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PERCHÉ TRAMONTA LA LOTTA DI CLASSE ( CASINI GHERARDO , 1929 )
StampaPeriodica ,
... I conflitti del lavoro , gli scioperi , gli episodi della guerriglia sociale non sono affatto venuti scemando in questi ultimi anni . Ma numerosi e anche gravi talora essi sono apparsi appunto guerriglia e non guerra , episodi sporadici e non lotta organizzata , sistematica , metodica . Significa questo che la lotta è tuttavia immanente , o non sta a dimostrare piuttosto che l ' autodifesa è il mezzo a cui si ricorre quando non esistono i mezzi protettivi legali ? La seconda ipotesi è suffragata dai tentativi ormai numerosi di istituire i mezzi legali di difesa , principalmente attraverso la conciliazione e l ' arbitrato obbligatorio , inadeguati allo scopo , ma sintomatici . E si verifica così che mentre l ' ultimo grande sciopero che si è avuto in Europa rimonta a tre anni or sono lo sciopero dei minatori in Inghilterra e mentre il lavorio che da Mosca la Terza Internazionale prosegue senza posa si disperde nei rigagnoli delle violenze sporadiche ; si viene affermando l ' idea del regolamento giuridico dei conflitti professionali . A questo punto ogni deduzione sarebbe forzata se non ci soccorressero altri elementi . Nelle classi operaie , e si badi bene , sopratutto nelle organizzazioni sindacali operaie si avverte una progressiva tendenza ad uscire dai miti internazionalisti per trincerarsi entro un nazionalismo che arriva fino ad invocare misure protettive contro le importazioni di merci e di mano d ' opera straniera . Gli esempi vanno dai socialisti australiani ai sindacati degli operai cotonieri inglesi , e al deciso pronunciamento dell ' American Federation of Labor contro l ' immigrazione . Due sintomi dunque : il frantumarsi della lotta di classe accompagnato dai tentativi di sistemazione legale , e l ' orientamento nazionalista contrassegnano il comportamento delle classi operaie . Occorre vedere se ciò corrisponde ad uno stato di quiescenza , e cioè a dire alla fine della lotta fra le classi come preludio a quello che i socialisti designano come il " pericolo dell ' imborghesimento " delle classi operaie , oppure se , come crediamo , la fine di un ciclo storico è foriera dell ' avvento di un nuovo ordine sociale e politico . Torniamo alla nostra attuazione corporativa . Se nel suo complesso dimostra una ammirabile architettura giuridica , capace di contenere e di plasmare i più audaci sviluppi , storicamente essa coincide con il riscatto delle masse operaie italiane dallo stato di minorità politica in cui le aveva poste il liberalismo . Il Sindacalismo fascista non rappresenta più una posizione di difesa , ma di autonomia . La preesistente condizione d ' inferiorità si tramuta nella formazione politica di una classe , fornita di tutti i mezzi di azione e di organizzazione capaci di permetterle la collaborazione con le altre classi , non solo sul terreno delle condizioni di lavoro , ma anche e sopratutto su quello del regolamento della produzione . Quando al lavoratore si sono assicurate le giuste condizioni di vita , si è senza dubbio eliminata la prima causa della lotta di classe , ma non si potrebbe però dare completamente torto a coloro che ci accusano di averne fatto " un borghese " nel senso filisteico e gretto del termine . Il problema viceversa è quello di fare del lavoratore un produttore , e cioè di dargli un giusto senso di conservatorismo , un minimo indispensabile di sicurezza materiale , non disgiunto però dalla coscienza con - creta e costruttiva di collaboratore attivo della produzione , di elemento formativo della Nazione ...
L'ARCHITETTA NEOLOGISTA ( Bianciardi Luciano , 1964 )
StampaQuotidiana ,
La forza di una lingua si misura anche dalla sua capacità di ammaliare le parole straniere : noi oggi diciamo ponce , Parigi , Londra , e un tempo Benvenuto Cellini diceva , beato lui , Fontana Beliò , e intendeva Fontainebleau . I giornalisti sportivi dicono stoppare e dribblare , e forse troveranno il modo di italianizzare anche il tackle . Gli italiani d ' America dicono carro per auto , giobba per lavoro , gelle per carcere , bisinesse per affare . Dicono , come tutti sanno , Broccolino . Non tutti invece hanno sentito una madre chiamare il figlio Vasintone , eppure succede : in Romagna e in Toscana , troviamo Vasintone , Vilsone e Bicchesio , cioè Washington , Wilson , Bixio . Gli arredatori dicono bovindo per indicare un tipo di finestra che aggetta rispetto al muro . Parola nuovissima e inusitata - non se ne aveva notizia prima del gennaio 1964 - è triggerare . La si legge nel manifesto invito per una mostra di Nanda Vigo . I1 contesto : « Ritengo quindi che dovendo tradurre esteticamente un codice di comando atto a triggerare un ' informazione con una scelta precisa , queste forme siano le più atte a concretizzarlo in armonia con il postulato cronotopico » . Il senso generale del discorso dev ' essere abbastanza complicato , ma non ci interessa in questa sede . Qui preme cogliere a frullo il neologismo , questa deverbazione da una parola straniera , e cioè trigger . Dice lo Webster : « Leva collegata a un ritegno , e che serve a liberarlo » . Nelle armi da fuoco , il trigger è la parte che , premuta dal dito , libera il percussore . E to trigger significherà far scattare il grilletto . Deverbale dall ' italiano era difficile , certo : « sgrillettare » suonerebbe male . Perciò ecco « triggerare » qualcuno dirà che sarebbe stato più giusto « trigherare » , ma sono pedanterie . Qualcun altro dirà che si poteva anche scegliere un « far scattare » , un « dar la via » , un « dar le mosse » , o ancora , restando nel gergo meccanico : « mollare » , « scatenare » , « sparare » . Chi avesse bisogno di altre notizie si rivolga a Nanda Vigo : nata a Milano , nel 1936 , laureata in architettura all ' Institute Polithecnique de Lausanne , ha lavorato in California , Jugoslavia e Milano , poi , dopo aver assimilato varie proposte stilistiche , nel 1961 iniziò la formulazione plastica che si caratterizza nei cronotopi esposti nel 1962 . Così almeno sta scritto sull ' invito .
Giubiliamo ( Pintor Luigi , 1996 )
StampaQuotidiana ,
Sul primo governo di centro - sinistra della storia repubblicana , quello Moro - Nenni , sventolò la bandiera della nazionalizzazione dell ' energia elettrica , costosissima e infruttuosa . Sul nuovissimo governo di centro - sinistra dell ' Ulivo proponiamo che sventoli la bandiera di una nazionalizzazione inedita , gratuita e altamente produttiva , la nazionalizzazione del Giubileo . Un Giubileo non apostolico - romano ma apostolico - peninsulare , o semplicemente apostolico , senza con ciò far torto né al sindaco Rutelli né al nome di battesimo del presidente del Consiglio . Indirizziamo e incanaliamo equamente i 40 milioni di pellegrini , desiderosi di santificare il z000 , verso le molte città sante d ' Italia , ciascuna delle quali può vantare un insigne patrono e basiliche e romitaggi famosi . Grande giovamento ne trarrebbero : a ) la fede ; b ) le opere pubbliche , con o senza carabinieri ; c ) lo spirito ad un tempo nazionale e federale della penisola . Preghiera , devozione , penitenza , indulgenza , oboli , pervaderebbero ogni borgo dalle Alpi al mare , dal Nord - Est al profondo Sud , fino alla cattedrale di Noto che risorgerebbe ad opera dei giubilanti . Che la sede di Pietro e anche quella di Di Pietro siano in Roma non è un impedimento , anzi : il Pontefice ama seguire il gregge nelle migrazioni , l ' eccesso di romanità non giova all ' unità delle Chiese cristiane , e il ministro e i suoi carabinieri eserciterebbero a tutto campo la delega per le aree urbane di cui sono titolari . La malapianta della simonia e del mercimonio , che né la Riforma luterana né il Concilio di Trento , né i canoni 1441 , 1465 e 2371 del Codice di diritto canonico hanno mai del tutto estirpato , attecchirebbe meno facilmente se decentrata e sottratta al monopolio dei palazzinari e campioni olimpici metropolitani . Dilatando e nazionalizzando l ' evento , il rapporto virtuoso tra investimenti e rendimento verrebbe incrementato , i pellegrini e penitenti raddoppierebbero fino a Zoo milioni , si potrebbe cominciare subito e andare oltre il 2000 . Come ha detto autorevolmente il cardinale Ratzinger , non bisogna formalizzarsi sulla data . E neppure sui luoghi , dunque . In un Giubileo diluito , perpetuato , nazionalizzato e federalizzato , non solo S . Pietro ma anche S . Francesco d ' Assisi e S . Antonio da Padova e S . Gennaro ospiterebbero degnamente i fedeli . E molti sindaci e vescovi affiancherebbero volentieri il sovraffaticato Rutelli . E il presidente del Consiglio vedrebbe valorizzato il suo ruolo primario . E a Roma sarebbero ecologicamente risparmiate 40 milioni di pizze a taglio e lattine di birra giornaliere per credenti e miscredenti giapponesi . È vero , tutto oggi è privatizzato ad eccezione di gratta e vinci . Facciamo del Giubileo una più alta ed ecumenica eccezione . Se l ' on. Pannella fosse sopravvissuto alle elezioni , potrebbe indire un referendum .
POLEMICA VIVA CONTRO IL COMUNISMO ( ROSSONI EDMONDO , 1929 )
StampaPeriodica ,
... Il socialismo come utopia e come pratica non può essere battuto che da una Idea , non campata nei regni astratti avveniristici , ma collegata alla realtà e al razionale progresso civile . Per l ' Italia , l ' Idea dominatrice di tutto il nostro secolo è , e sarà , il Fascismo nei suoi aspetti sta - tali ed economici . Il Fascismo è storia vissuta e da vivere , tipicamente ed esclusivamente italiana . Dire che il Capitale , il sistema del Capitale , accumulato ed operante nelle iniziative produttrici , non ha finito la sua funzione , non significa rinunciare a regolare tale funzione , con scopi che la stessa esperienza e l ' esercizio del sistema possono suggerire , all ' infuori e sopratutto contro il comunismo . Il comunismo è un ' idea universale opposta ad un sistema universale capitalistico . Se si affermano delle necessità di disciplina nazionale del lavoro si afferma implicitamente che anche il Capitale deve servire la Nazione . Di fronte al semplicismo universalista del comunismo , è vero sol - tanto parzialmente ed apparentemente che ci sia un sistema universali - sta del capitalismo . Il capitalismo è piuttosto una forza imperiale , invadente e contrastante , non già svenevole solidarismo . In cima a tutto questo non c ' è affatto uno scopo unico : il guadagno . Il guadagno non è un ' idea e non è un ' idea il Capitale . Però il Capitale può servire una idea . Per il Fascismo l ' idea è la Nazione e la sua missione nel mondo . Una Nazione è imperiale in due modi : con la forza dello Stato e con la forza del suo Genio e del suo Lavoro . Una Nazione ha diritti imperiali se ha qualche cosa di meglio delle altre da offrire per il divenire della civiltà . Nei secoli , l ' Italia è stata per il mondo l ' idea ed il motore della civiltà . Oggi l ' idea è rinata per virtù del Fascismo e con simboli che costituiscono un riassunto storico della stirpe : il Littorio e la Corporazione . E ' l ' idea , con questi simboli non il volgare interesse padrona - le che noi opponiamo al socialismo . Non è , dunque , ad una classe specifica ed arbitrariamente definita che noi ci rivolgiamo . Saranno invece le classi che capiranno l ' idea , a riempire di sé i capitoli della nuova storia . Il socialismo parte dal presupposto di un proletariato classe dirigente . Questo presupposto fallisce all ' esame critico e all ' esperienza storica , per ragioni tecniche , morali e diremmo quasi fisiche . Il sindacalismo proletario si mostra quindi unilaterale ed insufficiente . Ed è sopratutto nell ' interesse del lavoro che deve essere ripudiato un simile sindacalismo . Ma basta l ' ingiustizia verso il proletariato , e quindi l ' irrequietudine e l ' irregolarità produttiva , per creare il danno generale . Per contro , il coordinamento di tutte le attività nelle Corporazioni ne facilita la fusione armonica per il bene generale , cioè di uno e di tutti , aprendo la via alla formazione in ogni campo degli elementi dirigenti , per merito e non per artificio . È la lotta o se si vuole la gara delle capacità ...
FIRMA LE SUE STORIE CON UNA CROCE ( Bianciardi Luciano , 1964 )
StampaQuotidiana ,
I D ' Orlando , madre e figlio , abitano in una traversa di via Paolo Sarpi a Milano ; un quartiere popolare , di costruzioni vecchie , al massimo a tre piani , coi fondi tutti occupati da una fila continua di negozi e qualche bottega imprevista , come quella dove ancora fabbricano a mano ceri e candele di tutte le misure . Loro due stanno a un quarto piano di una casa non diversa dalle altre : nel cortile la fila di bidoni della spazzatura , la scala stretta ed erta , umida fino a sapere di muffa , le file degli usci che si aprono sul ballatoio , rimasto come ai tempi in cui l ' appartamento si riduceva a una stanza e i « servizi » erano in comune , giù in fondo . Sulla porta di casa , sotto il nome a caratteri rossi , stampati - di certo il ritaglio d ' un catalogo di mostra - c ' è un altro cartiglio , scritto a mano , che dice : « Gordon Vernon , B.A. Teacher of English » . Aprono e sono due stanzucce : un tramezzo nella prima isola il cucinino , col fornello a gas , l ' acquaio e un piccolo frigorifero , e basta appena a contenere un armadio e una rete di letto col materasso e la coperta alla militare . Nell ' altra , l ' unica vera camera , due brande : ci dormono appunto Pasquale D ' Orlando e l ' amico suo baccelliere che dà lezioni private d ' inglese , poi due tavoli , una scrivania accostata al muro , uno scaffaletto pei libri e in un angolo , ammucchiati , barattoli vuoti di colore e di tè . I telai delle finestre sono dipinti di rosso vivo . Pasquale è un ragazzo robusto e paffuto , che non dimostra i suoi ventisette anni . Come accade spesso nei napoletani - e contro un luogo comune che li vuole scuri , anzi bluastri - lui ha gli occhi chiari , le guance rosee , la barba scarsa . Più tardi entra un suo amico piccoletto , biondo , fine nei lineamenti , e lo scambio per il coinquilino inglese , mentre invece è napoletano anche lui . Ma finalmente eccola , la madre , Maria D ' Orlando : è molto piccola , tonda , con la faccia piena , i capelli grigi raccolti a ciuffo , un occhio velato e semichiuso . Sulla veste turchina porta uno zinale nero e tiene le gambe in certi calzerotti di lana grossa , grigi . Quando si accomoda a sedere il figlio deve metterle sotto i piedi un barattolo vuoto , altrimenti non arriva a toccare terra . Le domando per curiosità la sua statura , e lei va a prendere dentro l ' armadio , in una custodia di plastica insieme ad altri documenti , la carta d ' identità : Maria Zarrillo in D ' Orlando , vedova , nata a Torre del Greco nel 1897 , statura bassa . Infatti , così a occhio , non dovrebbe superare il metro e quaranta . Eppure quando sorride diventa bella , con quei bei denti sani e bianchi : fa accomodare anche me e Sergio Cossu , che è ritornato per fare altre fotografie , ma anche , mi pare , perché ormai si considera di casa e ci viene volentieri , ci offre un bicchierino stravecchio ( l ' etichetta dice ancora cognac ) , e ci dà il tempo di guardare intorno . Appesi al muro quadri , del figlio e suoi . Questi ultimi si riconoscono subito , per la violenza dei colori e il piglio deciso dei tratti : figure umane , fiori , un carretto , cavalli ; su tela , su compensato , su carta , e ciascuno ha in un angolo , a mo ' di firma , la croce . Infatti Maria D ' Angelo non ha mai imparato a scrivere , né sa leggere . Ha imparato invece a dipingere : basta una scorsa alle due grosse cartelle che il figlio sta voltando sul tavolo . f ) ai primi abbozzi con la penna a sfera , ai quadri appesi , ai fogli di queste ultime settimane c ' è un ' evoluzione evidente , pur restando identici i temi , insistiti tenacemente ; ancora figure umane , ancora cavalli , ancora carretti . E lei spiega : questi sono due bambini che portano i fiori alla mamma ; e anche la mamma sta mutandosi in pianta , le nascono dentro rami e foglie . Questo è un bambino travolto da un cavallo : ma il cavallo sta mettendo una coda di pavone , coloritissima . Questo è un uomo che spinge un carretto , ma le ruote son viste , per così dire , in sviluppo , sono due fondi accanto al rettangolo del carretto . In tutto Maria D ' Orlando ha da mostrare cinquecento opere . Ma come è stata , questa scoperta della pittura ? Lo spiega il figlio Pasquale , di professione pittore : volle fare lui una specie di esperimento , mettere in mano alla madre analfabeta quest ' altro modo di esprimersi , vedere il comportamento d ' una creatura « primitiva » , d ' una donna di sessantacinque anni , carica di esperienza , ma rimasta culturalmente bambina . Non le diede alcun consiglio , di nessun genere , anzi oggi è lei che - mi spiega Pasquale - dà al figlio avvertimenti su come scegliere e accostare i colori : i suoi sono squillanti , arditi , suggestivi , sottolineano i simboli già così chiari del disegno . Come mai , le chiedo , occhi così grandi e così rossi , in quella figura maschia , anzi virile , perché su questo punto il disegno non lascia davvero dubbio alcuno . Lei sorride , alza gli occhi per guardami in faccia ( col sommo della testa mi arriva di poco sopra il gomito ) e fa : « Eh , voi capite , non mi piace la cosa meschina , piccirella . L ' uomo è grande » . Per esempio Giovanni , il povero marito suo , morto nel quarantaquattro : lo chiamavano di soprannome Scialone , perché era un gigante , fortissimo , capace di spingere su un carretto dodici quintali di farina lungo una salita . Si spargeva la voce che Scialone spingeva dodici quintali , e la gente usciva dalle case per assistere allo spettacolo . E pensare che s ' era scelto per moglie una donna così piccola , e per giunta figlia della Madonna . Qualcuno la prese con sé , ma non ebbe mai una madre e un padre , neanche adottivi : anzi , a dieci anni già l ' avevano messa a guardare le bestie giù in una masseria dalle parti di Cassino . Lei non ci stava volentieri , così un bel giorno scappò : andò alla stazione , vestita come una « pacchianella » e lì trovò un soldatino che , saputa la storia , le mise in mano due lire , e le dette questo consiglio : salita in treno , al controllore doveva dire esattamente : tengo due lire e dieci anni , e sono figlia della Madonna . Se volete che scenda , io scendo . Ma chi poteva avere il cuore di buttar giù dal treno una figlia della Madonna ? Le diedero un lavoro migliore , e per tutta la vita Maria lavorò : il marito facchino lei col carretto delle erbe e delle verdure . Ebbe due figli , ma altri ne perse durante la gravidanza , perché le crescevano in grembo troppo grossi , e poi una volta ci fu lo spavento d ' un cavallo imbizzarrito , quello appunto che ritorna tanto spesso nella sua pittura . Morto Scialone nel '44 , con la guerra appena finita , furono anni di fame . Il figlio maggiore se ne andò in Francia , « passò le montagne » e anche lì trovò vita difficile , la polizia arrivò al punto di fargli mangiare il sapone , per tormento e dispetto contro questo « terrone » che osava venirsene a rubare il pane ai cittadini francesi , e lui , per farsi condurre finalmente dal console italiano , fece diciassette giorni di sciopero della fame . Al figlio più piccolo , Pasquale , questo , fece in modo di assicurare il pane mettendolo in una casa di rieducazione a Urbino , dove i metodi rieducativi erano quelli vecchi , botte sulle mani con una cinghia di cuoio bagnata . Eppure a Urbino lui fece i suoi primi studi d ' arte , pittura , ceramica , grafica , e quando fu in età da andare soldato , rinunciò all ' esonero che gli spettava e trovò il modo , dopo il CAR di Pesaro , di farsi mandare a Milano , perché Milano era - ed è - la capitale dell ' arte moderna in Italia . Aviatore , durante la libera uscita cominciò a frequentare i bar intorno a Brera , e lì conobbe i suoi amici di oggi , questi stessi che , come Grippa , Dova , Fontana , sono venuti a vedere i dipinti della madre Maria , e ne parlano con schietto entusiasmo , come d ' un bell ' esempio di pittura naïve . A Milano Pasquale volle restare anche dopo il congedo , tirando la cinghia ma senza mai rinunciare al suo sogno , d ' essere pittore e basta . Anzi , appena possibile chiamò con sé la madre , e adesso nelle due stanzucce al quarto piano di via Messina 6 sono in due ad adoperare il pennello , non sono rose neanche ora : l ' affitto è sulle ventimila lire al mese , come riscaldamento c ' è solo una stufetta di ghisa che mangia altre ventimila lire fra carbone e legna . Che proprio saltino i pasti non si può dire , ma capita che qualche sera lei sia costretta a « inventare » la cena ed è una brava cuoca . Quando cucina ha gli stessi gesti di quando dipinge , o forse è vero il contrario : foglio di carta sul tavolo , apre i barattoli dei colori con la stessa amorosa precisione con cui dosa il sale nella pentola , e traffica con il pennello come se rimestasse una minestra coi « pulpetielli » . I quadri li abbiamo visti , il brodo di polpi , ancora polpi per secondo piatto , conditi a olio e limone , li verremo ad assaggiare un ' altra volta , senza impegni di lavoro , da buoni amici di casa , Cossu ed io . Ma intanto facciamo queste altre fotografie , montiamole un po ' . Ecco bisognerà fissare alla porta , con qualche chiodino , i disegni già scelti , e poi mettere lei seduta su quello sfondo , magari mentre pela le patate , ché tanto le deve pelare per cuocerle a tocchettini nel brodo . Forse i disegni sono troppi , e lei interviene : « Sergio , state a sentire a mammà . Qui risulta troppa confusione , nevvero ? Levate , levate » . E si siede , con il barattolo vuoto a fare da poggiapiedi altrimenti non tocca terra . Prima del congedo vuole abbracciare tutti e tre , anche il figlio che pure rimane in casa . « Prima che il Signore mi chiama voglio lasciare un milione di lavoro » , gli dice . E siccome il figlio scatta su a rispondere che non sono i quattrini la cosa più importante , lei precisa : « Un milione di lavoro , un milione di quadri . Li lascio al figlio , ma la consolazione è mia : quando faccio un quadro sono consolata » .
Storie d'Italia ( Pintor Luigi , 1996 )
StampaQuotidiana ,
Suggerisco al presidente Scalfaro , e anche al presidente Violante , una visita a Cefalonia , poco distante da Brindisi . Ci sono nell ' isoletta greca un modesto monumento e una lapide all ' interno di una cava ardeatina che ricordano i diecimila soldati , sottufficiali , ufficiali di ogni grado della divisione Acqui , per metà uccisi in combattimento e per metà fucilati dai tedeschi e sepolti in mucchio , nel settembre del 1943 . Era un pezzo dell ' esercito italiano , ragazzi di Calabria , Sardegna , Friuli e chissà dove , prima mandati allo sbaraglio da Mussolini e poi abbandonati a se stessi dal Re e dai capi militari , dopo l ' armistizio e la fuga a Brindisi . Ma sì , rimpatriamo le salme dei Savoia , trasferendole nel cimitero e nell ' ossario italiano di Cefalonia . Questo sì sarebbe un rito , per quanto macabro , di pacificazione e umiltà nazionale . E richiamiamo dall ' esilio i viventi di sangue reale , con fissa dimora a Brindisi : quella è la loro capitale elettiva , non Roma disertata e abbandonata nelle mani di Priebke e dei ragazzi di Salò . Sono passati cinquantatré anni , ma è come se queste cose fossero accadute ieri , per chi c ' era . Certo non si studiano e non si studieranno mai nelle nostre scuole pubbliche e private , neanche se ministro dell ' istruzione fosse Federico Engels , e i più giovani non ne sanno nulla . Ma è tristissimo che ne giunga per di più alle loro orecchie un ' eco distorta e bugiarda . Poco male , se Scalfaro e Violante parlassero a titolo personale , il male è che rivestono le loro parole di un ' autorità che in questa materia non gli compete affatto . In quei giorni non andò perduta genericamente l ' identità nazionale , come pensa il prof. Galli della Loggia , ma si celebrò specificamente il fallimento delle classi dirigenti di questo paese . Se qualcuno vuol celare o sminuire quel fallimento e ristabilire una continuità statale col passato monarco - fascista , stia attento : non colmerà un fossato incolmabile ma seminerà veleno negli animi . Ci possono essere eccezioni morali più profonde di quelle territoriali . È amaro sentirsi obbligati a prendere la penna per ripetere verità elementari . Almeno questo genere di testimonianze potrebbe esserci risparmiato .
StampaPeriodica ,
Ciascuno di voi , che abbia qualche dimestichezza co ’ giornali ( ed oggi chi non l ’ ha ? ) non appena avrà letto il titolo posto a capo di questa pagina : “ Oh ! ” certamente esclamerà , “ oh ! Il Veridico è risorto . Poverino ! ebbe appena pochi mesi di vita e fu morto dalle persecuzioni del fisco . Dopo essere stato nel sepolcro più lunga stagione che non visse , egli è risorto ... ” Adagio , miei cari lettori , non vi pigliate equivoco . L ’ è vero , che in fatto di giornalismo non sarebbero insoliti cotesti miracoli di risurrezione , di metamorfosi ed anche di metempsicosi . Ma il caso nostro non è siffatto . Il Veridico di buona memoria , che voi conoscete , era nativo , se vi ricorda , di Livorno . Pur troppo ! il povero diavolo ebbe corta vita , che di lui si poté dire : de utero translatus ad tumulum . E sapete qual fu il suo malanno o piuttosto la cagione di tutt ’ i suoi malanni ? ... Fu appunto il nome ch ’ ei si tolse , di Veridico . La scelta del nome non è faccenda da pigliare a gabbo : lo possono attestare i nostri babbi e le nostre mamme , che prima d ’ imporlo a ’ loro bimbi , tanto vi pensano e vi ripensano ; perciocché nel nome sta l ’ augurio o , come direbbono gli astrologi , l ’ oroscopo di tutta la vita avvenire del neonato . Ora il nome scelto per sé dal giornale livornese fu , per così dire , la cattiva stella , che lo fe ’ nascere tisicuzzo , lo fece vivere sempre malaticcio , finalmente lo trasse a morire assassinato ; e perché ? perché il suo nome non era del paese . Chi non sa , che ogni paese ha il vezzo de ’ suoi nomi , cioè l ’ innata simpatia per alcuni , e l ’ innata antipatia per altri ? Ed un paese signoreggiato dalla rivoluzione si potea sperare , che avesse simpatia e non piuttosto un odio implacabile col nome della verità ? La verità in certi luoghi e in certi tempi , è troppo , se può comparire velata o penetrarvi di soppiatto ; ma introdurla a visiera alzata e col proprio nome è impresa spesso disperata sempre dannosa . Ecco la cagione per cui Il Veridico di Livorno si morì tosto come fu nato a guisa di una pianta in clima non suo . Tanto ciò è vero , che quando lo spirito dell ’ estinto giornale passò ad informare un altro giornale col nome d ’ Ingenuo , esso poté vivere , come tuttora vive , alla meglio . Non è così ( la Dio mercè ) non è così per il nostro Veridico . Esso nasce qui in Roma , qui in Roma è destinato a vivere ; ed in Roma non vi è nome più patriottico di questo , perché Roma è la sede propria ed immancabile della verità . Al contrario gli altri nomi , che altrove sono in voga , imbellettati di patriottismo , di nazionalità , di patria , d ’ Italia e di che so io ... sono merce che in Roma si tiene a vile , perché qui se ne conosce l ’ orpello e la falsità . Il sin qui detto , o lettori , non solo basterebbe per farvi distinguere il Veridico romano dal Veridico livornese , ma forse anche a manifestarvi il carattere e lo scopo del nostro foglietto . Esso non intende ad altro che a dire un po ’ di verità , e di verità romane , e dirle principalmente a ’ Romani , e dirle anche alla romana . Mi spiegherò un tantino meglio sopra ciascuno di questi capi . Le verità che noi promettiamo di dire , si appellano romane in quel medesimo senso , per cui si appella romana la vera Chiesa , romana la vera religione . Dunque , dirà qualcuno di voi o lettori , il vostro foglio ci darà un poco di catechismo romano ? Io per verità non temerei di accettare cotesta espressione , come quella che non snatura anzi esprime il vero e più nobile carattere del giornalismo . Difatto se il giornalismo , come si dice , è la piccola moneta de ’ libri , qual libro , io domando , è più necessario , più utile , più degno di essere trasformato in piccola moneta del catechismo , del gran libro dell ’ umanità ? qual verità quivi non si contiene eminentemente ? o qual verità quindi non si deduce logicamente ? Ma le materie , di che oggi trattano principalmente i giornali , sono le materie politiche . E che ? stimate voi che le quistioni politiche sieno estranee al catechismo ? Eppure non è così ; il caporione della politica più satanica e più sfacciatamente nemica del catechismo e del decalogo , si meravigliava , che in fondo ad ogni quistione politica si trovasse la teologia . Ed un altro più saggio di lui gli rispondeva , che di ciò non era da meravigliarsene né punto né poco , perché in fondo ad ogni quistione si trova la scienza di Dio , come in fondo ad ogni cosa si trova ultimamente Iddio stesso . E oggi piucché mai cotesta verità si tocca con mani . Difatto tutta la matassa delle quistioni politiche , che oggi confondono e travagliano il mondo , sapete a che ultimamente si riduce ? alla quistione romana cioè ad una quistione religiosa . Questa quistione è il bandolo di tutta la matassa , e se non si pigliano le mosse da questa , la matassa non può che peggio arruffarsi . Il nostro Veridico adunque tratterà pure di politica , come esigono i tempi , ma sempre da veridico cioè da romano . E voi sperimenterete col fatto , che la politica romana , cioè della verità e del Vangelo , non è già quella scienza difficile ed arcana dei Gabinetti , non quella ciarliera de ’ Parlamenti , ma facile come la verità , semplice come il Vangelo . In secondo luogo abbiamo detto , che il nostro foglietto s ’ indirizza a Romani , e specialmente a voi , o buoni popolani di Roma , i quali e pel numero e per l ’ indole meritate sopra tutte le altre classi il nome di popolo romano . Voi siete in tutt ’ i momenti e in tutti luoghi , a mattina , a sera , alla bottega , al caffé , all ’ osterie , assordati da discorsi di politica . E non solo vi empiono la testa di chiacchiere e di menzogne , di speranze e di paure , ma , ch ’ è peggio , v ’ instillano nel cuore e nella mente certo veleno , che voi assorbite senz ’ avvedervene . Eglino sono maestri d ’ iniquità , che vengono pagati da una mano segreta appunto per esercitare questa missione di corrompere le povere plebi . Noi dunque concittadini vostri , a cui duole del vostro danno , noi pensiamo di stampare un foglietto periodico appositamente per voi , non tanto per farvi conoscere il vero stato delle cose , quanto per premunirvi contro le false dottrine de ’ demagoghi . In ultimo abbiamo promesso di esser Romani , anche nella maniera di dirvi la verità . E qual è cotesta maniera ? Chi dice , che il carattere del conversare romano è una nobile serietà ; chi dice , un acuto e giudizioso motteggiare . Io credo che sia l ’ una e l ’ altro , non come due qualità opposte e divise , ma come provenienti dalla stessa indole e saggiamente contemperate insieme : il popolo della filosofia stoica fu il popolo della satira . Epperò noi useremo l ’ una e l ’ altra forma , perché entrambe si adattano utilmente alla manifestazione della verità . Il nostro Veridico adunque non avrà due facce come il Giano degli antichi , perché l ’ esser bifronte è carattere della menzogna , ma prenderà opportunamente or l ’ una or l ’ altra fisonomia , or grave or faceta , or del filosofo Uticense or del satirico Venosino . Così daremo alla vostra curiosità un pascolo non solamente sano ma ancor piacevole , come una vivanda contemperata di due sapori . E tutto questo , o Romani , per un baiocco , né più spesso che una volta la settimana . Perciocché Il Veridico conosce fra le altre anche queste due verità , cioè che voi non avete né molto tempo né molti quattrini da spendere a giornali . Anzi egli stesso si studierà di raccomandarvi insieme con le altre cose buone la doppia economia del tempo e del denaro . Romani , Il Veridico non chiede da voi né stima , né fama , né lucro di sorta , ma solo che abbiate fede al suo nome . Ed appunto con ciò vi offre due valevoli garanzie della verità del suo nome , cioè il disinteresse e l ’ umiltà .
IL SIGNOR PIO ( ALBERTAZZI ADOLFO , 1903 )
StampaPeriodica ,
Aperta di giorno e di notte . Queste parole di colore chiaro rilevate da un rosso carminio nella bianca tavoletta marmorea , si leggono , da un lato , alla farmacia del signor Pio . Ma son parole oscure per chi capiti a passar di là quando la porta della bottega e la finestra attigua sono ermeticamente chiuse . Ciò accade forse una volta al mese , durante due o tre ore . Perché mai ? Non è necessario serrare usci e finestre , così , per far pulizia e rimettere le cose a posto . D ' altra parte , allora non si ode soltanto scopare là dentro , nelle tenebre . O v ' è silenzio di morte , o si ode come un ammassare e risonare di vetri rotti , indizio più di disordine che di ordine , e non esce una voce umana a dar qualche ragione di quel turbamento . Altre volte poi è un fracasso , come di una tavola carica di bicchieri che sia rovesciata in un litigio ; anzi è talvolta una battaglia , con fragoroso cozzare di brandi e con profonda ripercussione di proiettili scaraventati di qua e di là da una furia muta . Mistero ! E dopo la tempesta , la quiete . A chiamare : - Ehi ! signor Pio ! - nessuno risponde ; e l ' avventore pensa : - dormirà ; - e brontola , aspetta o va oltre . Finché il catenaccio scorre , la serratura scatta , la finestrella s ' apre , senza tende , la porta si spalanca . Entra la luce ; entra il sole . In piedi , sul limitare , il signor Pio sorride appena , al solito , e lieve lieve si rivolge e torna dietro il banco ; ove cantarellando La donna è mobile torna a ricevere e " spedire " ricette , quasi non fosse accaduto niente di nuovo o di male . Infatti tutto è a posto ; tutto nitido ; tutto in simmetria : nella bottega del signor Pio si ammira , si gusta un ' euritmia quasi d ' arte e di stile . A quel che pare , lo stile è l ' uomo anche in un farmacista . Quest ' uomo pallido , magro e calvo , così tenue che dovrebbe cadere ad un soffio , non è brutto e non ha macchie gialle o bianche o rosse o verdi nella vestaglia nera . Il viso ne dimostra per gli occhi l ' intelligenza ; nessuna calligrafia bestiale di medico illustre confonde il suo sguardo ; non c ' è malattia ch ' egli non definisca dalla semplice lettura del rimedio prescritto . Nomi spaventosi derivati dal greco , per dare a intendere malanni vecchi e nuovi e d ' ogni sorta , mormorano le sue labbra mentre legge ; poi sorride quasi pensasse a un malanno immaginario , o scuote le spalle , appena appena , quasi per non pensare a un caso disperato . L ' artista frattanto si rivela dal modo del canzonare . Egli non risparmia nessuno senza offender nessuno . Delle donne , che accorrono a lui , non v ' è né giovine né vecchia , né povera né ricca , che non attragga il suo spirito arguto e che non se ne compiaccia quasi per merito proprio . Brevi motti , occhiatine furbe , inchini contenuti a mezzo , incutono un po ' il dubbio che egli si diverta alle spalle degli altri ; ma le maniere buone , il garbo non ostentato , la gentilezza non affettata fan presto dileguare ogni ombra . La signora se ne va dimentica per un po ' dell ' infermo che l ' attende ; la povera donna ringrazia e pensa che il diavolo non è brutto come si dipinge ; la vecchiarella crede davvero che il tiglio o la valeriana le rinforzi i nervi , come le ha detto il signor Pio ; la giovane gode che un farmacista , e così smorto , le abbia mostrato di saper distinguere il bello dal brutto , il color sano dalle carni patite . Però a tutti appaiono più insigni nel signor Pio le qualità del mestiere : pazienza , pacatezza , circospezione . Se in galera non dovessero andarci che i farmacisti i quali ammazzano il prossimo per errore e a fin di bene , e se tutti i farmacisti fossero quali il signor Pio , non ci sarebbero più né galere né galeotti . E il bello è che preparando boccette , manteche e polveri , il signor Pio canticchia La donna è mobile in un certo modo da lasciar pensare all ' osservatore attento ch ' egli non abbia alcuna fede nella chimica e nella farmacopea . Vedetelo a far pillole . Dopo aver scrupolosamente pesato quanto è necessario a quel composto da cui l ' ammalato di pancia , o di testa , o d ' altro sito , aspetta il miracolo , il signor Pio introduce le diverse sostanze nel piccolo mortaio e mescola e rimescola , gira e rigira , adagio adagio , col pestello di vetro . Poi quando il tutto sia ben incorporato , egli raccoglie accuratamente l ' impasto ; lo posa sulla tavoletta di marmo ; lo distende e lo appiana con la stecca a renderlo uguale uguale ; divide lo strato in tante liste precise , perfettamente uguali , e divide ogni lista con tagli di traverso , equidistanti , perfettamente uguali , sì da ripartire tanti quadretti , regolari , perfettamente uguali ; indi solleva un quadretto , lo depone con la stecca nella palma della sinistra e ( La donna è mobile ) frega in giro con la destra ; una pillola cade nella polvere inerte della scatola . E solleva il secondo quadretto e ( ... qual piuma al vento ) dà la fregatina ; cade la seconda pillola , identica alla prima . Solleva il terzo quadretto , e ( ... muta d ' accento ) una fregatina ; cade la terza pillola . Solleva il quarto quadretto ( ... e di pensier ) , una fregatina : cade la quarta pillola , identica alle altre , cioè perfettamente uguale . Finita la fattura , scuote la scatola ; vi mette il coperchio ; annota su di questo le dosi ; vi passa sopra con lo spolvero ; incarta per bene ; e l ' avventore è servito . Con la stessa cura , con la stessa prudenza , egli procede a dispensar polveri e pozioni per il giorno intero ; e a volte , se manchi il giovine sostituto , anche la notte . Ora bisogna sapere che il signor Pio non nacque farmacista e che per circostanze diverse avrebbe potuto diventare - chi sa ? - un letterato , un poeta ; alla peggio , un chirurgo . Che colpi d ' occhio e che colpi di bisturi ! che versi ! che romanzi ! Bisogna anche sapere che il signor Pio non nacque con l ' istinto di consumarsi tutto il giorno dietro ad un banco , ma che avrebbe avuto l ' energia di montar corsieri , guidar automobili , rotolar magari una bicicletta e acquistar miglior colore e più sodezza . Bisogna saper inoltre che il signor Pio non ereditò da suo nonno il motivo della Donna è mobile per ripeterlo da solo a solo e per burlar le cameriere ; no ; egli pure nacque per amare e procreare , cioè prender moglie a suo tempo . " Il mondo è bello e santo è l ' avvenir " ! Invece dinanzi ai suoi occhi trascorre , per la via delle ricette , tutta l ' umanità sofferente : prodigioso antidoto , questo , del matrimonio . Dentro una farmacia il mondo è brutto ed è incerta la diagnosi dell ' avvenire . Ebbene , il signor Pio , che appare sempre uguale a sé stesso , prudente fino allo scrupolo , diligente fino alla pedanteria , metodico , tranquillo , freddo , nel fondo della sua natura è rimasto irrequieto , audace , sbarazzino , bizzarro , ribelle , fervido ; il signor Pio che canticchia tutto il dì La donna è mobile è un infelice che non piange ; il signor Pio che potrebbe arricchire sui mali del prossimo è un nemico della sua fortuna ; il signor Pio , che dovrebbe svanire a un soffio , è , al pari di un superuomo , più forte del suo destino ; il signor Pio è un empio . Ah sì ? Il mondo patisce di raffreddori , di tossi , di polmoniti , difteriti , meningiti , puerperii , cancri , cromatosi , trombosi e cento simili accidenti ? E per ciò vi è necessità di antipirina , cocaina , brucina , joduro , bromuro , polveri del Dower , bismuto , cloralio , nocevomica , naftolo , cacodilato , sublimato , ittioformio , bromoformio e centomila simili accidenti ? E perciò c ' è bisogno di tanti vasi e vasetti : bocce , boccette e boccettine ; polveri e polverine ; unguenti e paste e pastiglie ; cartocci , carte , cartelli , cartellini , e cartine ? E per ciò il signor Pio deve condur cotesta vita , corbellare il prossimo , cantar La donna è mobile , pestare , pesare , rimestare , mescolare , vuotare , riempire tappare fregare spalmare , arrotondare , incartocciare , tirar soldi , far fortuna ? Ah sì ? - Al diavolo ogni cosa ! Al diavolo medici e medicine , malattie e ricette , signore e serve , farmacia e ricchezza ! Al diavolo la pazienza , l ' ordine , la pedanteria , la Donna è mobile , il cucchiaino , il pestello , l ' umanità intera ! Chiudi ! Finiamola ! Va al diavolo , mondo ladro , una buona volta ! All ' inferno tutto , tutti , tutte ! Abbasso giù , ogni cosa ! All ' aria , su , via , l ' universo ! Coglie il momento che nessuno lo veda , chiude in fretta finestra e porta , si accosta al banco e quel che trova , trova ; e quel che piglia , paffete , punfete , ciàc , schianti e botte : piombano le boccette ; volano le ricette ; sfumano le polveri ; scappan le pillole ; scorre un rigagnolo : un turbine , un disastro , un massacro . L ' aria è pregna di puzzo come d ' ova fradice in miscela di cloroformio e spirito di melissa . Le tenebre son piene di veleni e di antidoti andati a vuoto . E il signor Pio vuota d ' ogni cosa il banco , con furia spaventevole , senza parlare . Alla fine , sfogata l ' ira , egli s ' arresta , e nella vestaglia nera e nell ' oscurità contempla quella rivoluzione . Sta immobile , con le braccia al sen conserte , su quel mondo di macerie ; e sormonta soddisfatto , vindice di sé stesso e vindice di tutte le miserie , le porcherie , le frodi umane .
ProsaGiuridica ,
Vittorio Emanuele III per Grazia di Dio e per la Volontà della Nazione Re d ' Italia Imperatore d ' Etiopia Visto l ' art . 1 , n . 3 , della legge 31 gennaio 1926-IV , numero 100; Visto l ' art . 11 del R . decreto - legge 9 febbraio 1939-XVII , n . 126; Sentito il Consiglio di Stato ; Sentito il Consiglio dei Ministri ; Su proposta del Ministro per le finanze , di concerto con i Ministri per l ' interno , per la grazia e giustizia e per le corporazioni ; Abbiamo decretato e decretiamo : È approvato l ' annesso statuto dell ' Ente di gestione e liquidazione immobiliare , istituito col R . decreto - legge 9 febbraio 1939-XVII , n . 126 . Detto statuto , composto di n . 26 articoli , sarà d ' ordine Nostro firmato dal Ministro per le finanze . Il presente decreto entra in vigore nel giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno . Ordiniamo che il presente decreto , munito del sigillo dello Stato , sia inserto nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d ' Italia , mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare . Dato a Roma , addì 27 marzo 1939-XVII Vittorio Emanuele Mussolini , Di Revel , Solmi , Lantini
StampaPeriodica ,
Nomadelfia , febbraio - Don Zeno ricevette la lettera di monsignor Borgongini Duca con l ' invito di recarsi al Santo Uffizio i13 febbraio , mentre si trovava a Nomadelfia in provincia di Grosseto . Era già qualche tempo che aspettava un invito del genere . Non sapeva che cosa si nascondesse dietro le parole del nunzio apostolico che lo chiamavano a Roma , ma già dall ' autunno scorso sentiva che qualche cosa di nuovo stava per accadere . La vita di Nomadelfia , nonostante le difficoltà e i numerosi debiti , si avviava sulla strada buona . Il numero degli amici e dei protettori grandi e piccoli era in aumento . Giusto in quei giorni , a Milano un gruppo di industriali aveva regalato a Nomadelfia un frantoio e un camion , e sembrava che il governo stesse prendendo la decisione di pagare i cento milioni circa che , per la legge sull ' assistenza , doveva alla città dei Piccoli Apostoli . E tuttavia , anzi , proprio perché le prospettive per il 1952 si annunciavano migliori , don Zeno non era tranquillo . Il Papa l ' aveva ricevuto , aveva parlato a lungo con lui e prima di congedarlo l ' aveva abbracciato dicendogli : « Don Zeno , faccia , continui a fare e faccia presto » . Queste parole e la commozione che aveva visto sul viso di Pio XII dovevano essere una garanzia ; e tuttavia don Zeno , anche ripensando a questo incontro , che aveva tutte le caratteristiche di un riconoscimento , non era capace di pensare all ' avvenire della sua città evangelica con ottimismo . Per sentirsi sereno doveva stare in mezzo ai Piccoli Apostoli di Fossoli e di Grosseto , vedere i grandi che lavoravano nei campi o nei laboratori e i piccoli che giocavano al gioco di padre Girolamo nelle strade dal fondo sconnesso del villaggio . I Piccoli Apostoli dimostravano di avere più fede di lui . Il 5 febbraio don Zeno andò a Roma in automobile . Indossava la solita tonaca di tutti i giorni un po ' lisa e impataccata dalla quale spuntavano il collo e i polsi di un maglione azzurro , salì in fretta le scale del Santo Uffizio . Borgongini Duca lo ricevette subito ; lo guardò , accennò a parlare , ma non disse nulla e subito infilò una mano nella veste traendone un foglio ripiegato . Il nunzio apostolico avrebbe voluto preparare il visitatore alla notizia ; ma don Zeno lo stava guardando fissamente col capo leggermente curvo e sembrava gli avesse già letto dentro . « Con lei » disse il nunzio « sono inutili i preamboli » . E gli consegnò il foglio sul quale era scritta la decisione con la quale il Santo Uffizio ordinava a don Zeno di allontanarsi da Nomadelfia e di mettersi a disposizione del suo vescovo . « Anche io » disse don Zeno dopo aver letto « non voglio farle perdere tempo in discussioni » . Prese il foglio , lo appoggiò a una mensola e restando in piedi scrisse , sotto la firma del cardinale Pizzardo , segretario del Santo Uffizio , queste parole : « Eminenza , ringrazio il Signore che mi fa il dono di compiere un atto di obbedienza . Obbedisco in Corde lesti . Mi prostro al bacio del S . Anello . Dev.mo sac . Zeno Saltini » . Poi restituì il foglio al nunzio . Allora Borgongini Duca si mise a piangere e l ' abbracciò . Poi disse : « Voglio che lei sappia che il mio pensiero non coincide con quello del Santo Uffizio » . Don Zeno ripartì subito da Roma . Guidava la macchina un Piccolo Apostolo di Fossoli , un giovane di circa venti anni , e don Zeno gli sedeva accanto in silenzio mentre í suoi occhi fissavano , oltre il vetro , il nastro della strada . Per quanto si sforzasse di aguzzare lo sguardo , ogni tanto il fondo della strada si confondeva come in una nebbia e lui era costretto a strofinarsi le palpebre con la mano per schiarirsi la vista . Più di una volta le lacrime gli scivolarono lungo le guance fermandosi fra i peli grigi della barba mal fatta . Azio , è questo il nome del Piccolo Apostolo di Fossoli che guida le automobili di Nomadelfia e che quel giorno riportava don Zeno da Roma , si voltava a guardare il sacerdote , ma non aveva il coraggio di chiedergli nulla . Gli dava un ' occhiata timorosa e poi tornava a guardare davanti a sé perché c ' era il ghiaccio sulla strada ed era pericoloso distrarsi . Quando la macchina cominciò a scalare le rampe della Futa , don Zeno disse ad Azio di fermarsi . L ' automobile si arrestò lentamente sul margine della strada in un punto da cui si vedeva in basso la vallata del Mugello che cominciava a velarsi di nebbia . Era sera ; qua e là brillavano i lumi delle case sparse nella campagna . Don Zeno guardò fuori del finestrino , poi disse : « Non volevo parlare ; ma è inutile , tanto lo dovete sapere » . Poi raccontò brevemente al ragazzo quello che era successo . Azio piegò il viso sul volante e non disse nulla . Così rimasero qualche minuto in silenzio . « È un abbraccio della Chiesa » disse poi Azio . Con questo voleva far capire al suo maestro di avere bene imparato la massima dell ' ubbidienza che sta alla base della Chiesa e della comunità di Nomadelfia . « Non cambierà nulla » aggiunse . Infatti la decisione del Santo Uffizio non poteva in alcun modo cambiare la strada della loro città . Nomadelfia è una libera comunità di laici e non un orfanotrofio ; non è un ente morale soggetto alla legislazione della Chiesa . I suoi membri anziani sono liberi di restare o di andarsene . Sono loro che hanno il governo della città e don Zeno , che l ' aveva fondata e diretta per quasi venti anni , formalmente , negli ultimi tempi , era soltanto un consigliere . Azio era commosso ma quando avviò il motore della macchina i suoi movimenti non rivelarono traccia d ' impazienza . Guardandolo don Zeno non poté frenare un moto d ' orgoglio . Il Piccolo Apostolo aveva imparato bene anche l ' altra massima fondamentale del cristianesimo e di Nomadelfia : quella della fede . Azio guidava la macchina sulle difficili curve senza uno sbandamento , sicuro come sempre . Arrivarono a Fossoli che era notte . Nomadelfia dormiva . L ' automobile varcò il cancello oggi sempre aperto e si fermò accanto alla prima casa della città . Nomadelfia a Fossoli è interamente ricostruita sulla pianta del vecchio campo di concentramento . Al posto delle baracche che avevano soltanto le pareti esterne in muratura stanno adesso le case a un piano il cui interno è diviso in camere da letto , cucine , stanze di soggiorno . Le finestre hanno gli infissi , i vetri , e in alcuni casi le tendine e i vasi di fiori sul davanzale . Ogni famiglia ha un appartamento per suo conto e la coabitazione , tollerata come una necessità , è rara . Nell ' ora in cui don Zeno e Azio arrivavano le famiglie dei Piccoli Apostoli erano quasi tutte a dormire . A una finestra brillava un lume . Don Zeno batté a quella porta . Prima di lasciare Nomadelfia , ubbidendo agli ordini del Santo Uffizio , voleva salutare qualcuno dei suoi amici . L ' addio fu molto breve . Azio andò a battere alla porta di Dario , che è il presidente del Consiglio degli anziani cui è affidata la direzione di Nomadelfia , e in poco tempo , intorno a don Zeno furono riunite sette persone , quattro uomini e tre donne , quattro Piccoli Apostoli babbi e tre Piccoli Apostoli mamme . « Cosa dobbiamo fare ? » chiesero tutti al loro protettore . Don Zeno rispose che loro erano liberi . « La vostra legge » disse « è diversa dalla mia . » Essi non avevano nessun obbligo davanti al Santo Uffizio ; e intanto per cominciare , la decisione che lo aveva colpito non li riguardava . « Io non posso darvi nessun consiglio » disse . « Qualunque cosa vi dicessi di fare potrebbe essere un errore . Voi avete una guida che è assai più sicura di me . » Quando don Zeno lasciò Nomadelfia era ancora notte . L ' automobile percorse la strada che a svolte ampie e bene asfaltate porta da Carpi a Modena . Poi imboccò la via Emilia diretta verso il Nord . Il decreto che allontana don Zeno da Nomadelfia è stato preso al termine di una discussione che ha coinvolto alcune delle maggiori personalità del Vaticano . Monsignor Montini appoggiava l ' opera di don Zeno e di Nomadelfia , ma infine ha prevalso il parere dei cardinali Canali e Pizzardo . Quest ' ultimo è il segretario del Santo Uffizio , da cui dipende appunto , fra l ' altro , il controllo delle istituzioni e delle iniziative che costituiscono una novità per il secolo . Come novità Nomadelfia preoccupava già da qualche anno gli ambienti vaticani , e specialmente il cardinale Pizzardo giudicava che questa città evangelica rasentasse in alcuni punti l ' eresia . L ' anno scorso il cardinale Pizzardo aveva avuto una spiegazione personale con don Zeno . Il colloquio fu piuttosto vivace . Erano di fronte due personalità di grande carattere che interpretavano il significato e la missione della Chiesa in maniera contrastante . Da un lato il cardinale Pizzardo si faceva interprete del bisogno che ha la Chiesa di mantenere la sua unità in un momento difficile di lotta politica ; dall ' altra parte don Zeno , pur protestando la sua fedeltà alla Chiesa , insisteva sul messaggio di carità e di solidarietà umana del Vangelo . Il cardinale Pizzardo concludeva le sue tesi con un ' argomentazione il cui significato era questo . La miseria e il male sono inerenti dall ' origine alla natura umana e non possono essere estirpati nel corso della vita terrena . Ma per volontà di Dio , è scesa nel mondo la grazia , cioè la possibilità data a tutti gli uomini , umili e potenti , poveri e ricchi , di salvarsi . Bisogna avere fede . Alla fine dei secoli tutti i torti saranno riparati e la giustizia divina trionferà sulla malvagità degli uomini . Don Zeno ascoltò attentamente le parole del cardinale e quando questi ebbe finito esclamò : « Ma lei eminenza è un luterano ! » . Il cardinale Pizzardo si scandalizzò . Era la prima volta che gli capitava di essere accusato di eresia e chiese spiegazioni . « Lei è un luterano » insisté don Zeno , « perché , con quello che dice , viene a negare il valore delle opere , dando ogni potere di salvezza alla fede , E questa è appunto la tesi di Martin Lutero . » « Ma cosa vorrebbe fare lei allora ? » chiese arrabbiandosi il cardinale . « Pretenderebbe di salvare tutti i bambini poveri e abbandonati di questo mondo ? Vorrebbe andare ad aiutare anche quelli che sono in India c che muoiono di fame a centinaia di migliaia ? » « Io no » rispose prontamente don Zeno . « Io non voglio niente . Dipendesse da me andrei a mangiarmi una pastasciutta . Ma è Gesù che lo vuole » . Dopo questa conversazione non ci fu dubbio per il cardinale Pizzardo che don Zeno fosse un eretico . Il suo pensiero era condiviso da altre personalità vaticane . Nomadelfia non contrastava con nessun principio delle Sacre Scritture , della teologia e della morale cristiana . Ma quel modello di una comunità dove tutto è di tutti e dove nessun membro si può dire padrone di qualcosa , nemmeno dei suoi abiti , impensieriva alcuni ambienti della Chiesa . Nomadelfia era un esempio , un invito che , non essendo seguito , poteva portare a fare dei confronti . C ' era poi la questione della famiglia . Le famiglie di Nomadelfia si fondano non sul vincolo del sangue ma su quello spirituale dell ' adozione . In Nomadelfia tutti hanno una mamma , anche quelli che non hanno mai conosciuto quella naturale , e questo fatto non è soltanto una novità ma anche un rimprovero al modo ristretto e in un certo senso egoistico nel quale è concepita la famiglia non soltanto dalla legge civile ma anche dalla Chiesa . Per mettere gli uomini su un piano di assoluta uguaglianza , Nomadelfia abolisce anche í cognomi . Di altro genere ma altrettanto gravi erano le preoccupazioni che Nomadelfia destava nel governo e nei Comitati civici di Gedda . I rapporti fra don Zeno e Scelba erano decisamente pessimi . Il ministro e il sacerdote si erano incontrati tre volte , e í loro colloqui non erano mai stati troppo cordiali ; c ' erano poi due episodi che avevano esasperato il ministro . Uno era avvenuto nel '49 , l ' altro l ' anno scorso a giugno durante le elezioni amministrative . Un giorno del '49 don Zeno piombò con tutti i Piccoli Apostoli di Fossoli a Modena . Non avevano da mangiare . Invasero la piazza della prefettura e don Zeno salì dal prefetto . « Se non mi riceve » disse al segretario che protestava , « faccio un segno e tutta la gente che è in piazza entra subito nel palazzo . » Il prefetto voleva chiamare la polizia . « È inutile » rispose don Zeno . « Cosa potrebbe fare ? Non crederà mica che gli agenti si presterebbero a sparare su dei ragazzi ? Potrebbe finire male . Invece lei ha una via molto più facile . Telefoni subito a Scelba e gli chieda dieci milioni . » Scelba quel giorno fu costretto a cedere . « Don Zeno » disse il prefetto alla fine del colloquio , « ho fatto il questore e non ho mai avuto paura di nessuno . Ma lei stamane mi ha fatto cadere il sangue nelle scarpe . » Alle elezioni amministrative del 1951 Scelba e i Comitati civici accusarono un colpo forse più grave . Il Consiglio degli anziani di Nomadelfia decise che soltanto gli oratori democristiani avrebbero avuto il permesso di parlare nella loro città . Ma sulle schede i Piccoli Apostoli invece di segnare la lista dello scudo crociato scrissero la parola amore , spiegando che , siccome nessuno dei partiti rispecchiava la parola di Cristo , essi si astenevano dal voto . Un gesto del genere , dato in una zona dove i socialcomunisti hanno circa l ' ottanta per cento dei suffragi , era intollerabile . Per Scelba , e per Gedda , Nomadelfia non era soltanto un ' eresia dal punto di vista religioso ma un pericolo dal punto di vista politico . Bisognava correre ai ripari . Eliminato don Zeno pensavano che la comunità sarebbe stata inquadrata più agevolmente nella legge della Chiesa e nelle direttive politiche della DC e dei Comitati civici . Scelba conosceva personalmente don Zeno e sapeva che non era uomo da piegarsi . Con Gedda don Zeno , invece , non s ' è mai incontrato . L ' ha visto la prima volta in un film documentario in cui l ' attuale capo dell ' Azione Cattolica era al volante di un trattore regalato dagli americani al pontefice , in un podere di Castel Gandolfo . Gedda guidava la macchina con molta decisione in mezzo a un centinaio di persone che applaudivano . Il viso del pilota , il trattore e i campi evocavano nella memoria del sacerdote un passato che non gli era mai piaciuto . Nomadelfia , febbraio . Il Piccolo Apostolo Dario , propatriarca di Nomadelfia , saputa da don Zeno la decisione del Santo Uffizio , aspettò tre giorni prima di comunicarla a tutti i Piccoli Apostoli . Ma il 10 febbraio , di domenica , apparve il testo della lettera di don Zeno pubblicata dal « Corriere della Sera » , e quindi non fu più possibile tacere . Allora radunò tutti i capifamiglia nella chiesa e spiegò loro quanto era successo . Mentre i Piccoli Apostoli , babbi e mamme , parlavano , fuori i bambini non avevano smesso di giocare . Loro non sapevano niente . Un gruppo giocava al « padre Girolamo » , proprio accanto al muro della chiesa dove si svolgeva la riunione . Il « padre Girolamo » è il gioco preferito dai ragazzi di Nomadelfia ed è anche il più economico , perché non richiede che una striscia di stoffa , possibilmente pesante e doppia , lunga poco più di mezzo metro , che ogni ragazzo si può procurare in famiglia . Impugnando la striscia , e saltando su un piede solo , chi fa la parte del padre Girolamo va alla caccia dei compagni , anch ' essi muniti di strisce ma che possono correre su tutti e due i piedi . Il padre Girolamo , finché salta su un piede , è invulnerabile , e intanto può menare colpi a destra e a sinistra . Chi è colpito diventa suo prigioniero . Ma se , nello slancio , il padre Girolamo posa anche l ' altro piede a terra , allora può essere a sua volta colpito e messo fuori gara . Il muro è zona neutra , e finché uno ci sta attaccato è salvo . I bambini giocavano ancora al « padre Girolamo » , quando i Piccoli Apostoli babbi e mamme uscirono dalla chiesa commentando la decisione del Santo Uffizio . Erano addolorati ma non mostravano alcuna preoccupazione . Guardarono i bambini e senza bisogno di intendersi decisero di lasciarli giocare senza dir loro una parola . Poi tornarono alle loro occupazioni . Erano tutti convinti che non sarebbe cambiato niente . Anche senza il loro ex patriarca avrebbero saputo continuare sulla strada intrapresa . La strada che dovranno percorrere i padri salesiani , ai quali il Santo Uffizio ha affidato la direzione di Nomadelfia , è invece assai più difficile . Infatti i padri stessi non sanno cosa dovranno fare . Cosa significa direzione , nel caso della città evangelica di Nomadelfia ? Don Zeno era forse il direttore di un istituto di beneficenza che può essere rimosso dai superiori perché la sua amministrazione o i suoi criteri pedagogici lasciano a desiderare ? Probabilmente gli stessi padri salesiani che da molti anni dirigono orfanotrofi e altri istituti non sanno molto bene cosa sia Nomadelfia . Essi potranno entrare nella città ( nessuno dei Piccoli Apostoli farà opposizione ) , dire Messa nella chiesa , fare dottrina , dare assistenza spirituale , ma non potranno intervenire in nessun modo nella direzione della comunità perché Nomadelfia non è un istituto di beneficenza , non è un orfanotrofio , e non è nemmeno un ente morale . È un ' associazione di fatto , di persone che accettano di vivere secondo certe regole ( che poi si riassumono in una sola , quella della carità fraterna ) , e che si governa da sé . Terreni , case , baracche , laboratori , attrezzi , macchine , animali , che in tutto rappresentano un valore di settecento milioni circa , sono di proprietà comune dei Piccoli Apostoli , che individualmente non possiedono nulla . Cosa possono fare di nuovo i padri salesiani , se lo stesso don Zeno e gli altri sacerdoti , in questi ultimi mesi , erano , a norma dello statuto della repubblica cristiana dei Piccoli Apostoli , esclusi dal governo ? Nomadelfia è una città laica , di uomini cristiani che non intendono disubbidire alla Chiesa . Ma cosa può ordinare loro il vescovo , o la suprema autorità del Pontefice ? Possono il vescovo e il Pontefice ordinare a un gruppo di cittadini che abita ad esempio a Parma , di disperdersi e andare ad abitare ciascuno per suo conto ? Quando nel 1931 l ' avvocato Zeno Saltini si fece prete , perché , nella sua professione , era stato colpito dal problema della delinquenza minorile , non aveva in mente di creare un istituto nel quale raccogliere i bambini abbandonati dai genitori e avviati sulla strada del male . Se così fosse stato la sua missione sarebbe stata molto più semplice e oggi non avrebbe preoccupato le autorità del Santo Uffizio e dell ' Azione Cattolica . Zeno Saltini , diventato don Zeno , vide subito in quei ragazzi ripudiati le pietre di una nuova costruzione sociale . Siccome la famiglia naturale li abbandonava egli ne avrebbe data loro un ' altra basata non sul vincolo del sangue , ma su quello dell ' adozione ; siccome la società li respingeva condannandoli a vivere di ripieghi e di delitti , egli li avrebbe fatti membri di una nuova società , basata non sulla concorrenza ma sulla solidarietà , non sulla proprietà privata , ma sulla comunione del lavoro e dei beni , non sul tornaconto individuale ma sulla legge fraterna del Vangelo . Non aveva intenzione con questo di rivoluzionare il mondo e di rifarlo secondo un suo ideale cristiano . Ma poiché il mondo , nella sua storia , lasciava dietro di sé una scia di dispersi egli li raccoglieva e , invece di farli vivere con la carità di chi anche involontariamente li aveva colpiti e abbandonati , voleva dare loro un nuovo mondo basato su una legge diversa che essierano i più adatti a comprendere . Questo era Nomadelfia già quando , prima della guerra , don Zeno aveva con sé soltanto molti bambini Piccoli Apostoli e nemmeno un babbo o una mamma . Furono i giorni più difficili . Don Zeno non aveva mezzi per dare da mangiare a quei ragazzi che aveva trovato sulla strada . Ma il male peggiore era che non riusciva ancora a dar loro una famiglia . Quando li lasciava soli nella casa di San Giacomo Roncole dove nacque il movimento , diceva al più grande di essi : « Adesso tu sei la loro mamma . Ma non abbiate paura : la vostra mamma verrà » . La prima che arrivò si chiamava Irene . Era una studentessa che aveva poco più di venti anni e che dimenticò subito il suo cognome . Infatti nella legge di Nomadelfia , perché sia abolita l ' avvilente definizione di figlio di N.N. , non esistono che nomi propri . Oggi Nomadelfia è una comunità che conta più di mille membri in maggioranza sotto i venti anni divisi nelle due località di Fossoli , in provincia di Modena , e di Rosellana , vicino a Grosseto . Ma la legge è una sola . Tutti i membri , grandi e piccoli si chiamano Piccoli Apostoli ; hanno solo il nome proprio , si danno tutti del tu , e non sono proprietari di nulla , a titolo individuale , nemmeno dell ' abito che indossano . La comunità è divisa in famiglie composte di figli veri e di figli adottivi e distribuite in piccole case . I babbi e le mamme sono anch ' essi Piccoli Apostoli , alcuni dei quali erano già sposati prima di entrare nella comunità , mentre altri si sono sposati a Nomadelfia . Alcune famiglie però hanno soltanto la mamma , trattandosi di una donna che ha fatto voto di non sposare . Nessuna distinzione è ammessa tra i figli veri e quelli adottivi . Dire figli « veri » è anzi la più grave eresia per un cittadino di Nomadelfia . La direzione della città spetta al Consiglio degli anziani eletto dai capifamiglia che nomina un presidente o propatriarca . Gli anziani sono sette e il loro presidente si chiama Dario . Essi reggono la vita pubblica della città , dirigono il lavoro , gestiscono le finanze , controllano l ' educazione . I maestri che insegnano alle scuole elementari di Nomadelfia sono nei ruoli dello Stato , e i programmi sono gli stessi delle scuole governative ; ma gli anziani hanno un controllo sui libri di testo , che vengono purgati di tutto ciò che può alludere all ' egoismo della società . Le parole « mio » e « tuo » sono abolite come è abolito il denaro . Nessuno possiede denari in proprio . Il lavoro , quello dei campi o quello dei laboratori , non è retribuito , ma nessuno paga niente per avere ciò che è necessario alla famiglia per mangiare , per vestirsi e per divagarsi . Il denaro è gestito soltanto dall ' economo per gli acquisti che deve fare all ' esterno . Nomadelfia è ancora lontana dall ' indipendenza economica . La terra che possiede , non ancora interamente bonificata , non produce nemmeno la metà del consumo ; e anche per tutti gli altri generi i Piccoli Apostoli dipendono dal mondo del denaro da cui si difendono . L ' amministrazione ha fatto molti debiti , e forse , come sostengono quelli che vogliono dare a Nomadelfia un nuovo indirizzo , ha commesso qualche irregolarità . Ma qui bisogna stare attenti a giudicare . Infatti ciò che è irregolare nella società in cui noi viviamo non lo è per la morale di Nomadelfia e viceversa . Commise una irregolarità don Zeno il giorno ad esempio in cui , mentre celebrava la Messa , si accorse che il Piccolo Apostolo che lo serviva era pallido perché non aveva mangiato e allora interruppe la funzione e consegnò al Piccolo Apostolo il calice e i paramenti sacri perché li andasse a vendere ? A volte quando un creditore arrivava per esigere il suo credito , don Zeno invece di scusarsi di non poter pagare diceva : « Dovresti ringraziarmi perché non ti posso ancora restituire quello che ci hai dato , invece di lamentarti . Sei tu che sei in debito con noi » . Don Zeno oggi ha cinquantadue anni . È un uomo di media statura , grigio e leggermente curvo . Ha i polsi grossi come quelli di un operaio e quando si rivolge a Dio si esprime in dialetto , come un uomo del popolo . La sua conversazione è così semplice che sembra , alla prima , quasi astrusa . Anche nel linguaggio Nomadelfia e la società non si somigliano .