StampaQuotidiana ,
Si
dice
che
non
bisogna
dipingere
il
diavolo
più
brutto
di
quello
che
è
.
Ma
con
la
triplice
intesa
Fini
-
Berlusconi
-
D
'
Alema
e
l
'
annesso
supergoverno
presidenzialista
non
si
corre
questo
rischio
.
È
così
brutto
che
anche
chi
vorrebbe
amarlo
chiude
gli
occhi
.
Se
per
parte
nostra
abbiamo
contribuito
a
diffondere
questo
senso
di
rigetto
possiamo
rallegrarcene
.
Se
ora
Letta
,
Tatarella
e
Mussi
entrassero
fisicamente
nel
governo
Maccanico
,
anche
i
bambini
si
accorgerebbero
del
punto
a
cui
siamo
arrivati
.
Perciò
non
accadrà
,
non
per
pudore
ma
per
cautela
.
Che
differenza
fa
?
Possiamo
aspettarci
in
futuro
anche
di
peggio
,
se
non
si
spezza
il
patto
scellerato
.
Questo
patto
d
'
acciaio
,
o
di
latta
che
sia
,
è
stato
stretto
dai
protagonisti
in
lunghi
conciliaboli
segreti
,
mentre
pubblicamente
ci
prendevano
in
giro
con
la
bozza
Fisichella
.
Una
condotta
così
disonesta
la
dice
lunga
sul
grado
di
intimità
raggiunto
dai
tre
e
dal
disdegno
in
cui
tengono
le
forme
democratiche
.
Se
c
'
è
nel
Pds
chi
si
sente
ferito
dal
nostro
furore
più
che
da
simili
comportamenti
,
mi
dispiace
per
lui
.
Con
i
quali
comportamenti
è
stato
impostato
un
golpe
originale
a
sei
mani
,
bianco
e
freddo
:
con
un
governo
politico
di
lunga
durata
(
nelle
intenzioni
)
,
una
maggioranza
politica
del
tutto
estranea
alla
volontà
degli
elettori
,
una
revisione
in
blocco
della
Costituzione
senza
mandato
popolare
.
Volete
di
più
?
Ora
è
certo
che
i
protagonisti
di
questa
avventura
faranno
pesare
i
rispettivi
retropensieri
,
che
dovranno
fare
i
conti
con
le
proprie
truppe
stordite
e
i
propri
alleati
vilipesi
,
che
metteranno
acqua
o
additivi
nel
loro
vino
.
Ma
la
bottiglia
è
sturata
e
il
brindisi
imbandito
(
se
non
gli
va
di
traverso
)
.
È
come
se
fosse
rinato
un
gigantesco
e
multiforme
Caf
,
nel
cui
seno
la
concorrenza
di
potere
prende
il
posto
di
ogni
idea
di
alternativa
o
perfino
di
alternanza
significativa
.
Il
messaggio
che
arriva
alla
grande
opinione
pubblica
è
di
una
semplicità
disarmante
.
È
che
la
democrazia
è
una
perdita
di
tempo
,
che
rappresentanza
e
partecipazione
sono
parole
vuote
,
che
il
potere
e
anzi
il
comando
dev
'
essere
concentrato
e
interamente
delegato
.
Ed
è
che
questa
concezione
del
potere
accomuna
oggi
,
salvo
sfumature
per
specialisti
,
la
quasi
totalità
delle
forze
politiche
,
già
pressoché
indistinguibili
sul
terreno
dei
programmi
.
È
un
mistero
,
per
me
,
come
mai
tanti
democratici
non
sappiano
immaginare
l
'
effetto
moltiplicatore
che
questo
messaggio
susciterà
in
un
paese
già
spostato
a
destra
come
il
nostro
,
dove
il
partito
di
Fini
non
è
lontano
dal
primato
.
E
come
possano
pensare
di
controllare
questo
effetto
e
di
avvantaggiarsene
più
e
meglio
di
Berlusconi
,
che
della
manipolazione
di
massa
è
l
'
inventore
e
il
beneficiario
naturale
.
Forse
il
mistero
si
spiega
con
la
mitridatizzazione
subita
da
tanta
parte
della
sinistra
ufficiale
,
cioè
con
la
credenza
che
assumendo
gradualmente
dosi
di
veleno
sempre
più
alte
si
diventa
immuni
e
si
sopravvive
anche
a
dosi
da
cavallo
.
Ovvero
con
la
sindrome
del
re
Mida
che
affligge
il
suo
gruppo
dirigente
,
ossia
con
la
pretesa
di
convertire
in
oro
tutto
ciò
che
si
tocca
,
sebbene
la
leggenda
insegni
che
così
si
muore
di
fame
e
sete
.
O
ancora
con
la
presunzione
e
la
vertigine
da
mosca
cocchiera
del
suo
leader
,
la
mosca
che
in
groppa
a
neri
stalloni
galoppanti
non
dubita
d
'
esser
lei
a
guidare
e
vincere
la
corsa
.
StampaQuotidiana ,
Il
Popolo
d
'
Italia
di
ieri
pubblicava
la
lettera
seguente
direttagli
dal
sen
.
Albertini
:
Signor
Direttore
,
il
Corriere
non
ha
,
sembra
,
reso
conto
dell
'
assemblea
del
Fascio
milanese
tenutasi
domenica
all
'
Eden
;
e
al
consigliere
comunale
fascista
che
,
denunziando
al
"
Fromboliere
"
del
Popolo
d
'
Italia
questo
fatto
,
ne
chiede
la
ragione
,
il
"
Fromboliere
"
la
deve
subito
questa
ragione
,
chiara
,
evidente
,
convincentissima
.
Cioè
il
Corriere
è
il
giornale
di
quel
senatore
Albertini
che
all
'
epoca
dell
'
occupazione
delle
fabbriche
saliva
le
scale
dell
'
on
.
Turati
per
spingere
i
socialisti
al
potere
.
Ergo
il
Corriere
non
può
fare
una
cronaca
obiettiva
.
Mi
permetta
d
'
intervenire
in
questa
discussione
tra
il
"
Fromboliere
"
ed
il
consigliere
comunale
per
"
fatto
personale
"
...
Il
"
Fromboliere
"
contesta
la
posizione
allora
assunta
dal
Corriere
e
di
cui
fa
fede
la
sua
raccolta
,
mettendo
il
mio
incontro
coll
'
on
.
Turati
in
relazione
con
un
articolo
"
d
'
ingrata
memoria
"
il
quale
suffragherebbe
l
'
interpretazione
,
diciamo
così
,
"
collaborazionista
"
di
quell
'
incontro
.
Ebbene
quell
'
articolo
fu
scritto
da
me
,
ed
io
-
guardi
un
po
'
il
diverso
punto
di
vista
-
penso
che
,
lungi
dall
'
essere
"
d
'
ingrata
memoria
,
"
costituisca
per
il
Corriere
e
per
me
un
titolo
d
'
onore
,
tanto
che
ne
ho
recentemente
ripubblicata
la
conclusione
.
Se
non
abuso
del
suo
spazio
,
vorrei
in
poche
parole
rammentarle
la
tesi
da
me
allora
svolta
.
Premesso
che
il
regime
nostro
stava
per
morire
perché
governava
non
la
classe
dirigente
responsabile
ma
il
partito
socialista
irresponsabile
,
e
che
il
governo
degli
irresponsabili
minacciava
di
farci
cadere
in
pieno
bolscevismo
,
invocavo
o
una
reazione
della
borghesia
o
il
passaggio
del
potere
agli
uomini
della
Confederazione
del
lavoro
.
"
O
siamo
capaci
-
scrivevo
-
di
tenere
il
potere
secondo
le
nostre
idee
,
secondo
le
nostre
convinzioni
,
o
vengano
avanti
gli
uomini
nuovi
ad
assumersi
la
responsabilità
di
governare
senza
ragguagliare
il
prezzo
del
pane
al
costo
,
senza
imporre
ai
pubblici
funzionari
la
più
elementare
disciplina
,
senza
tassare
il
vino
,
senza
mettere
un
freno
a
tanta
licenza
dilagante
in
tutte
le
classi
,
senza
combattere
il
veleno
che
si
insinua
in
ogni
vena
dell
'
organismo
nazionale
.
Fuori
voi
ad
operare
il
miracolo
di
spremere
danaro
dalla
ricchezza
nazionale
uccidendola
,
negando
il
valore
dei
più
forti
elementi
,
dei
più
efficaci
sostegni
della
civiltà
.
"
Come
si
può
gabellare
questo
pensiero
di
disperazione
,
suggerito
dalla
gravità
degli
eventi
,
come
un
'
intesa
spirituale
coll
'
azione
socialista
?
Certo
,
se
si
doveva
andare
avanti
così
era
da
preferire
che
l
'
on
.
Turati
,
l
'
on
.
D
'
Aragona
e
i
loro
amici
assumessero
la
responsabilità
del
potere
;
altrimenti
"
lo
sbocco
fatale
di
un
regime
che
non
funziona
più
,
che
si
corrompe
in
tutti
i
suoi
organi
,
che
si
sgretola
per
impotenza
"
sarebbe
stato
il
comunismo
.
Ma
sopra
ogni
altra
mi
sorrideva
la
speranza
di
una
profonda
reazione
della
borghesia
,
di
quella
reazione
che
fortunatamente
si
è
avverata
e
di
cui
l
'
on
.
Mussolini
è
stato
l
'
organizzatore
.
Se
oggi
di
quella
sana
reazione
non
approvo
tutti
gli
atteggiamenti
e
tutte
le
provvidenze
,
se
non
mi
rassegno
supinamente
,
incondizionatamente
ai
suoi
sviluppi
futuri
,
se
rimango
un
liberale
autentico
,
se
quindi
conservo
libertà
di
pensiero
o
rivendico
quella
di
parola
,
non
per
questo
merito
che
il
mio
pensiero
sia
denigrato
.
Merito
invece
di
esser
considerato
,
come
effettivamente
mi
considero
e
sono
,
uno
dei
più
efficaci
collaboratori
di
questo
Governo
,
almeno
se
per
collaborazione
s
'
intende
così
l
'
approvazione
sincera
come
il
concorso
diretto
a
evitare
che
si
commettano
errori
.
Ringrazio
dell
'
ospitalità
,
e
mi
rassegno
,
di
Lei
dev
.
StampaQuotidiana ,
Anche
il
padre
di
Ernest
Hemingway
si
è
ucciso
,
nello
stesso
modo
.
Era
il
1928
,
l
'
anno
in
cui
lo
scrittore
lavorava
alla
seconda
redazione
di
Addio
alle
armi
e
Clarence
E
.
Hemingway
,
medico
chirurgo
a
Oak
Park
,
nell
'
Illinois
,
si
tirò
un
colpo
di
rivoltella
,
e
i
giornali
scrissero
che
fu
perché
era
affetto
da
una
grave
forma
di
diabete
.
Ma
nel
suo
racconto
Padri
e
figli
Hemingway
rifiuta
la
menzogna
e
promette
di
scrivere
nel
futuro
come
erano
andate
le
cose
.
Il
racconto
è
in
terza
persona
.
«
Se
potesse
scriverla
(
la
verità
)
se
ne
potrebbe
liberare
.
Si
era
liberato
di
molte
cose
scrivendone
.
Ma
era
ancora
troppo
presto
per
farlo
»
.
Sulla
visita
al
padre
appena
ricomposto
nella
morte
Hemingway
scrisse
una
pagina
a
ciglio
asciutto
che
è
di
quelle
che
non
si
dimenticano
facilmente
.
«
Il
bel
lavoro
che
l
'
imbalsamatore
aveva
condotto
sulla
faccia
di
suo
padre
non
si
era
cancellato
dalla
sua
mente
,
e
tutto
il
resto
era
molto
chiaro
,
incluse
le
responsabilità
.
Si
era
complimentato
con
l
'
imbalsamatore
.
L
'
imbalsamatore
ne
era
stato
a
un
tempo
fiero
e
compiaciuto
.
Ma
non
era
stato
l
'
imbalsamatore
a
dargli
quell
'
ultima
faccia
.
L
'
imbalsamatore
aveva
solo
compiuto
certe
rapide
riparazioni
di
dubbio
merito
artistico
.
La
faccia
era
diventata
così
da
sola
già
da
molto
tempo
.
Si
era
modellata
rapidamente
negli
ultimi
tre
anni
.
Era
una
bella
storia
ma
c
'
era
ancora
troppa
gente
in
giro
perché
lui
potesse
scriverne
»
.
Di
quel
dolore
Hemingway
trovò
la
forza
di
liberarsi
scrivendo
invece
Un
addio
alle
armi
.
«
Ogni
giorno
»
scriverà
in
una
prefazione
a
una
delle
ultime
ristampe
del
romanzo
«
rileggevo
completamente
il
mio
lavoro
,
dall
'
inizio
sino
al
punto
in
cui
dovevo
riprendere
a
scrivere
,
e
ogni
giorno
smettevo
quando
mi
sentivo
ancora
in
forma
,
sapendo
quel
che
sarebbe
venuto
dopo
.
Il
fatto
che
fosse
un
libro
tragico
non
mi
rendeva
infelice
,
perché
io
sapevo
che
la
vita
è
una
tragedia
che
sarebbe
finita
nel
solo
modo
possibile
.
»
Sono
parole
che
siamo
andati
a
rileggere
la
sera
che
dall
'
America
arrivò
la
notizia
che
lo
scrittore
si
era
ucciso
per
errore
,
nella
sua
casa
di
Sun
Valley
,
nell
'
Idaho
,
pulendo
un
fucile
,
alle
sette
e
mezzo
di
mattina
,
preparandosi
a
una
battuta
di
caccia
.
È
,
anche
questa
,
una
pietosa
menzogna
.
Un
uomo
come
Hemingway
,
che
ha
maneggiato
armi
da
fuoco
sin
da
quando
aveva
dodici
anni
e
suo
padre
gli
mise
il
primo
fucile
in
mano
,
non
muore
per
sbaglio
,
per
un
gesto
maldestro
.
Dunque
si
è
ucciso
.
Perché
?
Era
malato
,
d
'
accordo
,
e
lo
sapeva
.
Era
stato
,
in
questi
ultimi
tempi
,
ricoverato
in
clinica
a
varie
riprese
,
e
,
sempre
,
la
sua
uscita
era
stata
accompagnata
da
bollettini
troppo
confortanti
.
Mettiamo
che
fosse
malato
,
irrimediabilmente
,
e
lo
sapeva
.
Si
è
ucciso
per
questo
?
Si
stenta
a
crederlo
.
La
ragione
è
un
'
altra
.
Un
uomo
come
lui
non
poteva
più
vivere
,
sano
o
malato
che
fosse
.
Non
c
'
era
più
niente
da
fare
,
per
lui
,
in
un
mondo
come
questo
.
Di
uno
dei
suoi
personaggi
,
il
meno
riuscito
,
forse
,
il
colonnello
Richard
Cantwell
di
Al
di
là
del
fiume
e
fra
gli
alberi
,
lo
scrittore
dice
che
«
aveva
fatto
l
'
esperienza
dell
'
angoscia
e
del
dolore
.
Ma
non
era
mai
stato
triste
la
mattina
»
.
Forse
,
da
qualche
tempo
,
Hemingway
si
svegliava
con
la
bocca
amara
.
Apriva
gli
occhi
su
un
mondo
che
non
gli
piaceva
più
,
cambiato
da
quello
degli
anni
della
sua
adolescenza
,
gioventù
e
virilità
,
al
punto
di
non
riconoscerlo
,
e
ne
distoglieva
lo
sguardo
con
fastidio
.
Era
nato
a
Oak
Park
nel
1898
.
Aveva
dunque
sessantatré
anni
.
L
'
avevano
dato
per
morto
l
'
ultima
volta
,
nell
'
inverno
del
1953
,
e
anche
chi
non
lo
amava
come
scrittore
avvertì
che
se
ne
andava
dalla
scena
del
mondo
un
personaggio
insostituibile
.
L
'
aeroplano
con
cui
si
spostava
in
Africa
,
durante
il
suo
ultimo
«
safari
»
era
precipitato
nella
boscaglia
e
lo
scrittore
ne
riportò
la
frattura
del
cranio
,
la
rottura
di
una
vertebra
,
la
lesione
del
fegato
,
bruciature
varie
,
ma
non
era
morto
.
Sbucando
a
Nairobi
,
dall
'
aeroplano
volato
a
soccorrerlo
,
con
un
grappolo
di
banane
sotto
il
braccio
e
una
bottiglia
di
gin
in
mano
Hemingway
era
apparso
ai
reporters
sorridente
,
per
dichiarare
:
«
La
mia
fortuna
funziona
ancora
molto
bene
»
.
Funzionava
.
Qualche
mese
dopo
,
l
'
Accademia
svedese
gli
conferiva
il
premio
Nobel
.
Questo
appena
sette
anni
fa
.
Ernest
Hemingway
apparì
allora
al
culmine
della
sua
gloria
.
Come
lo
abbiamo
amato
!
Sembra
facile
scriverlo
adesso
,
ma
c
'
è
stato
un
tempo
che
per
farlo
,
bisognava
passare
sopra
a
tanti
pregiudizi
.
E
poi
gli
abbiamo
voluto
bene
anche
per
questo
,
perché
aveva
voluto
bene
all
'
Italia
della
nostra
infanzia
e
ne
aveva
parlato
con
coraggio
e
affetto
filiale
.
Mi
ricordo
,
in
piena
sbornia
nazionalista
,
quando
ci
capitò
per
le
mani
la
prima
copia
di
Addio
alle
armi
,
con
le
pagine
dedicate
a
Caporetto
,
a
Milano
durante
la
guerra
,
con
i
discorsi
dei
soldati
,
del
cappellano
,
del
medico
Rinaldi
.
La
prima
volta
che
lo
vidi
,
a
Parigi
,
seduto
a
un
tavolo
del
caffè
Select
,
a
Montparnasse
,
non
ci
sembrò
neanche
vero
.
In
fondo
era
un
giovanotto
con
una
diecina
d
'
anni
più
di
noi
,
ma
aveva
già
scritto
Addio
alle
armi
,
e
Fiesta
,
il
libro
della
«
generazione
perduta
»
,
alla
quale
ci
eravamo
aggregati
alla
chetichella
.
Hemingway
non
era
più
lo
smilzo
giovanotto
emigrato
a
Parigi
nel
primo
dopoguerra
.
Era
un
pezzo
d
'
uomo
senza
un
'
oncia
di
grasso
,
che
sembrava
un
boxeur
con
il
naso
sano
e
le
orecchie
intatte
.
Stava
seduto
al
caffè
e
parlava
con
la
moglie
(
la
seconda
moglie
,
Pauline
Pfeiffer
)
insieme
alla
quale
era
giustappunto
tornato
dall
'
Africa
.
Anche
noi
venivamo
da
lontano
,
dal
Messico
,
e
avevamo
già
visto
la
nostra
parte
di
mondo
,
ma
vedere
Hemingway
era
un
'
altra
cosa
.
Era
il
nostro
idolo
e
non
osavo
neppure
avvicinarmi
.
Gli
passavo
e
ripassavo
davanti
per
sorprendere
un
suo
sguardo
,
per
ascoltare
la
sua
risata
e
ogni
volta
,
davanti
a
lui
,
sul
tavolino
,
sotto
il
bicchiere
del
pernod
si
era
aggiunto
un
altro
piattino
,
che
è
un
modo
che
usano
in
Francia
per
contare
le
consumazioni
,
quello
di
lasciare
sul
tavolo
la
soucoupe
,
perché
il
cameriere
non
si
sbagli
e
il
cliente
non
possa
negare
.
Tornava
dal
Kenia
dove
aveva
trascorso
quattro
mesi
a
caccia
e
a
pesca
,
un
'
esperienza
che
gli
sarebbe
servita
di
base
per
scrivere
Verdi
colline
d
'
Africa
,
gli
articoli
di
«
Esquire
»
e
soprattutto
Le
nevi
del
Kilimangiaro
,
il
più
bello
(
con
Gli
assassini
)
dei
suoi
racconti
.
Il
Lord
Byron
delle
lettere
americane
era
allora
un
giovanotto
di
36
anni
,
ma
aveva
già
fatto
centro
tante
volte
,
e
tante
altre
volte
sarebbe
riuscito
a
farlo
,
con
Per
chi
suona
la
campana
e
Il
vecchio
e
il
mare
,
per
esempio
,
quando
già
la
gente
avrebbe
cominciato
a
dire
di
lui
che
era
finito
come
scrittore
.
Da
allora
dovevo
vederlo
altre
volte
,
al
bar
della
Posta
,
a
Cortina
d
'
Ampezzo
,
all
'
Harry
'
s
di
Venezia
,
e
di
nuovo
a
Parigi
,
ma
non
mi
fece
più
la
stessa
impressione
di
uomo
felice
di
stare
al
mondo
,
di
vittorioso
,
come
quella
volta
del
Select
.
«
Veterano
di
guerra
prima
dei
vent
'
anni
:
famoso
a
venticinque
,
maestro
a
trenta
»
cantò
di
lui
il
poeta
Archibald
McLeish
.
Eppure
,
anche
in
quel
suo
primo
viaggio
in
Africa
da
cui
era
tornato
come
un
inguaribile
fanfarone
Ernest
Hemingway
era
stato
per
morire
.
Nella
grande
piana
del
Serengeti
lo
scrittore
fu
assalito
da
un
attacco
di
dissenteria
amebica
così
forte
che
lo
dovettero
trasportare
in
volo
all
'
ospedale
di
Nairobi
.
Vide
allora
,
da
bordo
dell
'
aereo
,
il
cratere
nevoso
del
Kilimangiaro
,
di
cui
il
ricordo
,
con
quello
del
rischio
corso
,
gli
doveva
ispirare
qualche
anno
dopo
il
racconto
dello
scrittore
Harry
che
muore
di
cancrena
nella
boscaglia
,
aspettando
l
'
aereo
che
deve
evacuarlo
,
e
rivive
la
sua
vita
,
e
rimpiange
le
pagine
che
non
ha
scritto
.
Dio
abbia
pietà
di
lui
,
questa
volta
.
Ma
rimorsi
,
come
scrittore
,
non
dovrebbe
essersene
portati
con
sé
molti
.
Per
quanto
,
chi
può
sapere
?
La
storia
di
suo
padre
?
Avrà
realmente
finito
quelle
due
opere
che
aveva
in
cassaforte
,
La
terra
,
il
mare
e
l
'
aria
,
dedicato
alla
sua
guerra
1940-44
,
e
l
'
altro
romanzo
africano
il
cui
materiale
andò
a
cercarsi
in
Africa
nel
'53
?
Io
non
credo
insomma
che
Hemingway
si
sia
tolto
di
mezzo
perché
si
sentisse
finito
come
scrittore
.
Quando
gli
dettero
il
premio
Nobel
disse
a
un
giornalista
che
era
soddisfatto
.
Non
avrebbe
voluto
cambiar
niente
né
della
sua
vita
né
dei
suoi
scritti
.
«
Non
ancora
,
in
ogni
modo
»
aggiunse
.
«
Basta
farcela
una
volta
per
esser
ricordati
da
qualcuno
.
Ma
se
ce
la
fai
un
anno
dietro
l
'
altro
allora
un
mucchio
di
persone
ti
ricorda
,
e
questi
ne
parlano
ai
figli
,
e
i
figli
e
i
nipoti
ricordano
,
e
se
si
tratta
di
libri
possono
leggerli
.
E
se
sono
abbastanza
buoni
durano
per
sempre
»
.
Questa
di
essere
ricordato
,
di
rimanere
nella
memoria
della
gente
,
doveva
apparirgli
come
una
forma
d
'
immortalità
.
Non
era
,
del
resto
,
un
uomo
molto
religioso
,
per
quanto
diversi
anni
fa
si
convertisse
,
lui
nato
protestante
,
al
cattolicesimo
.
Ma
certo
credeva
in
Dio
,
per
quanto
evitasse
di
parlare
dell
'
anima
.
Ma
gli
piaceva
,
sopra
tutto
,
sentirsi
vivere
,
fare
parte
del
giuoco
.
«
Quando
uno
scrittore
si
ritira
deliberatamente
dalla
vita
,
o
è
forzato
a
farlo
da
qualche
fisica
manchevolezza
,
la
sua
scrittura
tende
ad
atrofizzarsi
come
un
arto
quando
non
viene
usato
»
.
Usava
dunque
del
suo
corpo
come
di
uno
strumento
per
vivere
e
per
scrivere
.
In
un
certo
senso
era
tutto
il
contrario
di
Luigi
Pirandello
che
noi
ricordiamo
,
una
sera
a
teatro
,
mentre
si
dava
sulla
scena
Pensaci
Giacomino
!
chinarsi
su
di
noi
e
mormorare
:
«
Non
lo
dimentichi
.
La
vita
la
si
vive
o
la
si
scrive
»
.
Hemingway
la
pensava
diversamente
:
«
Credo
che
il
corpo
e
la
mente
siano
tutta
una
cosa
,
coordinata
insieme
.
Se
il
corpo
si
ingrassa
anche
la
mente
può
ingrassare
.
Sarei
tentato
di
dire
che
l
'
anima
stessa
può
ingrassare
.
Ma
io
non
so
niente
dell
'
anima
»
.
Che
era
poi
un
modo
di
nascondere
gelosamente
la
sua
.
Piuttosto
devono
averlo
toccato
da
vicino
,
come
uomo
e
come
scrittore
,
gli
avvenimenti
che
lo
hanno
forzato
a
lasciare
Cuba
e
la
sua
proprietà
a
una
quindicina
di
chilometri
dall
'
Avana
dove
si
era
accomodato
a
vivere
e
a
lavorare
in
questi
ultimi
vent
'
anni
.
Hemingway
considerò
Castro
con
simpatia
.
Disse
di
lui
,
da
principio
:
«
Non
è
un
comunista
,
è
un
patriota
cubano
»
.
Poi
vivere
a
Cuba
gli
diventò
,
poco
alla
volta
,
sempre
più
difficile
.
E
tornò
in
America
.
Con
gli
anni
Hemingway
era
diventato
un
uomo
colto
,
quasi
erudito
.
Non
aveva
fatto
grandi
studi
.
Non
aveva
voluto
neppure
andare
all
'
università
.
Era
diventato
reporter
del
«
Kansas
City
Star
»
subito
dopo
le
medie
,
ed
era
tornato
al
giornalismo
appena
conclusa
la
sua
esperienza
di
guerra
.
Il
giovanotto
che
si
presentò
a
Parigi
in
casa
di
Gertrude
Stein
,
a
23
anni
,
era
corrispondente
di
un
giornale
canadese
,
il
«
Toronto
Star
»
.
La
scrittrice
americana
lo
accolse
a
braccia
aperte
,
ma
qualche
anno
dopo
,
quando
la
celebrità
di
Hemingway
montava
come
il
lievito
a
vista
d
'
occhio
,
Gertrude
Stein
fu
meno
generosa
.
Hemingway
fu
definito
,
nell
'
autobiografia
di
Alice
Toklas
:
«
L
'
allievo
che
impara
senza
capire
»
.
Era
invece
un
uomo
dotato
di
un
finissimo
orecchio
,
che
non
dimenticava
mai
una
frase
ascoltata
,
o
una
cosa
vista
.
E
quando
Gertrude
Stein
coniò
per
lui
e
i
suoi
amici
l
'
espressione
«
Lost
Generation
»
,
Hemingway
gradì
pochissimo
la
faccenda
.
«
Perduta
?
Un
corno
.
Era
una
generazione
molto
solida
,
per
quanto
senza
cultura
(
qualcuno
di
noi
)
.
Ma
questa
cultura
,
si
può
sempre
farsela
»
.
A
Cuba
,
Hemingway
aveva
messo
insieme
cinquemila
volumi
di
narrativa
,
poesia
,
storia
,
tecnica
militare
,
biografia
,
musica
,
storia
naturale
,
marineria
,
tauromachia
,
sport
,
più
innumerevoli
libri
di
cucina
c
grammatiche
straniere
.
Lo
spagnuolo
,
lo
aveva
imparato
da
sé
per
leggere
Don
Chisciotte
nell
'
originale
e
i
giornali
dedicati
alle
corride
.
L
'
italiano
conosceva
meno
bene
,
ma
se
la
cavava
.
Parlava
invece
fluentemente
il
francese
.
Si
alzava
alle
cinque
e
mezzo
della
mattina
,
e
scriveva
in
camera
da
letto
,
in
piedi
come
D
'
Annunzio
,
adoperando
il
lapis
per
le
descrizioni
e
la
parte
narrativa
e
la
macchina
da
scrivere
per
il
dialogo
,
«
per
non
perdere
il
ritmo
»
.
Ma
la
sua
grande
ispirazione
e
libertà
la
traeva
dal
mare
,
dalle
lunghe
partite
di
pesca
a
bordo
del
panfilo
Pilar
,
che
si
era
fatto
costruire
in
Florida
,
venticinque
anni
fa
.
A
bordo
del
Pilar
,
navigando
e
pescando
,
immaginò
il
suo
ultimo
racconto
perfetto
:
Il
vecchio
e
il
mare
.
Diceva
del
mare
:
«
È
l
'
ultimo
posto
libero
rimasto
al
mondo
»
.
Quando
la
critica
scoprì
e
additò
il
simbolismo
del
racconto
Hemingway
non
fu
d
'
accordo
.
«
Nessun
buon
libro
è
stato
mai
scritto
con
intenti
simbolici
.
Il
pane
con
l
'
uva
passa
è
buono
,
ma
il
pane
semplice
è
meglio
»
.
Così
come
rifiutava
l
'
interpretazione
simbolica
dei
suoi
libri
non
ne
accettava
la
critica
freudiana
.
Il
critico
Philip
Young
fa
risalire
l
'
intera
ispirazione
di
Hemingway
al
trauma
della
ferita
di
Fossalta
,
al
complesso
della
paura
,
per
vincere
il
quale
lo
scrittore
si
misurò
tutta
la
vita
con
il
rischio
,
le
corride
e
la
guerra
di
Spagna
,
la
Seconda
guerra
mondiale
,
le
cacce
africane
.
A
papà
Hemingway
questa
spiegazione
non
andava
a
genio
.
«
Non
voglio
passare
alla
storia
come
un
gangster
della
letteratura
,
in
lotta
coi
suoi
complessi
»
.
Ma
lasciare
Cuba
gli
dovette
nuocere
.
Vedersi
scompigliare
tutta
la
vita
,
ricominciare
da
capo
,
quando
si
sono
passati
i
sessant
'
anni
,
a
giudicare
amici
e
nemici
.
Non
che
non
fosse
un
buon
soldato
.
Era
un
combattente
isolato
,
un
eroe
solitario
,
per
quanto
più
d
'
una
volta
si
sia
sentito
solidale
con
gli
altri
,
nel
periodo
della
depressione
americana
(
Avere
e
non
avere
)
,
e
sopra
tutto
durante
la
guerra
di
Spagna
.
Ma
sempre
la
sua
pietà
fu
più
grande
della
sua
carica
di
odio
e
di
furore
.
Durante
la
guerra
di
Spagna
Hemingway
pensò
all
'
Italia
guardando
i
nostri
morti
nel
bosco
accanto
alla
Carretera
de
Francia
:
«
I
morti
italiani
,
forse
per
i
luoghi
dove
hai
vissuto
la
tua
gioventù
,
sembravano
sempre
eguali
ai
nostri
morti
»
.
L
'
immagine
che
conserviamo
ora
di
lui
è
proprio
questa
del
vecchio
guerriero
dal
corpo
ricoperto
di
cicatrici
.
E
che
se
si
è
tolto
la
vita
lo
ha
fatto
non
per
viltà
,
ma
per
non
arrendersi
,
per
non
darsi
prigioniero
.
Un
vecchio
soldato
.
Nel
1918
a
Fossalta
,
quando
gli
dettero
la
medaglia
d
'
argento
,
una
bomba
di
mortaio
gli
lasciò
237
schegge
in
una
gamba
,
e
fu
ferito
anche
durante
la
Seconda
guerra
mondiale
,
quando
aveva
passato
i
quarant
'
anni
.
Era
dunque
vulnerabile
,
anche
troppo
vulnerabile
.
Chi
lo
conosceva
da
vicino
sapeva
che
alzava
la
voce
e
si
apriva
la
camicia
per
mostrare
í
peli
sul
petto
solo
quando
gli
sembrava
che
si
potesse
scoprire
la
sua
debolezza
d
'
uomo
schivo
,
gentile
.
Allora
veniva
fuori
il
personaggio
Hemingway
,
come
il
corrispondente
di
guerra
che
arrivò
a
Parigi
prima
delle
avanguardie
della
colonna
Leclerc
,
coi
partigiani
e
per
prima
cosa
andò
a
liberare
l
'
Hotel
Ritz
,
mise
di
guardia
due
dei
suoi
uomini
al
portone
di
piazza
della
Concordia
,
e
scoprì
con
soddisfazione
che
c
'
era
ancora
molta
buona
roba
da
bere
,
rimasta
in
cantina
.
Ultimata
così
la
sua
«
guerra
privata
»
,
Hemingway
si
ricordò
d
'
essere
scrittore
e
andò
a
trovare
due
vecchie
amiche
(
Sylvia
Beach
e
Adrienne
Monnier
)
nella
loro
libreria
di
via
dell
'
Odéon
.
Le
due
vecchie
zitelle
stentarono
non
poco
a
riconoscere
in
quell
'
omaccione
terrificante
dalla
barba
da
frate
il
giovane
e
smilzo
Ernie
dagli
occhi
di
gazzella
di
venti
e
passa
anni
prima
.
Pirro ( Pintor Luigi , 1996 )
StampaQuotidiana ,
Bisogna
andare
all
'
interno
dell
'
isola
di
Corfù
per
trovare
degli
ulivi
fronzuti
come
quello
che
vincerà
le
elezioni
del
21
aprile
.
La
sua
ombra
si
è
dilatata
a
dismisura
e
al
suo
riparo
c
'
è
di
tutto
,
dalla
sinistra
estrema
alla
destra
classica
.
La
sua
vittoria
è
aritmeticamente
certa
,
anche
se
non
sempre
l
'
aritmetica
coincide
con
la
politica
.
Fatto
sta
che
le
forze
di
discendenza
comunista
(
chiedo
scusa
al
Pds
)
possono
contare
su
un
serbatoio
che
con
altre
forze
minori
comprende
più
di
un
terzo
dell
'
elettorato
,
e
che
quasi
tutto
il
vecchio
pentapartito
assemblato
nel
centro
governativo
di
Dini
può
colmare
facilmente
la
differenza
.
Al
confronto
,
il
Polo
di
destra
appare
piuttosto
come
un
palo
piallato
,
magari
biforcuto
ma
spoglio
di
rami
,
fronde
e
festoni
.
Ammesso
che
Fini
e
Berlusconi
conservino
il
consenso
di
un
40
per
cento
di
elettori
,
non
si
vede
dove
altro
possano
pescare
.
Un
'
impennata
fascista
(
chiedo
scusa
)
è
sempre
un
'
eventualità
,
ma
non
sembrano
crederci
neppure
loro
.
Annusano
lo
scacco
e
non
nascondono
l
'
impaccio
.
Non
è
poi
vero
che
la
Lega
corre
sola
,
ha
accordi
di
desistenza
occulti
e
questo
accresce
ancora
i
margini
di
sicurezza
dell
'
ulivo
di
Corfù
?
Se
è
lecito
scherzare
,
la
garanzia
definitiva
della
nostra
prevalenza
viene
dalla
candidatura
avversaria
di
Colletti
,
che
in
politica
(
lo
dico
con
sincero
apprezzamento
)
ha
sempre
perso
per
vocazione
.
Siccome
alle
elezioni
,
come
anche
alle
Olimpiadi
malgrado
il
marchese
fondatore
,
non
ci
si
va
per
partecipare
ma
per
vincere
con
ogni
mezzo
,
benissimo
così
.
Ci
sentiamo
tranquillizzati
,
al
riparo
dai
rischi
di
catastrofe
,
e
quindi
esentati
una
volta
tanto
dall
'
obbligo
di
entusiasmarci
e
di
imbrogliarci
per
pompare
una
vittoria
già
largamente
assicurata
dalla
Fiat
.
Diciamo
allora
senza
infingimenti
che
,
trattandosi
di
una
vittoria
altamente
drogata
,
sarà
a
rischio
di
squalifica
un
'
ora
dopo
.
Battuti
sul
campo
,
Fini
e
Berlusconi
siederanno
di
nuovo
con
tutti
gli
onori
al
tavolo
delle
riforme
presidenzialiste
già
pattuite
.
Il
pavone
megalomane
che
stampa
il
suo
nome
a
lettere
cubitali
sulle
schede
farà
la
ruota
,
e
tornerà
a
fare
l
'
arbitro
che
s
'
intende
venduto
.
Anemizzato
dalle
desistenze
e
con
una
rappresentanza
sminuita
,
il
Pds
sarà
accerchiato
da
torme
di
centristi
rinvigoriti
e
declassato
da
donatore
di
sangue
a
portatore
d
'
acqua
,
nel
momento
stesso
in
cui
gli
parrà
di
coronare
il
lungo
sogno
governativo
.
E
all
'
opposizione
avremo
cinquanta
deputati
.
Più
o
meno
questo
sarà
lo
scenario
postelettorale
,
che
sarebbe
arduo
interpretare
come
una
sconfitta
della
destra
e
una
vittoria
della
sinistra
.
Il
re
dell
'
Epiro
passò
infelicemente
alla
storia
per
vittorie
di
questo
tipo
,
e
conviene
saperlo
prima
per
essere
meglio
attrezzati
dopo
.
Pazienza
se
ci
arrivassimo
senza
una
qualche
visibilità
e
distinzione
di
sostanza
e
di
fisionomia
,
il
peggio
è
che
ci
arriviamo
avendo
accreditato
fatalmente
forme
e
meccanismi
della
politica
che
sono
della
politica
una
parodia
e
della
democrazia
una
negazione
.
Quando
ci
si
curva
sotto
queste
forche
caudine
è
poi
molto
faticoso
raddrizzare
la
schiena
e
ricominciare
«
da
sinistra
»
,
anche
dando
a
questa
parola
il
significato
più
blando
.
StampaQuotidiana ,
Sono
andato
a
trovare
Benedetto
Croce
e
l
'
ho
distolto
,
per
un
istante
,
dalla
serenità
dei
suoi
studi
,
con
la
mia
importuna
curiosità
giornalistica
.
Gli
ho
dimandato
:
-
Avete
letto
nei
giornali
le
rinnovate
discussioni
sul
liberalismo
e
sul
fascismo
,
sulla
ragion
d
'
essere
dell
'
uno
e
dell
'
altro
e
sui
loro
possibili
rapporti
?
Non
vi
pare
che
la
disputa
sia
proceduta
con
molta
confusione
?
Voi
;
che
ve
ne
state
in
disparte
,
intento
agli
studi
,
dovreste
,
con
la
solita
vostra
lucidezza
di
concetti
,
schiarire
i
termini
in
disputa
e
,
insomma
,
dirci
il
vostro
avviso
.
-
Caro
Dell
'
Erba
,
ci
conosciamo
da
tanti
anni
che
non
vi
dispiacerete
se
io
vi
dico
che
la
vostra
domanda
non
tanto
mi
lusinga
per
la
sua
cortese
intenzione
quanto
mi
ferisce
in
una
mia
idea
prediletta
.
Io
ho
sempre
dichiarato
ridicola
la
figura
del
filosofo
che
,
o
spontaneo
o
invitato
,
si
fa
,
in
nome
della
filosofia
e
della
scienza
,
a
pronunziare
sentenze
su
questioni
politiche
.
Ridicola
,
e
anche
un
po
'
odiosa
,
perché
ci
è
della
prepotenza
in
quel
salto
dall
'
una
all
'
altra
competenza
,
dalla
sfera
del
pensiero
e
della
critica
all
'
altra
della
pratica
e
dell
'
azione
.
Su
questioni
politiche
e
di
azione
,
vi
risponderà
in
modo
certo
più
interessante
chi
si
sente
Achille
in
seno
,
che
non
io
che
,
tutto
al
più
,
ho
Aristotile
in
seno
.
-
Ma
ciò
che
vi
domando
riguarda
appunto
una
questione
,
diciamo
così
filosofica
,
ossia
la
più
esatta
definizione
del
liberalismo
e
del
suo
ufficio
proprio
,
della
virtù
o
del
difetto
dello
Stato
liberale
.
-
È
,
permettetemi
,
una
falsa
questione
filosofica
;
per
chi
guardi
con
occhio
di
filosofo
e
di
storico
,
tutti
gli
Stati
sono
sempre
un
unico
Stato
,
tutti
i
Governi
un
unico
Governo
:
quello
di
un
gruppo
che
domina
e
perciò
governa
la
maggioranza
;
e
tutti
,
finché
durano
,
adempiano
ad
una
utilità
,
anzi
alla
maggiore
utilità
possibile
nel
momento
dato
;
e
discernere
volta
per
volta
quale
questa
utilità
sia
stata
è
,
appunto
,
opera
dello
storico
.
Le
forme
politiche
sono
astrazioni
dei
teorici
,
e
per
questa
ragione
esse
riescono
indifferenti
così
allo
storico
che
non
guarda
mai
all
'
astratta
forma
,
ma
alla
sostanza
ossia
alla
forma
riempita
e
concreta
,
come
all
'
uomo
di
azione
che
lo
considera
pregiudizi
più
o
meno
rispettabili
.
Le
forme
degli
Stati
e
dei
Governi
vengono
dissipate
e
sostituite
non
da
una
critica
teorica
,
che
si
eserciti
su
di
loro
,
ma
dalla
presenza
e
dall
'
azione
di
altri
gruppi
che
rappresentano
o
fanno
sperare
una
maggiore
utilità
sociale
.
Se
volete
mettere
ciò
in
forma
negativa
,
ricordatevi
di
Matteo
Visconti
che
,
scacciato
da
Milano
,
se
ne
stava
tranquillo
a
pescare
sul
lago
di
Garda
e
,
a
un
milanese
che
gli
domandava
quando
avrebbe
ripreso
il
dominio
di
Milano
,
rispose
serenamente
:
"
Quando
la
somma
delle
bestialità
di
coloro
che
ora
governano
avrà
superato
quella
delle
bestialità
compiute
da
me
.
"
-
Sicché
?
-
Fate
voi
l
'
applicazione
ai
casi
presenti
,
e
lasciate
che
aggiunga
che
non
mi
sembra
tanto
facile
superare
presto
la
somma
delle
bestialità
commesse
,
in
Italia
,
nei
primi
anni
del
dopo
guerra
!
Nel
fatto
,
dunque
,
non
esiste
ora
una
questione
di
liberalismo
e
di
fascismo
,
ma
solo
una
questione
di
forze
politiche
.
Dove
sono
le
forze
che
possano
,
ora
,
fronteggiare
o
prendere
la
successione
del
Governo
presente
?
Io
non
le
vedo
.
Noto
invece
grande
paura
di
un
eventuale
ritorno
all
'
anarchia
del
1922
.
Per
un
tale
effetto
nessuno
che
abbia
senno
augura
un
cangiamento
.
-
Ma
voi
,
personalmente
,
accettate
o
no
l
'
idealità
liberale
?
-
Non
so
quanto
possa
importare
di
conoscere
quello
che
io
accetti
(
io
che
ho
Aristotile
e
non
Achille
in
seno
)
nelle
cose
della
politica
.
Ma
,
se
vi
fa
piacere
saperlo
,
vi
dirò
che
io
,
personalmente
,
sono
e
non
saprei
non
essere
liberale
.
Perché
?
Non
per
ragioni
filosofiche
o
teoriche
,
che
ho
già
escluse
dalla
considerazione
politica
;
ma
,
direi
,
allo
stesso
modo
che
mi
sento
napoletano
o
borghese
meridionale
.
Tutto
il
mio
essere
mentale
e
morale
è
venuto
fuori
dalla
tradizione
liberale
del
Risorgimento
.
E
come
può
non
sentirsi
liberale
,
chi
si
è
formato
nel
primo
cinquantennio
della
nuova
Italia
unitaria
e
liberale
,
e
ha
respirato
in
quell
'
aria
,
e
si
è
giovato
di
quelle
iniziative
,
di
quei
contrasti
,
di
quel
rapido
accrescimento
e
ammodernamento
della
vita
italiana
?
Sicché
io
,
rinunziando
a
difendere
il
liberalismo
(
come
qualsiasi
altra
tesi
politica
)
con
argomenti
teorici
,
tanto
più
lo
asserisco
come
una
mia
realtà
di
sentimento
e
di
volontà
.
Anzi
,
non
ho
bisogno
,
per
mio
conto
,
di
difenderlo
,
cioè
di
appoggiarlo
a
cattivi
ragionamenti
e
a
sofismi
.
E
auguro
di
cuore
che
i
liberali
italiani
,
ripigliando
coscienza
della
loro
migliore
tradizione
,
restaurino
il
partito
liberale
ridandogli
quell
'
elevato
carattere
etico
che
ebbe
sin
da
principio
;
e
in
questa
esigenza
etica
,
nella
devozione
alla
patria
,
trovino
il
modo
di
risanare
le
scissioni
,
che
non
solo
li
indeboliscono
,
ma
li
pervertono
.
-
Non
c
'
è
una
contraddizione
tra
questa
vostra
fede
liberale
e
l
'
accettazione
e
giustificazione
che
fate
del
fascismo
?
-
Nessuna
contraddizione
.
Se
i
liberali
non
hanno
avuto
la
forza
e
la
virtù
di
salvare
essi
l
'
Italia
dall
'
anarchia
in
cui
si
dibatteva
,
debbono
dolersi
di
se
medesimi
,
recitare
il
"
mea
culpa
,
"
e
intanto
accettare
e
riconoscere
il
bene
da
qualunque
parte
sia
sorto
,
e
prepararsi
per
l
'
avvenire
.
Questo
,
il
loro
dovere
.
Non
credo
che
essi
abbiano
l
'
altro
dovere
di
diventare
"
fascisti
,
"
cioè
di
vestire
la
personalità
di
uomini
che
hanno
altro
temperamento
,
hanno
percorso
diversa
esperienza
ed
appartengono
in
gran
numero
alla
generazione
più
giovane
.
Sarebbero
cattivi
fascisti
,
perché
fascisti
in
cattiva
coscienza
;
laddove
possono
essere
buoni
liberali
e
rendere
utili
servigi
all
'
Italia
nel
presente
e
nell
'
avvenire
.
StampaQuotidiana ,
Berlino
,
16
agosto
-
Qui
a
Berlino
,
pioggia
,
freddo
e
reticolati
:
Ferragosto
livido
e
ore
cariche
di
ansia
.
I
tedeschi
-
est
(
due
divisioni
corazzate
sovietiche
si
sono
avvicinate
durante
la
notte
alla
città
)
continuano
a
rafforzare
il
blocco
,
alzano
lastroni
di
cemento
dietro
il
filo
spinato
,
come
se
la
chiusura
della
città
dovesse
diventare
definitiva
.
In
pratica
,
nessuno
può
ormai
raggiungere
legalmente
l
'
Occidente
.
I
treni
che
viaggiano
dalla
Repubblica
democratica
alla
Repubblica
federale
vengono
fermati
sulla
linea
di
demarcazione
;
anche
se
hanno
il
permesso
,
i
cittadini
della
zona
sovietica
vengono
fatti
scendere
.
Intanto
le
grandi
Potenze
occidentali
tacciono
,
la
nota
di
protesta
dei
comandi
alleati
appare
debole
anche
nella
forma
.
Berlino
non
è
mai
stata
così
«
insulare
»
.
Solo
sedici
persone
nelle
ultime
ventiquattr
'
ore
sono
riuscite
a
passare
nella
Berlino
occidentale
:
alcune
a
nuoto
per
canali
che
attraversano
la
città
,
alcune
,
come
un
soldato
,
saltando
i
rotoli
di
filo
spinato
.
Ma
ora
í
militi
comunisti
hanno
ricevuto
l
'
ordine
di
sparare
sui
fuggiaschi
;
adesso
la
porta
sembra
davvero
sprangata
.
Degli
83
passaggi
per
cui
fluiva
la
vita
della
grande
città
ne
sono
rimasti
aperti
praticamente
solo
tre
.
Ho
provato
stamane
quello
della
Wollankstrasse
:
i
militi
comunisti
,
prima
di
lasciarmi
passare
,
nonostante
il
passaporto
straniero
,
hanno
voluto
telefonare
a
un
loro
comando
.
Si
capisce
che
la
promessa
di
libero
transito
,
per
i
berlinesi
occidentali
che
siano
«
pacifici
cittadini
»
,
è
un
impegno
quanto
mai
vago
;
certo
che
i
berlinesi
occidentali
non
sembrano
disposti
ad
approfittarne
,
e
le
comunicazioni
fra
le
due
città
appaiono
congelate
.
Città
insulare
,
la
Berlino
occidentale
ha
bisogno
in
queste
ore
di
una
voce
che
sappia
confortarla
e
guidarla
.
Quella
del
cancelliere
Adenauer
è
lontana
e
stonata
:
anche
in
quest
'
ora
drammatica
non
rinuncia
alle
polemiche
elettorali
.
Resta
la
voce
del
borgomastro
Willy
Brandt
,
non
un
uomo
di
genio
,
ma
un
uomo
di
coraggio
.
Alle
16
duecentomila
berlinesi
si
adunano
nella
Rudolf
Wilde
Platz
:
piove
a
folate
,
schiarite
per
pochi
minuti
e
poi
altre
nubi
nere
vengono
a
sfilacciarsi
fra
queste
case
di
vetro
e
di
cemento
.
La
folla
è
ordinata
dietro
i
cartelli
delle
fabbriche
e
dei
sindacati
.
Leggo
alcuni
patetici
motti
:
«
Con
la
carta
stampata
non
si
resiste
ai
carri
armati
»
,
«
Sono
trascorse
novanta
ore
e
l
'
Occidente
non
ci
ha
rivolto
nessuna
parola
»
,
«
Dove
sono
le
garanzie
?
Le
promesse
sono
solo
promesse
?
»
.
Continuando
ad
arrivare
gente
,
l
'
assembramento
si
inspessisce
,
qualcuno
nella
calca
sviene
,
passano
rapide
fra
ululii
di
sirene
le
autoambulanze
.
Durante
le
schiarite
le
facciate
delle
case
sono
di
un
bianco
squallido
,
alla
Utrillo
,
e
i
visi
di
un
colore
marrone
scialbo
.
Poi
con
la
pioggia
tutto
si
perde
nel
grigio
.
La
voce
del
borgomastro
è
rauca
e
commossa
.
«
Il
padrone
rosso
»
esordisce
«
ha
allentato
di
un
anello
la
catena
al
cane
Ulbricht
e
gli
ha
permesso
di
mandare
i
carri
armati
a
Berlino
.
Noi
siamo
qui
per
dire
al
cane
Ulbricht
che
difenderemo
la
nostra
libertà
e
la
nostra
indipendenza
.
Questo
raduno
deve
dimostrare
al
mondo
che
noi
non
abbiamo
rinunciato
alla
libertà
e
all
'
unità
del
popolo
tedesco
»
.
«
In
queste
ore
tristissime
»
prosegue
il
borgomastro
«
molti
nostri
fratelli
arruolati
loro
malgrado
nella
milizia
comunista
sono
costretti
a
rivolgere
le
armi
contro
i
loro
concittadini
.
Fratelli
di
Berlino
-
Est
,
noi
facciamo
appello
alla
vostra
coscienza
:
non
sparate
in
nessuna
occasione
contro
chi
è
del
vostro
stesso
popolo
,
evitate
,
come
noi
vogliamo
evitarla
,
una
guerra
fratricida
»
.
Brandt
ha
in
seguito
annunciato
le
prime
misure
prese
dal
Senato
della
città
come
rappresaglia
al
blocco
comunista
;
la
soppressione
del
giornale
comunista
«
Warheit
»
;
l
'
espulsione
dei
corrispondenti
tedeschi
-
est
;
la
soppressione
del
conguaglio
pagato
dai
berlinesi
occidentali
che
ancora
lavorano
nel
settore
comunista
.
Ha
detto
pure
che
i
comandi
militari
alleati
«
considerano
con
favore
la
sua
proposta
di
assumere
l
'
amministrazione
della
ferrovia
sopraelevata
del
settore
occidentale
;
amministrazione
fino
ad
ora
tenuta
dai
sovietici
»
.
(
Ma
le
autorità
tedesche
-
est
hanno
prontamente
risposto
che
questo
gesto
«
condurrebbe
inevitabilmente
al
blocco
di
Berlino
-
Ovest
»
)
.
Ovviamente
non
sono
queste
misure
poliziesco
-
amministrative
che
possono
bloccare
le
ansie
e
le
aspettative
dei
duecentomila
adunati
sulla
piazza
e
dei
milioni
in
ascolto
di
qua
e
di
là
dei
reticolati
.
E
Willy
Brandt
viene
agli
argomenti
di
fondo
,
alle
iniziative
politico
-
militari
.
Comunica
la
notizia
della
visita
del
generale
Clarke
a
Berlino
(
una
visita
-
lampo
:
il
comandante
delle
Forze
americane
in
Europa
si
è
incontrato
con
Brandt
e
ha
compiuto
una
rapida
ispezione
ai
reparti
)
;
poi
dice
:
«
Ho
mostrato
a
Clarke
la
sopraffazione
commessa
dai
comunisti
,
gli
ho
fatto
vedere
le
violazioni
patenti
che
commettono
ad
ogni
ora
,
ad
ogni
minuto
.
Egli
sa
qual
è
la
situazione
.
Poi
ho
scritto
una
lettera
al
presidente
Kennedy
.
Gli
ho
detto
a
nome
vostro
che
Berlino
non
può
più
accontentarsi
di
incoraggiamenti
e
di
note
di
protesta
,
gli
ho
detto
che
Berlino
ha
bisogno
di
un
preciso
impegno
politico
.
Siamo
arrivati
al
punto
in
cui
non
si
può
arretrare
.
Noi
berlinesi
vogliamo
la
pace
,
ma
non
capitoleremo
mai
.
Il
Senato
della
città
ha
deciso
di
investire
del
problema
berlinese
le
Nazioni
Unite
.
Intanto
noi
invitiamo
i
rappresentanti
di
tutte
le
Nazioni
del
mondo
qui
a
Berlino
.
Vengano
e
vedano
con
i
loro
occhi
che
cosa
significa
per
i
comunisti
il
rispetto
dei
trattati
e
del
diritto
.
»
«
Certo
sarebbe
stato
bello
e
lo
sarebbe
se
il
Parlamento
federale
scegliesse
questa
occasione
per
riunirsi
a
Berlino
»
ha
proseguito
Brandt
.
«
La
prudenza
che
lo
ha
trattenuto
finora
dal
farlo
a
quanto
pare
non
è
stata
premiata
.
Se
la
situazione
non
muterà
,
la
Germania
federale
dovrà
prendere
gravi
misure
contro
la
Germania
di
Pankow
:
interrompere
ogni
rapporto
culturale
,
rifiutare
ogni
invito
alla
Fiera
di
Lipsia
.
Se
ci
sono
degli
uomini
d
'
affari
che
in
questa
congiuntura
vogliono
far
denari
coi
nostri
aguzzini
vadano
pure
a
Lipsia
:
ma
non
facciano
più
ritorno
»
.
«
È
giunto
»
ha
concluso
Brandt
«
il
momento
della
decisione
.
Ciascun
uomo
libero
si
renda
conto
che
qui
non
si
gioca
solo
il
destino
di
Berlino
,
ma
anche
il
suo
destino
.
Non
bisogna
più
mollare
di
un
pollice
.
Noi
siamo
pronti
a
resistere
anche
da
soli
.
»
Il
borgomastro
Brandt
aveva
appena
finito
di
parlare
e
già
la
radio
comunista
commentava
in
modo
sarcastico
il
discorso
.
«
Le
proteste
degli
alleati
e
i
fieri
propositi
del
borgomastro
hanno
il
peso
di
questo
foglietto
»
diceva
uno
speaker
della
televisione
sorridendo
e
agitando
un
pezzo
di
carta
.
Alle
minacce
di
sanzioni
economiche
(
lo
scambio
di
merci
raggiunge
una
cifra
di
due
miliardi
e
ottocento
milioni
di
marchi
)
le
autorità
comuniste
hanno
già
risposto
con
la
minaccia
di
un
blocco
totale
di
Berlino
.
Esse
concederebbero
il
passaggio
solo
ai
rifornimenti
destinati
alle
truppe
alleate
e
con
il
pretesto
della
«
sospensione
dei
rapporti
economici
»
bloccherebbero
anche
quelli
destinati
alla
popolazione
civile
.
Ma
a
questo
punto
il
litigio
fra
i
tedeschi
(
questo
assurdo
litigio
fra
nemici
,
non
si
sa
se
veri
o
simulati
)
può
durare
all
'
infinito
e
non
risolvere
nulla
.
La
verità
è
che
a
questo
punto
la
decisione
spetta
alle
due
superpotenze
,
all
'
America
e
alla
Russia
.
Solo
esse
nei
prossimi
giorni
possono
dirci
se
ancora
è
possibile
l
'
accordo
.
StampaQuotidiana ,
L
'
aggressione
sessuale
invertita
(
lei
dirigente
molesta
,
lui
dipendente
molestato
in
ufficio
)
è
da
ridere
,
la
lotta
carrieristico
-
aziendale
è
interessante
e
divertente
:
ancora
una
volta
la
campagna
promozionale
altera
il
senso
d
'
un
film
vendendo
fumo
agli
spettatori
,
ancora
una
volta
un
eventuale
tema
sociale
viene
usato
come
valore
pubblicitario
aggiunto
.
È
francamente
difficile
fare
a
meno
di
ridere
vedendo
lo
sciupacchiato
Michael
Douglas
,
incalzato
dalla
bellissima
Demi
Moore
,
semispogliato
,
eccitato
,
manipolato
da
lei
con
masturbazione
e
fellatio
,
attaccare
a
strepitare
:
«
No
,
no
,
ho
una
famiglia
,
smettila
,
non
voglio
»
,
e
scappare
via
inseguito
dalle
vendicative
minacce
di
lei
.
In
passato
i
due
sono
stati
amanti
molto
ardenti
.
Nel
presente
lei
è
stata
nominata
al
posto
di
lui
vicepresidente
della
società
e
,
dopo
esser
stata
rifiutata
,
lo
accusa
di
molestie
sessuali
,
rendendo
così
disagevole
la
permanenza
in
azienda
di
lui
che
controaccusa
deciso
a
difendersi
e
a
ristabilire
la
verità
dei
fatti
,
in
un
'
aspra
contesa
paragiudiziaria
.
Nell
'
evolversi
della
storia
,
si
saprà
che
l
'
accusa
di
molestie
sessuali
era
una
trappola
programmata
e
pianificata
dal
presidente
della
società
con
la
complicità
di
Demi
Moore
per
liberarsi
di
Douglas
,
professionista
onesto
e
serio
che
non
avrebbe
coperto
certi
pasticci
aziendali
combinati
per
spendere
meno
a
danno
dei
prodotti
,
capaci
,
se
rivelati
,
di
mettere
in
crisi
la
vantaggiosa
fusione
con
un
'
altra
società
.
Naturalmente
,
alla
fine
la
donna
cattiva
viene
sbugiardata
,
umiliata
,
sconfitta
:
e
l
'
uomo
virtuoso
vince
,
anche
grazie
a
un
'
altra
donna
dirigente
,
personaggio
che
serve
a
scansare
ogni
imputazione
di
misoginia
e
antifemminismo
.
Michael
Crichton
,
lo
scrittore
dal
cui
romanzo
edito
da
Garzanti
deriva
il
film
,
risulta
anche
stavolta
un
gran
narratore
di
intrighi
appassionanti
che
sommano
molti
elementi
d
'
attrazione
.
Se
il
sesso
è
risibile
,
il
conflitto
aziendale
e
il
confronto
ostile
sono
interessanti
.
È
suggestiva
l
'
azienda
altamente
tecnologica
,
collocata
in
una
scenografia
che
mescola
tradizione
e
ipermodernità
,
corredata
di
tutti
i
possibili
sistemi
e
gadget
elettronici
,
arricchita
da
un
'
apparecchiatura
di
realtà
virtuale
che
ha
importanza
decisiva
nella
vicenda
,
resa
eloquente
da
un
particolare
linguaggio
professionale
.
È
teso
il
rapporto
tra
Douglas
e
sua
moglie
,
è
bellissima
la
città
di
Seattle
,
è
strano
che
l
'
interprete
dell
'
avvocatessa
di
lui
si
chiami
Roma
Maffia
(
pseudonimo
?
Speriamo
)
.
È
abbastanza
fuori
del
comune
il
modo
diretto
in
cui
vengono
descritti
uno
speciale
cinismo
industriale
e
quel
duro
«
rapporto
d
'
uso
»
tra
persone
che
appare
sempre
più
dominante
.
StampaQuotidiana ,
Le
onoranze
che
un
apposito
comitato
intende
tributare
a
Marinetti
quale
"
animatore
di
italianità
"
sono
ben
meritate
.
Creando
il
futurismo
politico
,
egli
fu
senza
dubbio
uno
dei
precursori
del
Fascismo
.
Anzi
,
in
un
primo
tempo
,
fascismo
e
futurismo
politico
furono
una
cosa
sola
.
Furono
quelli
i
tempi
eroici
della
rivoluzione
...
Un
mese
e
mezzo
prima
dell
'
armistizio
,
e
cioè
il
20
settembre
1918
,
Marinetti
fondava
"
Roma
futurista
"
che
,
fatte
le
debite
proporzioni
,
adempi
nella
capitale
un
compito
analogo
a
quello
del
"
Popolo
d
'Italia."
Mentre
l
'
Idea
Nazionale
"
raccoglieva
attorno
a
sé
le
vecchie
e
provate
,
ma
un
po
'
'
tarde
,
falangi
del
nazionalismo
,
custodendo
gelosamente
il
fuoco
sacro
di
una
dottrina
,
che
poi
doveva
passare
nelle
mani
del
fascismo
,
i
futuristi
costituirono
il
primo
nucleo
intellettuale
dei
fasci
di
combattimento
.
Così
che
,
senza
alcuna
iattanza
,
Mario
Carli
poté
affermare
che
"
Mussolini
e
Marinetti
,
coi
futuristi
,
gli
arditi
e
i
primi
fascisti
,
nella
gloriosa
via
Paolo
da
Cannobio
a
Milano
;
ed
io
coi
futuristi
e
gli
arditi
a
Roma
:
ecco
i
soli
che
in
quel
tempo
combatterono
per
la
salute
d
'Italia."
I
Fasci
furono
fondati
a
Milano
il
23
marzo
1919
.
Il
15
aprile
,
con
la
battaglia
di
via
Mercanti
,
si
iniziava
la
guerra
civile
.
L'11
luglio
Marinetti
pronunziava
la
sua
famosa
invettiva
a
Montecitorio
,
su
cui
poco
dopo
l
'
eroico
aviatore
Keller
lasciava
cadere
dall
'
alto
dei
cieli
un
simbolico
orinale
.
Dopo
aver
partecipato
al
primo
congresso
fascista
di
Firenze
,
il
capo
del
futurismo
poneva
,
accanto
al
Duce
del
fascismo
,
la
sua
candidatura
alle
infauste
elezioni
di
novembre
.
Fu
un
vero
colpo
d
'
ala
da
parte
di
Mussolini
quello
di
sfidare
l
'
insuccesso
certo
e
lo
scherno
dei
benpensanti
,
associandosi
come
compagno
di
lista
non
già
una
qualche
veneranda
barba
dell
'
olimpo
accademico
,
ma
un
poeta
futurista
.
Quello
che
importava
allora
non
era
di
entrare
a
Montecitorio
.
Ivi
la
sua
voce
sarebbe
rimasta
vox
clamantis
in
deserto
.
Lo
scopo
di
Mussolini
era
di
agganciare
alla
sua
locomotiva
la
gioventù
italiana
.
Alle
valorose
ma
esigue
schiere
dei
socialisti
nazionali
occorreva
associare
la
gioventù
universitaria
,
di
cui
gli
studenti
futuristi
erano
l
'
avanguardia
;
il
grosso
,
sì
come
suole
,
sarebbe
venuto
dietro
.
Questo
scopo
fu
raggiunto
in
pieno
.
Nessun
fascista
entrò
a
Montecitorio
,
ma
tutta
la
gioventù
italiana
,
armata
,
costituì
la
invincibile
falange
dello
squadrismo
.
L
'
azione
fascista
e
l
'
azione
politica
del
futurismo
appaiono
così
compenetrate
e
fuse
,
da
non
potersi
separare
l
'
una
dall
'
altra
.
Può
dirsi
altrettanto
delle
sue
ideologie
.
Non
conviene
dimenticare
che
,
al
congresso
di
Milano
del
1920
,
Marinetti
ed
alcuni
altri
futuristi
uscirono
dai
ranghi
del
partito
.
In
fondo
,
il
poeta
sentiva
che
la
sua
missione
,
come
uomo
politico
,
era
finita
.
L
'
animatore
doveva
oramai
cedere
il
posto
al
realizzatore
.
Non
altrimenti
si
spiega
il
silenzio
politico
di
D
'
Annunzio
.
Non
si
tratta
dunque
certo
di
una
diserzione
!
Ma
il
pretesto
per
ritirarsi
fu
di
natura
ideologica
.
Marinetti
non
ammetteva
la
fatale
evoluzione
del
fascismo
verso
destra
.
Il
futurismo
politico
restava
così
al
primo
stadio
dell
'
evoluzione
fascista
.
Tale
infatti
ci
appare
a
traverso
i
due
volumi
del
Poeta
:
Democrazia
futurista
(
Ed
.
Facchi
,
Milano
)
e
l
'
altro
più
recente
:
Futurismo
e
Fascismo
(
Campitelli
,
Foligno
)
.
Ma
il
fascismo
si
è
ormai
liberato
dai
residui
romantici
,
anarchici
e
anticlericali
che
ancora
fermentano
nel
movimento
marinettiano
.
Questo
è
rimasto
allo
stato
di
meteora
incandescente
e
rifiuta
di
solidificarsi
.
Marinetti
è
l
'
uomo
che
semina
,
ma
non
raccoglie
.
Genio
vulcanico
,
creatore
,
ma
non
costruttore
,
né
architetto
...
StampaQuotidiana ,
Fare
soldi
,
per
fare
soldi
,
per
fare
soldi
:
se
esistono
altre
prospettive
,
chiedo
scusa
,
non
le
ho
viste
.
Di
abitanti
cinquantasettemila
,
di
operai
venticinquemila
,
di
milionari
a
battaglioni
affiancati
,
di
librerie
neanche
una
.
Non
volevo
crederci
.
Poi
mi
hanno
spiegato
che
ce
n
'
era
una
,
in
via
del
Popolo
:
se
capitava
un
cliente
,
forestiero
,
il
libraio
lo
sogguardava
,
con
diffidente
stupore
.
Chiusa
per
fallimento
,
da
più
di
un
anno
.
Diciamo
che
il
leggere
non
si
concilia
con
il
correre
e
qui
,
sotto
la
nebbia
che
esala
dal
Ticino
,
è
un
correre
continuo
e
affannoso
.
Tribù
fameliche
giungono
dalle
province
venete
e
dalla
Calabria
;
sui
prati
che
videro
galoppare
i
falconieri
di
Francesco
Sforza
sorgono
,
nel
consueto
disordine
,
baracche
,
villette
e
condomini
;
negli
invasi
delle
risaie
crescono
i
pioppi
di
pelle
bianca
e
va
spegnendosi
il
grido
del
sorvegliante
«
pianté
ben
tosann
»
.
Ora
anche
i
braccianti
della
Lomellina
si
inurbano
in
questa
Vigevano
dove
i
contadini
possono
diventare
ciabattini
e
i
ciabattini
industriali
nel
volgere
di
poche
settimane
.
Avanti
popolo
,
la
ricchezza
è
a
portata
di
mano
,
di
fallimento
non
si
muore
e
se
va
bene
va
bene
,
il
denaro
circola
,
il
disoccupato
manca
,
le
boutiques
,
i
negozi
di
primizie
,
i
fiorai
sono
gli
stessi
di
via
Montenapoleone
e
più
cari
,
gli
elettrodomestici
e
le
automobili
si
vendono
che
è
un
piacere
.
«
Ma
dice
sul
serio
?
Non
c
'
è
neanche
una
libreria
?
»
«
Dico
sul
serio
,
non
c
'
è
»
.
«
Vorrebbe
sostenere
che
a
Vigevano
è
impossibile
acquistare
un
libro
?
»
«
Non
ho
detto
questo
.
A
Vigevano
ci
sono
molte
cartolibrerie
.
Potete
trovarci
tutti
i
libri
mastri
che
volete
.
E
La
monaca
di
Monza
del
Mazzucchelli
,
se
non
è
esaurito
»
.
«
Via
,
la
smetta
con
i
paradossi
.
Dica
piuttosto
,
sinceramente
,
che
impressione
le
ha
fatto
questa
provincia
toccata
dal
miracolo
economico
»
.
Io
lo
dico
.
Dico
un
miracolo
vero
,
per
intervento
soprannaturale
.
Togliete
Dio
,
il
demonio
o
un
'
altra
presenza
metafisica
e
spiegatemi
,
se
siete
capaci
,
questo
rigoglio
economico
sbocciato
fra
il
disordine
,
il
dilettantismo
,
il
rifiuto
di
ogni
regola
associativa
.
Se
non
c
'
è
stata
una
Pentecoste
,
chi
ha
infiammato
questi
rappresentanti
di
commercio
,
meno
che
monoglotti
,
alla
conquista
dei
mercati
mondiali
per
le
italian
shoes
?
Se
non
c
'
è
stata
l
'
illuminazione
di
uno
spirito
santo
,
chi
consentirebbe
al
mio
interlocutore
,
appena
alfabeta
,
di
sentenziare
con
sicurezza
:
«
A
me
se
mi
chiudono
il
Congo
me
ne
sbatto
.
Io
ti
penetro
in
Birmania
e
aumento
le
vendite
»
?
Commerci
misteriosi
per
una
misteriosa
industria
.
Che
a
Vigevano
si
producano
scarpe
lo
sanno
tutti
,
ma
quante
siano
le
fabbriche
e
i
fabbricanti
,
di
preciso
,
non
lo
sa
nessuno
:
solo
un
terzo
degli
operai
è
controllato
dai
sindacati
,
neppure
un
quarto
degli
industriali
dalla
loro
associazione
.
Credeteci
o
meno
,
ma
l
'
unico
elenco
degli
industriali
che
esista
è
quello
telefonico
.
A
fidarcisi
potremmo
dire
che
i
fabbricanti
di
scarpe
piccoli
e
grossi
,
con
almeno
dieci
operai
,
sono
più
di
novecento
.
Ma
non
ci
si
può
fidare
,
nello
spazio
di
un
anno
un
centinaio
almeno
hanno
fatto
fallimento
o
hanno
cambiato
genere
e
va
a
sapere
quanti
li
hanno
sostituiti
.
Non
più
di
quattro
o
cinque
aziende
sono
guidate
da
criteri
industriali
.
Il
resto
si
regge
sul
lavoro
furibondo
,
sull
'
intuito
commerciale
,
su
un
ottimismo
indomabile
.
Una
borghesia
in
formazione
,
dinamica
,
laboriosa
e
audace
quanto
zotica
,
eterogenea
e
,
per
certi
aspetti
,
miope
,
conduce
la
confusa
battaglia
.
I
«
padroncini
»
si
strappano
gli
operai
specializzati
,
riempiono
di
CERCASI
ESPERTO
le
colonne
della
pubblicità
,
ma
guai
a
parlargli
di
un
qualsiasi
contributo
alla
istruzione
professionale
.
Due
anni
fa
l
'
assessore
all
'
istruzione
pubblica
ottenne
dalla
prefettura
di
Pavia
la
creazione
di
una
scuola
per
segretari
di
azienda
,
contabili
,
corrispondenti
in
lingue
estere
.
Allora
chiese
agli
industriali
un
contributo
di
due
milioni
.
«
Ma
l
'
è
matt
,
lu
!
»
gli
dissero
.
Qui
,
per
l
'
amministrazione
aziendale
,
basta
e
cresce
la
«
signorina
»
che
ha
fatto
l
'
avviamento
.
Se
qualcuno
assume
un
ragioniere
dà
scandalo
,
lo
aspettano
al
caffè
Commercio
per
dirgli
:
«
Un
ragiunier
in
te
n
'
ufficina
!
Ma
chi
te
credes
d
'
es
diventaa
?
»
.
Quando
si
trattò
di
istituire
un
corso
per
orlatrici
il
Necchi
di
Pavia
mise
subito
le
macchine
a
disposizione
,
ma
quelli
di
Vigevano
neanche
una
lira
,
sicché
le
orlatrici
,
adesso
,
se
le
tirano
su
in
fabbrica
rimettendoci
il
quadruplo
o
il
quintuplo
.
E
non
parliamo
delle
cooperative
edilizie
contribuendo
alle
quali
avrebbero
dato
una
casa
ai
loro
operai
.
Su
mille
e
passa
aziende
una
sola
ci
ha
pensato
.
Si
dirà
che
Vigevano
fa
storia
a
sé
.
Può
darsi
,
ma
ho
la
vaga
impressione
che
nella
provincia
italiana
toccata
dal
miracolo
la
piccola
industria
sia
in
gran
parte
così
,
avventura
e
improvvisazione
.
Di
certo
essa
sta
mettendo
quantità
enormi
di
denaro
nelle
mani
di
neoborghesi
impreparati
a
spenderlo
,
combattuti
fra
il
desiderio
di
mostrarlo
e
quello
di
nasconderlo
,
terrorizzati
al
pensiero
di
perderlo
.
Questi
neoborghesi
ignorano
la
certezza
metafisico
-
aristocratica
di
non
poter
mai
,
in
nessun
caso
,
vivere
senza
vantaggio
e
privilegio
,
dalla
quale
i
signori
di
un
tempo
traevano
il
loro
impeccabile
stile
.
Gli
è
pure
sconosciuto
quel
fiducioso
,
illimitato
,
persino
candido
rispetto
per
il
denaro
che
dava
serena
imponenza
al
volto
dei
commendatori
e
cavalieri
ufficiali
.
Il
loro
rapporto
con
il
denaro
è
più
difficile
e
ambiguo
:
un
desiderio
-
vergogna
,
una
avidità
che
non
ama
confessarsi
,
un
continuo
esitare
fra
lo
scialo
pacchiano
e
la
forsennata
conservazione
.
Il
loro
sogno
è
di
sposare
la
figlia
a
un
industriale
figlio
e
nipote
di
industriali
.
Matrimonio
celebrato
da
un
cardinale
,
e
se
proprio
non
si
può
da
un
vescovo
.
Possibilmente
con
il
ministro
Pella
fra
gli
invitati
.
Uno
ci
è
riuscito
sborsando
non
so
quanti
milioni
a
un
'
opera
pia
.
La
sposa
indossava
un
abito
da
mezzo
milione
,
gli
invitati
erano
un
centinaio
e
don
Gianni
Scotti
(
il
fratello
di
don
Beppe
,
generali
e
diplomatici
in
famiglia
,
un
'
antica
famiglia
,
un
po
'
a
corto
di
grano
,
si
sa
)
era
il
maestro
delle
cerimonie
.
Però
tutto
si
è
svolto
a
debita
distanza
da
Vigevano
.
A
Vigevano
prudenza
.
Sono
finiti
i
tempi
in
cui
i
Masseroni
e
i
Crespi
(
del
ramo
scialacquatore
)
spendevano
e
spandevano
in
gioconda
pubblicità
contendendosi
le
ballerine
di
Macario
per
i
balli
di
Carnevale
e
ostruendo
le
strade
con
i
loro
macchinoni
-
cetacei
.
Adesso
tutto
è
cambiato
:
c
'
è
dieci
,
venti
volte
più
denaro
di
allora
,
si
spende
più
di
allora
,
ma
senza
mettersi
in
piazza
.
Certo
qualche
notizia
in
un
modo
o
nell
'
altro
trapela
:
uno
si
è
fatto
una
villa
da
un
miliardo
e
duecento
milioni
con
taverna
,
patio
,
piscina
,
giardino
d
'
inverno
,
colonne
di
Assuan
e
scimmie
destinate
a
broncopolmoniti
letali
;
un
altro
va
a
correre
in
go
-
kart
alle
Bahamas
o
a
Tokio
come
suo
padre
sarebbe
andato
,
in
bicicletta
,
a
Casalpusterlengo
o
a
Sartirana
.
In
una
casa
sono
raccolti
duecento
e
cinquanta
quadri
del
Magnasco
e
di
buoni
maestri
ottocenteschi
(
degli
astrattisti
in
provincia
non
ci
si
fida
)
;
in
un
'
altra
quindici
Fornara
dei
più
importanti
.
Gli
eletti
,
vicini
all
'
olimpo
aristocratico
di
don
Beppe
e
di
don
Gianni
Scotti
,
hanno
mobili
antichi
di
notevole
valore
.
Gli
altri
,
la
maggioranza
,
si
accontentano
di
quel
che
passa
la
Brianza
purché
stracarico
di
marmi
,
dorature
e
cristalli
.
Le
automobili
sono
quattromila
.
Aggiungete
gli
automezzi
ad
uso
industriale
,
le
motociclette
,
gli
scooter
e
scoprirete
una
città
fra
le
più
motorizzate
d
'
Italia
.
La
più
motorizzata
in
fatto
di
Giuliette
più
o
meno
sprint
.
Però
le
grosse
automobili
di
lusso
non
compaiono
.
Restano
lontane
,
come
le
ville
al
mare
o
in
montagna
,
come
i
motoscafi
e
i
panfili
che
navigano
sotto
le
lacere
e
gloriose
bandiere
del
Panama
e
della
Costarica
.
Volendo
,
anche
dal
poco
che
appare
a
Vigevano
,
ci
si
potrebbe
fare
una
idea
di
un
certo
tenore
di
vita
:
signore
che
spendono
in
cure
di
bellezza
,
pettinatrice
e
profumi
,
centomila
lire
al
mese
;
un
abito
al
mese
per
quelle
modeste
,
uno
ogni
tre
giorni
per
le
maniache
.
Ma
in
giro
si
vedono
poco
,
appena
possono
scappano
a
Milano
o
spariscono
per
mesi
a
Cortina
,
a
Rapallo
.
A
Vigevano
restano
i
mariti
per
fare
i
soldi
e
occuparsi
delle
«
relazioni
umane
»
.
Che
sono
in
parte
frutto
di
ipocrisia
,
ma
in
parte
sincere
:
una
certa
modestia
popolaresca
non
dispiace
a
questi
ruvidi
self
made
men
.
Se
a
Milano
,
per
esempio
,
ti
seguono
il
Loi
dalle
sedie
di
ring
a
Vigevano
li
trovi
anche
nei
popolari
.
Modesti
a
Vigevano
!
La
pubblicità
che
può
fargli
comodo
a
Londra
o
a
Düsseldorf
,
nella
loro
vecchia
città
la
evitano
.
Capita
il
tipo
che
fa
il
numero
unico
per
la
festa
patronale
,
gli
rifilano
un
diecimila
,
ma
a
patto
che
non
li
nomini
:
«
Sai
com
'
è
,
preferisco
non
mettermi
in
piazza
»
.
E
ogni
sera
eccoli
al
caffè
Commercio
o
al
Centrale
per
offrire
e
farsi
offrire
un
moka
dal
fratello
rimasto
povero
o
dal
compagno
delle
elementari
rimasto
operaio
:
le
vecchie
amicizie
resistono
alla
lotta
di
classe
,
c
'
è
posto
per
tutti
nel
pentolone
dialettale
-
paternalistico
,
e
poi
la
provincia
offre
vantaggi
non
trascurabili
.
Le
case
sono
a
buon
mercato
,
il
terreno
non
supera
al
centro
le
trenta
,
trenta
-
cinquemila
al
metro
quadrato
,
roba
da
ridere
se
pensi
a
Milano
.
La
vita
sociale
non
ti
obbliga
a
grandi
spese
:
con
quarantottomila
annui
ti
iscrivi
al
club
Sport
,
il
più
caro
,
se
no
vai
al
Cai
dove
bastano
tremila
lire
.
E
poi
,
scusate
se
è
poco
,
in
fatto
di
tasse
si
ragiona
.
Sapete
,
in
provincia
,
nella
provincia
l
'
economia
ha
leggi
sue
particolari
.
Nel
1961
l
'
iniziativa
privata
ha
messo
in
cantiere
,
a
Vigevano
,
un
migliaio
di
edifici
per
un
valore
che
non
dovrebbe
essere
lontano
dai
trenta
miliardi
.
Nello
stesso
periodo
l
'
industria
calzaturiera
ha
prodotto
un
terzo
delle
scarpe
italiane
e
un
quarto
di
quelle
esportate
:
diciamo
trenta
milioni
di
paia
per
un
fatturato
sui
cento
miliardi
.
Gli
affari
sono
andati
a
gonfie
vele
per
le
industrie
cartotecniche
,
della
gomma
,
del
legno
.
Non
è
il
denaro
che
manca
in
una
città
dove
,
nello
spazio
di
tre
anni
,
sono
sorte
centosessanta
officine
meccaniche
che
producono
macchine
utensili
.
Le
aziende
commerciali
sono
millequattrocento
:
per
restare
ai
negozi
ce
ne
saranno
almeno
quaranta
al
livello
della
Milano
ricca
.
E
non
parlo
dei
professionisti
numerosi
e
,
mi
si
dice
,
floridi
.
Ebbene
,
se
voi
credete
che
la
montagna
dei
capitali
produca
redditi
adeguati
vi
sbagliate
.
Altrove
i
redditi
industriali
saranno
del
dieci
,
del
venti
per
cento
,
qui
neppure
dell
'
uno
.
Si
vede
che
interi
carichi
di
scarpe
colano
a
picco
nel
tempestoso
oceano
,
forse
migliaia
di
macchine
utensili
vengono
travolte
dalle
piene
del
Ticino
,
non
è
escluso
che
commerci
e
libere
professioni
si
basino
su
un
vorticoso
scambio
di
assegni
a
vuoto
.
Sicché
vi
tocca
leggere
nel
ruolo
delle
imposte
comunali
questo
povero
elenco
:
solo
quattordici
contribuenti
sopra
i
dieci
milioni
di
imponibile
,
solo
ventisei
dai
cinque
ai
dieci
,
solo
ottantasei
dai
tre
ai
cinque
.
L
'
amministrazione
,
che
è
socialcomunista
,
non
se
ne
lamenta
.
«
Per
otto
anni
»
dice
il
sindaco
,
«
l
'
imposta
di
famiglia
non
venne
toccata
.
Negli
ultimi
tre
siamo
passati
da
centosessanta
a
duecento
milioni
di
introiti
.
»
Mentre
il
signor
sindaco
mi
raccontava
queste
piacevolezze
io
pensavo
,
quasi
commosso
,
al
professor
Northcote
Parkinson
.
Lui
vive
nel
timore
che
le
tasse
«
riducendo
il
numero
dei
ricchi
facciano
gravare
tutto
il
peso
fiscale
sui
poveri
»
.
Quasi
quasi
gli
consiglio
di
passare
le
ferie
a
Vigevano
:
il
clima
non
è
dei
migliori
ma
il
regime
tributario
può
confortarlo
.
Dimenticavo
di
precisare
che
l
'
amministrazione
era
socialcomunista
anche
negli
otto
anni
di
tregua
fiscale
.
Forse
l
'
Italia
sognata
dai
neoborghesi
è
spartita
così
:
tutti
i
municipi
ai
rossi
,
tutti
i
seggi
parlamentari
ai
neri
.
Sindaci
di
sinistra
,
onesti
,
nemici
delle
bustarelle
;
e
per
ciascuno
un
deputato
angelo
custode
che
gli
impedisca
qualsiasi
mattana
,
vedi
pagamento
delle
tasse
.
A
Vigevano
il
sogno
dei
possidenti
si
è
quasi
avverato
:
se
gli
amministratori
falce
e
martello
li
tassano
ricorrono
in
alto
e
ottengono
rapida
giustizia
.
Se
li
minacciano
di
gabelle
replicano
sdegnati
:
«
Se
è
così
mi
trasferisco
altrove
con
la
fabbrica
»
.
A
Vigevano
si
è
arrivati
a
questo
:
avendo
un
grande
industriale
deciso
di
spostare
la
sua
azienda
a
Mortara
,
qualcuno
dell
'
amministrazione
gli
ha
fatto
chiedere
se
,
per
caso
,
non
era
scontento
delle
imposte
.
Al
che
il
valentuomo
ha
avuto
la
bontà
di
rispondere
che
no
,
che
le
tasse
non
c
'
entravano
,
che
era
proprio
soddisfatto
dei
suoi
cari
amministratori
frontisti
.
Pare
che
in
Inghilterra
e
in
America
,
paesi
di
ferrea
disciplina
fiscale
,
ci
siano
degli
esteti
scontenti
:
detestano
il
livellamento
dei
gusti
conseguente
al
livellamento
dei
redditi
,
aborrono
dalla
grigia
civiltà
suburbana
che
si
va
formando
.
Però
questi
non
li
inviterei
a
Vigevano
come
il
professor
Northcote
.
Potrebbero
scoprire
che
in
fatto
di
gusto
e
di
cultura
la
liberissima
Vigevano
è
peggio
che
andar
di
notte
.
A
Vigevano
,
credetemi
,
la
noia
è
grande
.
Una
delle
città
più
ricche
d
'
Italia
,
quanto
a
denaro
,
è
fra
le
più
povere
quanto
a
vita
intellettuale
e
sociale
.
La
torre
del
Bramante
,
la
piazza
gioiello
ispirata
ai
cartoni
di
Leonardo
,
la
mole
del
castello
,
le
splendide
chiese
sono
le
testimonianze
di
un
antico
fervore
intellettuale
naufragato
e
spentosi
sulle
rive
nebbiose
del
Ticino
.
Mille
fabbriche
e
nessuna
libreria
,
nessun
circolo
culturale
,
nessuno
spettacolo
teatrale
decente
.
La
stagione
lirica
dura
tre
giorni
,
lo
spettacolo
che
ha
avuto
maggior
successo
è
stato
quello
della
«
Wilmissima
»
,
la
famosa
concittadina
,
la
cantante
De
Angelis
.
Ho
letto
un
resoconto
di
quella
memorabile
serata
sul
foglio
locale
a
maggior
diffusione
.
C
'
era
anche
un
editoriale
intitolato
:
Più
rigatoni
e
meno
megatoni
.
È
un
corsivo
sui
carabinieri
«
che
montano
la
guardia
anche
la
notte
di
Natale
sotto
la
neve
che
è
fredda
»
.
Seguivano
pettegolezzi
e
facezie
municipali
.
Quando
mi
hanno
detto
che
se
ne
vendono
ottomila
copie
,
che
è
letto
cioè
dall
'
intera
cittadinanza
,
ho
avuto
un
attimo
di
vertigine
.
La
vita
politica
non
è
quel
che
si
dice
turbinosa
:
cento
iscritti
alla
DC
e
poche
decine
al
Partito
liberale
dimostrano
il
tiepido
interesse
della
classe
dirigente
tutta
presa
,
come
si
è
detto
,
dalla
incessante
bisogna
di
fare
soldi
per
fare
soldi
e
ancora
soldi
.
I
soldi
,
tanto
per
essere
chiari
,
piacciono
a
tutti
,
anche
al
sottoscritto
.
Che
la
neoborghesia
di
Vigevano
e
della
provincia
italiana
in
genere
si
dia
da
fare
per
arraffarne
la
maggior
quantità
possibile
mi
sembra
,
se
non
cristianamente
esemplare
,
umanamente
normale
.
Meno
comprensibile
è
l
'
esclusivismo
,
la
cecità
di
questa
corsa
al
benessere
,
il
non
preoccuparsi
di
ciò
che
significa
,
dei
doveri
che
impone
,
delle
previdenze
che
esige
.
Sembra
incredibile
che
un
ceto
così
ricco
di
fiuto
merceologico
,
di
attaccamento
al
lavoro
,
di
ardimento
commerciale
,
di
gusto
manufatturiero
non
riesca
a
capire
che
una
società
,
la
società
in
cui
vive
,
non
può
continuare
senza
un
solido
assetto
sociale
,
senza
interessi
ed
iniziative
intellettuali
,
senza
un
ordine
.
In
altre
parole
senza
una
civiltà
che
non
sia
quella
pura
e
semplice
dei
consumi
.
StampaQuotidiana ,
Un
ristorante
chiamato
Eden
,
affacciato
sul
mare
bellissimo
,
circondato
da
terreni
abbandonati
rognosi
invasi
dai
rifiuti
.
Un
gruppo
di
camerieri
che
neppure
l
'
emergenza
e
il
rischio
della
disoccupazione
riescono
a
rendere
meno
rissosi
,
egocentrici
,
cialtroni
.
Un
gruppo
di
nuovi
padroni
riuniti
a
banchetto
,
volgarissimi
,
trucidi
,
forse
delinquenti
,
prepotenti
e
crudeli
con
i
dipendenti
.
Un
'
unica
speranza
per
i
lavoratori
:
affidata
al
caso
,
alla
vincita
al
Totocalcio
.
Sarà
mica
l
'
Italia
?
Leone
Pompucci
,
trentatré
anni
,
romano
,
ex
fotografo
,
già
autore
del
mediocre
Mille
bolle
blu
,
ha
fatto
un
film
non
senza
difetti
ma
assai
singolare
e
interessante
:
rinunciando
all
'
identificazione
complice
,
alla
facilità
,
alla
satira
compiacente
-
indulgente
,
all
'
ansia
di
piacere
abituali
della
commedia
o
della
comicità
italiane
,
ha
scelto
i
toni
d
'
un
grottesco
espressionista
aspro
,
sgradevole
e
umano
,
temperandoli
con
l
'
uso
intelligente
di
attori
popolari
bravi
e
con
la
fotografia
specialmente
bella
di
Massimo
Pau
.
Scritto
dal
regista
insieme
con
Filippo
Pichi
e
Paolo
Rossi
,
il
film
racconta
lo
squallore
brutale
d
'
una
domenica
di
alcuni
camerieri
e
un
cuoco
.
Sono
cinque
.
Paolo
Villaggio
,
magnifico
nel
personaggio
di
un
capocameriere
vanesio
e
cattivo
che
(
come
tanti
leader
della
vecchia
generazione
)
pretende
di
saper
fare
tutto
,
vanta
il
proprio
glorioso
passato
e
l
'
esperienza
,
disprezza
e
maltratta
i
più
giovani
,
ma
in
realtà
sbaglia
tutto
e
rischia
di
portare
il
gruppo
alla
rovina
.
Diego
Abatantuono
,
seducente
ex
calciatore
sedotto
dagli
oggetti
del
lusso
e
dalle
corse
dei
cani
,
giocatore
sfortunato
carico
di
debiti
,
pronto
a
derubare
donne
e
bambini
,
velleitario
ostinato
sognatore
d
'
un
futuro
radioso
.
Marco
Messeri
,
ex
suonatore
di
fisarmonica
,
artista
immaginario
e
quasi
pazzo
.
Enrico
Salimbeni
,
ragazzo
volenteroso
e
fiducioso
al
suo
primo
giorno
di
lavoro
,
sopraffatto
dalla
realtà
caotica
e
crudele
.
Antonio
Catania
,
cuoco
mitomane
,
devoto
della
Madonna
,
spietato
con
l
'
aiutante
filippino
quanto
i
padroni
sono
spietati
coi
camerieri
.
Durante
un
banchetto
di
nozze
d
'
oro
,
i
camerieri
dovrebbero
dar
prova
della
loro
perizia
ai
nuovi
padroni
che
possono
o
no
licenziarli
:
ma
sono
incapaci
,
distratti
,
casinisti
,
e
soltanto
la
fortuna
li
salverà
.
Cucce
abiette
in
cucina
per
il
sonno
dei
camerieri
,
scarafaggi
galoppanti
sul
pavimento
,
gran
discettare
sui
piedi
e
su
come
curarli
,
radio
accesa
sulle
partite
di
calcio
,
sterrati
pasoliniani
,
giochi
di
carte
,
furti
reciproci
.
E
tra
i
padroni
telefonini
,
cinismo
,
malvagità
mascherata
da
scherzo
,
turpiloquio
,
donne
scontente
ipertruccate
e
ingioiellate
,
sopraffazione
.
In
un
film
espressionista
non
è
il
caso
di
cercare
verosimiglianza
,
di
stupirsi
delle
esagerazioni
del
reale
né
di
chiedersi
come
mai
i
camerieri
quasi
mai
lavorino
:
i
difetti
stanno
piuttosto
nell
'
andamento
monocorde
senza
gran
sviluppi
drammaturgici
,
nell
'
impianto
rigidamente
teatrale
(
si
pensa
a
Nemico
di
classe
di
Nigel
o
a
Comedians
di
Griffith
nella
messa
in
scena
del
Teatro
dell
'
Elfo
con
la
regia
di
Gabriele
Salvatores
)
.
Il
capofamiglia
padrone
Carlo
Croccolo
e
suo
figlio
Antonello
Fassari
sono
efficacemente
laidi
;
Ciccio
Ingrassia
e
Sandra
Milo
,
in
brevi
apparizioni
malinconiche
,
sono
commoventi
.