StampaQuotidiana ,
Negli
atti
parlamentari
il
resoconto
stenografico
delle
cinque
sedute
in
cui
si
trattò
delle
modifiche
al
Concordato
occupa
201
dense
facciate
.
Interventi
svariatissimi
;
e
leggendone
alcuni
ho
avuto
l
'
impressione
di
tornare
molto
indietro
,
prima
del
1915
,
sentendo
i
vecchi
spunti
sulle
ricchezze
della
Chiesa
,
che
ripetevano
poi
quelli
sulle
ricchezze
dei
gesuiti
intorno
al
1770
.
Vero
che
fuori
si
era
detto
di
più
;
in
un
corteo
si
erano
visti
cartelli
ove
si
leggeva
che
con
un
quarto
delle
rendite
del
Vaticano
si
sarebbe
risanato
il
bilancio
dell
'
Italia
,
cartelli
che
mostravano
il
candore
economico
di
chi
li
aveva
scritti
e
la
dimenticanza
di
ciò
,
che
il
Vaticano
non
è
un
'
azienda
dello
Stato
italiano
,
che
i
suoi
compiti
sono
mondiali
.
Ma
quel
che
veramente
mi
sta
a
cuore
è
un
punto
di
cui
non
si
è
molto
parlato
,
anzi
semplicemente
accennato
,
e
che
tuttavia
per
me
è
di
valore
essenziale
:
le
critiche
relative
alla
soppressione
dell
'
articolo
sull
'
Azione
Cattolica
(
divenuto
senza
ragione
d
'
essere
in
un
regime
dove
vige
la
libertà
di
associazione
)
,
ed
in
particolare
quelle
,
talora
espresse
in
forma
di
deplorazione
,
per
la
mancata
attuazione
data
fin
qui
alla
norma
,
le
critiche
cioè
alla
abrogazione
della
seconda
parte
di
detto
articolo
:
«
La
S
.
Sede
prende
occasione
dalla
stipulazione
del
presente
Concordato
per
rinnovare
a
tutti
gli
ecclesiastici
e
religiosi
d
'
Italia
il
divieto
di
iscriversi
e
militare
in
qualsiasi
partito
politico
»
:
espressione
che
nel
1929
pareva
non
aver
senso
perché
di
partiti
ce
n
'
era
uno
solo
,
ed
alla
lettera
significava
che
il
Papa
prometteva
al
governo
fascista
che
i
preti
non
sarebbero
stati
fascisti
;
ma
che
pare
fosse
voluta
da
Pio
XI
,
proprio
per
impedire
ad
ecclesiastici
il
giuramento
di
fedeltà
al
Duce
(
e
tuttavia
chi
visse
in
quegli
anni
quanti
distintivi
fascisti
vide
su
tonache
talari
!
)
.
Ora
posso
nel
mio
intimo
desiderare
il
sacerdote
che
pensa
a
questa
vita
come
ad
una
preparazione
alla
vita
eterna
,
e
conseguentemente
non
milita
in
partiti
politici
;
ma
so
di
essere
contro
corrente
,
e
ben
conosco
che
anche
da
alte
sedi
arcivescovili
c
'
è
questa
esortazione
al
clero
di
partecipare
alla
vita
politica
,
al
servizio
dei
più
umili
.
Comunque
,
come
cittadino
rivendico
per
tutti
la
libertà
,
veramente
fondamentale
,
di
esprimere
il
proprio
pensiero
e
di
farne
propaganda
;
e
mi
ribello
all
'
idea
che
possano
esserci
categorie
di
cittadini
private
,
vita
durante
,
di
questa
libertà
.
Come
negli
anni
grigi
tra
il
'50
ed
il
'60
mi
battei
con
tutte
le
forze
contro
i
sequestri
di
Bibbie
protestanti
e
le
azioni
contro
i
loro
distributori
,
l
'
elevazione
a
reato
del
battesimo
in
un
torrente
di
anabattisti
,
la
persecuzione
dei
pentecostali
,
così
con
quanto
mi
resta
di
forze
mi
batterei
sempre
contro
chi
volesse
contrastare
al
prete
di
cercare
proseliti
,
di
diffondere
la
sua
dottrina
.
Rammento
l
'
abate
Ricciotti
che
,
a
chi
si
doleva
di
un
parente
comunista
che
educava
alle
sue
idee
i
propri
bambini
,
rispondeva
:
«
Se
è
convinto
che
le
sue
dottrine
rappresentano
la
verità
,
non
esercita
un
diritto
,
ma
adempie
un
dovere
,
cercando
di
comunicarle
quanto
possibile
;
chi
crede
di
aver
trovato
la
verità
deve
diffonderla
»
.
Penso
io
pure
così
,
da
sempre
.
Rammento
miei
vecchi
discorsi
col
fraterno
amico
Giorgio
Falco
,
in
cui
mi
dolevo
che
gli
ebrei
,
riacquistata
la
libertà
,
non
avessero
ripreso
quel
proselitismo
ch
'
era
stato
dei
loro
progenitori
,
fino
alla
oppressione
romana
,
e
cui
avevano
dovuto
rinunciare
per
sopravvivere
,
e
rammento
la
risposta
che
mi
dava
,
che
in
qualche
modo
i
migliori
di
loro
avevano
ancora
svolto
il
compito
di
diffondere
la
credenza
nel
Dio
unico
.
E
non
mi
è
piaciuto
nel
fiero
e
nobile
indirizzo
di
questi
giorni
di
una
chiesa
cristiana
non
cattolica
al
ministro
dell
'
Interno
la
frase
,
volta
certo
a
parare
l
'
accusa
di
poter
turbare
la
pace
religiosa
degl
'
italiani
:
«
noi
non
facciamo
proselitismo
»
.
Mi
si
risponderà
che
il
prete
non
è
un
uomo
come
gli
altri
,
è
un
'
autorità
per
i
fedeli
,
e
quindi
è
nella
condizione
di
condurli
pur
nella
lotta
politica
?
Così
press
'
a
poco
parlavano
,
oltre
cento
anni
or
sono
,
Ricasoli
o
Mancini
;
ma
è
trascorso
oltre
un
secolo
.
E
le
immagini
che
allora
si
evocavano
,
il
prete
che
diceva
al
morente
di
salvare
la
propria
anima
donando
tutto
alla
Chiesa
,
di
fare
pubblica
abiura
dei
suoi
convincimenti
unitari
o
liberali
,
è
lontana
nel
passato
.
Nessuno
di
noi
conosce
casi
del
genere
.
Soggiungo
che
siamo
in
un
clima
molto
diverso
da
quello
che
auspicavano
,
forse
illudendosi
,
gli
uomini
del
Risorgimento
:
un
mondo
di
liberi
,
in
cui
ciascuno
pensasse
con
la
sua
testa
;
siamo
nel
mondo
del
conformismo
(
a
volte
mascherato
da
anticonformismo
)
,
in
cui
la
quasi
totalità
dei
giovani
si
butta
a
capofitto
,
negli
atteggiamenti
,
negli
abiti
,
nel
rinnegamento
in
blocco
dei
«
tabù
»
,
e
gli
adulti
o
sentono
la
disciplina
di
partito
o
si
disinteressano
od
al
più
si
accontentano
dei
vari
mormorii
,
delle
accuse
generiche
,
senza
alcun
piano
costruttivo
.
Libertà
anche
per
i
maghi
,
per
le
donne
che
fanno
le
fatture
o
le
disfano
;
libertà
,
come
cittadino
,
del
prete
ribelle
,
ridotto
allo
stato
laicale
,
e
che
desidera
continuare
a
portare
un
segno
del
suo
ordine
sacerdotale
(
via
dunque
l
'
art.
29
,
lettera
l
)
;
ma
libertà
anche
per
il
prete
di
fare
quanta
propaganda
desidera
.
Davvero
i
critici
credono
che
la
maggioranza
degli
italiani
,
od
anche
il
50
per
cento
,
pratichi
ancora
la
messa
domenicale
e
penda
dalle
labbra
del
sacerdote
quando
pronuncia
l
'
omelia
?
Ed
ora
mi
si
consenta
una
breve
oratio
pro
domo
mea
.
Qualche
amico
mi
ha
rimproverato
,
come
se
avessi
abiurato
il
principio
separatista
,
di
aver
fatto
parte
delle
due
commissioni
presiedute
dall
'
on.
Gonella
(
nella
relazione
alla
prima
riaffermavo
ancora
la
mia
vecchia
fede
separatista
,
di
allievo
di
Francesco
Ruffini
)
.
Non
sono
mutato
.
Credo
sempre
,
contro
quanto
scrivevano
gli
apologisti
del
Concordato
del
1929
,
che
di
dilaceramenti
dei
cattolici
,
anche
i
più
ortodossi
,
non
sia
dato
parlare
oltre
la
prima
guerra
mondiale
(
c
'
erano
forse
ancora
vecchi
principi
,
come
ne
I
vecchi
e
i
giovani
di
Pirandello
,
cui
ripugnasse
di
presentarsi
davanti
al
Sindaco
per
il
matrimonio
civile
?
)
;
credo
sia
stato
un
male
che
Vittorio
Emanuele
III
si
opponesse
nel
'19
a
quello
che
sarebbe
stato
il
Trattato
senza
il
Concordato
;
ma
una
cosa
è
non
stipulare
un
patto
ed
altra
il
disdirlo
unilateralmente
.
Gli
uomini
politici
che
non
erano
stati
favorevoli
all
'
ingresso
dell
'
Italia
nella
Triplice
alleanza
,
dieci
anni
dopo
,
senza
disdirsi
,
ritenevano
che
sarebbe
stato
un
grosso
errore
una
denuncia
unilaterale
.
Ritengo
abbia
agito
saggiamente
la
Camera
votando
con
412
voti
contro
31
la
mozione
per
la
continuazione
di
una
trattativa
mirante
ad
una
revisione
del
Concordato
anziché
la
denuncia
:
questa
,
specie
dopo
le
intemperanze
dei
radicali
,
sarebbe
apparsa
atto
di
ostilità
.
E
,
memore
sempre
del
discorso
inaugurale
della
sua
presidenza
della
Repubblica
pronunciato
dall
'
altro
mio
grande
maestro
Luigi
Einaudi
,
che
non
chiedeva
venia
delle
memorie
sabaude
evocate
in
suoi
articoli
dell
'
ultimo
anno
né
di
certo
suo
attaccamento
alla
monarchia
,
ma
riteneva
il
buon
cittadino
debba
sempre
piegarsi
al
volere
manifestato
dalla
maggioranza
,
e
,
se
non
si
tratti
di
cosa
che
ripugni
alla
sua
coscienza
morale
,
porre
a
disposizione
dell
'
organo
espresso
da
questa
maggioranza
la
propria
esperienza
e
le
proprie
capacità
,
non
vedo
perché
mai
avrei
dovuto
rifiutare
di
far
parte
di
organi
di
studio
o
di
trattative
,
volti
a
togliere
dal
Concordato
quel
che
poteva
suonare
offesa
alla
coscienza
liberale
.
Contro
ogni
traccia
di
giurisdizionalismo
,
d
'
ingerenza
dello
Stato
nella
struttura
della
Chiesa
;
per
la
libertà
della
Chiesa
di
organizzarsi
come
creda
,
e
,
al
pari
di
ogni
partito
,
di
considerare
uscito
dal
suo
seno
chi
sconfessi
date
sue
dottrine
,
ma
con
una
pronuncia
senza
effetto
alcuno
rispetto
allo
Stato
;
per
la
libertà
di
ogni
sacerdote
,
come
di
ogni
altro
cittadino
,
di
esprimere
le
proprie
idee
,
di
farne
propaganda
(
e
personalmente
potrò
pur
credere
che
quel
prete
interpreti
male
il
Vangelo
;
ma
ricordo
l
'
insegnamento
di
Croce
:
«
Battiti
perché
il
tuo
avversario
possa
esprimere
liberamente
quelle
dottrine
,
che
tu
poi
,
come
difensore
di
quella
che
per
te
è
la
verità
,
avrai
il
dovere
di
confutare
»
)
.
Non
mi
pare
di
essermi
allontanato
da
quella
che
è
la
direttiva
in
cui
mi
formai
ventenne
,
sotto
la
guida
dei
grandi
maestri
che
ho
menzionato
,
da
cui
non
so
dissociare
Piero
Martinetti
.
StampaQuotidiana ,
Meana
.
12
agosto
1925
.
Caro
Direttore
,
Fa
il
giro
della
stampa
l
'
affermazione
di
un
giornale
fascista
,
che
«
il
senatore
Croce
,
liberale
,
vorrebbe
ritogliere
il
Crocifisso
dalle
scuole
»
.
Venti
anni
fa
,
in
tempi
di
democratismo
e
di
massoneria
,
io
,
nominato
componente
del
Consiglio
di
vigilanza
di
una
scuola
popolare
,
feci
prendere
provvedimenti
a
carico
di
un
nuovo
direttore
,
che
,
come
primo
suo
atto
,
si
era
permesso
di
rimuovere
il
Crocifisso
dalle
aule
scolastiche
.
E
tutti
coloro
che
conoscono
quanto
ho
scritto
in
proposito
,
sanno
che
sono
stato
apertamente
favorevole
all
'
insegnamento
religioso
nelle
scuole
elementari
,
da
dare
agli
alunni
delle
famiglie
che
ne
facciano
richiesta
e
da
affidare
a
persone
che
siano
sinceramente
credenti
.
Cosa
,
del
resto
,
naturale
,
perché
sento
e
osservo
i
doveri
che
cultura
e
gentilezza
d
'
animo
impongono
verso
l
'
alta
religione
dei
nostri
padri
.
Ciò
che
non
mi
è
piaciuto
,
è
lasciar
correre
o
alimentare
l
'
equivoco
tra
questo
,
che
è
l
'
atteggiamento
liberale
,
e
l
'
altro
,
che
non
so
quale
nome
meriti
,
ma
certo
consiste
nel
trescare
coi
clericali
.
Se
a
tale
mia
ripugnanza
intendeva
alludere
il
giornale
fascista
,
ha
detto
il
vero
.
Con
molti
saluti
,
ecc
.
StampaQuotidiana ,
Al
processo
Montesi
presenziarono
una
quarantina
di
inviati
speciali
.
Nelle
prime
settimane
,
quando
l
'
istruttoria
contro
Piccioni
,
Montagna
e
Polito
non
aveva
ancora
cominciato
a
traballare
,
alcuni
grandi
giornali
inglesi
,
tedeschi
e
francesi
tennero
a
Venezia
i
loro
resocontisti
.
In
seguito
la
stampa
estera
si
limitò
ai
servizi
di
agenzia
.
Fra
gli
inviati
dei
giornali
stranieri
ve
n
'
era
uno
assai
simpatico
e
vivace
,
la
cui
tessera
grigia
,
rilasciata
dalla
cancelleria
,
era
intestata
alla
«
Gazette
de
Lausanne
»
.
Spesso
,
facendo
colazione
coi
colleghi
,
il
rappresentante
del
quotidiano
svizzero
raccontava
di
aver
accettato
quell
'
incarico
trovandosi
momentaneamente
disoccupato
.
La
«
Gazette
»
,
per
evitare
la
notevole
spesa
di
un
inviato
,
si
era
rivolta
a
un
professionista
italiano
che
costasse
poco
.
«
Non
so
chi
potrebbe
costarle
meno
di
me
»
,
diceva
il
giovanotto
,
arricciando
il
naso
carnoso
ed
aggressivo
.
«
Sto
facendo
la
vita
di
un
frate
predicatore
in
trasferta
quaresimale
»
.
A
.
B
.
(
dobbiamo
accontentarci
delle
iniziali
)
sfiorava
il
metro
e
settanta
,
ma
era
di
spalle
larghissime
e
si
notavano
al
primo
sguardo
i
suoi
polsi
da
sollevatore
di
pesi
,
ferrei
e
pelosi
.
Gli
occhiali
non
riuscivano
ad
attenuare
la
forza
penetrante
del
suo
sguardo
.
Parlando
con
giornalisti
molto
addentro
nel
mestiere
,
dimostrava
di
conoscere
assai
bene
la
partita
.
Un
pomeriggio
,
verso
la
metà
di
febbraio
,
quando
il
processo
era
in
corso
da
un
mese
,
stavo
passeggiando
in
compagnia
di
A
.
B
.
sotto
i
portici
delle
Procuratie
Vecchie
,
in
piazza
San
Marco
,
allorché
capitò
qualcosa
di
molto
strano
.
Ci
passò
accanto
un
giovane
carabiniere
,
il
quale
,
visto
il
corrispondente
della
«
Gazette
»
,
lo
salutò
portando
la
mano
ben
rigida
alla
visiera
e
facendo
ruotare
leggermente
il
collo
.
«
Ho
fatto
diversi
servizi
di
cronaca
nera
,
anni
fa
»
,
spiegò
A
.
B
.
«
Molti
carabinieri
si
ricordano
ancora
di
me
»
.
Non
la
bevetti
.
Ho
fatto
troppi
anni
il
soldato
,
per
non
distinguere
un
saluto
amichevole
da
un
saluto
di
ordinanza
.
Restai
perplesso
,
ma
cercai
di
non
farlo
notare
.
Qualche
tempo
dopo
ebbi
la
conferma
dei
miei
sospetti
.
Il
corrispondente
della
«
Gazette
de
Lausanne
»
altri
non
era
che
il
tenente
dei
carabinieri
A
.
B
.
,
valoroso
e
intelligente
protagonista
di
alcune
fra
le
più
pericolose
e
brillanti
operazioni
del
dopoguerra
.
Conversatore
spiritoso
,
buon
pittore
dilettante
,
poeta
a
tempo
perso
,
capace
di
mimetizzarsi
in
qualunque
ambiente
e
di
assumere
le
personalità
più
disparate
,
l
'
Arma
lo
aveva
utilizzato
in
casi
particolarmente
delicati
,
specialmente
nel
così
detto
«
bel
mondo
»
.
Era
inevitabile
che
il
tenente
,
recitando
la
parte
del
pittore
surrealista
o
del
bell
'
imbusto
a
Capri
,
sulla
Riviera
ligure
di
ponente
e
sulla
Costa
Azzurra
,
acquistasse
una
preziosa
esperienza
in
fatto
di
droga
,
drogatori
e
drogati
.
Quando
gli
feci
capire
che
la
sua
vera
attività
mi
era
ormai
nota
,
l
'
ufficiale
non
ebbe
una
piega
di
disappunto
.
Rise
allegramente
e
,
pur
non
accennando
alla
vera
ragione
per
cui
stava
seguendo
giorno
per
giorno
il
processo
,
mi
raccontò
molte
cose
della
sua
carriera
,
dei
casi
di
cui
si
era
occupato
negli
ultimi
anni
,
della
sua
partecipazione
alla
dura
lotta
contro
la
banda
Giuliano
e
,
finalmente
,
mi
illustrò
,
nei
limiti
del
segreto
professionale
,
alcuni
aspetti
interessanti
e
inediti
della
battaglia
incessante
e
silenziosa
contro
il
traffico
degli
stupefacenti
.
Proprio
in
quei
giorni
,
alla
ribalta
del
processo
era
di
turno
don
Tonino
Onnis
,
parroco
di
Bannone
di
Traversetolo
e
protagonista
del
fantomatico
episodio
relativo
a
«
Gianna
la
rossa
»
.
Il
prete
,
giovane
,
bruno
e
robusto
,
dall
'
eloquio
frettoloso
e
dalla
pronuncia
lievemente
sofisticata
,
fece
la
sua
deposizione
:
raccontò
del
suo
misterioso
incontro
con
la
giovane
donna
dai
capelli
fulvi
e
sostenne
abilmente
un
duello
di
tre
ore
coi
giudici
e
gli
avvocati
.
Anche
in
quella
occasione
restai
con
l
'
impressione
che
la
storia
del
parroco
fosse
una
specie
di
paravento
immaginario
,
dietro
al
quale
si
nascondevano
fatti
e
persone
che
sarebbe
stato
interessante
mettere
a
fuoco
,
indipendentemente
dal
processo
e
dalla
posizione
degli
imputati
.
Don
Onnis
non
aveva
affatto
l
'
aria
di
un
intrigante
visionario
e
certi
particolari
del
suo
racconto
,
in
mezzo
alle
sfumature
e
alle
nebbie
della
fantasia
,
mi
erano
sembrati
inaspettatamente
duri
e
concreti
.
Il
parroco
aveva
fatto
,
senza
reticenze
,
il
nome
di
alcuni
funzionari
della
questura
di
Parma
che
si
erano
interessati
del
suo
caso
;
descrivendo
certe
automobili
che
si
erano
aggirate
attorno
a
Bannone
nel
'54
,
aveva
avuto
accenti
di
verità
.
D
'
altra
parte
,
nessuno
era
riuscito
a
capire
per
che
preciso
motivo
il
giovane
parroco
fosse
stato
varie
volte
convocato
dal
suo
vescovo
e
severamente
ammonito
.
Il
suo
stesso
trasferimento
a
Bannone
,
parrocchia
troppo
modesta
per
un
prete
colto
e
brillante
,
aveva
tutta
l
'
aria
di
una
«
quarantena
»
ed
era
precedente
alle
«
rivelazioni
»
di
Gianna
la
rossa
.
Ripensandoci
,
mi
sembrò
probabile
che
il
sacerdote
avesse
«
aggregato
»
al
caso
Montesi
una
storia
losca
,
da
lui
realmente
vissuta
,
forse
con
la
speranza
di
richiamare
l
'
attenzione
delle
autorità
senza
esporsi
troppo
direttamente
.
Una
sera
,
passeggiando
nei
dintorni
della
Fenice
,
esposi
i
miei
dubbi
al
tenente
A
.
B
.
Mi
ascoltò
attentamente
,
rivolgendomi
brevi
occhiate
,
poi
,
dopo
qualche
istante
di
silenzio
,
disse
:
«
È
vero
:
in
questo
straordinario
processo
le
ombre
,
spesso
,
sono
concrete
e
i
corpi
non
sono
che
ombre
.
Ad
ogni
modo
,
non
è
un
caso
che
la
famosa
lettera
di
Gianna
la
rossa
sia
partita
da
Bannone
,
anziché
,
poniamo
,
da
un
paesino
altrettanto
trascurabile
delle
Marche
o
dell
'
Umbria
.
Da
Bannone
si
stacca
una
rotabile
secondaria
,
lunga
una
ventina
di
chilometri
,
che
,
attraverso
Felino
e
Sala
Baganza
,
finisce
a
Collecchio
,
sulla
strada
della
Cisa
.
A
cominciare
dal
'46
,
poche
strade
al
mondo
sono
state
altrettanto
battute
dai
trafficanti
.
Incalcolabili
quantità
di
'
grezzo
'
vi
sono
passate
,
partendo
dai
roccioni
della
costa
ligure
,
per
raggiungere
quella
autentica
spina
dorsale
della
Penisola
ch
'
è
la
statale
numero
9
,
meglio
conosciuta
come
via
Emilia
.
La
provincia
di
Parma
è
il
retroterra
naturale
della
Spezia
.
Fra
l
'
isola
della
Palmaria
e
Monterosso
,
dove
la
costa
è
particolarmente
solitaria
,
aspra
,
inaccessibile
alle
macchine
,
non
è
passata
notte
,
per
anni
,
che
le
correnti
non
portassero
alla
deriva
speciali
bidoni
di
gomma
nera
,
impermeabili
,
a
forma
di
boa
,
contenenti
oppio
.
«
Abbandonati
al
largo
da
imbarcazioni
veloci
,
in
particolari
condizioni
di
mare
e
di
vento
,
quei
recipienti
percorrevano
docilmente
,
sul
filo
delle
correnti
,
sempre
il
medesimo
itinerario
,
come
tirati
da
un
filo
:
perché
nulla
vi
è
di
più
immutabile
di
una
corrente
marina
.
Sulla
costa
,
nel
buio
,
fra
gli
scogli
simili
a
baluardi
,
qualcuno
era
pronto
a
riceverli
,
a
vuotarli
,
a
mettere
la
merce
al
sicuro
per
passarla
a
chi
aveva
l
'
incarico
di
trasportarla
in
su
,
attraverso
il
Bracco
e
la
Cisa
.
Nel
'47
,
quand
'
ero
in
servizio
alla
Spezia
,
io
stesso
mi
sono
occupato
a
fondo
della
cosa
.
Risultati
magri
.
La
macchina
era
troppo
grossa
per
un
pugno
di
uomini
volenterosi
,
responsabili
di
un
'
infinità
di
servizi
e
con
mezzi
assai
modesti
.
Una
volta
,
mentre
incrociavo
al
largo
con
una
vecchia
barca
a
motore
che
pareva
avesse
il
cardiopalma
,
intravidi
,
a
qualche
centinaio
di
metri
,
uno
di
quei
misteriosi
motoscafi
che
seminavano
in
mare
uova
di
gomma
nera
.
Gli
intimammo
di
fermarsi
,
sparammo
in
aria
,
poi
prendendo
la
mira
.
La
imbarcazione
si
impennò
,
volò
via
come
una
freccia
,
sparì
nella
notte
.
Tentare
d
'
inseguirla
sarebbe
stato
come
tirare
un
sasso
a
un
aeroplano
»
.
L
'
ufficiale
tacque
un
momento
,
poi
riprese
amaramente
:
«
Per
darti
un
'
idea
di
quanti
involucri
di
gomma
siano
finiti
su
quei
venti
chilometri
di
costa
;
pensa
che
utilizzando
la
gomma
trovata
fra
gli
scogli
alcuni
giovanotti
impiantarono
una
fabbrichetta
di
sandali
e
scarpe
da
donna
che
produceva
un
centinaio
di
pezzi
al
giorno
»
.
«
E
don
Onnis
?
»
,
chiesi
.
Il
tenente
si
tolse
gli
occhiali
,
alitò
sulle
lenti
,
le
ripulì
accuratamente
col
fazzoletto
.
Si
strinse
nelle
spalle
.
«
Rosse
o
nere
,
è
un
fatto
che
molte
Gianne
nei
paraggi
della
Cisa
debbono
aver
`
lavorato
'
coi
trafficanti
.
Le
donne
,
in
genere
,
sono
meno
sospettate
e
pare
che
al
momento
opportuno
sappiano
cavarsela
meglio
.
Mi
sembra
impossibile
che
qualcuna
non
si
sia
messa
nei
guai
.
Mi
viene
in
mente
quel
che
fece
Vito
Gurino
,
un
gangster
italo
-
americano
che
nel
'40
,
per
scampare
alla
vendetta
dei
compagni
,
restò
tre
giorni
chiuso
nel
confessionale
di
una
chiesa
cattolica
di
Brooklyn
.
Se
l
'
ha
fatto
un
`
duro
'
a
Nuova
York
,
figurati
una
donna
da
noi
!
Credo
che
don
Onnis
abbia
detto
molte
cose
che
non
sa
per
non
dire
molte
altre
cose
che
sa
.
D
'
altra
parte
,
ciò
è
perfettamente
in
carattere
col
caso
Montesi
,
dove
tutto
ciò
che
sembra
pieno
è
vuoto
e
tutto
ciò
che
sembra
vuoto
è
pieno
,
come
nei
calchi
in
gesso
degli
scultori
»
.
Cinque
giorni
fa
la
Mobile
di
Milano
ha
arrestato
un
uomo
di
mezza
età
,
tale
Giuseppe
Gaigher
,
colpevole
di
aver
spacciato
per
mesi
cocaina
(
complessivamente
circa
due
etti
)
facendosela
pagare
dai
tossicomani
fino
a
20.000
lire
al
grammo
.
Il
crimine
del
Gaigher
ha
un
aspetto
che
oscilla
fra
il
triste
e
il
paradossale
.
La
droga
ch
'
egli
trafficava
quasi
ogni
sera
nei
night
-
clubs
milanesi
se
la
procurava
a
prezzo
di
grosse
sofferenze
fisiche
.
Tormentato
da
fistole
croniche
,
per
ammansire
le
quali
il
medico
gli
aveva
prescritto
una
pomata
anestetica
a
base
di
coca
,
preferiva
soffrire
e
rivendere
le
bustine
prelevate
in
farmacia
.
Acquistata
su
regolare
prescrizione
,
la
polvere
ha
un
prezzo
assai
modesto
,
venti
volte
inferiore
,
se
non
più
,
a
quello
del
mercato
clandestino
.
In
una
delle
prime
puntate
di
questa
inchiesta
,
notai
che
i
rigori
della
legge
e
dell
'
opinione
pubblica
colpiscono
di
preferenza
i
tossicomani
e
i
piccoli
spacciatori
.
È
destino
di
tutte
le
fanterie
,
anche
di
quella
del
vizio
,
far
le
spese
della
battaglia
.
Ma
la
frequenza
con
cui
si
leggono
sui
giornali
storie
di
poco
rilievo
,
più
grottesche
che
allarmanti
,
alla
Gaigher
,
alimenta
,
negli
italiani
,
l
'
incredulità
per
fatti
enormemente
gravi
e
tenebrosi
.
Perfino
la
famosa
«
operazione
Mugnani
»
,
che
agitò
il
bel
mondo
romano
nella
primavera
dell
'
anno
scorso
ed
ebbe
titoli
su
sei
colonne
,
non
fu
,
tutto
sommato
,
che
un
episodio
marginale
e
di
scarsa
importanza
.
L
'
unico
aspetto
interessante
di
quella
retata
,
fu
che
vi
rimasero
impigliate
alcune
persone
d
'
alto
bordo
,
le
quali
,
del
resto
,
fiutavano
da
anni
senza
farne
troppo
mistero
.
Tutti
i
frequentatori
assidui
dei
locali
notturni
eleganti
,
finiscono
col
conoscere
decine
di
tossicomani
più
o
meno
«
suonati
»
dalla
droga
.
Talvolta
talmente
svaniti
da
perdere
ogni
prudenza
e
ogni
ritegno
.
Anni
or
sono
,
trovandomi
in
un
tabarin
romano
,
assistetti
a
una
scena
da
«
pochade
»
.
Il
marchese
P
.
V
.
,
toscano
,
quarantenne
che
dimostra
come
minimo
vent
'
anni
di
più
,
stava
bevacchiando
strane
misture
di
sua
invenzione
all
'
american
bar
.
Il
labbro
inferiore
gli
cadeva
tristemente
,
gli
occhi
parevano
due
molluschi
andati
a
male
.
A
un
certo
punto
,
stanco
d
'
ingurgitare
porcherie
,
disse
al
barman
farfugliando
:
«
Ora
basta
.
Quanto
vuoi
?
»
.
«
Diciottomila
,
signor
marchese
»
,
fece
il
barman
,
disinvolto
.
Il
nobiluomo
cominciò
ad
annaspare
nelle
tasche
esterne
ed
interne
alla
ricerca
di
quattrini
,
e
intanto
posava
sul
banco
tutto
ciò
che
vi
trovava
:
vecchie
lettere
,
il
fazzoletto
,
chiavi
,
tessere
e
appunti
.
Fra
l
'
altro
,
come
se
niente
fosse
,
tre
o
quattro
cartine
di
coca
.
Il
barman
impallidì
e
guardò
furtivamente
verso
l
'
angolo
dove
era
solito
sedersi
l
'
agente
di
servizio
,
in
quel
momento
assente
.
«
Signor
marchese
,
non
faccia
sciocchezze
.
Metta
dentro
quella
roba
»
.
«
Quale
roba
?
»
.
«
Andiamo
,
signor
marchese
,
abbia
pazienza
»
.
E
il
barman
,
con
rapide
occhiate
in
giro
,
ficcò
le
cartine
in
tasca
al
titolato
.
Il
quale
,
dopo
qualche
oscillazione
e
qualche
singhiozzo
,
le
tirò
di
nuovo
fuori
e
le
gettò
sul
banco
gracchiando
stoltamente
:
«
Cosa
ti
hanno
fatto
di
male
le
mie
bimbine
,
le
mie
piccoline
?
Sei
un
villanzone
!
Del
resto
,
bada
;
non
ho
più
soldi
,
quindi
ti
devi
pagare
con
queste
.
Ci
guadagni
.
Ti
devo
diciottomila
e
qui
c
'
è
quarantamila
lire
di
roba
.
Tanto
per
stasera
non
streppo
più
»
.
La
fronte
del
barman
era
lustra
di
sudore
.
Mentre
il
marchese
si
allontanava
borbottando
qualcosa
delle
sue
«
bimbine
»
,
agguantò
le
cartine
rimaste
sul
bancone
e
volò
di
là
a
ficcarle
chissà
dove
.
Ma
questi
sono
,
appunto
,
gli
aspetti
più
insignificanti
e
scoperti
del
traffico
.
Talmente
scoperti
che
finiscono
sempre
con
l
'
autodenunciarsi
;
anche
perché
,
a
lungo
andare
,
l
'
abuso
di
stupefacenti
indebolisce
i
freni
inibitori
e
spinge
il
tossicomane
a
un
esibizionismo
sempre
più
impudente
e
clamoroso
.
Nel
1946
,
a
Viareggio
,
una
bella
signora
milanese
,
moglie
di
un
giovane
industriale
oggi
in
bassa
fortuna
,
teneva
la
cocaina
,
dieci
o
quindici
grammi
per
volta
,
in
un
piccolo
astuccio
cilindrico
,
d
'
oro
massiccio
,
bucherellato
come
una
saliera
.
Dopo
mezzanotte
,
allorché
faceva
il
solito
spuntino
con
gli
amici
,
la
disgraziata
era
solita
spolverare
leggermente
di
droga
le
pietanze
.
Se
qualcuno
,
dai
tavoli
vicini
,
la
guardava
con
una
certa
meraviglia
,
si
affrettava
a
spiegare
:
«
Non
faccia
quegli
occhi
,
per
favore
.
Non
è
mica
sale
!
È
soltanto
cocaina
»
.
Se
il
mondo
della
droga
si
riducesse
a
questi
aneddoti
,
o
alle
povere
storie
di
cui
sono
protagonisti
í
piccoli
galoppini
isolati
sul
tipo
dello
«
spacciatore
sofferente
»
Giuseppe
Gaigher
,
gli
agenti
dell
'
Interpol
e
quelli
della
Squadra
Narcotici
americana
potrebbero
dedicarsi
alla
filatelia
o
al
giardinaggio
.
Ogni
giorno
,
in
tutto
il
mondo
,
migliaia
di
ossessi
danno
l
'
assalto
all
'
armadietto
chiuso
a
chiave
in
cui
i
farmacisti
conservano
i
narcotici
e
gli
stupefacenti
.
Non
è
possibile
enumerare
gli
espedienti
,
i
trucchi
,
le
commedie
,
le
astuzie
infernali
a
cui
ricorrono
i
tossicomani
poco
forniti
di
quattrini
per
assicurarsi
una
dose
del
loro
adorato
veleno
.
Quegli
esseri
deliranti
,
spesso
incapaci
di
applicarsi
ad
un
lavoro
qualsiasi
perché
il
«
crepuscolo
»
cocainico
,
morfinico
o
eroinico
toglie
loro
la
volontà
e
il
senso
del
reale
,
sono
capaci
di
sgobbare
notti
intere
come
castori
per
falsificare
una
ricetta
innocente
.
Gratta
e
rigratta
la
carta
,
aggiusta
o
corteggi
,
spesso
finiscono
col
lacerare
la
carta
in
modo
irrimediabile
.
Allora
piangono
,
si
torcono
le
mani
,
poi
,
alle
ore
più
assurde
,
svegliano
un
medico
,
inventano
storie
di
padri
straziati
dal
cancro
,
di
vecchie
madri
trafitte
dai
calcoli
renali
,
supplicano
per
pietà
una
ricetta
che
includa
dosi
anche
piccole
di
coca
,
di
morfina
,
o
,
male
che
vada
,
di
qualsiasi
stupefacente
sintetico
lontanamente
imparentato
con
la
dicetil
-
morfina
(
nome
ufficiale
dell
'
eroina
)
o
con
la
cocaina
.
«
Non
è
raro
»
,
mi
diceva
giorni
or
sono
un
giovane
chirurgo
,
«
che
i
medici
,
specialmente
anziani
,
vinti
da
quelle
suppliche
febbrili
,
fingano
di
credere
alle
fandonie
e
stacchino
l
'
agognata
ricetta
,
sempre
limitandola
a
dosi
minime
.
Ma
capita
che
perfino
medici
di
lunga
esperienza
si
lascino
perfettamente
ingannare
da
quelle
bugie
,
tanta
forza
persuasiva
vi
mette
la
disperazione
.
Il
tossicomane
povero
è
più
facilmente
pescato
dalla
polizia
perché
per
procurarsi
un
decigrammo
di
droga
deve
muoversi
,
agitarsi
ed
esporsi
dieci
volte
di
più
del
ricco
,
al
quale
basta
una
telefonata
per
riceverne
a
domicilio
,
con
limitatissimo
rischio
personale
,
dosi
cento
volte
più
grosse
»
.
Anche
il
mondo
della
droga
,
dunque
,
ha
il
suo
proletariato
,
i
suoi
artigiani
,
i
suoi
manovali
.
Spesso
,
come
nel
caso
di
Gaigher
,
i
piccoli
spacciatori
non
sono
che
tossicomani
i
quali
,
combattuti
fra
la
necessità
di
un
«
paradiso
artificiale
»
e
la
voglia
di
far
quattrini
,
rinunciano
a
una
parte
della
loro
razione
legale
o
illegale
per
farne
mercato
.
Non
riescono
a
farla
franca
più
di
qualche
mese
.
Spesso
è
la
«
organizzazione
»
dei
grandi
trafficanti
a
levarli
di
mezzo
con
una
segnalazione
telefonica
o
una
denuncia
anonima
.
Ma
questo
non
avviene
prima
che
in
qualche
modo
disturbino
il
mercato
o
aggancino
qualche
cliente
interessante
.
Altrimenti
,
quelle
«
mezze
cartucce
»
fanno
comodo
ai
grossi
calibri
,
perché
sviano
le
indagini
e
ne
minimizzano
i
risultati
.
«
Noi
vediamo
con
simpatia
gli
isolati
da
quattro
soldi
»
,
dichiarò
il
gangster
Lepke
due
mesi
prima
di
inarcarsi
sulla
sedia
elettrica
.
«
Perché
dovremmo
odiarli
?
In
fondo
,
sono
il
nostro
parafulmine
»
.
StampaQuotidiana ,
Ha
certo
ragione
Raniero
La
Valle
se
ritiene
che
Concordato
e
concordia
non
siano
affatto
sinonimi
.
Con
una
mediocre
cultura
storica
si
può
ricordare
che
il
Concordato
francese
del
1516
,
rimasto
in
vigore
quasi
tre
secoli
,
vide
bufere
spettacolari
tra
Chiesa
e
Stato
(
proprio
in
Roma
le
prepotenze
dell
'
ambasciatore
d
'
Estrées
per
assicurare
una
larga
fascia
di
assoluta
immunità
,
poco
men
di
un
quartiere
di
Roma
,
non
lungi
dal
Vaticano
,
alla
sua
residenza
)
;
e
che
gli
avversari
del
separatismo
cavourriano
gli
ricordavano
come
il
separatismo
belga
non
solo
desse
luogo
a
vivi
contrasti
tra
cattolici
e
liberali
(
la
fondazione
dell
'
Università
di
Bruxelles
fu
dovuta
a
questi
,
come
contro
-
altare
alla
rinomatissima
Università
cattolica
di
Lovanio
)
,
ma
come
nel
separatismo
i
cattolici
avessero
conseguito
un
potere
politico
ed
una
forza
quale
non
possedevano
in
alcun
altro
Stato
.
Dove
però
i
nostri
vocabolari
non
coincidono
è
allorché
La
Valle
parla
di
Stato
separatista
;
che
sembra
concepire
come
uno
Stato
che
disconosca
Chiesa
e
religione
,
che
sia
loro
sostanzialmente
ostile
:
separatismo
alla
Combes
ed
alla
Waldeck
-
Rousseau
del
principio
del
secolo
,
con
divieto
di
esistere
delle
associazioni
religiose
,
e
con
sovvertimento
della
struttura
gerarchica
della
Chiesa
.
Ma
non
era
certo
questo
il
separatismo
del
pensiero
cavourriano
,
né
di
quello
di
Ruffini
che
insegnava
darsi
un
'
autonomia
primaria
della
Chiesa
(
lo
stesso
Scaduto
del
resto
,
opponendosi
a
Ruffini
,
non
trovava
in
Italia
nel
1914
che
tracce
di
confessionismo
)
;
e
meno
che
mai
il
separatismo
cavourriano
apparirebbe
incompatibile
(
in
astratto
)
col
diritto
nazionale
quale
si
sta
formando
,
che
vede
tante
autonomie
,
da
distruggere
quasi
lo
Stato
moderno
e
riportarlo
a
quel
ch
'
era
all
'
inizio
del
secolo
XVI
.
Né
scorgo
perché
,
tolto
l
'
art.
7
capoverso
2°
della
Costituzione
ed
anche
abrogato
il
Concordato
,
l
'
Italia
non
sarebbe
un
Paese
separatista
.
Ma
lasciamo
da
parte
le
qualifiche
giuridiche
,
spesso
insidiose
.
Nei
rapporti
tra
Chiesa
e
Stato
segue
quel
che
segue
in
una
famiglia
,
ove
non
sorgono
dissensi
se
le
diversità
di
opinioni
tra
i
vari
membri
siano
di
scarsa
importanza
,
o
ciascuno
abbia
convinzioni
molto
tiepide
;
ma
la
pace
familiare
è
turbata
se
quelle
opinioni
sono
antitetiche
,
e
chi
le
professa
vi
è
attaccatissimo
,
e
vuole
farle
dividere
alle
nuove
generazioni
.
Non
ho
mai
taciuto
quanto
mi
addolorò
il
Concordato
del
'29
,
per
quel
che
dava
di
autorità
allo
Stato
fascista
(
difficile
dopo
di
esso
poter
ancora
convincere
che
non
si
poteva
essere
ad
un
tempo
buon
cattolico
e
buon
fascista
;
e
fino
al
'39
tutti
i
partiti
cattolici
europei
considerarono
con
favore
l
'
Italia
di
Mussolini
:
si
rileggano
i
giornali
del
periodo
delle
«
sanzioni
»
)
;
ma
sono
abbastanza
equo
per
riconoscere
che
Pio
XI
credeva
di
salvare
l
'
Azione
Cattolica
,
di
evitare
che
tutti
i
ragazzi
venissero
allevati
con
la
fede
nell
'
infallibilità
del
Duce
,
della
bontà
di
quanto
egli
operava
(
male
fu
che
oltre
a
questa
garanzia
di
libertà
si
mettesse
dell
'
altro
sul
piatto
della
bilancia
)
.
E
se
quel
ramoscello
del
vecchio
anticlericalismo
,
ch
'
era
poi
materialismo
,
diniego
di
ogni
trascendenza
,
di
ogni
religione
,
non
fosse
rifiorito
nel
peggiore
dei
modi
ad
opera
dei
radicali
,
si
sarebbe
potuto
pensare
che
meglio
fosse
non
parlare
più
del
Concordato
,
lasciarne
cadere
le
foglie
secche
,
col
silenzio
o
con
platoniche
proteste
della
Chiesa
,
ma
conservando
relazioni
di
pace
.
Così
mi
ero
espresso
pur
io
,
che
sono
poi
stato
messo
all
'
erta
non
solo
dalle
intemperanze
radicali
,
ma
dal
ricordare
,
oltre
questo
forse
effimero
episodio
,
atto
a
distrarre
dai
punti
essenziali
,
che
il
comunismo
,
verso
cui
ci
stiamo
avviando
(
molti
chiudendo
gli
occhi
per
non
vedere
)
,
può
essere
cortese
e
garbato
,
accettare
accordi
locali
con
la
Chiesa
,
ma
è
per
sua
essenza
,
non
per
volontà
di
singoli
uomini
,
antireligioso
.
Lo
iato
incolmabile
che
lo
separa
dai
credenti
è
il
rifiuto
del
trascendente
;
tutto
deve
compiersi
nel
corso
della
vita
terrena
,
nessuno
deve
illudersi
di
avere
in
un
'
altra
vita
ciò
che
non
ha
avuto
in
questa
;
chi
qui
ha
avuto
ragione
di
piangere
e
di
soffrire
,
non
sarà
consolato
altrove
:
tutto
si
chiude
nel
cerchio
della
vita
umana
.
E
questa
propaganda
,
accorta
,
garbata
,
sottile
,
è
in
tutta
la
loro
opera
;
dai
libri
per
i
piccolissimi
,
dove
si
bandiscono
fate
ed
orchi
,
animali
parlanti
,
proseguendo
su
su
,
ove
nei
libri
per
i
più
grandi
tutti
i
detti
pacificisti
,
umani
,
cui
ogni
uomo
dabbene
consente
,
sono
tratti
dalle
opere
dei
più
noti
comunisti
,
russi
o
cinesi
.
Sentivo
narrare
in
questi
giorni
di
una
città
del
Nord
,
ove
una
delle
massime
imprese
di
Stato
ha
un
suo
grande
stabilimento
;
e
ci
ha
annesso
nido
,
una
scuola
materna
,
una
scuola
elementare
con
refezione
,
e
doposcuola
per
le
lavoratrici
madri
:
tutto
con
i
programmi
e
testi
delle
scuole
praticati
fino
ad
ieri
,
e
che
non
avevano
provocato
proteste
di
sorta
.
L
'
amministrazione
locale
comunista
non
compie
alcuna
opera
di
critica
o
di
detrazione
;
ma
finanzia
altra
istituzione
del
tutto
analoga
,
che
ha
in
più
il
torpedone
,
che
va
a
prendere
i
bambini
a
casa
e
li
riporta
:
agio
non
piccolo
in
una
città
del
Nord
;
e
la
vecchia
scuola
comincia
ad
essere
disertata
.
Nella
nuova
,
non
propaganda
ateistica
aperta
,
ma
quell
'
ignorare
il
trascendente
,
il
prodigioso
,
il
soprannaturale
.
Sono
forme
di
propaganda
ateistica
che
preferisco
ancora
agl
'
insegnamenti
di
certi
cattolici
del
dissenso
,
che
mutilano
i
Vangeli
,
parlano
di
Cristo
primo
socialista
,
di
Cristo
ribelle
contro
i
potenti
,
di
Cristo
che
approva
la
violenza
,
per
conseguire
la
giustizia
sociale
.
Se
gli
uni
ignorano
Vangeli
,
Profeti
,
Padri
della
Chiesa
,
questi
li
mutilano
,
o
ne
estraggono
le
poche
parole
che
possono
servire
alla
loro
tesi
.
È
contrario
ai
princìpi
del
nostro
ordinamento
il
Concordato
dove
assicura
alla
Chiesa
il
diritto
di
fare
ascoltare
la
sua
voce
,
almeno
a
chi
espressamente
non
rifiuti
l
'
ascolto
?
Nel
mio
intimo
dubito
che
certi
grandi
mutamenti
sociali
possano
essere
frenati
vuoi
da
un
trattato
internazionale
,
vuoi
da
una
costituzione
rigida
.
Ma
trovo
naturale
che
la
Chiesa
,
vedendo
come
,
sia
pure
nelle
forme
più
corrette
e
garbate
,
il
comunismo
dove
prende
il
potere
cerca
in
tutti
i
modi
di
sradicare
fin
dalla
scuola
materna
ogni
senso
religioso
,
si
attacchi
al
Concordato
per
quelle
clausole
che
le
consentono
di
far
sentire
la
sua
dottrina
:
libera
gara
di
proselitismo
:
ma
che
ogni
ragazzo
,
ogni
adolescente
,
ogni
errante
che
sconta
la
sua
pena
,
senta
almeno
le
due
voci
.
StampaQuotidiana ,
Tra
le
cose
che
più
mi
offendono
in
questi
tempi
non
leggiadri
è
l
'
arroganza
pietosa
e
ridevole
arroganza
,
ma
arroganza
di
coloro
che
hanno
scelto
per
sé
l
'
ufficio
di
eccitatori
e
promotori
del
pensiero
,
della
letteratura
e
dell
'
arte
italiana
,
e
di
curatori
dell
'
esportazione
di
cotesti
prodotti
all
'
estero
,
e
della
loro
(
come
dicono
)
«
valorizzazione
»
per
fondare
l
'
«
Impero
spirituale
italiano
»
in
aggiunta
a
quello
economico
e
politico
,
o
nella
mancanza
provvisoria
di
quello
.
E
può
esservi
niente
di
più
offensivo
che
veder
considerati
e
trattati
come
merci
che
si
fabbrichino
i
nostri
più
delicati
e
gelosi
moti
interiori
,
le
opere
che
rispondono
ai
più
profondi
bisogni
dell
'
anima
nostra
,
quelle
opere
che
si
compiono
anzitutto
e
direttamente
per
noi
stessi
,
e
sono
come
le
religiose
preghiere
con
le
quali
ci
mettiamo
di
continuo
in
unità
col
passato
,
con
l
'
universo
,
con
Dio
?
Certo
,
quelle
opere
sono
insieme
opere
sociali
,
perché
la
vita
umana
è
comunione
;
ma
in
qual
modo
la
società
può
aiutarle
?
Solo
con
l
'
accompagnarle
simpaticamente
,
col
rispondere
alla
trepidazione
morale
con
la
trepidazione
morale
,
alla
finezza
intellettuale
con
la
finezza
intellettuale
,
all
'
ansia
della
ricerca
e
dell
'
attesa
con
l
'
ansia
e
l
'
attesa
;
e
questo
avviene
in
modo
eminente
in
certi
periodi
o
momenti
felici
,
nelle
«
età
d
'
oro
»
(
come
furono
denominate
)
delle
lettere
e
delle
arti
,
quando
pensatori
ed
artisti
ebbero
il
consenso
e
il
favore
di
principi
e
di
popoli
,
la
sveglia
curiosità
e
l
'
interessamento
generale
,
il
freno
e
il
pungolo
dell
'
acuita
sensibilità
estetica
,
perfino
i
palpiti
del
cuore
e
dell
'
intelligenza
femminile
.
E
,
certo
,
in
quelle
opere
è
una
forza
espansiva
,
e
,
se
esse
non
hanno
bisogno
del
mondo
,
il
mondo
ha
bisogno
di
esse
,
e
perciò
non
solo
si
allargano
a
tutto
il
popolo
in
mezzo
a
cui
sono
nate
,
ma
si
spargono
fuori
di
quel
popolo
,
nella
cultura
mondiale
;
e
,
quando
questo
non
accade
,
o
non
accade
con
la
rapidità
che
piacerebbe
e
nella
misura
che
gioverebbe
,
colpa
è
dei
popoli
e
delle
culture
pigre
e
chiuse
da
pregiudizi
,
ed
è
danno
di
questi
popoli
e
di
queste
culture
e
non
di
quelle
opere
,
che
,
come
si
è
detto
,
non
hanno
bisogno
di
loro
.
Se
io
godo
di
una
verità
di
cui
altri
non
gode
,
se
l
'
Italia
gode
di
un
vantaggio
mentale
a
cui
altri
popoli
non
partecipano
o
riluttano
a
partecipare
,
si
dica
un
po
'
:
chi
dovrebbe
darsi
maggior
sollecitudine
del
rimedio
,
io
o
gli
altri
,
l
'
Italia
o
gli
altri
popoli
?
L
'
affetto
per
le
idee
che
ci
sono
care
,
lo
zelo
per
le
sorti
della
verità
,
ci
potranno
muovere
ad
un
certo
apostolato
,
da
esercitare
tuttavia
con
modi
assai
diversi
e
con
ritenutezza
e
dignità
alquanto
maggiori
di
quelli
che
si
sogliono
adoperare
pel
collocamento
dei
prodotti
commerciali
dai
commessi
viaggiatori
.
Ma
l
'
apostolato
ha
i
suoi
limiti
,
non
solo
nel
predetto
decoro
da
osservare
,
ma
anche
nella
riflessione
che
ci
ammonisce
circa
la
difficoltà
e
la
scarsa
fecondità
di
inculcare
modi
di
pensiero
e
di
arte
,
dei
quali
non
sia
sorto
negli
altri
spontaneo
il
bisogno
o
almeno
un
qualche
desiderio
.
Non
si
può
fare
ingollare
a
forza
agli
altri
popoli
le
dottrine
che
giudichiamo
vere
,
le
poesie
che
sentiamo
belle
,
come
ai
bimbi
malati
e
restii
i
farmachi
e
i
cibi
.
Che
cosa
,
dunque
,
il
pensiero
e
la
letteratura
e
l
'
arte
italiana
potrebbero
chiedere
di
presente
?
Proprio
il
contrario
di
quello
che
a
loro
oggi
si
offre
;
perché
ogni
giorno
,
con
violenze
,
fattacci
,
parolacce
,
sghignazzamenti
,
parate
e
chiassate
,
con
l
'
esaltare
le
prodezze
ciclistiche
e
automobilistiche
e
aeroplanistiche
sopra
le
opere
del
cuore
,
della
fantasia
e
dell
'
intelletto
,
e
con
l
'
indurre
nei
giovani
il
disprezzo
per
queste
,
si
contrasta
la
formazione
dell
'
ambiente
a
loro
favorevole
o
si
viene
distruggendo
quell
'
ambiente
che
prima
c
'
era
in
Italia
.
Non
si
riuscirà
,
è
vero
,
a
distruggere
con
ciò
il
tenace
lavoro
degli
uomini
ben
disposti
,
degli
animi
gentili
,
delle
menti
alacri
e
critiche
e
caute
;
e
,
forse
,
rendendo
loro
«
difficile
»
la
vita
come
,
secondo
il
detto
che
corre
,
bisogna
fare
nei
riguardi
degli
avversari
,
lo
renderà
più
concentrato
e
fervido
,
e
più
eletto
;
e
questa
sarà
,
dunque
,
un
'
efficacia
benefica
,
se
pure
non
cercata
.
E
,
quanto
ai
servigi
che
gl
'
intellettuali
del
regime
promettono
e
si
apprestano
a
fornire
circa
la
propaganda
all
'
estero
e
il
collocamento
dei
prodotti
spirituali
italiani
,
è
il
caso
di
supplicare
queste
egregie
persone
,
che
non
ci
facciano
irridere
dagli
stranieri
come
goffi
provinciali
,
inviando
prodotti
intellettuali
e
artistici
col
lasciapassare
governativo
;
o
,
ammesse
in
loro
le
migliori
e
più
larghe
intenzioni
,
pregarle
di
astenersi
dalla
loro
fatica
,
la
quale
,
in
ogni
caso
,
sarà
superflua
.
Si
ridia
un
po
'
di
calma
interiore
all
'
Italia
;
si
consenta
che
alla
dissipazione
troppo
a
lungo
perdurante
succeda
il
raccoglimento
necessario
;
si
lasci
che
la
gente
,
costretta
ora
dall
'
urgente
dovere
a
occuparsi
di
politica
o
malamente
da
varie
seduzioni
distratta
,
torni
agli
studi
geniali
;
si
lasci
fare
agli
editori
di
libri
e
ai
mercanti
di
opere
d
'
arte
;
e
quella
divulgazione
e
collocamento
all
'
estero
si
otterrà
nel
miglior
modo
,
o
nel
solo
possibile
.
Che
i
predetti
«
valorizzatori
»
ed
«
esportatori
»
,
ignari
della
natura
e
del
modo
di
operare
delle
cose
spirituali
,
siano
parimenti
imperiti
di
quelle
più
particolarmente
italiane
,
e
quasi
estranei
alle
nostre
tradizioni
di
cultura
,
è
pur
troppo
vero
.
Anche
l
'
articolista
,
che
mi
ha
dato
accidentale
occasione
a
questa
protesta
,
dovrebbe
,
mi
sembra
,
imparare
un
po
'
più
di
quanto
egli
sa
della
storia
e
della
letteratura
italiana
;
e
,
per
esempio
,
non
chiamare
«
Risorgimento
»
il
«
Rinascimento
»
;
e
non
parlare
di
una
«
egemonia
»
culturale
italiana
nel
settecento
,
quando
l
'
egemonia
fu
inglese
e
francese
e
l
'
Italia
si
mise
a
quelle
scuole
forestiere
;
e
non
affermare
poi
,
contradicendosi
,
che
l
'
Italia
«
nel
settecento
esportò
più
canzonette
che
Principi
di
scienza
nuova
»
,
perché
allora
l
'
Italia
«
esportò
»
i
pensieri
di
Giannone
e
di
Filangieri
e
di
Verri
e
di
Beccaria
,
e
altre
cose
che
non
erano
canzonette
,
ma
degni
prodotti
italiani
del
movimento
impresso
da
francesi
e
inglesi
alla
nuova
cultura
europea
;
e
,
infine
,
non
dovrebbe
colpire
in
pieno
volto
la
verità
,
asserendo
che
«
la
guerra
ha
modificato
radicalmente
la
situazione
e
possiamo
constatare
come
una
vasta
ripresa
italiana
nel
campo
delle
arti
,
delle
lettere
e
delle
scienze
s
'
imponga
alla
considerazione
di
ogni
paese
»
,
perché
,
invece
,
l
'
Italia
ora
é
in
una
vera
condizione
di
miseria
:
miseria
che
è
da
temere
che
peggiorerà
,
quando
saranno
via
via
spariti
gli
uomini
elle
avevano
imparato
a
lavorare
nel
campo
intellettuale
e
artistico
in
tempi
men
vicini
e
più
propizi
.
StampaQuotidiana ,
Quando
,
nella
primavera
del
1956
,
la
mafia
volle
fare
intendere
a
don
Carmelo
Napoli
che
per
lui
era
arrivato
il
momento
di
«
pensare
alla
salute
»
,
gli
spedì
un
pacco
postale
contenente
una
testa
di
cane
.
Don
Carmelo
,
impresario
di
pompe
funebri
,
fioraio
e
maneggione
in
diverse
«
partite
»
,
capì
subito
la
portata
dell
'
avvertimento
:
«
Se
continui
a
mordere
e
ad
abbaiare
,
farai
la
stessa
fine
»
.
Il
tarchiato
necroforo
era
quel
che
i
palermitani
chiamano
«
uomo
di
pancia
»
:
poco
disposto
a
lasciarsi
intimidire
o
spaventare
.
Gettò
la
testa
nel
pozzo
nero
e
attraverso
l
'
impalpabile
telegrafo
dei
bassifondi
fece
sapere
a
quei
«
cornuti
ammazzacani
»
che
avrebbero
avuto
molto
filo
da
torcere
,
prima
di
farla
da
padroni
nella
zona
dei
Mercati
generali
.
Ma
quindici
giorni
dopo
,
mentre
don
Carmelo
se
ne
stava
placidamente
seduto
nei
pressi
del
suo
negozio
,
in
pieno
giorno
,
in
uno
dei
vicoli
più
centrali
e
popolati
della
vecchia
Palermo
,
alcune
lingue
di
fuoco
saettarono
dallo
sportello
di
un
'
utilitaria
e
gli
saldarono
il
conto
.
La
salma
di
don
Carmelo
era
da
poco
tumulata
,
quando
Tanuzzo
Galatolo
,
«
pezzo
duro
»
del
quartiere
l
'
Acquasanta
,
fu
avvicinato
per
strada
da
un
bambino
scalzo
e
spettinato
,
il
quale
gli
mise
in
mano
una
scatoletta
dicendo
:
«
Don
Gaetano
,
cinquecento
lire
mi
diedero
perché
ve
la
consegnassi
»
.
«
Chi
fu
,
a
incaricarti
?
»
,
chiese
Galatolo
,
rigirandosi
in
mano
la
scatola
.
Il
bambino
strinse
le
spalle
,
alzò
gli
occhi
al
cielo
,
allargò
le
braccia
e
tirò
via
di
corsa
.
La
scatoletta
di
cartone
era
di
quelle
che
normalmente
contengono
fermagli
metallici
per
riunire
documenti
;
ma
Galatolo
vi
trovò
soltanto
tre
noccioli
d
'
oliva
ben
ripuliti
.
Io
e
voi
avremmo
pensato
a
uno
scherzo
.
Invece
,
il
«
ras
»
dell
'
Acquasanta
si
accigliò
.
Se
fra
gli
innamorati
dell
'
Ottocento
esisteva
un
linguaggio
dei
fiori
,
nel
mondo
della
mafia
esiste
un
linguaggio
dei
noccioli
:
«
Non
ti
resta
altro
da
succhiare
,
compare
.
Mettiti
l
'
anima
in
pace
»
.
Ventiquattro
ore
dopo
,
dietro
i
cancelli
del
mercato
ortofrutticolo
,
Tano
Galatolo
cadde
nel
suo
sangue
.
Testa
di
cane
,
noccioli
d
'
oliva
,
pettine
rotto
,
lampadina
fulminata
(
i
morti
non
hanno
bisogno
di
luce
)
,
zampa
di
gatto
,
altri
oggettini
insignificanti
,
bastano
ad
annunciare
le
condanne
capitali
decretate
dalla
mafia
.
O
meglio
:
da
una
«
cosca
»
(
vale
a
dire
«
gang
»
)
di
mafiosi
decisi
a
sopprimere
i
membri
di
una
«
cosca
»
concorrente
.
Guerriglia
interna
.
Quando
,
invece
,
la
vittima
designata
non
appartiene
all
'
«
onorata
famiglia
»
(
e
in
questo
caso
i
«
picciotti
»
incaricati
dell
'
esecuzione
prendono
ordini
«
dall
'
alto
»
)
,
è
inutile
farsi
precedere
da
simboli
di
quel
genere
.
Non
verrebbero
capiti
.
Per
mettere
sull
'
avviso
un
«
babbo
»
,
un
«
babbeo
»
,
cioè
,
estraneo
alla
«
società
»
,
e
intimargli
di
non
ficcare
il
naso
in
un
certo
affare
,
basta
una
visita
della
«
masticogna
»
.
Un
certo
giorno
,
un
tipo
in
berretta
qualsiasi
suona
alla
porta
della
persona
da
mettere
«
a
posto
»
,
oppure
la
ferma
per
strada
.
Con
aria
molto
deferente
,
quasi
con
umiltà
,
le
tiene
un
discorsetto
di
questo
genere
:
«
Vossia
deve
farci
un
piacere
.
Non
deve
più
intricarsi
(
interessarsi
)
di
quell
'
appalto
»
.
Oppure
:
«
Vuole
un
consiglio
,
voscenza
?
Per
qualche
tempo
non
si
faccia
più
vedere
dalle
nostre
parti
.
C
'
è
gente
molto
nervosa
»
.
Poche
parole
,
formalmente
inoffensive
,
tutt
'
altro
che
minacciose
,
ma
pronunciate
con
una
tecnica
speciale
:
una
ben
staccata
dall
'
altra
,
con
forza
,
come
se
fossero
altrettanti
bocconi
duri
da
masticare
(
l
'
espressione
«
masticogna
»
lo
dice
)
.
Fu
per
uno
di
quegli
«
avvertimenti
»
angosciosi
che
Giuseppe
Intravaia
cambiò
improvvisamente
umore
,
nel
novembre
del
1953
,
prima
di
sparire
in
modo
tanto
misterioso
?
Intravaia
era
nato
nel
luglio
del
1910
.
Al
momento
della
scomparsa
,
aveva
da
poco
compiuto
43
anni
.
Bruno
,
distinto
,
vestito
con
una
certa
eleganza
,
capace
di
parlare
e
scrivere
correntemente
l
'
inglese
,
il
francese
e
il
tedesco
,
nessuno
avrebbe
immaginato
le
sue
origini
modeste
,
gli
umili
mestieri
della
sua
gioventù
.
Invece
,
a
quindici
anni
,
con
addosso
i
suoi
primi
calzoni
lunghi
,
era
andato
a
lavorare
in
Inghilterra
,
come
fattorino
di
albergo
.
Giuseppe
Intravaia
era
preciso
,
ordinato
,
sentimentale
.
Annotava
tutto
su
rettangolini
di
carta
che
portava
in
tasca
,
e
ogni
sera
ricopiava
quegli
appunti
su
grossi
quaderni
.
Con
la
moglie
,
Ninfa
Grado
,
ch
'
egli
chiamava
sempre
Ninfina
o
Ninfuzza
,
era
un
marito
perfetto
.
Idolatrava
il
figlio
Piero
,
che
nell
'
autunno
del
'53
aveva
otto
anni
,
al
punto
che
un
giorno
aveva
detto
alla
moglie
:
«
Stanotte
ho
sognato
che
il
nostro
bambino
aveva
venti
anni
e
partiva
per
fare
il
soldato
.
Anche
nel
sonno
,
ho
provato
un
dolore
insopportabile
.
Ho
deciso
.
Quando
Piero
andrà
militare
,
noi
andremo
ad
abitare
nella
città
dove
lo
destineranno
,
per
averlo
vicino
»
.
Cameriere
di
bordo
sui
bastimenti
della
Tirrenia
,
Intravaia
si
era
pian
piano
elevato
.
Per
alcuni
anni
aveva
lavorato
,
in
posizione
assai
modesta
,
con
alcune
ditte
esportatrici
di
agrumi
di
Palermo
.
Finché
non
diventò
uno
dei
maggiori
esponenti
di
un
importante
«
consorzio
agrumario
»
in
provincia
di
Messina
.
Nel
maggio
del
1952
,
l
'
Assessorato
per
l
'
Industria
e
il
Commercio
della
Regione
siciliana
lo
nominò
suo
rappresentante
ufficiale
alle
fiere
di
Nuova
York
e
di
Toronto
,
nel
Canada
.
Restò
al
di
là
dell
'
Atlantico
circa
due
mesi
.
Forse
,
quel
viaggio
segnò
nella
sua
vita
ordinata
e
tranquilla
una
svolta
fatale
.
Il
5
ottobre
1953
,
Giuseppe
Intravaia
partì
da
Monreale
.
Era
uno
dei
soliti
viaggi
di
affari
,
per
conto
del
Consorzio
produttori
Torrenova
,
con
sede
a
Sant
'
Agata
di
Militello
.
Viaggi
che
spesso
lo
portavano
anche
all
'
estero
:
tanto
da
fargli
ottenere
con
facilità
il
passaporto
per
tutti
i
paesi
del
mondo
,
compresa
la
Russia
.
Partì
con
due
valigie
e
,
come
sempre
,
l
'
ombrello
ben
arrotolato
nella
foderina
di
seta
:
come
da
ragazzo
aveva
visto
in
Inghilterra
.
Si
fermò
alcuni
giorni
a
Messina
,
quindi
proseguì
per
Genova
.
Era
di
umore
perfettamente
normale
.
A
Genova
,
Intravaia
sbrigò
diverse
faccende
,
appoggiandosi
a
un
certo
Catalano
,
suo
corrispondente
d
'
affari
.
Verso
il
15
ottobre
,
si
trasferì
a
Basilea
,
dove
,
oltre
ai
commercianti
che
riforniva
di
agrumi
,
avvicinò
due
famiglie
di
turisti
,
conosciute
nell
'
estate
del
'52
a
Giacalone
,
villeggiatura
nei
dintorni
di
Monreale
.
Ritornò
a
Genova
il
31
ottobre
1953
.
Ed
è
a
cominciare
da
quel
giorno
che
la
sua
figura
si
appanna
;
acquista
,
attraverso
qualche
lettera
scritta
alla
moglie
e
poche
,
vaghe
testimonianze
,
un
che
di
enigmatico
,
d
'
inafferrabile
.
Al
rientro
dalla
Svizzera
,
Intravaia
appariva
preoccupato
.
Quando
il
Catalano
gli
chiese
se
avesse
qualche
fastidio
,
qualche
pensiero
molesto
,
raccontò
che
durante
la
sua
permanenza
a
Basilea
si
era
fatto
visitare
da
un
buon
internista
,
il
dottor
Erich
Goldschmidt
,
della
Friedrichstrasse
,
il
quale
gli
aveva
prescritto
una
certa
dieta
.
Si
trattava
di
una
malattia
grave
?
No
:
qualche
disordine
all
'
intestino
;
ma
non
era
,
comunque
,
una
cosa
allegra
.
Eppure
,
agli
occhi
di
Catalano
,
il
commerciante
di
Monreale
aveva
un
'
aria
troppo
triste
e
abbattuta
,
per
essere
spiegata
a
quel
modo
.
Soltanto
una
diagnosi
gravissima
,
addirittura
infausta
,
avrebbe
potuto
giustificare
i
lunghi
silenzi
,
le
fissità
distaccate
di
Giuseppe
Intravaia
.
Cinque
o
sei
giorni
dopo
,
Intravaia
decise
improvvisamente
di
andare
alla
Spezia
,
dove
abitava
un
fratello
della
moglie
,
l
'
ingegner
Grado
.
Prima
di
prendere
il
treno
,
con
le
due
valigie
e
il
fedele
ombrello
,
chiese
al
Catalano
un
prestito
di
40.000
lire
.
A
Basilea
aveva
speso
più
del
previsto
(
soltanto
al
dottor
Goldschmidt
aveva
versato
un
onorario
di
220
franchi
)
,
ed
era
rimasto
a
corto
di
fondi
.
Conoscendo
con
che
ordine
scrupoloso
l
'
amico
fosse
solito
organizzare
la
propria
vita
,
Catalano
restò
alquanto
sorpreso
da
quella
richiesta
.
Alla
Spezia
,
come
d
'
abitudine
,
Intravaia
fu
ospite
del
cognato
ingegnere
.
Durante
i
suoi
viaggi
stagionali
,
passando
da
quelle
parti
,
una
breve
sosta
in
casa
dei
parenti
era
solito
farla
.
Quella
volta
,
invece
,
si
fermò
a
lungo
.
Pareva
indeciso
,
restio
a
muoversi
,
quasi
insabbiato
.
Spesso
,
a
tavola
,
restava
con
gli
occhi
inchiodati
alla
finestra
.
Intanto
,
a
Monreale
,
un
giorno
della
prima
decade
di
novembre
,
avvenne
un
fatto
curioso
.
Un
noto
commerciante
di
agrumi
palermitano
si
presentò
all
'
abitazione
dell
'
Intravaia
,
in
via
Veneziano
,
e
chiese
alla
signora
Ninfa
di
consegnargli
alcune
cose
appartenenti
al
marito
:
un
assegno
di
125.000
lire
,
due
libretti
di
risparmio
al
portatore
,
uno
con
490.000
lire
,
l
'
altro
con
24.000
,
e
la
chiavetta
della
cassetta
postale
n
.
37
,
di
cui
l
'
Intravaia
era
titolare
da
un
paio
d
'
anni
.
La
signora
,
sapendo
che
il
commerciante
in
questione
aveva
continui
rapporti
d
'
affari
col
marito
assente
,
non
ebbe
alcuna
difficoltà
a
soddisfare
la
richiesta
.
Solo
più
tardi
,
ripensandoci
,
la
trovò
strana
.
I1
visitatore
le
aveva
detto
che
quella
roba
andava
subito
spedita
alla
Spezia
,
su
richiesta
del
marito
.
Ma
a
parte
il
fatto
che
Peppino
avrebbe
potuto
rivolgersi
direttamente
a
lei
,
per
la
quale
non
aveva
mai
avuto
segreti
:
cosa
poteva
farsene
,
alla
Spezia
,
di
due
libretti
al
portatore
accesi
sulla
filiale
palermitana
della
Commerciale
,
e
soprattutto
della
chiavetta
corrispondente
a
una
cassetta
postale
lontana
più
di
mille
chilometri
?
Il
23
novembre
,
ancora
ospite
del
cognato
,
Giuseppe
Intravaia
ricevette
dalla
Sicilia
una
lettera
azzurra
.
Con
la
sua
calligrafia
da
terza
elementare
,
il
figlio
Piero
lo
informava
di
essere
indisposto
.
Una
leggera
febbre
influenzale
lo
costringeva
a
letto
da
qualche
giorno
.
Il
commerciante
scrisse
immediatamente
alla
moglie
un
espresso
,
chiedendo
particolari
sulla
malattia
del
bambino
.
Tre
giorni
dopo
,
il
26
novembre
,
giunse
un
telegramma
di
risposta
:
il
piccolo
Piero
si
era
completamente
rimesso
.
Ricevendo
una
notizia
del
genere
,
Intravaia
avrebbe
dovuto
,
logicamente
,
rallegrarsi
.
Senonché
,
in
quel
telegramma
,
vi
era
un
particolare
molto
strano
:
non
era
firmato
dalla
signora
Ninfa
,
e
nemmeno
da
qualche
altro
parente
più
o
meno
prossimo
.
Era
stato
spedito
e
firmato
da
una
ditta
di
agrumi
con
la
quale
Giuseppe
Intravaia
aveva
avuto
spesso
rapporti
d
'
affari
.
Dopo
quel
telegramma
,
il
commerciante
,
anziché
apparire
soddisfatto
,
sembrò
colto
dal
panico
,
dall
'
ansia
di
partire
,
di
precipitarsi
a
casa
.
Infatti
,
la
sera
di
quello
stesso
26
novembre
,
prese
il
treno
,
con
le
sue
valigie
e
l
'
immancabile
ombrello
,
ben
stretto
nella
fodera
.
Il
pomeriggio
del
giorno
seguente
,
alle
7
,
a
Napoli
,
Intravaia
si
imbatté
per
caso
in
un
cugino
che
da
tempo
non
vedeva
:
il
dottor
Candido
,
commissario
di
Pubblica
Sicurezza
.
Restò
in
sua
compagnia
circa
un
'
ora
.
Rifiutò
fermamente
un
invito
a
cena
,
non
accettò
neppure
un
caffè
,
dicendo
che
il
medico
glielo
aveva
proibito
.
Qualche
minuto
dopo
le
8
,
si
congedò
dal
cugino
:
«
Scusami
,
ma
debbo
andare
d
'
urgenza
alla
posta
per
spedire
un
telegramma
»
.
Aveva
un
'
espressione
pensosa
,
preoccupata
.
Si
allontanò
giù
per
via
Toledo
a
passi
frettolosi
.
Il
dottor
Candido
lo
seguì
un
momento
con
lo
sguardo
.
Fu
l
'
ultima
persona
al
mondo
che
vide
con
certezza
Giuseppe
Intravaia
.
Perché
la
forma
umana
intravista
qualche
ora
dopo
,
dal
colonnello
di
Finanza
in
pensione
Calogero
La
Ferla
,
in
una
cabina
a
due
cuccette
,
a
bordo
della
nave
Città
di
Tunisi
,
poteva
essere
l
'
Intravaia
,
ma
anche
tutt
'
altra
persona
.
La
città
di
Tunisi
,
in
servizio
di
linea
fra
Napoli
e
Palermo
,
salpò
in
perfetto
orario
,
alle
20.30
del
27
novembre
1953
.
Sul
libro
del
commissario
,
la
cabina
di
seconda
classe
n
.
19
risultava
occupata
dal
colonnello
La
Ferla
e
dal
«
commissionario
»
d
'
agrumi
Giuseppe
Intravaia
.
Un
cameriere
di
bordo
sistemò
in
un
angolo
della
cabina
due
grosse
valigie
e
un
ombrello
strettamente
arrotolato
.
Il
colonnello
in
pensione
,
settantacinquenne
,
si
coricò
presto
:
prima
che
il
compagno
di
viaggio
si
facesse
vedere
.
I
vecchi
hanno
il
sonno
leggero
.
Durante
la
notte
,
un
certo
tramestio
svegliò
l
'
ex
-
ufficiale
.
Fra
le
palpebre
socchiuse
,
vide
un
'
ombra
che
stava
frugando
febbrilmente
in
una
valigia
.
«
Si
sente
male
?
»
,
chiese
,
a
mezza
voce
,
il
colonnello
.
«
Non
posso
dormire
»
,
borbottò
l
'
ombra
,
rimise
a
posto
la
valigia
ed
uscì
.
La
mattina
dopo
,
all
'
attracco
di
Palermo
,
nessuno
ritirò
le
due
valigie
e
l
'
ombrello
dalla
cabina
19
.
Quegli
oggetti
restarono
lì
un
paio
di
giorni
,
finché
un
cameriere
non
li
mise
in
un
ripostiglio
fra
le
cose
dimenticate
.
Qualche
giorno
più
tardi
,
quando
la
signora
Ninfa
,
disperata
,
segnalò
alla
polizia
l
'
inesplicabile
sparizione
del
marito
,
le
valigie
tornarono
alla
luce
e
furono
rovistate
.
In
mezzo
alla
biancheria
da
lavare
,
il
commissario
di
P
.
S
.
in
servizio
portuale
trovò
due
passaporti
intestati
a
Giuseppe
Intravaia
,
uno
scaduto
,
pieno
di
visti
di
frontiera
,
l
'
altro
rinnovato
,
con
un
visto
di
espatrio
per
la
Svizzera
,
in
data
16
novembre
1953
.
Partendo
dalla
Spezia
,
Intravaia
aveva
con
sé
due
vestiti
:
uno
marrone
e
uno
grigio
,
nuovo
,
acquistato
a
Basilea
.
Aveva
un
impermeabile
e
un
cappotto
.
In
una
delle
due
valigie
,
fu
trovato
il
vestito
marrone
,
e
sotto
di
esso
un
campione
di
stoffa
grigia
corrispondente
all
'
abito
acquistato
in
Svizzera
.
Dell
'
impermeabile
e
del
cappotto
,
nessuna
traccia
,
né
in
valigia
né
altrove
.
In
una
valigia
,
fu
trovato
un
guanto
di
pelle
marrone
.
Il
destro
,
Intravaia
aveva
tre
dita
della
mano
sinistra
mutilate
delle
falangi
superiori
,
perse
in
un
incidente
giovanile
.
D
'
estate
era
solito
applicare
puntali
di
gomma
ai
moncherini
del
pollice
,
indice
e
medio
della
sinistra
.
D
'
inverno
portava
i
guanti
.
Dov
'
era
finito
il
guanto
sinistro
,
che
Intravaia
,
uomo
ordinatissimo
,
si
sfilava
immancabilmente
prima
di
coricarsi
e
riponeva
,
assieme
all
'
altro
,
sempre
nel
medesimo
posto
?
E
se
quella
notte
non
si
era
coricato
,
perché
il
guanto
destro
,
scompagnato
,
era
rimasto
chiuso
in
valigia
?
In
una
delle
sue
valigie
,
fu
rinvenuto
anche
un
pezzetto
di
carta
con
su
scritto
:
«
Vado
a
Palermo
per
vedere
mio
figlio
»
;
sul
retro
,
due
cognomi
:
quello
di
un
commerciante
d
'
agrumi
napoletano
e
quello
di
una
personalità
politica
isolana
.
Suicidio
?
Come
crederlo
,
con
tutta
la
fretta
che
Intravaia
aveva
di
rivedere
il
suo
bambino
?
E
da
Napoli
,
appena
lasciato
il
cugino
commissario
di
P
.
S
.
,
non
aveva
forse
telegrafato
a
un
amico
di
andarlo
a
prendere
all
'
arrivo
della
città
di
Tunisi
?
Amico
che
,
peraltro
,
pur
avendo
ricevuto
il
telegramma
diverse
ore
prima
che
la
nave
entrasse
in
porto
,
non
si
recò
all
'
appuntamento
.
Incidente
?
Giuseppe
Intravaia
aveva
fatto
il
militare
nella
Marina
da
guerra
,
per
alcuni
anni
era
stato
cameriere
sui
piroscafi
.
Aveva
dimestichezza
con
la
vita
di
bordo
,
con
le
scalette
,
i
boccaporti
,
le
murate
.
Poteva
finire
in
acqua
,
per
una
svista
,
tanto
più
che
il
mare
,
quella
notte
,
era
liscio
come
l
'
olio
?
Qualche
tempo
dopo
la
sua
misteriosa
sparizione
,
risultò
che
il
modesto
«
commissionario
»
di
agrumi
Intravaia
aveva
conti
piuttosto
rilevanti
intestati
a
suo
nome
in
diverse
banche
della
Siria
,
del
Canada
,
di
Londra
,
di
Berna
;
numerosi
libretti
di
risparmio
accesi
in
cinque
o
sei
banche
italiane
;
grossi
crediti
esigibili
da
commercianti
siciliani
,
napoletani
,
genovesi
,
svizzeri
.
Due
valigie
,
un
ombrello
.
Un
vestito
marrone
,
un
po
'
di
biancheria
sudicia
,
un
guanto
scompagnato
.
Un
'
ombra
nella
notte
,
intenta
a
cercare
qualcosa
in
una
valigia
.
Un
vecchio
colonnello
in
pensione
che
si
riaddormenta
,
cullato
dalle
vibrazioni
dello
scafo
.
Un
bambino
di
otto
anni
,
una
moglie
affranta
,
che
ripete
ancora
,
dopo
cinque
anni
:
«
Il
mio
Peppino
è
stato
ucciso
!
»
.
Come
,
da
chi
,
perché
?
Dove
finì
la
chiave
della
cassetta
postale
n
.
37
?
Perché
qualcuno
si
presentò
a
ritirarla
?
Perché
il
telegramma
del
26
novembre
1953
,
rassicurante
circa
la
salute
del
piccolo
Piero
,
non
era
firmato
,
come
sarebbe
stato
naturale
,
dalla
signora
Intravaia
,
ma
da
gente
estranea
alla
famiglia
?
Un
telegramma
tranquillizzante
che
mise
in
agitazione
il
destinatario
.
Questa
è
la
storia
romanzesca
di
Giuseppe
Intravaia
,
l
'
uomo
che
sparì
,
una
notte
del
novembre
'53
,
come
una
bolla
di
sapone
.
Una
storia
già
velata
dalla
polvere
dell
'
archivio
.
Una
delle
tante
.
È
difficile
non
sentirvi
,
come
un
alito
freddo
,
la
presenza
implacabile
delle
«
bocche
cucite
»
.
Lunedì
scorso
,
13
ottobre
,
all
'
imbrunire
,
in
via
dell
'
Addolorata
,
a
Corleone
,
è
stato
ucciso
Carmelo
Lo
Bue
.
Non
valsero
i
pattugliamenti
straordinari
dei
carabinieri
,
su
e
giù
per
le
antiche
strade
,
sassose
come
torrenti
in
secca
,
a
ritardare
il
suo
appuntamento
con
la
morte
.
Era
nipote
dell
'
ottuagenario
capomafia
Calogero
Lo
Bue
,
sostituito
tre
anni
fa
dall
'
italo
-
americano
Vincent
Collura
,
che
fu
«
impiombato
»
nel
febbraio
del
'57
.
Tutto
ciò
non
serve
ad
arrestare
il
«
tritacarne
»
della
mafia
,
e
neppure
a
rallentarlo
di
un
giro
.
La
testa
calva
di
Carmelo
Lo
Bue
è
rimasta
a
biancheggiare
sui
sassi
grigi
,
al
momento
prestabilito
.
La
sera
del
13
ottobre
,
dopo
l
'
Avemaria
,
nella
luce
fiacca
proiettata
dalle
botteghe
,
la
gente
di
Corleone
ha
formato
í
soliti
capannelli
bisbiglianti
.
Come
sempre
,
quando
il
paese
è
«
fresco
di
morte
»
,
le
donne
,
vecchie
e
giovani
,
in
lutto
cronico
,
parlottavano
voltando
le
spalle
alla
strada
;
perché
è
bene
,
in
certi
casi
,
che
le
«
femmine
»
non
vedano
quello
che
«
sta
capetando
»
.
Scene
uguali
,
la
medesima
atmosfera
greve
e
sinistra
,
lo
stesso
«
scirocco
morale
»
fecero
seguito
a
migliaia
di
omicidi
,
nell
'
ultimo
mezzo
secolo
.
11
17
maggio
1915
,
quando
l
'
autore
accertato
o
presunto
degli
ultimi
delitti
,
Luciano
Liggio
,
era
ancora
assai
lontano
dal
nascere
,
i
corleonesi
si
riunirono
a
commentare
,
senza
muovere
le
labbra
,
l
'
uccisione
di
Bernardino
Verro
,
organizzatore
di
cooperative
agricole
.
Anche
allora
,
43
anni
fa
,
i
rintocchi
dell
'
Avemaria
si
erano
appena
smorzati
.
Giovani
siciliani
di
leva
e
anziani
richiamati
,
crucciati
nel
grigioverde
,
si
preparavano
a
fare
la
guerra
.
Nel
cielo
di
tutto
il
mondo
si
addensava
una
bufera
di
sangue
.
Ma
le
«
coppole
storte
»
della
mafia
,
obbedienti
soltanto
alla
loro
«
legge
»
,
avevano
un
solo
obbiettivo
:
Bernardino
Verro
.
Novembre
1918
.
Anche
nei
più
remoti
villaggi
della
Sicilia
,
le
campane
squillanti
a
doppio
salutarono
l
'
armistizio
.
Decine
e
decine
di
milioni
di
uomini
,
in
venti
nazioni
,
festeggiarono
la
pace
.
Ma
nei
dintorni
di
Corleone
,
proprio
quel
4
novembre
,
due
sicari
silenziosi
e
duri
,
incuranti
d
'
ogni
altra
cosa
,
aguzzavano
gli
occhi
d
'
onice
sulla
curva
solitaria
di
una
certa
trazzera
.
Aspettavano
al
varco
Antonio
Barbaccia
.
Barbaccia
,
da
una
decina
di
giorni
,
stava
aspettando
,
con
antica
rassegnazione
,
la
morte
.
La
incontrò
quel
pomeriggio
.
Stramazzò
mentre
le
campane
del
suo
paese
annunciavano
la
fine
del
primo
macello
mondiale
.
Né
guerra
,
né
pace
,
né
passo
di
pattuglie
,
né
lacrime
di
figli
,
né
suppliche
di
madri
,
né
interpellanze
alla
Camera
:
nulla
può
arrestare
gli
«
uccisori
»
della
mafia
,
quando
arriva
il
momento
di
colpire
.
Forse
non
sono
neppure
feroci
,
nemmeno
crudeli
.
Sono
soltanto
dei
«
robot
»
,
la
cui
intima
freddezza
contrasta
coi
ciuffi
meridionali
e
il
lampeggiare
degli
occhi
mediterranei
.
Forse
,
sotto
un
'
apparenza
calda
,
meridionale
,
conservano
fredde
gocce
di
sangue
normanno
,
o
impassibili
globuli
di
sangue
levantino
.
I
«
grandi
capi
»
del
gangsterismo
siculo
-
americano
,
a
Chicago
e
Nuova
York
,
tristi
e
laconici
sotto
pesanti
cappelli
di
feltro
garantito
,
da
cento
dollari
,
non
hanno
più
nulla
di
latino
.
Marciano
,
implacabili
,
fra
due
taciturne
guardie
del
corpo
,
come
cavalieri
di
un
'
Apocalisse
moderna
.
Il
vento
dell
'
enorme
miseria
patita
in
gioventù
li
spinge
alle
spalle
.
Impararono
l
'
uso
del
gabinetto
a
vent
'
anni
,
spesso
più
tardi
.
Offrono
a
«
bambole
»
come
Virginia
Hill
,
Liz
Renay
o
Hope
Dare
,
collane
di
diamanti
degne
di
una
regina
,
sanno
perdere
al
gioco
cifre
colossali
senza
scomporsi
;
lasciano
cinquanta
dollari
di
mancia
ai
camerieri
del
Morocco
:
ma
continuano
a
chiamare
il
gabinetto
«
bacauso
»
.
Perché
í
loro
nonni
e
padri
,
quando
arrivarono
in
America
,
non
conoscevano
altro
gabinetto
che
il
terreno
incolto
«
dietro
casa
»
Back
-
house
.
La
ricchezza
e
la
miseria
generano
,
in
modo
diverso
,
la
stessa
solitudine
.
Non
hanno
patria
.
Obbediscono
soltanto
a
due
leggi
:
«
fai
paura
»
o
«
aver
paura
»
.
Tutto
il
resto
,
per
le
«
coppole
»
di
Corleone
per
i
«
feltri
»
di
Nuova
York
,
è
riempitivo
.
Il
delitto
di
Corleone
del
13
ottobre
,
attribuito
alla
solita
disparità
d
'
interessi
fra
i
soci
vivi
e
defunti
dell
'
«
azienda
armentizia
»
di
Piano
Scala
,
è
la
controprova
,
se
ve
ne
fosse
bisogno
,
che
il
regno
della
mafia
attorno
a
Palermo
,
Caltanissetta
,
Agrigento
e
Trapani
,
è
più
forte
che
mai
.
Pensare
di
poterlo
liquidare
con
le
solite
,
vetuste
repressioni
poliziesche
,
con
le
deportazioni
in
massa
,
i
blocchi
permanenti
,
le
leggi
straordinarie
(
si
potrebbero
anche
chiamare
«
illegalità
»
eccezionali
)
di
cui
andava
impettito
il
prefetto
Cesare
Mori
,
fiero
di
aver
mandato
alle
isole
anche
i
bambini
di
dieci
anni
,
sarebbe
follia
più
che
ingenuità
.
La
mafia
è
,
prima
di
tutto
,
in
Sicilia
come
negli
Stati
Uniti
,
uno
strumento
troppo
utile
per
soccombere
ai
risentimenti
moralistici
e
alle
operazioni
della
burocrazia
militare
.
Dietro
le
spalle
del
funzionario
o
del
generale
incaricato
di
drastici
provvedimenti
possono
maturare
intese
e
accordi
a
più
alto
livello
.
Nel
1927
,
mentre
Cesare
Mori
,
in
giacca
di
fustagno
e
stivali
gialli
,
polverizzava
intere
popolazioni
,
mute
di
sgomento
e
gialle
di
malaria
,
Mussolini
strizzava
l
'
occhio
ai
grandi
mafiosi
,
già
muniti
di
tessera
e
scudetto
.
Il
Machiavelli
di
Predappio
,
individuate
le
profonde
infiltrazioni
dell
'
«
onorata
società
»
fra
gli
emigrati
siciliani
in
Tunisia
,
stava
servendosene
per
introdurre
clandestinamente
nell
'
Africa
Occidentale
francese
armi
e
munizioni
,
da
impiegare
in
un
'
eventuale
rivolta
filo
-
italiana
.
Attraverso
la
stessa
identica
rete
di
collegamenti
che
oggi
alimenta
il
traffico
delle
sigarette
americane
e
degli
stupefacenti
,
gli
agenti
segreti
di
Mussolini
riuscirono
a
piazzare
nelle
cantine
di
Tunisi
e
Biserta
30.000
moschetti
,
12.000
pistole
,
3
milioni
di
proiettili
,
90
mitragliatrici
e
3000
bombe
a
mano
.
Le
spedizioni
,
in
un
'
atmosfera
da
scoglio
di
Quarto
,
partivano
perlopiù
da
Trapani
,
Gela
e
Licata
.
È
inutile
dire
che
molte
delle
armi
destinate
alla
nostra
riscossa
mediterranea
restavano
regolarmente
in
Sicilia
,
a
sostituire
gli
arsenali
sequestrati
da
Cesare
Mori
.
Nel
1945
,
quando
i
baroni
crearono
l
'E.V.I.S
.
(
Esercito
Volontario
Indipendenza
Siciliana
)
,
spendendo
più
parole
che
quattrini
,
un
nobiluomo
palermitano
si
ricordò
di
avere
ancora
,
nascoste
in
una
villa
di
campagna
,
diverse
armi
sottratte
ai
carichi
«
irredentistici
»
di
trenta
anni
fa
.
Per
quanto
un
po
'
muffite
,
Concetto
Gallo
,
generale
in
seconda
dell
'
indipendentismo
(
il
primo
,
sulla
carta
,
era
Giuliano
)
,
le
distribuì
alle
reclute
in
addestramento
al
Quartier
Generale
di
San
Mauro
,
sopra
Caltagirone
.
Anche
Mussolini
,
fautore
di
una
«
politica
solare
»
,
ripulitore
di
angolini
,
antepose
la
ragion
politica
alla
distruzione
radicale
della
mafia
.
E
come
lui
,
dopo
di
lui
,
l
'
opportunismo
politico
,
variamente
colorato
,
spinse
alcuni
esponenti
democratici
della
Sicilia
occidentale
a
compromessi
e
patteggiamenti
,
più
o
meno
segreti
,
coi
capi
delle
«
bocche
cucite
»
.
Ognuno
per
conto
proprio
,
fingendo
d
'
ignorare
le
rispettive
manovre
,
i
candidati
alle
elezioni
del
'46
,
del
'48
e
via
dicendo
,
strinsero
accordi
coi
medesimi
«
pezzi
da
90»
:
distributori
di
voti
«
ciechi
»
,
trasferibili
,
a
decine
di
migliaia
e
con
un
semplice
cenno
,
da
un
capo
all
'
altro
dello
schieramento
elettorale
.
Prezzo
dei
voti
,
la
promessa
di
favoritismi
,
vantaggi
economici
,
tolleranza
e
impunità
.
Nel
1924
,
in
un
famoso
comizio
per
le
elezioni
di
Palermo
,
Vittorio
Emanuele
Orlando
dichiarò
pubblicamente
di
apprezzare
le
«
virtù
virili
»
e
le
«
alte
qualità
umane
»
dei
mafiosi
.
Tali
accenti
suscitarono
,
allora
,
alte
polemiche
.
Ma
tutto
sommato
,
malcostume
a
parte
,
le
condizioni
economiche
e
gli
interessi
prevalentemente
agricoli
dell
'
Isola
mantenevano
le
collusioni
fra
politici
e
mafia
a
un
livello
piuttosto
modesto
,
a
proporzioni
paesane
,
di
«
cosca
»
e
di
famiglia
.
D
'
altra
parte
,
il
gioco
delle
«
clientele
»
elettorali
era
diffuso
e
scontato
in
tutto
il
Meridione
.
Anche
nella
Sicilia
orientale
,
dove
la
mafia
non
ebbe
mai
radici
,
l
'
influenza
dei
baroni
creava
o
distruggeva
,
spesso
a
capriccio
,
la
fortuna
di
un
uomo
politico
.
Celebre
il
caso
di
due
candidati
,
Crisafulli
Mondio
,
agrario
,
e
di
Cesarò
,
democratico
sociale
,
ambedue
condizionati
dall
'
appoggio
del
barone
locale
.
Costui
disponeva
di
2999
voti
.
Si
trovava
in
grande
imbarazzo
circa
la
loro
assegnazione
:
non
già
per
scrupoli
di
natura
politica
,
ma
perché
i
due
gli
erano
egualmente
cari
e
simpatici
.
Tagliò
la
testa
al
toro
,
una
settimana
prima
delle
elezioni
,
disponendo
,
tramite
campieri
,
massari
e
uomini
di
fiducia
,
che
1499
voti
andassero
a
un
candidato
e
1500
all
'
altro
.
Oggi
la
mafia
è
assai
diversa
da
quella
che
sosteneva
alle
urne
Vittorio
Emanuele
Orlando
.
L
'
aiuola
siciliana
produce
frutti
assai
più
ghiotti
di
quelli
di
una
volta
.
Molti
zeri
si
sono
accodati
alla
cifra
del
reddito
regionale
.
L
'
«
onorata
società
»
,
trasferitasi
negli
Stati
Uniti
,
ha
frequentato
l
'
università
di
«
Tammany
Hall
»
,
centrale
siculo
-
americana
del
partito
democratico
a
Nuova
York
;
ha
guardato
a
fondo
nel
meccanismo
politico
-
mercantile
del
Paese
più
ricco
e
sanguigno
del
mondo
;
ha
imparato
come
si
«
controlla
»
un
sindacato
,
un
grande
porto
,
come
si
può
legare
una
fabbrica
di
abiti
o
di
motori
a
una
catena
di
alberghi
o
di
case
da
gioco
.
Ha
imparato
,
soprattutto
,
a
maneggiare
e
impiegare
il
danaro
con
estrema
disinvoltura
:
considerandolo
un
mezzo
e
non
un
fine
.
Ecco
perché
,
attualmente
,
i
legami
fra
la
mafia
e
certi
uomini
politici
dell
'
Isola
sono
più
pesanti
e
complessi
;
ecco
perché
,
prevedendo
l
'
aggravarsi
di
una
situazione
già
purulenta
negli
anni
dell
'
immediato
dopoguerra
,
la
rivista
«
dossettiana
»
«
Cronache
Sociali
»
,
già
citata
nel
corso
di
questa
rapida
inchiesta
,
incitava
caldamente
la
classe
dirigente
siciliana
a
sganciarsi
dal
vecchio
carro
,
ad
abbandonare
le
tradizionali
combutte
.
L
'
esortazione
,
oggi
come
oggi
,
è
ancora
più
valida
.
Mai
come
in
questo
momento
,
mentre
le
sue
antiche
strutture
economiche
e
sociali
si
stanno
rapidamente
evolvendo
,
la
Sicilia
ebbe
necessità
di
rinnovare
il
proprio
quadro
sociale
.
Ciò
che
purtroppo
non
avvenne
circa
un
secolo
fa
,
con
lo
sbarco
di
Garibaldi
,
e
l
'
avvento
dell
'
unità
nazionale
affrettato
dal
forcipe
franco
-
inglese
,
in
funzione
antitedesca
,
è
oggi
in
via
di
realizzazione
.
Dal
bozzolo
confuso
di
una
terra
contadina
e
pastorile
,
allagata
di
solitudini
e
di
silenzi
,
umiliata
dalla
trascuratezza
dei
governi
,
sta
per
uscire
una
farfalla
industriale
.
L
'
emancipazione
delle
province
orientali
,
Messina
,
Catania
,
Siracusa
,
va
estendendosi
verso
occidente
.
Se
in
questo
processo
di
trasformazione
,
una
vasta
,
profonda
e
coraggiosa
revisione
del
costume
politico
non
estrometterà
dalla
vita
pubblica
dell
'
Isola
l
'
influenza
corruttrice
della
mafia
,
l
'
antica
peste
feudale
s
'
impossesserà
delle
fabbriche
,
delle
miniere
,
degli
uffici
,
dei
trasporti
,
degli
appalti
.
Dopo
le
paure
di
un
Medioevo
agrario
,
i
siciliani
conosceranno
i
terrori
di
un
Medioevo
industriale
.
Più
forte
di
qualsiasi
partito
o
corrente
di
partito
.
La
Sicilia
è
una
terra
antica
e
generosa
.
La
sua
popolazione
,
cinque
milioni
di
individui
,
un
decimo
di
quella
italiana
,
è
il
prodotto
di
molteplici
incroci
,
di
vicissitudini
storiche
che
vanno
dagli
albori
della
civiltà
umana
allo
sbarco
alleato
dell
'
estate
'43
.
Genti
del
Nord
,
del
Sud
,
dell
'
Occidente
e
dell
'
Oriente
vi
s
'
incontrarono
;
vi
lasciarono
lembi
di
linguaggio
,
usanze
,
tempeste
d
'
odio
,
furie
d
'
amore
.
Perfino
la
mafia
,
degenerata
attraverso
i
secoli
,
ma
specialmente
negli
ultimi
quarant
'
anni
,
in
strumento
di
oppressione
e
d
'
«
intrallazzo
»
,
nacque
dal
bisogno
di
sopperire
in
qualche
modo
alla
deficienza
e
alla
trascuratezza
dei
poteri
centrali
.
Non
è
possibile
che
in
un
«
humus
»
tanto
ricco
non
si
trovino
,
senza
necessità
di
leggi
umilianti
e
di
battaglioni
in
assetto
di
guerra
,
le
forze
necessarie
a
vincere
la
malvivenza
organizzata
e
il
malcostume
politico
.
Nel
1949
,
Angelo
Vicari
,
allora
prefetto
di
Palermo
,
oggi
prefetto
di
Milano
,
fece
pervenire
alle
superiori
autorità
un
coraggioso
rapporto
sul
riprovevole
comportamento
di
alcuni
parlamentari
siciliani
,
palesemente
legati
,
se
non
addirittura
affiliati
alla
mafia
.
Vicari
era
,
allora
,
uno
dei
più
giovani
,
forse
il
più
giovane
prefetto
d
'
Italia
.
Nato
nella
Sicilia
orientale
,
a
Sant
'
Agata
di
Militello
,
in
provincia
di
Messina
,
arrivò
a
Palermo
in
tempo
per
ereditare
il
peso
di
tutti
gli
intrighi
,
indipendentistici
,
separatistici
,
briganteschi
,
accumulatisi
dal
'43
alle
elezioni
del
luglio
'48
.
Siciliano
dell
'
altra
sponda
,
poco
più
che
quarantenne
,
di
idee
vivaci
e
moderne
,
il
prefetto
mise
decisamente
il
dito
sulla
piaga
,
o
perlomeno
su
una
delle
piaghe
principali
.
Consigliò
di
neutralizzare
d
'
urgenza
alcuni
uomini
politici
di
primo
piano
.
Il
coraggioso
rapporto
,
dopo
aver
ondeggiato
come
una
foglia
d
'
autunno
,
scivolò
nelle
pieghe
secolari
della
vita
romana
.
Svanì
.
Oggi
,
dietro
le
belle
casse
da
morto
,
con
borchie
di
ottone
e
maniglie
di
bronzo
,
intagli
e
intarsi
,
dentro
le
quali
i
mafiosi
trucidati
viaggiano
verso
il
cimitero
,
non
è
raro
vedere
,
vestito
di
scuro
,
pallido
e
commosso
,
uno
di
quei
parlamentari
che
il
prefetto
Vicari
,
nove
anni
or
sono
,
nominò
nel
suo
fantomatico
rapporto
.
Il
giorno
che
i
«
pezzi
da
90»
come
Michele
Navarra
di
Corleone
e
Vanni
Sacco
di
Camporeale
,
come
Gerolamo
Vizzini
e
Ciccio
Cottone
,
andranno
al
camposanto
senza
deputati
,
la
Sicilia
occidentale
conoscerà
,
finalmente
,
una
nuova
stagione
.
StampaQuotidiana ,
C
'
è
qualcuno
che
ha
paragonato
la
mossa
americana
per
il
dollaro
alla
bomba
di
Nixon
per
la
Cina
.
Identiche
le
procedure
;
analoghe
le
reazioni
a
catena
,
appena
cominciate
ma
dagli
sviluppi
imprevedibili
.
Con
l
'
annuncio
della
visita
a
Pechino
,
il
presidente
degli
Stati
Uniti
poneva
fine
ad
un
'
epoca
,
l
'
epoca
degli
assetti
post
-
bellici
sul
piano
delle
relazioni
internazionali
,
l
'
epoca
di
Yalta
culminata
nell
'
equilibrio
del
terrore
atomico
,
reciprocamente
bilanciato
,
fra
Washington
e
Mosca
.
Con
la
sospensione
della
convertibilità
fra
dollaro
e
oro
,
allargata
ad
un
piano
neppure
troppo
dissimulato
di
protezione
dell
'
industria
americana
,
Nixon
liquida
la
politica
di
Bretton
Woods
,
che
aveva
affidato
al
dollaro
la
funzione
di
moneta
internazionale
di
riserva
,
e
prepara
la
detronizzazione
dell
'
oro
-
il
magico
Sovrano
tanto
caro
al
generale
De
Gaulle
-
delineando
un
ritorno
ad
un
sistema
di
rapporti
economici
che
avrà
ben
poco
a
che
fare
col
«
Kennedy
Round
»
e
con
tutti
i
giganteschi
sforzi
di
liberalizzazione
dei
mercati
mondiali
.
Non
si
può
negare
che
Nixon
sia
un
grosso
giocatore
di
poker
.
Con
l
'
apertura
alla
Cina
di
Mao
,
in
funzione
di
bilancia
verso
l
'
Unione
Sovietica
,
il
presidente
degli
Stati
Uniti
ha
messo
consapevolmente
in
crisi
tutto
il
sistema
delle
tradizionali
alleanze
americane
in
Asia
,
a
cominciare
dal
Giappone
e
senza
contare
Formosa
,
nella
speranza
,
che
attende
la
conferma
dei
fatti
,
di
un
nuovo
e
più
valido
equilibrio
inglobante
la
grande
«
realtà
Cina
»
.
È
una
sfida
,
da
cui
dipende
il
futuro
della
presidenza
Nixon
ma
non
solo
quello
.
Con
la
decisione
spregiudicata
e
realistica
sul
dollaro
,
a
parte
le
indiscutibili
motivazioni
tecniche
,
Nixon
ha
messo
in
difficoltà
le
economie
dei
paesi
alleati
od
amici
-
il
Giappone
per
l
'
Asia
,
la
Germania
di
Bonn
e
un
po
'
tutto
il
Mec
per
l
'
Europa
-
pur
di
creare
le
condizioni
volte
a
superare
la
crisi
del
dollaro
che
rischiava
di
riflettersi
,
coi
danni
congiunti
dell
'
inflazione
e
della
recessione
,
sul
tenore
di
vita
americano
.
Nessuno
ha
il
diritto
,
in
materia
,
di
scagliare
la
prima
pietra
.
La
Francia
gollista
e
post
-
gollista
,
che
da
dieci
anni
pratica
la
guerra
al
dollaro
-
appena
temperata
dal
sapiente
scetticismo
di
Pompidou
e
dal
sagace
realismo
di
Giscard
d
'
Estaing
-
è
l
'
ultimo
paese
che
può
levare
un
grido
di
protesta
contro
l
'
iniziativa
unilaterale
degli
Stati
Uniti
,
ispirata
a
quegli
stessi
criteri
di
patriottismo
ad
oltranza
che
fioriscono
sulle
rive
della
Senna
.
La
Germania
,
che
procedette
mesi
fa
alla
rivalutazione
del
marco
con
tranquilla
indifferenza
per
i
danni
che
ne
sarebbero
derivati
agli
Stati
Uniti
,
non
ha
neppure
essa
i
titoli
sufficienti
a
condannare
una
misura
che
nasce
da
una
crisi
obiettiva
in
campo
monetario
cui
Bonn
ha
contribuito
in
misura
determinante
.
La
realtà
è
quella
che
è
e
va
giudicata
col
massimo
di
freddezza
possibile
.
Il
dato
dell
'
interesse
nazionale
,
inteso
con
una
punta
di
pragmatismo
evocante
nostalgie
e
vibrazioni
isolazioniste
,
torna
a
prevalere
nella
politica
generale
non
meno
che
in
quella
economica
di
Nixon
:
conformemente
alle
scaturigini
repubblicane
della
sua
stessa
filosofia
politica
.
Il
filo
-
europeismo
,
non
esente
da
errori
e
da
ingenuità
,
dell
'
epoca
dei
democratici
rischia
di
diventare
un
ricordo
di
tempi
lontani
.
La
partnership
euro
-
americana
sognata
da
Kennedy
appartiene
al
libro
dei
sogni
,
e
per
di
più
dei
sogni
svaniti
.
Gli
Stati
Uniti
si
muovono
con
realismo
,
con
concretezza
,
con
una
difesa
puntuale
e
aderente
dei
loro
interessi
:
dalla
legge
Mills
,
che
danneggia
settori
delicati
dell
'
esportazione
europea
,
a
tutto
il
campo
delle
spese
militari
per
la
difesa
comune
,
un
campo
in
cui
Washington
denuncia
una
crescente
stanchezza
per
l
'
esclusivo
peso
gravante
sulle
sue
spalle
.
Il
«
pentapolarismo
»
,
adombrato
da
Nixon
,
significa
,
nella
mente
degli
americani
,
la
preparazione
ad
una
vera
,
e
non
retorica
,
assunzione
di
responsabilità
economiche
e
finanziarie
da
parte
delle
cinque
forze
,
inclusa
,
anzi
preminente
,
la
quarta
,
l
'
Europa
occidentale
.
Washington
è
stanca
di
fare
il
gendarme
del
mondo
,
magari
per
riceverne
in
cambio
fischi
e
improperi
;
la
fine
della
guerra
nel
Vietnam
implicherà
tutta
una
rielaborazione
,
e
revisione
,
e
riduzione
degli
impegni
americani
nel
mondo
(
non
si
riparla
forse
di
taglio
delle
forze
Usa
in
Europa
,
in
significativa
coincidenza
con
la
tempesta
monetaria
?
)
.
Sullo
sfondo
delle
misure
che
hanno
accompagnato
il
«
ridimensionamento
»
del
dollaro
,
a
cominciare
dal
pesante
tasso
del
dieci
per
cento
sulle
importazioni
,
non
manca
neppure
una
certa
preoccupazione
per
la
concorrenza
economica
e
finanziaria
che
il
«
quarto
grande
»
Europa
,
una
volta
costituito
sul
serio
,
potrebbe
finire
per
esercitare
nella
gara
per
i
mercati
mondiali
.
Ma
sarebbe
un
motivo
di
più
per
stimolare
l
'
Europa
,
l
'
Europa
comunitaria
nel
suo
insieme
,
ad
assumere
coscienza
dei
suoi
doveri
irrinunciabili
.
Non
c
'
è
più
il
solo
filo
diretto
fra
Cremlino
e
Casa
Bianca
;
l
'
ombrello
americano
non
può
bastare
;
il
giuoco
si
allarga
.
Mao
incita
l
'
Europa
a
farsi
forte
;
Ciu
En
-
lai
rivolgeva
di
recente
auguri
di
successo
e
di
sviluppo
al
Mercato
comune
.
Qual
è
stata
invece
la
risposta
della
Comunità
europea
?
Il
quadro
dell
'
ultima
riunione
di
Bruxelles
non
potrebbe
apparire
più
sconsolante
.
Un
'
altra
occasione
è
stata
perduta
;
un
'
altra
speranza
delusa
.
È
mancata
una
risposta
europea
all
'
America
:
base
per
ogni
futuro
negoziato
,
premessa
di
ogni
necessario
equilibrio
.
Il
contrasto
franco
-
tedesco
,
contenuto
sul
piano
politico
,
è
riesploso
su
quello
economico
.
Parigi
non
vuole
inchinarsi
alla
realtà
dell
'
economia
tedesca
in
via
di
continua
,
e
meritata
,
espansione
;
guarda
ad
un
primato
del
franco
,
e
ad
un
legame
con
l
'
oro
,
che
sono
fuori
della
realtà
.
La
linea
realistica
e
seria
seguita
dalla
delegazione
italiana
ci
assicura
che
tutte
le
speranze
di
un
ragionevole
compromesso
non
sono
perdute
,
per
la
prossima
sessione
di
Bruxelles
.
La
babele
monetaria
non
rappresenta
una
soluzione
:
con
alcuni
paesi
che
si
regolano
in
un
modo
,
altri
in
modo
diverso
od
opposto
.
Le
incognite
dell
'
anarchia
economica
sono
almeno
altrettanto
gravi
delle
rinnovate
minacce
di
protezionismo
e
di
barriere
economiche
proibitive
che
si
levano
su
un
mondo
alla
ricerca
disperata
di
più
larghe
solidarietà
.
Per
l
'
Italia
,
poi
,
non
c
'
è
da
scherzare
.
Il
nostro
sistema
economico
è
forse
il
più
esposto
ai
contraccolpi
di
una
lotta
commerciale
e
valutaria
condotta
senza
esclusione
di
colpi
.
La
guerra
che
da
qualche
parte
si
vorrebbe
muovere
alla
saggia
politica
del
governatore
Carli
-
presupposto
della
relativa
stabilità
monetaria
con
cui
abbiamo
affrontato
il
recente
ciclone
-
rientra
in
quel
clima
di
dilettantismo
in
cui
,
purtroppo
,
primeggiano
taluni
socialisti
di
casa
nostra
.
Sognatori
ancora
,
dopo
tante
delusioni
e
tante
crudeli
smentite
,
di
una
autarchia
incapace
di
resistere
alla
prima
difficoltà
.
Altro
che
l
'
eccessivo
accumulo
di
dollari
nelle
casse
della
Tesoreria
!
Non
manca
mai
una
nota
di
umorismo
nelle
crisi
più
difficili
.
StampaQuotidiana ,
23
agosto
1925
.
Caro
Direttore
,
Come
Ella
bene
ha
avvertito
,
non
è
il
caso
di
dar
peso
,
e
molto
meno
risposta
,
all
'
urlio
di
contumelie
che
,
come
per
uno
scatto
meccanico
,
si
leva
regolarmente
contro
di
me
ogni
volta
che
apro
la
bocca
e
qualunque
cosa
io
dica
.
Piuttosto
ci
sarebbe
questa
volta
da
meravigliarsi
che
gente
la
quale
professa
di
volere
la
grandezza
d
'
Italia
anche
nel
dominio
del
pensiero
e
dell
'
arte
,
si
rivolti
rabbiosamente
contro
un
vecchio
conoscitore
della
materia
,
che
mette
in
guardia
circa
le
illusioni
e
indica
la
via
necessaria
per
raggiungere
il
fine
desiderato
.
Da
quando
in
qua
si
usa
rivoltarsi
contro
il
medico
che
dà
il
suo
parere
?
Dico
il
medico
,
perché
,
fin
da
quando
ero
giovane
,
le
mie
diagnosi
e
prognosi
letterarie
erano
diventate
così
famose
per
la
loro
esattezza
e
sicurezza
tra
i
letterati
di
Napoli
,
che
mi
chiamavano
«
il
Don
Antonio
Cardarelli
della
letteratura
»
.
(
Per
notizia
alla
nuova
generazione
,
il
Cardarelli
è
il
capo
della
scuola
medica
napoletana
e
,
per
nostra
fortuna
,
vive
ancora
)
.
E
ora
,
con
l
'
accresciuta
esperienza
di
tanti
anni
,
sarebbe
strano
che
io
sbagliassi
la
diagnosi
di
un
'
infermità
culturale
dai
sintomi
così
aperti
e
chiari
quale
è
quella
che
affligge
l
'
Italia
presente
.
StampaQuotidiana ,
È
molto
probabile
che
,
nei
prossimi
mesi
,
il
Biffi
Scala
perda
,
temporaneamente
,
uno
dei
suoi
clienti
più
assidui
.
Sembra
infatti
che
una
Casa
cinematografica
americana
abbia
deciso
di
chiamare
a
Hollywood
Tom
Antongini
,
per
affidargli
la
consulenza
di
un
film
imperniato
sul
tormentato
amore
di
Eleonora
Duse
e
Gabriele
D
'
Annunzio
.
Il
nome
di
Antongini
sarebbe
stato
suggerito
ai
produttori
dal
conte
Rasponi
,
che
vive
da
parecchi
anni
a
Nuova
York
,
dove
si
occupa
di
moda
e
di
arredamenti
.
Il
consiglio
è
perlomeno
logico
.
A
parte
qualche
inevitabile
frangia
letteraria
,
gli
scritti
dannunziani
di
Antongini
sono
i
più
ricchi
e
documentati
dal
punto
di
vista
aneddotico
.
Il
vecchio
signore
che
tutte
le
sere
entra
al
«
Biffi
»
per
l
'
aperitivo
,
fu
per
molti
anni
accanto
all
'
Imaginifico
,
ne
raccolse
gli
sfoghi
e
le
confidenze
minute
.
Se
davvero
gli
verrà
proposto
di
recarsi
a
Hollywood
,
quasi
certamente
accetterà
.
A
meno
che
non
preferisca
,
invece
,
gettarsi
anima
e
corpo
nella
campagna
elettorale
,
giacché
il
suo
nome
figura
nella
lista
del
Partito
monarchico
popolare
.
Circa
il
soggetto
del
film
,
non
si
hanno
finora
notizie
precise
.
Da
quanto
è
trapelato
,
dovrebbe
avere
come
sfondo
la
vita
artistica
e
mondana
della
Venezia
fine
Ottocento
:
quella
che
raccolse
l
'
ultimo
respiro
di
Wagner
e
vide
il
naso
rosso
del
miliardario
Morgan
sbucare
dal
portone
dell
'
Hòtel
Danieli
.
La
Venezia
,
lampeggiante
di
marmi
e
di
cristalli
,
in
cui
D
'
Annunzio
e
la
Duse
,
fra
due
carezze
,
si
divertivano
ad
aizzare
levrieri
dai
nomi
arcani
:
Crissa
,
Altair
,
Sirius
,
Piuchebella
,
Nerissa
.
La
materia
sarebbe
già
un
osso
duro
per
qualsiasi
sceneggiatore
e
regista
europeo
.
Figuriamoci
cosa
diventerà
nelle
mani
sbrigative
degli
americani
.
Se
è
vero
,
del
resto
,
che
il
buon
giorno
si
vede
dal
mattino
,
basta
la
scelta
degli
attori
che
dovrebbero
impersonare
Gabriele
ed
Eleonora
,
per
capire
come
andrà
a
finire
:
Rossano
Brazzi
e
Marilyn
Monroe
.
È
già
qualcosa
,
se
si
pensa
che
per
via
dell
'
incipiente
calvizie
la
parte
di
D
'
Annunzio
avrebbero
potuto
affidarla
all
'
ex
-
campione
mondiale
dei
pesi
medi
Carmen
Basilio
.
Tutto
lascia
prevedere
che
se
andrà
a
Hollywood
,
Antongini
rimpiangerà
molto
presto
il
Biffi
Scala
.
Orson
Welles
è
considerato
l
'
attore
meno
elegante
del
mondo
.
È
il
primo
a
riconoscerlo
.
«
Assomiglio
a
un
letto
matrimoniale
rifatto
da
una
bambina
di
cinque
anni
»
,
ha
detto
tempo
fa
.
StampaQuotidiana ,
Non
ho
assistito
all
'
incontro
di
universitari
tenutosi
a
Bologna
in
febbraio
intorno
alla
revisione
del
Concordato
;
ma
so
che
di
fronte
a
tre
coraggiosi
difensori
di
un
Concordato
riveduto
,
predominò
una
netta
maggioranza
anticoncordataria
.
Il
cui
prevalere
necessiterebbe
una
legge
costituzionale
che
sopprimesse
il
capoverso
dell
'
art.
7
della
Costituzione
che
dispone
appunto
i
rapporti
tra
Chiesa
e
Stato
siano
regolati
dai
Patti
lateranensi
,
sia
pure
suscettibili
di
modifiche
,
e
,
mi
sembra
,
che
fosse
soppresso
anche
l
'
art.
8
che
perde
di
significato
con
le
sue
garanzie
agli
altri
culti
,
una
volta
abolito
il
sistema
concordatario
.
Direi
invero
che
non
ci
siano
soluzioni
intermedie
,
come
quella
di
un
Concordato
di
un
unico
articolo
:
-
Chiesa
e
Stato
coopereranno
in
ogni
opera
destinata
ad
assicurare
il
bene
morale
e
materiale
del
popolo
italiano
-
:
una
tale
clausola
sarebbe
vuota
di
contenuto
,
bene
sapendosi
quanto
sia
diverso
l
'
apprezzamento
del
bene
morale
degli
italiani
secondo
i
diversi
modi
di
sentire
.
Mi
dicono
che
in
questo
convegno
si
siano
mescolate
due
diverse
tendenze
:
quella
che
restava
attaccata
al
tema
del
Convegno
,
cioè
riforma
o
meno
del
Concordato
(
intendendosi
che
il
meno
significava
abolizione
,
nessuno
pretendendo
il
mantenimento
integrale
)
,
ed
un
'
altra
che
sostanzialmente
mirava
ad
una
riforma
profonda
della
Chiesa
.
Invero
sarebbe
emersa
nel
Convegno
la
personalità
di
uno
studioso
che
da
molti
anni
è
l
'
assertore
della
Chiesa
fondata
sull
'
assemblea
,
senza
gerarchia
,
basandosi
sul
detto
di
Gesù
«
ogni
volta
che
due
o
tre
si
aduneranno
nel
nome
mio
,
io
sarò
in
mezzo
a
loro
»
.
Ciò
che
si
riannoda
ad
antiche
avversioni
verso
la
Chiesa
istituzione
giuridica
,
ed
allo
spunto
giansenista
,
non
aver
valore
decreti
pontifici
e
dichiarazioni
di
dogmi
,
condanne
di
dottrine
,
se
non
accettati
da
tutta
la
Chiesa
.
Ho
scritto
altre
volte
come
dubiti
molto
che
questa
Chiesa
del
dissenso
,
rispetto
al
Papa
ed
alla
gerarchia
,
possa
mantenersi
e
non
subire
l
'
attrazione
di
forze
politiche
che
escludono
invece
ogni
fede
religiosa
.
In
effetto
i
suoi
patrocinatori
non
mirano
a
creare
nuclei
di
spirituali
,
pensosi
soltanto
delle
verità
supreme
,
bensì
assumono
uffici
politici
e
vogliono
la
Chiesa
impegnata
in
tutte
le
lotte
dirette
a
realizzare
la
loro
visione
di
giustizia
sociale
.
Se
però
fossi
in
errore
nel
mio
prognostico
di
assorbimento
di
questi
cristiani
da
parte
di
movimenti
politici
con
cui
già
cooperano
nelle
questioni
concrete
,
ed
effettivamente
si
realizzasse
questa
Chiesa
assembleare
,
senza
gerarchie
,
che
ad
un
tempo
mantenesse
la
fede
in
Dio
,
in
Cristo
,
nella
sopravvivenza
individuale
,
e
si
trovasse
impegnata
nelle
lotte
politiche
,
dubito
molto
che
potrebbe
mantenere
le
attuali
alleanze
con
i
partiti
che
proprio
questa
fede
intendono
sradicare
.
Poiché
non
è
ad
illudersi
sul
linguaggio
moderato
(
mi
dicono
che
a
Bologna
uno
dei
più
moderati
fu
proprio
un
comunista
,
che
non
ebbe
una
parola
meno
che
rispettosa
verso
Papa
e
gerarchie
)
,
sulle
cortesie
formali
che
possono
scambiarsi
amministrazioni
rosse
e
autorità
ecclesiastiche
.
La
lotta
sostanziale
si
svolge
nel
campo
della
formazione
dei
bambini
:
genericamente
nell
'
ambito
dell
'
assistenza
religiosa
(
niente
suore
né
cappellani
negli
ospedali
,
nelle
carceri
,
meno
che
mai
cappellani
militari
)
,
ma
lotta
sorda
nella
scuola
elementare
e
soprattutto
nella
materna
.
Le
amministrazioni
rosse
stanziano
forti
somme
per
queste
scuole
ed
in
genere
con
buoni
risultati
:
ma
è
soprattutto
alla
scuola
materna
tenuta
da
suore
che
si
guarda
:
creandone
,
in
prossimità
di
una
esistente
in
cui
s
'
insegna
anche
a
pregare
e
si
dà
una
prima
formazione
religiosa
,
un
'
altra
con
maggiori
comodità
,
buona
refezione
gratuita
,
torpedoni
che
trasportino
i
bambini
.
Buone
scuole
materne
,
ma
dove
nei
libri
anche
le
favole
battono
sempre
sulla
odiosità
dell
'
oppressore
e
sulla
necessità
di
scuoterne
il
potere
,
dove
le
grandi
massime
di
bontà
,
di
fratellanza
,
di
pace
sono
tratte
dai
più
conosciuti
rivoluzionari
,
e
da
cui
è
comunque
bandita
ogni
idea
religiosa
,
ogni
sospetto
di
una
possibile
sopravvivenza
.
Il
bambino
deve
terminare
la
sua
infanzia
,
se
possibile
,
non
sospettando
neppure
che
vi
siano
persone
religiose
,
non
avendo
mai
visto
persone
assorte
nella
preghiera
,
ignorando
che
esistano
uomini
che
trovano
conforto
ed
un
nuovo
fluire
di
speranze
nel
rivolgersi
a
Dio
.
Le
chiese
,
che
vedrà
e
forse
visiterà
,
le
edicole
con
immagini
sacre
,
debbono
essere
per
lui
quel
che
sono
per
noi
tombe
etrusche
o
templi
greci
e
romani
,
relitti
di
civiltà
che
oggi
sono
state
superate
,
e
che
possono
bene
rappresentarsi
come
le
civiltà
della
oppressione
:
sarebbe
un
po
'
come
il
vedere
tutto
il
mondo
grecoromano
sotto
il
solo
aspetto
dell
'
istituto
della
schiavitù
,
ignorando
tutto
il
resto
che
ci
ha
dato
,
i
valori
eterni
,
la
discesa
nel
cuore
dell
'
uomo
operata
dalla
tragedia
greca
,
la
proclamazione
,
sia
pure
astratta
,
della
eguaglianza
di
tutti
gli
uomini
secondo
il
diritto
naturale
.
Il
compito
diviene
sempre
più
facile
man
mano
che
le
chiese
sono
vuote
,
e
più
vecchie
le
poche
persone
che
ancora
il
fanciullo
scorgerà
se
avrà
occasione
di
entrarvi
.
Non
si
tratta
di
una
lotta
alla
religione
contingente
,
come
quella
che
precedette
la
Rivoluzione
francese
ed
accompagnò
il
Risorgimento
italiano
,
e
che
era
strumentale
per
abbattere
il
trono
e
le
classi
privilegiate
che
davano
alla
Chiesa
la
sua
gerarchia
,
o
per
legittimare
la
struttura
dello
Stato
liberale
ed
il
venir
meno
del
potere
temporale
.
Qui
si
tratta
di
una
necessità
;
quando
pure
sul
terreno
politico
ed
economico
la
battaglia
fosse
stata
vinta
ed
instaurato
un
regime
comunista
,
la
religione
potrebbe
sempre
indurre
ad
appelli
ad
una
precettistica
religiosa
contro
i
dettami
del
governo
,
all
'
«
obbedisci
a
Dio
prima
che
agli
uomini
»
:
potrebbe
portare
al
dubbio
se
con
l
'
instaurazione
di
quel
regime
,
con
l
'
abolizione
della
proprietà
privata
,
con
la
censura
sui
libri
dei
malpensanti
,
si
sia
raggiunto
l
'
assetto
migliore
che
sia
possibile
all
'
umanità
conseguire
e
che
occorra
quindi
difendere
ad
ogni
costo
,
cancellando
l
'
idea
di
una
giustizia
divina
,
di
consolazioni
e
punizioni
che
seguano
dopo
la
morte
del
corpo
;
dare
a
tutti
la
certezza
che
esiste
una
unica
vita
,
quella
che
termina
con
l
'
ultimo
respiro
.
L
'
esito
finale
della
lotta
?
Chi
crede
in
una
innata
religiosità
dell
'
uomo
,
che
è
della
sua
essenza
e
può
rivelarsi
per
la
prima
volta
anche
nell
'
età
matura
,
ha
la
certezza
che
la
religione
non
sarà
mai
estirpata
;
il
cattolico
,
la
certezza
che
Cristo
è
venuto
per
tutti
gli
uomini
,
di
ogni
generazione
.
In
effetto
conosciamo
esempi
anche
di
santi
usciti
da
famiglie
di
accaniti
negatori
.
Peraltro
è
solo
entro
uno
scenario
di
ampia
libertà
che
è
possibile
concepire
i
figli
che
si
rivoltano
contro
le
idee
dei
genitori
;
dove
c
'
è
una
massa
grigia
,
enorme
,
compatta
nei
medesimi
convincimenti
,
la
ribellione
è
più
difficile
.
Nel
mondo
sovietico
conosciamo
ribellioni
di
alte
personalità
di
pensatori
,
ignoriamo
se
in
questo
campo
ce
ne
siano
tra
gli
umili
.
Comunque
anche
nel
mondo
di
ieri
sta
che
il
sentimento
religioso
,
come
quello
della
pietà
,
anche
verso
gli
animali
,
come
il
senso
estetico
,
come
altre
direttive
meno
nobili
,
quale
la
preoccupazione
del
risparmio
,
vanno
coltivate
nel
bambino
e
raramente
sorgono
spontanee
.
Pertanto
per
chi
non
abbia
la
fede
in
un
insopprimibile
bisogno
del
divino
,
non
è
detto
che
la
battaglia
per
la
estinzione
della
religione
non
possa
essere
vinta
.
Eppure
anche
a
molti
che
non
sono
credenti
,
un
mondo
che
non
creda
in
nulla
oltre
a
ciò
che
è
tangibile
,
che
ignori
la
speranza
in
gioie
e
bellezze
che
gli
occhi
umani
non
possono
percepire
,
appare
la
visione
di
un
mondo
impoverito
.