StampaPeriodica ,
Caro
Bottai
,
Non
ho
cambiato
parere
:
soltanto
il
Gran
Consiglio
,
chiamando
nel
suo
seno
un
artista
fascista
e
fascista
sul
serio
può
risolvere
radicalmente
il
problema
dell
'
ordine
artistico
.
Soltanto
dal
massimo
organo
della
Rivoluzione
può
essere
emanato
un
provvedimento
rivoluzionario
:
tale
cioè
da
porre
fine
all
'
andazzo
di
sapore
liberalesco
e
democratico
che
imperversa
nel
campo
delle
arti
.
Dico
nel
campo
delle
arti
volendo
alludere
alle
manifestazioni
artistiche
d
'
interesse
pubblico
e
tali
da
impegnare
il
gusto
di
tutta
la
Nazione
:
cioè
a
dire
,
mostre
,
palazzi
,
monumenti
,
sistemazioni
edilizie
,
opere
pittoriche
prescelte
a
ornare
pubblici
uffici
o
sedi
di
organi
del
Regime
.
Perché
di
quel
che
succede
nello
studio
di
un
artista
,
delle
sue
esperienze
,
dei
suoi
tentativi
,
non
sarebbe
lecito
far
materia
di
provvidenze
politiche
.
E
l
'
ordine
artistico
,
di
cui
tanto
s
'
è
par
-
lato
e
si
parla
,
attiene
più
alla
politica
che
all
'
arte
.
Sostanzialmente
,
anzi
,
l
'
arte
,
ci
sia
ordine
o
disordine
nella
sistemazione
dei
suoi
prodotti
,
rimane
un
fatto
intangibile
e
sfuggente
a
ogni
regola
che
non
sia
d
'
origine
divina
.
Questione
politica
,
dunque
.
Questione
che
impegna
il
Fascismo
...
Poco
e
chiaro
:
o
Gran
Consiglio
,
o
nulla
.
StampaQuotidiana ,
Sentiamo
dunque
la
prima
impressione
:
cosa
c
'
è
di
diverso
,
in
Mosca
,
per
questi
italiani
che
ne
vedono
sfilare
una
fetta
periferica
,
da
bordo
dell
'
autobus
diretto
all
'
albergo
?
Le
risposte
sono
:
le
strade
più
larghe
,
almeno
il
doppio
delle
nostre
,
il
traffico
incredibilmente
più
raro
e
tranquillo
;
i
casamentoni
brutti
,
tutti
uguali
,
d
'
un
giallino
sporco
,
peggio
d
'
una
nostra
brutta
periferia
urbana
;
la
città
scura
.
E
quest
'
ultima
è
forse
la
differenza
che
conta
di
più
:
i
lampioni
ci
sono
,
ma
non
c
'
è
il
neon
della
pubblicità
,
quello
appunto
che
dà
il
tono
notturno
a
una
capitale
in
Occidente
.
Manca
il
neon
,
manca
il
fragore
del
traffico
,
mancano
i
grammofoni
a
gettone
,
così
Mosca
,
per
chi
ci
arriva
da
Occidente
,
sembra
prima
di
tutto
una
città
buia
e
silenziosa
:
il
totale
delle
differenze
,
almeno
per
me
,
pare
positivo
,
in
altre
parole
qui
si
potrebbe
vivere
bene
.
A
tratti
nell
'
aria
c
'
è
una
zaffata
d
'
odore
dolciastro
che
sembra
di
menta
:
mi
spiegano
che
dipende
dalla
diversa
qualità
della
benzina
bruciata
nei
motori
.
Ma
abbiamo
tutti
una
gran
voglia
di
sapere
di
più
,
vedere
di
più
,
e
invece
,
all
'
albergo
Turist
,
il
nostro
(
che
è
semmai
un
enorme
ostello
della
gioventù
,
un
intero
villaggio
di
palazzotti
a
quattro
piani
,
dalle
parti
della
fiera
)
,
è
ormai
chiusa
la
cassa
e
non
si
può
cambiare
,
e
in
giro
per
una
città
di
notte
,
senza
quattrini
,
chi
si
azzarda
?
Pare
quasi
sicuro
ormai
che
staremo
a
girellare
dentro
il
villaggio
,
o
a
spedire
una
cartolina
con
la
fotografia
di
Valentina
Vladimirovna
Tereshkova
,
quando
arriva
Riccio
e
fa
segno
che
ha
trovato
-
nessuno
gli
chiede
dove
-
un
rublo
e
mezzo
.
Dovrebbero
bastare
a
portarci
tutti
e
quattro
fino
all
'
albergo
Leningradskaia
,
in
centro
,
dove
stanno
calciatori
e
giornalisti
,
e
lì
qualcuno
che
ci
presti
un
po
'
di
soldi
lo
troveremo
di
certo
.
Allora
via
di
corsa
alla
fermata
dell
'
autobus
.
Differenza
:
non
c
'
è
il
controllore
,
soltanto
il
guidatore
,
che
alle
fermate
prende
il
microfono
e
spiega
dove
siamo
,
e
poi
una
cassettina
di
vetro
,
dove
ciascuno
mette
i
suoi
tre
copechi
e
stacca
il
biglietto
da
solo
.
Lo
spiega
a
Riccio
una
biondina
gentilissima
,
e
anzi
ci
cambia
il
mezzo
rublo
,
perché
possiamo
mettere
in
cassetta
i
dodici
copechi
.
Quindici
anzi
,
perché
siamo
cresciuti
,
sull
'
autobus
dietro
a
noi
è
salito
anche
un
torinese
un
po
'
balengo
,
che
già
avevo
notato
in
treno
.
Ha
gli
occhi
sempre
assonnati
e
parla
a
strascico
.
«
I
quattrini
ce
l
'
hai
?
»
«
No
,
ma
così
,
ecco
,
volevo
vedere
la
cosa
,
qui
no
,
la
città
.
Casomai
ecco
,
potrei
venire
con
voi
,
no
?
»
Riccio
lo
guarda
storto
,
mi
dà
una
gomitata
,
barbotta
:
«
Ma
cosa
vuole
quello
.
Via
,
mandalo
via
.
Piemontese
fesso
»
.
Fessi
invece
siamo
noi
terroni
,
non
ci
regge
il
cuore
di
abbandonarlo
per
una
strada
di
Mosca
,
il
piemontese
balengo
e
così
ce
lo
tiriamo
dietro
fino
alla
stazione
del
metrò
.
La
biondina
è
sparita
,
e
al
suo
posto
c
'
è
un
giovanotto
che
spiega
come
si
fa
:
pezzi
da
cinque
copechi
,
capito
?
Piet
capieca
,
da
mettere
nell
'
apposita
fessura
,
all
'
imbocco
della
scala
mobile
.
C
'
è
una
cellula
fotoelettrica
che
si
blocca
con
quel
soldone
,
e
se
invece
non
ce
l
'
hai
messo
,
fa
scattare
il
cancellino
e
chiude
.
Allora
cinque
da
cinque
,
e
va
bene
,
diamo
la
pieccapieca
anche
al
torinese
.
I
primi
due
o
tre
metri
della
scala
mobile
sono
in
piano
,
poi
all
'
improvviso
ecco
il
pozzo
:
vertiginoso
,
profondo
,
precipita
per
ottanta
metri
sotto
terra
a
velocità
da
infarto
.
Sulla
scala
opposta
salgono
,
altrettanto
veloci
,
e
sembra
che
pendano
in
avanti
,
forse
pendono
davvero
(
angolo
di
45
gradi
)
per
tenersi
in
equilibrio
,
forse
è
un
effetto
della
legge
di
Einstein
,
secondo
la
quale
,
come
è
noto
,
l
'
universo
in
movimento
assume
la
forma
di
una
saponetta
consumata
.
Chi
lo
sa
?
La
stazione
vera
,
quella
interna
,
è
giù
,
meravigliosa
,
sembra
d
'
essere
al
terzo
atto
dell
'
Aida
,
fra
stucchi
,
ori
,
mosaici
,
panoplie
,
colonne
e
bandieroni
.
Il
bello
poi
è
che
il
treno
funziona
,
si
ferma
,
apre
le
porte
,
riparte
fulmineo
,
un
treno
modernissimo
,
efficiente
,
che
per
di
più
corre
dal
terzo
atto
dell
'
Aida
al
primo
del
Nabucco
,
passando
per
la
Vedova
Allegra
,
i
Nibelunghi
e
la
Norma
.
Da
un
momento
all
'
altro
qui
arrivano
le
comparse
con
le
spade
di
latta
,
i
negri
tinti
,
Cleopatra
col
serpente
,
un
paio
di
elefanti
e
le
bighe
.
Con
quel
bel
soldone
da
cinque
copechi
puoi
restare
un
giorno
intero
sotto
terra
,
e
ammirare
le
sessanta
stazioni
tutte
diverse
e
tutte
bellissime
.
Tanto
è
vero
che
ci
siamo
spersi
e
non
si
ritrova
più
il
buco
giusto
della
Leningradskaia
.
Però
,
riecco
la
biondina
dell
'
autobus
,
che
ci
rimprovera
d
'
averla
abbandonata
e
ci
spiega
che
bisogna
prendere
quest
'
altra
linea
,
arrivare
fino
al
secondo
atto
del
Godunov
,
e
scendere
.
Anzi
,
sale
con
noie
ci
accompagna
fino
alla
stazione
,
da
dove
partono
i
treni
per
Leningrado
.
Spassiba
.
La
prima
cosa
che
vediamo
,
nella
strada
buia
che
sa
di
menta
,
è
uno
steso
per
terra
,
ligneo
,
quasi
cianotico
,
livido
,
di
certo
un
ubriaco
allo
stadio
della
cirrosi
spappolante
.
Intorno
c
'
è
un
capannello
che
lo
sta
a
guardare
,
tutti
fermi
,
e
una
guardia
,
ferma
anche
lei
,
immobile
.
Italiani
al
soccorso
!
Il
piemontese
balengo
si
china
a
sentire
il
polso
,
poi
fa
di
no
col
capo
,
come
a
dire
che
questo
ormai
è
buono
solo
per
il
becchino
.
Io
apostrofo
la
guardia
,
in
italiano
,
smanettando
:
«
Che
diavolo
fate
,
qui
?
Non
lo
raccatta
nessuno
,
questo
poveraccio
?
»
.
E
la
guardia
deve
aver
capito
,
perché
smanettando
più
di
me
bercia
qualcosa
in
russo
,
che
interpreto
così
:
«
E
a
te
che
te
ne
importa
?
Perché
non
ti
fai
gli
affari
tuoi
?
»
.
Così
entriamo
nella
stazione
davanti
,
traversata
la
piazza
di
corsa
,
è
la
kazaka
,
mi
pare
,
e
col
rublo
che
ci
resta
ordiniamo
cinque
frappé
,
molto
buoni
perché
al
latte
e
allo
sciroppo
la
donnetta
aggiunge
,
dal
frigorifero
,
marca
Moskava
,
mezzo
panetto
di
burro
.
Uscendo
,
il
capannello
di
gente
immobile
non
c
'
è
più
,
e
nemmeno
il
cirrotico
,
né
la
guardia
.
Si
vede
che
avevano
già
telefonato
,
all
'
ambulanza
,
o
forse
al
cellulare
,
chi
lo
sa
.
Allora
via
al
Leningradskaia
,
che
è
un
albergo
immenso
,
di
stile
assiro
,
con
l
'
atrio
ingombro
di
statue
,
colonne
,
mostri
e
italiani
:
Otturino
Barassi
,
il
vecchio
centravanti
frascatano
,
Amadei
,
tre
giovanotti
con
la
giacca
blu
spacchettata
e
i
capelli
scolpiti
a
rasoio
.
Ivano
si
ferma
a
salutarne
uno
,
che
è
Orlando
,
poi
mi
spiega
che
gli
altri
si
chiamano
uno
Tumburus
e
uno
Janich
;
tutti
e
tre
riserve
,
segno
che
hanno
mandato
a
nanna
i
titolari
,
anzi
i
prestipedatori
.
Evocato
dal
pensiero
compare
Gianni
Brera
,
col
toscano
in
bocca
:
vale
dunque
ancora
l
'
ovvia
constatazione
,
che
si
può
vivere
a
Milano
dieci
anni
senza
incontrare
mai
una
persona
,
che
per
conoscerla
bisogna
andare
fino
a
Mosca
.
Mi
piglia
per
un
braccio
e
mi
tira
su
in
camera
sua
,
al
quinto
piano
,
mi
versa
da
bere
,
mi
tappa
la
bocca
con
un
avana
formidabile
e
attacca
la
lezione
etnico
-
storica
sul
popolo
ungherese
.
Dunque
sta
a
sentire
:
gli
ungheresi
sono
la
pars
alba
,
il
pollone
chiaro
venuto
su
dallo
stesso
ceppo
che
ha
espresso
,
come
pars
nigra
,
li
turchi
.
Smisero
di
lavorare
ai
tempi
di
Attila
.
Tu
prendi
la
lingua
:
il
lessico
campagnolo
-
zappa
,
aratro
,
solco
eccetera
-
è
tutto
di
origine
croata
.
Infatti
,
cosa
facevano
gli
ungheresi
,
dalla
mattina
alla
sera
?
Montavano
a
pelo
,
ballavano
il
valzer
a
Vienna
con
le
mogli
dei
generali
austriaci
(
naturalmente
cornuti
)
e
prendevano
a
calci
nel
sedere
gli
slavi
del
Sud
,
cioè
i
croati
contadini
.
Ora
cosa
gli
è
successo
?
Gli
è
successo
che
i
calci
nel
sedere
li
stanno
prendendo
loro
,
e
proprio
dagli
slavi
.
Slavi
del
Nord
,
ma
sempre
slavi
.
Che
vanno
sulla
luna
,
ma
sempre
contadini
.
Ergo
,
le
facce
rinceppate
che
tu
hai
visto
a
Budapest
.
Tutto
qui
,
il
comunismo
non
c
'
entra
.
Te
capì
?
Ho
capito
,
ma
da
sotto
telefonano
,
così
mi
faccio
prestare
cinque
rubli
dal
professore
,
scendo
nell
'
atrio
assiro
,
recupero
Mimmo
,
Ivano
,
Riccio
e
il
balengo
torinese
,
andiamo
a
prendere
un
altro
frappé
col
burro
alla
stazione
di
fronte
,
la
leningradese
appunto
,
e
poi
è
ora
di
rincasare
,
col
taxi
.
Lo
guida
un
giovanotto
capelluto
,
col
maglione
,
che
prima
di
muoversi
vuole
patti
chiari
:
«
Trit
rublia
,
carasciò
?
»
.
Va
bene
,
tre
rubli
,
autista
ladro
e
teddiboia
,
che
non
hai
nemmeno
fatto
scattare
il
tassametro
,
e
guidi
da
cane
,
metti
dentro
le
marce
peggio
d
'
uno
scimmione
,
tanto
la
macchina
è
dello
Stato
,
vero
?
Domani
ti
faccio
rapporto
.
Tanto
più
che
a
un
certo
punto
si
è
fermato
e
dice
che
il
Turist
Hotel
è
qui
,
Riccio
invece
non
è
convinto
per
nulla
,
ordina
che
non
scendiamo
mentre
lui
va
a
controllare
.
Siamo
al
Turist
,
ma
all
'
entrata
opposta
,
bisognerà
traversare
il
villaggio
a
piedi
,
perché
il
tassista
lavativo
non
vuole
sentir
ragioni
,
più
oltre
non
va
.
Accidenti
a
lui
.
Ormai
sono
quasi
le
due
,
la
maggior
parte
dorme
,
e
andiamo
a
cuccia
anche
noi
:
quattro
letti
di
ferro
,
quattro
sedie
,
un
armadio
con
quattro
stampelle
,
la
bottiglia
con
quattro
bicchieri
e
basta
.
Vetri
doppi
alle
finestre
,
ma
niente
tapparelle
,
niente
persiane
né
scuri
,
così
domattina
siamo
certi
che
il
primo
sole
ci
sveglia
.
Il
primo
sole
e
radio
Mosca
che
dà
il
buongiorno
intonando
«
guai
a
chi
tocca
la
Russia
dei
Soviet
»
:
ogni
camera
ha
il
suo
altoparlante
posato
sullo
spigolo
dell
'
armadio
,
e
ieri
sera
ci
siamo
scordati
di
staccare
la
spina
.
Per
il
corridoio
già
sfilano
diretti
ai
bagni
italiani
,
italiane
,
un
negro
con
addosso
un
barracano
vasto
come
una
tenda
,
di
tessuto
damascato
,
molto
bello
.
Le
docce
invece
sono
al
pianterreno
,
e
già
fanno
la
fila
,
per
tramutare
i
bigliettoni
con
padre
Dante
,
e
gli
altri
con
Lincoln
e
Washington
,
in
bigliettini
microscopici
che
sembrano
i
buoni
-
premio
delle
scatole
di
detersivo
,
e
invece
sono
rubli
.
La
ragazza
fa
i
conti
col
pallottoliere
,
velocissima
,
qualcuno
al
solito
se
ne
meraviglia
,
salta
fuori
il
solito
piccoletto
con
gli
occhiali
,
nero
e
pingue
,
che
in
romanesco
si
mette
a
difendere
,
con
argomenti
da
critica
della
ragion
politica
,
l
'
utilità
del
pallottoliere
,
e
il
suo
inserimento
nella
tradizione
slava
.
A
questo
punto
Marcello
,
che
mi
è
accanto
,
scatta
e
insulta
il
piccoletto
:
non
può
sopportare
i
comunisti
saccenti
di
Roma
,
che
spiegano
il
plusvalore
con
la
calata
di
Trastevere
,
si
abboffano
di
rigatoni
,
fanno
,
quando
possono
,
la
dolce
vita
,
e
poi
la
vituperano
come
un
segno
della
decadenza
occidentale
,
così
mettono
su
pancia
e
salvano
persino
la
buona
coscienza
proletaria
.
Gli
dico
di
stare
calmo
,
perché
qui
l
'
obiettività
tanto
ripetuta
in
viaggio
sta
per
andare
a
farsi
benedire
,
nessuno
è
venuto
a
Mosca
senza
preconcetti
,
tranne
forse
la
signora
Lucia
,
e
già
si
capisce
che
non
sono
disposti
a
cambiarli
.
Unto
più
che
le
due
ragazzine
del
treno
sono
sparite
,
non
vedi
più
Natascia
la
pari
-
pari
,
e
nemmeno
Svetlana
-
Chiara
dal
bel
sorriso
.
Al
loro
posto
c
'
è
una
stangona
magra
,
con
le
occhiaie
livide
,
il
viso
stirato
,
che
sembra
una
supersegretaria
d
'
azienda
.
E
d
'
un
'
azienda
vastissima
,
che
si
chiama
Unione
delle
Repubbliche
Socialiste
Sovietiche
.
Il
nome
della
ragazza
è
invece
Ludmilla
.
StampaQuotidiana ,
Come
l
'
incredulo
Tommaso
,
che
non
prendeva
per
vero
nulla
che
non
vedesse
con
gli
occhi
e
non
toccasse
con
mano
,
così
io
non
credo
a
quel
che
mi
raccontano
circa
l
'
ultima
trasmissione
televisiva
di
D
'
Alema
.
Non
credo
cioè
che
abbia
detto
testualmente
:
«
Per
la
prima
volta
nel
dopoguerra
la
bandiera
italiana
sventola
oltre
il
territorio
nazionale
e
questo
è
motivo
d
'
orgoglio
»
.
Ancor
meno
credo
che
questa
frase
fosse
accompagnata
,
sullo
sfondo
,
dal
canto
di
Faccetta
nera
,
bella
abissina
.
D
'
Alema
è
uomo
d
'
onore
e
se
pensasse
queste
cose
le
avrebbe
dette
ai
pacifisti
marciando
con
loro
da
Perugia
ad
Assisi
.
Vero
è
che
D
'
Alema
si
appresta
a
presentare
il
suo
libro
sul
Kosovo
in
coppia
col
generale
Clark
,
che
non
è
precisamente
un
pacifista
,
ma
tutti
sappiamo
che
quella
guerra
è
stata
umanitaria
e
non
era
fatta
per
piantare
bandiere
coloniali
oltremare
.
Vorreste
ora
farci
credere
il
contrario
?
Cosa
c
'
entra
poi
faccetta
nera
?
A
quei
tempi
avevo
dieci
anni
e
andavo
a
vedere
i
soldati
con
le
bandiere
che
si
imbarcavano
per
l
'
Etiopia
.
Più
tardi
ho
saputo
che
c
'
era
un
compagno
,
che
mi
pare
si
chiamasse
Barontini
,
che
combatteva
dalla
parte
del
Negus
contro
i
gas
del
maresciallo
Graziani
.
Ne
trassi
un
senso
di
orgoglio
nazionale
.
E
ora
vorreste
farmi
credere
che
invece
D
'
Alema
,
se
fosse
nato
in
tempo
,
sarebbe
eroicamente
caduto
impugnando
il
tricolore
?
Io
non
li
capisco
questi
giovani
dirigenti
postcomunisti
,
non
capisco
da
quale
cultura
provengano
.
Ma
non
posso
credere
che
,
alla
ricerca
di
una
identità
,
finiscano
col
formarsi
una
mentalità
ed
ereditare
archetipi
a
cui
perfino
Gasparri
cerca
di
sottrarsi
.
Si
può
trarre
motivo
di
orgoglio
patriottico
da
Dante
Alighieri
o
Michelangelo
,
dal
sole
di
Napoli
se
non
del
rione
Sanità
,
dai
fratelli
Cervi
(
chi
erano
?
)
o
dalla
presenza
della
Santa
Sede
,
anche
da
Valentino
(
il
sarto
)
.
Oppure
dalla
felicità
della
società
che
si
governa
.
E
invece
no
,
la
cosa
di
sinistra
è
il
tricolore
sulla
quarta
sponda
.
Se
è
così
,
è
venuto
il
momento
di
mandare
la
Folgore
in
Cecenia
,
dirottandola
da
Timor
est
che
non
fa
più
notizia
.
Qui
c
'
è
una
nuova
macelleria
nella
provincia
di
un
ex
impero
,
profughi
a
non
finire
,
diritti
umani
e
diritto
all
'
autodeterminazione
calpestati
,
un
vistoso
Kosovo
.
Non
si
capisce
perché
l
'
Onu
,
la
Nato
,
il
generale
Clark
o
chi
per
lui
,
rinuncino
in
questo
caso
al
principio
dell
'
ingerenza
umanitaria
come
nuovo
internazionalismo
(
Tony
)
.
Non
è
perché
i
russi
hanno
i
missili
,
il
generale
Clark
ha
già
detto
di
non
temere
la
terza
guerra
mondiale
.
Allora
perché
due
pesi
e
due
misure
?
Oltretutto
il
Caucaso
è
pieno
di
petrolio
e
ci
sarebbe
anche
convenienza
.
Pensaci
D
'
Alema
,
parlane
con
il
generale
discutendo
del
tuo
libro
,
forse
vinceresti
le
elezioni
regionali
e
resterai
a
palazzo
Chigi
fino
al
2001
.
C
'
è
qualcosa
che
non
faresti
per
tagliare
questo
traguardo
?
StampaPeriodica ,
Ai
tanti
mali
ond
è
invasa
la
nostra
Italia
,
minaccia
oggi
d
aggiungersi
quello
di
una
missione
protestante
,
che
,
solennemente
annunciata
non
è
guari
dai
giornali
,
sta
per
esser
spedita
dall
Inghilterra
,
ad
oggetto
d
incoraggiarvi
con
tutti
i
mezzi
possibili
la
Riforma
protestante
.
Fra
questi
mezzi
viene
specialmente
indicato
quello
della
pubblicazione
di
libri
di
preghiera
in
lingua
italiana
,
e
di
altri
giudiziosi
scritti
pure
in
lingua
italiana
.
Bisogna
dunque
dire
che
la
rivoluzione
politica
,
da
cui
la
nostra
cara
penisola
è
da
omai
due
anni
contristata
,
sia
in
buon
accordo
col
protestantismo
,
dacché
questo
,
solo
oggi
,
e
dopo
appunto
che
quella
gli
ha
,
direm
così
,
preparato
il
terreno
;
solo
oggi
e
non
prima
,
anzi
non
prima
che
dessa
prevalesse
in
Italia
,
osa
annunciare
solennemente
l
invio
de
suoi
missionari
fra
noi
.
E
perché
questo
può
dirsi
con
tutta
ragione
,
non
si
vedrà
per
conseguenza
inopportuno
di
far
avvertiti
per
ogni
via
i
cattolici
,
e
massime
i
padri
a
tenersi
in
guardia
per
le
loro
famiglie
dall
influsso
dell
annunciata
missione
,
la
quale
,
proponendosi
di
agire
anche
mediante
scritti
giudiziosi
in
italiano
,
può
giustamente
temersi
che
ricorrerà
senza
meno
al
mezzo
degli
almanacchi
,
siccome
è
noto
che
vi
è
già
ricorso
un
di
lei
precursore
in
altra
contrada
del
cattolico
nostro
paese
.
Per
tale
evenienza
Il
Vero
Amico
viene
spontaneo
alla
luce
all
effetto
di
premunire
i
cattolici
contro
siffatto
genere
d
insidie
.
E
perché
inoltre
può
dirsi
con
tutto
fondamento
che
la
rivoluzione
e
il
protestantismo
sono
di
buona
intesa
fra
loro
,
così
sarà
utile
dare
un
cenno
dei
fatti
che
formano
la
storia
dell
una
e
dell
altra
.
Dei
fatti
di
quella
,
limitandoci
al
decennio
contemporaneo
,
direm
brevi
parole
in
questa
prefazione
;
e
del
protestantesimo
che
osa
venire
ad
inaugurarsi
fra
noi
,
registreremo
le
principali
gesta
,
od
in
note
,
od
in
riscontri
storici
mese
per
mese
nel
corpo
dell
almanacco
.
Così
il
savio
lettore
cattolico
conoscerà
di
che
mala
razza
siano
entrambi
.
La
rivoluzione
che
da
dieci
anni
ha
messe
le
radici
in
Piemonte
,
all
udire
quei
Dulcamara
che
governano
in
di
lei
nome
,
è
altamente
favorevole
allo
sviluppo
del
sentimento
religioso
.
Confrontinsi
le
di
lei
opere
coi
precetti
del
Decalogo
,
il
quale
è
la
legge
comune
di
noi
cattolici
,
e
si
vedrà
quanto
sia
menzognero
siffatto
vanto
.
Comanda
primieramente
il
Signore
nel
Decalogo
di
non
aver
altro
Dio
fuori
di
lui
e
con
ciò
proibisce
la
libertà
dei
culti
;
ma
la
rivoluzione
ha
invece
proclamata
questa
libertà
,
in
virtù
della
quale
si
sono
già
eretti
tempi
valdesi
,
chiese
nazionali
,
e
si
è
fatto
diritto
ai
protestanti
,
agli
scismatici
,
agli
eretici
d
ogni
genere
,
mormoni
,
quacqueri
,
turchi
,
di
dogmatizzare
a
lor
moda
e
combattere
direttamente
la
religione
degli
Italiani
,
di
seminar
Bibbie
falsificate
,
e
di
predicare
infine
ad
uditori
prezzolati
siccome
ha
fatto
specialmente
il
famoso
apostata
frate
Gavazzi
in
Toscana
ed
in
Napoli
.
Il
Signore
comanda
altresì
di
non
pigliare
il
nome
di
Dio
invano
ed
ordina
perciò
anche
l
osservanza
dei
giuramenti
e
delle
promesse
fatte
in
nome
suo
.
Or
bene
:
la
rivoluzione
,
appena
divenuta
al
potere
del
paese
ha
rotti
i
Concordati
colla
Santa
Sede
,
sì
in
Piemonte
che
in
Lombardia
,
ed
altrove
;
non
rende
ai
legittimi
principi
i
territori
che
ha
riconosciuto
loro
spettare
in
nome
della
SS
.
Trinità
nel
trattato
di
Zurigo
;
non
paga
i
tributi
dovuti
al
Papa
in
forza
di
antiche
convenzioni
;
non
rimette
ai
frati
di
Lombardia
i
beni
che
si
è
obbligata
a
Zurigo
di
restituir
loro
,
e
viola
tutto
giorno
la
promessa
di
pace
che
diede
solennemente
in
quel
trattato
.
I
giornali
poi
che
le
sono
devoti
bestemmiano
e
profanano
quotidianamente
il
nome
di
Dio
,
e
si
fanno
beffa
della
nostra
fede
.
Ricordati
di
santificare
le
feste
comanda
in
terzo
luogo
il
Signore
.
La
rivoluzione
colla
famosa
legge
Siccardi
,
in
onta
dell
opposizione
della
Santa
Sede
,
si
arrogò
sacrilegamente
l
autorità
di
sopprimere
alquante
feste
in
Piemonte
,
e
notizie
anche
di
fresca
data
assicurano
che
non
rispetta
poi
neppur
quelle
che
ha
conservate
;
ed
una
delle
prime
cose
che
ora
ha
fatto
in
Napoli
è
stata
quella
di
sopprimere
varie
feste
votive
di
quella
città
.
Onora
il
padre
e
la
madre
dice
il
quarto
comandamento
del
Decalogo
.
Proclamando
la
rivoluzione
la
libertà
di
opinione
di
coscienza
,
rompe
nell
ordine
domestico
il
vincolo
di
soggezione
da
cui
per
legge
di
natura
sono
tenuti
i
figli
verso
i
genitori
,
e
così
distrugge
la
veneranda
autorità
del
potere
paterno
,
che
è
la
base
dell
ordine
sociale
.
Chi
è
cattolico
inoltre
ha
per
madre
la
Chiesa
,
e
per
padre
il
romano
Pontefice
.
La
rivoluzione
ha
usurpato
i
domini
della
Chiesa
e
del
Papa
;
si
richiamano
di
queste
usurpazioni
le
allocuzioni
del
Sommo
Pontefice
Pio
IX
,
le
pastorali
de
vescovi
,
le
proteste
del
popolo
cattolico
;
lo
dicono
i
vescovi
in
esiglio
,
i
cardinali
prigioni
,
il
clero
spogliato
ecc
.
ecc
.
;
ed
essa
,
sconosce
i
richiami
,
e
le
proteste
,
e
continua
ad
offendere
il
Signore
anche
in
questo
.
Dice
il
quinto
comandamento
non
ucciderai
e
la
rivoluzione
,
movendo
ingiustamente
la
guerra
ai
poteri
costituiti
e
specialmente
al
Papa
è
rea
di
tanti
omicidi
,
quanti
sono
coloro
che
morirono
nelle
guerre
avvenute
dal
maggio
1859
in
avanti
,
e
quante
sono
le
vittime
fatte
fuori
della
guerra
,
come
a
dire
l
innocente
sacerdote
fucilato
in
Perugia
,
e
i
tanti
fedeli
sudditi
di
re
Francesco
II
fucilati
nelle
Due
Sicilie
.
Riguardo
al
sesto
precetto
non
maechaberis
basterà
ricordare
che
già
la
rivoluzione
si
dié
cura
di
regolare
con
leggi
che
hanno
la
data
del
1855
e
del
1857
il
libero
esercizio
dell
immoralità
,
ed
ora
,
conforme
lo
ha
pur
notato
ultimamente
Pio
IX
nella
sua
allocuzione
del
28
settembre
prossimo
scorso
,
appena
messo
il
piede
nelle
Marche
e
nell
Umbria
,
ha
proclamato
il
diritto
del
mal
costume
.
Non
ruberai
dice
il
settimo
precetto
;
e
la
rivoluzione
non
solo
non
può
dirlo
d
averlo
osservato
,
ma
anzi
lo
rinnega
in
principio
,
e
non
si
vergogna
così
d
aver
rubato
,
ma
ben
anco
si
mostra
disposta
a
rubare
tutto
quello
che
può
.
Ruba
gli
Stati
,
ruba
i
patrimoni
dei
principi
;
spoglia
i
Corpi
religiosi
non
che
gli
individui
,
nel
mentre
protesta
di
rispettare
a
tutti
il
diritto
di
proprietà
,
nel
mentre
condanna
la
confisca
che
usava
in
altri
tempi
,
e
che
alla
fin
fine
si
applicava
in
pene
di
delitti
contemplati
dalla
legge
,
e
commessi
da
coloro
cui
veniva
inflitta
;
ruba
infine
ai
popoli
coi
prestiti
,
e
colle
imposte
,
dei
quali
si
crea
il
bisogno
colla
sua
avventata
amministrazione
.
Non
dire
falso
testimonio
contro
il
tuo
prossimo
prescrive
l
ottavo
precetto
del
Signore
;
e
la
rivoluzione
dopo
aver
denigrato
per
i
trivi
i
governi
costituiti
in
Italia
,
s
incaricò
di
deporre
il
falso
contro
di
loro
,
e
massime
contro
il
Papa
nel
famoso
congresso
di
Parigi
,
dove
accusò
di
cattiva
la
legislazione
pontificia
,
mentre
per
avviso
degli
intelligenti
è
migliore
di
quella
di
Francia
e
dello
stesso
Piemonte
il
cui
Parlamento
rese
siffatta
testimonianza
;
e
dove
denunciò
in
pericolo
di
perturbazioni
politiche
gli
altri
Stati
,
e
molestato
da
bande
di
ladri
quello
del
Papa
,
mentre
niuna
perturbazione
vi
ebbe
mai
luogo
,
e
vi
riusciron
male
all
incontro
quelle
spedite
da
Sarzana
e
da
Genova
,
paesi
soggetti
al
Piemonte
;
e
mentre
i
ladri
,
avanzo
della
rivoluzione
del
1848
,
erano
già
stati
in
allora
distrutti
nelle
Romagne
ed
invece
crebbero
a
dismisura
in
Piemonte
,
fino
al
punto
che
un
giorno
furon
levati
d
in
sul
naso
gli
occhiali
ad
un
giudice
,
ed
in
un
altro
la
stampa
non
ebbe
rossore
di
manifestare
simpatie
per
certo
Mottino
celebre
masnadiere
,
e
di
intercederne
la
salvezza
contro
il
voto
della
legge
che
lo
dannava
a
morte
pe
suoi
misfatti
.
Il
Decalogo
comanda
eziandio
di
non
desiderare
la
roba
degli
altri
.
I
fatti
di
cui
siamo
testimoni
e
di
cui
abbiamo
dato
cenno
ci
dicono
se
la
rivoluzione
desideri
o
no
la
roba
altrui
.
Finalmente
il
Signore
vieta
un
altro
genere
di
desideri
;
ma
la
rivoluzione
colla
proclamata
libertà
delle
opinioni
e
delle
credenze
,
coll
esempio
di
usurpare
l
altrui
,
col
licenziare
per
legge
la
vita
immorale
,
non
può
farsi
scrupolo
di
un
desiderio
che
la
legge
del
Signore
proscrive
;
sicché
non
uno
dei
precetti
del
Decalogo
è
stato
ed
è
da
essa
osservato
.
E
dopo
tutto
ciò
ognuno
ben
vede
che
dessi
non
è
,
come
si
vanta
,
favorevole
allo
sviluppo
del
sentimento
religioso
.
È
invece
altamente
contraria
;
e
se
tale
non
fosse
,
come
oserebbe
il
protestantesimo
farsi
innanzi
sui
di
lei
passi
?
Stiam
dunque
all
erta
.
Diffidiamo
di
coloro
che
belli
di
siffatte
millanterie
rigettano
il
dominio
temporale
del
Papa
;
perché
questa
è
la
via
che
conduce
a
rigettare
anche
la
spirituale
autorità
.
Vegliamo
.
La
rivoluzione
si
leva
la
maschera
:
dopo
aver
distrutto
i
troni
,
si
avventa
all
altare
;
cerca
di
strapparci
dal
grembo
della
cattolica
Chiesa
.
Provvediamo
alla
nostra
fede
,
e
guardiamoci
dalle
insidie
che
ci
tendono
i
nemici
di
essa
.
StampaPeriodica ,
Due
fatti
recenti
-
la
sospensione
a
divinis
di
Don
Romolo
Murri
e
il
biasimo
inflitto
al
Rinnovamento
-
hanno
mostrato
che
la
Chiesa
Cattolica
,
o
per
meglio
dire
quella
coterie
di
alti
dignitari
ecclesiastici
che
influisce
sulle
opinioni
del
Papa
,
non
è
disposta
a
tollerare
nessuna
forma
di
modernismo
,
sia
esso
politico
,
esegetico
e
che
appare
decisa
a
ricorrere
ad
ogni
mezzo
perché
non
s
'
introduca
nell
'
antico
edificio
nessuna
merce
di
contrabbando
,
provenga
essa
dalla
democrazia
,
dalla
scienza
critica
o
dalla
filosofia
protestante
.
Come
già
dicemmo
altra
volta
il
Papa
-
dal
punto
di
vista
cattolico
-
non
ha
tutti
i
torti
.
Esso
ha
in
consegna
una
tradizione
millenaria
di
autorità
,
di
unità
,
di
disciplina
e
non
ha
il
diritto
di
cedere
immediatamente
ai
primi
tentativi
di
mutare
profondamente
tutto
lo
spirito
del
cattolicismo
.
La
sua
attitudine
potrà
sembrare
meschina
,
il
suo
orizzonte
ristretto
e
si
dirà
,
forse
con
ragione
,
ch
'
egli
mostra
di
non
comprendere
completamente
le
possibilità
che
si
offrono
ancora
nel
mondo
alla
Chiesa
Cattolica
;
ma
d
'
altra
parte
egli
rappresenta
dei
principi
che
hanno
pure
le
loro
ragioni
d
'
essere
e
di
cui
gli
uomini
non
si
son
trovati
scontenti
per
molti
secoli
.
Perché
una
macchina
continui
ad
agire
e
un
organismo
continui
a
vivere
non
occorrono
soltanto
nuovi
rifornimenti
di
combustibile
e
di
alimenti
,
vale
a
dire
di
forza
nuova
,
occorre
pure
che
vi
siano
dei
meccanismi
distributori
,
degli
organi
inibitori
che
assimilino
a
poco
a
poco
la
forza
e
la
conservino
per
distribuirla
gradatamente
,
altrimenti
tutta
l
'
energia
si
sperde
invano
.
Nella
Chiesa
Cattolica
ci
sono
oggi
-
come
ci
sono
state
quasi
sempre
-
queste
due
parti
:
quella
conservatrice
e
moderatrice
e
quella
innovatrice
e
rivoluzionaria
.
Ambedue
sono
necessarie
alla
vita
della
Chiesa
e
l
'
una
e
l
'
altra
darebbero
prova
di
stolidità
se
volessero
reciprocamente
sopprimersi
.
Se
non
ci
fosse
in
alto
l
'
autorità
che
conserva
le
verità
acquisite
coi
dogmi
,
e
non
ci
fosse
nel
profondo
l
'
apporto
di
nuove
energie
e
scoperte
religiose
il
cattolicismo
sarebbe
condannato
a
morire
.
A
seconda
del
partito
vincitore
cambierebbe
il
genere
di
morte
;
o
la
sterilità
o
l
'
anarchia
.
Ma
il
cattolicismo
non
par
che
voglia
morire
.
Mai
come
in
questi
tempi
di
separazione
e
di
anticlericalismo
s
'
è
parlato
tanto
di
cose
religiose
,
specialmente
cristiane
e
cattoliche
.
La
Chiesa
Cattolica
dovrà
forse
ai
suoi
assalitori
-
interni
ed
esterni
-
il
trionfo
di
una
nuova
giovinezza
.
ProsaGiuridica ,
Vittorio
Emanuele
III
per
Grazia
di
Dio
e
per
la
Volontà
della
Nazione
Re
d
'
Italia
e
di
Albania
Imperatore
d
'
Etiopia
Il
Senato
e
la
Camera
dei
Fasci
e
delle
Corporazioni
,
a
mezzo
delle
loro
Commissioni
legislative
,
hanno
approvato
;
Noi
abbiamo
sanzionato
e
promulghiamo
quanto
segue
:
Art
.
1
.
E
'
vietato
l
'
esercizio
di
qualsiasi
attività
nel
campo
dello
spettacolo
a
italiani
ed
a
stranieri
o
ad
apolidi
appartenenti
alla
razza
ebraica
,
anche
se
discriminati
,
nonché
a
società
rappresentate
,
amministrate
o
dirette
in
tutto
o
in
parte
da
persone
di
razza
ebraica
.
Art
.
2
.
Sono
vietate
la
rappresentazione
,
l
'
esecuzione
,
la
proiezione
pubblica
e
la
registrazione
su
dischi
fonografici
di
qualsiasi
opera
alla
quale
concorrano
o
abbiano
concorso
autori
od
esecutori
italiani
,
stranieri
od
apolidi
appartenenti
alla
razza
ebraica
e
alla
cui
esecuzione
abbiano
comunque
partecipato
elementi
appartenenti
alla
razza
ebraica
.
Sono
del
pari
vietati
lo
smercio
dei
dischi
fonografici
e
l
'
importazione
di
matrici
di
dischi
previsti
dal
precedente
comma
e
la
successiva
riproduzione
delle
matrici
stesse
.
Art
.
3
.
E
'
vietato
utilizzare
in
qualsiasi
modo
per
la
produzione
di
film
,
soggetti
,
sceneggiature
,
opere
letterarie
,
drammatiche
,
musicali
,
scientifiche
ed
artistiche
,
e
qualsiasi
altro
contributo
,
di
cui
siano
autori
persone
appartenenti
alla
razza
ebraica
,
nonché
impiegare
ed
utilizzare
comunque
nella
detta
produzione
,
o
in
operazione
di
doppiaggio
o
di
post
sincronizzazione
,
personale
artistico
,
tecnico
,
amministrativo
ed
esecutivo
appartenente
alla
razza
ebraica
.
Art
.
4
.
Per
i
film
da
importare
dall
'
estero
l
'
Ente
nazionale
Acquisti
Importazioni
Pellicole
Estere
(E.N.A.I.P.E.),
nel
giudicare
della
opportunità
di
autorizzare
o
meno
,
ai
sensi
dell
'
art
.
5
della
legge
4
aprile
1940-XVIII
,
n
.
404
,
sul
monopolio
per
l
'
acquisto
,
l
'
importazione
e
la
distribuzione
dei
film
cinematografici
provenienti
dall
'
estero
,
l
'
acquisto
di
film
esteri
,
terrà
conto
delle
condizioni
nelle
quali
questi
sono
stati
prodotti
fuori
dal
Regno
in
relazione
alle
disposizioni
della
presente
legge
.
A
tale
scopo
le
domande
di
acquisto
di
film
esteri
debbono
essere
corredate
di
elenchi
nominativi
degli
autori
delle
opere
utilizzate
per
la
produzione
dei
film
medesimi
e
di
coloro
che
hanno
ad
essa
concorso
con
contributi
artistici
e
tecnici
di
notevole
importanza
.
Agli
stessi
criteri
indicati
nel
primo
comma
del
presente
articolo
dovrà
attenersi
il
Ministero
della
cultura
popolare
nell
'
accordare
o
meno
ai
film
importati
dall
'
estero
il
nulla
osta
per
la
proiezione
in
pubblico
di
cui
all
'
art
.
1
del
regolamento
per
la
vigilanza
governativa
sulle
pellicole
cinematografiche
approvato
con
R
.
decreto
-
legge
24
settembre
1923-I
,
n
.
3287
.
Art
.
5
.
Con
decreto
del
Ministro
per
la
cultura
popolare
,
di
concerto
con
il
Ministro
per
l
'
interno
,
sarà
nominata
una
Commissione
di
cui
fanno
parte
anche
due
rappresentanti
del
Ministero
dell
'
interno
ed
alla
quale
è
attribuito
il
compito
di
provvedere
alla
compilazione
ed
all
'
aggiornamento
degli
elenchi
di
autori
e
di
artisti
esecutori
appartenenti
alla
razza
ebraica
.
Nei
riguardi
degli
autori
ed
artisti
italiani
e
degli
autori
ed
artisti
stranieri
od
apolidi
,
residenti
nel
Regno
,
l
'
inclusione
nell
'
elenco
dovrà
essere
preceduta
dall
'
accertamento
della
posizione
razziale
,
da
parte
del
Ministero
dell
'
interno
,
secondo
le
norme
contenute
negli
articoli
8
e
26
del
R
.
decreto
-
legge
17
novembre
1938
,
n
.
1728
.
Tali
elenchi
sono
pubblici
.
Art
.
6
.
Ai
componenti
della
Commissione
saranno
corrisposti
per
ogni
giornata
di
adunanza
gettoni
di
presenza
da
determinarsi
nei
modi
previsti
dall
'
art
.
63
del
R
.
decreto
11
novembre
1923-II
,
n
.
2395
.
Art
.
7
.
Chiunque
contravviene
alle
norme
contenute
negli
articoli
1
,
2
e
3
della
presente
legge
è
punito
con
l
'
ammenda
da
L
.
50
a
L
.
10.000
.
Ordiniamo
che
la
presente
,
munita
del
sigillo
dello
Stato
,
sia
inserta
nella
Raccolta
ufficiale
delle
leggi
e
dei
decreti
del
Regno
d
'
Italia
,
mandando
a
chiunque
spetti
di
osservarla
e
di
farla
osservare
come
legge
dello
Stato
.
Dato
a
Roma
,
addì
19
aprile
1942-XX
Vittorio
Emanuele
Mussolini
,
Pavolini
,
Grandi
Visto
il
Guardasigilli
:
Grandi
StampaPeriodica ,
Siamo
scesi
dal
treno
a
una
piccola
stazione
dell
'
Azerbaigian
,
Cacmas
,
tra
le
prime
alture
del
Caucaso
.
Alla
stazione
,
nuova
gentile
invasione
floreale
del
nostro
vagone
,
già
carico
di
mazzi
di
fiori
dalla
partenza
da
Baku
.
Prendiamo
posto
in
un
autopullman
che
ci
porterà
a
visitare
un
sovkos
e
un
colcos
dell
'
interno
.
Al
paese
di
Kuba
,
le
ragazze
vestite
coi
costumi
di
tutte
le
repubbliche
sovietiche
ci
risommergono
di
mazzi
di
fiori
.
Nel
teatro
,
le
orfane
di
guerra
hanno
preparato
uno
spettacolo
per
noi
.
A
fatica
ci
strappiamo
dalla
calorosa
ospitalità
degli
abitanti
che
vorrebbero
farci
passare
con
loro
la
giornata
.
Kuba
è
un
paese
di
10
mila
abitanti
,
con
diverse
piccole
fabbriche
sparse
intorno
:
industrie
di
conserve
di
frutta
.
Ha
una
scuola
di
10
classi
(
cioè
corrispondenti
alle
nostre
cinque
elementari
e
cinque
di
ginnasio
)
che
visitiamo
;
l
'
insegnamento
è
in
lingua
azerbaigiana
;
nelle
ultime
classi
si
studia
il
russo
;
ci
sono
200
allievi
che
studiano
lingue
estere
:
inglese
o
tedesco
o
francese
.
Lasciate
le
bianche
fabbriche
di
Kuba
,
il
nostro
autopullman
procede
per
strade
deserte
tra
i
campi
,
semi
-
invase
dal
fango
:
è
una
delle
prime
belle
mattine
dopo
quaranta
giorni
di
pioggia
.
Gli
incontri
sono
rari
:
cosacchi
a
cavallo
,
tutti
pelo
,
tra
quello
della
barba
e
quello
del
colbacco
;
pastori
con
lunghe
bisacce
ricamate
appese
alle
spalle
guidano
greggi
di
pecore
bianche
e
nere
.
Mi
dico
:
«
E
poco
più
d
'
un
'
ora
che
abbiamo
lasciato
l
'
ultimo
paese
,
e
qui
sembra
che
il
socialismo
sia
una
realtà
lontanissima
,
sembra
d
'
essere
fuori
del
tempo
...
»
.
Quand
'
ecco
,
ai
lati
della
strada
,
cominciano
ad
allinearsi
fitti
filari
di
meli
:
i
frutteti
curati
come
giardini
s
'
estendono
a
perdita
d
'
occhio
intorno
a
noi
.
Il
pullman
imbocca
il
cancello
del
sovkos
«
Baghirov
»
.
In
un
giardino
tutto
verde
e
fiori
c
'
è
la
casetta
della
direzione
,
e
Efendiev
,
il
direttore
,
un
omaccione
coi
baffi
neri
e
il
colbacco
,
ci
aspetta
sulla
soglia
.
Nell
'
ufficio
del
direttore
sembra
d
'
essere
ancora
in
giardino
,
con
tutto
quel
verde
alle
finestre
,
uno
scaffale
pieno
di
mele
rosse
,
grossissime
,
messe
in
mostra
,
e
negli
angoli
zucche
grandi
come
mappamondi
,
verdi
e
gialle
,
posate
su
treppiedi
.
Poi
carte
geografiche
di
tutti
i
colori
,
che
Efendiev
indica
,
parlando
;
e
tre
telefoni
sulla
sua
scrivania
ai
quali
egli
continuamente
è
chiamato
o
chiama
,
interrompendo
il
suo
discorso
.
Cominciò
a
darci
il
benvenuto
,
parlò
dell
'
Italia
,
di
Togliatti
,
e
prese
a
raccontarci
la
storia
del
suo
sovkos
.
Vent
'
anni
fa
qua
erano
paludi
,
dove
cresceva
solo
il
riso
.
Poi
,
nel
1931
,
è
stato
fondato
il
sovkos
,
cioè
l
'
azienda
agricola
statale
,
che
dipende
dal
trust
delle
conserve
di
frutta
dell
'
Azerbaigian
.
Hanno
asciugato
le
paludi
per
2300
ettari
,
hanno
coltivato
la
terra
con
le
macchine
,
hanno
piantato
i
frutteti
.
Il
direttore
s
'
avvicina
a
un
grafico
appeso
alla
parete
,
incorniciato
con
fregi
di
frutta
,
e
ci
illustra
gli
aumenti
di
produzione
:
84
tonnellate
di
frutta
nel
'38;
nel
'41
erano
già
arrivati
a
317
,
nel
'42
a
494;
nel
'43
molti
degli
uomini
sono
al
fronte
e
la
produzione
comincia
a
scendere
:
334
tonnellate
;
e
cala
fino
a
150
tonnellate
nel
1945
.
(
Così
dappertutto
in
U.R.S.S.
mostrano
il
male
che
ha
fatto
la
guerra
,
il
male
che
farebbe
se
tornasse
)
.
Ma
poi
,
nel
'46
,
un
gran
balzo
:
1183
tonnellate
,
poi
2700
,
3900
,
6500
e
quest
'
anno
sono
già
quasi
arrivati
a
8000
.
Tra
cinque
anni
gli
alberi
daranno
22
mila
tonnellate
di
frutta
.
Ma
il
compagno
Baghirov
(
il
segretario
del
P.C.
azerbaigiano
,
al
cui
nome
è
dedicato
il
colcos
)
,
esaminati
i
piani
,
ha
proposto
che
arrivassero
fino
a
25
mila
.
Era
una
cifra
un
po
'
grossa
,
i
tecnici
si
sono
riuniti
per
vedere
se
potevano
arrivarci
.
Risultato
:
hanno
deciso
d
'
impegnarsi
per
30
mila
tonnellate
,
su
iniziativa
dei
giovani
comunisti
.
Confesso
che
,
prima
,
io
non
riuscivo
mai
a
interessarmi
molto
degli
elenchi
di
cifre
,
non
riuscivo
a
entrare
nello
spirito
di
quei
numeri
.
In
Unione
Sovietica
,
dovunque
si
vada
,
sono
cifre
che
saltano
fuori
;
oramai
ci
ho
preso
gusto
e
non
posso
fare
a
meno
di
appassionarmici
.
I
lavoratori
hanno
le
loro
case
nel
sovkos
,
-
case
di
loro
proprietà
,
in
gran
parte
-
e
sono
pagati
a
cottimo
(
circa
40-60
rubli
al
giorno
)
e
chi
sorpassa
il
premio
annuale
ha
dei
premi
anche
di
8-10
mila
rubli
oltre
ai
premi
in
natura
.
Siccome
una
mucca
costa
1000
rubli
,
mi
sto
già
domandando
,
se
con
questo
sistema
dei
premi
non
possa
rinascere
il
capitalismo
,
quando
il
direttore
ci
enumera
ciò
che
ogni
lavoratore
sia
dei
colcos
sia
dei
sovkos
di
quella
regione
può
possedere
come
proprietà
privata
:
un
quarto
d
'
ettaro
di
terreno
,
una
mucca
con
vitello
,
due
maiali
e
cinque
pecore
.
Mentre
Efendiev
parla
,
una
donna
con
uno
scialle
attorno
al
capo
ci
porta
vassoi
pieni
di
mele
,
grosse
mele
rosse
,
e
salviette
di
carta
con
sopra
impresso
l
'
emblema
del
sovkos
:
una
gran
mela
rossa
.
In
questo
sovkos
ci
sono
le
scuole
obbligatorie
di
sette
classi
,
le
scuole
serali
per
chi
lavora
,
una
scuola
agronomica
e
una
scuola
zootecnica
.
Palestra
,
foot
-
ball
,
palla
a
volo
,
e
scuderie
per
il
gighit
,
lo
sport
equestre
del
Caucaso
.
Della
nostra
delegazione
fa
parte
una
dirigente
dei
pionieri
di
Bologna
,
che
dovunque
si
vada
,
domanda
sempre
particolari
sull
'
organizzazione
dei
pionieri
.
E
Efendiev
le
racconta
un
episodio
sui
pionieri
naturalisti
di
questo
sovkos
.
Durante
la
guerra
i
frutteti
erano
infestati
da
un
insetto
nocivo
detto
zlatabuska
(
ce
ne
fa
scrivere
anche
il
nome
latino
:
Euprochtis
crysorrea
)
che
può
essere
ucciso
solo
alla
nascita
.
I
piccoli
naturalisti
giurarono
di
dar
battaglia
alla
zlatabuska
e
di
sterminarla
.
Si
sguinzagliarono
mattina
e
sera
per
i
frutteti
;
d
'
allora
in
poi
,
l
'
insetto
è
scomparso
dalla
zona
.
Nel
reparto
d
'
imballaggio
della
frutta
,
ci
accomiatiamo
dal
direttore
perché
siamo
attesi
al
colcos
«
Orgionikize
»
.
Efendiev
ci
regala
ancora
mele
,
tovagliette
di
carta
diverse
dalle
altre
perché
hanno
l
'
emblema
stampato
in
verde
,
e
prima
di
lasciarci
partire
vuole
che
gli
assicuriamo
che
,
appena
tornati
in
Italia
,
andremo
a
salutare
Togliatti
a
nome
suo
personale
.
Lasciato
il
sovkos
«
Baghirov
»
,
la
strada
scende
ancora
per
colline
e
colline
,
guada
fiumi
,
finché
arriviamo
a
un
villaggio
di
linde
casette
:
il
colcos
«
Orgionikize
»
.
Nella
piazzetta
ci
sono
i
colcosiani
che
ci
aspettano
,
i
bambini
delle
scuole
con
i
fiori
,
e
un
'
orchestrina
formata
da
un
tamburo
,
da
un
flauto
e
da
una
specie
di
trombetta
,
che
suona
striduli
motivi
in
nostro
onore
.
Giriamo
per
il
villaggio
coi
tre
suonatori
e
tutto
il
paese
dietro
.
Nel
teatrino
del
colcos
,
dove
siamo
accolti
,
adorno
d
'
arazzi
multicolori
coi
ritratti
di
Stalin
e
di
Baghirov
,
un
giovanotto
bruno
e
smilzo
,
coi
baffettini
neri
,
si
mette
a
ballare
una
di
quelle
loro
danze
snodate
,
di
tipo
arabo
.
Invita
a
ballare
una
delle
nostre
ragazze
,
e
la
scelta
cade
su
una
piccola
compagna
napoletana
,
nera
nera
anche
lei
,
che
per
tutta
l
'
Unione
Sovietica
trova
ricciuti
ufficiali
che
le
danno
la
loro
fotografia
con
dedica
e
pallidi
studenti
che
vogliono
scriverle
a
Napoli
.
Poi
ci
portano
a
vedere
le
opere
pubbliche
.
Prima
tra
tutte
,
la
doccia
:
una
casetta
con
dentro
una
doccia
.
Bisogna
sapere
che
qui
prima
non
c
'
era
neppure
una
tubatura
d
'
acqua
.
Avere
l
'
acqua
è
per
loro
una
grande
conquista
,
e
certo
un
paese
che
ha
conosciuto
insieme
l
'
acqua
potabile
,
la
luce
elettrica
,
l
'
alfabeto
,
gli
autocarri
,
le
scuole
,
i
trattori
,
il
telefono
,
la
radio
,
il
cinema
,
tutto
nel
giro
di
pochi
anni
,
deve
avere
delle
prospettive
storiche
tutte
sue
.
Perciò
l
'
acqua
potabile
è
ancora
qualcosa
di
prodigioso
:
difatti
,
passando
per
la
piazza
vedo
un
vecchietto
col
colbacco
avvicinarsi
alla
fontana
,
aprire
il
rubinetto
e
indicarci
il
getto
.
In
questa
regione
-
ci
dicono
-
prima
della
collettivizzazione
una
catena
interminabile
di
vendette
e
faide
familiari
dissanguava
i
paesi
,
per
cui
i
giovani
non
riuscivano
ad
arrivare
adulti
prima
che
la
schioppettata
di
una
famiglia
nemica
non
piombasse
loro
addosso
.
Ora
il
sangue
delle
faide
sembra
antico
di
secoli
;
nel
colcos
vivono
240
famiglie
ognuna
nella
sua
casetta
,
e
ogni
anno
coi
guadagni
collettivi
si
costruiscono
qualcosa
:
la
scuola
,
il
club
,
la
centrale
idroelettrica
.
Perfino
il
telefono
,
in
tutte
le
case
,
e
addirittura
una
piccola
stazione
radio
della
direzione
del
colcos
.
Così
si
può
osservare
,
nel
microcosmo
del
colcos
,
il
processo
che
,
in
grande
,
si
verifica
in
tutta
l
'U.R.S.S.:
i
cittadini
vedono
che
il
lavoro
collettivo
migliora
continuamente
le
loro
condizioni
di
vita
,
e
s
'
appassionano
sempre
di
più
ad
esso
e
alla
vita
socialista
.
In
questo
colcos
solo
l
'
anno
scorso
sono
state
costruite
50
nuove
case
private
.
Un
colcosiano
di
questa
regione
guadagna
al
giorno
:
8
chili
di
grano
,
9
chili
di
mele
,
18
rubli
,
e
poi
altri
prodotti
:
patate
,
latticini
.
Stando
alle
notizie
che
raccolgo
,
la
prima
cosa
che
un
colcosiano
cerca
di
fare
coi
suoi
guadagni
è
costruirsi
una
casa
di
sua
proprietà
,
dopo
cerca
di
comprare
una
mucca
,
e
poi
un
'
automobile
«
Moskovic
»
.
Andiamo
a
visitare
qualche
casa
di
colcosiani
:
case
in
muratura
,
a
due
piani
,
sempre
con
una
loggia
di
legno
al
primo
piano
.
Basta
che
alla
loggia
s
'
affacci
una
donna
imbacuccata
di
veli
bianchi
,
perché
le
casette
prendano
subito
un
aspetto
orientale
,
ma
con
insieme
qualcosa
di
nordico
,
tetti
di
lamiera
rossa
con
una
fila
di
galletti
sulla
cimasa
.
Da
una
veranda
dove
noto
un
grosso
e
moderno
apparecchio
radio
,
entriamo
in
una
stanza
da
letto
,
con
cinque
bei
tappeti
(
qui
è
il
paese
dei
tappeti
!
)
e
con
bassorilievo
di
gesso
sul
soffitto
che
rappresenta
un
pavone
.
Il
colcosiano
Merikov
,
l
'
anno
scorso
,
coi
centomila
rubli
dei
suoi
guadagni
familiari
(
solo
in
denaro
;
poi
c
'
erano
quelli
in
natura
)
s
'
è
costruito
questa
casetta
di
sei
stanze
.
La
casa
coi
galletti
sul
tetto
rosso
è
di
Alì
Mamedov
,
un
ometto
col
giaccone
di
cuoio
che
l
'
anno
scorso
,
di
rubli
(
in
famiglia
sono
in
quattro
che
lavorano
)
,
ne
ha
guadagnati
128
mila
.
Dice
d
'
essere
in
grado
d
'
ospitare
per
un
anno
una
delegazione
italiana
a
far
niente
,
tutto
a
sue
spese
,
e
s
'
offre
di
farlo
.
Quasi
quasi
lo
prendiamo
in
parola
.
Per
la
strada
,
due
vecchi
dall
'
aria
arzilla
stanno
a
guardare
il
viavai
,
sorridendo
sopra
le
bianche
barbe
a
punta
e
con
gli
occhi
ammiccanti
sotto
il
colbacco
.
Uno
ha
125
anni
,
-
sento
dire
-
l
'
altro
120
.
Avevo
già
sentito
parlare
della
longevità
dei
contadini
caucasici
,
e
non
voglio
mettere
in
dubbio
l
'
informazione
.
A
ogni
modo
,
ci
viene
detto
:
«
E
inutile
che
chiediate
a
loro
;
rispondono
sempre
d
'
avere
diciassette
o
diciotto
anni
»
.
Pranziamo
nel
colcos
,
a
una
gran
tavolata
in
mezzo
a
contadini
e
contadine
.
Mahmud
Kuliev
,
un
ometto
scuro
e
atticciato
,
presidente
del
colcos
,
ci
parla
attraverso
due
interpreti
,
perché
sa
solo
l
'
azerbaigiano
.
Ci
viene
servito
riso
con
uva
passa
,
gli
immancabili
cetrioli
,
pere
secche
,
cipolle
crude
senz
'
olio
,
e
alfine
un
magnifico
,
enorme
montone
bollito
,
che
,
siccome
non
ci
sono
coltelli
in
tavola
,
dobbiamo
impugnare
con
le
mani
e
sbranare
a
morsi
come
antichi
guerrieri
.
I
tre
suonatori
e
il
giovinotto
ballerino
accompagnano
il
banchetto
con
musiche
e
danze
,
e
i
colcosiani
cantano
in
coro
le
loro
canzoni
dalla
melodia
vibrata
e
dissonante
.
Sono
canzoni
orientali
che
si
direbbe
appartengano
al
folklore
più
tradizionale
:
ma
le
parole
si
richiamano
a
nuove
città
fondate
,
a
eroine
del
lavoro
,
a
Stalin
.
Ce
n
'
è
una
che
ci
piace
moltissimo
:
Azerbaigian
-
dan
!
e
ci
uniamo
al
coro
sostituendo
le
parole
con
dei
tarararà
,
e
va
benissimo
.
Tutti
,
colcosiani
e
delegati
,
a
uno
a
uno
,
dobbiamo
esibirci
nella
danza
azerbaigiana
,
accompagnati
dal
ritmico
batter
di
mani
di
tutti
gli
altri
,
e
incitati
dai
dirigenti
del
colcos
che
hanno
per
primi
dato
l
'
esempio
.
Intanto
continuano
a
comparire
vassoi
con
nuovi
pezzi
di
montone
;
e
quando
un
robusto
cantore
intona
verso
dopo
verso
un
antico
poema
interminabile
che
racconta
le
gesta
di
leggendari
eroi
,
l
'
atmosfera
non
potrebb
'
essere
più
omerica
.
Ci
vengono
pure
offerti
vassoi
con
piramidi
di
mele
rosse
,
ma
oramai
,
dopo
tutte
quelle
che
ci
ha
convinto
a
mangiare
stamattina
il
direttore
Efendiev
,
di
mele
siam
già
sovrasaturi
.
Viene
sera
.
E
stata
la
più
bella
giornata
del
nostro
viaggio
.
L
'
esperienza
che
abbiamo
avuto
della
campagna
sovietica
,
nei
semplici
e
purtroppo
rapidi
contatti
con
questa
gente
,
vale
più
di
volumi
di
dati
e
statistiche
.
Ci
accomiatiamo
,
e
il
capo
delegazione
offre
i
nostri
doni
ai
colcosiani
.
(
Sono
molto
contento
che
tocchi
a
loro
la
scatola
di
gianduiotti
che
mi
sono
portato
da
Torino
)
.
Il
presidente
del
colcos
e
gli
altri
compagni
si
guardano
un
momento
,
un
po
'
soprappensiero
.
Il
presidente
dà
un
breve
ordine
.
Un
colcosiano
esce
e
ritorna
con
un
tappeto
,
che
consegna
al
capo
-
delegazione
.
È
un
bel
dono
e
pensavamo
che
tutto
finisse
così
.
Invece
,
tornando
in
pullman
per
le
colline
brulle
e
fangose
,
vediamo
un
camion
che
ci
segue
.
È
carico
di
mele
;
il
presidente
del
colcos
ha
voluto
regalare
una
cassetta
di
mele
a
ciascuno
di
noi
.
Per
tutto
il
resto
del
viaggio
,
fino
a
Mosca
,
navighiamo
tra
queste
mele
.
StampaPeriodica ,
La
lunga
marcia
delle
riforme
ha
sinora
affrontato
,
alla
Camera
,
soltanto
due
nodi
:
quello
del
federalismo
(
forma
di
Stato
)
e
quello
del
presidenzialismo
(
forma
di
governo
)
.
Sul
primo
,
il
testo
concordato
in
Bicamerale
è
stato
ampiamente
modificato
;
sul
secondo
,
invece
,
è
stato
rispettato
.
Il
che
non
è
di
per
sé
riprovevole
o
irragionevole
.
Se
gli
accordi
della
Bicamerale
fossero
tutti
blindati
,
allora
l
'
esame
delle
Camere
non
avrebbe
senso
,
sarebbe
soltanto
pro
forma
.
Però
,
se
tutti
gli
accordi
della
Bicamerale
fossero
sblindati
,
cioè
tutti
da
rifare
,
allora
sarebbe
il
lavoro
della
commissione
costituente
a
risultare
inutile
.
Alla
domanda
se
i
patti
della
Bicamerale
saranno
rispettati
,
pertanto
,
per
il
momento
si
può
soltanto
rispondere
:
in
parte
sì
,
in
parte
no
.
Ma
siamo
ancora
ai
primissimi
passi
.
Perché
c
'
è
ancora
da
vedere
che
cosa
succederà
al
Senato
,
dove
la
riforma
presidenziale
approvata
a
Montecitorio
potrà
tenere
,
ma
dove
dubito
molto
sulla
tenuta
della
riforma
federale
.
Il
solo
punto
abbastanza
fermo
,
a
oggi
,
delle
riforme
è
dunque
quello
del
presidenzialismo
.
Vediamolo
.
In
passato
il
presidente
della
Repubblica
era
eletto
dalle
Camere
.
In
futuro
sarà
eletto
,
in
forza
dell
'
articolo
64
della
nuova
Costituzione
,
a
suffragio
universale
diretto
.
La
Camera
ha
anche
approvato
gli
articoli
che
ne
specificano
poteri
e
modalità
di
elezione
,
affrontando
per
ultimi
due
punti
:
le
prerogative
presidenziali
in
materia
di
politica
estera
e
di
difesa
(
art.
66
,
sub
a
)
e
il
potere
di
scioglimento
delle
Camere
(
art.
70
)
.
Sono
punti
importanti
,
e
controversi
per
questo
;
ma
non
abbastanza
importanti
da
modificare
la
valutazione
d
'
insieme
.
I
sistemi
genericamente
detti
presidenziali
sono
almeno
una
trentina
,
e
si
dividono
in
tre
tipi
:
il
sistema
presidenziale
puro
di
tipo
americano
,
il
sistema
semipresidenzíale
di
tipo
francese
,
i
sistemi
presidenziali
spuri
che
sono
tali
di
nome
più
che
di
fatto
.
Il
solo
denominatore
comune
di
tutti
questi
sistemi
è
l
'
elezione
popolare
del
capo
dello
Stato
.
Ma
la
sola
elezione
non
basta
a
rendere
un
sistema
presidenziale
diverso
da
un
sistema
parlamentare
.
Irlanda
,
Islanda
e
Austria
esibiscono
presidenti
eletti
a
suffragio
universale
,
ma
funzionano
in
tutto
e
per
tutto
come
sistemi
parlamentari
nei
quali
il
presidente
conta
poco
o
niente
.
Un
sistema
politico
è
davvero
presidenziale
,
allora
,
quando
il
presidente
conta
in
termini
di
potere
di
governo
.
Negli
Stati
Uniti
è
il
presidente
che
governa
e
che
riassume
in
sé
tutti
i
poteri
di
governo
.
Dunque
,
nel
sistema
presidenziale
puro
il
presidente
conta
moltissimo
.
L
'
inconveniente
di
questa
formula
,
che
si
manifesta
appieno
in
America
Latina
,
è
duplice
:
da
un
lato
è
aperta
al
rischio
dell
'
eccesso
di
potere
,
dall
'
altro
lato
non
prevede
il
caso
che
viene
detto
della
«
maggioranza
divisa
»
,
cioè
del
presidente
che
si
trova
in
minoranza
in
Parlamento
.
In
Francia
,
invece
,
la
struttura
del
potere
esecutivo
è
diarchica
,
a
due
teste
;
ma
il
problema
di
una
conflittualità
o
paralisi
diarchica
è
risolto
dal
fatto
che
l
'
esercizio
effettivo
del
potere
passa
dal
capo
dello
Stato
al
capo
del
governo
-
e
viceversa
-
a
seconda
di
chi
si
trova
in
maggioranza
.
Il
semipresidenzialismo
francese
è
dunque
un
sistema
altamente
flessibile
che
non
si
incaglia
,
come
avviene
in
America
,
nelle
secche
della
maggioranza
divisa
.
In
Francia
il
presidente
a
volte
conta
molto
,
a
volte
conta
meno
;
ma
non
è
mai
un
presidente
che
non
presiede
nulla
,
la
cui
funzione
è
di
essere
soltanto
un
garante
.
Come
si
cerca
invece
di
renderlo
nel
presidenzialismo
all
'
italiana
.
Come
notavo
,
in
materia
di
poteri
presidenziali
esiste
ancora
un
contenzioso
aperto
.
Ma
ammettiamo
che
gli
articoli
66
e
70
resistano
agli
assalti
e
passino
nella
versione
proposta
dalla
Bicamerale
.
Anche
se
così
sarà
,
il
presidenzialismo
all
'
italiana
è
pur
sempre
da
ascrivere
alla
categoria
dei
presidenzialismi
spuri
e
mal
congegnati
;
che
talvolta
sono
soltanto
inutili
,
come
nella
citatissima
Austria
,
ma
che
possono
anche
essere
dannosi
.
Capisco
benissimo
chi
si
oppone
al
presidenzialismo
puro
.
Capisco
anche
,
seppur
meno
,
chi
nemmeno
vuole
il
semipresidenzialismo
.
Ma
l
'
argomento
vero
non
è
che
nel
modello
francese
si
annida
il
pericolo
di
una
tirannide
virtuale
,
come
gridano
,
comprensibilmente
spaventatissimi
,
Armando
Cossutta
e
Fausto
Bertinotti
;
e
nemmeno
il
pericolo
della
deriva
plebiscitaria
denunziato
dai
popolari
.
Chiamando
le
cose
con
il
loro
vero
nome
,
chi
diffida
di
qualsiasi
presidenzialismo
teme
l
'
elezione
popolare
diretta
.
Coma
fa
un
elettorato
che
di
politica
si
interessa
poco
,
e
sa
pochissimo
,
a
scegliere
una
persona
adatta
?
Diciamolo
senza
infingimenti
:
il
rischio
di
una
cattiva
scelta
,
di
una
scelta
sbagliata
,
è
un
rischio
da
mettere
in
conto
.
E
la
videopolitica
lo
accentua
.
In
Brasile
la
televisione
ha
portato
al
potere
Collor
,
un
pessimo
presidente
cacciato
per
corruzione
nel
1993
.
In
questo
momento
pare
che
dalle
elezioni
presidenziali
nelle
Filippine
esca
vincitore
un
ex
attore
(
come
Ronald
Reagan
,
ma
senza
il
suo
tirocinio
politico
)
e
che
in
Venezuela
la
candidata
più
forte
per
le
elezioni
presidenziali
di
dicembre
sia
Irene
Sàez
,
un
'
ex
Miss
Universo
di
36
anni
:
certo
una
gran
bella
ragazza
,
ma
che
cosa
c
'
entra
?
Dunque
il
presidenzialismo
comporta
un
rischio
che
l
'
elezione
parlamentare
del
presidente
riduce
.
Ma
il
guaio
è
che
in
Italia
i
nemici
del
presidenzialismo
sono
riusciti
a
depotenziarlo
senza
però
riuscire
a
evitare
l
'
elezione
diretta
(
per
ben
sei
anni
)
.
Il
che
rischia
di
produrre
un
presidenzialismo
reso
pericoloso
dalla
propria
impotenza
.
L
'
elezione
popolare
del
capo
dello
Stato
non
è
piccola
cosa
.
Tra
le
tante
,
troppe
elezioni
che
ci
affaticano
,
è
la
Grande
Elezione
.
Mobilita
un
paese
per
mesi
,
richiede
manovre
di
posizionamento
dei
candidati
per
anni
,
e
impiega
ingenti
energie
e
risorse
.
Dopo
di
che
,
e
soprattutto
,
crea
aspettative
.
In
Italia
-
se
mai
arriveremo
al
referendum
confermativo
della
nuova
Costituzione
-
l
'
elezione
del
presidente
verrà
strombazzata
come
una
grande
conquista
democratica
,
come
un
aumento
del
potere
popolare
.
Non
sarà
vero
,
sarà
un
imbrogliuccio
.
Ma
resta
vero
che
l
'
elezione
diretta
dà
legittimità
,
e
quindi
il
nuovo
presidente
potrà
parlare
più
di
ogni
altro
in
nome
del
popolo
.
E
se
sarà
un
tipo
battagliero
potrà
dare
battaglia
per
conquistare
i
poteri
che
la
Costituzione
gli
nega
,
ma
che
i
veri
presidenzialismi
gli
assegnerebbero
.
Una
battaglia
che
gli
verrà
facilitata
da
un
varco
che
i
nostri
costituenti
hanno
lasciato
sguarnito
senza
accorgersene
.
Nell
'
articolo
66
sub
e
,
approvato
pochi
giorni
fa
,
si
legge
che
il
presidente
della
Repubblica
«
autorizza
la
presentazione
alle
Camere
dei
disegni
di
legge
di
iniziativa
del
governo
»
.
E
vero
che
quel
disposto
ripete
l
'
articolo
87
della
Costituzione
del
1948
.
Ma
se
era
reso
aggirabile
,
in
passato
,
da
un
sistema
parlamentare
,
è
un
disposto
che
diventa
pericolosamente
offensivo
in
mano
a
un
presidente
a
elezione
popolare
.
Che
cosa
succede
se
il
presidente
non
autorizza
la
presentazione
di
un
disegno
di
legge
?
Dal
testo
si
evince
che
la
non
autorizzazione
è
un
atto
interamente
discrezionale
.
E
dunque
può
succedere
che
il
presidente
unto
dal
popolo
blocchi
,
volendo
,
quasi
tutto
il
governare
.
Bravi
davvero
,
Leopoldo
Elia
e
soci
.
Nel
combattere
il
presidenzialismo
,
i
popolari
hanno
ottenuto
un
presidenzialismo
impotente
sì
,
ma
aperto
ai
conflitti
istituzionali
assai
più
del
sistema
semipresidenziale
che
sono
riusciti
a
distruggere
.
In
Francia
la
potenziale
conflittualità
tra
capo
della
Stato
e
capo
del
governo
è
stata
disciplinata
,
e
a
tutt
'
oggi
non
è
mai
stata
dirompente
.
Il
presidenzialismo
all
'
italiana
,
invece
,
o
sarà
soltanto
di
facciata
,
oppure
sarà
contrassegnato
da
una
preoccupante
conflittualità
interna
.
Nella
prima
eventualità
,
quella
di
un
presidenzialismo
finto
e
soltanto
nominale
,
avremmo
fatto
molto
rumore
per
nulla
,
e
la
montagna
avrebbe
partorito
un
topolino
.
Nella
seconda
eventualità
,
ci
troveremmo
assai
più
mal
messi
di
prima
.
In
ogni
caso
,
chiamare
questo
coso
un
semipresidenzialismo
è
un
'
ingiuria
al
nome
.
StampaPeriodica ,
S
'
è
meravigliato
più
d
'
uno
e
risentito
perché
G.A.
Borgese
,
critico
laureato
ed
autore
pontificante
nel
tempio
delle
patrie
lettere
,
va
scoprendo
a
Parigi
i
numi
della
letteratura
contemporanea
,
che
si
chiamano
Bourget
,
Gide
,
Proust
e
han
cenacoli
come
1'Europe
,
la
Revue
des
deux
mondes
o
la
N
.
R
.
F
.
Occorreva
proprio
,
mi
domando
,
che
il
prof
.
Borgese
,
noto
per
il
connaturato
antifascismo
,
andasse
a
Parigi
,
e
proclamasse
sul
Corriere
della
Sera
(
antifascista
per
definizione
)
che
la
Francia
è
l
'
ombelico
della
letteratura
moderna
,
la
Mecca
dell
'
ingegno
,
l
'
Everest
dell
'
Arte
;
tutto
questo
occorreva
per
sapere
che
il
pubblico
italiano
che
legge
,
e
quello
men
numeroso
,
ma
non
perciò
men
pericoloso
,
che
scrive
,
pende
dalla
penna
degli
scrittori
di
Francia
.
L
'
italiano
che
sapendo
leggere
crede
d
'
esser
colto
,
ritiene
indispensabile
avere
nella
sua
libreria
un
certo
numero
di
volumi
francesi
,
ed
è
orgoglioso
se
può
in
conversazione
dire
il
suo
giudizio
,
sull
'
ultimo
libro
di
Bourget
,
o
almeno
,
in
mancanza
di
meglio
,
di
Dékobra
,
il
romanziere
dalle
tirature
folli
.
Questo
fascino
francese
è
il
segno
di
uno
smaccato
e
pacchiano
provincialismo
,
che
sopravvive
fra
noi
.
La
verità
è
amara
,
ma
riconosciamola
francamente
:
la
gran
parte
degli
italiani
d
'
oggi
usano
a
parole
tutta
la
loro
fierezza
,
ma
non
dànno
un
'
oncia
del
loro
sangue
al
cervello
per
farlo
italianamente
pensare
e
operare
.
Il
prof
.
Borgese
è
soltanto
l
'
antesignano
e
il
maestro
riconosciuto
e
consacrato
di
questa
pigra
borghesissima
Italia
che
non
riesce
a
guarire
oggi
come
ieri
dal
suo
mal
francese
.
StampaQuotidiana ,
La
supersegretaria
Ludmilla
fa
il
suo
mestiere
di
accompagnatrice
con
grande
scrupolo
:
ritta
vicino
al
guidatore
,
faccia
a
noi
,
in
mano
un
microfono
che
gracchia
,
comincia
dall
'
uovo
.
Mosca
era
alle
origini
una
fortezza
sulla
Moscova
,
imprendibile
,
superficie
un
ettaro
.
Oggi
87
ettari
,
sei
milioni
di
abitanti
esclusi
i
sobborghi
,
più
un
milione
di
turisti
che
ogni
giorno
affluiscono
alla
capitale
dallo
sterminato
contado
e
anche
dall
'
estero
;
in
occasione
della
partita
,
cinquemila
italiani
.
Ogni
giorno
si
costruiscono
a
Mosca
trecento
nuovi
alloggi
,
anche
col
sistema
delle
case
prefabbricate
:
l
'
inquilino
paga
in
ragione
di
tredici
copechi
per
metro
quadrato
,
meno
di
cento
lire
.
A
destra
(
sua
,
cioè
alla
nostra
sinistra
)
statua
di
operaio
e
colcosiana
,
altezza
metri
venticinque
,
in
acciaio
inossidabile
,
e
smontabile
:
la
portarono
alla
mostra
di
Parigi
.
Facciata
del
teatro
Bolscioi
,
scendere
per
fotografare
ma
solo
cinque
minuti
.
Stazione
di
Riga
,
e
dal
lato
opposto
chiesa
di
San
Cipollone
,
oggi
conservata
a
mo
'
di
museo
.
Domande
da
fare
?
Sì
,
la
signora
padovana
chiede
se
domattina
è
possibile
andare
a
messa
.
Possibile
,
perché
in
Unione
Sovietica
restano
chiese
aperte
,
israelite
,
ortodosse
e
cristiane
,
ma
«
puoche
puoche
»
perché
popolo
sovietico
«
puoco
puoco
»
religioso
.
E
la
chiesa
cattolica
c
'
è
?
Certo
,
Ludmilla
lo
ignora
,
ma
molti
fra
noi
sanno
che
si
chiama
San
Luigi
dei
Francesi
,
e
la
padovana
domani
andrà
senz
'
altro
da
questo
santo
dei
francesi
,
in
mancanza
di
meglio
.
Ludmilla
però
non
l
'
accompagnerà
:
domani
Piazza
Rossa
.
«
E
mì
vado
a
messa
,
e
quella
lì
vada
al
diavolo
»
,
conclude
indicando
la
giovane
senza
Dio
.
Ecco
i
grattacieli
,
costruiti
con
sistemi
modernissimi
,
cioè
pietra
su
pietra
,
mattone
su
mattone
,
fino
ad
arrivare
,
con
le
guglie
,
ai
non
so
più
quanti
metri
e
mezzo
dell
'
Università
.
È
il
mastodonte
,
che
sorge
sulla
Collina
dei
Passeri
.
Di
qui
si
vedono
le
anse
della
Moscova
,
tutta
la
città
distesa
,
accanto
c
'
è
un
grande
trampolino
per
il
salto
con
gli
sci
.
Appena
scesi
ci
aggrediscono
nugoli
di
ragazzetti
chiedendo
«
biro
,
biro
,
biro
»
,
e
mostrando
in
cambio
distintivi
.
Per
una
penna
a
sfera
danno
anche
quattro
stelle
rosse
.
Sarebbe
bello
discorrere
un
po
'
con
questi
giovanotti
sprovveduti
.
Ludmilla
spiega
solo
che
sono
ragazzi
«
non
molto
buoni
»
e
che
bisognerebbe
-
fa
il
gesto
-
sculacciarli
.
Ci
tira
via
fino
al
mastodonte
,
e
non
ci
risparmia
nulla
:
seimila
studenti
alloggiati
,
trentamila
universitari
in
tutta
Mosca
,
agli
studi
superiori
,
dopo
il
decimo
anno
delle
elementari
,
si
entra
per
concorso
,
e
si
riceve
una
borsa
minima
di
un
rublo
al
giorno
.
Entro
università
mensa
,
pasto
minimo
venticinque
copechi
,
non
granché
buono
ma
«
sufficiente
per
saturarsi
»
.
In
università
sei
ascensori
ultraveloci
portano
fino
al
piano
ventottesimo
,
ci
sono
aule
e
laboratori
,
teatri
e
auditori
,
studenti
di
tutte
le
razze
,
anche
sessanta
italiani
.
Si
può
entrare
dovunque
:
nelle
aule
mentre
fanno
lezione
,
nelle
mense
,
negli
atri
,
nelle
camerette
,
persino
nei
cessi
.
E
siccome
ogni
giorno
deve
essere
un
pellegrinaggio
di
turisti
,
come
faranno
a
studiare
questi
ragazzi
lo
sa
il
diavolo
.
L
'
impressione
è
che
questo
brutto
mastodonte
serva
più
come
simbolo
che
come
strumento
,
che
sia
poco
funzionale
,
che
sarebbe
stato
molto
meglio
fare
una
città
degli
studi
,
con
molti
edifici
staccati
in
mezzo
al
verde
.
Uno
degli
architetti
fiorentini
mi
fa
notare
che
i
corridoi
interni
sono
bui
,
e
infatti
è
acceso
il
neon
in
continuazione
;
che
le
camere
sono
sbagliate
,
se
apri
la
finestra
non
apri
più
l
'
armadio
.
Marcello
si
è
messo
a
bisticciare
con
lo
spoletino
baffuto
:
«
Guardi
le
nostre
università
»
,
dice
quest
'
ultimo
,
«
relegate
nei
vecchi
conventi
,
nei
palazzacci
antichi
.
E
poi
i
risultati
si
sono
visti
,
no
?
L
'
abbiamo
visto
o
no
se
quest
'
università
funziona
?
Ci
sono
andati
o
no
,
primi
nello
spazio
?
»
.
Basta
con
Ludmilla
,
nel
pomeriggio
andremo
in
centro
noi
quattro
da
soli
.
Per
strada
ci
ferma
un
giovanotto
alto
,
gobbo
e
occhialuto
,
parla
in
russo
con
Riccio
,
dice
che
vuol
comprare
roba
italiana
,
vestiti
,
impermeabili
,
maglie
.
È
successo
a
noi
,
come
a
tutti
gli
altri
indistintamente
,
perfino
alla
padovana
coi
baffi
un
'
inserviente
dell
'
albergo
ha
chiesto
un
paio
di
calze
di
nailon
.
«
Mi
carezzava
,
mi
carezzava
,
quasi
mi
faceva
piangere
,
povera
!
Le
ho
detto
tieni
le
calze
,
e
va
'
a
farte
benedire
,
Mariavergine
»
.
In
taxi
il
giovanotto
nostro
,
l
'
occhialuto
spiega
che
aspetterà
fuori
del
villaggio
,
andiamo
dentro
noi
a
prendere
la
roba
e
ci
ritroviamo
lì
fra
un
quarto
d
'
ora
.
Entrare
lui
è
proibito
,
specialmente
al
blocco
due
,
il
nostro
,
«
a
very
bad
block
»
,
spiega
.
Questo
lumacone
deve
passare
le
giornate
a
trafficare
in
impermeabili
empolesi
.
Cos
'
abbiamo
da
vendergli
?
Mimmo
tira
fuori
un
par
di
mutandoni
di
lana
che
gli
aveva
comprato
la
mamma
per
viaggiare
in
Russia
(
andranno
bene
?
Quanto
posso
chiedere
?
)
;
poi
ci
sono
le
maglie
,
col
collo
e
senza
,
una
decina
fra
tutti
,
d
'
ogni
colore
,
da
riempirne
la
borsa
dell
'
Alitalia
.
Stiamo
per
uscire
di
camera
col
malloppo
quattro
magliari
penso
,
oltre
tutto
piove
,
ci
pentiamo
quasi
contemporaneamente
,
e
che
il
lumacone
rimanga
pure
sotto
l
'
acqua
ad
aspettarci
che
ben
gli
sta
.
La
mattina
dopo
Ludmilla
,
puntuale
e
tenace
,
riattacca
con
le
cifre
,
al
Cremlino
vedremo
il
campanone
crollato
prima
ancora
di
arrivare
in
vetta
al
campanile
,
lei
sa
quanto
pesa
,
quanto
ha
di
diametro
,
quanto
di
altezza
,
vedremo
il
«
re
dei
cannoni
»
,
un
enorme
pezzo
di
artiglieria
che
forse
non
ha
mai
sparato
,
e
casomai
ha
sparato
solo
a
mitraglia
,
perché
le
quattro
palle
,
da
due
tonnellate
ciascuna
,
lì
davanti
,
sono
dell
'
Ottocento
,
e
a
fine
decorativo
.
Dentro
il
Cremlino
c
'
è
anche
l
'
unico
edificio
davvero
moderno
veduto
a
Mosca
,
il
palazzo
dei
Congressi
,
ardito
col
suo
vetro
e
cemento
in
mezzo
a
tante
cipollone
.
Ludmilla
spara
le
sue
cifre
,
e
sarà
meglio
squagliarsela
per
andare
a
comprare
,
da
buon
italiano
,
il
colbacco
e
la
balalaica
.
Sulla
Piazza
Rossa
c
'
è
un
omone
,
un
armadio
che
cammina
,
e
si
tira
dietro
sei
balalaiche
;
gli
chiedo
dove
l
'
ha
comprate
,
lui
si
volta
ed
è
il
Rollamatic
.
I
poliziotti
ci
fischiano
dietro
,
ma
lui
dice
«
italianski
futbalisti
»
e
ci
lasciano
passare
,
di
corsa
,
fuori
delle
strisce
.
Così
andiamo
al
Gum
,
e
il
Rollamatic
-
armadio
è
efficientissimo
,
si
fa
largo
senza
nemmeno
sgomitare
,
per
pura
forza
intimidatoria
-
pagiostie
,
pagiostie
-
e
gli
acquisti
si
sbrigano
in
un
baleno
.
Tutti
e
due
incolbaccati
torniamo
sulla
Piazza
Rossa
,
il
Rollamatic
si
congeda
,
io
ritrovo
la
comitiva
con
Ludmilla
,
e
senza
fare
la
fila
entriamo
al
mausoleo
rosso
e
nero
,
coi
soldatini
imberbi
dal
fucilino
lustro
che
pare
un
giocattolo
,
immobili
,
consapevoli
.
Saranno
anche
«
puoco
puoco
»
religiosi
,
questi
russi
,
ma
la
fila
è
interminabile
,
avanza
lenta
lenta
,
perché
non
si
sosta
davanti
alla
mummia
,
le
si
gira
attorno
.
C
'
è
buio
,
solo
tre
lampade
che
illuminano
il
viso
di
cera
e
le
mani
,
una
aperta
,
una
stretta
a
pugno
.
Alla
fine
del
giro
incontro
lo
sguardo
di
Marcello
,
e
per
poco
non
ci
mettiamo
a
ridere
.
So
quello
che
pensa
:
che
è
finto
,
che
sembra
d
'
essere
al
miracolo
di
san
Gennaro
,
che
il
cielo
ci
scampi
dalla
sorte
d
'
essere
imbalsamati
,
dopo
morti
,
e
conservati
in
cantina
per
ricordo
ai
nipoti
.
«
O
vieni
un
po
'
a
vedere
com
'
era
fatto
il
tu
'
nonnino
!
»
Ma
basta
col
sacrilegio
.
Pensiamo
a
fare
il
tifo
per
l
'
Italia
.
Lo
stadione
è
bello
,
l
'
altoparlante
alterna
canzoni
italiane
e
russe
,
il
tabellone
luminoso
dà
le
informazioni
in
cirillico
(
non
pare
,
ma
c
'
è
scritto
proprio
Negri
,
Facchetti
,
Maldini
)
,
c
'
è
l
'
orologio
che
segna
i
minuti
trascorsi
,
e
quelli
del
recupero
,
per
il
tempo
perso
fra
incidenti
,
moine
e
pugni
in
faccia
.
Una
figura
da
ladri
,
e
grazie
,
grazie
al
pubblico
sovietico
che
non
ci
ha
sbeffeggiati
,
alla
fine
,
come
meritavamo
,
con
la
nostra
sicumera
del
mattino
,
quando
dall
'
autobus
facevamo
segno
con
le
mani
,
che
gliele
avremmo
suonate
.
Dopo
lo
stadio
devo
andare
al
Leningradesc
per
telefonare
,
Ludmilla
mi
insegna
dove
scendere
e
dove
prendere
il
3
,
che
però
arriva
solo
alla
Komsomolskaia
,
poi
fare
un
tratto
a
piedi
.
Non
ci
capisco
più
niente
,
nessuno
parla
altro
che
russo
,
io
non
riesco
a
dire
bene
Lieningradscaia
,
anche
perché
la
parola
è
sdrucciola
.
Per
fortuna
un
brav
'
uomo
scende
con
me
e
mi
indica.Di
sopra
il
professore
ha
già
avuto
in
linea
Milano
:
«
...
e
Dubinsky
ci
mette
il
piedone
,
va
bene
?
...
e
Sormani
incorna
,
va
bene
?
...
e
rimedia
il
Trap
,
va
bene
?
»
.
Al
piano
di
sotto
c
'
è
Manlio
Cancogni
in
crisi
,
il
Rollamatic
mi
ci
accompagna
,
lo
abbraccio
e
per
consolazione
viene
sopra
anche
lui
a
far
merenda
con
caviale
,
champagne
,
salmone
e
vodka
.
Mi
piacerebbe
star
lì
a
discutere
,
e
magari
scendere
nell
'
atrio
assiro
per
sfottere
un
po
'
i
prestipedatori
,
gli
abatini
che
l
'
hanno
prese
dai
cavalli
della
steppa
,
ma
la
tradotta
aspetta
e
a
mezzanotte
in
punto
salpiamo
.
Alla
stazione
di
Kiev
ci
sono
ucraini
fierissimi
che
ridono
con
noi
della
partita
,
e
donne
che
si
caricano
sul
groppone
sacchi
e
casse
.
Poi
c
'
è
una
comitiva
ungherese
che
intona
un
coro
,
gli
italiani
rispondono
col
mazzolino
di
fiori
,
e
tutti
insieme
si
canta
Marina
,
Ludmilla
è
sparita
,
riecco
Svetlana
e
Natascia
,
e
il
treno
accenna
a
muoversi
.
Comincia
l
'
anabasi
.