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L'ARTE E IL REGIME ( MACCARI MINO , 1928 )
StampaPeriodica ,
Caro Bottai , Non ho cambiato parere : soltanto il Gran Consiglio , chiamando nel suo seno un artista fascista e fascista sul serio può risolvere radicalmente il problema dell ' ordine artistico . Soltanto dal massimo organo della Rivoluzione può essere emanato un provvedimento rivoluzionario : tale cioè da porre fine all ' andazzo di sapore liberalesco e democratico che imperversa nel campo delle arti . Dico nel campo delle arti volendo alludere alle manifestazioni artistiche d ' interesse pubblico e tali da impegnare il gusto di tutta la Nazione : cioè a dire , mostre , palazzi , monumenti , sistemazioni edilizie , opere pittoriche prescelte a ornare pubblici uffici o sedi di organi del Regime . Perché di quel che succede nello studio di un artista , delle sue esperienze , dei suoi tentativi , non sarebbe lecito far materia di provvidenze politiche . E l ' ordine artistico , di cui tanto s ' è par - lato e si parla , attiene più alla politica che all ' arte . Sostanzialmente , anzi , l ' arte , ci sia ordine o disordine nella sistemazione dei suoi prodotti , rimane un fatto intangibile e sfuggente a ogni regola che non sia d ' origine divina . Questione politica , dunque . Questione che impegna il Fascismo ... Poco e chiaro : o Gran Consiglio , o nulla .
Un teatro sterminato a 80 metri sotto terra ( Bianciardi Luciano , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Sentiamo dunque la prima impressione : cosa c ' è di diverso , in Mosca , per questi italiani che ne vedono sfilare una fetta periferica , da bordo dell ' autobus diretto all ' albergo ? Le risposte sono : le strade più larghe , almeno il doppio delle nostre , il traffico incredibilmente più raro e tranquillo ; i casamentoni brutti , tutti uguali , d ' un giallino sporco , peggio d ' una nostra brutta periferia urbana ; la città scura . E quest ' ultima è forse la differenza che conta di più : i lampioni ci sono , ma non c ' è il neon della pubblicità , quello appunto che dà il tono notturno a una capitale in Occidente . Manca il neon , manca il fragore del traffico , mancano i grammofoni a gettone , così Mosca , per chi ci arriva da Occidente , sembra prima di tutto una città buia e silenziosa : il totale delle differenze , almeno per me , pare positivo , in altre parole qui si potrebbe vivere bene . A tratti nell ' aria c ' è una zaffata d ' odore dolciastro che sembra di menta : mi spiegano che dipende dalla diversa qualità della benzina bruciata nei motori . Ma abbiamo tutti una gran voglia di sapere di più , vedere di più , e invece , all ' albergo Turist , il nostro ( che è semmai un enorme ostello della gioventù , un intero villaggio di palazzotti a quattro piani , dalle parti della fiera ) , è ormai chiusa la cassa e non si può cambiare , e in giro per una città di notte , senza quattrini , chi si azzarda ? Pare quasi sicuro ormai che staremo a girellare dentro il villaggio , o a spedire una cartolina con la fotografia di Valentina Vladimirovna Tereshkova , quando arriva Riccio e fa segno che ha trovato - nessuno gli chiede dove - un rublo e mezzo . Dovrebbero bastare a portarci tutti e quattro fino all ' albergo Leningradskaia , in centro , dove stanno calciatori e giornalisti , e lì qualcuno che ci presti un po ' di soldi lo troveremo di certo . Allora via di corsa alla fermata dell ' autobus . Differenza : non c ' è il controllore , soltanto il guidatore , che alle fermate prende il microfono e spiega dove siamo , e poi una cassettina di vetro , dove ciascuno mette i suoi tre copechi e stacca il biglietto da solo . Lo spiega a Riccio una biondina gentilissima , e anzi ci cambia il mezzo rublo , perché possiamo mettere in cassetta i dodici copechi . Quindici anzi , perché siamo cresciuti , sull ' autobus dietro a noi è salito anche un torinese un po ' balengo , che già avevo notato in treno . Ha gli occhi sempre assonnati e parla a strascico . « I quattrini ce l ' hai ? » « No , ma così , ecco , volevo vedere la cosa , qui no , la città . Casomai ecco , potrei venire con voi , no ? » Riccio lo guarda storto , mi dà una gomitata , barbotta : « Ma cosa vuole quello . Via , mandalo via . Piemontese fesso » . Fessi invece siamo noi terroni , non ci regge il cuore di abbandonarlo per una strada di Mosca , il piemontese balengo e così ce lo tiriamo dietro fino alla stazione del metrò . La biondina è sparita , e al suo posto c ' è un giovanotto che spiega come si fa : pezzi da cinque copechi , capito ? Piet capieca , da mettere nell ' apposita fessura , all ' imbocco della scala mobile . C ' è una cellula fotoelettrica che si blocca con quel soldone , e se invece non ce l ' hai messo , fa scattare il cancellino e chiude . Allora cinque da cinque , e va bene , diamo la pieccapieca anche al torinese . I primi due o tre metri della scala mobile sono in piano , poi all ' improvviso ecco il pozzo : vertiginoso , profondo , precipita per ottanta metri sotto terra a velocità da infarto . Sulla scala opposta salgono , altrettanto veloci , e sembra che pendano in avanti , forse pendono davvero ( angolo di 45 gradi ) per tenersi in equilibrio , forse è un effetto della legge di Einstein , secondo la quale , come è noto , l ' universo in movimento assume la forma di una saponetta consumata . Chi lo sa ? La stazione vera , quella interna , è giù , meravigliosa , sembra d ' essere al terzo atto dell ' Aida , fra stucchi , ori , mosaici , panoplie , colonne e bandieroni . Il bello poi è che il treno funziona , si ferma , apre le porte , riparte fulmineo , un treno modernissimo , efficiente , che per di più corre dal terzo atto dell ' Aida al primo del Nabucco , passando per la Vedova Allegra , i Nibelunghi e la Norma . Da un momento all ' altro qui arrivano le comparse con le spade di latta , i negri tinti , Cleopatra col serpente , un paio di elefanti e le bighe . Con quel bel soldone da cinque copechi puoi restare un giorno intero sotto terra , e ammirare le sessanta stazioni tutte diverse e tutte bellissime . Tanto è vero che ci siamo spersi e non si ritrova più il buco giusto della Leningradskaia . Però , riecco la biondina dell ' autobus , che ci rimprovera d ' averla abbandonata e ci spiega che bisogna prendere quest ' altra linea , arrivare fino al secondo atto del Godunov , e scendere . Anzi , sale con noie ci accompagna fino alla stazione , da dove partono i treni per Leningrado . Spassiba . La prima cosa che vediamo , nella strada buia che sa di menta , è uno steso per terra , ligneo , quasi cianotico , livido , di certo un ubriaco allo stadio della cirrosi spappolante . Intorno c ' è un capannello che lo sta a guardare , tutti fermi , e una guardia , ferma anche lei , immobile . Italiani al soccorso ! Il piemontese balengo si china a sentire il polso , poi fa di no col capo , come a dire che questo ormai è buono solo per il becchino . Io apostrofo la guardia , in italiano , smanettando : « Che diavolo fate , qui ? Non lo raccatta nessuno , questo poveraccio ? » . E la guardia deve aver capito , perché smanettando più di me bercia qualcosa in russo , che interpreto così : « E a te che te ne importa ? Perché non ti fai gli affari tuoi ? » . Così entriamo nella stazione davanti , traversata la piazza di corsa , è la kazaka , mi pare , e col rublo che ci resta ordiniamo cinque frappé , molto buoni perché al latte e allo sciroppo la donnetta aggiunge , dal frigorifero , marca Moskava , mezzo panetto di burro . Uscendo , il capannello di gente immobile non c ' è più , e nemmeno il cirrotico , né la guardia . Si vede che avevano già telefonato , all ' ambulanza , o forse al cellulare , chi lo sa . Allora via al Leningradskaia , che è un albergo immenso , di stile assiro , con l ' atrio ingombro di statue , colonne , mostri e italiani : Otturino Barassi , il vecchio centravanti frascatano , Amadei , tre giovanotti con la giacca blu spacchettata e i capelli scolpiti a rasoio . Ivano si ferma a salutarne uno , che è Orlando , poi mi spiega che gli altri si chiamano uno Tumburus e uno Janich ; tutti e tre riserve , segno che hanno mandato a nanna i titolari , anzi i prestipedatori . Evocato dal pensiero compare Gianni Brera , col toscano in bocca : vale dunque ancora l ' ovvia constatazione , che si può vivere a Milano dieci anni senza incontrare mai una persona , che per conoscerla bisogna andare fino a Mosca . Mi piglia per un braccio e mi tira su in camera sua , al quinto piano , mi versa da bere , mi tappa la bocca con un avana formidabile e attacca la lezione etnico - storica sul popolo ungherese . Dunque sta a sentire : gli ungheresi sono la pars alba , il pollone chiaro venuto su dallo stesso ceppo che ha espresso , come pars nigra , li turchi . Smisero di lavorare ai tempi di Attila . Tu prendi la lingua : il lessico campagnolo - zappa , aratro , solco eccetera - è tutto di origine croata . Infatti , cosa facevano gli ungheresi , dalla mattina alla sera ? Montavano a pelo , ballavano il valzer a Vienna con le mogli dei generali austriaci ( naturalmente cornuti ) e prendevano a calci nel sedere gli slavi del Sud , cioè i croati contadini . Ora cosa gli è successo ? Gli è successo che i calci nel sedere li stanno prendendo loro , e proprio dagli slavi . Slavi del Nord , ma sempre slavi . Che vanno sulla luna , ma sempre contadini . Ergo , le facce rinceppate che tu hai visto a Budapest . Tutto qui , il comunismo non c ' entra . Te capì ? Ho capito , ma da sotto telefonano , così mi faccio prestare cinque rubli dal professore , scendo nell ' atrio assiro , recupero Mimmo , Ivano , Riccio e il balengo torinese , andiamo a prendere un altro frappé col burro alla stazione di fronte , la leningradese appunto , e poi è ora di rincasare , col taxi . Lo guida un giovanotto capelluto , col maglione , che prima di muoversi vuole patti chiari : « Trit rublia , carasciò ? » . Va bene , tre rubli , autista ladro e teddiboia , che non hai nemmeno fatto scattare il tassametro , e guidi da cane , metti dentro le marce peggio d ' uno scimmione , tanto la macchina è dello Stato , vero ? Domani ti faccio rapporto . Tanto più che a un certo punto si è fermato e dice che il Turist Hotel è qui , Riccio invece non è convinto per nulla , ordina che non scendiamo mentre lui va a controllare . Siamo al Turist , ma all ' entrata opposta , bisognerà traversare il villaggio a piedi , perché il tassista lavativo non vuole sentir ragioni , più oltre non va . Accidenti a lui . Ormai sono quasi le due , la maggior parte dorme , e andiamo a cuccia anche noi : quattro letti di ferro , quattro sedie , un armadio con quattro stampelle , la bottiglia con quattro bicchieri e basta . Vetri doppi alle finestre , ma niente tapparelle , niente persiane né scuri , così domattina siamo certi che il primo sole ci sveglia . Il primo sole e radio Mosca che dà il buongiorno intonando « guai a chi tocca la Russia dei Soviet » : ogni camera ha il suo altoparlante posato sullo spigolo dell ' armadio , e ieri sera ci siamo scordati di staccare la spina . Per il corridoio già sfilano diretti ai bagni italiani , italiane , un negro con addosso un barracano vasto come una tenda , di tessuto damascato , molto bello . Le docce invece sono al pianterreno , e già fanno la fila , per tramutare i bigliettoni con padre Dante , e gli altri con Lincoln e Washington , in bigliettini microscopici che sembrano i buoni - premio delle scatole di detersivo , e invece sono rubli . La ragazza fa i conti col pallottoliere , velocissima , qualcuno al solito se ne meraviglia , salta fuori il solito piccoletto con gli occhiali , nero e pingue , che in romanesco si mette a difendere , con argomenti da critica della ragion politica , l ' utilità del pallottoliere , e il suo inserimento nella tradizione slava . A questo punto Marcello , che mi è accanto , scatta e insulta il piccoletto : non può sopportare i comunisti saccenti di Roma , che spiegano il plusvalore con la calata di Trastevere , si abboffano di rigatoni , fanno , quando possono , la dolce vita , e poi la vituperano come un segno della decadenza occidentale , così mettono su pancia e salvano persino la buona coscienza proletaria . Gli dico di stare calmo , perché qui l ' obiettività tanto ripetuta in viaggio sta per andare a farsi benedire , nessuno è venuto a Mosca senza preconcetti , tranne forse la signora Lucia , e già si capisce che non sono disposti a cambiarli . Unto più che le due ragazzine del treno sono sparite , non vedi più Natascia la pari - pari , e nemmeno Svetlana - Chiara dal bel sorriso . Al loro posto c ' è una stangona magra , con le occhiaie livide , il viso stirato , che sembra una supersegretaria d ' azienda . E d ' un ' azienda vastissima , che si chiama Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche . Il nome della ragazza è invece Ludmilla .
Non ci credo ( Pintor Luigi , 1999 )
StampaQuotidiana ,
Come l ' incredulo Tommaso , che non prendeva per vero nulla che non vedesse con gli occhi e non toccasse con mano , così io non credo a quel che mi raccontano circa l ' ultima trasmissione televisiva di D ' Alema . Non credo cioè che abbia detto testualmente : « Per la prima volta nel dopoguerra la bandiera italiana sventola oltre il territorio nazionale e questo è motivo d ' orgoglio » . Ancor meno credo che questa frase fosse accompagnata , sullo sfondo , dal canto di Faccetta nera , bella abissina . D ' Alema è uomo d ' onore e se pensasse queste cose le avrebbe dette ai pacifisti marciando con loro da Perugia ad Assisi . Vero è che D ' Alema si appresta a presentare il suo libro sul Kosovo in coppia col generale Clark , che non è precisamente un pacifista , ma tutti sappiamo che quella guerra è stata umanitaria e non era fatta per piantare bandiere coloniali oltremare . Vorreste ora farci credere il contrario ? Cosa c ' entra poi faccetta nera ? A quei tempi avevo dieci anni e andavo a vedere i soldati con le bandiere che si imbarcavano per l ' Etiopia . Più tardi ho saputo che c ' era un compagno , che mi pare si chiamasse Barontini , che combatteva dalla parte del Negus contro i gas del maresciallo Graziani . Ne trassi un senso di orgoglio nazionale . E ora vorreste farmi credere che invece D ' Alema , se fosse nato in tempo , sarebbe eroicamente caduto impugnando il tricolore ? Io non li capisco questi giovani dirigenti postcomunisti , non capisco da quale cultura provengano . Ma non posso credere che , alla ricerca di una identità , finiscano col formarsi una mentalità ed ereditare archetipi a cui perfino Gasparri cerca di sottrarsi . Si può trarre motivo di orgoglio patriottico da Dante Alighieri o Michelangelo , dal sole di Napoli se non del rione Sanità , dai fratelli Cervi ( chi erano ? ) o dalla presenza della Santa Sede , anche da Valentino ( il sarto ) . Oppure dalla felicità della società che si governa . E invece no , la cosa di sinistra è il tricolore sulla quarta sponda . Se è così , è venuto il momento di mandare la Folgore in Cecenia , dirottandola da Timor est che non fa più notizia . Qui c ' è una nuova macelleria nella provincia di un ex impero , profughi a non finire , diritti umani e diritto all ' autodeterminazione calpestati , un vistoso Kosovo . Non si capisce perché l ' Onu , la Nato , il generale Clark o chi per lui , rinuncino in questo caso al principio dell ' ingerenza umanitaria come nuovo internazionalismo ( Tony ) . Non è perché i russi hanno i missili , il generale Clark ha già detto di non temere la terza guerra mondiale . Allora perché due pesi e due misure ? Oltretutto il Caucaso è pieno di petrolio e ci sarebbe anche convenienza . Pensaci D ' Alema , parlane con il generale discutendo del tuo libro , forse vinceresti le elezioni regionali e resterai a palazzo Chigi fino al 2001 . C ' è qualcosa che non faresti per tagliare questo traguardo ?
PREFAZIONE ( - , 1861 )
StampaPeriodica ,
Ai tanti mali ond ’ è invasa la nostra Italia , minaccia oggi d ’ aggiungersi quello di una missione protestante , che , solennemente annunciata non è guari dai giornali , sta per esser spedita dall ’ Inghilterra , ad oggetto d ’ incoraggiarvi con tutti i mezzi possibili la Riforma protestante . Fra questi mezzi viene specialmente indicato quello della pubblicazione di libri di preghiera in lingua italiana , e di altri giudiziosi scritti pure in lingua italiana . Bisogna dunque dire che la rivoluzione politica , da cui la nostra cara penisola è da omai due anni contristata , sia in buon accordo col protestantismo , dacché questo , solo oggi , e dopo appunto che quella gli ha , direm così , preparato il terreno ; solo oggi e non prima , anzi non prima che dessa prevalesse in Italia , osa annunciare solennemente l ’ invio de ’ suoi missionari fra noi . E perché questo può dirsi con tutta ragione , non si vedrà per conseguenza inopportuno di far avvertiti per ogni via i cattolici , e massime i padri a tenersi in guardia per le loro famiglie dall ’ influsso dell ’ annunciata missione , la quale , proponendosi di agire anche mediante scritti giudiziosi in italiano , può giustamente temersi che ricorrerà senza meno al mezzo degli almanacchi , siccome è noto che vi è già ricorso un di lei precursore in altra contrada del cattolico nostro paese . Per tale evenienza Il Vero Amico viene spontaneo alla luce all ’ effetto di premunire i cattolici contro siffatto genere d ’ insidie . E perché inoltre può dirsi con tutto fondamento che la rivoluzione e il protestantismo sono di buona intesa fra loro , così sarà utile dare un cenno dei fatti che formano la storia dell ’ una e dell ’ altra . Dei fatti di quella , limitandoci al decennio contemporaneo , direm brevi parole in questa prefazione ; e del protestantesimo che osa venire ad inaugurarsi fra noi , registreremo le principali gesta , od in note , od in riscontri storici mese per mese nel corpo dell ’ almanacco . Così il savio lettore cattolico conoscerà di che mala razza siano entrambi . La rivoluzione che da dieci anni ha messe le radici in Piemonte , all ’ udire quei Dulcamara che governano in di lei nome , è altamente favorevole allo sviluppo del sentimento religioso . Confrontinsi le di lei opere coi precetti del Decalogo , il quale è la legge comune di noi cattolici , e si vedrà quanto sia menzognero siffatto vanto . Comanda primieramente il Signore nel Decalogo “ di non aver altro Dio fuori di lui ” e con ciò proibisce la libertà dei culti ; ma la rivoluzione ha invece proclamata questa libertà , in virtù della quale si sono già eretti tempi valdesi , chiese nazionali , e si è fatto diritto ai protestanti , agli scismatici , agli eretici d ’ ogni genere , mormoni , quacqueri , turchi , di dogmatizzare a lor moda e combattere direttamente la religione degli Italiani , di seminar Bibbie falsificate , e di predicare infine ad uditori prezzolati siccome ha fatto specialmente il famoso apostata frate Gavazzi in Toscana ed in Napoli . Il Signore comanda altresì “ di non pigliare il nome di Dio invano ” ed ordina perciò anche l ’ osservanza dei giuramenti e delle promesse fatte in nome suo . Or bene : la rivoluzione , appena divenuta al potere del paese ha rotti i Concordati colla Santa Sede , sì in Piemonte che in Lombardia , ed altrove ; non rende ai legittimi principi i territori che ha riconosciuto loro spettare in nome della SS . Trinità nel trattato di Zurigo ; non paga i tributi dovuti al Papa in forza di antiche convenzioni ; non rimette ai frati di Lombardia i beni che si è obbligata a Zurigo di restituir loro , e viola tutto giorno la promessa di pace che diede solennemente in quel trattato . I giornali poi che le sono devoti bestemmiano e profanano quotidianamente il nome di Dio , e si fanno beffa della nostra fede . “ Ricordati di santificare le feste ” comanda in terzo luogo il Signore . La rivoluzione colla famosa legge Siccardi , in onta dell ’ opposizione della Santa Sede , si arrogò sacrilegamente l ’ autorità di sopprimere alquante feste in Piemonte , e notizie anche di fresca data assicurano che non rispetta poi neppur quelle che ha conservate ; ed una delle prime cose che ora ha fatto in Napoli è stata quella di sopprimere varie feste votive di quella città . “ Onora il padre e la madre ” dice il quarto comandamento del Decalogo . Proclamando la rivoluzione la libertà di opinione di coscienza , rompe nell ’ ordine domestico il vincolo di soggezione da cui per legge di natura sono tenuti i figli verso i genitori , e così distrugge la veneranda autorità del potere paterno , che è la base dell ’ ordine sociale . Chi è cattolico inoltre ha per madre la Chiesa , e per padre il romano Pontefice . La rivoluzione ha usurpato i domini della Chiesa e del Papa ; si richiamano di queste usurpazioni le allocuzioni del Sommo Pontefice Pio IX , le pastorali de ’ vescovi , le proteste del popolo cattolico ; lo dicono i vescovi in esiglio , i cardinali prigioni , il clero spogliato ecc . ecc . ; ed essa , sconosce i richiami , e le proteste , e continua ad offendere il Signore anche in questo . Dice il quinto comandamento “ non ucciderai ” e la rivoluzione , movendo ingiustamente la guerra ai poteri costituiti e specialmente al Papa è rea di tanti omicidi , quanti sono coloro che morirono nelle guerre avvenute dal maggio 1859 in avanti , e quante sono le vittime fatte fuori della guerra , come a dire l ’ innocente sacerdote fucilato in Perugia , e i tanti fedeli sudditi di re Francesco II fucilati nelle Due Sicilie . Riguardo al sesto precetto “ non maechaberis ” basterà ricordare che già la rivoluzione si dié cura di regolare con leggi che hanno la data del 1855 e del 1857 il libero esercizio dell ’ immoralità , ed ora , conforme lo ha pur notato ultimamente Pio IX nella sua allocuzione del 28 settembre prossimo scorso , appena messo il piede nelle Marche e nell ’ Umbria , ha proclamato il diritto del mal costume . “ Non ruberai ” dice il settimo precetto ; e la rivoluzione non solo non può dirlo d ’ averlo osservato , ma anzi lo rinnega in principio , e non si vergogna così d ’ aver rubato , ma ben anco si mostra disposta a rubare tutto quello che può . Ruba gli Stati , ruba i patrimoni dei principi ; spoglia i Corpi religiosi non che gli individui , nel mentre protesta di rispettare a tutti il diritto di proprietà , nel mentre condanna la confisca che usava in altri tempi , e che alla fin fine si applicava in pene di delitti contemplati dalla legge , e commessi da coloro cui veniva inflitta ; ruba infine ai popoli coi prestiti , e colle imposte , dei quali si crea il bisogno colla sua avventata amministrazione . “ Non dire falso testimonio contro il tuo prossimo ” prescrive l ’ ottavo precetto del Signore ; e la rivoluzione dopo aver denigrato per i trivi i governi costituiti in Italia , s ’ incaricò di deporre il falso contro di loro , e massime contro il Papa nel famoso congresso di Parigi , dove accusò di cattiva la legislazione pontificia , mentre per avviso degli intelligenti è migliore di quella di Francia e dello stesso Piemonte il cui Parlamento rese siffatta testimonianza ; e dove denunciò in pericolo di perturbazioni politiche gli altri Stati , e molestato da bande di ladri quello del Papa , mentre niuna perturbazione vi ebbe mai luogo , e vi riusciron male all ’ incontro quelle spedite da Sarzana e da Genova , paesi soggetti al Piemonte ; e mentre i ladri , avanzo della rivoluzione del 1848 , erano già stati in allora distrutti nelle Romagne ed invece crebbero a dismisura in Piemonte , fino al punto che un giorno furon levati d ’ in sul naso gli occhiali ad un giudice , ed in un altro la stampa non ebbe rossore di manifestare simpatie per certo Mottino celebre masnadiere , e di intercederne la salvezza contro il voto della legge che lo dannava a morte pe ’ suoi misfatti . Il Decalogo comanda eziandio di “ non desiderare la roba degli altri . ” I fatti di cui siamo testimoni e di cui abbiamo dato cenno ci dicono se la rivoluzione desideri o no la roba altrui . Finalmente il Signore vieta un altro genere di desideri ; ma la rivoluzione colla proclamata libertà delle opinioni e delle credenze , coll ’ esempio di usurpare l ’ altrui , col licenziare per legge la vita immorale , non può farsi scrupolo di un desiderio che la legge del Signore proscrive ; sicché non uno dei precetti del Decalogo è stato ed è da essa osservato . E dopo tutto ciò ognuno ben vede che dessi non è , come si vanta , favorevole allo sviluppo del sentimento religioso . È invece altamente contraria ; e se tale non fosse , come oserebbe il protestantesimo farsi innanzi sui di lei passi ? Stiam dunque all ’ erta . Diffidiamo di coloro che belli di siffatte millanterie rigettano il dominio temporale del Papa ; perché questa è la via che conduce a rigettare anche la spirituale autorità . Vegliamo . La rivoluzione si leva la maschera : dopo aver distrutto i troni , si avventa all ’ altare ; cerca di strapparci dal grembo della cattolica Chiesa . Provvediamo alla nostra fede , e guardiamoci dalle insidie che ci tendono i nemici di essa .
LA RESISTENZA CATTOLICA ( G.F. , 1907 )
StampaPeriodica ,
Due fatti recenti - la sospensione a divinis di Don Romolo Murri e il biasimo inflitto al Rinnovamento - hanno mostrato che la Chiesa Cattolica , o per meglio dire quella coterie di alti dignitari ecclesiastici che influisce sulle opinioni del Papa , non è disposta a tollerare nessuna forma di modernismo , sia esso politico , esegetico e che appare decisa a ricorrere ad ogni mezzo perché non s ' introduca nell ' antico edificio nessuna merce di contrabbando , provenga essa dalla democrazia , dalla scienza critica o dalla filosofia protestante . Come già dicemmo altra volta il Papa - dal punto di vista cattolico - non ha tutti i torti . Esso ha in consegna una tradizione millenaria di autorità , di unità , di disciplina e non ha il diritto di cedere immediatamente ai primi tentativi di mutare profondamente tutto lo spirito del cattolicismo . La sua attitudine potrà sembrare meschina , il suo orizzonte ristretto e si dirà , forse con ragione , ch ' egli mostra di non comprendere completamente le possibilità che si offrono ancora nel mondo alla Chiesa Cattolica ; ma d ' altra parte egli rappresenta dei principi che hanno pure le loro ragioni d ' essere e di cui gli uomini non si son trovati scontenti per molti secoli . Perché una macchina continui ad agire e un organismo continui a vivere non occorrono soltanto nuovi rifornimenti di combustibile e di alimenti , vale a dire di forza nuova , occorre pure che vi siano dei meccanismi distributori , degli organi inibitori che assimilino a poco a poco la forza e la conservino per distribuirla gradatamente , altrimenti tutta l ' energia si sperde invano . Nella Chiesa Cattolica ci sono oggi - come ci sono state quasi sempre - queste due parti : quella conservatrice e moderatrice e quella innovatrice e rivoluzionaria . Ambedue sono necessarie alla vita della Chiesa e l ' una e l ' altra darebbero prova di stolidità se volessero reciprocamente sopprimersi . Se non ci fosse in alto l ' autorità che conserva le verità acquisite coi dogmi , e non ci fosse nel profondo l ' apporto di nuove energie e scoperte religiose il cattolicismo sarebbe condannato a morire . A seconda del partito vincitore cambierebbe il genere di morte ; o la sterilità o l ' anarchia . Ma il cattolicismo non par che voglia morire . Mai come in questi tempi di separazione e di anticlericalismo s ' è parlato tanto di cose religiose , specialmente cristiane e cattoliche . La Chiesa Cattolica dovrà forse ai suoi assalitori - interni ed esterni - il trionfo di una nuova giovinezza .
ProsaGiuridica ,
Vittorio Emanuele III per Grazia di Dio e per la Volontà della Nazione Re d ' Italia e di Albania Imperatore d ' Etiopia Il Senato e la Camera dei Fasci e delle Corporazioni , a mezzo delle loro Commissioni legislative , hanno approvato ; Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue : Art . 1 . E ' vietato l ' esercizio di qualsiasi attività nel campo dello spettacolo a italiani ed a stranieri o ad apolidi appartenenti alla razza ebraica , anche se discriminati , nonché a società rappresentate , amministrate o dirette in tutto o in parte da persone di razza ebraica . Art . 2 . Sono vietate la rappresentazione , l ' esecuzione , la proiezione pubblica e la registrazione su dischi fonografici di qualsiasi opera alla quale concorrano o abbiano concorso autori od esecutori italiani , stranieri od apolidi appartenenti alla razza ebraica e alla cui esecuzione abbiano comunque partecipato elementi appartenenti alla razza ebraica . Sono del pari vietati lo smercio dei dischi fonografici e l ' importazione di matrici di dischi previsti dal precedente comma e la successiva riproduzione delle matrici stesse . Art . 3 . E ' vietato utilizzare in qualsiasi modo per la produzione di film , soggetti , sceneggiature , opere letterarie , drammatiche , musicali , scientifiche ed artistiche , e qualsiasi altro contributo , di cui siano autori persone appartenenti alla razza ebraica , nonché impiegare ed utilizzare comunque nella detta produzione , o in operazione di doppiaggio o di post sincronizzazione , personale artistico , tecnico , amministrativo ed esecutivo appartenente alla razza ebraica . Art . 4 . Per i film da importare dall ' estero l ' Ente nazionale Acquisti Importazioni Pellicole Estere (E.N.A.I.P.E.), nel giudicare della opportunità di autorizzare o meno , ai sensi dell ' art . 5 della legge 4 aprile 1940-XVIII , n . 404 , sul monopolio per l ' acquisto , l ' importazione e la distribuzione dei film cinematografici provenienti dall ' estero , l ' acquisto di film esteri , terrà conto delle condizioni nelle quali questi sono stati prodotti fuori dal Regno in relazione alle disposizioni della presente legge . A tale scopo le domande di acquisto di film esteri debbono essere corredate di elenchi nominativi degli autori delle opere utilizzate per la produzione dei film medesimi e di coloro che hanno ad essa concorso con contributi artistici e tecnici di notevole importanza . Agli stessi criteri indicati nel primo comma del presente articolo dovrà attenersi il Ministero della cultura popolare nell ' accordare o meno ai film importati dall ' estero il nulla osta per la proiezione in pubblico di cui all ' art . 1 del regolamento per la vigilanza governativa sulle pellicole cinematografiche approvato con R . decreto - legge 24 settembre 1923-I , n . 3287 . Art . 5 . Con decreto del Ministro per la cultura popolare , di concerto con il Ministro per l ' interno , sarà nominata una Commissione di cui fanno parte anche due rappresentanti del Ministero dell ' interno ed alla quale è attribuito il compito di provvedere alla compilazione ed all ' aggiornamento degli elenchi di autori e di artisti esecutori appartenenti alla razza ebraica . Nei riguardi degli autori ed artisti italiani e degli autori ed artisti stranieri od apolidi , residenti nel Regno , l ' inclusione nell ' elenco dovrà essere preceduta dall ' accertamento della posizione razziale , da parte del Ministero dell ' interno , secondo le norme contenute negli articoli 8 e 26 del R . decreto - legge 17 novembre 1938 , n . 1728 . Tali elenchi sono pubblici . Art . 6 . Ai componenti della Commissione saranno corrisposti per ogni giornata di adunanza gettoni di presenza da determinarsi nei modi previsti dall ' art . 63 del R . decreto 11 novembre 1923-II , n . 2395 . Art . 7 . Chiunque contravviene alle norme contenute negli articoli 1 , 2 e 3 della presente legge è punito con l ' ammenda da L . 50 a L . 10.000 . Ordiniamo che la presente , munita del sigillo dello Stato , sia inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d ' Italia , mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato . Dato a Roma , addì 19 aprile 1942-XX Vittorio Emanuele Mussolini , Pavolini , Grandi Visto il Guardasigilli : Grandi
UNA GIORNATA NEL CAUCASO ( Calvino Italo , 1952 )
StampaPeriodica ,
Siamo scesi dal treno a una piccola stazione dell ' Azerbaigian , Cacmas , tra le prime alture del Caucaso . Alla stazione , nuova gentile invasione floreale del nostro vagone , già carico di mazzi di fiori dalla partenza da Baku . Prendiamo posto in un autopullman che ci porterà a visitare un sovkos e un colcos dell ' interno . Al paese di Kuba , le ragazze vestite coi costumi di tutte le repubbliche sovietiche ci risommergono di mazzi di fiori . Nel teatro , le orfane di guerra hanno preparato uno spettacolo per noi . A fatica ci strappiamo dalla calorosa ospitalità degli abitanti che vorrebbero farci passare con loro la giornata . Kuba è un paese di 10 mila abitanti , con diverse piccole fabbriche sparse intorno : industrie di conserve di frutta . Ha una scuola di 10 classi ( cioè corrispondenti alle nostre cinque elementari e cinque di ginnasio ) che visitiamo ; l ' insegnamento è in lingua azerbaigiana ; nelle ultime classi si studia il russo ; ci sono 200 allievi che studiano lingue estere : inglese o tedesco o francese . Lasciate le bianche fabbriche di Kuba , il nostro autopullman procede per strade deserte tra i campi , semi - invase dal fango : è una delle prime belle mattine dopo quaranta giorni di pioggia . Gli incontri sono rari : cosacchi a cavallo , tutti pelo , tra quello della barba e quello del colbacco ; pastori con lunghe bisacce ricamate appese alle spalle guidano greggi di pecore bianche e nere . Mi dico : « E poco più d ' un ' ora che abbiamo lasciato l ' ultimo paese , e qui sembra che il socialismo sia una realtà lontanissima , sembra d ' essere fuori del tempo ... » . Quand ' ecco , ai lati della strada , cominciano ad allinearsi fitti filari di meli : i frutteti curati come giardini s ' estendono a perdita d ' occhio intorno a noi . Il pullman imbocca il cancello del sovkos « Baghirov » . In un giardino tutto verde e fiori c ' è la casetta della direzione , e Efendiev , il direttore , un omaccione coi baffi neri e il colbacco , ci aspetta sulla soglia . Nell ' ufficio del direttore sembra d ' essere ancora in giardino , con tutto quel verde alle finestre , uno scaffale pieno di mele rosse , grossissime , messe in mostra , e negli angoli zucche grandi come mappamondi , verdi e gialle , posate su treppiedi . Poi carte geografiche di tutti i colori , che Efendiev indica , parlando ; e tre telefoni sulla sua scrivania ai quali egli continuamente è chiamato o chiama , interrompendo il suo discorso . Cominciò a darci il benvenuto , parlò dell ' Italia , di Togliatti , e prese a raccontarci la storia del suo sovkos . Vent ' anni fa qua erano paludi , dove cresceva solo il riso . Poi , nel 1931 , è stato fondato il sovkos , cioè l ' azienda agricola statale , che dipende dal trust delle conserve di frutta dell ' Azerbaigian . Hanno asciugato le paludi per 2300 ettari , hanno coltivato la terra con le macchine , hanno piantato i frutteti . Il direttore s ' avvicina a un grafico appeso alla parete , incorniciato con fregi di frutta , e ci illustra gli aumenti di produzione : 84 tonnellate di frutta nel '38; nel '41 erano già arrivati a 317 , nel '42 a 494; nel '43 molti degli uomini sono al fronte e la produzione comincia a scendere : 334 tonnellate ; e cala fino a 150 tonnellate nel 1945 . ( Così dappertutto in U.R.S.S. mostrano il male che ha fatto la guerra , il male che farebbe se tornasse ) . Ma poi , nel '46 , un gran balzo : 1183 tonnellate , poi 2700 , 3900 , 6500 e quest ' anno sono già quasi arrivati a 8000 . Tra cinque anni gli alberi daranno 22 mila tonnellate di frutta . Ma il compagno Baghirov ( il segretario del P.C. azerbaigiano , al cui nome è dedicato il colcos ) , esaminati i piani , ha proposto che arrivassero fino a 25 mila . Era una cifra un po ' grossa , i tecnici si sono riuniti per vedere se potevano arrivarci . Risultato : hanno deciso d ' impegnarsi per 30 mila tonnellate , su iniziativa dei giovani comunisti . Confesso che , prima , io non riuscivo mai a interessarmi molto degli elenchi di cifre , non riuscivo a entrare nello spirito di quei numeri . In Unione Sovietica , dovunque si vada , sono cifre che saltano fuori ; oramai ci ho preso gusto e non posso fare a meno di appassionarmici . I lavoratori hanno le loro case nel sovkos , - case di loro proprietà , in gran parte - e sono pagati a cottimo ( circa 40-60 rubli al giorno ) e chi sorpassa il premio annuale ha dei premi anche di 8-10 mila rubli oltre ai premi in natura . Siccome una mucca costa 1000 rubli , mi sto già domandando , se con questo sistema dei premi non possa rinascere il capitalismo , quando il direttore ci enumera ciò che ogni lavoratore sia dei colcos sia dei sovkos di quella regione può possedere come proprietà privata : un quarto d ' ettaro di terreno , una mucca con vitello , due maiali e cinque pecore . Mentre Efendiev parla , una donna con uno scialle attorno al capo ci porta vassoi pieni di mele , grosse mele rosse , e salviette di carta con sopra impresso l ' emblema del sovkos : una gran mela rossa . In questo sovkos ci sono le scuole obbligatorie di sette classi , le scuole serali per chi lavora , una scuola agronomica e una scuola zootecnica . Palestra , foot - ball , palla a volo , e scuderie per il gighit , lo sport equestre del Caucaso . Della nostra delegazione fa parte una dirigente dei pionieri di Bologna , che dovunque si vada , domanda sempre particolari sull ' organizzazione dei pionieri . E Efendiev le racconta un episodio sui pionieri naturalisti di questo sovkos . Durante la guerra i frutteti erano infestati da un insetto nocivo detto zlatabuska ( ce ne fa scrivere anche il nome latino : Euprochtis crysorrea ) che può essere ucciso solo alla nascita . I piccoli naturalisti giurarono di dar battaglia alla zlatabuska e di sterminarla . Si sguinzagliarono mattina e sera per i frutteti ; d ' allora in poi , l ' insetto è scomparso dalla zona . Nel reparto d ' imballaggio della frutta , ci accomiatiamo dal direttore perché siamo attesi al colcos « Orgionikize » . Efendiev ci regala ancora mele , tovagliette di carta diverse dalle altre perché hanno l ' emblema stampato in verde , e prima di lasciarci partire vuole che gli assicuriamo che , appena tornati in Italia , andremo a salutare Togliatti a nome suo personale . Lasciato il sovkos « Baghirov » , la strada scende ancora per colline e colline , guada fiumi , finché arriviamo a un villaggio di linde casette : il colcos « Orgionikize » . Nella piazzetta ci sono i colcosiani che ci aspettano , i bambini delle scuole con i fiori , e un ' orchestrina formata da un tamburo , da un flauto e da una specie di trombetta , che suona striduli motivi in nostro onore . Giriamo per il villaggio coi tre suonatori e tutto il paese dietro . Nel teatrino del colcos , dove siamo accolti , adorno d ' arazzi multicolori coi ritratti di Stalin e di Baghirov , un giovanotto bruno e smilzo , coi baffettini neri , si mette a ballare una di quelle loro danze snodate , di tipo arabo . Invita a ballare una delle nostre ragazze , e la scelta cade su una piccola compagna napoletana , nera nera anche lei , che per tutta l ' Unione Sovietica trova ricciuti ufficiali che le danno la loro fotografia con dedica e pallidi studenti che vogliono scriverle a Napoli . Poi ci portano a vedere le opere pubbliche . Prima tra tutte , la doccia : una casetta con dentro una doccia . Bisogna sapere che qui prima non c ' era neppure una tubatura d ' acqua . Avere l ' acqua è per loro una grande conquista , e certo un paese che ha conosciuto insieme l ' acqua potabile , la luce elettrica , l ' alfabeto , gli autocarri , le scuole , i trattori , il telefono , la radio , il cinema , tutto nel giro di pochi anni , deve avere delle prospettive storiche tutte sue . Perciò l ' acqua potabile è ancora qualcosa di prodigioso : difatti , passando per la piazza vedo un vecchietto col colbacco avvicinarsi alla fontana , aprire il rubinetto e indicarci il getto . In questa regione - ci dicono - prima della collettivizzazione una catena interminabile di vendette e faide familiari dissanguava i paesi , per cui i giovani non riuscivano ad arrivare adulti prima che la schioppettata di una famiglia nemica non piombasse loro addosso . Ora il sangue delle faide sembra antico di secoli ; nel colcos vivono 240 famiglie ognuna nella sua casetta , e ogni anno coi guadagni collettivi si costruiscono qualcosa : la scuola , il club , la centrale idroelettrica . Perfino il telefono , in tutte le case , e addirittura una piccola stazione radio della direzione del colcos . Così si può osservare , nel microcosmo del colcos , il processo che , in grande , si verifica in tutta l 'U.R.S.S.: i cittadini vedono che il lavoro collettivo migliora continuamente le loro condizioni di vita , e s ' appassionano sempre di più ad esso e alla vita socialista . In questo colcos solo l ' anno scorso sono state costruite 50 nuove case private . Un colcosiano di questa regione guadagna al giorno : 8 chili di grano , 9 chili di mele , 18 rubli , e poi altri prodotti : patate , latticini . Stando alle notizie che raccolgo , la prima cosa che un colcosiano cerca di fare coi suoi guadagni è costruirsi una casa di sua proprietà , dopo cerca di comprare una mucca , e poi un ' automobile « Moskovic » . Andiamo a visitare qualche casa di colcosiani : case in muratura , a due piani , sempre con una loggia di legno al primo piano . Basta che alla loggia s ' affacci una donna imbacuccata di veli bianchi , perché le casette prendano subito un aspetto orientale , ma con insieme qualcosa di nordico , tetti di lamiera rossa con una fila di galletti sulla cimasa . Da una veranda dove noto un grosso e moderno apparecchio radio , entriamo in una stanza da letto , con cinque bei tappeti ( qui è il paese dei tappeti ! ) e con bassorilievo di gesso sul soffitto che rappresenta un pavone . Il colcosiano Merikov , l ' anno scorso , coi centomila rubli dei suoi guadagni familiari ( solo in denaro ; poi c ' erano quelli in natura ) s ' è costruito questa casetta di sei stanze . La casa coi galletti sul tetto rosso è di Alì Mamedov , un ometto col giaccone di cuoio che l ' anno scorso , di rubli ( in famiglia sono in quattro che lavorano ) , ne ha guadagnati 128 mila . Dice d ' essere in grado d ' ospitare per un anno una delegazione italiana a far niente , tutto a sue spese , e s ' offre di farlo . Quasi quasi lo prendiamo in parola . Per la strada , due vecchi dall ' aria arzilla stanno a guardare il viavai , sorridendo sopra le bianche barbe a punta e con gli occhi ammiccanti sotto il colbacco . Uno ha 125 anni , - sento dire - l ' altro 120 . Avevo già sentito parlare della longevità dei contadini caucasici , e non voglio mettere in dubbio l ' informazione . A ogni modo , ci viene detto : « E inutile che chiediate a loro ; rispondono sempre d ' avere diciassette o diciotto anni » . Pranziamo nel colcos , a una gran tavolata in mezzo a contadini e contadine . Mahmud Kuliev , un ometto scuro e atticciato , presidente del colcos , ci parla attraverso due interpreti , perché sa solo l ' azerbaigiano . Ci viene servito riso con uva passa , gli immancabili cetrioli , pere secche , cipolle crude senz ' olio , e alfine un magnifico , enorme montone bollito , che , siccome non ci sono coltelli in tavola , dobbiamo impugnare con le mani e sbranare a morsi come antichi guerrieri . I tre suonatori e il giovinotto ballerino accompagnano il banchetto con musiche e danze , e i colcosiani cantano in coro le loro canzoni dalla melodia vibrata e dissonante . Sono canzoni orientali che si direbbe appartengano al folklore più tradizionale : ma le parole si richiamano a nuove città fondate , a eroine del lavoro , a Stalin . Ce n ' è una che ci piace moltissimo : Azerbaigian - dan ! e ci uniamo al coro sostituendo le parole con dei tarararà , e va benissimo . Tutti , colcosiani e delegati , a uno a uno , dobbiamo esibirci nella danza azerbaigiana , accompagnati dal ritmico batter di mani di tutti gli altri , e incitati dai dirigenti del colcos che hanno per primi dato l ' esempio . Intanto continuano a comparire vassoi con nuovi pezzi di montone ; e quando un robusto cantore intona verso dopo verso un antico poema interminabile che racconta le gesta di leggendari eroi , l ' atmosfera non potrebb ' essere più omerica . Ci vengono pure offerti vassoi con piramidi di mele rosse , ma oramai , dopo tutte quelle che ci ha convinto a mangiare stamattina il direttore Efendiev , di mele siam già sovrasaturi . Viene sera . E stata la più bella giornata del nostro viaggio . L ' esperienza che abbiamo avuto della campagna sovietica , nei semplici e purtroppo rapidi contatti con questa gente , vale più di volumi di dati e statistiche . Ci accomiatiamo , e il capo delegazione offre i nostri doni ai colcosiani . ( Sono molto contento che tocchi a loro la scatola di gianduiotti che mi sono portato da Torino ) . Il presidente del colcos e gli altri compagni si guardano un momento , un po ' soprappensiero . Il presidente dà un breve ordine . Un colcosiano esce e ritorna con un tappeto , che consegna al capo - delegazione . È un bel dono e pensavamo che tutto finisse così . Invece , tornando in pullman per le colline brulle e fangose , vediamo un camion che ci segue . È carico di mele ; il presidente del colcos ha voluto regalare una cassetta di mele a ciascuno di noi . Per tutto il resto del viaggio , fino a Mosca , navighiamo tra queste mele .
UN PRESIDENZIALISMO MAL CONGEGNATO ( Sartori Giovanni , 1998 )
StampaPeriodica ,
La lunga marcia delle riforme ha sinora affrontato , alla Camera , soltanto due nodi : quello del federalismo ( forma di Stato ) e quello del presidenzialismo ( forma di governo ) . Sul primo , il testo concordato in Bicamerale è stato ampiamente modificato ; sul secondo , invece , è stato rispettato . Il che non è di per sé riprovevole o irragionevole . Se gli accordi della Bicamerale fossero tutti blindati , allora l ' esame delle Camere non avrebbe senso , sarebbe soltanto pro forma . Però , se tutti gli accordi della Bicamerale fossero sblindati , cioè tutti da rifare , allora sarebbe il lavoro della commissione costituente a risultare inutile . Alla domanda se i patti della Bicamerale saranno rispettati , pertanto , per il momento si può soltanto rispondere : in parte sì , in parte no . Ma siamo ancora ai primissimi passi . Perché c ' è ancora da vedere che cosa succederà al Senato , dove la riforma presidenziale approvata a Montecitorio potrà tenere , ma dove dubito molto sulla tenuta della riforma federale . Il solo punto abbastanza fermo , a oggi , delle riforme è dunque quello del presidenzialismo . Vediamolo . In passato il presidente della Repubblica era eletto dalle Camere . In futuro sarà eletto , in forza dell ' articolo 64 della nuova Costituzione , a suffragio universale diretto . La Camera ha anche approvato gli articoli che ne specificano poteri e modalità di elezione , affrontando per ultimi due punti : le prerogative presidenziali in materia di politica estera e di difesa ( art. 66 , sub a ) e il potere di scioglimento delle Camere ( art. 70 ) . Sono punti importanti , e controversi per questo ; ma non abbastanza importanti da modificare la valutazione d ' insieme . I sistemi genericamente detti presidenziali sono almeno una trentina , e si dividono in tre tipi : il sistema presidenziale puro di tipo americano , il sistema semipresidenzíale di tipo francese , i sistemi presidenziali spuri che sono tali di nome più che di fatto . Il solo denominatore comune di tutti questi sistemi è l ' elezione popolare del capo dello Stato . Ma la sola elezione non basta a rendere un sistema presidenziale diverso da un sistema parlamentare . Irlanda , Islanda e Austria esibiscono presidenti eletti a suffragio universale , ma funzionano in tutto e per tutto come sistemi parlamentari nei quali il presidente conta poco o niente . Un sistema politico è davvero presidenziale , allora , quando il presidente conta in termini di potere di governo . Negli Stati Uniti è il presidente che governa e che riassume in sé tutti i poteri di governo . Dunque , nel sistema presidenziale puro il presidente conta moltissimo . L ' inconveniente di questa formula , che si manifesta appieno in America Latina , è duplice : da un lato è aperta al rischio dell ' eccesso di potere , dall ' altro lato non prevede il caso che viene detto della « maggioranza divisa » , cioè del presidente che si trova in minoranza in Parlamento . In Francia , invece , la struttura del potere esecutivo è diarchica , a due teste ; ma il problema di una conflittualità o paralisi diarchica è risolto dal fatto che l ' esercizio effettivo del potere passa dal capo dello Stato al capo del governo - e viceversa - a seconda di chi si trova in maggioranza . Il semipresidenzialismo francese è dunque un sistema altamente flessibile che non si incaglia , come avviene in America , nelle secche della maggioranza divisa . In Francia il presidente a volte conta molto , a volte conta meno ; ma non è mai un presidente che non presiede nulla , la cui funzione è di essere soltanto un garante . Come si cerca invece di renderlo nel presidenzialismo all ' italiana . Come notavo , in materia di poteri presidenziali esiste ancora un contenzioso aperto . Ma ammettiamo che gli articoli 66 e 70 resistano agli assalti e passino nella versione proposta dalla Bicamerale . Anche se così sarà , il presidenzialismo all ' italiana è pur sempre da ascrivere alla categoria dei presidenzialismi spuri e mal congegnati ; che talvolta sono soltanto inutili , come nella citatissima Austria , ma che possono anche essere dannosi . Capisco benissimo chi si oppone al presidenzialismo puro . Capisco anche , seppur meno , chi nemmeno vuole il semipresidenzialismo . Ma l ' argomento vero non è che nel modello francese si annida il pericolo di una tirannide virtuale , come gridano , comprensibilmente spaventatissimi , Armando Cossutta e Fausto Bertinotti ; e nemmeno il pericolo della deriva plebiscitaria denunziato dai popolari . Chiamando le cose con il loro vero nome , chi diffida di qualsiasi presidenzialismo teme l ' elezione popolare diretta . Coma fa un elettorato che di politica si interessa poco , e sa pochissimo , a scegliere una persona adatta ? Diciamolo senza infingimenti : il rischio di una cattiva scelta , di una scelta sbagliata , è un rischio da mettere in conto . E la videopolitica lo accentua . In Brasile la televisione ha portato al potere Collor , un pessimo presidente cacciato per corruzione nel 1993 . In questo momento pare che dalle elezioni presidenziali nelle Filippine esca vincitore un ex attore ( come Ronald Reagan , ma senza il suo tirocinio politico ) e che in Venezuela la candidata più forte per le elezioni presidenziali di dicembre sia Irene Sàez , un ' ex Miss Universo di 36 anni : certo una gran bella ragazza , ma che cosa c ' entra ? Dunque il presidenzialismo comporta un rischio che l ' elezione parlamentare del presidente riduce . Ma il guaio è che in Italia i nemici del presidenzialismo sono riusciti a depotenziarlo senza però riuscire a evitare l ' elezione diretta ( per ben sei anni ) . Il che rischia di produrre un presidenzialismo reso pericoloso dalla propria impotenza . L ' elezione popolare del capo dello Stato non è piccola cosa . Tra le tante , troppe elezioni che ci affaticano , è la Grande Elezione . Mobilita un paese per mesi , richiede manovre di posizionamento dei candidati per anni , e impiega ingenti energie e risorse . Dopo di che , e soprattutto , crea aspettative . In Italia - se mai arriveremo al referendum confermativo della nuova Costituzione - l ' elezione del presidente verrà strombazzata come una grande conquista democratica , come un aumento del potere popolare . Non sarà vero , sarà un imbrogliuccio . Ma resta vero che l ' elezione diretta dà legittimità , e quindi il nuovo presidente potrà parlare più di ogni altro in nome del popolo . E se sarà un tipo battagliero potrà dare battaglia per conquistare i poteri che la Costituzione gli nega , ma che i veri presidenzialismi gli assegnerebbero . Una battaglia che gli verrà facilitata da un varco che i nostri costituenti hanno lasciato sguarnito senza accorgersene . Nell ' articolo 66 sub e , approvato pochi giorni fa , si legge che il presidente della Repubblica « autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del governo » . E vero che quel disposto ripete l ' articolo 87 della Costituzione del 1948 . Ma se era reso aggirabile , in passato , da un sistema parlamentare , è un disposto che diventa pericolosamente offensivo in mano a un presidente a elezione popolare . Che cosa succede se il presidente non autorizza la presentazione di un disegno di legge ? Dal testo si evince che la non autorizzazione è un atto interamente discrezionale . E dunque può succedere che il presidente unto dal popolo blocchi , volendo , quasi tutto il governare . Bravi davvero , Leopoldo Elia e soci . Nel combattere il presidenzialismo , i popolari hanno ottenuto un presidenzialismo impotente sì , ma aperto ai conflitti istituzionali assai più del sistema semipresidenziale che sono riusciti a distruggere . In Francia la potenziale conflittualità tra capo della Stato e capo del governo è stata disciplinata , e a tutt ' oggi non è mai stata dirompente . Il presidenzialismo all ' italiana , invece , o sarà soltanto di facciata , oppure sarà contrassegnato da una preoccupante conflittualità interna . Nella prima eventualità , quella di un presidenzialismo finto e soltanto nominale , avremmo fatto molto rumore per nulla , e la montagna avrebbe partorito un topolino . Nella seconda eventualità , ci troveremmo assai più mal messi di prima . In ogni caso , chiamare questo coso un semipresidenzialismo è un ' ingiuria al nome .
BORGESE, IL FILOGALLO ( IL DOGANIERE , 1928 )
StampaPeriodica ,
S ' è meravigliato più d ' uno e risentito perché G.A. Borgese , critico laureato ed autore pontificante nel tempio delle patrie lettere , va scoprendo a Parigi i numi della letteratura contemporanea , che si chiamano Bourget , Gide , Proust e han cenacoli come 1'Europe , la Revue des deux mondes o la N . R . F . Occorreva proprio , mi domando , che il prof . Borgese , noto per il connaturato antifascismo , andasse a Parigi , e proclamasse sul Corriere della Sera ( antifascista per definizione ) che la Francia è l ' ombelico della letteratura moderna , la Mecca dell ' ingegno , l ' Everest dell ' Arte ; tutto questo occorreva per sapere che il pubblico italiano che legge , e quello men numeroso , ma non perciò men pericoloso , che scrive , pende dalla penna degli scrittori di Francia . L ' italiano che sapendo leggere crede d ' esser colto , ritiene indispensabile avere nella sua libreria un certo numero di volumi francesi , ed è orgoglioso se può in conversazione dire il suo giudizio , sull ' ultimo libro di Bourget , o almeno , in mancanza di meglio , di Dékobra , il romanziere dalle tirature folli . Questo fascino francese è il segno di uno smaccato e pacchiano provincialismo , che sopravvive fra noi . La verità è amara , ma riconosciamola francamente : la gran parte degli italiani d ' oggi usano a parole tutta la loro fierezza , ma non dànno un ' oncia del loro sangue al cervello per farlo italianamente pensare e operare . Il prof . Borgese è soltanto l ' antesignano e il maestro riconosciuto e consacrato di questa pigra borghesissima Italia che non riesce a guarire oggi come ieri dal suo mal francese .
La supersegretaria non ci accompagna a messa ( Bianciardi Luciano , 1963 )
StampaQuotidiana ,
La supersegretaria Ludmilla fa il suo mestiere di accompagnatrice con grande scrupolo : ritta vicino al guidatore , faccia a noi , in mano un microfono che gracchia , comincia dall ' uovo . Mosca era alle origini una fortezza sulla Moscova , imprendibile , superficie un ettaro . Oggi 87 ettari , sei milioni di abitanti esclusi i sobborghi , più un milione di turisti che ogni giorno affluiscono alla capitale dallo sterminato contado e anche dall ' estero ; in occasione della partita , cinquemila italiani . Ogni giorno si costruiscono a Mosca trecento nuovi alloggi , anche col sistema delle case prefabbricate : l ' inquilino paga in ragione di tredici copechi per metro quadrato , meno di cento lire . A destra ( sua , cioè alla nostra sinistra ) statua di operaio e colcosiana , altezza metri venticinque , in acciaio inossidabile , e smontabile : la portarono alla mostra di Parigi . Facciata del teatro Bolscioi , scendere per fotografare ma solo cinque minuti . Stazione di Riga , e dal lato opposto chiesa di San Cipollone , oggi conservata a mo ' di museo . Domande da fare ? Sì , la signora padovana chiede se domattina è possibile andare a messa . Possibile , perché in Unione Sovietica restano chiese aperte , israelite , ortodosse e cristiane , ma « puoche puoche » perché popolo sovietico « puoco puoco » religioso . E la chiesa cattolica c ' è ? Certo , Ludmilla lo ignora , ma molti fra noi sanno che si chiama San Luigi dei Francesi , e la padovana domani andrà senz ' altro da questo santo dei francesi , in mancanza di meglio . Ludmilla però non l ' accompagnerà : domani Piazza Rossa . « E mì vado a messa , e quella lì vada al diavolo » , conclude indicando la giovane senza Dio . Ecco i grattacieli , costruiti con sistemi modernissimi , cioè pietra su pietra , mattone su mattone , fino ad arrivare , con le guglie , ai non so più quanti metri e mezzo dell ' Università . È il mastodonte , che sorge sulla Collina dei Passeri . Di qui si vedono le anse della Moscova , tutta la città distesa , accanto c ' è un grande trampolino per il salto con gli sci . Appena scesi ci aggrediscono nugoli di ragazzetti chiedendo « biro , biro , biro » , e mostrando in cambio distintivi . Per una penna a sfera danno anche quattro stelle rosse . Sarebbe bello discorrere un po ' con questi giovanotti sprovveduti . Ludmilla spiega solo che sono ragazzi « non molto buoni » e che bisognerebbe - fa il gesto - sculacciarli . Ci tira via fino al mastodonte , e non ci risparmia nulla : seimila studenti alloggiati , trentamila universitari in tutta Mosca , agli studi superiori , dopo il decimo anno delle elementari , si entra per concorso , e si riceve una borsa minima di un rublo al giorno . Entro università mensa , pasto minimo venticinque copechi , non granché buono ma « sufficiente per saturarsi » . In università sei ascensori ultraveloci portano fino al piano ventottesimo , ci sono aule e laboratori , teatri e auditori , studenti di tutte le razze , anche sessanta italiani . Si può entrare dovunque : nelle aule mentre fanno lezione , nelle mense , negli atri , nelle camerette , persino nei cessi . E siccome ogni giorno deve essere un pellegrinaggio di turisti , come faranno a studiare questi ragazzi lo sa il diavolo . L ' impressione è che questo brutto mastodonte serva più come simbolo che come strumento , che sia poco funzionale , che sarebbe stato molto meglio fare una città degli studi , con molti edifici staccati in mezzo al verde . Uno degli architetti fiorentini mi fa notare che i corridoi interni sono bui , e infatti è acceso il neon in continuazione ; che le camere sono sbagliate , se apri la finestra non apri più l ' armadio . Marcello si è messo a bisticciare con lo spoletino baffuto : « Guardi le nostre università » , dice quest ' ultimo , « relegate nei vecchi conventi , nei palazzacci antichi . E poi i risultati si sono visti , no ? L ' abbiamo visto o no se quest ' università funziona ? Ci sono andati o no , primi nello spazio ? » . Basta con Ludmilla , nel pomeriggio andremo in centro noi quattro da soli . Per strada ci ferma un giovanotto alto , gobbo e occhialuto , parla in russo con Riccio , dice che vuol comprare roba italiana , vestiti , impermeabili , maglie . È successo a noi , come a tutti gli altri indistintamente , perfino alla padovana coi baffi un ' inserviente dell ' albergo ha chiesto un paio di calze di nailon . « Mi carezzava , mi carezzava , quasi mi faceva piangere , povera ! Le ho detto tieni le calze , e va ' a farte benedire , Mariavergine » . In taxi il giovanotto nostro , l ' occhialuto spiega che aspetterà fuori del villaggio , andiamo dentro noi a prendere la roba e ci ritroviamo lì fra un quarto d ' ora . Entrare lui è proibito , specialmente al blocco due , il nostro , « a very bad block » , spiega . Questo lumacone deve passare le giornate a trafficare in impermeabili empolesi . Cos ' abbiamo da vendergli ? Mimmo tira fuori un par di mutandoni di lana che gli aveva comprato la mamma per viaggiare in Russia ( andranno bene ? Quanto posso chiedere ? ) ; poi ci sono le maglie , col collo e senza , una decina fra tutti , d ' ogni colore , da riempirne la borsa dell ' Alitalia . Stiamo per uscire di camera col malloppo quattro magliari penso , oltre tutto piove , ci pentiamo quasi contemporaneamente , e che il lumacone rimanga pure sotto l ' acqua ad aspettarci che ben gli sta . La mattina dopo Ludmilla , puntuale e tenace , riattacca con le cifre , al Cremlino vedremo il campanone crollato prima ancora di arrivare in vetta al campanile , lei sa quanto pesa , quanto ha di diametro , quanto di altezza , vedremo il « re dei cannoni » , un enorme pezzo di artiglieria che forse non ha mai sparato , e casomai ha sparato solo a mitraglia , perché le quattro palle , da due tonnellate ciascuna , lì davanti , sono dell ' Ottocento , e a fine decorativo . Dentro il Cremlino c ' è anche l ' unico edificio davvero moderno veduto a Mosca , il palazzo dei Congressi , ardito col suo vetro e cemento in mezzo a tante cipollone . Ludmilla spara le sue cifre , e sarà meglio squagliarsela per andare a comprare , da buon italiano , il colbacco e la balalaica . Sulla Piazza Rossa c ' è un omone , un armadio che cammina , e si tira dietro sei balalaiche ; gli chiedo dove l ' ha comprate , lui si volta ed è il Rollamatic . I poliziotti ci fischiano dietro , ma lui dice « italianski futbalisti » e ci lasciano passare , di corsa , fuori delle strisce . Così andiamo al Gum , e il Rollamatic - armadio è efficientissimo , si fa largo senza nemmeno sgomitare , per pura forza intimidatoria - pagiostie , pagiostie - e gli acquisti si sbrigano in un baleno . Tutti e due incolbaccati torniamo sulla Piazza Rossa , il Rollamatic si congeda , io ritrovo la comitiva con Ludmilla , e senza fare la fila entriamo al mausoleo rosso e nero , coi soldatini imberbi dal fucilino lustro che pare un giocattolo , immobili , consapevoli . Saranno anche « puoco puoco » religiosi , questi russi , ma la fila è interminabile , avanza lenta lenta , perché non si sosta davanti alla mummia , le si gira attorno . C ' è buio , solo tre lampade che illuminano il viso di cera e le mani , una aperta , una stretta a pugno . Alla fine del giro incontro lo sguardo di Marcello , e per poco non ci mettiamo a ridere . So quello che pensa : che è finto , che sembra d ' essere al miracolo di san Gennaro , che il cielo ci scampi dalla sorte d ' essere imbalsamati , dopo morti , e conservati in cantina per ricordo ai nipoti . « O vieni un po ' a vedere com ' era fatto il tu ' nonnino ! » Ma basta col sacrilegio . Pensiamo a fare il tifo per l ' Italia . Lo stadione è bello , l ' altoparlante alterna canzoni italiane e russe , il tabellone luminoso dà le informazioni in cirillico ( non pare , ma c ' è scritto proprio Negri , Facchetti , Maldini ) , c ' è l ' orologio che segna i minuti trascorsi , e quelli del recupero , per il tempo perso fra incidenti , moine e pugni in faccia . Una figura da ladri , e grazie , grazie al pubblico sovietico che non ci ha sbeffeggiati , alla fine , come meritavamo , con la nostra sicumera del mattino , quando dall ' autobus facevamo segno con le mani , che gliele avremmo suonate . Dopo lo stadio devo andare al Leningradesc per telefonare , Ludmilla mi insegna dove scendere e dove prendere il 3 , che però arriva solo alla Komsomolskaia , poi fare un tratto a piedi . Non ci capisco più niente , nessuno parla altro che russo , io non riesco a dire bene Lieningradscaia , anche perché la parola è sdrucciola . Per fortuna un brav ' uomo scende con me e mi indica.Di sopra il professore ha già avuto in linea Milano : « ... e Dubinsky ci mette il piedone , va bene ? ... e Sormani incorna , va bene ? ... e rimedia il Trap , va bene ? » . Al piano di sotto c ' è Manlio Cancogni in crisi , il Rollamatic mi ci accompagna , lo abbraccio e per consolazione viene sopra anche lui a far merenda con caviale , champagne , salmone e vodka . Mi piacerebbe star lì a discutere , e magari scendere nell ' atrio assiro per sfottere un po ' i prestipedatori , gli abatini che l ' hanno prese dai cavalli della steppa , ma la tradotta aspetta e a mezzanotte in punto salpiamo . Alla stazione di Kiev ci sono ucraini fierissimi che ridono con noi della partita , e donne che si caricano sul groppone sacchi e casse . Poi c ' è una comitiva ungherese che intona un coro , gli italiani rispondono col mazzolino di fiori , e tutti insieme si canta Marina , Ludmilla è sparita , riecco Svetlana e Natascia , e il treno accenna a muoversi . Comincia l ' anabasi .