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Il messaggio ( Pintor Luigi , 1996 )
StampaQuotidiana ,
Si dice che non bisogna dipingere il diavolo più brutto di quello che è . Ma con la triplice intesa Fini - Berlusconi - D ' Alema e l ' annesso supergoverno presidenzialista non si corre questo rischio . È così brutto che anche chi vorrebbe amarlo chiude gli occhi . Se per parte nostra abbiamo contribuito a diffondere questo senso di rigetto possiamo rallegrarcene . Se ora Letta , Tatarella e Mussi entrassero fisicamente nel governo Maccanico , anche i bambini si accorgerebbero del punto a cui siamo arrivati . Perciò non accadrà , non per pudore ma per cautela . Che differenza fa ? Possiamo aspettarci in futuro anche di peggio , se non si spezza il patto scellerato . Questo patto d ' acciaio , o di latta che sia , è stato stretto dai protagonisti in lunghi conciliaboli segreti , mentre pubblicamente ci prendevano in giro con la bozza Fisichella . Una condotta così disonesta la dice lunga sul grado di intimità raggiunto dai tre e dal disdegno in cui tengono le forme democratiche . Se c ' è nel Pds chi si sente ferito dal nostro furore più che da simili comportamenti , mi dispiace per lui . Con i quali comportamenti è stato impostato un golpe originale a sei mani , bianco e freddo : con un governo politico di lunga durata ( nelle intenzioni ) , una maggioranza politica del tutto estranea alla volontà degli elettori , una revisione in blocco della Costituzione senza mandato popolare . Volete di più ? Ora è certo che i protagonisti di questa avventura faranno pesare i rispettivi retropensieri , che dovranno fare i conti con le proprie truppe stordite e i propri alleati vilipesi , che metteranno acqua o additivi nel loro vino . Ma la bottiglia è sturata e il brindisi imbandito ( se non gli va di traverso ) . È come se fosse rinato un gigantesco e multiforme Caf , nel cui seno la concorrenza di potere prende il posto di ogni idea di alternativa o perfino di alternanza significativa . Il messaggio che arriva alla grande opinione pubblica è di una semplicità disarmante . È che la democrazia è una perdita di tempo , che rappresentanza e partecipazione sono parole vuote , che il potere e anzi il comando dev ' essere concentrato e interamente delegato . Ed è che questa concezione del potere accomuna oggi , salvo sfumature per specialisti , la quasi totalità delle forze politiche , già pressoché indistinguibili sul terreno dei programmi . È un mistero , per me , come mai tanti democratici non sappiano immaginare l ' effetto moltiplicatore che questo messaggio susciterà in un paese già spostato a destra come il nostro , dove il partito di Fini non è lontano dal primato . E come possano pensare di controllare questo effetto e di avvantaggiarsene più e meglio di Berlusconi , che della manipolazione di massa è l ' inventore e il beneficiario naturale . Forse il mistero si spiega con la mitridatizzazione subita da tanta parte della sinistra ufficiale , cioè con la credenza che assumendo gradualmente dosi di veleno sempre più alte si diventa immuni e si sopravvive anche a dosi da cavallo . Ovvero con la sindrome del re Mida che affligge il suo gruppo dirigente , ossia con la pretesa di convertire in oro tutto ciò che si tocca , sebbene la leggenda insegni che così si muore di fame e sete . O ancora con la presunzione e la vertigine da mosca cocchiera del suo leader , la mosca che in groppa a neri stalloni galoppanti non dubita d ' esser lei a guidare e vincere la corsa .
PER UNA VISITA A TURATI ( ALBERTINI LUIGI , 1923 )
StampaQuotidiana ,
Il Popolo d ' Italia di ieri pubblicava la lettera seguente direttagli dal sen . Albertini : Signor Direttore , il Corriere non ha , sembra , reso conto dell ' assemblea del Fascio milanese tenutasi domenica all ' Eden ; e al consigliere comunale fascista che , denunziando al " Fromboliere " del Popolo d ' Italia questo fatto , ne chiede la ragione , il " Fromboliere " la deve subito questa ragione , chiara , evidente , convincentissima . Cioè il Corriere è il giornale di quel senatore Albertini che all ' epoca dell ' occupazione delle fabbriche saliva le scale dell ' on . Turati per spingere i socialisti al potere . Ergo il Corriere non può fare una cronaca obiettiva . Mi permetta d ' intervenire in questa discussione tra il " Fromboliere " ed il consigliere comunale per " fatto personale " ... Il " Fromboliere " contesta la posizione allora assunta dal Corriere e di cui fa fede la sua raccolta , mettendo il mio incontro coll ' on . Turati in relazione con un articolo " d ' ingrata memoria " il quale suffragherebbe l ' interpretazione , diciamo così , " collaborazionista " di quell ' incontro . Ebbene quell ' articolo fu scritto da me , ed io - guardi un po ' il diverso punto di vista - penso che , lungi dall ' essere " d ' ingrata memoria , " costituisca per il Corriere e per me un titolo d ' onore , tanto che ne ho recentemente ripubblicata la conclusione . Se non abuso del suo spazio , vorrei in poche parole rammentarle la tesi da me allora svolta . Premesso che il regime nostro stava per morire perché governava non la classe dirigente responsabile ma il partito socialista irresponsabile , e che il governo degli irresponsabili minacciava di farci cadere in pieno bolscevismo , invocavo o una reazione della borghesia o il passaggio del potere agli uomini della Confederazione del lavoro . " O siamo capaci - scrivevo - di tenere il potere secondo le nostre idee , secondo le nostre convinzioni , o vengano avanti gli uomini nuovi ad assumersi la responsabilità di governare senza ragguagliare il prezzo del pane al costo , senza imporre ai pubblici funzionari la più elementare disciplina , senza tassare il vino , senza mettere un freno a tanta licenza dilagante in tutte le classi , senza combattere il veleno che si insinua in ogni vena dell ' organismo nazionale . Fuori voi ad operare il miracolo di spremere danaro dalla ricchezza nazionale uccidendola , negando il valore dei più forti elementi , dei più efficaci sostegni della civiltà . " Come si può gabellare questo pensiero di disperazione , suggerito dalla gravità degli eventi , come un ' intesa spirituale coll ' azione socialista ? Certo , se si doveva andare avanti così era da preferire che l ' on . Turati , l ' on . D ' Aragona e i loro amici assumessero la responsabilità del potere ; altrimenti " lo sbocco fatale di un regime che non funziona più , che si corrompe in tutti i suoi organi , che si sgretola per impotenza " sarebbe stato il comunismo . Ma sopra ogni altra mi sorrideva la speranza di una profonda reazione della borghesia , di quella reazione che fortunatamente si è avverata e di cui l ' on . Mussolini è stato l ' organizzatore . Se oggi di quella sana reazione non approvo tutti gli atteggiamenti e tutte le provvidenze , se non mi rassegno supinamente , incondizionatamente ai suoi sviluppi futuri , se rimango un liberale autentico , se quindi conservo libertà di pensiero o rivendico quella di parola , non per questo merito che il mio pensiero sia denigrato . Merito invece di esser considerato , come effettivamente mi considero e sono , uno dei più efficaci collaboratori di questo Governo , almeno se per collaborazione s ' intende così l ' approvazione sincera come il concorso diretto a evitare che si commettano errori . Ringrazio dell ' ospitalità , e mi rassegno , di Lei dev .
Il vecchio guerriero non ha voluto arrendersi ( Napolitano Gian Gaspare , 1961 )
StampaQuotidiana ,
Anche il padre di Ernest Hemingway si è ucciso , nello stesso modo . Era il 1928 , l ' anno in cui lo scrittore lavorava alla seconda redazione di Addio alle armi e Clarence E . Hemingway , medico chirurgo a Oak Park , nell ' Illinois , si tirò un colpo di rivoltella , e i giornali scrissero che fu perché era affetto da una grave forma di diabete . Ma nel suo racconto Padri e figli Hemingway rifiuta la menzogna e promette di scrivere nel futuro come erano andate le cose . Il racconto è in terza persona . « Se potesse scriverla ( la verità ) se ne potrebbe liberare . Si era liberato di molte cose scrivendone . Ma era ancora troppo presto per farlo » . Sulla visita al padre appena ricomposto nella morte Hemingway scrisse una pagina a ciglio asciutto che è di quelle che non si dimenticano facilmente . « Il bel lavoro che l ' imbalsamatore aveva condotto sulla faccia di suo padre non si era cancellato dalla sua mente , e tutto il resto era molto chiaro , incluse le responsabilità . Si era complimentato con l ' imbalsamatore . L ' imbalsamatore ne era stato a un tempo fiero e compiaciuto . Ma non era stato l ' imbalsamatore a dargli quell ' ultima faccia . L ' imbalsamatore aveva solo compiuto certe rapide riparazioni di dubbio merito artistico . La faccia era diventata così da sola già da molto tempo . Si era modellata rapidamente negli ultimi tre anni . Era una bella storia ma c ' era ancora troppa gente in giro perché lui potesse scriverne » . Di quel dolore Hemingway trovò la forza di liberarsi scrivendo invece Un addio alle armi . « Ogni giorno » scriverà in una prefazione a una delle ultime ristampe del romanzo « rileggevo completamente il mio lavoro , dall ' inizio sino al punto in cui dovevo riprendere a scrivere , e ogni giorno smettevo quando mi sentivo ancora in forma , sapendo quel che sarebbe venuto dopo . Il fatto che fosse un libro tragico non mi rendeva infelice , perché io sapevo che la vita è una tragedia che sarebbe finita nel solo modo possibile . » Sono parole che siamo andati a rileggere la sera che dall ' America arrivò la notizia che lo scrittore si era ucciso per errore , nella sua casa di Sun Valley , nell ' Idaho , pulendo un fucile , alle sette e mezzo di mattina , preparandosi a una battuta di caccia . È , anche questa , una pietosa menzogna . Un uomo come Hemingway , che ha maneggiato armi da fuoco sin da quando aveva dodici anni e suo padre gli mise il primo fucile in mano , non muore per sbaglio , per un gesto maldestro . Dunque si è ucciso . Perché ? Era malato , d ' accordo , e lo sapeva . Era stato , in questi ultimi tempi , ricoverato in clinica a varie riprese , e , sempre , la sua uscita era stata accompagnata da bollettini troppo confortanti . Mettiamo che fosse malato , irrimediabilmente , e lo sapeva . Si è ucciso per questo ? Si stenta a crederlo . La ragione è un ' altra . Un uomo come lui non poteva più vivere , sano o malato che fosse . Non c ' era più niente da fare , per lui , in un mondo come questo . Di uno dei suoi personaggi , il meno riuscito , forse , il colonnello Richard Cantwell di Al di là del fiume e fra gli alberi , lo scrittore dice che « aveva fatto l ' esperienza dell ' angoscia e del dolore . Ma non era mai stato triste la mattina » . Forse , da qualche tempo , Hemingway si svegliava con la bocca amara . Apriva gli occhi su un mondo che non gli piaceva più , cambiato da quello degli anni della sua adolescenza , gioventù e virilità , al punto di non riconoscerlo , e ne distoglieva lo sguardo con fastidio . Era nato a Oak Park nel 1898 . Aveva dunque sessantatré anni . L ' avevano dato per morto l ' ultima volta , nell ' inverno del 1953 , e anche chi non lo amava come scrittore avvertì che se ne andava dalla scena del mondo un personaggio insostituibile . L ' aeroplano con cui si spostava in Africa , durante il suo ultimo « safari » era precipitato nella boscaglia e lo scrittore ne riportò la frattura del cranio , la rottura di una vertebra , la lesione del fegato , bruciature varie , ma non era morto . Sbucando a Nairobi , dall ' aeroplano volato a soccorrerlo , con un grappolo di banane sotto il braccio e una bottiglia di gin in mano Hemingway era apparso ai reporters sorridente , per dichiarare : « La mia fortuna funziona ancora molto bene » . Funzionava . Qualche mese dopo , l ' Accademia svedese gli conferiva il premio Nobel . Questo appena sette anni fa . Ernest Hemingway apparì allora al culmine della sua gloria . Come lo abbiamo amato ! Sembra facile scriverlo adesso , ma c ' è stato un tempo che per farlo , bisognava passare sopra a tanti pregiudizi . E poi gli abbiamo voluto bene anche per questo , perché aveva voluto bene all ' Italia della nostra infanzia e ne aveva parlato con coraggio e affetto filiale . Mi ricordo , in piena sbornia nazionalista , quando ci capitò per le mani la prima copia di Addio alle armi , con le pagine dedicate a Caporetto , a Milano durante la guerra , con i discorsi dei soldati , del cappellano , del medico Rinaldi . La prima volta che lo vidi , a Parigi , seduto a un tavolo del caffè Select , a Montparnasse , non ci sembrò neanche vero . In fondo era un giovanotto con una diecina d ' anni più di noi , ma aveva già scritto Addio alle armi , e Fiesta , il libro della « generazione perduta » , alla quale ci eravamo aggregati alla chetichella . Hemingway non era più lo smilzo giovanotto emigrato a Parigi nel primo dopoguerra . Era un pezzo d ' uomo senza un ' oncia di grasso , che sembrava un boxeur con il naso sano e le orecchie intatte . Stava seduto al caffè e parlava con la moglie ( la seconda moglie , Pauline Pfeiffer ) insieme alla quale era giustappunto tornato dall ' Africa . Anche noi venivamo da lontano , dal Messico , e avevamo già visto la nostra parte di mondo , ma vedere Hemingway era un ' altra cosa . Era il nostro idolo e non osavo neppure avvicinarmi . Gli passavo e ripassavo davanti per sorprendere un suo sguardo , per ascoltare la sua risata e ogni volta , davanti a lui , sul tavolino , sotto il bicchiere del pernod si era aggiunto un altro piattino , che è un modo che usano in Francia per contare le consumazioni , quello di lasciare sul tavolo la soucoupe , perché il cameriere non si sbagli e il cliente non possa negare . Tornava dal Kenia dove aveva trascorso quattro mesi a caccia e a pesca , un ' esperienza che gli sarebbe servita di base per scrivere Verdi colline d ' Africa , gli articoli di « Esquire » e soprattutto Le nevi del Kilimangiaro , il più bello ( con Gli assassini ) dei suoi racconti . Il Lord Byron delle lettere americane era allora un giovanotto di 36 anni , ma aveva già fatto centro tante volte , e tante altre volte sarebbe riuscito a farlo , con Per chi suona la campana e Il vecchio e il mare , per esempio , quando già la gente avrebbe cominciato a dire di lui che era finito come scrittore . Da allora dovevo vederlo altre volte , al bar della Posta , a Cortina d ' Ampezzo , all ' Harry ' s di Venezia , e di nuovo a Parigi , ma non mi fece più la stessa impressione di uomo felice di stare al mondo , di vittorioso , come quella volta del Select . « Veterano di guerra prima dei vent ' anni : famoso a venticinque , maestro a trenta » cantò di lui il poeta Archibald McLeish . Eppure , anche in quel suo primo viaggio in Africa da cui era tornato come un inguaribile fanfarone Ernest Hemingway era stato per morire . Nella grande piana del Serengeti lo scrittore fu assalito da un attacco di dissenteria amebica così forte che lo dovettero trasportare in volo all ' ospedale di Nairobi . Vide allora , da bordo dell ' aereo , il cratere nevoso del Kilimangiaro , di cui il ricordo , con quello del rischio corso , gli doveva ispirare qualche anno dopo il racconto dello scrittore Harry che muore di cancrena nella boscaglia , aspettando l ' aereo che deve evacuarlo , e rivive la sua vita , e rimpiange le pagine che non ha scritto . Dio abbia pietà di lui , questa volta . Ma rimorsi , come scrittore , non dovrebbe essersene portati con sé molti . Per quanto , chi può sapere ? La storia di suo padre ? Avrà realmente finito quelle due opere che aveva in cassaforte , La terra , il mare e l ' aria , dedicato alla sua guerra 1940-44 , e l ' altro romanzo africano il cui materiale andò a cercarsi in Africa nel '53 ? Io non credo insomma che Hemingway si sia tolto di mezzo perché si sentisse finito come scrittore . Quando gli dettero il premio Nobel disse a un giornalista che era soddisfatto . Non avrebbe voluto cambiar niente né della sua vita né dei suoi scritti . « Non ancora , in ogni modo » aggiunse . « Basta farcela una volta per esser ricordati da qualcuno . Ma se ce la fai un anno dietro l ' altro allora un mucchio di persone ti ricorda , e questi ne parlano ai figli , e i figli e i nipoti ricordano , e se si tratta di libri possono leggerli . E se sono abbastanza buoni durano per sempre » . Questa di essere ricordato , di rimanere nella memoria della gente , doveva apparirgli come una forma d ' immortalità . Non era , del resto , un uomo molto religioso , per quanto diversi anni fa si convertisse , lui nato protestante , al cattolicesimo . Ma certo credeva in Dio , per quanto evitasse di parlare dell ' anima . Ma gli piaceva , sopra tutto , sentirsi vivere , fare parte del giuoco . « Quando uno scrittore si ritira deliberatamente dalla vita , o è forzato a farlo da qualche fisica manchevolezza , la sua scrittura tende ad atrofizzarsi come un arto quando non viene usato » . Usava dunque del suo corpo come di uno strumento per vivere e per scrivere . In un certo senso era tutto il contrario di Luigi Pirandello che noi ricordiamo , una sera a teatro , mentre si dava sulla scena Pensaci Giacomino ! chinarsi su di noi e mormorare : « Non lo dimentichi . La vita la si vive o la si scrive » . Hemingway la pensava diversamente : « Credo che il corpo e la mente siano tutta una cosa , coordinata insieme . Se il corpo si ingrassa anche la mente può ingrassare . Sarei tentato di dire che l ' anima stessa può ingrassare . Ma io non so niente dell ' anima » . Che era poi un modo di nascondere gelosamente la sua . Piuttosto devono averlo toccato da vicino , come uomo e come scrittore , gli avvenimenti che lo hanno forzato a lasciare Cuba e la sua proprietà a una quindicina di chilometri dall ' Avana dove si era accomodato a vivere e a lavorare in questi ultimi vent ' anni . Hemingway considerò Castro con simpatia . Disse di lui , da principio : « Non è un comunista , è un patriota cubano » . Poi vivere a Cuba gli diventò , poco alla volta , sempre più difficile . E tornò in America . Con gli anni Hemingway era diventato un uomo colto , quasi erudito . Non aveva fatto grandi studi . Non aveva voluto neppure andare all ' università . Era diventato reporter del « Kansas City Star » subito dopo le medie , ed era tornato al giornalismo appena conclusa la sua esperienza di guerra . Il giovanotto che si presentò a Parigi in casa di Gertrude Stein , a 23 anni , era corrispondente di un giornale canadese , il « Toronto Star » . La scrittrice americana lo accolse a braccia aperte , ma qualche anno dopo , quando la celebrità di Hemingway montava come il lievito a vista d ' occhio , Gertrude Stein fu meno generosa . Hemingway fu definito , nell ' autobiografia di Alice Toklas : « L ' allievo che impara senza capire » . Era invece un uomo dotato di un finissimo orecchio , che non dimenticava mai una frase ascoltata , o una cosa vista . E quando Gertrude Stein coniò per lui e i suoi amici l ' espressione « Lost Generation » , Hemingway gradì pochissimo la faccenda . « Perduta ? Un corno . Era una generazione molto solida , per quanto senza cultura ( qualcuno di noi ) . Ma questa cultura , si può sempre farsela » . A Cuba , Hemingway aveva messo insieme cinquemila volumi di narrativa , poesia , storia , tecnica militare , biografia , musica , storia naturale , marineria , tauromachia , sport , più innumerevoli libri di cucina c grammatiche straniere . Lo spagnuolo , lo aveva imparato da sé per leggere Don Chisciotte nell ' originale e i giornali dedicati alle corride . L ' italiano conosceva meno bene , ma se la cavava . Parlava invece fluentemente il francese . Si alzava alle cinque e mezzo della mattina , e scriveva in camera da letto , in piedi come D ' Annunzio , adoperando il lapis per le descrizioni e la parte narrativa e la macchina da scrivere per il dialogo , « per non perdere il ritmo » . Ma la sua grande ispirazione e libertà la traeva dal mare , dalle lunghe partite di pesca a bordo del panfilo Pilar , che si era fatto costruire in Florida , venticinque anni fa . A bordo del Pilar , navigando e pescando , immaginò il suo ultimo racconto perfetto : Il vecchio e il mare . Diceva del mare : « È l ' ultimo posto libero rimasto al mondo » . Quando la critica scoprì e additò il simbolismo del racconto Hemingway non fu d ' accordo . « Nessun buon libro è stato mai scritto con intenti simbolici . Il pane con l ' uva passa è buono , ma il pane semplice è meglio » . Così come rifiutava l ' interpretazione simbolica dei suoi libri non ne accettava la critica freudiana . Il critico Philip Young fa risalire l ' intera ispirazione di Hemingway al trauma della ferita di Fossalta , al complesso della paura , per vincere il quale lo scrittore si misurò tutta la vita con il rischio , le corride e la guerra di Spagna , la Seconda guerra mondiale , le cacce africane . A papà Hemingway questa spiegazione non andava a genio . « Non voglio passare alla storia come un gangster della letteratura , in lotta coi suoi complessi » . Ma lasciare Cuba gli dovette nuocere . Vedersi scompigliare tutta la vita , ricominciare da capo , quando si sono passati i sessant ' anni , a giudicare amici e nemici . Non che non fosse un buon soldato . Era un combattente isolato , un eroe solitario , per quanto più d ' una volta si sia sentito solidale con gli altri , nel periodo della depressione americana ( Avere e non avere ) , e sopra tutto durante la guerra di Spagna . Ma sempre la sua pietà fu più grande della sua carica di odio e di furore . Durante la guerra di Spagna Hemingway pensò all ' Italia guardando i nostri morti nel bosco accanto alla Carretera de Francia : « I morti italiani , forse per i luoghi dove hai vissuto la tua gioventù , sembravano sempre eguali ai nostri morti » . L ' immagine che conserviamo ora di lui è proprio questa del vecchio guerriero dal corpo ricoperto di cicatrici . E che se si è tolto la vita lo ha fatto non per viltà , ma per non arrendersi , per non darsi prigioniero . Un vecchio soldato . Nel 1918 a Fossalta , quando gli dettero la medaglia d ' argento , una bomba di mortaio gli lasciò 237 schegge in una gamba , e fu ferito anche durante la Seconda guerra mondiale , quando aveva passato i quarant ' anni . Era dunque vulnerabile , anche troppo vulnerabile . Chi lo conosceva da vicino sapeva che alzava la voce e si apriva la camicia per mostrare í peli sul petto solo quando gli sembrava che si potesse scoprire la sua debolezza d ' uomo schivo , gentile . Allora veniva fuori il personaggio Hemingway , come il corrispondente di guerra che arrivò a Parigi prima delle avanguardie della colonna Leclerc , coi partigiani e per prima cosa andò a liberare l ' Hotel Ritz , mise di guardia due dei suoi uomini al portone di piazza della Concordia , e scoprì con soddisfazione che c ' era ancora molta buona roba da bere , rimasta in cantina . Ultimata così la sua « guerra privata » , Hemingway si ricordò d ' essere scrittore e andò a trovare due vecchie amiche ( Sylvia Beach e Adrienne Monnier ) nella loro libreria di via dell ' Odéon . Le due vecchie zitelle stentarono non poco a riconoscere in quell ' omaccione terrificante dalla barba da frate il giovane e smilzo Ernie dagli occhi di gazzella di venti e passa anni prima .
Pirro ( Pintor Luigi , 1996 )
StampaQuotidiana ,
Bisogna andare all ' interno dell ' isola di Corfù per trovare degli ulivi fronzuti come quello che vincerà le elezioni del 21 aprile . La sua ombra si è dilatata a dismisura e al suo riparo c ' è di tutto , dalla sinistra estrema alla destra classica . La sua vittoria è aritmeticamente certa , anche se non sempre l ' aritmetica coincide con la politica . Fatto sta che le forze di discendenza comunista ( chiedo scusa al Pds ) possono contare su un serbatoio che con altre forze minori comprende più di un terzo dell ' elettorato , e che quasi tutto il vecchio pentapartito assemblato nel centro governativo di Dini può colmare facilmente la differenza . Al confronto , il Polo di destra appare piuttosto come un palo piallato , magari biforcuto ma spoglio di rami , fronde e festoni . Ammesso che Fini e Berlusconi conservino il consenso di un 40 per cento di elettori , non si vede dove altro possano pescare . Un ' impennata fascista ( chiedo scusa ) è sempre un ' eventualità , ma non sembrano crederci neppure loro . Annusano lo scacco e non nascondono l ' impaccio . Non è poi vero che la Lega corre sola , ha accordi di desistenza occulti e questo accresce ancora i margini di sicurezza dell ' ulivo di Corfù ? Se è lecito scherzare , la garanzia definitiva della nostra prevalenza viene dalla candidatura avversaria di Colletti , che in politica ( lo dico con sincero apprezzamento ) ha sempre perso per vocazione . Siccome alle elezioni , come anche alle Olimpiadi malgrado il marchese fondatore , non ci si va per partecipare ma per vincere con ogni mezzo , benissimo così . Ci sentiamo tranquillizzati , al riparo dai rischi di catastrofe , e quindi esentati una volta tanto dall ' obbligo di entusiasmarci e di imbrogliarci per pompare una vittoria già largamente assicurata dalla Fiat . Diciamo allora senza infingimenti che , trattandosi di una vittoria altamente drogata , sarà a rischio di squalifica un ' ora dopo . Battuti sul campo , Fini e Berlusconi siederanno di nuovo con tutti gli onori al tavolo delle riforme presidenzialiste già pattuite . Il pavone megalomane che stampa il suo nome a lettere cubitali sulle schede farà la ruota , e tornerà a fare l ' arbitro che s ' intende venduto . Anemizzato dalle desistenze e con una rappresentanza sminuita , il Pds sarà accerchiato da torme di centristi rinvigoriti e declassato da donatore di sangue a portatore d ' acqua , nel momento stesso in cui gli parrà di coronare il lungo sogno governativo . E all ' opposizione avremo cinquanta deputati . Più o meno questo sarà lo scenario postelettorale , che sarebbe arduo interpretare come una sconfitta della destra e una vittoria della sinistra . Il re dell ' Epiro passò infelicemente alla storia per vittorie di questo tipo , e conviene saperlo prima per essere meglio attrezzati dopo . Pazienza se ci arrivassimo senza una qualche visibilità e distinzione di sostanza e di fisionomia , il peggio è che ci arriviamo avendo accreditato fatalmente forme e meccanismi della politica che sono della politica una parodia e della democrazia una negazione . Quando ci si curva sotto queste forche caudine è poi molto faticoso raddrizzare la schiena e ricominciare « da sinistra » , anche dando a questa parola il significato più blando .
StampaQuotidiana ,
Sono andato a trovare Benedetto Croce e l ' ho distolto , per un istante , dalla serenità dei suoi studi , con la mia importuna curiosità giornalistica . Gli ho dimandato : - Avete letto nei giornali le rinnovate discussioni sul liberalismo e sul fascismo , sulla ragion d ' essere dell ' uno e dell ' altro e sui loro possibili rapporti ? Non vi pare che la disputa sia proceduta con molta confusione ? Voi ; che ve ne state in disparte , intento agli studi , dovreste , con la solita vostra lucidezza di concetti , schiarire i termini in disputa e , insomma , dirci il vostro avviso . - Caro Dell ' Erba , ci conosciamo da tanti anni che non vi dispiacerete se io vi dico che la vostra domanda non tanto mi lusinga per la sua cortese intenzione quanto mi ferisce in una mia idea prediletta . Io ho sempre dichiarato ridicola la figura del filosofo che , o spontaneo o invitato , si fa , in nome della filosofia e della scienza , a pronunziare sentenze su questioni politiche . Ridicola , e anche un po ' odiosa , perché ci è della prepotenza in quel salto dall ' una all ' altra competenza , dalla sfera del pensiero e della critica all ' altra della pratica e dell ' azione . Su questioni politiche e di azione , vi risponderà in modo certo più interessante chi si sente Achille in seno , che non io che , tutto al più , ho Aristotile in seno . - Ma ciò che vi domando riguarda appunto una questione , diciamo così filosofica , ossia la più esatta definizione del liberalismo e del suo ufficio proprio , della virtù o del difetto dello Stato liberale . - È , permettetemi , una falsa questione filosofica ; per chi guardi con occhio di filosofo e di storico , tutti gli Stati sono sempre un unico Stato , tutti i Governi un unico Governo : quello di un gruppo che domina e perciò governa la maggioranza ; e tutti , finché durano , adempiano ad una utilità , anzi alla maggiore utilità possibile nel momento dato ; e discernere volta per volta quale questa utilità sia stata è , appunto , opera dello storico . Le forme politiche sono astrazioni dei teorici , e per questa ragione esse riescono indifferenti così allo storico che non guarda mai all ' astratta forma , ma alla sostanza ossia alla forma riempita e concreta , come all ' uomo di azione che lo considera pregiudizi più o meno rispettabili . Le forme degli Stati e dei Governi vengono dissipate e sostituite non da una critica teorica , che si eserciti su di loro , ma dalla presenza e dall ' azione di altri gruppi che rappresentano o fanno sperare una maggiore utilità sociale . Se volete mettere ciò in forma negativa , ricordatevi di Matteo Visconti che , scacciato da Milano , se ne stava tranquillo a pescare sul lago di Garda e , a un milanese che gli domandava quando avrebbe ripreso il dominio di Milano , rispose serenamente : " Quando la somma delle bestialità di coloro che ora governano avrà superato quella delle bestialità compiute da me . " - Sicché ? - Fate voi l ' applicazione ai casi presenti , e lasciate che aggiunga che non mi sembra tanto facile superare presto la somma delle bestialità commesse , in Italia , nei primi anni del dopo guerra ! Nel fatto , dunque , non esiste ora una questione di liberalismo e di fascismo , ma solo una questione di forze politiche . Dove sono le forze che possano , ora , fronteggiare o prendere la successione del Governo presente ? Io non le vedo . Noto invece grande paura di un eventuale ritorno all ' anarchia del 1922 . Per un tale effetto nessuno che abbia senno augura un cangiamento . - Ma voi , personalmente , accettate o no l ' idealità liberale ? - Non so quanto possa importare di conoscere quello che io accetti ( io che ho Aristotile e non Achille in seno ) nelle cose della politica . Ma , se vi fa piacere saperlo , vi dirò che io , personalmente , sono e non saprei non essere liberale . Perché ? Non per ragioni filosofiche o teoriche , che ho già escluse dalla considerazione politica ; ma , direi , allo stesso modo che mi sento napoletano o borghese meridionale . Tutto il mio essere mentale e morale è venuto fuori dalla tradizione liberale del Risorgimento . E come può non sentirsi liberale , chi si è formato nel primo cinquantennio della nuova Italia unitaria e liberale , e ha respirato in quell ' aria , e si è giovato di quelle iniziative , di quei contrasti , di quel rapido accrescimento e ammodernamento della vita italiana ? Sicché io , rinunziando a difendere il liberalismo ( come qualsiasi altra tesi politica ) con argomenti teorici , tanto più lo asserisco come una mia realtà di sentimento e di volontà . Anzi , non ho bisogno , per mio conto , di difenderlo , cioè di appoggiarlo a cattivi ragionamenti e a sofismi . E auguro di cuore che i liberali italiani , ripigliando coscienza della loro migliore tradizione , restaurino il partito liberale ridandogli quell ' elevato carattere etico che ebbe sin da principio ; e in questa esigenza etica , nella devozione alla patria , trovino il modo di risanare le scissioni , che non solo li indeboliscono , ma li pervertono . - Non c ' è una contraddizione tra questa vostra fede liberale e l ' accettazione e giustificazione che fate del fascismo ? - Nessuna contraddizione . Se i liberali non hanno avuto la forza e la virtù di salvare essi l ' Italia dall ' anarchia in cui si dibatteva , debbono dolersi di se medesimi , recitare il " mea culpa , " e intanto accettare e riconoscere il bene da qualunque parte sia sorto , e prepararsi per l ' avvenire . Questo , il loro dovere . Non credo che essi abbiano l ' altro dovere di diventare " fascisti , " cioè di vestire la personalità di uomini che hanno altro temperamento , hanno percorso diversa esperienza ed appartengono in gran numero alla generazione più giovane . Sarebbero cattivi fascisti , perché fascisti in cattiva coscienza ; laddove possono essere buoni liberali e rendere utili servigi all ' Italia nel presente e nell ' avvenire .
È sempre più un'isola ( Bocca Giorgio , 1961 )
StampaQuotidiana ,
Berlino , 16 agosto - Qui a Berlino , pioggia , freddo e reticolati : Ferragosto livido e ore cariche di ansia . I tedeschi - est ( due divisioni corazzate sovietiche si sono avvicinate durante la notte alla città ) continuano a rafforzare il blocco , alzano lastroni di cemento dietro il filo spinato , come se la chiusura della città dovesse diventare definitiva . In pratica , nessuno può ormai raggiungere legalmente l ' Occidente . I treni che viaggiano dalla Repubblica democratica alla Repubblica federale vengono fermati sulla linea di demarcazione ; anche se hanno il permesso , i cittadini della zona sovietica vengono fatti scendere . Intanto le grandi Potenze occidentali tacciono , la nota di protesta dei comandi alleati appare debole anche nella forma . Berlino non è mai stata così « insulare » . Solo sedici persone nelle ultime ventiquattr ' ore sono riuscite a passare nella Berlino occidentale : alcune a nuoto per canali che attraversano la città , alcune , come un soldato , saltando i rotoli di filo spinato . Ma ora í militi comunisti hanno ricevuto l ' ordine di sparare sui fuggiaschi ; adesso la porta sembra davvero sprangata . Degli 83 passaggi per cui fluiva la vita della grande città ne sono rimasti aperti praticamente solo tre . Ho provato stamane quello della Wollankstrasse : i militi comunisti , prima di lasciarmi passare , nonostante il passaporto straniero , hanno voluto telefonare a un loro comando . Si capisce che la promessa di libero transito , per i berlinesi occidentali che siano « pacifici cittadini » , è un impegno quanto mai vago ; certo che i berlinesi occidentali non sembrano disposti ad approfittarne , e le comunicazioni fra le due città appaiono congelate . Città insulare , la Berlino occidentale ha bisogno in queste ore di una voce che sappia confortarla e guidarla . Quella del cancelliere Adenauer è lontana e stonata : anche in quest ' ora drammatica non rinuncia alle polemiche elettorali . Resta la voce del borgomastro Willy Brandt , non un uomo di genio , ma un uomo di coraggio . Alle 16 duecentomila berlinesi si adunano nella Rudolf Wilde Platz : piove a folate , schiarite per pochi minuti e poi altre nubi nere vengono a sfilacciarsi fra queste case di vetro e di cemento . La folla è ordinata dietro i cartelli delle fabbriche e dei sindacati . Leggo alcuni patetici motti : « Con la carta stampata non si resiste ai carri armati » , « Sono trascorse novanta ore e l ' Occidente non ci ha rivolto nessuna parola » , « Dove sono le garanzie ? Le promesse sono solo promesse ? » . Continuando ad arrivare gente , l ' assembramento si inspessisce , qualcuno nella calca sviene , passano rapide fra ululii di sirene le autoambulanze . Durante le schiarite le facciate delle case sono di un bianco squallido , alla Utrillo , e i visi di un colore marrone scialbo . Poi con la pioggia tutto si perde nel grigio . La voce del borgomastro è rauca e commossa . « Il padrone rosso » esordisce « ha allentato di un anello la catena al cane Ulbricht e gli ha permesso di mandare i carri armati a Berlino . Noi siamo qui per dire al cane Ulbricht che difenderemo la nostra libertà e la nostra indipendenza . Questo raduno deve dimostrare al mondo che noi non abbiamo rinunciato alla libertà e all ' unità del popolo tedesco » . « In queste ore tristissime » prosegue il borgomastro « molti nostri fratelli arruolati loro malgrado nella milizia comunista sono costretti a rivolgere le armi contro i loro concittadini . Fratelli di Berlino - Est , noi facciamo appello alla vostra coscienza : non sparate in nessuna occasione contro chi è del vostro stesso popolo , evitate , come noi vogliamo evitarla , una guerra fratricida » . Brandt ha in seguito annunciato le prime misure prese dal Senato della città come rappresaglia al blocco comunista ; la soppressione del giornale comunista « Warheit » ; l ' espulsione dei corrispondenti tedeschi - est ; la soppressione del conguaglio pagato dai berlinesi occidentali che ancora lavorano nel settore comunista . Ha detto pure che i comandi militari alleati « considerano con favore la sua proposta di assumere l ' amministrazione della ferrovia sopraelevata del settore occidentale ; amministrazione fino ad ora tenuta dai sovietici » . ( Ma le autorità tedesche - est hanno prontamente risposto che questo gesto « condurrebbe inevitabilmente al blocco di Berlino - Ovest » ) . Ovviamente non sono queste misure poliziesco - amministrative che possono bloccare le ansie e le aspettative dei duecentomila adunati sulla piazza e dei milioni in ascolto di qua e di là dei reticolati . E Willy Brandt viene agli argomenti di fondo , alle iniziative politico - militari . Comunica la notizia della visita del generale Clarke a Berlino ( una visita - lampo : il comandante delle Forze americane in Europa si è incontrato con Brandt e ha compiuto una rapida ispezione ai reparti ) ; poi dice : « Ho mostrato a Clarke la sopraffazione commessa dai comunisti , gli ho fatto vedere le violazioni patenti che commettono ad ogni ora , ad ogni minuto . Egli sa qual è la situazione . Poi ho scritto una lettera al presidente Kennedy . Gli ho detto a nome vostro che Berlino non può più accontentarsi di incoraggiamenti e di note di protesta , gli ho detto che Berlino ha bisogno di un preciso impegno politico . Siamo arrivati al punto in cui non si può arretrare . Noi berlinesi vogliamo la pace , ma non capitoleremo mai . Il Senato della città ha deciso di investire del problema berlinese le Nazioni Unite . Intanto noi invitiamo i rappresentanti di tutte le Nazioni del mondo qui a Berlino . Vengano e vedano con i loro occhi che cosa significa per i comunisti il rispetto dei trattati e del diritto . » « Certo sarebbe stato bello e lo sarebbe se il Parlamento federale scegliesse questa occasione per riunirsi a Berlino » ha proseguito Brandt . « La prudenza che lo ha trattenuto finora dal farlo a quanto pare non è stata premiata . Se la situazione non muterà , la Germania federale dovrà prendere gravi misure contro la Germania di Pankow : interrompere ogni rapporto culturale , rifiutare ogni invito alla Fiera di Lipsia . Se ci sono degli uomini d ' affari che in questa congiuntura vogliono far denari coi nostri aguzzini vadano pure a Lipsia : ma non facciano più ritorno » . « È giunto » ha concluso Brandt « il momento della decisione . Ciascun uomo libero si renda conto che qui non si gioca solo il destino di Berlino , ma anche il suo destino . Non bisogna più mollare di un pollice . Noi siamo pronti a resistere anche da soli . » Il borgomastro Brandt aveva appena finito di parlare e già la radio comunista commentava in modo sarcastico il discorso . « Le proteste degli alleati e i fieri propositi del borgomastro hanno il peso di questo foglietto » diceva uno speaker della televisione sorridendo e agitando un pezzo di carta . Alle minacce di sanzioni economiche ( lo scambio di merci raggiunge una cifra di due miliardi e ottocento milioni di marchi ) le autorità comuniste hanno già risposto con la minaccia di un blocco totale di Berlino . Esse concederebbero il passaggio solo ai rifornimenti destinati alle truppe alleate e con il pretesto della « sospensione dei rapporti economici » bloccherebbero anche quelli destinati alla popolazione civile . Ma a questo punto il litigio fra i tedeschi ( questo assurdo litigio fra nemici , non si sa se veri o simulati ) può durare all ' infinito e non risolvere nulla . La verità è che a questo punto la decisione spetta alle due superpotenze , all ' America e alla Russia . Solo esse nei prossimi giorni possono dirci se ancora è possibile l ' accordo .
Rivelazioni ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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L ' aggressione sessuale invertita ( lei dirigente molesta , lui dipendente molestato in ufficio ) è da ridere , la lotta carrieristico - aziendale è interessante e divertente : ancora una volta la campagna promozionale altera il senso d ' un film vendendo fumo agli spettatori , ancora una volta un eventuale tema sociale viene usato come valore pubblicitario aggiunto . È francamente difficile fare a meno di ridere vedendo lo sciupacchiato Michael Douglas , incalzato dalla bellissima Demi Moore , semispogliato , eccitato , manipolato da lei con masturbazione e fellatio , attaccare a strepitare : « No , no , ho una famiglia , smettila , non voglio » , e scappare via inseguito dalle vendicative minacce di lei . In passato i due sono stati amanti molto ardenti . Nel presente lei è stata nominata al posto di lui vicepresidente della società e , dopo esser stata rifiutata , lo accusa di molestie sessuali , rendendo così disagevole la permanenza in azienda di lui che controaccusa deciso a difendersi e a ristabilire la verità dei fatti , in un ' aspra contesa paragiudiziaria . Nell ' evolversi della storia , si saprà che l ' accusa di molestie sessuali era una trappola programmata e pianificata dal presidente della società con la complicità di Demi Moore per liberarsi di Douglas , professionista onesto e serio che non avrebbe coperto certi pasticci aziendali combinati per spendere meno a danno dei prodotti , capaci , se rivelati , di mettere in crisi la vantaggiosa fusione con un ' altra società . Naturalmente , alla fine la donna cattiva viene sbugiardata , umiliata , sconfitta : e l ' uomo virtuoso vince , anche grazie a un ' altra donna dirigente , personaggio che serve a scansare ogni imputazione di misoginia e antifemminismo . Michael Crichton , lo scrittore dal cui romanzo edito da Garzanti deriva il film , risulta anche stavolta un gran narratore di intrighi appassionanti che sommano molti elementi d ' attrazione . Se il sesso è risibile , il conflitto aziendale e il confronto ostile sono interessanti . È suggestiva l ' azienda altamente tecnologica , collocata in una scenografia che mescola tradizione e ipermodernità , corredata di tutti i possibili sistemi e gadget elettronici , arricchita da un ' apparecchiatura di realtà virtuale che ha importanza decisiva nella vicenda , resa eloquente da un particolare linguaggio professionale . È teso il rapporto tra Douglas e sua moglie , è bellissima la città di Seattle , è strano che l ' interprete dell ' avvocatessa di lui si chiami Roma Maffia ( pseudonimo ? Speriamo ) . È abbastanza fuori del comune il modo diretto in cui vengono descritti uno speciale cinismo industriale e quel duro « rapporto d ' uso » tra persone che appare sempre più dominante .
MARINETTI E IL FASCISMO ( VOLT , 1924 )
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Le onoranze che un apposito comitato intende tributare a Marinetti quale " animatore di italianità " sono ben meritate . Creando il futurismo politico , egli fu senza dubbio uno dei precursori del Fascismo . Anzi , in un primo tempo , fascismo e futurismo politico furono una cosa sola . Furono quelli i tempi eroici della rivoluzione ... Un mese e mezzo prima dell ' armistizio , e cioè il 20 settembre 1918 , Marinetti fondava " Roma futurista " che , fatte le debite proporzioni , adempi nella capitale un compito analogo a quello del " Popolo d 'Italia." Mentre l ' Idea Nazionale " raccoglieva attorno a sé le vecchie e provate , ma un po ' ' tarde , falangi del nazionalismo , custodendo gelosamente il fuoco sacro di una dottrina , che poi doveva passare nelle mani del fascismo , i futuristi costituirono il primo nucleo intellettuale dei fasci di combattimento . Così che , senza alcuna iattanza , Mario Carli poté affermare che " Mussolini e Marinetti , coi futuristi , gli arditi e i primi fascisti , nella gloriosa via Paolo da Cannobio a Milano ; ed io coi futuristi e gli arditi a Roma : ecco i soli che in quel tempo combatterono per la salute d 'Italia." I Fasci furono fondati a Milano il 23 marzo 1919 . Il 15 aprile , con la battaglia di via Mercanti , si iniziava la guerra civile . L'11 luglio Marinetti pronunziava la sua famosa invettiva a Montecitorio , su cui poco dopo l ' eroico aviatore Keller lasciava cadere dall ' alto dei cieli un simbolico orinale . Dopo aver partecipato al primo congresso fascista di Firenze , il capo del futurismo poneva , accanto al Duce del fascismo , la sua candidatura alle infauste elezioni di novembre . Fu un vero colpo d ' ala da parte di Mussolini quello di sfidare l ' insuccesso certo e lo scherno dei benpensanti , associandosi come compagno di lista non già una qualche veneranda barba dell ' olimpo accademico , ma un poeta futurista . Quello che importava allora non era di entrare a Montecitorio . Ivi la sua voce sarebbe rimasta vox clamantis in deserto . Lo scopo di Mussolini era di agganciare alla sua locomotiva la gioventù italiana . Alle valorose ma esigue schiere dei socialisti nazionali occorreva associare la gioventù universitaria , di cui gli studenti futuristi erano l ' avanguardia ; il grosso , sì come suole , sarebbe venuto dietro . Questo scopo fu raggiunto in pieno . Nessun fascista entrò a Montecitorio , ma tutta la gioventù italiana , armata , costituì la invincibile falange dello squadrismo . L ' azione fascista e l ' azione politica del futurismo appaiono così compenetrate e fuse , da non potersi separare l ' una dall ' altra . Può dirsi altrettanto delle sue ideologie . Non conviene dimenticare che , al congresso di Milano del 1920 , Marinetti ed alcuni altri futuristi uscirono dai ranghi del partito . In fondo , il poeta sentiva che la sua missione , come uomo politico , era finita . L ' animatore doveva oramai cedere il posto al realizzatore . Non altrimenti si spiega il silenzio politico di D ' Annunzio . Non si tratta dunque certo di una diserzione ! Ma il pretesto per ritirarsi fu di natura ideologica . Marinetti non ammetteva la fatale evoluzione del fascismo verso destra . Il futurismo politico restava così al primo stadio dell ' evoluzione fascista . Tale infatti ci appare a traverso i due volumi del Poeta : Democrazia futurista ( Ed . Facchi , Milano ) e l ' altro più recente : Futurismo e Fascismo ( Campitelli , Foligno ) . Ma il fascismo si è ormai liberato dai residui romantici , anarchici e anticlericali che ancora fermentano nel movimento marinettiano . Questo è rimasto allo stato di meteora incandescente e rifiuta di solidificarsi . Marinetti è l ' uomo che semina , ma non raccoglie . Genio vulcanico , creatore , ma non costruttore , né architetto ...
Mille fabbriche nessuna libreria ( Bocca Giorgio , 1962 )
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Fare soldi , per fare soldi , per fare soldi : se esistono altre prospettive , chiedo scusa , non le ho viste . Di abitanti cinquantasettemila , di operai venticinquemila , di milionari a battaglioni affiancati , di librerie neanche una . Non volevo crederci . Poi mi hanno spiegato che ce n ' era una , in via del Popolo : se capitava un cliente , forestiero , il libraio lo sogguardava , con diffidente stupore . Chiusa per fallimento , da più di un anno . Diciamo che il leggere non si concilia con il correre e qui , sotto la nebbia che esala dal Ticino , è un correre continuo e affannoso . Tribù fameliche giungono dalle province venete e dalla Calabria ; sui prati che videro galoppare i falconieri di Francesco Sforza sorgono , nel consueto disordine , baracche , villette e condomini ; negli invasi delle risaie crescono i pioppi di pelle bianca e va spegnendosi il grido del sorvegliante « pianté ben tosann » . Ora anche i braccianti della Lomellina si inurbano in questa Vigevano dove i contadini possono diventare ciabattini e i ciabattini industriali nel volgere di poche settimane . Avanti popolo , la ricchezza è a portata di mano , di fallimento non si muore e se va bene va bene , il denaro circola , il disoccupato manca , le boutiques , i negozi di primizie , i fiorai sono gli stessi di via Montenapoleone e più cari , gli elettrodomestici e le automobili si vendono che è un piacere . « Ma dice sul serio ? Non c ' è neanche una libreria ? » « Dico sul serio , non c ' è » . « Vorrebbe sostenere che a Vigevano è impossibile acquistare un libro ? » « Non ho detto questo . A Vigevano ci sono molte cartolibrerie . Potete trovarci tutti i libri mastri che volete . E La monaca di Monza del Mazzucchelli , se non è esaurito » . « Via , la smetta con i paradossi . Dica piuttosto , sinceramente , che impressione le ha fatto questa provincia toccata dal miracolo economico » . Io lo dico . Dico un miracolo vero , per intervento soprannaturale . Togliete Dio , il demonio o un ' altra presenza metafisica e spiegatemi , se siete capaci , questo rigoglio economico sbocciato fra il disordine , il dilettantismo , il rifiuto di ogni regola associativa . Se non c ' è stata una Pentecoste , chi ha infiammato questi rappresentanti di commercio , meno che monoglotti , alla conquista dei mercati mondiali per le italian shoes ? Se non c ' è stata l ' illuminazione di uno spirito santo , chi consentirebbe al mio interlocutore , appena alfabeta , di sentenziare con sicurezza : « A me se mi chiudono il Congo me ne sbatto . Io ti penetro in Birmania e aumento le vendite » ? Commerci misteriosi per una misteriosa industria . Che a Vigevano si producano scarpe lo sanno tutti , ma quante siano le fabbriche e i fabbricanti , di preciso , non lo sa nessuno : solo un terzo degli operai è controllato dai sindacati , neppure un quarto degli industriali dalla loro associazione . Credeteci o meno , ma l ' unico elenco degli industriali che esista è quello telefonico . A fidarcisi potremmo dire che i fabbricanti di scarpe piccoli e grossi , con almeno dieci operai , sono più di novecento . Ma non ci si può fidare , nello spazio di un anno un centinaio almeno hanno fatto fallimento o hanno cambiato genere e va a sapere quanti li hanno sostituiti . Non più di quattro o cinque aziende sono guidate da criteri industriali . Il resto si regge sul lavoro furibondo , sull ' intuito commerciale , su un ottimismo indomabile . Una borghesia in formazione , dinamica , laboriosa e audace quanto zotica , eterogenea e , per certi aspetti , miope , conduce la confusa battaglia . I « padroncini » si strappano gli operai specializzati , riempiono di CERCASI ESPERTO le colonne della pubblicità , ma guai a parlargli di un qualsiasi contributo alla istruzione professionale . Due anni fa l ' assessore all ' istruzione pubblica ottenne dalla prefettura di Pavia la creazione di una scuola per segretari di azienda , contabili , corrispondenti in lingue estere . Allora chiese agli industriali un contributo di due milioni . « Ma l ' è matt , lu ! » gli dissero . Qui , per l ' amministrazione aziendale , basta e cresce la « signorina » che ha fatto l ' avviamento . Se qualcuno assume un ragioniere dà scandalo , lo aspettano al caffè Commercio per dirgli : « Un ragiunier in te n ' ufficina ! Ma chi te credes d ' es diventaa ? » . Quando si trattò di istituire un corso per orlatrici il Necchi di Pavia mise subito le macchine a disposizione , ma quelli di Vigevano neanche una lira , sicché le orlatrici , adesso , se le tirano su in fabbrica rimettendoci il quadruplo o il quintuplo . E non parliamo delle cooperative edilizie contribuendo alle quali avrebbero dato una casa ai loro operai . Su mille e passa aziende una sola ci ha pensato . Si dirà che Vigevano fa storia a sé . Può darsi , ma ho la vaga impressione che nella provincia italiana toccata dal miracolo la piccola industria sia in gran parte così , avventura e improvvisazione . Di certo essa sta mettendo quantità enormi di denaro nelle mani di neoborghesi impreparati a spenderlo , combattuti fra il desiderio di mostrarlo e quello di nasconderlo , terrorizzati al pensiero di perderlo . Questi neoborghesi ignorano la certezza metafisico - aristocratica di non poter mai , in nessun caso , vivere senza vantaggio e privilegio , dalla quale i signori di un tempo traevano il loro impeccabile stile . Gli è pure sconosciuto quel fiducioso , illimitato , persino candido rispetto per il denaro che dava serena imponenza al volto dei commendatori e cavalieri ufficiali . Il loro rapporto con il denaro è più difficile e ambiguo : un desiderio - vergogna , una avidità che non ama confessarsi , un continuo esitare fra lo scialo pacchiano e la forsennata conservazione . Il loro sogno è di sposare la figlia a un industriale figlio e nipote di industriali . Matrimonio celebrato da un cardinale , e se proprio non si può da un vescovo . Possibilmente con il ministro Pella fra gli invitati . Uno ci è riuscito sborsando non so quanti milioni a un ' opera pia . La sposa indossava un abito da mezzo milione , gli invitati erano un centinaio e don Gianni Scotti ( il fratello di don Beppe , generali e diplomatici in famiglia , un ' antica famiglia , un po ' a corto di grano , si sa ) era il maestro delle cerimonie . Però tutto si è svolto a debita distanza da Vigevano . A Vigevano prudenza . Sono finiti i tempi in cui i Masseroni e i Crespi ( del ramo scialacquatore ) spendevano e spandevano in gioconda pubblicità contendendosi le ballerine di Macario per i balli di Carnevale e ostruendo le strade con i loro macchinoni - cetacei . Adesso tutto è cambiato : c ' è dieci , venti volte più denaro di allora , si spende più di allora , ma senza mettersi in piazza . Certo qualche notizia in un modo o nell ' altro trapela : uno si è fatto una villa da un miliardo e duecento milioni con taverna , patio , piscina , giardino d ' inverno , colonne di Assuan e scimmie destinate a broncopolmoniti letali ; un altro va a correre in go - kart alle Bahamas o a Tokio come suo padre sarebbe andato , in bicicletta , a Casalpusterlengo o a Sartirana . In una casa sono raccolti duecento e cinquanta quadri del Magnasco e di buoni maestri ottocenteschi ( degli astrattisti in provincia non ci si fida ) ; in un ' altra quindici Fornara dei più importanti . Gli eletti , vicini all ' olimpo aristocratico di don Beppe e di don Gianni Scotti , hanno mobili antichi di notevole valore . Gli altri , la maggioranza , si accontentano di quel che passa la Brianza purché stracarico di marmi , dorature e cristalli . Le automobili sono quattromila . Aggiungete gli automezzi ad uso industriale , le motociclette , gli scooter e scoprirete una città fra le più motorizzate d ' Italia . La più motorizzata in fatto di Giuliette più o meno sprint . Però le grosse automobili di lusso non compaiono . Restano lontane , come le ville al mare o in montagna , come i motoscafi e i panfili che navigano sotto le lacere e gloriose bandiere del Panama e della Costarica . Volendo , anche dal poco che appare a Vigevano , ci si potrebbe fare una idea di un certo tenore di vita : signore che spendono in cure di bellezza , pettinatrice e profumi , centomila lire al mese ; un abito al mese per quelle modeste , uno ogni tre giorni per le maniache . Ma in giro si vedono poco , appena possono scappano a Milano o spariscono per mesi a Cortina , a Rapallo . A Vigevano restano i mariti per fare i soldi e occuparsi delle « relazioni umane » . Che sono in parte frutto di ipocrisia , ma in parte sincere : una certa modestia popolaresca non dispiace a questi ruvidi self made men . Se a Milano , per esempio , ti seguono il Loi dalle sedie di ring a Vigevano li trovi anche nei popolari . Modesti a Vigevano ! La pubblicità che può fargli comodo a Londra o a Düsseldorf , nella loro vecchia città la evitano . Capita il tipo che fa il numero unico per la festa patronale , gli rifilano un diecimila , ma a patto che non li nomini : « Sai com ' è , preferisco non mettermi in piazza » . E ogni sera eccoli al caffè Commercio o al Centrale per offrire e farsi offrire un moka dal fratello rimasto povero o dal compagno delle elementari rimasto operaio : le vecchie amicizie resistono alla lotta di classe , c ' è posto per tutti nel pentolone dialettale - paternalistico , e poi la provincia offre vantaggi non trascurabili . Le case sono a buon mercato , il terreno non supera al centro le trenta , trenta - cinquemila al metro quadrato , roba da ridere se pensi a Milano . La vita sociale non ti obbliga a grandi spese : con quarantottomila annui ti iscrivi al club Sport , il più caro , se no vai al Cai dove bastano tremila lire . E poi , scusate se è poco , in fatto di tasse si ragiona . Sapete , in provincia , nella provincia l ' economia ha leggi sue particolari . Nel 1961 l ' iniziativa privata ha messo in cantiere , a Vigevano , un migliaio di edifici per un valore che non dovrebbe essere lontano dai trenta miliardi . Nello stesso periodo l ' industria calzaturiera ha prodotto un terzo delle scarpe italiane e un quarto di quelle esportate : diciamo trenta milioni di paia per un fatturato sui cento miliardi . Gli affari sono andati a gonfie vele per le industrie cartotecniche , della gomma , del legno . Non è il denaro che manca in una città dove , nello spazio di tre anni , sono sorte centosessanta officine meccaniche che producono macchine utensili . Le aziende commerciali sono millequattrocento : per restare ai negozi ce ne saranno almeno quaranta al livello della Milano ricca . E non parlo dei professionisti numerosi e , mi si dice , floridi . Ebbene , se voi credete che la montagna dei capitali produca redditi adeguati vi sbagliate . Altrove i redditi industriali saranno del dieci , del venti per cento , qui neppure dell ' uno . Si vede che interi carichi di scarpe colano a picco nel tempestoso oceano , forse migliaia di macchine utensili vengono travolte dalle piene del Ticino , non è escluso che commerci e libere professioni si basino su un vorticoso scambio di assegni a vuoto . Sicché vi tocca leggere nel ruolo delle imposte comunali questo povero elenco : solo quattordici contribuenti sopra i dieci milioni di imponibile , solo ventisei dai cinque ai dieci , solo ottantasei dai tre ai cinque . L ' amministrazione , che è socialcomunista , non se ne lamenta . « Per otto anni » dice il sindaco , « l ' imposta di famiglia non venne toccata . Negli ultimi tre siamo passati da centosessanta a duecento milioni di introiti . » Mentre il signor sindaco mi raccontava queste piacevolezze io pensavo , quasi commosso , al professor Northcote Parkinson . Lui vive nel timore che le tasse « riducendo il numero dei ricchi facciano gravare tutto il peso fiscale sui poveri » . Quasi quasi gli consiglio di passare le ferie a Vigevano : il clima non è dei migliori ma il regime tributario può confortarlo . Dimenticavo di precisare che l ' amministrazione era socialcomunista anche negli otto anni di tregua fiscale . Forse l ' Italia sognata dai neoborghesi è spartita così : tutti i municipi ai rossi , tutti i seggi parlamentari ai neri . Sindaci di sinistra , onesti , nemici delle bustarelle ; e per ciascuno un deputato angelo custode che gli impedisca qualsiasi mattana , vedi pagamento delle tasse . A Vigevano il sogno dei possidenti si è quasi avverato : se gli amministratori falce e martello li tassano ricorrono in alto e ottengono rapida giustizia . Se li minacciano di gabelle replicano sdegnati : « Se è così mi trasferisco altrove con la fabbrica » . A Vigevano si è arrivati a questo : avendo un grande industriale deciso di spostare la sua azienda a Mortara , qualcuno dell ' amministrazione gli ha fatto chiedere se , per caso , non era scontento delle imposte . Al che il valentuomo ha avuto la bontà di rispondere che no , che le tasse non c ' entravano , che era proprio soddisfatto dei suoi cari amministratori frontisti . Pare che in Inghilterra e in America , paesi di ferrea disciplina fiscale , ci siano degli esteti scontenti : detestano il livellamento dei gusti conseguente al livellamento dei redditi , aborrono dalla grigia civiltà suburbana che si va formando . Però questi non li inviterei a Vigevano come il professor Northcote . Potrebbero scoprire che in fatto di gusto e di cultura la liberissima Vigevano è peggio che andar di notte . A Vigevano , credetemi , la noia è grande . Una delle città più ricche d ' Italia , quanto a denaro , è fra le più povere quanto a vita intellettuale e sociale . La torre del Bramante , la piazza gioiello ispirata ai cartoni di Leonardo , la mole del castello , le splendide chiese sono le testimonianze di un antico fervore intellettuale naufragato e spentosi sulle rive nebbiose del Ticino . Mille fabbriche e nessuna libreria , nessun circolo culturale , nessuno spettacolo teatrale decente . La stagione lirica dura tre giorni , lo spettacolo che ha avuto maggior successo è stato quello della « Wilmissima » , la famosa concittadina , la cantante De Angelis . Ho letto un resoconto di quella memorabile serata sul foglio locale a maggior diffusione . C ' era anche un editoriale intitolato : Più rigatoni e meno megatoni . È un corsivo sui carabinieri « che montano la guardia anche la notte di Natale sotto la neve che è fredda » . Seguivano pettegolezzi e facezie municipali . Quando mi hanno detto che se ne vendono ottomila copie , che è letto cioè dall ' intera cittadinanza , ho avuto un attimo di vertigine . La vita politica non è quel che si dice turbinosa : cento iscritti alla DC e poche decine al Partito liberale dimostrano il tiepido interesse della classe dirigente tutta presa , come si è detto , dalla incessante bisogna di fare soldi per fare soldi e ancora soldi . I soldi , tanto per essere chiari , piacciono a tutti , anche al sottoscritto . Che la neoborghesia di Vigevano e della provincia italiana in genere si dia da fare per arraffarne la maggior quantità possibile mi sembra , se non cristianamente esemplare , umanamente normale . Meno comprensibile è l ' esclusivismo , la cecità di questa corsa al benessere , il non preoccuparsi di ciò che significa , dei doveri che impone , delle previdenze che esige . Sembra incredibile che un ceto così ricco di fiuto merceologico , di attaccamento al lavoro , di ardimento commerciale , di gusto manufatturiero non riesca a capire che una società , la società in cui vive , non può continuare senza un solido assetto sociale , senza interessi ed iniziative intellettuali , senza un ordine . In altre parole senza una civiltà che non sia quella pura e semplice dei consumi .
Camerieri ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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Un ristorante chiamato Eden , affacciato sul mare bellissimo , circondato da terreni abbandonati rognosi invasi dai rifiuti . Un gruppo di camerieri che neppure l ' emergenza e il rischio della disoccupazione riescono a rendere meno rissosi , egocentrici , cialtroni . Un gruppo di nuovi padroni riuniti a banchetto , volgarissimi , trucidi , forse delinquenti , prepotenti e crudeli con i dipendenti . Un ' unica speranza per i lavoratori : affidata al caso , alla vincita al Totocalcio . Sarà mica l ' Italia ? Leone Pompucci , trentatré anni , romano , ex fotografo , già autore del mediocre Mille bolle blu , ha fatto un film non senza difetti ma assai singolare e interessante : rinunciando all ' identificazione complice , alla facilità , alla satira compiacente - indulgente , all ' ansia di piacere abituali della commedia o della comicità italiane , ha scelto i toni d ' un grottesco espressionista aspro , sgradevole e umano , temperandoli con l ' uso intelligente di attori popolari bravi e con la fotografia specialmente bella di Massimo Pau . Scritto dal regista insieme con Filippo Pichi e Paolo Rossi , il film racconta lo squallore brutale d ' una domenica di alcuni camerieri e un cuoco . Sono cinque . Paolo Villaggio , magnifico nel personaggio di un capocameriere vanesio e cattivo che ( come tanti leader della vecchia generazione ) pretende di saper fare tutto , vanta il proprio glorioso passato e l ' esperienza , disprezza e maltratta i più giovani , ma in realtà sbaglia tutto e rischia di portare il gruppo alla rovina . Diego Abatantuono , seducente ex calciatore sedotto dagli oggetti del lusso e dalle corse dei cani , giocatore sfortunato carico di debiti , pronto a derubare donne e bambini , velleitario ostinato sognatore d ' un futuro radioso . Marco Messeri , ex suonatore di fisarmonica , artista immaginario e quasi pazzo . Enrico Salimbeni , ragazzo volenteroso e fiducioso al suo primo giorno di lavoro , sopraffatto dalla realtà caotica e crudele . Antonio Catania , cuoco mitomane , devoto della Madonna , spietato con l ' aiutante filippino quanto i padroni sono spietati coi camerieri . Durante un banchetto di nozze d ' oro , i camerieri dovrebbero dar prova della loro perizia ai nuovi padroni che possono o no licenziarli : ma sono incapaci , distratti , casinisti , e soltanto la fortuna li salverà . Cucce abiette in cucina per il sonno dei camerieri , scarafaggi galoppanti sul pavimento , gran discettare sui piedi e su come curarli , radio accesa sulle partite di calcio , sterrati pasoliniani , giochi di carte , furti reciproci . E tra i padroni telefonini , cinismo , malvagità mascherata da scherzo , turpiloquio , donne scontente ipertruccate e ingioiellate , sopraffazione . In un film espressionista non è il caso di cercare verosimiglianza , di stupirsi delle esagerazioni del reale né di chiedersi come mai i camerieri quasi mai lavorino : i difetti stanno piuttosto nell ' andamento monocorde senza gran sviluppi drammaturgici , nell ' impianto rigidamente teatrale ( si pensa a Nemico di classe di Nigel o a Comedians di Griffith nella messa in scena del Teatro dell ' Elfo con la regia di Gabriele Salvatores ) . Il capofamiglia padrone Carlo Croccolo e suo figlio Antonello Fassari sono efficacemente laidi ; Ciccio Ingrassia e Sandra Milo , in brevi apparizioni malinconiche , sono commoventi .