StampaPeriodica ,
...
I
conflitti
del
lavoro
,
gli
scioperi
,
gli
episodi
della
guerriglia
sociale
non
sono
affatto
venuti
scemando
in
questi
ultimi
anni
.
Ma
numerosi
e
anche
gravi
talora
essi
sono
apparsi
appunto
guerriglia
e
non
guerra
,
episodi
sporadici
e
non
lotta
organizzata
,
sistematica
,
metodica
.
Significa
questo
che
la
lotta
è
tuttavia
immanente
,
o
non
sta
a
dimostrare
piuttosto
che
l
'
autodifesa
è
il
mezzo
a
cui
si
ricorre
quando
non
esistono
i
mezzi
protettivi
legali
?
La
seconda
ipotesi
è
suffragata
dai
tentativi
ormai
numerosi
di
istituire
i
mezzi
legali
di
difesa
,
principalmente
attraverso
la
conciliazione
e
l
'
arbitrato
obbligatorio
,
inadeguati
allo
scopo
,
ma
sintomatici
.
E
si
verifica
così
che
mentre
l
'
ultimo
grande
sciopero
che
si
è
avuto
in
Europa
rimonta
a
tre
anni
or
sono
lo
sciopero
dei
minatori
in
Inghilterra
e
mentre
il
lavorio
che
da
Mosca
la
Terza
Internazionale
prosegue
senza
posa
si
disperde
nei
rigagnoli
delle
violenze
sporadiche
;
si
viene
affermando
l
'
idea
del
regolamento
giuridico
dei
conflitti
professionali
.
A
questo
punto
ogni
deduzione
sarebbe
forzata
se
non
ci
soccorressero
altri
elementi
.
Nelle
classi
operaie
,
e
si
badi
bene
,
sopratutto
nelle
organizzazioni
sindacali
operaie
si
avverte
una
progressiva
tendenza
ad
uscire
dai
miti
internazionalisti
per
trincerarsi
entro
un
nazionalismo
che
arriva
fino
ad
invocare
misure
protettive
contro
le
importazioni
di
merci
e
di
mano
d
'
opera
straniera
.
Gli
esempi
vanno
dai
socialisti
australiani
ai
sindacati
degli
operai
cotonieri
inglesi
,
e
al
deciso
pronunciamento
dell
'
American
Federation
of
Labor
contro
l
'
immigrazione
.
Due
sintomi
dunque
:
il
frantumarsi
della
lotta
di
classe
accompagnato
dai
tentativi
di
sistemazione
legale
,
e
l
'
orientamento
nazionalista
contrassegnano
il
comportamento
delle
classi
operaie
.
Occorre
vedere
se
ciò
corrisponde
ad
uno
stato
di
quiescenza
,
e
cioè
a
dire
alla
fine
della
lotta
fra
le
classi
come
preludio
a
quello
che
i
socialisti
designano
come
il
"
pericolo
dell
'
imborghesimento
"
delle
classi
operaie
,
oppure
se
,
come
crediamo
,
la
fine
di
un
ciclo
storico
è
foriera
dell
'
avvento
di
un
nuovo
ordine
sociale
e
politico
.
Torniamo
alla
nostra
attuazione
corporativa
.
Se
nel
suo
complesso
dimostra
una
ammirabile
architettura
giuridica
,
capace
di
contenere
e
di
plasmare
i
più
audaci
sviluppi
,
storicamente
essa
coincide
con
il
riscatto
delle
masse
operaie
italiane
dallo
stato
di
minorità
politica
in
cui
le
aveva
poste
il
liberalismo
.
Il
Sindacalismo
fascista
non
rappresenta
più
una
posizione
di
difesa
,
ma
di
autonomia
.
La
preesistente
condizione
d
'
inferiorità
si
tramuta
nella
formazione
politica
di
una
classe
,
fornita
di
tutti
i
mezzi
di
azione
e
di
organizzazione
capaci
di
permetterle
la
collaborazione
con
le
altre
classi
,
non
solo
sul
terreno
delle
condizioni
di
lavoro
,
ma
anche
e
sopratutto
su
quello
del
regolamento
della
produzione
.
Quando
al
lavoratore
si
sono
assicurate
le
giuste
condizioni
di
vita
,
si
è
senza
dubbio
eliminata
la
prima
causa
della
lotta
di
classe
,
ma
non
si
potrebbe
però
dare
completamente
torto
a
coloro
che
ci
accusano
di
averne
fatto
"
un
borghese
"
nel
senso
filisteico
e
gretto
del
termine
.
Il
problema
viceversa
è
quello
di
fare
del
lavoratore
un
produttore
,
e
cioè
di
dargli
un
giusto
senso
di
conservatorismo
,
un
minimo
indispensabile
di
sicurezza
materiale
,
non
disgiunto
però
dalla
coscienza
con
-
creta
e
costruttiva
di
collaboratore
attivo
della
produzione
,
di
elemento
formativo
della
Nazione
...
StampaQuotidiana ,
La
forza
di
una
lingua
si
misura
anche
dalla
sua
capacità
di
ammaliare
le
parole
straniere
:
noi
oggi
diciamo
ponce
,
Parigi
,
Londra
,
e
un
tempo
Benvenuto
Cellini
diceva
,
beato
lui
,
Fontana
Beliò
,
e
intendeva
Fontainebleau
.
I
giornalisti
sportivi
dicono
stoppare
e
dribblare
,
e
forse
troveranno
il
modo
di
italianizzare
anche
il
tackle
.
Gli
italiani
d
'
America
dicono
carro
per
auto
,
giobba
per
lavoro
,
gelle
per
carcere
,
bisinesse
per
affare
.
Dicono
,
come
tutti
sanno
,
Broccolino
.
Non
tutti
invece
hanno
sentito
una
madre
chiamare
il
figlio
Vasintone
,
eppure
succede
:
in
Romagna
e
in
Toscana
,
troviamo
Vasintone
,
Vilsone
e
Bicchesio
,
cioè
Washington
,
Wilson
,
Bixio
.
Gli
arredatori
dicono
bovindo
per
indicare
un
tipo
di
finestra
che
aggetta
rispetto
al
muro
.
Parola
nuovissima
e
inusitata
-
non
se
ne
aveva
notizia
prima
del
gennaio
1964
-
è
triggerare
.
La
si
legge
nel
manifesto
invito
per
una
mostra
di
Nanda
Vigo
.
I1
contesto
:
«
Ritengo
quindi
che
dovendo
tradurre
esteticamente
un
codice
di
comando
atto
a
triggerare
un
'
informazione
con
una
scelta
precisa
,
queste
forme
siano
le
più
atte
a
concretizzarlo
in
armonia
con
il
postulato
cronotopico
»
.
Il
senso
generale
del
discorso
dev
'
essere
abbastanza
complicato
,
ma
non
ci
interessa
in
questa
sede
.
Qui
preme
cogliere
a
frullo
il
neologismo
,
questa
deverbazione
da
una
parola
straniera
,
e
cioè
trigger
.
Dice
lo
Webster
:
«
Leva
collegata
a
un
ritegno
,
e
che
serve
a
liberarlo
»
.
Nelle
armi
da
fuoco
,
il
trigger
è
la
parte
che
,
premuta
dal
dito
,
libera
il
percussore
.
E
to
trigger
significherà
far
scattare
il
grilletto
.
Deverbale
dall
'
italiano
era
difficile
,
certo
:
«
sgrillettare
»
suonerebbe
male
.
Perciò
ecco
«
triggerare
»
qualcuno
dirà
che
sarebbe
stato
più
giusto
«
trigherare
»
,
ma
sono
pedanterie
.
Qualcun
altro
dirà
che
si
poteva
anche
scegliere
un
«
far
scattare
»
,
un
«
dar
la
via
»
,
un
«
dar
le
mosse
»
,
o
ancora
,
restando
nel
gergo
meccanico
:
«
mollare
»
,
«
scatenare
»
,
«
sparare
»
.
Chi
avesse
bisogno
di
altre
notizie
si
rivolga
a
Nanda
Vigo
:
nata
a
Milano
,
nel
1936
,
laureata
in
architettura
all
'
Institute
Polithecnique
de
Lausanne
,
ha
lavorato
in
California
,
Jugoslavia
e
Milano
,
poi
,
dopo
aver
assimilato
varie
proposte
stilistiche
,
nel
1961
iniziò
la
formulazione
plastica
che
si
caratterizza
nei
cronotopi
esposti
nel
1962
.
Così
almeno
sta
scritto
sull
'
invito
.
StampaQuotidiana ,
Sul
primo
governo
di
centro
-
sinistra
della
storia
repubblicana
,
quello
Moro
-
Nenni
,
sventolò
la
bandiera
della
nazionalizzazione
dell
'
energia
elettrica
,
costosissima
e
infruttuosa
.
Sul
nuovissimo
governo
di
centro
-
sinistra
dell
'
Ulivo
proponiamo
che
sventoli
la
bandiera
di
una
nazionalizzazione
inedita
,
gratuita
e
altamente
produttiva
,
la
nazionalizzazione
del
Giubileo
.
Un
Giubileo
non
apostolico
-
romano
ma
apostolico
-
peninsulare
,
o
semplicemente
apostolico
,
senza
con
ciò
far
torto
né
al
sindaco
Rutelli
né
al
nome
di
battesimo
del
presidente
del
Consiglio
.
Indirizziamo
e
incanaliamo
equamente
i
40
milioni
di
pellegrini
,
desiderosi
di
santificare
il
z000
,
verso
le
molte
città
sante
d
'
Italia
,
ciascuna
delle
quali
può
vantare
un
insigne
patrono
e
basiliche
e
romitaggi
famosi
.
Grande
giovamento
ne
trarrebbero
:
a
)
la
fede
;
b
)
le
opere
pubbliche
,
con
o
senza
carabinieri
;
c
)
lo
spirito
ad
un
tempo
nazionale
e
federale
della
penisola
.
Preghiera
,
devozione
,
penitenza
,
indulgenza
,
oboli
,
pervaderebbero
ogni
borgo
dalle
Alpi
al
mare
,
dal
Nord
-
Est
al
profondo
Sud
,
fino
alla
cattedrale
di
Noto
che
risorgerebbe
ad
opera
dei
giubilanti
.
Che
la
sede
di
Pietro
e
anche
quella
di
Di
Pietro
siano
in
Roma
non
è
un
impedimento
,
anzi
:
il
Pontefice
ama
seguire
il
gregge
nelle
migrazioni
,
l
'
eccesso
di
romanità
non
giova
all
'
unità
delle
Chiese
cristiane
,
e
il
ministro
e
i
suoi
carabinieri
eserciterebbero
a
tutto
campo
la
delega
per
le
aree
urbane
di
cui
sono
titolari
.
La
malapianta
della
simonia
e
del
mercimonio
,
che
né
la
Riforma
luterana
né
il
Concilio
di
Trento
,
né
i
canoni
1441
,
1465
e
2371
del
Codice
di
diritto
canonico
hanno
mai
del
tutto
estirpato
,
attecchirebbe
meno
facilmente
se
decentrata
e
sottratta
al
monopolio
dei
palazzinari
e
campioni
olimpici
metropolitani
.
Dilatando
e
nazionalizzando
l
'
evento
,
il
rapporto
virtuoso
tra
investimenti
e
rendimento
verrebbe
incrementato
,
i
pellegrini
e
penitenti
raddoppierebbero
fino
a
Zoo
milioni
,
si
potrebbe
cominciare
subito
e
andare
oltre
il
2000
.
Come
ha
detto
autorevolmente
il
cardinale
Ratzinger
,
non
bisogna
formalizzarsi
sulla
data
.
E
neppure
sui
luoghi
,
dunque
.
In
un
Giubileo
diluito
,
perpetuato
,
nazionalizzato
e
federalizzato
,
non
solo
S
.
Pietro
ma
anche
S
.
Francesco
d
'
Assisi
e
S
.
Antonio
da
Padova
e
S
.
Gennaro
ospiterebbero
degnamente
i
fedeli
.
E
molti
sindaci
e
vescovi
affiancherebbero
volentieri
il
sovraffaticato
Rutelli
.
E
il
presidente
del
Consiglio
vedrebbe
valorizzato
il
suo
ruolo
primario
.
E
a
Roma
sarebbero
ecologicamente
risparmiate
40
milioni
di
pizze
a
taglio
e
lattine
di
birra
giornaliere
per
credenti
e
miscredenti
giapponesi
.
È
vero
,
tutto
oggi
è
privatizzato
ad
eccezione
di
gratta
e
vinci
.
Facciamo
del
Giubileo
una
più
alta
ed
ecumenica
eccezione
.
Se
l
'
on.
Pannella
fosse
sopravvissuto
alle
elezioni
,
potrebbe
indire
un
referendum
.
StampaPeriodica ,
...
Il
socialismo
come
utopia
e
come
pratica
non
può
essere
battuto
che
da
una
Idea
,
non
campata
nei
regni
astratti
avveniristici
,
ma
collegata
alla
realtà
e
al
razionale
progresso
civile
.
Per
l
'
Italia
,
l
'
Idea
dominatrice
di
tutto
il
nostro
secolo
è
,
e
sarà
,
il
Fascismo
nei
suoi
aspetti
sta
-
tali
ed
economici
.
Il
Fascismo
è
storia
vissuta
e
da
vivere
,
tipicamente
ed
esclusivamente
italiana
.
Dire
che
il
Capitale
,
il
sistema
del
Capitale
,
accumulato
ed
operante
nelle
iniziative
produttrici
,
non
ha
finito
la
sua
funzione
,
non
significa
rinunciare
a
regolare
tale
funzione
,
con
scopi
che
la
stessa
esperienza
e
l
'
esercizio
del
sistema
possono
suggerire
,
all
'
infuori
e
sopratutto
contro
il
comunismo
.
Il
comunismo
è
un
'
idea
universale
opposta
ad
un
sistema
universale
capitalistico
.
Se
si
affermano
delle
necessità
di
disciplina
nazionale
del
lavoro
si
afferma
implicitamente
che
anche
il
Capitale
deve
servire
la
Nazione
.
Di
fronte
al
semplicismo
universalista
del
comunismo
,
è
vero
sol
-
tanto
parzialmente
ed
apparentemente
che
ci
sia
un
sistema
universali
-
sta
del
capitalismo
.
Il
capitalismo
è
piuttosto
una
forza
imperiale
,
invadente
e
contrastante
,
non
già
svenevole
solidarismo
.
In
cima
a
tutto
questo
non
c
'
è
affatto
uno
scopo
unico
:
il
guadagno
.
Il
guadagno
non
è
un
'
idea
e
non
è
un
'
idea
il
Capitale
.
Però
il
Capitale
può
servire
una
idea
.
Per
il
Fascismo
l
'
idea
è
la
Nazione
e
la
sua
missione
nel
mondo
.
Una
Nazione
è
imperiale
in
due
modi
:
con
la
forza
dello
Stato
e
con
la
forza
del
suo
Genio
e
del
suo
Lavoro
.
Una
Nazione
ha
diritti
imperiali
se
ha
qualche
cosa
di
meglio
delle
altre
da
offrire
per
il
divenire
della
civiltà
.
Nei
secoli
,
l
'
Italia
è
stata
per
il
mondo
l
'
idea
ed
il
motore
della
civiltà
.
Oggi
l
'
idea
è
rinata
per
virtù
del
Fascismo
e
con
simboli
che
costituiscono
un
riassunto
storico
della
stirpe
:
il
Littorio
e
la
Corporazione
.
E
'
l
'
idea
,
con
questi
simboli
non
il
volgare
interesse
padrona
-
le
che
noi
opponiamo
al
socialismo
.
Non
è
,
dunque
,
ad
una
classe
specifica
ed
arbitrariamente
definita
che
noi
ci
rivolgiamo
.
Saranno
invece
le
classi
che
capiranno
l
'
idea
,
a
riempire
di
sé
i
capitoli
della
nuova
storia
.
Il
socialismo
parte
dal
presupposto
di
un
proletariato
classe
dirigente
.
Questo
presupposto
fallisce
all
'
esame
critico
e
all
'
esperienza
storica
,
per
ragioni
tecniche
,
morali
e
diremmo
quasi
fisiche
.
Il
sindacalismo
proletario
si
mostra
quindi
unilaterale
ed
insufficiente
.
Ed
è
sopratutto
nell
'
interesse
del
lavoro
che
deve
essere
ripudiato
un
simile
sindacalismo
.
Ma
basta
l
'
ingiustizia
verso
il
proletariato
,
e
quindi
l
'
irrequietudine
e
l
'
irregolarità
produttiva
,
per
creare
il
danno
generale
.
Per
contro
,
il
coordinamento
di
tutte
le
attività
nelle
Corporazioni
ne
facilita
la
fusione
armonica
per
il
bene
generale
,
cioè
di
uno
e
di
tutti
,
aprendo
la
via
alla
formazione
in
ogni
campo
degli
elementi
dirigenti
,
per
merito
e
non
per
artificio
.
È
la
lotta
o
se
si
vuole
la
gara
delle
capacità
...
StampaQuotidiana ,
I
D
'
Orlando
,
madre
e
figlio
,
abitano
in
una
traversa
di
via
Paolo
Sarpi
a
Milano
;
un
quartiere
popolare
,
di
costruzioni
vecchie
,
al
massimo
a
tre
piani
,
coi
fondi
tutti
occupati
da
una
fila
continua
di
negozi
e
qualche
bottega
imprevista
,
come
quella
dove
ancora
fabbricano
a
mano
ceri
e
candele
di
tutte
le
misure
.
Loro
due
stanno
a
un
quarto
piano
di
una
casa
non
diversa
dalle
altre
:
nel
cortile
la
fila
di
bidoni
della
spazzatura
,
la
scala
stretta
ed
erta
,
umida
fino
a
sapere
di
muffa
,
le
file
degli
usci
che
si
aprono
sul
ballatoio
,
rimasto
come
ai
tempi
in
cui
l
'
appartamento
si
riduceva
a
una
stanza
e
i
«
servizi
»
erano
in
comune
,
giù
in
fondo
.
Sulla
porta
di
casa
,
sotto
il
nome
a
caratteri
rossi
,
stampati
-
di
certo
il
ritaglio
d
'
un
catalogo
di
mostra
-
c
'
è
un
altro
cartiglio
,
scritto
a
mano
,
che
dice
:
«
Gordon
Vernon
,
B.A.
Teacher
of
English
»
.
Aprono
e
sono
due
stanzucce
:
un
tramezzo
nella
prima
isola
il
cucinino
,
col
fornello
a
gas
,
l
'
acquaio
e
un
piccolo
frigorifero
,
e
basta
appena
a
contenere
un
armadio
e
una
rete
di
letto
col
materasso
e
la
coperta
alla
militare
.
Nell
'
altra
,
l
'
unica
vera
camera
,
due
brande
:
ci
dormono
appunto
Pasquale
D
'
Orlando
e
l
'
amico
suo
baccelliere
che
dà
lezioni
private
d
'
inglese
,
poi
due
tavoli
,
una
scrivania
accostata
al
muro
,
uno
scaffaletto
pei
libri
e
in
un
angolo
,
ammucchiati
,
barattoli
vuoti
di
colore
e
di
tè
.
I
telai
delle
finestre
sono
dipinti
di
rosso
vivo
.
Pasquale
è
un
ragazzo
robusto
e
paffuto
,
che
non
dimostra
i
suoi
ventisette
anni
.
Come
accade
spesso
nei
napoletani
-
e
contro
un
luogo
comune
che
li
vuole
scuri
,
anzi
bluastri
-
lui
ha
gli
occhi
chiari
,
le
guance
rosee
,
la
barba
scarsa
.
Più
tardi
entra
un
suo
amico
piccoletto
,
biondo
,
fine
nei
lineamenti
,
e
lo
scambio
per
il
coinquilino
inglese
,
mentre
invece
è
napoletano
anche
lui
.
Ma
finalmente
eccola
,
la
madre
,
Maria
D
'
Orlando
:
è
molto
piccola
,
tonda
,
con
la
faccia
piena
,
i
capelli
grigi
raccolti
a
ciuffo
,
un
occhio
velato
e
semichiuso
.
Sulla
veste
turchina
porta
uno
zinale
nero
e
tiene
le
gambe
in
certi
calzerotti
di
lana
grossa
,
grigi
.
Quando
si
accomoda
a
sedere
il
figlio
deve
metterle
sotto
i
piedi
un
barattolo
vuoto
,
altrimenti
non
arriva
a
toccare
terra
.
Le
domando
per
curiosità
la
sua
statura
,
e
lei
va
a
prendere
dentro
l
'
armadio
,
in
una
custodia
di
plastica
insieme
ad
altri
documenti
,
la
carta
d
'
identità
:
Maria
Zarrillo
in
D
'
Orlando
,
vedova
,
nata
a
Torre
del
Greco
nel
1897
,
statura
bassa
.
Infatti
,
così
a
occhio
,
non
dovrebbe
superare
il
metro
e
quaranta
.
Eppure
quando
sorride
diventa
bella
,
con
quei
bei
denti
sani
e
bianchi
:
fa
accomodare
anche
me
e
Sergio
Cossu
,
che
è
ritornato
per
fare
altre
fotografie
,
ma
anche
,
mi
pare
,
perché
ormai
si
considera
di
casa
e
ci
viene
volentieri
,
ci
offre
un
bicchierino
stravecchio
(
l
'
etichetta
dice
ancora
cognac
)
,
e
ci
dà
il
tempo
di
guardare
intorno
.
Appesi
al
muro
quadri
,
del
figlio
e
suoi
.
Questi
ultimi
si
riconoscono
subito
,
per
la
violenza
dei
colori
e
il
piglio
deciso
dei
tratti
:
figure
umane
,
fiori
,
un
carretto
,
cavalli
;
su
tela
,
su
compensato
,
su
carta
,
e
ciascuno
ha
in
un
angolo
,
a
mo
'
di
firma
,
la
croce
.
Infatti
Maria
D
'
Angelo
non
ha
mai
imparato
a
scrivere
,
né
sa
leggere
.
Ha
imparato
invece
a
dipingere
:
basta
una
scorsa
alle
due
grosse
cartelle
che
il
figlio
sta
voltando
sul
tavolo
.
f
)
ai
primi
abbozzi
con
la
penna
a
sfera
,
ai
quadri
appesi
,
ai
fogli
di
queste
ultime
settimane
c
'
è
un
'
evoluzione
evidente
,
pur
restando
identici
i
temi
,
insistiti
tenacemente
;
ancora
figure
umane
,
ancora
cavalli
,
ancora
carretti
.
E
lei
spiega
:
questi
sono
due
bambini
che
portano
i
fiori
alla
mamma
;
e
anche
la
mamma
sta
mutandosi
in
pianta
,
le
nascono
dentro
rami
e
foglie
.
Questo
è
un
bambino
travolto
da
un
cavallo
:
ma
il
cavallo
sta
mettendo
una
coda
di
pavone
,
coloritissima
.
Questo
è
un
uomo
che
spinge
un
carretto
,
ma
le
ruote
son
viste
,
per
così
dire
,
in
sviluppo
,
sono
due
fondi
accanto
al
rettangolo
del
carretto
.
In
tutto
Maria
D
'
Orlando
ha
da
mostrare
cinquecento
opere
.
Ma
come
è
stata
,
questa
scoperta
della
pittura
?
Lo
spiega
il
figlio
Pasquale
,
di
professione
pittore
:
volle
fare
lui
una
specie
di
esperimento
,
mettere
in
mano
alla
madre
analfabeta
quest
'
altro
modo
di
esprimersi
,
vedere
il
comportamento
d
'
una
creatura
«
primitiva
»
,
d
'
una
donna
di
sessantacinque
anni
,
carica
di
esperienza
,
ma
rimasta
culturalmente
bambina
.
Non
le
diede
alcun
consiglio
,
di
nessun
genere
,
anzi
oggi
è
lei
che
-
mi
spiega
Pasquale
-
dà
al
figlio
avvertimenti
su
come
scegliere
e
accostare
i
colori
:
i
suoi
sono
squillanti
,
arditi
,
suggestivi
,
sottolineano
i
simboli
già
così
chiari
del
disegno
.
Come
mai
,
le
chiedo
,
occhi
così
grandi
e
così
rossi
,
in
quella
figura
maschia
,
anzi
virile
,
perché
su
questo
punto
il
disegno
non
lascia
davvero
dubbio
alcuno
.
Lei
sorride
,
alza
gli
occhi
per
guardami
in
faccia
(
col
sommo
della
testa
mi
arriva
di
poco
sopra
il
gomito
)
e
fa
:
«
Eh
,
voi
capite
,
non
mi
piace
la
cosa
meschina
,
piccirella
.
L
'
uomo
è
grande
»
.
Per
esempio
Giovanni
,
il
povero
marito
suo
,
morto
nel
quarantaquattro
:
lo
chiamavano
di
soprannome
Scialone
,
perché
era
un
gigante
,
fortissimo
,
capace
di
spingere
su
un
carretto
dodici
quintali
di
farina
lungo
una
salita
.
Si
spargeva
la
voce
che
Scialone
spingeva
dodici
quintali
,
e
la
gente
usciva
dalle
case
per
assistere
allo
spettacolo
.
E
pensare
che
s
'
era
scelto
per
moglie
una
donna
così
piccola
,
e
per
giunta
figlia
della
Madonna
.
Qualcuno
la
prese
con
sé
,
ma
non
ebbe
mai
una
madre
e
un
padre
,
neanche
adottivi
:
anzi
,
a
dieci
anni
già
l
'
avevano
messa
a
guardare
le
bestie
giù
in
una
masseria
dalle
parti
di
Cassino
.
Lei
non
ci
stava
volentieri
,
così
un
bel
giorno
scappò
:
andò
alla
stazione
,
vestita
come
una
«
pacchianella
»
e
lì
trovò
un
soldatino
che
,
saputa
la
storia
,
le
mise
in
mano
due
lire
,
e
le
dette
questo
consiglio
:
salita
in
treno
,
al
controllore
doveva
dire
esattamente
:
tengo
due
lire
e
dieci
anni
,
e
sono
figlia
della
Madonna
.
Se
volete
che
scenda
,
io
scendo
.
Ma
chi
poteva
avere
il
cuore
di
buttar
giù
dal
treno
una
figlia
della
Madonna
?
Le
diedero
un
lavoro
migliore
,
e
per
tutta
la
vita
Maria
lavorò
:
il
marito
facchino
lei
col
carretto
delle
erbe
e
delle
verdure
.
Ebbe
due
figli
,
ma
altri
ne
perse
durante
la
gravidanza
,
perché
le
crescevano
in
grembo
troppo
grossi
,
e
poi
una
volta
ci
fu
lo
spavento
d
'
un
cavallo
imbizzarrito
,
quello
appunto
che
ritorna
tanto
spesso
nella
sua
pittura
.
Morto
Scialone
nel
'44
,
con
la
guerra
appena
finita
,
furono
anni
di
fame
.
Il
figlio
maggiore
se
ne
andò
in
Francia
,
«
passò
le
montagne
»
e
anche
lì
trovò
vita
difficile
,
la
polizia
arrivò
al
punto
di
fargli
mangiare
il
sapone
,
per
tormento
e
dispetto
contro
questo
«
terrone
»
che
osava
venirsene
a
rubare
il
pane
ai
cittadini
francesi
,
e
lui
,
per
farsi
condurre
finalmente
dal
console
italiano
,
fece
diciassette
giorni
di
sciopero
della
fame
.
Al
figlio
più
piccolo
,
Pasquale
,
questo
,
fece
in
modo
di
assicurare
il
pane
mettendolo
in
una
casa
di
rieducazione
a
Urbino
,
dove
i
metodi
rieducativi
erano
quelli
vecchi
,
botte
sulle
mani
con
una
cinghia
di
cuoio
bagnata
.
Eppure
a
Urbino
lui
fece
i
suoi
primi
studi
d
'
arte
,
pittura
,
ceramica
,
grafica
,
e
quando
fu
in
età
da
andare
soldato
,
rinunciò
all
'
esonero
che
gli
spettava
e
trovò
il
modo
,
dopo
il
CAR
di
Pesaro
,
di
farsi
mandare
a
Milano
,
perché
Milano
era
-
ed
è
-
la
capitale
dell
'
arte
moderna
in
Italia
.
Aviatore
,
durante
la
libera
uscita
cominciò
a
frequentare
i
bar
intorno
a
Brera
,
e
lì
conobbe
i
suoi
amici
di
oggi
,
questi
stessi
che
,
come
Grippa
,
Dova
,
Fontana
,
sono
venuti
a
vedere
i
dipinti
della
madre
Maria
,
e
ne
parlano
con
schietto
entusiasmo
,
come
d
'
un
bell
'
esempio
di
pittura
naïve
.
A
Milano
Pasquale
volle
restare
anche
dopo
il
congedo
,
tirando
la
cinghia
ma
senza
mai
rinunciare
al
suo
sogno
,
d
'
essere
pittore
e
basta
.
Anzi
,
appena
possibile
chiamò
con
sé
la
madre
,
e
adesso
nelle
due
stanzucce
al
quarto
piano
di
via
Messina
6
sono
in
due
ad
adoperare
il
pennello
,
non
sono
rose
neanche
ora
:
l
'
affitto
è
sulle
ventimila
lire
al
mese
,
come
riscaldamento
c
'
è
solo
una
stufetta
di
ghisa
che
mangia
altre
ventimila
lire
fra
carbone
e
legna
.
Che
proprio
saltino
i
pasti
non
si
può
dire
,
ma
capita
che
qualche
sera
lei
sia
costretta
a
«
inventare
»
la
cena
ed
è
una
brava
cuoca
.
Quando
cucina
ha
gli
stessi
gesti
di
quando
dipinge
,
o
forse
è
vero
il
contrario
:
foglio
di
carta
sul
tavolo
,
apre
i
barattoli
dei
colori
con
la
stessa
amorosa
precisione
con
cui
dosa
il
sale
nella
pentola
,
e
traffica
con
il
pennello
come
se
rimestasse
una
minestra
coi
«
pulpetielli
»
.
I
quadri
li
abbiamo
visti
,
il
brodo
di
polpi
,
ancora
polpi
per
secondo
piatto
,
conditi
a
olio
e
limone
,
li
verremo
ad
assaggiare
un
'
altra
volta
,
senza
impegni
di
lavoro
,
da
buoni
amici
di
casa
,
Cossu
ed
io
.
Ma
intanto
facciamo
queste
altre
fotografie
,
montiamole
un
po
'
.
Ecco
bisognerà
fissare
alla
porta
,
con
qualche
chiodino
,
i
disegni
già
scelti
,
e
poi
mettere
lei
seduta
su
quello
sfondo
,
magari
mentre
pela
le
patate
,
ché
tanto
le
deve
pelare
per
cuocerle
a
tocchettini
nel
brodo
.
Forse
i
disegni
sono
troppi
,
e
lei
interviene
:
«
Sergio
,
state
a
sentire
a
mammà
.
Qui
risulta
troppa
confusione
,
nevvero
?
Levate
,
levate
»
.
E
si
siede
,
con
il
barattolo
vuoto
a
fare
da
poggiapiedi
altrimenti
non
tocca
terra
.
Prima
del
congedo
vuole
abbracciare
tutti
e
tre
,
anche
il
figlio
che
pure
rimane
in
casa
.
«
Prima
che
il
Signore
mi
chiama
voglio
lasciare
un
milione
di
lavoro
»
,
gli
dice
.
E
siccome
il
figlio
scatta
su
a
rispondere
che
non
sono
i
quattrini
la
cosa
più
importante
,
lei
precisa
:
«
Un
milione
di
lavoro
,
un
milione
di
quadri
.
Li
lascio
al
figlio
,
ma
la
consolazione
è
mia
:
quando
faccio
un
quadro
sono
consolata
»
.
StampaQuotidiana ,
Suggerisco
al
presidente
Scalfaro
,
e
anche
al
presidente
Violante
,
una
visita
a
Cefalonia
,
poco
distante
da
Brindisi
.
Ci
sono
nell
'
isoletta
greca
un
modesto
monumento
e
una
lapide
all
'
interno
di
una
cava
ardeatina
che
ricordano
i
diecimila
soldati
,
sottufficiali
,
ufficiali
di
ogni
grado
della
divisione
Acqui
,
per
metà
uccisi
in
combattimento
e
per
metà
fucilati
dai
tedeschi
e
sepolti
in
mucchio
,
nel
settembre
del
1943
.
Era
un
pezzo
dell
'
esercito
italiano
,
ragazzi
di
Calabria
,
Sardegna
,
Friuli
e
chissà
dove
,
prima
mandati
allo
sbaraglio
da
Mussolini
e
poi
abbandonati
a
se
stessi
dal
Re
e
dai
capi
militari
,
dopo
l
'
armistizio
e
la
fuga
a
Brindisi
.
Ma
sì
,
rimpatriamo
le
salme
dei
Savoia
,
trasferendole
nel
cimitero
e
nell
'
ossario
italiano
di
Cefalonia
.
Questo
sì
sarebbe
un
rito
,
per
quanto
macabro
,
di
pacificazione
e
umiltà
nazionale
.
E
richiamiamo
dall
'
esilio
i
viventi
di
sangue
reale
,
con
fissa
dimora
a
Brindisi
:
quella
è
la
loro
capitale
elettiva
,
non
Roma
disertata
e
abbandonata
nelle
mani
di
Priebke
e
dei
ragazzi
di
Salò
.
Sono
passati
cinquantatré
anni
,
ma
è
come
se
queste
cose
fossero
accadute
ieri
,
per
chi
c
'
era
.
Certo
non
si
studiano
e
non
si
studieranno
mai
nelle
nostre
scuole
pubbliche
e
private
,
neanche
se
ministro
dell
'
istruzione
fosse
Federico
Engels
,
e
i
più
giovani
non
ne
sanno
nulla
.
Ma
è
tristissimo
che
ne
giunga
per
di
più
alle
loro
orecchie
un
'
eco
distorta
e
bugiarda
.
Poco
male
,
se
Scalfaro
e
Violante
parlassero
a
titolo
personale
,
il
male
è
che
rivestono
le
loro
parole
di
un
'
autorità
che
in
questa
materia
non
gli
compete
affatto
.
In
quei
giorni
non
andò
perduta
genericamente
l
'
identità
nazionale
,
come
pensa
il
prof.
Galli
della
Loggia
,
ma
si
celebrò
specificamente
il
fallimento
delle
classi
dirigenti
di
questo
paese
.
Se
qualcuno
vuol
celare
o
sminuire
quel
fallimento
e
ristabilire
una
continuità
statale
col
passato
monarco
-
fascista
,
stia
attento
:
non
colmerà
un
fossato
incolmabile
ma
seminerà
veleno
negli
animi
.
Ci
possono
essere
eccezioni
morali
più
profonde
di
quelle
territoriali
.
È
amaro
sentirsi
obbligati
a
prendere
la
penna
per
ripetere
verità
elementari
.
Almeno
questo
genere
di
testimonianze
potrebbe
esserci
risparmiato
.
StampaPeriodica ,
Ciascuno
di
voi
,
che
abbia
qualche
dimestichezza
co
giornali
(
ed
oggi
chi
non
l
ha
?
)
non
appena
avrà
letto
il
titolo
posto
a
capo
di
questa
pagina
:
Oh
!
certamente
esclamerà
,
oh
!
Il
Veridico
è
risorto
.
Poverino
!
ebbe
appena
pochi
mesi
di
vita
e
fu
morto
dalle
persecuzioni
del
fisco
.
Dopo
essere
stato
nel
sepolcro
più
lunga
stagione
che
non
visse
,
egli
è
risorto
...
Adagio
,
miei
cari
lettori
,
non
vi
pigliate
equivoco
.
L
è
vero
,
che
in
fatto
di
giornalismo
non
sarebbero
insoliti
cotesti
miracoli
di
risurrezione
,
di
metamorfosi
ed
anche
di
metempsicosi
.
Ma
il
caso
nostro
non
è
siffatto
.
Il
Veridico
di
buona
memoria
,
che
voi
conoscete
,
era
nativo
,
se
vi
ricorda
,
di
Livorno
.
Pur
troppo
!
il
povero
diavolo
ebbe
corta
vita
,
che
di
lui
si
poté
dire
:
de
utero
translatus
ad
tumulum
.
E
sapete
qual
fu
il
suo
malanno
o
piuttosto
la
cagione
di
tutt
i
suoi
malanni
?
...
Fu
appunto
il
nome
ch
ei
si
tolse
,
di
Veridico
.
La
scelta
del
nome
non
è
faccenda
da
pigliare
a
gabbo
:
lo
possono
attestare
i
nostri
babbi
e
le
nostre
mamme
,
che
prima
d
imporlo
a
loro
bimbi
,
tanto
vi
pensano
e
vi
ripensano
;
perciocché
nel
nome
sta
l
augurio
o
,
come
direbbono
gli
astrologi
,
l
oroscopo
di
tutta
la
vita
avvenire
del
neonato
.
Ora
il
nome
scelto
per
sé
dal
giornale
livornese
fu
,
per
così
dire
,
la
cattiva
stella
,
che
lo
fe
nascere
tisicuzzo
,
lo
fece
vivere
sempre
malaticcio
,
finalmente
lo
trasse
a
morire
assassinato
;
e
perché
?
perché
il
suo
nome
non
era
del
paese
.
Chi
non
sa
,
che
ogni
paese
ha
il
vezzo
de
suoi
nomi
,
cioè
l
innata
simpatia
per
alcuni
,
e
l
innata
antipatia
per
altri
?
Ed
un
paese
signoreggiato
dalla
rivoluzione
si
potea
sperare
,
che
avesse
simpatia
e
non
piuttosto
un
odio
implacabile
col
nome
della
verità
?
La
verità
in
certi
luoghi
e
in
certi
tempi
,
è
troppo
,
se
può
comparire
velata
o
penetrarvi
di
soppiatto
;
ma
introdurla
a
visiera
alzata
e
col
proprio
nome
è
impresa
spesso
disperata
sempre
dannosa
.
Ecco
la
cagione
per
cui
Il
Veridico
di
Livorno
si
morì
tosto
come
fu
nato
a
guisa
di
una
pianta
in
clima
non
suo
.
Tanto
ciò
è
vero
,
che
quando
lo
spirito
dell
estinto
giornale
passò
ad
informare
un
altro
giornale
col
nome
d
Ingenuo
,
esso
poté
vivere
,
come
tuttora
vive
,
alla
meglio
.
Non
è
così
(
la
Dio
mercè
)
non
è
così
per
il
nostro
Veridico
.
Esso
nasce
qui
in
Roma
,
qui
in
Roma
è
destinato
a
vivere
;
ed
in
Roma
non
vi
è
nome
più
patriottico
di
questo
,
perché
Roma
è
la
sede
propria
ed
immancabile
della
verità
.
Al
contrario
gli
altri
nomi
,
che
altrove
sono
in
voga
,
imbellettati
di
patriottismo
,
di
nazionalità
,
di
patria
,
d
Italia
e
di
che
so
io
...
sono
merce
che
in
Roma
si
tiene
a
vile
,
perché
qui
se
ne
conosce
l
orpello
e
la
falsità
.
Il
sin
qui
detto
,
o
lettori
,
non
solo
basterebbe
per
farvi
distinguere
il
Veridico
romano
dal
Veridico
livornese
,
ma
forse
anche
a
manifestarvi
il
carattere
e
lo
scopo
del
nostro
foglietto
.
Esso
non
intende
ad
altro
che
a
dire
un
po
di
verità
,
e
di
verità
romane
,
e
dirle
principalmente
a
Romani
,
e
dirle
anche
alla
romana
.
Mi
spiegherò
un
tantino
meglio
sopra
ciascuno
di
questi
capi
.
Le
verità
che
noi
promettiamo
di
dire
,
si
appellano
romane
in
quel
medesimo
senso
,
per
cui
si
appella
romana
la
vera
Chiesa
,
romana
la
vera
religione
.
Dunque
,
dirà
qualcuno
di
voi
o
lettori
,
il
vostro
foglio
ci
darà
un
poco
di
catechismo
romano
?
Io
per
verità
non
temerei
di
accettare
cotesta
espressione
,
come
quella
che
non
snatura
anzi
esprime
il
vero
e
più
nobile
carattere
del
giornalismo
.
Difatto
se
il
giornalismo
,
come
si
dice
,
è
la
piccola
moneta
de
libri
,
qual
libro
,
io
domando
,
è
più
necessario
,
più
utile
,
più
degno
di
essere
trasformato
in
piccola
moneta
del
catechismo
,
del
gran
libro
dell
umanità
?
qual
verità
quivi
non
si
contiene
eminentemente
?
o
qual
verità
quindi
non
si
deduce
logicamente
?
Ma
le
materie
,
di
che
oggi
trattano
principalmente
i
giornali
,
sono
le
materie
politiche
.
E
che
?
stimate
voi
che
le
quistioni
politiche
sieno
estranee
al
catechismo
?
Eppure
non
è
così
;
il
caporione
della
politica
più
satanica
e
più
sfacciatamente
nemica
del
catechismo
e
del
decalogo
,
si
meravigliava
,
che
in
fondo
ad
ogni
quistione
politica
si
trovasse
la
teologia
.
Ed
un
altro
più
saggio
di
lui
gli
rispondeva
,
che
di
ciò
non
era
da
meravigliarsene
né
punto
né
poco
,
perché
in
fondo
ad
ogni
quistione
si
trova
la
scienza
di
Dio
,
come
in
fondo
ad
ogni
cosa
si
trova
ultimamente
Iddio
stesso
.
E
oggi
piucché
mai
cotesta
verità
si
tocca
con
mani
.
Difatto
tutta
la
matassa
delle
quistioni
politiche
,
che
oggi
confondono
e
travagliano
il
mondo
,
sapete
a
che
ultimamente
si
riduce
?
alla
quistione
romana
cioè
ad
una
quistione
religiosa
.
Questa
quistione
è
il
bandolo
di
tutta
la
matassa
,
e
se
non
si
pigliano
le
mosse
da
questa
,
la
matassa
non
può
che
peggio
arruffarsi
.
Il
nostro
Veridico
adunque
tratterà
pure
di
politica
,
come
esigono
i
tempi
,
ma
sempre
da
veridico
cioè
da
romano
.
E
voi
sperimenterete
col
fatto
,
che
la
politica
romana
,
cioè
della
verità
e
del
Vangelo
,
non
è
già
quella
scienza
difficile
ed
arcana
dei
Gabinetti
,
non
quella
ciarliera
de
Parlamenti
,
ma
facile
come
la
verità
,
semplice
come
il
Vangelo
.
In
secondo
luogo
abbiamo
detto
,
che
il
nostro
foglietto
s
indirizza
a
Romani
,
e
specialmente
a
voi
,
o
buoni
popolani
di
Roma
,
i
quali
e
pel
numero
e
per
l
indole
meritate
sopra
tutte
le
altre
classi
il
nome
di
popolo
romano
.
Voi
siete
in
tutt
i
momenti
e
in
tutti
luoghi
,
a
mattina
,
a
sera
,
alla
bottega
,
al
caffé
,
all
osterie
,
assordati
da
discorsi
di
politica
.
E
non
solo
vi
empiono
la
testa
di
chiacchiere
e
di
menzogne
,
di
speranze
e
di
paure
,
ma
,
ch
è
peggio
,
v
instillano
nel
cuore
e
nella
mente
certo
veleno
,
che
voi
assorbite
senz
avvedervene
.
Eglino
sono
maestri
d
iniquità
,
che
vengono
pagati
da
una
mano
segreta
appunto
per
esercitare
questa
missione
di
corrompere
le
povere
plebi
.
Noi
dunque
concittadini
vostri
,
a
cui
duole
del
vostro
danno
,
noi
pensiamo
di
stampare
un
foglietto
periodico
appositamente
per
voi
,
non
tanto
per
farvi
conoscere
il
vero
stato
delle
cose
,
quanto
per
premunirvi
contro
le
false
dottrine
de
demagoghi
.
In
ultimo
abbiamo
promesso
di
esser
Romani
,
anche
nella
maniera
di
dirvi
la
verità
.
E
qual
è
cotesta
maniera
?
Chi
dice
,
che
il
carattere
del
conversare
romano
è
una
nobile
serietà
;
chi
dice
,
un
acuto
e
giudizioso
motteggiare
.
Io
credo
che
sia
l
una
e
l
altro
,
non
come
due
qualità
opposte
e
divise
,
ma
come
provenienti
dalla
stessa
indole
e
saggiamente
contemperate
insieme
:
il
popolo
della
filosofia
stoica
fu
il
popolo
della
satira
.
Epperò
noi
useremo
l
una
e
l
altra
forma
,
perché
entrambe
si
adattano
utilmente
alla
manifestazione
della
verità
.
Il
nostro
Veridico
adunque
non
avrà
due
facce
come
il
Giano
degli
antichi
,
perché
l
esser
bifronte
è
carattere
della
menzogna
,
ma
prenderà
opportunamente
or
l
una
or
l
altra
fisonomia
,
or
grave
or
faceta
,
or
del
filosofo
Uticense
or
del
satirico
Venosino
.
Così
daremo
alla
vostra
curiosità
un
pascolo
non
solamente
sano
ma
ancor
piacevole
,
come
una
vivanda
contemperata
di
due
sapori
.
E
tutto
questo
,
o
Romani
,
per
un
baiocco
,
né
più
spesso
che
una
volta
la
settimana
.
Perciocché
Il
Veridico
conosce
fra
le
altre
anche
queste
due
verità
,
cioè
che
voi
non
avete
né
molto
tempo
né
molti
quattrini
da
spendere
a
giornali
.
Anzi
egli
stesso
si
studierà
di
raccomandarvi
insieme
con
le
altre
cose
buone
la
doppia
economia
del
tempo
e
del
denaro
.
Romani
,
Il
Veridico
non
chiede
da
voi
né
stima
,
né
fama
,
né
lucro
di
sorta
,
ma
solo
che
abbiate
fede
al
suo
nome
.
Ed
appunto
con
ciò
vi
offre
due
valevoli
garanzie
della
verità
del
suo
nome
,
cioè
il
disinteresse
e
l
umiltà
.
StampaPeriodica ,
Aperta
di
giorno
e
di
notte
.
Queste
parole
di
colore
chiaro
rilevate
da
un
rosso
carminio
nella
bianca
tavoletta
marmorea
,
si
leggono
,
da
un
lato
,
alla
farmacia
del
signor
Pio
.
Ma
son
parole
oscure
per
chi
capiti
a
passar
di
là
quando
la
porta
della
bottega
e
la
finestra
attigua
sono
ermeticamente
chiuse
.
Ciò
accade
forse
una
volta
al
mese
,
durante
due
o
tre
ore
.
Perché
mai
?
Non
è
necessario
serrare
usci
e
finestre
,
così
,
per
far
pulizia
e
rimettere
le
cose
a
posto
.
D
'
altra
parte
,
allora
non
si
ode
soltanto
scopare
là
dentro
,
nelle
tenebre
.
O
v
'
è
silenzio
di
morte
,
o
si
ode
come
un
ammassare
e
risonare
di
vetri
rotti
,
indizio
più
di
disordine
che
di
ordine
,
e
non
esce
una
voce
umana
a
dar
qualche
ragione
di
quel
turbamento
.
Altre
volte
poi
è
un
fracasso
,
come
di
una
tavola
carica
di
bicchieri
che
sia
rovesciata
in
un
litigio
;
anzi
è
talvolta
una
battaglia
,
con
fragoroso
cozzare
di
brandi
e
con
profonda
ripercussione
di
proiettili
scaraventati
di
qua
e
di
là
da
una
furia
muta
.
Mistero
!
E
dopo
la
tempesta
,
la
quiete
.
A
chiamare
:
-
Ehi
!
signor
Pio
!
-
nessuno
risponde
;
e
l
'
avventore
pensa
:
-
dormirà
;
-
e
brontola
,
aspetta
o
va
oltre
.
Finché
il
catenaccio
scorre
,
la
serratura
scatta
,
la
finestrella
s
'
apre
,
senza
tende
,
la
porta
si
spalanca
.
Entra
la
luce
;
entra
il
sole
.
In
piedi
,
sul
limitare
,
il
signor
Pio
sorride
appena
,
al
solito
,
e
lieve
lieve
si
rivolge
e
torna
dietro
il
banco
;
ove
cantarellando
La
donna
è
mobile
torna
a
ricevere
e
"
spedire
"
ricette
,
quasi
non
fosse
accaduto
niente
di
nuovo
o
di
male
.
Infatti
tutto
è
a
posto
;
tutto
nitido
;
tutto
in
simmetria
:
nella
bottega
del
signor
Pio
si
ammira
,
si
gusta
un
'
euritmia
quasi
d
'
arte
e
di
stile
.
A
quel
che
pare
,
lo
stile
è
l
'
uomo
anche
in
un
farmacista
.
Quest
'
uomo
pallido
,
magro
e
calvo
,
così
tenue
che
dovrebbe
cadere
ad
un
soffio
,
non
è
brutto
e
non
ha
macchie
gialle
o
bianche
o
rosse
o
verdi
nella
vestaglia
nera
.
Il
viso
ne
dimostra
per
gli
occhi
l
'
intelligenza
;
nessuna
calligrafia
bestiale
di
medico
illustre
confonde
il
suo
sguardo
;
non
c
'
è
malattia
ch
'
egli
non
definisca
dalla
semplice
lettura
del
rimedio
prescritto
.
Nomi
spaventosi
derivati
dal
greco
,
per
dare
a
intendere
malanni
vecchi
e
nuovi
e
d
'
ogni
sorta
,
mormorano
le
sue
labbra
mentre
legge
;
poi
sorride
quasi
pensasse
a
un
malanno
immaginario
,
o
scuote
le
spalle
,
appena
appena
,
quasi
per
non
pensare
a
un
caso
disperato
.
L
'
artista
frattanto
si
rivela
dal
modo
del
canzonare
.
Egli
non
risparmia
nessuno
senza
offender
nessuno
.
Delle
donne
,
che
accorrono
a
lui
,
non
v
'
è
né
giovine
né
vecchia
,
né
povera
né
ricca
,
che
non
attragga
il
suo
spirito
arguto
e
che
non
se
ne
compiaccia
quasi
per
merito
proprio
.
Brevi
motti
,
occhiatine
furbe
,
inchini
contenuti
a
mezzo
,
incutono
un
po
'
il
dubbio
che
egli
si
diverta
alle
spalle
degli
altri
;
ma
le
maniere
buone
,
il
garbo
non
ostentato
,
la
gentilezza
non
affettata
fan
presto
dileguare
ogni
ombra
.
La
signora
se
ne
va
dimentica
per
un
po
'
dell
'
infermo
che
l
'
attende
;
la
povera
donna
ringrazia
e
pensa
che
il
diavolo
non
è
brutto
come
si
dipinge
;
la
vecchiarella
crede
davvero
che
il
tiglio
o
la
valeriana
le
rinforzi
i
nervi
,
come
le
ha
detto
il
signor
Pio
;
la
giovane
gode
che
un
farmacista
,
e
così
smorto
,
le
abbia
mostrato
di
saper
distinguere
il
bello
dal
brutto
,
il
color
sano
dalle
carni
patite
.
Però
a
tutti
appaiono
più
insigni
nel
signor
Pio
le
qualità
del
mestiere
:
pazienza
,
pacatezza
,
circospezione
.
Se
in
galera
non
dovessero
andarci
che
i
farmacisti
i
quali
ammazzano
il
prossimo
per
errore
e
a
fin
di
bene
,
e
se
tutti
i
farmacisti
fossero
quali
il
signor
Pio
,
non
ci
sarebbero
più
né
galere
né
galeotti
.
E
il
bello
è
che
preparando
boccette
,
manteche
e
polveri
,
il
signor
Pio
canticchia
La
donna
è
mobile
in
un
certo
modo
da
lasciar
pensare
all
'
osservatore
attento
ch
'
egli
non
abbia
alcuna
fede
nella
chimica
e
nella
farmacopea
.
Vedetelo
a
far
pillole
.
Dopo
aver
scrupolosamente
pesato
quanto
è
necessario
a
quel
composto
da
cui
l
'
ammalato
di
pancia
,
o
di
testa
,
o
d
'
altro
sito
,
aspetta
il
miracolo
,
il
signor
Pio
introduce
le
diverse
sostanze
nel
piccolo
mortaio
e
mescola
e
rimescola
,
gira
e
rigira
,
adagio
adagio
,
col
pestello
di
vetro
.
Poi
quando
il
tutto
sia
ben
incorporato
,
egli
raccoglie
accuratamente
l
'
impasto
;
lo
posa
sulla
tavoletta
di
marmo
;
lo
distende
e
lo
appiana
con
la
stecca
a
renderlo
uguale
uguale
;
divide
lo
strato
in
tante
liste
precise
,
perfettamente
uguali
,
e
divide
ogni
lista
con
tagli
di
traverso
,
equidistanti
,
perfettamente
uguali
,
sì
da
ripartire
tanti
quadretti
,
regolari
,
perfettamente
uguali
;
indi
solleva
un
quadretto
,
lo
depone
con
la
stecca
nella
palma
della
sinistra
e
(
La
donna
è
mobile
)
frega
in
giro
con
la
destra
;
una
pillola
cade
nella
polvere
inerte
della
scatola
.
E
solleva
il
secondo
quadretto
e
(
...
qual
piuma
al
vento
)
dà
la
fregatina
;
cade
la
seconda
pillola
,
identica
alla
prima
.
Solleva
il
terzo
quadretto
,
e
(
...
muta
d
'
accento
)
una
fregatina
;
cade
la
terza
pillola
.
Solleva
il
quarto
quadretto
(
...
e
di
pensier
)
,
una
fregatina
:
cade
la
quarta
pillola
,
identica
alle
altre
,
cioè
perfettamente
uguale
.
Finita
la
fattura
,
scuote
la
scatola
;
vi
mette
il
coperchio
;
annota
su
di
questo
le
dosi
;
vi
passa
sopra
con
lo
spolvero
;
incarta
per
bene
;
e
l
'
avventore
è
servito
.
Con
la
stessa
cura
,
con
la
stessa
prudenza
,
egli
procede
a
dispensar
polveri
e
pozioni
per
il
giorno
intero
;
e
a
volte
,
se
manchi
il
giovine
sostituto
,
anche
la
notte
.
Ora
bisogna
sapere
che
il
signor
Pio
non
nacque
farmacista
e
che
per
circostanze
diverse
avrebbe
potuto
diventare
-
chi
sa
?
-
un
letterato
,
un
poeta
;
alla
peggio
,
un
chirurgo
.
Che
colpi
d
'
occhio
e
che
colpi
di
bisturi
!
che
versi
!
che
romanzi
!
Bisogna
anche
sapere
che
il
signor
Pio
non
nacque
con
l
'
istinto
di
consumarsi
tutto
il
giorno
dietro
ad
un
banco
,
ma
che
avrebbe
avuto
l
'
energia
di
montar
corsieri
,
guidar
automobili
,
rotolar
magari
una
bicicletta
e
acquistar
miglior
colore
e
più
sodezza
.
Bisogna
saper
inoltre
che
il
signor
Pio
non
ereditò
da
suo
nonno
il
motivo
della
Donna
è
mobile
per
ripeterlo
da
solo
a
solo
e
per
burlar
le
cameriere
;
no
;
egli
pure
nacque
per
amare
e
procreare
,
cioè
prender
moglie
a
suo
tempo
.
"
Il
mondo
è
bello
e
santo
è
l
'
avvenir
"
!
Invece
dinanzi
ai
suoi
occhi
trascorre
,
per
la
via
delle
ricette
,
tutta
l
'
umanità
sofferente
:
prodigioso
antidoto
,
questo
,
del
matrimonio
.
Dentro
una
farmacia
il
mondo
è
brutto
ed
è
incerta
la
diagnosi
dell
'
avvenire
.
Ebbene
,
il
signor
Pio
,
che
appare
sempre
uguale
a
sé
stesso
,
prudente
fino
allo
scrupolo
,
diligente
fino
alla
pedanteria
,
metodico
,
tranquillo
,
freddo
,
nel
fondo
della
sua
natura
è
rimasto
irrequieto
,
audace
,
sbarazzino
,
bizzarro
,
ribelle
,
fervido
;
il
signor
Pio
che
canticchia
tutto
il
dì
La
donna
è
mobile
è
un
infelice
che
non
piange
;
il
signor
Pio
che
potrebbe
arricchire
sui
mali
del
prossimo
è
un
nemico
della
sua
fortuna
;
il
signor
Pio
,
che
dovrebbe
svanire
a
un
soffio
,
è
,
al
pari
di
un
superuomo
,
più
forte
del
suo
destino
;
il
signor
Pio
è
un
empio
.
Ah
sì
?
Il
mondo
patisce
di
raffreddori
,
di
tossi
,
di
polmoniti
,
difteriti
,
meningiti
,
puerperii
,
cancri
,
cromatosi
,
trombosi
e
cento
simili
accidenti
?
E
per
ciò
vi
è
necessità
di
antipirina
,
cocaina
,
brucina
,
joduro
,
bromuro
,
polveri
del
Dower
,
bismuto
,
cloralio
,
nocevomica
,
naftolo
,
cacodilato
,
sublimato
,
ittioformio
,
bromoformio
e
centomila
simili
accidenti
?
E
perciò
c
'
è
bisogno
di
tanti
vasi
e
vasetti
:
bocce
,
boccette
e
boccettine
;
polveri
e
polverine
;
unguenti
e
paste
e
pastiglie
;
cartocci
,
carte
,
cartelli
,
cartellini
,
e
cartine
?
E
per
ciò
il
signor
Pio
deve
condur
cotesta
vita
,
corbellare
il
prossimo
,
cantar
La
donna
è
mobile
,
pestare
,
pesare
,
rimestare
,
mescolare
,
vuotare
,
riempire
tappare
fregare
spalmare
,
arrotondare
,
incartocciare
,
tirar
soldi
,
far
fortuna
?
Ah
sì
?
-
Al
diavolo
ogni
cosa
!
Al
diavolo
medici
e
medicine
,
malattie
e
ricette
,
signore
e
serve
,
farmacia
e
ricchezza
!
Al
diavolo
la
pazienza
,
l
'
ordine
,
la
pedanteria
,
la
Donna
è
mobile
,
il
cucchiaino
,
il
pestello
,
l
'
umanità
intera
!
Chiudi
!
Finiamola
!
Va
al
diavolo
,
mondo
ladro
,
una
buona
volta
!
All
'
inferno
tutto
,
tutti
,
tutte
!
Abbasso
giù
,
ogni
cosa
!
All
'
aria
,
su
,
via
,
l
'
universo
!
Coglie
il
momento
che
nessuno
lo
veda
,
chiude
in
fretta
finestra
e
porta
,
si
accosta
al
banco
e
quel
che
trova
,
trova
;
e
quel
che
piglia
,
paffete
,
punfete
,
ciàc
,
schianti
e
botte
:
piombano
le
boccette
;
volano
le
ricette
;
sfumano
le
polveri
;
scappan
le
pillole
;
scorre
un
rigagnolo
:
un
turbine
,
un
disastro
,
un
massacro
.
L
'
aria
è
pregna
di
puzzo
come
d
'
ova
fradice
in
miscela
di
cloroformio
e
spirito
di
melissa
.
Le
tenebre
son
piene
di
veleni
e
di
antidoti
andati
a
vuoto
.
E
il
signor
Pio
vuota
d
'
ogni
cosa
il
banco
,
con
furia
spaventevole
,
senza
parlare
.
Alla
fine
,
sfogata
l
'
ira
,
egli
s
'
arresta
,
e
nella
vestaglia
nera
e
nell
'
oscurità
contempla
quella
rivoluzione
.
Sta
immobile
,
con
le
braccia
al
sen
conserte
,
su
quel
mondo
di
macerie
;
e
sormonta
soddisfatto
,
vindice
di
sé
stesso
e
vindice
di
tutte
le
miserie
,
le
porcherie
,
le
frodi
umane
.
ProsaGiuridica ,
Vittorio
Emanuele
III
per
Grazia
di
Dio
e
per
la
Volontà
della
Nazione
Re
d
'
Italia
Imperatore
d
'
Etiopia
Visto
l
'
art
.
1
,
n
.
3
,
della
legge
31
gennaio
1926-IV
,
numero
100;
Visto
l
'
art
.
11
del
R
.
decreto
-
legge
9
febbraio
1939-XVII
,
n
.
126;
Sentito
il
Consiglio
di
Stato
;
Sentito
il
Consiglio
dei
Ministri
;
Su
proposta
del
Ministro
per
le
finanze
,
di
concerto
con
i
Ministri
per
l
'
interno
,
per
la
grazia
e
giustizia
e
per
le
corporazioni
;
Abbiamo
decretato
e
decretiamo
:
È
approvato
l
'
annesso
statuto
dell
'
Ente
di
gestione
e
liquidazione
immobiliare
,
istituito
col
R
.
decreto
-
legge
9
febbraio
1939-XVII
,
n
.
126
.
Detto
statuto
,
composto
di
n
.
26
articoli
,
sarà
d
'
ordine
Nostro
firmato
dal
Ministro
per
le
finanze
.
Il
presente
decreto
entra
in
vigore
nel
giorno
stesso
della
sua
pubblicazione
nella
Gazzetta
Ufficiale
del
Regno
.
Ordiniamo
che
il
presente
decreto
,
munito
del
sigillo
dello
Stato
,
sia
inserto
nella
Raccolta
ufficiale
delle
leggi
e
dei
decreti
del
Regno
d
'
Italia
,
mandando
a
chiunque
spetti
di
osservarlo
e
di
farlo
osservare
.
Dato
a
Roma
,
addì
27
marzo
1939-XVII
Vittorio
Emanuele
Mussolini
,
Di
Revel
,
Solmi
,
Lantini
StampaPeriodica ,
Nomadelfia
,
febbraio
-
Don
Zeno
ricevette
la
lettera
di
monsignor
Borgongini
Duca
con
l
'
invito
di
recarsi
al
Santo
Uffizio
i13
febbraio
,
mentre
si
trovava
a
Nomadelfia
in
provincia
di
Grosseto
.
Era
già
qualche
tempo
che
aspettava
un
invito
del
genere
.
Non
sapeva
che
cosa
si
nascondesse
dietro
le
parole
del
nunzio
apostolico
che
lo
chiamavano
a
Roma
,
ma
già
dall
'
autunno
scorso
sentiva
che
qualche
cosa
di
nuovo
stava
per
accadere
.
La
vita
di
Nomadelfia
,
nonostante
le
difficoltà
e
i
numerosi
debiti
,
si
avviava
sulla
strada
buona
.
Il
numero
degli
amici
e
dei
protettori
grandi
e
piccoli
era
in
aumento
.
Giusto
in
quei
giorni
,
a
Milano
un
gruppo
di
industriali
aveva
regalato
a
Nomadelfia
un
frantoio
e
un
camion
,
e
sembrava
che
il
governo
stesse
prendendo
la
decisione
di
pagare
i
cento
milioni
circa
che
,
per
la
legge
sull
'
assistenza
,
doveva
alla
città
dei
Piccoli
Apostoli
.
E
tuttavia
,
anzi
,
proprio
perché
le
prospettive
per
il
1952
si
annunciavano
migliori
,
don
Zeno
non
era
tranquillo
.
Il
Papa
l
'
aveva
ricevuto
,
aveva
parlato
a
lungo
con
lui
e
prima
di
congedarlo
l
'
aveva
abbracciato
dicendogli
:
«
Don
Zeno
,
faccia
,
continui
a
fare
e
faccia
presto
»
.
Queste
parole
e
la
commozione
che
aveva
visto
sul
viso
di
Pio
XII
dovevano
essere
una
garanzia
;
e
tuttavia
don
Zeno
,
anche
ripensando
a
questo
incontro
,
che
aveva
tutte
le
caratteristiche
di
un
riconoscimento
,
non
era
capace
di
pensare
all
'
avvenire
della
sua
città
evangelica
con
ottimismo
.
Per
sentirsi
sereno
doveva
stare
in
mezzo
ai
Piccoli
Apostoli
di
Fossoli
e
di
Grosseto
,
vedere
i
grandi
che
lavoravano
nei
campi
o
nei
laboratori
e
i
piccoli
che
giocavano
al
gioco
di
padre
Girolamo
nelle
strade
dal
fondo
sconnesso
del
villaggio
.
I
Piccoli
Apostoli
dimostravano
di
avere
più
fede
di
lui
.
Il
5
febbraio
don
Zeno
andò
a
Roma
in
automobile
.
Indossava
la
solita
tonaca
di
tutti
i
giorni
un
po
'
lisa
e
impataccata
dalla
quale
spuntavano
il
collo
e
i
polsi
di
un
maglione
azzurro
,
salì
in
fretta
le
scale
del
Santo
Uffizio
.
Borgongini
Duca
lo
ricevette
subito
;
lo
guardò
,
accennò
a
parlare
,
ma
non
disse
nulla
e
subito
infilò
una
mano
nella
veste
traendone
un
foglio
ripiegato
.
Il
nunzio
apostolico
avrebbe
voluto
preparare
il
visitatore
alla
notizia
;
ma
don
Zeno
lo
stava
guardando
fissamente
col
capo
leggermente
curvo
e
sembrava
gli
avesse
già
letto
dentro
.
«
Con
lei
»
disse
il
nunzio
«
sono
inutili
i
preamboli
»
.
E
gli
consegnò
il
foglio
sul
quale
era
scritta
la
decisione
con
la
quale
il
Santo
Uffizio
ordinava
a
don
Zeno
di
allontanarsi
da
Nomadelfia
e
di
mettersi
a
disposizione
del
suo
vescovo
.
«
Anche
io
»
disse
don
Zeno
dopo
aver
letto
«
non
voglio
farle
perdere
tempo
in
discussioni
»
.
Prese
il
foglio
,
lo
appoggiò
a
una
mensola
e
restando
in
piedi
scrisse
,
sotto
la
firma
del
cardinale
Pizzardo
,
segretario
del
Santo
Uffizio
,
queste
parole
:
«
Eminenza
,
ringrazio
il
Signore
che
mi
fa
il
dono
di
compiere
un
atto
di
obbedienza
.
Obbedisco
in
Corde
lesti
.
Mi
prostro
al
bacio
del
S
.
Anello
.
Dev.mo
sac
.
Zeno
Saltini
»
.
Poi
restituì
il
foglio
al
nunzio
.
Allora
Borgongini
Duca
si
mise
a
piangere
e
l
'
abbracciò
.
Poi
disse
:
«
Voglio
che
lei
sappia
che
il
mio
pensiero
non
coincide
con
quello
del
Santo
Uffizio
»
.
Don
Zeno
ripartì
subito
da
Roma
.
Guidava
la
macchina
un
Piccolo
Apostolo
di
Fossoli
,
un
giovane
di
circa
venti
anni
,
e
don
Zeno
gli
sedeva
accanto
in
silenzio
mentre
í
suoi
occhi
fissavano
,
oltre
il
vetro
,
il
nastro
della
strada
.
Per
quanto
si
sforzasse
di
aguzzare
lo
sguardo
,
ogni
tanto
il
fondo
della
strada
si
confondeva
come
in
una
nebbia
e
lui
era
costretto
a
strofinarsi
le
palpebre
con
la
mano
per
schiarirsi
la
vista
.
Più
di
una
volta
le
lacrime
gli
scivolarono
lungo
le
guance
fermandosi
fra
i
peli
grigi
della
barba
mal
fatta
.
Azio
,
è
questo
il
nome
del
Piccolo
Apostolo
di
Fossoli
che
guida
le
automobili
di
Nomadelfia
e
che
quel
giorno
riportava
don
Zeno
da
Roma
,
si
voltava
a
guardare
il
sacerdote
,
ma
non
aveva
il
coraggio
di
chiedergli
nulla
.
Gli
dava
un
'
occhiata
timorosa
e
poi
tornava
a
guardare
davanti
a
sé
perché
c
'
era
il
ghiaccio
sulla
strada
ed
era
pericoloso
distrarsi
.
Quando
la
macchina
cominciò
a
scalare
le
rampe
della
Futa
,
don
Zeno
disse
ad
Azio
di
fermarsi
.
L
'
automobile
si
arrestò
lentamente
sul
margine
della
strada
in
un
punto
da
cui
si
vedeva
in
basso
la
vallata
del
Mugello
che
cominciava
a
velarsi
di
nebbia
.
Era
sera
;
qua
e
là
brillavano
i
lumi
delle
case
sparse
nella
campagna
.
Don
Zeno
guardò
fuori
del
finestrino
,
poi
disse
:
«
Non
volevo
parlare
;
ma
è
inutile
,
tanto
lo
dovete
sapere
»
.
Poi
raccontò
brevemente
al
ragazzo
quello
che
era
successo
.
Azio
piegò
il
viso
sul
volante
e
non
disse
nulla
.
Così
rimasero
qualche
minuto
in
silenzio
.
«
È
un
abbraccio
della
Chiesa
»
disse
poi
Azio
.
Con
questo
voleva
far
capire
al
suo
maestro
di
avere
bene
imparato
la
massima
dell
'
ubbidienza
che
sta
alla
base
della
Chiesa
e
della
comunità
di
Nomadelfia
.
«
Non
cambierà
nulla
»
aggiunse
.
Infatti
la
decisione
del
Santo
Uffizio
non
poteva
in
alcun
modo
cambiare
la
strada
della
loro
città
.
Nomadelfia
è
una
libera
comunità
di
laici
e
non
un
orfanotrofio
;
non
è
un
ente
morale
soggetto
alla
legislazione
della
Chiesa
.
I
suoi
membri
anziani
sono
liberi
di
restare
o
di
andarsene
.
Sono
loro
che
hanno
il
governo
della
città
e
don
Zeno
,
che
l
'
aveva
fondata
e
diretta
per
quasi
venti
anni
,
formalmente
,
negli
ultimi
tempi
,
era
soltanto
un
consigliere
.
Azio
era
commosso
ma
quando
avviò
il
motore
della
macchina
i
suoi
movimenti
non
rivelarono
traccia
d
'
impazienza
.
Guardandolo
don
Zeno
non
poté
frenare
un
moto
d
'
orgoglio
.
Il
Piccolo
Apostolo
aveva
imparato
bene
anche
l
'
altra
massima
fondamentale
del
cristianesimo
e
di
Nomadelfia
:
quella
della
fede
.
Azio
guidava
la
macchina
sulle
difficili
curve
senza
uno
sbandamento
,
sicuro
come
sempre
.
Arrivarono
a
Fossoli
che
era
notte
.
Nomadelfia
dormiva
.
L
'
automobile
varcò
il
cancello
oggi
sempre
aperto
e
si
fermò
accanto
alla
prima
casa
della
città
.
Nomadelfia
a
Fossoli
è
interamente
ricostruita
sulla
pianta
del
vecchio
campo
di
concentramento
.
Al
posto
delle
baracche
che
avevano
soltanto
le
pareti
esterne
in
muratura
stanno
adesso
le
case
a
un
piano
il
cui
interno
è
diviso
in
camere
da
letto
,
cucine
,
stanze
di
soggiorno
.
Le
finestre
hanno
gli
infissi
,
i
vetri
,
e
in
alcuni
casi
le
tendine
e
i
vasi
di
fiori
sul
davanzale
.
Ogni
famiglia
ha
un
appartamento
per
suo
conto
e
la
coabitazione
,
tollerata
come
una
necessità
,
è
rara
.
Nell
'
ora
in
cui
don
Zeno
e
Azio
arrivavano
le
famiglie
dei
Piccoli
Apostoli
erano
quasi
tutte
a
dormire
.
A
una
finestra
brillava
un
lume
.
Don
Zeno
batté
a
quella
porta
.
Prima
di
lasciare
Nomadelfia
,
ubbidendo
agli
ordini
del
Santo
Uffizio
,
voleva
salutare
qualcuno
dei
suoi
amici
.
L
'
addio
fu
molto
breve
.
Azio
andò
a
battere
alla
porta
di
Dario
,
che
è
il
presidente
del
Consiglio
degli
anziani
cui
è
affidata
la
direzione
di
Nomadelfia
,
e
in
poco
tempo
,
intorno
a
don
Zeno
furono
riunite
sette
persone
,
quattro
uomini
e
tre
donne
,
quattro
Piccoli
Apostoli
babbi
e
tre
Piccoli
Apostoli
mamme
.
«
Cosa
dobbiamo
fare
?
»
chiesero
tutti
al
loro
protettore
.
Don
Zeno
rispose
che
loro
erano
liberi
.
«
La
vostra
legge
»
disse
«
è
diversa
dalla
mia
.
»
Essi
non
avevano
nessun
obbligo
davanti
al
Santo
Uffizio
;
e
intanto
per
cominciare
,
la
decisione
che
lo
aveva
colpito
non
li
riguardava
.
«
Io
non
posso
darvi
nessun
consiglio
»
disse
.
«
Qualunque
cosa
vi
dicessi
di
fare
potrebbe
essere
un
errore
.
Voi
avete
una
guida
che
è
assai
più
sicura
di
me
.
»
Quando
don
Zeno
lasciò
Nomadelfia
era
ancora
notte
.
L
'
automobile
percorse
la
strada
che
a
svolte
ampie
e
bene
asfaltate
porta
da
Carpi
a
Modena
.
Poi
imboccò
la
via
Emilia
diretta
verso
il
Nord
.
Il
decreto
che
allontana
don
Zeno
da
Nomadelfia
è
stato
preso
al
termine
di
una
discussione
che
ha
coinvolto
alcune
delle
maggiori
personalità
del
Vaticano
.
Monsignor
Montini
appoggiava
l
'
opera
di
don
Zeno
e
di
Nomadelfia
,
ma
infine
ha
prevalso
il
parere
dei
cardinali
Canali
e
Pizzardo
.
Quest
'
ultimo
è
il
segretario
del
Santo
Uffizio
,
da
cui
dipende
appunto
,
fra
l
'
altro
,
il
controllo
delle
istituzioni
e
delle
iniziative
che
costituiscono
una
novità
per
il
secolo
.
Come
novità
Nomadelfia
preoccupava
già
da
qualche
anno
gli
ambienti
vaticani
,
e
specialmente
il
cardinale
Pizzardo
giudicava
che
questa
città
evangelica
rasentasse
in
alcuni
punti
l
'
eresia
.
L
'
anno
scorso
il
cardinale
Pizzardo
aveva
avuto
una
spiegazione
personale
con
don
Zeno
.
Il
colloquio
fu
piuttosto
vivace
.
Erano
di
fronte
due
personalità
di
grande
carattere
che
interpretavano
il
significato
e
la
missione
della
Chiesa
in
maniera
contrastante
.
Da
un
lato
il
cardinale
Pizzardo
si
faceva
interprete
del
bisogno
che
ha
la
Chiesa
di
mantenere
la
sua
unità
in
un
momento
difficile
di
lotta
politica
;
dall
'
altra
parte
don
Zeno
,
pur
protestando
la
sua
fedeltà
alla
Chiesa
,
insisteva
sul
messaggio
di
carità
e
di
solidarietà
umana
del
Vangelo
.
Il
cardinale
Pizzardo
concludeva
le
sue
tesi
con
un
'
argomentazione
il
cui
significato
era
questo
.
La
miseria
e
il
male
sono
inerenti
dall
'
origine
alla
natura
umana
e
non
possono
essere
estirpati
nel
corso
della
vita
terrena
.
Ma
per
volontà
di
Dio
,
è
scesa
nel
mondo
la
grazia
,
cioè
la
possibilità
data
a
tutti
gli
uomini
,
umili
e
potenti
,
poveri
e
ricchi
,
di
salvarsi
.
Bisogna
avere
fede
.
Alla
fine
dei
secoli
tutti
i
torti
saranno
riparati
e
la
giustizia
divina
trionferà
sulla
malvagità
degli
uomini
.
Don
Zeno
ascoltò
attentamente
le
parole
del
cardinale
e
quando
questi
ebbe
finito
esclamò
:
«
Ma
lei
eminenza
è
un
luterano
!
»
.
Il
cardinale
Pizzardo
si
scandalizzò
.
Era
la
prima
volta
che
gli
capitava
di
essere
accusato
di
eresia
e
chiese
spiegazioni
.
«
Lei
è
un
luterano
»
insisté
don
Zeno
,
«
perché
,
con
quello
che
dice
,
viene
a
negare
il
valore
delle
opere
,
dando
ogni
potere
di
salvezza
alla
fede
,
E
questa
è
appunto
la
tesi
di
Martin
Lutero
.
»
«
Ma
cosa
vorrebbe
fare
lei
allora
?
»
chiese
arrabbiandosi
il
cardinale
.
«
Pretenderebbe
di
salvare
tutti
i
bambini
poveri
e
abbandonati
di
questo
mondo
?
Vorrebbe
andare
ad
aiutare
anche
quelli
che
sono
in
India
c
che
muoiono
di
fame
a
centinaia
di
migliaia
?
»
«
Io
no
»
rispose
prontamente
don
Zeno
.
«
Io
non
voglio
niente
.
Dipendesse
da
me
andrei
a
mangiarmi
una
pastasciutta
.
Ma
è
Gesù
che
lo
vuole
»
.
Dopo
questa
conversazione
non
ci
fu
dubbio
per
il
cardinale
Pizzardo
che
don
Zeno
fosse
un
eretico
.
Il
suo
pensiero
era
condiviso
da
altre
personalità
vaticane
.
Nomadelfia
non
contrastava
con
nessun
principio
delle
Sacre
Scritture
,
della
teologia
e
della
morale
cristiana
.
Ma
quel
modello
di
una
comunità
dove
tutto
è
di
tutti
e
dove
nessun
membro
si
può
dire
padrone
di
qualcosa
,
nemmeno
dei
suoi
abiti
,
impensieriva
alcuni
ambienti
della
Chiesa
.
Nomadelfia
era
un
esempio
,
un
invito
che
,
non
essendo
seguito
,
poteva
portare
a
fare
dei
confronti
.
C
'
era
poi
la
questione
della
famiglia
.
Le
famiglie
di
Nomadelfia
si
fondano
non
sul
vincolo
del
sangue
ma
su
quello
spirituale
dell
'
adozione
.
In
Nomadelfia
tutti
hanno
una
mamma
,
anche
quelli
che
non
hanno
mai
conosciuto
quella
naturale
,
e
questo
fatto
non
è
soltanto
una
novità
ma
anche
un
rimprovero
al
modo
ristretto
e
in
un
certo
senso
egoistico
nel
quale
è
concepita
la
famiglia
non
soltanto
dalla
legge
civile
ma
anche
dalla
Chiesa
.
Per
mettere
gli
uomini
su
un
piano
di
assoluta
uguaglianza
,
Nomadelfia
abolisce
anche
í
cognomi
.
Di
altro
genere
ma
altrettanto
gravi
erano
le
preoccupazioni
che
Nomadelfia
destava
nel
governo
e
nei
Comitati
civici
di
Gedda
.
I
rapporti
fra
don
Zeno
e
Scelba
erano
decisamente
pessimi
.
Il
ministro
e
il
sacerdote
si
erano
incontrati
tre
volte
,
e
í
loro
colloqui
non
erano
mai
stati
troppo
cordiali
;
c
'
erano
poi
due
episodi
che
avevano
esasperato
il
ministro
.
Uno
era
avvenuto
nel
'49
,
l
'
altro
l
'
anno
scorso
a
giugno
durante
le
elezioni
amministrative
.
Un
giorno
del
'49
don
Zeno
piombò
con
tutti
i
Piccoli
Apostoli
di
Fossoli
a
Modena
.
Non
avevano
da
mangiare
.
Invasero
la
piazza
della
prefettura
e
don
Zeno
salì
dal
prefetto
.
«
Se
non
mi
riceve
»
disse
al
segretario
che
protestava
,
«
faccio
un
segno
e
tutta
la
gente
che
è
in
piazza
entra
subito
nel
palazzo
.
»
Il
prefetto
voleva
chiamare
la
polizia
.
«
È
inutile
»
rispose
don
Zeno
.
«
Cosa
potrebbe
fare
?
Non
crederà
mica
che
gli
agenti
si
presterebbero
a
sparare
su
dei
ragazzi
?
Potrebbe
finire
male
.
Invece
lei
ha
una
via
molto
più
facile
.
Telefoni
subito
a
Scelba
e
gli
chieda
dieci
milioni
.
»
Scelba
quel
giorno
fu
costretto
a
cedere
.
«
Don
Zeno
»
disse
il
prefetto
alla
fine
del
colloquio
,
«
ho
fatto
il
questore
e
non
ho
mai
avuto
paura
di
nessuno
.
Ma
lei
stamane
mi
ha
fatto
cadere
il
sangue
nelle
scarpe
.
»
Alle
elezioni
amministrative
del
1951
Scelba
e
i
Comitati
civici
accusarono
un
colpo
forse
più
grave
.
Il
Consiglio
degli
anziani
di
Nomadelfia
decise
che
soltanto
gli
oratori
democristiani
avrebbero
avuto
il
permesso
di
parlare
nella
loro
città
.
Ma
sulle
schede
i
Piccoli
Apostoli
invece
di
segnare
la
lista
dello
scudo
crociato
scrissero
la
parola
amore
,
spiegando
che
,
siccome
nessuno
dei
partiti
rispecchiava
la
parola
di
Cristo
,
essi
si
astenevano
dal
voto
.
Un
gesto
del
genere
,
dato
in
una
zona
dove
i
socialcomunisti
hanno
circa
l
'
ottanta
per
cento
dei
suffragi
,
era
intollerabile
.
Per
Scelba
,
e
per
Gedda
,
Nomadelfia
non
era
soltanto
un
'
eresia
dal
punto
di
vista
religioso
ma
un
pericolo
dal
punto
di
vista
politico
.
Bisognava
correre
ai
ripari
.
Eliminato
don
Zeno
pensavano
che
la
comunità
sarebbe
stata
inquadrata
più
agevolmente
nella
legge
della
Chiesa
e
nelle
direttive
politiche
della
DC
e
dei
Comitati
civici
.
Scelba
conosceva
personalmente
don
Zeno
e
sapeva
che
non
era
uomo
da
piegarsi
.
Con
Gedda
don
Zeno
,
invece
,
non
s
'
è
mai
incontrato
.
L
'
ha
visto
la
prima
volta
in
un
film
documentario
in
cui
l
'
attuale
capo
dell
'
Azione
Cattolica
era
al
volante
di
un
trattore
regalato
dagli
americani
al
pontefice
,
in
un
podere
di
Castel
Gandolfo
.
Gedda
guidava
la
macchina
con
molta
decisione
in
mezzo
a
un
centinaio
di
persone
che
applaudivano
.
Il
viso
del
pilota
,
il
trattore
e
i
campi
evocavano
nella
memoria
del
sacerdote
un
passato
che
non
gli
era
mai
piaciuto
.
Nomadelfia
,
febbraio
.
Il
Piccolo
Apostolo
Dario
,
propatriarca
di
Nomadelfia
,
saputa
da
don
Zeno
la
decisione
del
Santo
Uffizio
,
aspettò
tre
giorni
prima
di
comunicarla
a
tutti
i
Piccoli
Apostoli
.
Ma
il
10
febbraio
,
di
domenica
,
apparve
il
testo
della
lettera
di
don
Zeno
pubblicata
dal
«
Corriere
della
Sera
»
,
e
quindi
non
fu
più
possibile
tacere
.
Allora
radunò
tutti
i
capifamiglia
nella
chiesa
e
spiegò
loro
quanto
era
successo
.
Mentre
i
Piccoli
Apostoli
,
babbi
e
mamme
,
parlavano
,
fuori
i
bambini
non
avevano
smesso
di
giocare
.
Loro
non
sapevano
niente
.
Un
gruppo
giocava
al
«
padre
Girolamo
»
,
proprio
accanto
al
muro
della
chiesa
dove
si
svolgeva
la
riunione
.
Il
«
padre
Girolamo
»
è
il
gioco
preferito
dai
ragazzi
di
Nomadelfia
ed
è
anche
il
più
economico
,
perché
non
richiede
che
una
striscia
di
stoffa
,
possibilmente
pesante
e
doppia
,
lunga
poco
più
di
mezzo
metro
,
che
ogni
ragazzo
si
può
procurare
in
famiglia
.
Impugnando
la
striscia
,
e
saltando
su
un
piede
solo
,
chi
fa
la
parte
del
padre
Girolamo
va
alla
caccia
dei
compagni
,
anch
'
essi
muniti
di
strisce
ma
che
possono
correre
su
tutti
e
due
i
piedi
.
Il
padre
Girolamo
,
finché
salta
su
un
piede
,
è
invulnerabile
,
e
intanto
può
menare
colpi
a
destra
e
a
sinistra
.
Chi
è
colpito
diventa
suo
prigioniero
.
Ma
se
,
nello
slancio
,
il
padre
Girolamo
posa
anche
l
'
altro
piede
a
terra
,
allora
può
essere
a
sua
volta
colpito
e
messo
fuori
gara
.
Il
muro
è
zona
neutra
,
e
finché
uno
ci
sta
attaccato
è
salvo
.
I
bambini
giocavano
ancora
al
«
padre
Girolamo
»
,
quando
i
Piccoli
Apostoli
babbi
e
mamme
uscirono
dalla
chiesa
commentando
la
decisione
del
Santo
Uffizio
.
Erano
addolorati
ma
non
mostravano
alcuna
preoccupazione
.
Guardarono
i
bambini
e
senza
bisogno
di
intendersi
decisero
di
lasciarli
giocare
senza
dir
loro
una
parola
.
Poi
tornarono
alle
loro
occupazioni
.
Erano
tutti
convinti
che
non
sarebbe
cambiato
niente
.
Anche
senza
il
loro
ex
patriarca
avrebbero
saputo
continuare
sulla
strada
intrapresa
.
La
strada
che
dovranno
percorrere
i
padri
salesiani
,
ai
quali
il
Santo
Uffizio
ha
affidato
la
direzione
di
Nomadelfia
,
è
invece
assai
più
difficile
.
Infatti
i
padri
stessi
non
sanno
cosa
dovranno
fare
.
Cosa
significa
direzione
,
nel
caso
della
città
evangelica
di
Nomadelfia
?
Don
Zeno
era
forse
il
direttore
di
un
istituto
di
beneficenza
che
può
essere
rimosso
dai
superiori
perché
la
sua
amministrazione
o
i
suoi
criteri
pedagogici
lasciano
a
desiderare
?
Probabilmente
gli
stessi
padri
salesiani
che
da
molti
anni
dirigono
orfanotrofi
e
altri
istituti
non
sanno
molto
bene
cosa
sia
Nomadelfia
.
Essi
potranno
entrare
nella
città
(
nessuno
dei
Piccoli
Apostoli
farà
opposizione
)
,
dire
Messa
nella
chiesa
,
fare
dottrina
,
dare
assistenza
spirituale
,
ma
non
potranno
intervenire
in
nessun
modo
nella
direzione
della
comunità
perché
Nomadelfia
non
è
un
istituto
di
beneficenza
,
non
è
un
orfanotrofio
,
e
non
è
nemmeno
un
ente
morale
.
È
un
'
associazione
di
fatto
,
di
persone
che
accettano
di
vivere
secondo
certe
regole
(
che
poi
si
riassumono
in
una
sola
,
quella
della
carità
fraterna
)
,
e
che
si
governa
da
sé
.
Terreni
,
case
,
baracche
,
laboratori
,
attrezzi
,
macchine
,
animali
,
che
in
tutto
rappresentano
un
valore
di
settecento
milioni
circa
,
sono
di
proprietà
comune
dei
Piccoli
Apostoli
,
che
individualmente
non
possiedono
nulla
.
Cosa
possono
fare
di
nuovo
i
padri
salesiani
,
se
lo
stesso
don
Zeno
e
gli
altri
sacerdoti
,
in
questi
ultimi
mesi
,
erano
,
a
norma
dello
statuto
della
repubblica
cristiana
dei
Piccoli
Apostoli
,
esclusi
dal
governo
?
Nomadelfia
è
una
città
laica
,
di
uomini
cristiani
che
non
intendono
disubbidire
alla
Chiesa
.
Ma
cosa
può
ordinare
loro
il
vescovo
,
o
la
suprema
autorità
del
Pontefice
?
Possono
il
vescovo
e
il
Pontefice
ordinare
a
un
gruppo
di
cittadini
che
abita
ad
esempio
a
Parma
,
di
disperdersi
e
andare
ad
abitare
ciascuno
per
suo
conto
?
Quando
nel
1931
l
'
avvocato
Zeno
Saltini
si
fece
prete
,
perché
,
nella
sua
professione
,
era
stato
colpito
dal
problema
della
delinquenza
minorile
,
non
aveva
in
mente
di
creare
un
istituto
nel
quale
raccogliere
i
bambini
abbandonati
dai
genitori
e
avviati
sulla
strada
del
male
.
Se
così
fosse
stato
la
sua
missione
sarebbe
stata
molto
più
semplice
e
oggi
non
avrebbe
preoccupato
le
autorità
del
Santo
Uffizio
e
dell
'
Azione
Cattolica
.
Zeno
Saltini
,
diventato
don
Zeno
,
vide
subito
in
quei
ragazzi
ripudiati
le
pietre
di
una
nuova
costruzione
sociale
.
Siccome
la
famiglia
naturale
li
abbandonava
egli
ne
avrebbe
data
loro
un
'
altra
basata
non
sul
vincolo
del
sangue
,
ma
su
quello
dell
'
adozione
;
siccome
la
società
li
respingeva
condannandoli
a
vivere
di
ripieghi
e
di
delitti
,
egli
li
avrebbe
fatti
membri
di
una
nuova
società
,
basata
non
sulla
concorrenza
ma
sulla
solidarietà
,
non
sulla
proprietà
privata
,
ma
sulla
comunione
del
lavoro
e
dei
beni
,
non
sul
tornaconto
individuale
ma
sulla
legge
fraterna
del
Vangelo
.
Non
aveva
intenzione
con
questo
di
rivoluzionare
il
mondo
e
di
rifarlo
secondo
un
suo
ideale
cristiano
.
Ma
poiché
il
mondo
,
nella
sua
storia
,
lasciava
dietro
di
sé
una
scia
di
dispersi
egli
li
raccoglieva
e
,
invece
di
farli
vivere
con
la
carità
di
chi
anche
involontariamente
li
aveva
colpiti
e
abbandonati
,
voleva
dare
loro
un
nuovo
mondo
basato
su
una
legge
diversa
che
essierano
i
più
adatti
a
comprendere
.
Questo
era
Nomadelfia
già
quando
,
prima
della
guerra
,
don
Zeno
aveva
con
sé
soltanto
molti
bambini
Piccoli
Apostoli
e
nemmeno
un
babbo
o
una
mamma
.
Furono
i
giorni
più
difficili
.
Don
Zeno
non
aveva
mezzi
per
dare
da
mangiare
a
quei
ragazzi
che
aveva
trovato
sulla
strada
.
Ma
il
male
peggiore
era
che
non
riusciva
ancora
a
dar
loro
una
famiglia
.
Quando
li
lasciava
soli
nella
casa
di
San
Giacomo
Roncole
dove
nacque
il
movimento
,
diceva
al
più
grande
di
essi
:
«
Adesso
tu
sei
la
loro
mamma
.
Ma
non
abbiate
paura
:
la
vostra
mamma
verrà
»
.
La
prima
che
arrivò
si
chiamava
Irene
.
Era
una
studentessa
che
aveva
poco
più
di
venti
anni
e
che
dimenticò
subito
il
suo
cognome
.
Infatti
nella
legge
di
Nomadelfia
,
perché
sia
abolita
l
'
avvilente
definizione
di
figlio
di
N.N.
,
non
esistono
che
nomi
propri
.
Oggi
Nomadelfia
è
una
comunità
che
conta
più
di
mille
membri
in
maggioranza
sotto
i
venti
anni
divisi
nelle
due
località
di
Fossoli
,
in
provincia
di
Modena
,
e
di
Rosellana
,
vicino
a
Grosseto
.
Ma
la
legge
è
una
sola
.
Tutti
i
membri
,
grandi
e
piccoli
si
chiamano
Piccoli
Apostoli
;
hanno
solo
il
nome
proprio
,
si
danno
tutti
del
tu
,
e
non
sono
proprietari
di
nulla
,
a
titolo
individuale
,
nemmeno
dell
'
abito
che
indossano
.
La
comunità
è
divisa
in
famiglie
composte
di
figli
veri
e
di
figli
adottivi
e
distribuite
in
piccole
case
.
I
babbi
e
le
mamme
sono
anch
'
essi
Piccoli
Apostoli
,
alcuni
dei
quali
erano
già
sposati
prima
di
entrare
nella
comunità
,
mentre
altri
si
sono
sposati
a
Nomadelfia
.
Alcune
famiglie
però
hanno
soltanto
la
mamma
,
trattandosi
di
una
donna
che
ha
fatto
voto
di
non
sposare
.
Nessuna
distinzione
è
ammessa
tra
i
figli
veri
e
quelli
adottivi
.
Dire
figli
«
veri
»
è
anzi
la
più
grave
eresia
per
un
cittadino
di
Nomadelfia
.
La
direzione
della
città
spetta
al
Consiglio
degli
anziani
eletto
dai
capifamiglia
che
nomina
un
presidente
o
propatriarca
.
Gli
anziani
sono
sette
e
il
loro
presidente
si
chiama
Dario
.
Essi
reggono
la
vita
pubblica
della
città
,
dirigono
il
lavoro
,
gestiscono
le
finanze
,
controllano
l
'
educazione
.
I
maestri
che
insegnano
alle
scuole
elementari
di
Nomadelfia
sono
nei
ruoli
dello
Stato
,
e
i
programmi
sono
gli
stessi
delle
scuole
governative
;
ma
gli
anziani
hanno
un
controllo
sui
libri
di
testo
,
che
vengono
purgati
di
tutto
ciò
che
può
alludere
all
'
egoismo
della
società
.
Le
parole
«
mio
»
e
«
tuo
»
sono
abolite
come
è
abolito
il
denaro
.
Nessuno
possiede
denari
in
proprio
.
Il
lavoro
,
quello
dei
campi
o
quello
dei
laboratori
,
non
è
retribuito
,
ma
nessuno
paga
niente
per
avere
ciò
che
è
necessario
alla
famiglia
per
mangiare
,
per
vestirsi
e
per
divagarsi
.
Il
denaro
è
gestito
soltanto
dall
'
economo
per
gli
acquisti
che
deve
fare
all
'
esterno
.
Nomadelfia
è
ancora
lontana
dall
'
indipendenza
economica
.
La
terra
che
possiede
,
non
ancora
interamente
bonificata
,
non
produce
nemmeno
la
metà
del
consumo
;
e
anche
per
tutti
gli
altri
generi
i
Piccoli
Apostoli
dipendono
dal
mondo
del
denaro
da
cui
si
difendono
.
L
'
amministrazione
ha
fatto
molti
debiti
,
e
forse
,
come
sostengono
quelli
che
vogliono
dare
a
Nomadelfia
un
nuovo
indirizzo
,
ha
commesso
qualche
irregolarità
.
Ma
qui
bisogna
stare
attenti
a
giudicare
.
Infatti
ciò
che
è
irregolare
nella
società
in
cui
noi
viviamo
non
lo
è
per
la
morale
di
Nomadelfia
e
viceversa
.
Commise
una
irregolarità
don
Zeno
il
giorno
ad
esempio
in
cui
,
mentre
celebrava
la
Messa
,
si
accorse
che
il
Piccolo
Apostolo
che
lo
serviva
era
pallido
perché
non
aveva
mangiato
e
allora
interruppe
la
funzione
e
consegnò
al
Piccolo
Apostolo
il
calice
e
i
paramenti
sacri
perché
li
andasse
a
vendere
?
A
volte
quando
un
creditore
arrivava
per
esigere
il
suo
credito
,
don
Zeno
invece
di
scusarsi
di
non
poter
pagare
diceva
:
«
Dovresti
ringraziarmi
perché
non
ti
posso
ancora
restituire
quello
che
ci
hai
dato
,
invece
di
lamentarti
.
Sei
tu
che
sei
in
debito
con
noi
»
.
Don
Zeno
oggi
ha
cinquantadue
anni
.
È
un
uomo
di
media
statura
,
grigio
e
leggermente
curvo
.
Ha
i
polsi
grossi
come
quelli
di
un
operaio
e
quando
si
rivolge
a
Dio
si
esprime
in
dialetto
,
come
un
uomo
del
popolo
.
La
sua
conversazione
è
così
semplice
che
sembra
,
alla
prima
,
quasi
astrusa
.
Anche
nel
linguaggio
Nomadelfia
e
la
società
non
si
somigliano
.