semplice ritorno allo statu quo ante ; dichiarata ancora una volta la sua fede nel metodo democratico virilmente inteso e difeso , quale strumento di civili competizioni di classi e di partiti ; afferma che un ' opposizione integrale ed efficiente al fascismo deve appoggiarsi principalmente e necessariamente sul proletariato manuale e intellettuale e impegna tutti i suoi aderenti alla più intensa propaganda dei seguenti principii ( segue un riassunto della « dichiarazione programmatica » ) . Questa mozione segna , a nostro parere , un notevole passo sulla via della chiarificazione politica della situazione oppositrice . Per la prima volta in un documento ufficiale del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani troviamo affermati in modo chiaro ed esplicito alcuni punti essenziali da noi sempre sostenuti . Per la prima volta troviamo riconosciuto il nerbo della futura opposizione italiana che deve essere e non può non essere il proletariato manuale e intellettuale . Ci piace soprattutto la netta impostazione della lotta , come lotta per un rinnovamento radicale , sostanziale della vita politica ; la ribellione al vecchio regime nel quale stanno le cause prime e profonde dei mali che ci affliggono ; la sensazione che si vuol dare che i socialisti sono sempre più decisi a rinnegare i compromessi aprioristici dando alla battaglia quella nettezza di posizioni ideali che solo è capace di suscitare le forti passioni e i grandi sacrifici che l ' ora impone ai non conformisti attivi . Una simile impostazione discende direttamente , d ' altronde , da quella realistica visione del fenomeno fascista che « Il Quarto Stato » ha sempre sostenuto e alla quale il Congresso nella sua grande maggioranza ha decisamente aderito . Il fascismo non è cioè un semplice fatto di reazione borghese ; esso assume caratteri tutti suoi particolari e inconfondibili in relazione al clima storico nel quale e dal quale si è sviluppato . Esso è il logico sbocco di tutta la vita italiana ; è la sintesi dei mali antichi e recenti di un paese di scarsa educazione politica , povero e capitalisticamente arretrato , dove la libertà conquistata da esigue minoranze attraverso transazioni e rinuncie restò estranea alla coscienza generale , dove si ebbero tutte le degenerazioni del sistema democratico parlamentare senza che mai fosse esistita una vera democrazia e un vero parlamento , dove al di là dello scenario di cartone della sovranità popolare il potere di fatto sempre risiedette nelle mani di una ristretta oligarchia facente capo al potere esecutivo , al partito di corte , alla burocrazia e a taluni gruppi plutocratici settentrionali , dove insomma difettarono le condizioni elementari per il sorgere e l ' affermarsi di una salda coscienza politica . Accettato questo punto di vista si pone inevitabilmente il problema di risalire alle cause del fenomeno senza arrestarsi alle pure manifestazioni esteriori e patologiche di esso , di impostare la battaglia in modo integrale , di riesaminare realisticamente la situazione e le forze oppositrici , di formulare un programma di opposizione che non abbia solo riguardo al lato negativo ( l ' antifascismo ) ma anche al positivo ( il post - fascismo ) in guisa da dare il la per la ripresa e da orientare finalmente le masse brancolanti da due anni nel buio . Quanto al problema dell ' unità socialista il Congresso ha votato un ordine del giorno che documenta l ' importanza che i compagni del PSLI vi attribuiscono . Il Congresso auspica che « in questa dura vigilia i socialisti italiani vogliano comporsi a unità nell ' orbita della Internazionale , affratellandosi nell ' azione » . L ' unica condizione è quindi che l ' unità si faccia nell ' Internazionale . I socialisti coi socialisti , i comunisti coi comunisti , tornano a ripetere i compagni del PSLI , convinti che il movimento italiano non potrà alla lunga sfuggire a quella netta separazione di compiti che si è compiuta in tutti i paesi tra i partiti affigliati all ' Internazionale socialista e a quella comunista e che ha eliminato prima o poi tutte le formazioni intermedie . Allo stato attuale delle cose , posti di fronte alla situazione che si va purtroppo profilando nel partito massimalista , dobbiamo riconoscere che non è possibile sfuggire a questa impostazione del problema . Infatti il partito massimalista , dopo tre o quattro anni di scissioni a ripetizione , dopo aver tagliato , epurato , espulso , si ritrova come dopo Livorno , come dopo Roma , in balia di correnti inconciliabili . Da un lato tornano fuori da un letargo biennale i terzinternazionalisti , assai più numerosi del previsto , che richiedono a gran voce una « dignitosa » adesione all ' Internazionale di Mosca ; dall ' altro i cosidetti defensionisti costretti a prendere una posizione intermedia tra Mosca e Zurigo , aderiscono a un Bureau parigino tanto scarno di partiti aderenti quanto di possibilità di sviluppo , specie ora che l ' unico partito efficiente che vi aderisce il norvegese è sulle soglie di uscirne . In tale situazione , di fronte al nuovo rafforzarsi del terzinternazionalismo , si spiega perfettamente che il desiderio di unità socialista espresso dal Congresso del PSLI abbia trovato nel problema internazionale il suo criterio limite . Diciamo : sincero desiderio di unità , e non appello demagogico senza fondamento nei fatti e nei desideri . La riprova ci è data dal fatto che i compagni del PSLI pur avendo approvato una lunga dichiarazione programmatica della quale avremo occasione di occuparci , si sono rifiutati , come taluno invece proponeva , di reclamare l ' unità sulla base della dichiarazione medesima . Giustamente ritenendo che l ' unità può derivare solo da reciproche transazioni e che il programma votato non potrebbe in ogni modo essere accettato a priori e in toto dai socialisti di sinistra . Ci voleva l ' ingenuità ( o altro ) del Comitato di Difesa Socialista per dichiararsi favorevolissimo all ' unità ... nel massimalismo sulla base del programma di Bologna ! Queste dunque le premesse e le promesse del Congresso unitario che trovano « Il Quarto Stato » in buona parte consenziente . Ma i fatti ? Cosa si propongono in concreto di fare i nuovi dirigenti del partito per impedire che il Congresso abbia a ridursi alla consueta accademia , e la volontà virile di lotta in esso manifestatasi rimanga allo stato potenziale ? Quale lo sbocco concreto , quale la piattaforma di lotta , quali gli obiettivi immediati ? Che cosa si propone di fare questo partito , per porre fine all ' indecoroso , dannosissimo atomismo dell ' opposizione italiana divisa in sette gruppi sovente in rissa tra loro ? È favorevole o meno alla concentrazione di sinistra socialista repubblicana ? Che cosa intende contrapporre sul terreno programmatico al programma comunista ? Silenzio su tutta la linea . Su tutte queste questioni molto concrete la mozione non dice nulla . E qui sta il suo massimo difetto , la sua maggiore lacuna . Se il silenzio derivasse solo da una comprensibile riserva a mettere in piazza questioni gelose come quelle sopraccennate , ci asterremmo da ogni rilievo critico . Ma noi crediamo che sia piuttosto vero il contrario . Che non si dica nulla perché nulla per ora si creda utile di poter fare ; che il silenzio perduri soprattutto a causa della mentalità di taluni dei capi più autorevoli , rispettati e rispettabili del PSLI contrari a tutti gli irrigidimenti , desiderosi di conservare i contatti con tutte le forze di opposizione , ansiosi di mantenere aperte tutte le vie , tutte le porte , per tutte le soluzioni , in nome di una nuova originale forma di intransigenza : quella delle transigenze . Non crediamo che sia il caso di criticare per l ' ennesima volta questa che fu ironicamente definita come una forma incomprensibile di malthusianismo politico . Ci sia solo permesso di osservare che sta bene volersi tenere aperte tutte le porte evitando i programmi troppo assoluti e le troppo astratte pregiudiziali , ma purché si tratti di porte reali , attuali , che diano adito a strade capaci di essere percorse con una qualche utilità dalle forze socialiste ; e non invece di porte e di strade tutte e solo potenziali create dalla fantasia . E d ' altra parte si vorrà pur riconoscere che a un certo punto occorrerà bene decidersi a spalancare una porta e a imboccare una via ; perché , per voler tenere in perpetuo tutte le porte contemporaneamente aperte , si corre il rischio di vedersele sbattere una per una sul naso , così da rimanere per l ' eternità appiccicati alla soglia , poveri postulanti in attesa del fatto nuovo rivoluzionario che eliminando il fascismo elimini anche il problema oppositore . Ma preferiamo per ora non insistere su questo punto . Sul terreno concreto delle cose noi vedremo se le premesse e le promesse sopra ricordate sono una platonica concessione alle esigenze dell ' ora o il punto di partenza per quella ripresa dell ' opposizione italiana imperniata nel movimento socialista per la quale ci battemmo fino dal primo numero di questo foglio .