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Ancora sul Concordato ( Jemolo Arturo Carlo , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Negli atti parlamentari il resoconto stenografico delle cinque sedute in cui si trattò delle modifiche al Concordato occupa 201 dense facciate . Interventi svariatissimi ; e leggendone alcuni ho avuto l ' impressione di tornare molto indietro , prima del 1915 , sentendo i vecchi spunti sulle ricchezze della Chiesa , che ripetevano poi quelli sulle ricchezze dei gesuiti intorno al 1770 . Vero che fuori si era detto di più ; in un corteo si erano visti cartelli ove si leggeva che con un quarto delle rendite del Vaticano si sarebbe risanato il bilancio dell ' Italia , cartelli che mostravano il candore economico di chi li aveva scritti e la dimenticanza di ciò , che il Vaticano non è un ' azienda dello Stato italiano , che i suoi compiti sono mondiali . Ma quel che veramente mi sta a cuore è un punto di cui non si è molto parlato , anzi semplicemente accennato , e che tuttavia per me è di valore essenziale : le critiche relative alla soppressione dell ' articolo sull ' Azione Cattolica ( divenuto senza ragione d ' essere in un regime dove vige la libertà di associazione ) , ed in particolare quelle , talora espresse in forma di deplorazione , per la mancata attuazione data fin qui alla norma , le critiche cioè alla abrogazione della seconda parte di detto articolo : « La S . Sede prende occasione dalla stipulazione del presente Concordato per rinnovare a tutti gli ecclesiastici e religiosi d ' Italia il divieto di iscriversi e militare in qualsiasi partito politico » : espressione che nel 1929 pareva non aver senso perché di partiti ce n ' era uno solo , ed alla lettera significava che il Papa prometteva al governo fascista che i preti non sarebbero stati fascisti ; ma che pare fosse voluta da Pio XI , proprio per impedire ad ecclesiastici il giuramento di fedeltà al Duce ( e tuttavia chi visse in quegli anni quanti distintivi fascisti vide su tonache talari ! ) . Ora posso nel mio intimo desiderare il sacerdote che pensa a questa vita come ad una preparazione alla vita eterna , e conseguentemente non milita in partiti politici ; ma so di essere contro corrente , e ben conosco che anche da alte sedi arcivescovili c ' è questa esortazione al clero di partecipare alla vita politica , al servizio dei più umili . Comunque , come cittadino rivendico per tutti la libertà , veramente fondamentale , di esprimere il proprio pensiero e di farne propaganda ; e mi ribello all ' idea che possano esserci categorie di cittadini private , vita durante , di questa libertà . Come negli anni grigi tra il '50 ed il '60 mi battei con tutte le forze contro i sequestri di Bibbie protestanti e le azioni contro i loro distributori , l ' elevazione a reato del battesimo in un torrente di anabattisti , la persecuzione dei pentecostali , così con quanto mi resta di forze mi batterei sempre contro chi volesse contrastare al prete di cercare proseliti , di diffondere la sua dottrina . Rammento l ' abate Ricciotti che , a chi si doleva di un parente comunista che educava alle sue idee i propri bambini , rispondeva : « Se è convinto che le sue dottrine rappresentano la verità , non esercita un diritto , ma adempie un dovere , cercando di comunicarle quanto possibile ; chi crede di aver trovato la verità deve diffonderla » . Penso io pure così , da sempre . Rammento miei vecchi discorsi col fraterno amico Giorgio Falco , in cui mi dolevo che gli ebrei , riacquistata la libertà , non avessero ripreso quel proselitismo ch ' era stato dei loro progenitori , fino alla oppressione romana , e cui avevano dovuto rinunciare per sopravvivere , e rammento la risposta che mi dava , che in qualche modo i migliori di loro avevano ancora svolto il compito di diffondere la credenza nel Dio unico . E non mi è piaciuto nel fiero e nobile indirizzo di questi giorni di una chiesa cristiana non cattolica al ministro dell ' Interno la frase , volta certo a parare l ' accusa di poter turbare la pace religiosa degl ' italiani : « noi non facciamo proselitismo » . Mi si risponderà che il prete non è un uomo come gli altri , è un ' autorità per i fedeli , e quindi è nella condizione di condurli pur nella lotta politica ? Così press ' a poco parlavano , oltre cento anni or sono , Ricasoli o Mancini ; ma è trascorso oltre un secolo . E le immagini che allora si evocavano , il prete che diceva al morente di salvare la propria anima donando tutto alla Chiesa , di fare pubblica abiura dei suoi convincimenti unitari o liberali , è lontana nel passato . Nessuno di noi conosce casi del genere . Soggiungo che siamo in un clima molto diverso da quello che auspicavano , forse illudendosi , gli uomini del Risorgimento : un mondo di liberi , in cui ciascuno pensasse con la sua testa ; siamo nel mondo del conformismo ( a volte mascherato da anticonformismo ) , in cui la quasi totalità dei giovani si butta a capofitto , negli atteggiamenti , negli abiti , nel rinnegamento in blocco dei « tabù » , e gli adulti o sentono la disciplina di partito o si disinteressano od al più si accontentano dei vari mormorii , delle accuse generiche , senza alcun piano costruttivo . Libertà anche per i maghi , per le donne che fanno le fatture o le disfano ; libertà , come cittadino , del prete ribelle , ridotto allo stato laicale , e che desidera continuare a portare un segno del suo ordine sacerdotale ( via dunque l ' art. 29 , lettera l ) ; ma libertà anche per il prete di fare quanta propaganda desidera . Davvero i critici credono che la maggioranza degli italiani , od anche il 50 per cento , pratichi ancora la messa domenicale e penda dalle labbra del sacerdote quando pronuncia l ' omelia ? Ed ora mi si consenta una breve oratio pro domo mea . Qualche amico mi ha rimproverato , come se avessi abiurato il principio separatista , di aver fatto parte delle due commissioni presiedute dall ' on. Gonella ( nella relazione alla prima riaffermavo ancora la mia vecchia fede separatista , di allievo di Francesco Ruffini ) . Non sono mutato . Credo sempre , contro quanto scrivevano gli apologisti del Concordato del 1929 , che di dilaceramenti dei cattolici , anche i più ortodossi , non sia dato parlare oltre la prima guerra mondiale ( c ' erano forse ancora vecchi principi , come ne I vecchi e i giovani di Pirandello , cui ripugnasse di presentarsi davanti al Sindaco per il matrimonio civile ? ) ; credo sia stato un male che Vittorio Emanuele III si opponesse nel '19 a quello che sarebbe stato il Trattato senza il Concordato ; ma una cosa è non stipulare un patto ed altra il disdirlo unilateralmente . Gli uomini politici che non erano stati favorevoli all ' ingresso dell ' Italia nella Triplice alleanza , dieci anni dopo , senza disdirsi , ritenevano che sarebbe stato un grosso errore una denuncia unilaterale . Ritengo abbia agito saggiamente la Camera votando con 412 voti contro 31 la mozione per la continuazione di una trattativa mirante ad una revisione del Concordato anziché la denuncia : questa , specie dopo le intemperanze dei radicali , sarebbe apparsa atto di ostilità . E , memore sempre del discorso inaugurale della sua presidenza della Repubblica pronunciato dall ' altro mio grande maestro Luigi Einaudi , che non chiedeva venia delle memorie sabaude evocate in suoi articoli dell ' ultimo anno né di certo suo attaccamento alla monarchia , ma riteneva il buon cittadino debba sempre piegarsi al volere manifestato dalla maggioranza , e , se non si tratti di cosa che ripugni alla sua coscienza morale , porre a disposizione dell ' organo espresso da questa maggioranza la propria esperienza e le proprie capacità , non vedo perché mai avrei dovuto rifiutare di far parte di organi di studio o di trattative , volti a togliere dal Concordato quel che poteva suonare offesa alla coscienza liberale . Contro ogni traccia di giurisdizionalismo , d ' ingerenza dello Stato nella struttura della Chiesa ; per la libertà della Chiesa di organizzarsi come creda , e , al pari di ogni partito , di considerare uscito dal suo seno chi sconfessi date sue dottrine , ma con una pronuncia senza effetto alcuno rispetto allo Stato ; per la libertà di ogni sacerdote , come di ogni altro cittadino , di esprimere le proprie idee , di farne propaganda ( e personalmente potrò pur credere che quel prete interpreti male il Vangelo ; ma ricordo l ' insegnamento di Croce : « Battiti perché il tuo avversario possa esprimere liberamente quelle dottrine , che tu poi , come difensore di quella che per te è la verità , avrai il dovere di confutare » ) . Non mi pare di essermi allontanato da quella che è la direttiva in cui mi formai ventenne , sotto la guida dei grandi maestri che ho menzionato , da cui non so dissociare Piero Martinetti .
IL CROCIFISSO NELLE SCUOLE ( CROCE BENEDETTO , 1925 )
StampaQuotidiana ,
Meana . 12 agosto 1925 . Caro Direttore , Fa il giro della stampa l ' affermazione di un giornale fascista , che « il senatore Croce , liberale , vorrebbe ritogliere il Crocifisso dalle scuole » . Venti anni fa , in tempi di democratismo e di massoneria , io , nominato componente del Consiglio di vigilanza di una scuola popolare , feci prendere provvedimenti a carico di un nuovo direttore , che , come primo suo atto , si era permesso di rimuovere il Crocifisso dalle aule scolastiche . E tutti coloro che conoscono quanto ho scritto in proposito , sanno che sono stato apertamente favorevole all ' insegnamento religioso nelle scuole elementari , da dare agli alunni delle famiglie che ne facciano richiesta e da affidare a persone che siano sinceramente credenti . Cosa , del resto , naturale , perché sento e osservo i doveri che cultura e gentilezza d ' animo impongono verso l ' alta religione dei nostri padri . Ciò che non mi è piaciuto , è lasciar correre o alimentare l ' equivoco tra questo , che è l ' atteggiamento liberale , e l ' altro , che non so quale nome meriti , ma certo consiste nel trescare coi clericali . Se a tale mia ripugnanza intendeva alludere il giornale fascista , ha detto il vero . Con molti saluti , ecc .
Il mondo della droga ( Fusco Gian Carlo , 1957 )
StampaQuotidiana ,
Al processo Montesi presenziarono una quarantina di inviati speciali . Nelle prime settimane , quando l ' istruttoria contro Piccioni , Montagna e Polito non aveva ancora cominciato a traballare , alcuni grandi giornali inglesi , tedeschi e francesi tennero a Venezia i loro resocontisti . In seguito la stampa estera si limitò ai servizi di agenzia . Fra gli inviati dei giornali stranieri ve n ' era uno assai simpatico e vivace , la cui tessera grigia , rilasciata dalla cancelleria , era intestata alla « Gazette de Lausanne » . Spesso , facendo colazione coi colleghi , il rappresentante del quotidiano svizzero raccontava di aver accettato quell ' incarico trovandosi momentaneamente disoccupato . La « Gazette » , per evitare la notevole spesa di un inviato , si era rivolta a un professionista italiano che costasse poco . « Non so chi potrebbe costarle meno di me » , diceva il giovanotto , arricciando il naso carnoso ed aggressivo . « Sto facendo la vita di un frate predicatore in trasferta quaresimale » . A . B . ( dobbiamo accontentarci delle iniziali ) sfiorava il metro e settanta , ma era di spalle larghissime e si notavano al primo sguardo i suoi polsi da sollevatore di pesi , ferrei e pelosi . Gli occhiali non riuscivano ad attenuare la forza penetrante del suo sguardo . Parlando con giornalisti molto addentro nel mestiere , dimostrava di conoscere assai bene la partita . Un pomeriggio , verso la metà di febbraio , quando il processo era in corso da un mese , stavo passeggiando in compagnia di A . B . sotto i portici delle Procuratie Vecchie , in piazza San Marco , allorché capitò qualcosa di molto strano . Ci passò accanto un giovane carabiniere , il quale , visto il corrispondente della « Gazette » , lo salutò portando la mano ben rigida alla visiera e facendo ruotare leggermente il collo . « Ho fatto diversi servizi di cronaca nera , anni fa » , spiegò A . B . « Molti carabinieri si ricordano ancora di me » . Non la bevetti . Ho fatto troppi anni il soldato , per non distinguere un saluto amichevole da un saluto di ordinanza . Restai perplesso , ma cercai di non farlo notare . Qualche tempo dopo ebbi la conferma dei miei sospetti . Il corrispondente della « Gazette de Lausanne » altri non era che il tenente dei carabinieri A . B . , valoroso e intelligente protagonista di alcune fra le più pericolose e brillanti operazioni del dopoguerra . Conversatore spiritoso , buon pittore dilettante , poeta a tempo perso , capace di mimetizzarsi in qualunque ambiente e di assumere le personalità più disparate , l ' Arma lo aveva utilizzato in casi particolarmente delicati , specialmente nel così detto « bel mondo » . Era inevitabile che il tenente , recitando la parte del pittore surrealista o del bell ' imbusto a Capri , sulla Riviera ligure di ponente e sulla Costa Azzurra , acquistasse una preziosa esperienza in fatto di droga , drogatori e drogati . Quando gli feci capire che la sua vera attività mi era ormai nota , l ' ufficiale non ebbe una piega di disappunto . Rise allegramente e , pur non accennando alla vera ragione per cui stava seguendo giorno per giorno il processo , mi raccontò molte cose della sua carriera , dei casi di cui si era occupato negli ultimi anni , della sua partecipazione alla dura lotta contro la banda Giuliano e , finalmente , mi illustrò , nei limiti del segreto professionale , alcuni aspetti interessanti e inediti della battaglia incessante e silenziosa contro il traffico degli stupefacenti . Proprio in quei giorni , alla ribalta del processo era di turno don Tonino Onnis , parroco di Bannone di Traversetolo e protagonista del fantomatico episodio relativo a « Gianna la rossa » . Il prete , giovane , bruno e robusto , dall ' eloquio frettoloso e dalla pronuncia lievemente sofisticata , fece la sua deposizione : raccontò del suo misterioso incontro con la giovane donna dai capelli fulvi e sostenne abilmente un duello di tre ore coi giudici e gli avvocati . Anche in quella occasione restai con l ' impressione che la storia del parroco fosse una specie di paravento immaginario , dietro al quale si nascondevano fatti e persone che sarebbe stato interessante mettere a fuoco , indipendentemente dal processo e dalla posizione degli imputati . Don Onnis non aveva affatto l ' aria di un intrigante visionario e certi particolari del suo racconto , in mezzo alle sfumature e alle nebbie della fantasia , mi erano sembrati inaspettatamente duri e concreti . Il parroco aveva fatto , senza reticenze , il nome di alcuni funzionari della questura di Parma che si erano interessati del suo caso ; descrivendo certe automobili che si erano aggirate attorno a Bannone nel '54 , aveva avuto accenti di verità . D ' altra parte , nessuno era riuscito a capire per che preciso motivo il giovane parroco fosse stato varie volte convocato dal suo vescovo e severamente ammonito . Il suo stesso trasferimento a Bannone , parrocchia troppo modesta per un prete colto e brillante , aveva tutta l ' aria di una « quarantena » ed era precedente alle « rivelazioni » di Gianna la rossa . Ripensandoci , mi sembrò probabile che il sacerdote avesse « aggregato » al caso Montesi una storia losca , da lui realmente vissuta , forse con la speranza di richiamare l ' attenzione delle autorità senza esporsi troppo direttamente . Una sera , passeggiando nei dintorni della Fenice , esposi i miei dubbi al tenente A . B . Mi ascoltò attentamente , rivolgendomi brevi occhiate , poi , dopo qualche istante di silenzio , disse : « È vero : in questo straordinario processo le ombre , spesso , sono concrete e i corpi non sono che ombre . Ad ogni modo , non è un caso che la famosa lettera di Gianna la rossa sia partita da Bannone , anziché , poniamo , da un paesino altrettanto trascurabile delle Marche o dell ' Umbria . Da Bannone si stacca una rotabile secondaria , lunga una ventina di chilometri , che , attraverso Felino e Sala Baganza , finisce a Collecchio , sulla strada della Cisa . A cominciare dal '46 , poche strade al mondo sono state altrettanto battute dai trafficanti . Incalcolabili quantità di ' grezzo ' vi sono passate , partendo dai roccioni della costa ligure , per raggiungere quella autentica spina dorsale della Penisola ch ' è la statale numero 9 , meglio conosciuta come via Emilia . La provincia di Parma è il retroterra naturale della Spezia . Fra l ' isola della Palmaria e Monterosso , dove la costa è particolarmente solitaria , aspra , inaccessibile alle macchine , non è passata notte , per anni , che le correnti non portassero alla deriva speciali bidoni di gomma nera , impermeabili , a forma di boa , contenenti oppio . « Abbandonati al largo da imbarcazioni veloci , in particolari condizioni di mare e di vento , quei recipienti percorrevano docilmente , sul filo delle correnti , sempre il medesimo itinerario , come tirati da un filo : perché nulla vi è di più immutabile di una corrente marina . Sulla costa , nel buio , fra gli scogli simili a baluardi , qualcuno era pronto a riceverli , a vuotarli , a mettere la merce al sicuro per passarla a chi aveva l ' incarico di trasportarla in su , attraverso il Bracco e la Cisa . Nel '47 , quand ' ero in servizio alla Spezia , io stesso mi sono occupato a fondo della cosa . Risultati magri . La macchina era troppo grossa per un pugno di uomini volenterosi , responsabili di un ' infinità di servizi e con mezzi assai modesti . Una volta , mentre incrociavo al largo con una vecchia barca a motore che pareva avesse il cardiopalma , intravidi , a qualche centinaio di metri , uno di quei misteriosi motoscafi che seminavano in mare uova di gomma nera . Gli intimammo di fermarsi , sparammo in aria , poi prendendo la mira . La imbarcazione si impennò , volò via come una freccia , sparì nella notte . Tentare d ' inseguirla sarebbe stato come tirare un sasso a un aeroplano » . L ' ufficiale tacque un momento , poi riprese amaramente : « Per darti un ' idea di quanti involucri di gomma siano finiti su quei venti chilometri di costa ; pensa che utilizzando la gomma trovata fra gli scogli alcuni giovanotti impiantarono una fabbrichetta di sandali e scarpe da donna che produceva un centinaio di pezzi al giorno » . « E don Onnis ? » , chiesi . Il tenente si tolse gli occhiali , alitò sulle lenti , le ripulì accuratamente col fazzoletto . Si strinse nelle spalle . « Rosse o nere , è un fatto che molte Gianne nei paraggi della Cisa debbono aver ` lavorato ' coi trafficanti . Le donne , in genere , sono meno sospettate e pare che al momento opportuno sappiano cavarsela meglio . Mi sembra impossibile che qualcuna non si sia messa nei guai . Mi viene in mente quel che fece Vito Gurino , un gangster italo - americano che nel '40 , per scampare alla vendetta dei compagni , restò tre giorni chiuso nel confessionale di una chiesa cattolica di Brooklyn . Se l ' ha fatto un ` duro ' a Nuova York , figurati una donna da noi ! Credo che don Onnis abbia detto molte cose che non sa per non dire molte altre cose che sa . D ' altra parte , ciò è perfettamente in carattere col caso Montesi , dove tutto ciò che sembra pieno è vuoto e tutto ciò che sembra vuoto è pieno , come nei calchi in gesso degli scultori » . Cinque giorni fa la Mobile di Milano ha arrestato un uomo di mezza età , tale Giuseppe Gaigher , colpevole di aver spacciato per mesi cocaina ( complessivamente circa due etti ) facendosela pagare dai tossicomani fino a 20.000 lire al grammo . Il crimine del Gaigher ha un aspetto che oscilla fra il triste e il paradossale . La droga ch ' egli trafficava quasi ogni sera nei night - clubs milanesi se la procurava a prezzo di grosse sofferenze fisiche . Tormentato da fistole croniche , per ammansire le quali il medico gli aveva prescritto una pomata anestetica a base di coca , preferiva soffrire e rivendere le bustine prelevate in farmacia . Acquistata su regolare prescrizione , la polvere ha un prezzo assai modesto , venti volte inferiore , se non più , a quello del mercato clandestino . In una delle prime puntate di questa inchiesta , notai che i rigori della legge e dell ' opinione pubblica colpiscono di preferenza i tossicomani e i piccoli spacciatori . È destino di tutte le fanterie , anche di quella del vizio , far le spese della battaglia . Ma la frequenza con cui si leggono sui giornali storie di poco rilievo , più grottesche che allarmanti , alla Gaigher , alimenta , negli italiani , l ' incredulità per fatti enormemente gravi e tenebrosi . Perfino la famosa « operazione Mugnani » , che agitò il bel mondo romano nella primavera dell ' anno scorso ed ebbe titoli su sei colonne , non fu , tutto sommato , che un episodio marginale e di scarsa importanza . L ' unico aspetto interessante di quella retata , fu che vi rimasero impigliate alcune persone d ' alto bordo , le quali , del resto , fiutavano da anni senza farne troppo mistero . Tutti i frequentatori assidui dei locali notturni eleganti , finiscono col conoscere decine di tossicomani più o meno « suonati » dalla droga . Talvolta talmente svaniti da perdere ogni prudenza e ogni ritegno . Anni or sono , trovandomi in un tabarin romano , assistetti a una scena da « pochade » . Il marchese P . V . , toscano , quarantenne che dimostra come minimo vent ' anni di più , stava bevacchiando strane misture di sua invenzione all ' american bar . Il labbro inferiore gli cadeva tristemente , gli occhi parevano due molluschi andati a male . A un certo punto , stanco d ' ingurgitare porcherie , disse al barman farfugliando : « Ora basta . Quanto vuoi ? » . « Diciottomila , signor marchese » , fece il barman , disinvolto . Il nobiluomo cominciò ad annaspare nelle tasche esterne ed interne alla ricerca di quattrini , e intanto posava sul banco tutto ciò che vi trovava : vecchie lettere , il fazzoletto , chiavi , tessere e appunti . Fra l ' altro , come se niente fosse , tre o quattro cartine di coca . Il barman impallidì e guardò furtivamente verso l ' angolo dove era solito sedersi l ' agente di servizio , in quel momento assente . « Signor marchese , non faccia sciocchezze . Metta dentro quella roba » . « Quale roba ? » . « Andiamo , signor marchese , abbia pazienza » . E il barman , con rapide occhiate in giro , ficcò le cartine in tasca al titolato . Il quale , dopo qualche oscillazione e qualche singhiozzo , le tirò di nuovo fuori e le gettò sul banco gracchiando stoltamente : « Cosa ti hanno fatto di male le mie bimbine , le mie piccoline ? Sei un villanzone ! Del resto , bada ; non ho più soldi , quindi ti devi pagare con queste . Ci guadagni . Ti devo diciottomila e qui c ' è quarantamila lire di roba . Tanto per stasera non streppo più » . La fronte del barman era lustra di sudore . Mentre il marchese si allontanava borbottando qualcosa delle sue « bimbine » , agguantò le cartine rimaste sul bancone e volò di là a ficcarle chissà dove . Ma questi sono , appunto , gli aspetti più insignificanti e scoperti del traffico . Talmente scoperti che finiscono sempre con l ' autodenunciarsi ; anche perché , a lungo andare , l ' abuso di stupefacenti indebolisce i freni inibitori e spinge il tossicomane a un esibizionismo sempre più impudente e clamoroso . Nel 1946 , a Viareggio , una bella signora milanese , moglie di un giovane industriale oggi in bassa fortuna , teneva la cocaina , dieci o quindici grammi per volta , in un piccolo astuccio cilindrico , d ' oro massiccio , bucherellato come una saliera . Dopo mezzanotte , allorché faceva il solito spuntino con gli amici , la disgraziata era solita spolverare leggermente di droga le pietanze . Se qualcuno , dai tavoli vicini , la guardava con una certa meraviglia , si affrettava a spiegare : « Non faccia quegli occhi , per favore . Non è mica sale ! È soltanto cocaina » . Se il mondo della droga si riducesse a questi aneddoti , o alle povere storie di cui sono protagonisti í piccoli galoppini isolati sul tipo dello « spacciatore sofferente » Giuseppe Gaigher , gli agenti dell ' Interpol e quelli della Squadra Narcotici americana potrebbero dedicarsi alla filatelia o al giardinaggio . Ogni giorno , in tutto il mondo , migliaia di ossessi danno l ' assalto all ' armadietto chiuso a chiave in cui i farmacisti conservano i narcotici e gli stupefacenti . Non è possibile enumerare gli espedienti , i trucchi , le commedie , le astuzie infernali a cui ricorrono i tossicomani poco forniti di quattrini per assicurarsi una dose del loro adorato veleno . Quegli esseri deliranti , spesso incapaci di applicarsi ad un lavoro qualsiasi perché il « crepuscolo » cocainico , morfinico o eroinico toglie loro la volontà e il senso del reale , sono capaci di sgobbare notti intere come castori per falsificare una ricetta innocente . Gratta e rigratta la carta , aggiusta o corteggi , spesso finiscono col lacerare la carta in modo irrimediabile . Allora piangono , si torcono le mani , poi , alle ore più assurde , svegliano un medico , inventano storie di padri straziati dal cancro , di vecchie madri trafitte dai calcoli renali , supplicano per pietà una ricetta che includa dosi anche piccole di coca , di morfina , o , male che vada , di qualsiasi stupefacente sintetico lontanamente imparentato con la dicetil - morfina ( nome ufficiale dell ' eroina ) o con la cocaina . « Non è raro » , mi diceva giorni or sono un giovane chirurgo , « che i medici , specialmente anziani , vinti da quelle suppliche febbrili , fingano di credere alle fandonie e stacchino l ' agognata ricetta , sempre limitandola a dosi minime . Ma capita che perfino medici di lunga esperienza si lascino perfettamente ingannare da quelle bugie , tanta forza persuasiva vi mette la disperazione . Il tossicomane povero è più facilmente pescato dalla polizia perché per procurarsi un decigrammo di droga deve muoversi , agitarsi ed esporsi dieci volte di più del ricco , al quale basta una telefonata per riceverne a domicilio , con limitatissimo rischio personale , dosi cento volte più grosse » . Anche il mondo della droga , dunque , ha il suo proletariato , i suoi artigiani , i suoi manovali . Spesso , come nel caso di Gaigher , i piccoli spacciatori non sono che tossicomani i quali , combattuti fra la necessità di un « paradiso artificiale » e la voglia di far quattrini , rinunciano a una parte della loro razione legale o illegale per farne mercato . Non riescono a farla franca più di qualche mese . Spesso è la « organizzazione » dei grandi trafficanti a levarli di mezzo con una segnalazione telefonica o una denuncia anonima . Ma questo non avviene prima che in qualche modo disturbino il mercato o aggancino qualche cliente interessante . Altrimenti , quelle « mezze cartucce » fanno comodo ai grossi calibri , perché sviano le indagini e ne minimizzano i risultati . « Noi vediamo con simpatia gli isolati da quattro soldi » , dichiarò il gangster Lepke due mesi prima di inarcarsi sulla sedia elettrica . « Perché dovremmo odiarli ? In fondo , sono il nostro parafulmine » .
Sui rapporti Chiesa-Stato ( Jemolo Arturo Carlo , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Ha certo ragione Raniero La Valle se ritiene che Concordato e concordia non siano affatto sinonimi . Con una mediocre cultura storica si può ricordare che il Concordato francese del 1516 , rimasto in vigore quasi tre secoli , vide bufere spettacolari tra Chiesa e Stato ( proprio in Roma le prepotenze dell ' ambasciatore d ' Estrées per assicurare una larga fascia di assoluta immunità , poco men di un quartiere di Roma , non lungi dal Vaticano , alla sua residenza ) ; e che gli avversari del separatismo cavourriano gli ricordavano come il separatismo belga non solo desse luogo a vivi contrasti tra cattolici e liberali ( la fondazione dell ' Università di Bruxelles fu dovuta a questi , come contro - altare alla rinomatissima Università cattolica di Lovanio ) , ma come nel separatismo i cattolici avessero conseguito un potere politico ed una forza quale non possedevano in alcun altro Stato . Dove però i nostri vocabolari non coincidono è allorché La Valle parla di Stato separatista ; che sembra concepire come uno Stato che disconosca Chiesa e religione , che sia loro sostanzialmente ostile : separatismo alla Combes ed alla Waldeck - Rousseau del principio del secolo , con divieto di esistere delle associazioni religiose , e con sovvertimento della struttura gerarchica della Chiesa . Ma non era certo questo il separatismo del pensiero cavourriano , né di quello di Ruffini che insegnava darsi un ' autonomia primaria della Chiesa ( lo stesso Scaduto del resto , opponendosi a Ruffini , non trovava in Italia nel 1914 che tracce di confessionismo ) ; e meno che mai il separatismo cavourriano apparirebbe incompatibile ( in astratto ) col diritto nazionale quale si sta formando , che vede tante autonomie , da distruggere quasi lo Stato moderno e riportarlo a quel ch ' era all ' inizio del secolo XVI . Né scorgo perché , tolto l ' art. 7 capoverso 2° della Costituzione ed anche abrogato il Concordato , l ' Italia non sarebbe un Paese separatista . Ma lasciamo da parte le qualifiche giuridiche , spesso insidiose . Nei rapporti tra Chiesa e Stato segue quel che segue in una famiglia , ove non sorgono dissensi se le diversità di opinioni tra i vari membri siano di scarsa importanza , o ciascuno abbia convinzioni molto tiepide ; ma la pace familiare è turbata se quelle opinioni sono antitetiche , e chi le professa vi è attaccatissimo , e vuole farle dividere alle nuove generazioni . Non ho mai taciuto quanto mi addolorò il Concordato del '29 , per quel che dava di autorità allo Stato fascista ( difficile dopo di esso poter ancora convincere che non si poteva essere ad un tempo buon cattolico e buon fascista ; e fino al '39 tutti i partiti cattolici europei considerarono con favore l ' Italia di Mussolini : si rileggano i giornali del periodo delle « sanzioni » ) ; ma sono abbastanza equo per riconoscere che Pio XI credeva di salvare l ' Azione Cattolica , di evitare che tutti i ragazzi venissero allevati con la fede nell ' infallibilità del Duce , della bontà di quanto egli operava ( male fu che oltre a questa garanzia di libertà si mettesse dell ' altro sul piatto della bilancia ) . E se quel ramoscello del vecchio anticlericalismo , ch ' era poi materialismo , diniego di ogni trascendenza , di ogni religione , non fosse rifiorito nel peggiore dei modi ad opera dei radicali , si sarebbe potuto pensare che meglio fosse non parlare più del Concordato , lasciarne cadere le foglie secche , col silenzio o con platoniche proteste della Chiesa , ma conservando relazioni di pace . Così mi ero espresso pur io , che sono poi stato messo all ' erta non solo dalle intemperanze radicali , ma dal ricordare , oltre questo forse effimero episodio , atto a distrarre dai punti essenziali , che il comunismo , verso cui ci stiamo avviando ( molti chiudendo gli occhi per non vedere ) , può essere cortese e garbato , accettare accordi locali con la Chiesa , ma è per sua essenza , non per volontà di singoli uomini , antireligioso . Lo iato incolmabile che lo separa dai credenti è il rifiuto del trascendente ; tutto deve compiersi nel corso della vita terrena , nessuno deve illudersi di avere in un ' altra vita ciò che non ha avuto in questa ; chi qui ha avuto ragione di piangere e di soffrire , non sarà consolato altrove : tutto si chiude nel cerchio della vita umana . E questa propaganda , accorta , garbata , sottile , è in tutta la loro opera ; dai libri per i piccolissimi , dove si bandiscono fate ed orchi , animali parlanti , proseguendo su su , ove nei libri per i più grandi tutti i detti pacificisti , umani , cui ogni uomo dabbene consente , sono tratti dalle opere dei più noti comunisti , russi o cinesi . Sentivo narrare in questi giorni di una città del Nord , ove una delle massime imprese di Stato ha un suo grande stabilimento ; e ci ha annesso nido , una scuola materna , una scuola elementare con refezione , e doposcuola per le lavoratrici madri : tutto con i programmi e testi delle scuole praticati fino ad ieri , e che non avevano provocato proteste di sorta . L ' amministrazione locale comunista non compie alcuna opera di critica o di detrazione ; ma finanzia altra istituzione del tutto analoga , che ha in più il torpedone , che va a prendere i bambini a casa e li riporta : agio non piccolo in una città del Nord ; e la vecchia scuola comincia ad essere disertata . Nella nuova , non propaganda ateistica aperta , ma quell ' ignorare il trascendente , il prodigioso , il soprannaturale . Sono forme di propaganda ateistica che preferisco ancora agl ' insegnamenti di certi cattolici del dissenso , che mutilano i Vangeli , parlano di Cristo primo socialista , di Cristo ribelle contro i potenti , di Cristo che approva la violenza , per conseguire la giustizia sociale . Se gli uni ignorano Vangeli , Profeti , Padri della Chiesa , questi li mutilano , o ne estraggono le poche parole che possono servire alla loro tesi . È contrario ai princìpi del nostro ordinamento il Concordato dove assicura alla Chiesa il diritto di fare ascoltare la sua voce , almeno a chi espressamente non rifiuti l ' ascolto ? Nel mio intimo dubito che certi grandi mutamenti sociali possano essere frenati vuoi da un trattato internazionale , vuoi da una costituzione rigida . Ma trovo naturale che la Chiesa , vedendo come , sia pure nelle forme più corrette e garbate , il comunismo dove prende il potere cerca in tutti i modi di sradicare fin dalla scuola materna ogni senso religioso , si attacchi al Concordato per quelle clausole che le consentono di far sentire la sua dottrina : libera gara di proselitismo : ma che ogni ragazzo , ogni adolescente , ogni errante che sconta la sua pena , senta almeno le due voci .
«IMPERIALISMO SPIRITUALE» ( CROCE BENEDETTO , 1925 )
StampaQuotidiana ,
Tra le cose che più mi offendono in questi tempi non leggiadri è l ' arroganza pietosa e ridevole arroganza , ma arroganza di coloro che hanno scelto per sé l ' ufficio di eccitatori e promotori del pensiero , della letteratura e dell ' arte italiana , e di curatori dell ' esportazione di cotesti prodotti all ' estero , e della loro ( come dicono ) « valorizzazione » per fondare l ' « Impero spirituale italiano » in aggiunta a quello economico e politico , o nella mancanza provvisoria di quello . E può esservi niente di più offensivo che veder considerati e trattati come merci che si fabbrichino i nostri più delicati e gelosi moti interiori , le opere che rispondono ai più profondi bisogni dell ' anima nostra , quelle opere che si compiono anzitutto e direttamente per noi stessi , e sono come le religiose preghiere con le quali ci mettiamo di continuo in unità col passato , con l ' universo , con Dio ? Certo , quelle opere sono insieme opere sociali , perché la vita umana è comunione ; ma in qual modo la società può aiutarle ? Solo con l ' accompagnarle simpaticamente , col rispondere alla trepidazione morale con la trepidazione morale , alla finezza intellettuale con la finezza intellettuale , all ' ansia della ricerca e dell ' attesa con l ' ansia e l ' attesa ; e questo avviene in modo eminente in certi periodi o momenti felici , nelle « età d ' oro » ( come furono denominate ) delle lettere e delle arti , quando pensatori ed artisti ebbero il consenso e il favore di principi e di popoli , la sveglia curiosità e l ' interessamento generale , il freno e il pungolo dell ' acuita sensibilità estetica , perfino i palpiti del cuore e dell ' intelligenza femminile . E , certo , in quelle opere è una forza espansiva , e , se esse non hanno bisogno del mondo , il mondo ha bisogno di esse , e perciò non solo si allargano a tutto il popolo in mezzo a cui sono nate , ma si spargono fuori di quel popolo , nella cultura mondiale ; e , quando questo non accade , o non accade con la rapidità che piacerebbe e nella misura che gioverebbe , colpa è dei popoli e delle culture pigre e chiuse da pregiudizi , ed è danno di questi popoli e di queste culture e non di quelle opere , che , come si è detto , non hanno bisogno di loro . Se io godo di una verità di cui altri non gode , se l ' Italia gode di un vantaggio mentale a cui altri popoli non partecipano o riluttano a partecipare , si dica un po ' : chi dovrebbe darsi maggior sollecitudine del rimedio , io o gli altri , l ' Italia o gli altri popoli ? L ' affetto per le idee che ci sono care , lo zelo per le sorti della verità , ci potranno muovere ad un certo apostolato , da esercitare tuttavia con modi assai diversi e con ritenutezza e dignità alquanto maggiori di quelli che si sogliono adoperare pel collocamento dei prodotti commerciali dai commessi viaggiatori . Ma l ' apostolato ha i suoi limiti , non solo nel predetto decoro da osservare , ma anche nella riflessione che ci ammonisce circa la difficoltà e la scarsa fecondità di inculcare modi di pensiero e di arte , dei quali non sia sorto negli altri spontaneo il bisogno o almeno un qualche desiderio . Non si può fare ingollare a forza agli altri popoli le dottrine che giudichiamo vere , le poesie che sentiamo belle , come ai bimbi malati e restii i farmachi e i cibi . Che cosa , dunque , il pensiero e la letteratura e l ' arte italiana potrebbero chiedere di presente ? Proprio il contrario di quello che a loro oggi si offre ; perché ogni giorno , con violenze , fattacci , parolacce , sghignazzamenti , parate e chiassate , con l ' esaltare le prodezze ciclistiche e automobilistiche e aeroplanistiche sopra le opere del cuore , della fantasia e dell ' intelletto , e con l ' indurre nei giovani il disprezzo per queste , si contrasta la formazione dell ' ambiente a loro favorevole o si viene distruggendo quell ' ambiente che prima c ' era in Italia . Non si riuscirà , è vero , a distruggere con ciò il tenace lavoro degli uomini ben disposti , degli animi gentili , delle menti alacri e critiche e caute ; e , forse , rendendo loro « difficile » la vita come , secondo il detto che corre , bisogna fare nei riguardi degli avversari , lo renderà più concentrato e fervido , e più eletto ; e questa sarà , dunque , un ' efficacia benefica , se pure non cercata . E , quanto ai servigi che gl ' intellettuali del regime promettono e si apprestano a fornire circa la propaganda all ' estero e il collocamento dei prodotti spirituali italiani , è il caso di supplicare queste egregie persone , che non ci facciano irridere dagli stranieri come goffi provinciali , inviando prodotti intellettuali e artistici col lasciapassare governativo ; o , ammesse in loro le migliori e più larghe intenzioni , pregarle di astenersi dalla loro fatica , la quale , in ogni caso , sarà superflua . Si ridia un po ' di calma interiore all ' Italia ; si consenta che alla dissipazione troppo a lungo perdurante succeda il raccoglimento necessario ; si lasci che la gente , costretta ora dall ' urgente dovere a occuparsi di politica o malamente da varie seduzioni distratta , torni agli studi geniali ; si lasci fare agli editori di libri e ai mercanti di opere d ' arte ; e quella divulgazione e collocamento all ' estero si otterrà nel miglior modo , o nel solo possibile . Che i predetti « valorizzatori » ed « esportatori » , ignari della natura e del modo di operare delle cose spirituali , siano parimenti imperiti di quelle più particolarmente italiane , e quasi estranei alle nostre tradizioni di cultura , è pur troppo vero . Anche l ' articolista , che mi ha dato accidentale occasione a questa protesta , dovrebbe , mi sembra , imparare un po ' più di quanto egli sa della storia e della letteratura italiana ; e , per esempio , non chiamare « Risorgimento » il « Rinascimento » ; e non parlare di una « egemonia » culturale italiana nel settecento , quando l ' egemonia fu inglese e francese e l ' Italia si mise a quelle scuole forestiere ; e non affermare poi , contradicendosi , che l ' Italia « nel settecento esportò più canzonette che Principi di scienza nuova » , perché allora l ' Italia « esportò » i pensieri di Giannone e di Filangieri e di Verri e di Beccaria , e altre cose che non erano canzonette , ma degni prodotti italiani del movimento impresso da francesi e inglesi alla nuova cultura europea ; e , infine , non dovrebbe colpire in pieno volto la verità , asserendo che « la guerra ha modificato radicalmente la situazione e possiamo constatare come una vasta ripresa italiana nel campo delle arti , delle lettere e delle scienze s ' imponga alla considerazione di ogni paese » , perché , invece , l ' Italia ora é in una vera condizione di miseria : miseria che è da temere che peggiorerà , quando saranno via via spariti gli uomini elle avevano imparato a lavorare nel campo intellettuale e artistico in tempi men vicini e più propizi .
La società delle bocche cucite ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Quando , nella primavera del 1956 , la mafia volle fare intendere a don Carmelo Napoli che per lui era arrivato il momento di « pensare alla salute » , gli spedì un pacco postale contenente una testa di cane . Don Carmelo , impresario di pompe funebri , fioraio e maneggione in diverse « partite » , capì subito la portata dell ' avvertimento : « Se continui a mordere e ad abbaiare , farai la stessa fine » . Il tarchiato necroforo era quel che i palermitani chiamano « uomo di pancia » : poco disposto a lasciarsi intimidire o spaventare . Gettò la testa nel pozzo nero e attraverso l ' impalpabile telegrafo dei bassifondi fece sapere a quei « cornuti ammazzacani » che avrebbero avuto molto filo da torcere , prima di farla da padroni nella zona dei Mercati generali . Ma quindici giorni dopo , mentre don Carmelo se ne stava placidamente seduto nei pressi del suo negozio , in pieno giorno , in uno dei vicoli più centrali e popolati della vecchia Palermo , alcune lingue di fuoco saettarono dallo sportello di un ' utilitaria e gli saldarono il conto . La salma di don Carmelo era da poco tumulata , quando Tanuzzo Galatolo , « pezzo duro » del quartiere l ' Acquasanta , fu avvicinato per strada da un bambino scalzo e spettinato , il quale gli mise in mano una scatoletta dicendo : « Don Gaetano , cinquecento lire mi diedero perché ve la consegnassi » . « Chi fu , a incaricarti ? » , chiese Galatolo , rigirandosi in mano la scatola . Il bambino strinse le spalle , alzò gli occhi al cielo , allargò le braccia e tirò via di corsa . La scatoletta di cartone era di quelle che normalmente contengono fermagli metallici per riunire documenti ; ma Galatolo vi trovò soltanto tre noccioli d ' oliva ben ripuliti . Io e voi avremmo pensato a uno scherzo . Invece , il « ras » dell ' Acquasanta si accigliò . Se fra gli innamorati dell ' Ottocento esisteva un linguaggio dei fiori , nel mondo della mafia esiste un linguaggio dei noccioli : « Non ti resta altro da succhiare , compare . Mettiti l ' anima in pace » . Ventiquattro ore dopo , dietro i cancelli del mercato ortofrutticolo , Tano Galatolo cadde nel suo sangue . Testa di cane , noccioli d ' oliva , pettine rotto , lampadina fulminata ( i morti non hanno bisogno di luce ) , zampa di gatto , altri oggettini insignificanti , bastano ad annunciare le condanne capitali decretate dalla mafia . O meglio : da una « cosca » ( vale a dire « gang » ) di mafiosi decisi a sopprimere i membri di una « cosca » concorrente . Guerriglia interna . Quando , invece , la vittima designata non appartiene all ' « onorata famiglia » ( e in questo caso i « picciotti » incaricati dell ' esecuzione prendono ordini « dall ' alto » ) , è inutile farsi precedere da simboli di quel genere . Non verrebbero capiti . Per mettere sull ' avviso un « babbo » , un « babbeo » , cioè , estraneo alla « società » , e intimargli di non ficcare il naso in un certo affare , basta una visita della « masticogna » . Un certo giorno , un tipo in berretta qualsiasi suona alla porta della persona da mettere « a posto » , oppure la ferma per strada . Con aria molto deferente , quasi con umiltà , le tiene un discorsetto di questo genere : « Vossia deve farci un piacere . Non deve più intricarsi ( interessarsi ) di quell ' appalto » . Oppure : « Vuole un consiglio , voscenza ? Per qualche tempo non si faccia più vedere dalle nostre parti . C ' è gente molto nervosa » . Poche parole , formalmente inoffensive , tutt ' altro che minacciose , ma pronunciate con una tecnica speciale : una ben staccata dall ' altra , con forza , come se fossero altrettanti bocconi duri da masticare ( l ' espressione « masticogna » lo dice ) . Fu per uno di quegli « avvertimenti » angosciosi che Giuseppe Intravaia cambiò improvvisamente umore , nel novembre del 1953 , prima di sparire in modo tanto misterioso ? Intravaia era nato nel luglio del 1910 . Al momento della scomparsa , aveva da poco compiuto 43 anni . Bruno , distinto , vestito con una certa eleganza , capace di parlare e scrivere correntemente l ' inglese , il francese e il tedesco , nessuno avrebbe immaginato le sue origini modeste , gli umili mestieri della sua gioventù . Invece , a quindici anni , con addosso i suoi primi calzoni lunghi , era andato a lavorare in Inghilterra , come fattorino di albergo . Giuseppe Intravaia era preciso , ordinato , sentimentale . Annotava tutto su rettangolini di carta che portava in tasca , e ogni sera ricopiava quegli appunti su grossi quaderni . Con la moglie , Ninfa Grado , ch ' egli chiamava sempre Ninfina o Ninfuzza , era un marito perfetto . Idolatrava il figlio Piero , che nell ' autunno del '53 aveva otto anni , al punto che un giorno aveva detto alla moglie : « Stanotte ho sognato che il nostro bambino aveva venti anni e partiva per fare il soldato . Anche nel sonno , ho provato un dolore insopportabile . Ho deciso . Quando Piero andrà militare , noi andremo ad abitare nella città dove lo destineranno , per averlo vicino » . Cameriere di bordo sui bastimenti della Tirrenia , Intravaia si era pian piano elevato . Per alcuni anni aveva lavorato , in posizione assai modesta , con alcune ditte esportatrici di agrumi di Palermo . Finché non diventò uno dei maggiori esponenti di un importante « consorzio agrumario » in provincia di Messina . Nel maggio del 1952 , l ' Assessorato per l ' Industria e il Commercio della Regione siciliana lo nominò suo rappresentante ufficiale alle fiere di Nuova York e di Toronto , nel Canada . Restò al di là dell ' Atlantico circa due mesi . Forse , quel viaggio segnò nella sua vita ordinata e tranquilla una svolta fatale . Il 5 ottobre 1953 , Giuseppe Intravaia partì da Monreale . Era uno dei soliti viaggi di affari , per conto del Consorzio produttori Torrenova , con sede a Sant ' Agata di Militello . Viaggi che spesso lo portavano anche all ' estero : tanto da fargli ottenere con facilità il passaporto per tutti i paesi del mondo , compresa la Russia . Partì con due valigie e , come sempre , l ' ombrello ben arrotolato nella foderina di seta : come da ragazzo aveva visto in Inghilterra . Si fermò alcuni giorni a Messina , quindi proseguì per Genova . Era di umore perfettamente normale . A Genova , Intravaia sbrigò diverse faccende , appoggiandosi a un certo Catalano , suo corrispondente d ' affari . Verso il 15 ottobre , si trasferì a Basilea , dove , oltre ai commercianti che riforniva di agrumi , avvicinò due famiglie di turisti , conosciute nell ' estate del '52 a Giacalone , villeggiatura nei dintorni di Monreale . Ritornò a Genova il 31 ottobre 1953 . Ed è a cominciare da quel giorno che la sua figura si appanna ; acquista , attraverso qualche lettera scritta alla moglie e poche , vaghe testimonianze , un che di enigmatico , d ' inafferrabile . Al rientro dalla Svizzera , Intravaia appariva preoccupato . Quando il Catalano gli chiese se avesse qualche fastidio , qualche pensiero molesto , raccontò che durante la sua permanenza a Basilea si era fatto visitare da un buon internista , il dottor Erich Goldschmidt , della Friedrichstrasse , il quale gli aveva prescritto una certa dieta . Si trattava di una malattia grave ? No : qualche disordine all ' intestino ; ma non era , comunque , una cosa allegra . Eppure , agli occhi di Catalano , il commerciante di Monreale aveva un ' aria troppo triste e abbattuta , per essere spiegata a quel modo . Soltanto una diagnosi gravissima , addirittura infausta , avrebbe potuto giustificare i lunghi silenzi , le fissità distaccate di Giuseppe Intravaia . Cinque o sei giorni dopo , Intravaia decise improvvisamente di andare alla Spezia , dove abitava un fratello della moglie , l ' ingegner Grado . Prima di prendere il treno , con le due valigie e il fedele ombrello , chiese al Catalano un prestito di 40.000 lire . A Basilea aveva speso più del previsto ( soltanto al dottor Goldschmidt aveva versato un onorario di 220 franchi ) , ed era rimasto a corto di fondi . Conoscendo con che ordine scrupoloso l ' amico fosse solito organizzare la propria vita , Catalano restò alquanto sorpreso da quella richiesta . Alla Spezia , come d ' abitudine , Intravaia fu ospite del cognato ingegnere . Durante i suoi viaggi stagionali , passando da quelle parti , una breve sosta in casa dei parenti era solito farla . Quella volta , invece , si fermò a lungo . Pareva indeciso , restio a muoversi , quasi insabbiato . Spesso , a tavola , restava con gli occhi inchiodati alla finestra . Intanto , a Monreale , un giorno della prima decade di novembre , avvenne un fatto curioso . Un noto commerciante di agrumi palermitano si presentò all ' abitazione dell ' Intravaia , in via Veneziano , e chiese alla signora Ninfa di consegnargli alcune cose appartenenti al marito : un assegno di 125.000 lire , due libretti di risparmio al portatore , uno con 490.000 lire , l ' altro con 24.000 , e la chiavetta della cassetta postale n . 37 , di cui l ' Intravaia era titolare da un paio d ' anni . La signora , sapendo che il commerciante in questione aveva continui rapporti d ' affari col marito assente , non ebbe alcuna difficoltà a soddisfare la richiesta . Solo più tardi , ripensandoci , la trovò strana . I1 visitatore le aveva detto che quella roba andava subito spedita alla Spezia , su richiesta del marito . Ma a parte il fatto che Peppino avrebbe potuto rivolgersi direttamente a lei , per la quale non aveva mai avuto segreti : cosa poteva farsene , alla Spezia , di due libretti al portatore accesi sulla filiale palermitana della Commerciale , e soprattutto della chiavetta corrispondente a una cassetta postale lontana più di mille chilometri ? Il 23 novembre , ancora ospite del cognato , Giuseppe Intravaia ricevette dalla Sicilia una lettera azzurra . Con la sua calligrafia da terza elementare , il figlio Piero lo informava di essere indisposto . Una leggera febbre influenzale lo costringeva a letto da qualche giorno . Il commerciante scrisse immediatamente alla moglie un espresso , chiedendo particolari sulla malattia del bambino . Tre giorni dopo , il 26 novembre , giunse un telegramma di risposta : il piccolo Piero si era completamente rimesso . Ricevendo una notizia del genere , Intravaia avrebbe dovuto , logicamente , rallegrarsi . Senonché , in quel telegramma , vi era un particolare molto strano : non era firmato dalla signora Ninfa , e nemmeno da qualche altro parente più o meno prossimo . Era stato spedito e firmato da una ditta di agrumi con la quale Giuseppe Intravaia aveva avuto spesso rapporti d ' affari . Dopo quel telegramma , il commerciante , anziché apparire soddisfatto , sembrò colto dal panico , dall ' ansia di partire , di precipitarsi a casa . Infatti , la sera di quello stesso 26 novembre , prese il treno , con le sue valigie e l ' immancabile ombrello , ben stretto nella fodera . Il pomeriggio del giorno seguente , alle 7 , a Napoli , Intravaia si imbatté per caso in un cugino che da tempo non vedeva : il dottor Candido , commissario di Pubblica Sicurezza . Restò in sua compagnia circa un ' ora . Rifiutò fermamente un invito a cena , non accettò neppure un caffè , dicendo che il medico glielo aveva proibito . Qualche minuto dopo le 8 , si congedò dal cugino : « Scusami , ma debbo andare d ' urgenza alla posta per spedire un telegramma » . Aveva un ' espressione pensosa , preoccupata . Si allontanò giù per via Toledo a passi frettolosi . Il dottor Candido lo seguì un momento con lo sguardo . Fu l ' ultima persona al mondo che vide con certezza Giuseppe Intravaia . Perché la forma umana intravista qualche ora dopo , dal colonnello di Finanza in pensione Calogero La Ferla , in una cabina a due cuccette , a bordo della nave Città di Tunisi , poteva essere l ' Intravaia , ma anche tutt ' altra persona . La città di Tunisi , in servizio di linea fra Napoli e Palermo , salpò in perfetto orario , alle 20.30 del 27 novembre 1953 . Sul libro del commissario , la cabina di seconda classe n . 19 risultava occupata dal colonnello La Ferla e dal « commissionario » d ' agrumi Giuseppe Intravaia . Un cameriere di bordo sistemò in un angolo della cabina due grosse valigie e un ombrello strettamente arrotolato . Il colonnello in pensione , settantacinquenne , si coricò presto : prima che il compagno di viaggio si facesse vedere . I vecchi hanno il sonno leggero . Durante la notte , un certo tramestio svegliò l ' ex - ufficiale . Fra le palpebre socchiuse , vide un ' ombra che stava frugando febbrilmente in una valigia . « Si sente male ? » , chiese , a mezza voce , il colonnello . « Non posso dormire » , borbottò l ' ombra , rimise a posto la valigia ed uscì . La mattina dopo , all ' attracco di Palermo , nessuno ritirò le due valigie e l ' ombrello dalla cabina 19 . Quegli oggetti restarono lì un paio di giorni , finché un cameriere non li mise in un ripostiglio fra le cose dimenticate . Qualche giorno più tardi , quando la signora Ninfa , disperata , segnalò alla polizia l ' inesplicabile sparizione del marito , le valigie tornarono alla luce e furono rovistate . In mezzo alla biancheria da lavare , il commissario di P . S . in servizio portuale trovò due passaporti intestati a Giuseppe Intravaia , uno scaduto , pieno di visti di frontiera , l ' altro rinnovato , con un visto di espatrio per la Svizzera , in data 16 novembre 1953 . Partendo dalla Spezia , Intravaia aveva con sé due vestiti : uno marrone e uno grigio , nuovo , acquistato a Basilea . Aveva un impermeabile e un cappotto . In una delle due valigie , fu trovato il vestito marrone , e sotto di esso un campione di stoffa grigia corrispondente all ' abito acquistato in Svizzera . Dell ' impermeabile e del cappotto , nessuna traccia , né in valigia né altrove . In una valigia , fu trovato un guanto di pelle marrone . Il destro , Intravaia aveva tre dita della mano sinistra mutilate delle falangi superiori , perse in un incidente giovanile . D ' estate era solito applicare puntali di gomma ai moncherini del pollice , indice e medio della sinistra . D ' inverno portava i guanti . Dov ' era finito il guanto sinistro , che Intravaia , uomo ordinatissimo , si sfilava immancabilmente prima di coricarsi e riponeva , assieme all ' altro , sempre nel medesimo posto ? E se quella notte non si era coricato , perché il guanto destro , scompagnato , era rimasto chiuso in valigia ? In una delle sue valigie , fu rinvenuto anche un pezzetto di carta con su scritto : « Vado a Palermo per vedere mio figlio » ; sul retro , due cognomi : quello di un commerciante d ' agrumi napoletano e quello di una personalità politica isolana . Suicidio ? Come crederlo , con tutta la fretta che Intravaia aveva di rivedere il suo bambino ? E da Napoli , appena lasciato il cugino commissario di P . S . , non aveva forse telegrafato a un amico di andarlo a prendere all ' arrivo della città di Tunisi ? Amico che , peraltro , pur avendo ricevuto il telegramma diverse ore prima che la nave entrasse in porto , non si recò all ' appuntamento . Incidente ? Giuseppe Intravaia aveva fatto il militare nella Marina da guerra , per alcuni anni era stato cameriere sui piroscafi . Aveva dimestichezza con la vita di bordo , con le scalette , i boccaporti , le murate . Poteva finire in acqua , per una svista , tanto più che il mare , quella notte , era liscio come l ' olio ? Qualche tempo dopo la sua misteriosa sparizione , risultò che il modesto « commissionario » di agrumi Intravaia aveva conti piuttosto rilevanti intestati a suo nome in diverse banche della Siria , del Canada , di Londra , di Berna ; numerosi libretti di risparmio accesi in cinque o sei banche italiane ; grossi crediti esigibili da commercianti siciliani , napoletani , genovesi , svizzeri . Due valigie , un ombrello . Un vestito marrone , un po ' di biancheria sudicia , un guanto scompagnato . Un ' ombra nella notte , intenta a cercare qualcosa in una valigia . Un vecchio colonnello in pensione che si riaddormenta , cullato dalle vibrazioni dello scafo . Un bambino di otto anni , una moglie affranta , che ripete ancora , dopo cinque anni : « Il mio Peppino è stato ucciso ! » . Come , da chi , perché ? Dove finì la chiave della cassetta postale n . 37 ? Perché qualcuno si presentò a ritirarla ? Perché il telegramma del 26 novembre 1953 , rassicurante circa la salute del piccolo Piero , non era firmato , come sarebbe stato naturale , dalla signora Intravaia , ma da gente estranea alla famiglia ? Un telegramma tranquillizzante che mise in agitazione il destinatario . Questa è la storia romanzesca di Giuseppe Intravaia , l ' uomo che sparì , una notte del novembre '53 , come una bolla di sapone . Una storia già velata dalla polvere dell ' archivio . Una delle tante . È difficile non sentirvi , come un alito freddo , la presenza implacabile delle « bocche cucite » . Lunedì scorso , 13 ottobre , all ' imbrunire , in via dell ' Addolorata , a Corleone , è stato ucciso Carmelo Lo Bue . Non valsero i pattugliamenti straordinari dei carabinieri , su e giù per le antiche strade , sassose come torrenti in secca , a ritardare il suo appuntamento con la morte . Era nipote dell ' ottuagenario capomafia Calogero Lo Bue , sostituito tre anni fa dall ' italo - americano Vincent Collura , che fu « impiombato » nel febbraio del '57 . Tutto ciò non serve ad arrestare il « tritacarne » della mafia , e neppure a rallentarlo di un giro . La testa calva di Carmelo Lo Bue è rimasta a biancheggiare sui sassi grigi , al momento prestabilito . La sera del 13 ottobre , dopo l ' Avemaria , nella luce fiacca proiettata dalle botteghe , la gente di Corleone ha formato í soliti capannelli bisbiglianti . Come sempre , quando il paese è « fresco di morte » , le donne , vecchie e giovani , in lutto cronico , parlottavano voltando le spalle alla strada ; perché è bene , in certi casi , che le « femmine » non vedano quello che « sta capetando » . Scene uguali , la medesima atmosfera greve e sinistra , lo stesso « scirocco morale » fecero seguito a migliaia di omicidi , nell ' ultimo mezzo secolo . 11 17 maggio 1915 , quando l ' autore accertato o presunto degli ultimi delitti , Luciano Liggio , era ancora assai lontano dal nascere , i corleonesi si riunirono a commentare , senza muovere le labbra , l ' uccisione di Bernardino Verro , organizzatore di cooperative agricole . Anche allora , 43 anni fa , i rintocchi dell ' Avemaria si erano appena smorzati . Giovani siciliani di leva e anziani richiamati , crucciati nel grigioverde , si preparavano a fare la guerra . Nel cielo di tutto il mondo si addensava una bufera di sangue . Ma le « coppole storte » della mafia , obbedienti soltanto alla loro « legge » , avevano un solo obbiettivo : Bernardino Verro . Novembre 1918 . Anche nei più remoti villaggi della Sicilia , le campane squillanti a doppio salutarono l ' armistizio . Decine e decine di milioni di uomini , in venti nazioni , festeggiarono la pace . Ma nei dintorni di Corleone , proprio quel 4 novembre , due sicari silenziosi e duri , incuranti d ' ogni altra cosa , aguzzavano gli occhi d ' onice sulla curva solitaria di una certa trazzera . Aspettavano al varco Antonio Barbaccia . Barbaccia , da una decina di giorni , stava aspettando , con antica rassegnazione , la morte . La incontrò quel pomeriggio . Stramazzò mentre le campane del suo paese annunciavano la fine del primo macello mondiale . Né guerra , né pace , né passo di pattuglie , né lacrime di figli , né suppliche di madri , né interpellanze alla Camera : nulla può arrestare gli « uccisori » della mafia , quando arriva il momento di colpire . Forse non sono neppure feroci , nemmeno crudeli . Sono soltanto dei « robot » , la cui intima freddezza contrasta coi ciuffi meridionali e il lampeggiare degli occhi mediterranei . Forse , sotto un ' apparenza calda , meridionale , conservano fredde gocce di sangue normanno , o impassibili globuli di sangue levantino . I « grandi capi » del gangsterismo siculo - americano , a Chicago e Nuova York , tristi e laconici sotto pesanti cappelli di feltro garantito , da cento dollari , non hanno più nulla di latino . Marciano , implacabili , fra due taciturne guardie del corpo , come cavalieri di un ' Apocalisse moderna . Il vento dell ' enorme miseria patita in gioventù li spinge alle spalle . Impararono l ' uso del gabinetto a vent ' anni , spesso più tardi . Offrono a « bambole » come Virginia Hill , Liz Renay o Hope Dare , collane di diamanti degne di una regina , sanno perdere al gioco cifre colossali senza scomporsi ; lasciano cinquanta dollari di mancia ai camerieri del Morocco : ma continuano a chiamare il gabinetto « bacauso » . Perché í loro nonni e padri , quando arrivarono in America , non conoscevano altro gabinetto che il terreno incolto « dietro casa » Back - house . La ricchezza e la miseria generano , in modo diverso , la stessa solitudine . Non hanno patria . Obbediscono soltanto a due leggi : « fai paura » o « aver paura » . Tutto il resto , per le « coppole » di Corleone per i « feltri » di Nuova York , è riempitivo . Il delitto di Corleone del 13 ottobre , attribuito alla solita disparità d ' interessi fra i soci vivi e defunti dell ' « azienda armentizia » di Piano Scala , è la controprova , se ve ne fosse bisogno , che il regno della mafia attorno a Palermo , Caltanissetta , Agrigento e Trapani , è più forte che mai . Pensare di poterlo liquidare con le solite , vetuste repressioni poliziesche , con le deportazioni in massa , i blocchi permanenti , le leggi straordinarie ( si potrebbero anche chiamare « illegalità » eccezionali ) di cui andava impettito il prefetto Cesare Mori , fiero di aver mandato alle isole anche i bambini di dieci anni , sarebbe follia più che ingenuità . La mafia è , prima di tutto , in Sicilia come negli Stati Uniti , uno strumento troppo utile per soccombere ai risentimenti moralistici e alle operazioni della burocrazia militare . Dietro le spalle del funzionario o del generale incaricato di drastici provvedimenti possono maturare intese e accordi a più alto livello . Nel 1927 , mentre Cesare Mori , in giacca di fustagno e stivali gialli , polverizzava intere popolazioni , mute di sgomento e gialle di malaria , Mussolini strizzava l ' occhio ai grandi mafiosi , già muniti di tessera e scudetto . Il Machiavelli di Predappio , individuate le profonde infiltrazioni dell ' « onorata società » fra gli emigrati siciliani in Tunisia , stava servendosene per introdurre clandestinamente nell ' Africa Occidentale francese armi e munizioni , da impiegare in un ' eventuale rivolta filo - italiana . Attraverso la stessa identica rete di collegamenti che oggi alimenta il traffico delle sigarette americane e degli stupefacenti , gli agenti segreti di Mussolini riuscirono a piazzare nelle cantine di Tunisi e Biserta 30.000 moschetti , 12.000 pistole , 3 milioni di proiettili , 90 mitragliatrici e 3000 bombe a mano . Le spedizioni , in un ' atmosfera da scoglio di Quarto , partivano perlopiù da Trapani , Gela e Licata . È inutile dire che molte delle armi destinate alla nostra riscossa mediterranea restavano regolarmente in Sicilia , a sostituire gli arsenali sequestrati da Cesare Mori . Nel 1945 , quando i baroni crearono l 'E.V.I.S . ( Esercito Volontario Indipendenza Siciliana ) , spendendo più parole che quattrini , un nobiluomo palermitano si ricordò di avere ancora , nascoste in una villa di campagna , diverse armi sottratte ai carichi « irredentistici » di trenta anni fa . Per quanto un po ' muffite , Concetto Gallo , generale in seconda dell ' indipendentismo ( il primo , sulla carta , era Giuliano ) , le distribuì alle reclute in addestramento al Quartier Generale di San Mauro , sopra Caltagirone . Anche Mussolini , fautore di una « politica solare » , ripulitore di angolini , antepose la ragion politica alla distruzione radicale della mafia . E come lui , dopo di lui , l ' opportunismo politico , variamente colorato , spinse alcuni esponenti democratici della Sicilia occidentale a compromessi e patteggiamenti , più o meno segreti , coi capi delle « bocche cucite » . Ognuno per conto proprio , fingendo d ' ignorare le rispettive manovre , i candidati alle elezioni del '46 , del '48 e via dicendo , strinsero accordi coi medesimi « pezzi da 90» : distributori di voti « ciechi » , trasferibili , a decine di migliaia e con un semplice cenno , da un capo all ' altro dello schieramento elettorale . Prezzo dei voti , la promessa di favoritismi , vantaggi economici , tolleranza e impunità . Nel 1924 , in un famoso comizio per le elezioni di Palermo , Vittorio Emanuele Orlando dichiarò pubblicamente di apprezzare le « virtù virili » e le « alte qualità umane » dei mafiosi . Tali accenti suscitarono , allora , alte polemiche . Ma tutto sommato , malcostume a parte , le condizioni economiche e gli interessi prevalentemente agricoli dell ' Isola mantenevano le collusioni fra politici e mafia a un livello piuttosto modesto , a proporzioni paesane , di « cosca » e di famiglia . D ' altra parte , il gioco delle « clientele » elettorali era diffuso e scontato in tutto il Meridione . Anche nella Sicilia orientale , dove la mafia non ebbe mai radici , l ' influenza dei baroni creava o distruggeva , spesso a capriccio , la fortuna di un uomo politico . Celebre il caso di due candidati , Crisafulli Mondio , agrario , e di Cesarò , democratico sociale , ambedue condizionati dall ' appoggio del barone locale . Costui disponeva di 2999 voti . Si trovava in grande imbarazzo circa la loro assegnazione : non già per scrupoli di natura politica , ma perché i due gli erano egualmente cari e simpatici . Tagliò la testa al toro , una settimana prima delle elezioni , disponendo , tramite campieri , massari e uomini di fiducia , che 1499 voti andassero a un candidato e 1500 all ' altro . Oggi la mafia è assai diversa da quella che sosteneva alle urne Vittorio Emanuele Orlando . L ' aiuola siciliana produce frutti assai più ghiotti di quelli di una volta . Molti zeri si sono accodati alla cifra del reddito regionale . L ' « onorata società » , trasferitasi negli Stati Uniti , ha frequentato l ' università di « Tammany Hall » , centrale siculo - americana del partito democratico a Nuova York ; ha guardato a fondo nel meccanismo politico - mercantile del Paese più ricco e sanguigno del mondo ; ha imparato come si « controlla » un sindacato , un grande porto , come si può legare una fabbrica di abiti o di motori a una catena di alberghi o di case da gioco . Ha imparato , soprattutto , a maneggiare e impiegare il danaro con estrema disinvoltura : considerandolo un mezzo e non un fine . Ecco perché , attualmente , i legami fra la mafia e certi uomini politici dell ' Isola sono più pesanti e complessi ; ecco perché , prevedendo l ' aggravarsi di una situazione già purulenta negli anni dell ' immediato dopoguerra , la rivista « dossettiana » « Cronache Sociali » , già citata nel corso di questa rapida inchiesta , incitava caldamente la classe dirigente siciliana a sganciarsi dal vecchio carro , ad abbandonare le tradizionali combutte . L ' esortazione , oggi come oggi , è ancora più valida . Mai come in questo momento , mentre le sue antiche strutture economiche e sociali si stanno rapidamente evolvendo , la Sicilia ebbe necessità di rinnovare il proprio quadro sociale . Ciò che purtroppo non avvenne circa un secolo fa , con lo sbarco di Garibaldi , e l ' avvento dell ' unità nazionale affrettato dal forcipe franco - inglese , in funzione antitedesca , è oggi in via di realizzazione . Dal bozzolo confuso di una terra contadina e pastorile , allagata di solitudini e di silenzi , umiliata dalla trascuratezza dei governi , sta per uscire una farfalla industriale . L ' emancipazione delle province orientali , Messina , Catania , Siracusa , va estendendosi verso occidente . Se in questo processo di trasformazione , una vasta , profonda e coraggiosa revisione del costume politico non estrometterà dalla vita pubblica dell ' Isola l ' influenza corruttrice della mafia , l ' antica peste feudale s ' impossesserà delle fabbriche , delle miniere , degli uffici , dei trasporti , degli appalti . Dopo le paure di un Medioevo agrario , i siciliani conosceranno i terrori di un Medioevo industriale . Più forte di qualsiasi partito o corrente di partito . La Sicilia è una terra antica e generosa . La sua popolazione , cinque milioni di individui , un decimo di quella italiana , è il prodotto di molteplici incroci , di vicissitudini storiche che vanno dagli albori della civiltà umana allo sbarco alleato dell ' estate '43 . Genti del Nord , del Sud , dell ' Occidente e dell ' Oriente vi s ' incontrarono ; vi lasciarono lembi di linguaggio , usanze , tempeste d ' odio , furie d ' amore . Perfino la mafia , degenerata attraverso i secoli , ma specialmente negli ultimi quarant ' anni , in strumento di oppressione e d ' « intrallazzo » , nacque dal bisogno di sopperire in qualche modo alla deficienza e alla trascuratezza dei poteri centrali . Non è possibile che in un « humus » tanto ricco non si trovino , senza necessità di leggi umilianti e di battaglioni in assetto di guerra , le forze necessarie a vincere la malvivenza organizzata e il malcostume politico . Nel 1949 , Angelo Vicari , allora prefetto di Palermo , oggi prefetto di Milano , fece pervenire alle superiori autorità un coraggioso rapporto sul riprovevole comportamento di alcuni parlamentari siciliani , palesemente legati , se non addirittura affiliati alla mafia . Vicari era , allora , uno dei più giovani , forse il più giovane prefetto d ' Italia . Nato nella Sicilia orientale , a Sant ' Agata di Militello , in provincia di Messina , arrivò a Palermo in tempo per ereditare il peso di tutti gli intrighi , indipendentistici , separatistici , briganteschi , accumulatisi dal '43 alle elezioni del luglio '48 . Siciliano dell ' altra sponda , poco più che quarantenne , di idee vivaci e moderne , il prefetto mise decisamente il dito sulla piaga , o perlomeno su una delle piaghe principali . Consigliò di neutralizzare d ' urgenza alcuni uomini politici di primo piano . Il coraggioso rapporto , dopo aver ondeggiato come una foglia d ' autunno , scivolò nelle pieghe secolari della vita romana . Svanì . Oggi , dietro le belle casse da morto , con borchie di ottone e maniglie di bronzo , intagli e intarsi , dentro le quali i mafiosi trucidati viaggiano verso il cimitero , non è raro vedere , vestito di scuro , pallido e commosso , uno di quei parlamentari che il prefetto Vicari , nove anni or sono , nominò nel suo fantomatico rapporto . Il giorno che i « pezzi da 90» come Michele Navarra di Corleone e Vanni Sacco di Camporeale , come Gerolamo Vizzini e Ciccio Cottone , andranno al camposanto senza deputati , la Sicilia occidentale conoscerà , finalmente , una nuova stagione .
FINE DI DUE EPOCHE. DALLA CINA AL DOLLARO ( Spadolini Giovanni , 1971 )
StampaQuotidiana ,
C ' è qualcuno che ha paragonato la mossa americana per il dollaro alla bomba di Nixon per la Cina . Identiche le procedure ; analoghe le reazioni a catena , appena cominciate ma dagli sviluppi imprevedibili . Con l ' annuncio della visita a Pechino , il presidente degli Stati Uniti poneva fine ad un ' epoca , l ' epoca degli assetti post - bellici sul piano delle relazioni internazionali , l ' epoca di Yalta culminata nell ' equilibrio del terrore atomico , reciprocamente bilanciato , fra Washington e Mosca . Con la sospensione della convertibilità fra dollaro e oro , allargata ad un piano neppure troppo dissimulato di protezione dell ' industria americana , Nixon liquida la politica di Bretton Woods , che aveva affidato al dollaro la funzione di moneta internazionale di riserva , e prepara la detronizzazione dell ' oro - il magico Sovrano tanto caro al generale De Gaulle - delineando un ritorno ad un sistema di rapporti economici che avrà ben poco a che fare col « Kennedy Round » e con tutti i giganteschi sforzi di liberalizzazione dei mercati mondiali . Non si può negare che Nixon sia un grosso giocatore di poker . Con l ' apertura alla Cina di Mao , in funzione di bilancia verso l ' Unione Sovietica , il presidente degli Stati Uniti ha messo consapevolmente in crisi tutto il sistema delle tradizionali alleanze americane in Asia , a cominciare dal Giappone e senza contare Formosa , nella speranza , che attende la conferma dei fatti , di un nuovo e più valido equilibrio inglobante la grande « realtà Cina » . È una sfida , da cui dipende il futuro della presidenza Nixon ma non solo quello . Con la decisione spregiudicata e realistica sul dollaro , a parte le indiscutibili motivazioni tecniche , Nixon ha messo in difficoltà le economie dei paesi alleati od amici - il Giappone per l ' Asia , la Germania di Bonn e un po ' tutto il Mec per l ' Europa - pur di creare le condizioni volte a superare la crisi del dollaro che rischiava di riflettersi , coi danni congiunti dell ' inflazione e della recessione , sul tenore di vita americano . Nessuno ha il diritto , in materia , di scagliare la prima pietra . La Francia gollista e post - gollista , che da dieci anni pratica la guerra al dollaro - appena temperata dal sapiente scetticismo di Pompidou e dal sagace realismo di Giscard d ' Estaing - è l ' ultimo paese che può levare un grido di protesta contro l ' iniziativa unilaterale degli Stati Uniti , ispirata a quegli stessi criteri di patriottismo ad oltranza che fioriscono sulle rive della Senna . La Germania , che procedette mesi fa alla rivalutazione del marco con tranquilla indifferenza per i danni che ne sarebbero derivati agli Stati Uniti , non ha neppure essa i titoli sufficienti a condannare una misura che nasce da una crisi obiettiva in campo monetario cui Bonn ha contribuito in misura determinante . La realtà è quella che è e va giudicata col massimo di freddezza possibile . Il dato dell ' interesse nazionale , inteso con una punta di pragmatismo evocante nostalgie e vibrazioni isolazioniste , torna a prevalere nella politica generale non meno che in quella economica di Nixon : conformemente alle scaturigini repubblicane della sua stessa filosofia politica . Il filo - europeismo , non esente da errori e da ingenuità , dell ' epoca dei democratici rischia di diventare un ricordo di tempi lontani . La partnership euro - americana sognata da Kennedy appartiene al libro dei sogni , e per di più dei sogni svaniti . Gli Stati Uniti si muovono con realismo , con concretezza , con una difesa puntuale e aderente dei loro interessi : dalla legge Mills , che danneggia settori delicati dell ' esportazione europea , a tutto il campo delle spese militari per la difesa comune , un campo in cui Washington denuncia una crescente stanchezza per l ' esclusivo peso gravante sulle sue spalle . Il « pentapolarismo » , adombrato da Nixon , significa , nella mente degli americani , la preparazione ad una vera , e non retorica , assunzione di responsabilità economiche e finanziarie da parte delle cinque forze , inclusa , anzi preminente , la quarta , l ' Europa occidentale . Washington è stanca di fare il gendarme del mondo , magari per riceverne in cambio fischi e improperi ; la fine della guerra nel Vietnam implicherà tutta una rielaborazione , e revisione , e riduzione degli impegni americani nel mondo ( non si riparla forse di taglio delle forze Usa in Europa , in significativa coincidenza con la tempesta monetaria ? ) . Sullo sfondo delle misure che hanno accompagnato il « ridimensionamento » del dollaro , a cominciare dal pesante tasso del dieci per cento sulle importazioni , non manca neppure una certa preoccupazione per la concorrenza economica e finanziaria che il « quarto grande » Europa , una volta costituito sul serio , potrebbe finire per esercitare nella gara per i mercati mondiali . Ma sarebbe un motivo di più per stimolare l ' Europa , l ' Europa comunitaria nel suo insieme , ad assumere coscienza dei suoi doveri irrinunciabili . Non c ' è più il solo filo diretto fra Cremlino e Casa Bianca ; l ' ombrello americano non può bastare ; il giuoco si allarga . Mao incita l ' Europa a farsi forte ; Ciu En - lai rivolgeva di recente auguri di successo e di sviluppo al Mercato comune . Qual è stata invece la risposta della Comunità europea ? Il quadro dell ' ultima riunione di Bruxelles non potrebbe apparire più sconsolante . Un ' altra occasione è stata perduta ; un ' altra speranza delusa . È mancata una risposta europea all ' America : base per ogni futuro negoziato , premessa di ogni necessario equilibrio . Il contrasto franco - tedesco , contenuto sul piano politico , è riesploso su quello economico . Parigi non vuole inchinarsi alla realtà dell ' economia tedesca in via di continua , e meritata , espansione ; guarda ad un primato del franco , e ad un legame con l ' oro , che sono fuori della realtà . La linea realistica e seria seguita dalla delegazione italiana ci assicura che tutte le speranze di un ragionevole compromesso non sono perdute , per la prossima sessione di Bruxelles . La babele monetaria non rappresenta una soluzione : con alcuni paesi che si regolano in un modo , altri in modo diverso od opposto . Le incognite dell ' anarchia economica sono almeno altrettanto gravi delle rinnovate minacce di protezionismo e di barriere economiche proibitive che si levano su un mondo alla ricerca disperata di più larghe solidarietà . Per l ' Italia , poi , non c ' è da scherzare . Il nostro sistema economico è forse il più esposto ai contraccolpi di una lotta commerciale e valutaria condotta senza esclusione di colpi . La guerra che da qualche parte si vorrebbe muovere alla saggia politica del governatore Carli - presupposto della relativa stabilità monetaria con cui abbiamo affrontato il recente ciclone - rientra in quel clima di dilettantismo in cui , purtroppo , primeggiano taluni socialisti di casa nostra . Sognatori ancora , dopo tante delusioni e tante crudeli smentite , di una autarchia incapace di resistere alla prima difficoltà . Altro che l ' eccessivo accumulo di dollari nelle casse della Tesoreria ! Non manca mai una nota di umorismo nelle crisi più difficili .
NUOVO STILE ( CROCE BENEDETTO , 1925 )
StampaQuotidiana ,
23 agosto 1925 . Caro Direttore , Come Ella bene ha avvertito , non è il caso di dar peso , e molto meno risposta , all ' urlio di contumelie che , come per uno scatto meccanico , si leva regolarmente contro di me ogni volta che apro la bocca e qualunque cosa io dica . Piuttosto ci sarebbe questa volta da meravigliarsi che gente la quale professa di volere la grandezza d ' Italia anche nel dominio del pensiero e dell ' arte , si rivolti rabbiosamente contro un vecchio conoscitore della materia , che mette in guardia circa le illusioni e indica la via necessaria per raggiungere il fine desiderato . Da quando in qua si usa rivoltarsi contro il medico che dà il suo parere ? Dico il medico , perché , fin da quando ero giovane , le mie diagnosi e prognosi letterarie erano diventate così famose per la loro esattezza e sicurezza tra i letterati di Napoli , che mi chiamavano « il Don Antonio Cardarelli della letteratura » . ( Per notizia alla nuova generazione , il Cardarelli è il capo della scuola medica napoletana e , per nostra fortuna , vive ancora ) . E ora , con l ' accresciuta esperienza di tanti anni , sarebbe strano che io sbagliassi la diagnosi di un ' infermità culturale dai sintomi così aperti e chiari quale è quella che affligge l ' Italia presente .
Rossano sarà Gabriele ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
È molto probabile che , nei prossimi mesi , il Biffi Scala perda , temporaneamente , uno dei suoi clienti più assidui . Sembra infatti che una Casa cinematografica americana abbia deciso di chiamare a Hollywood Tom Antongini , per affidargli la consulenza di un film imperniato sul tormentato amore di Eleonora Duse e Gabriele D ' Annunzio . Il nome di Antongini sarebbe stato suggerito ai produttori dal conte Rasponi , che vive da parecchi anni a Nuova York , dove si occupa di moda e di arredamenti . Il consiglio è perlomeno logico . A parte qualche inevitabile frangia letteraria , gli scritti dannunziani di Antongini sono i più ricchi e documentati dal punto di vista aneddotico . Il vecchio signore che tutte le sere entra al « Biffi » per l ' aperitivo , fu per molti anni accanto all ' Imaginifico , ne raccolse gli sfoghi e le confidenze minute . Se davvero gli verrà proposto di recarsi a Hollywood , quasi certamente accetterà . A meno che non preferisca , invece , gettarsi anima e corpo nella campagna elettorale , giacché il suo nome figura nella lista del Partito monarchico popolare . Circa il soggetto del film , non si hanno finora notizie precise . Da quanto è trapelato , dovrebbe avere come sfondo la vita artistica e mondana della Venezia fine Ottocento : quella che raccolse l ' ultimo respiro di Wagner e vide il naso rosso del miliardario Morgan sbucare dal portone dell ' Hòtel Danieli . La Venezia , lampeggiante di marmi e di cristalli , in cui D ' Annunzio e la Duse , fra due carezze , si divertivano ad aizzare levrieri dai nomi arcani : Crissa , Altair , Sirius , Piuchebella , Nerissa . La materia sarebbe già un osso duro per qualsiasi sceneggiatore e regista europeo . Figuriamoci cosa diventerà nelle mani sbrigative degli americani . Se è vero , del resto , che il buon giorno si vede dal mattino , basta la scelta degli attori che dovrebbero impersonare Gabriele ed Eleonora , per capire come andrà a finire : Rossano Brazzi e Marilyn Monroe . È già qualcosa , se si pensa che per via dell ' incipiente calvizie la parte di D ' Annunzio avrebbero potuto affidarla all ' ex - campione mondiale dei pesi medi Carmen Basilio . Tutto lascia prevedere che se andrà a Hollywood , Antongini rimpiangerà molto presto il Biffi Scala . Orson Welles è considerato l ' attore meno elegante del mondo . È il primo a riconoscerlo . « Assomiglio a un letto matrimoniale rifatto da una bambina di cinque anni » , ha detto tempo fa .
Religione e libertà ( Jemolo Arturo Carlo , 1977 )
StampaQuotidiana ,
Non ho assistito all ' incontro di universitari tenutosi a Bologna in febbraio intorno alla revisione del Concordato ; ma so che di fronte a tre coraggiosi difensori di un Concordato riveduto , predominò una netta maggioranza anticoncordataria . Il cui prevalere necessiterebbe una legge costituzionale che sopprimesse il capoverso dell ' art. 7 della Costituzione che dispone appunto i rapporti tra Chiesa e Stato siano regolati dai Patti lateranensi , sia pure suscettibili di modifiche , e , mi sembra , che fosse soppresso anche l ' art. 8 che perde di significato con le sue garanzie agli altri culti , una volta abolito il sistema concordatario . Direi invero che non ci siano soluzioni intermedie , come quella di un Concordato di un unico articolo : - Chiesa e Stato coopereranno in ogni opera destinata ad assicurare il bene morale e materiale del popolo italiano - : una tale clausola sarebbe vuota di contenuto , bene sapendosi quanto sia diverso l ' apprezzamento del bene morale degli italiani secondo i diversi modi di sentire . Mi dicono che in questo convegno si siano mescolate due diverse tendenze : quella che restava attaccata al tema del Convegno , cioè riforma o meno del Concordato ( intendendosi che il meno significava abolizione , nessuno pretendendo il mantenimento integrale ) , ed un ' altra che sostanzialmente mirava ad una riforma profonda della Chiesa . Invero sarebbe emersa nel Convegno la personalità di uno studioso che da molti anni è l ' assertore della Chiesa fondata sull ' assemblea , senza gerarchia , basandosi sul detto di Gesù « ogni volta che due o tre si aduneranno nel nome mio , io sarò in mezzo a loro » . Ciò che si riannoda ad antiche avversioni verso la Chiesa istituzione giuridica , ed allo spunto giansenista , non aver valore decreti pontifici e dichiarazioni di dogmi , condanne di dottrine , se non accettati da tutta la Chiesa . Ho scritto altre volte come dubiti molto che questa Chiesa del dissenso , rispetto al Papa ed alla gerarchia , possa mantenersi e non subire l ' attrazione di forze politiche che escludono invece ogni fede religiosa . In effetto i suoi patrocinatori non mirano a creare nuclei di spirituali , pensosi soltanto delle verità supreme , bensì assumono uffici politici e vogliono la Chiesa impegnata in tutte le lotte dirette a realizzare la loro visione di giustizia sociale . Se però fossi in errore nel mio prognostico di assorbimento di questi cristiani da parte di movimenti politici con cui già cooperano nelle questioni concrete , ed effettivamente si realizzasse questa Chiesa assembleare , senza gerarchie , che ad un tempo mantenesse la fede in Dio , in Cristo , nella sopravvivenza individuale , e si trovasse impegnata nelle lotte politiche , dubito molto che potrebbe mantenere le attuali alleanze con i partiti che proprio questa fede intendono sradicare . Poiché non è ad illudersi sul linguaggio moderato ( mi dicono che a Bologna uno dei più moderati fu proprio un comunista , che non ebbe una parola meno che rispettosa verso Papa e gerarchie ) , sulle cortesie formali che possono scambiarsi amministrazioni rosse e autorità ecclesiastiche . La lotta sostanziale si svolge nel campo della formazione dei bambini : genericamente nell ' ambito dell ' assistenza religiosa ( niente suore né cappellani negli ospedali , nelle carceri , meno che mai cappellani militari ) , ma lotta sorda nella scuola elementare e soprattutto nella materna . Le amministrazioni rosse stanziano forti somme per queste scuole ed in genere con buoni risultati : ma è soprattutto alla scuola materna tenuta da suore che si guarda : creandone , in prossimità di una esistente in cui s ' insegna anche a pregare e si dà una prima formazione religiosa , un ' altra con maggiori comodità , buona refezione gratuita , torpedoni che trasportino i bambini . Buone scuole materne , ma dove nei libri anche le favole battono sempre sulla odiosità dell ' oppressore e sulla necessità di scuoterne il potere , dove le grandi massime di bontà , di fratellanza , di pace sono tratte dai più conosciuti rivoluzionari , e da cui è comunque bandita ogni idea religiosa , ogni sospetto di una possibile sopravvivenza . Il bambino deve terminare la sua infanzia , se possibile , non sospettando neppure che vi siano persone religiose , non avendo mai visto persone assorte nella preghiera , ignorando che esistano uomini che trovano conforto ed un nuovo fluire di speranze nel rivolgersi a Dio . Le chiese , che vedrà e forse visiterà , le edicole con immagini sacre , debbono essere per lui quel che sono per noi tombe etrusche o templi greci e romani , relitti di civiltà che oggi sono state superate , e che possono bene rappresentarsi come le civiltà della oppressione : sarebbe un po ' come il vedere tutto il mondo grecoromano sotto il solo aspetto dell ' istituto della schiavitù , ignorando tutto il resto che ci ha dato , i valori eterni , la discesa nel cuore dell ' uomo operata dalla tragedia greca , la proclamazione , sia pure astratta , della eguaglianza di tutti gli uomini secondo il diritto naturale . Il compito diviene sempre più facile man mano che le chiese sono vuote , e più vecchie le poche persone che ancora il fanciullo scorgerà se avrà occasione di entrarvi . Non si tratta di una lotta alla religione contingente , come quella che precedette la Rivoluzione francese ed accompagnò il Risorgimento italiano , e che era strumentale per abbattere il trono e le classi privilegiate che davano alla Chiesa la sua gerarchia , o per legittimare la struttura dello Stato liberale ed il venir meno del potere temporale . Qui si tratta di una necessità ; quando pure sul terreno politico ed economico la battaglia fosse stata vinta ed instaurato un regime comunista , la religione potrebbe sempre indurre ad appelli ad una precettistica religiosa contro i dettami del governo , all ' « obbedisci a Dio prima che agli uomini » : potrebbe portare al dubbio se con l ' instaurazione di quel regime , con l ' abolizione della proprietà privata , con la censura sui libri dei malpensanti , si sia raggiunto l ' assetto migliore che sia possibile all ' umanità conseguire e che occorra quindi difendere ad ogni costo , cancellando l ' idea di una giustizia divina , di consolazioni e punizioni che seguano dopo la morte del corpo ; dare a tutti la certezza che esiste una unica vita , quella che termina con l ' ultimo respiro . L ' esito finale della lotta ? Chi crede in una innata religiosità dell ' uomo , che è della sua essenza e può rivelarsi per la prima volta anche nell ' età matura , ha la certezza che la religione non sarà mai estirpata ; il cattolico , la certezza che Cristo è venuto per tutti gli uomini , di ogni generazione . In effetto conosciamo esempi anche di santi usciti da famiglie di accaniti negatori . Peraltro è solo entro uno scenario di ampia libertà che è possibile concepire i figli che si rivoltano contro le idee dei genitori ; dove c ' è una massa grigia , enorme , compatta nei medesimi convincimenti , la ribellione è più difficile . Nel mondo sovietico conosciamo ribellioni di alte personalità di pensatori , ignoriamo se in questo campo ce ne siano tra gli umili . Comunque anche nel mondo di ieri sta che il sentimento religioso , come quello della pietà , anche verso gli animali , come il senso estetico , come altre direttive meno nobili , quale la preoccupazione del risparmio , vanno coltivate nel bambino e raramente sorgono spontanee . Pertanto per chi non abbia la fede in un insopprimibile bisogno del divino , non è detto che la battaglia per la estinzione della religione non possa essere vinta . Eppure anche a molti che non sono credenti , un mondo che non creda in nulla oltre a ciò che è tangibile , che ignori la speranza in gioie e bellezze che gli occhi umani non possono percepire , appare la visione di un mondo impoverito .