StampaQuotidiana ,
Caro
Turrini
,
io
conosco
poco
Jiri
Pelikan
.
Ebbe
con
noi
qualche
rapporto
,
poi
dileguò
forse
temendo
che
la
collaborazione
al
nostro
giornale
lo
qualificasse
come
«
reazionario
»
.
Conosco
però
la
sua
vicenda
di
socialista
cecoslovacco
prima
perseguitato
dai
nazisti
che
gli
uccisero
la
madre
,
eppoi
dalla
polizia
di
Husak
dopo
la
«
primavera
»
di
Praga
.
So
che
Pelikan
,
al
culmine
di
una
rapida
e
brillante
carriera
che
lo
aveva
portato
a
posti
di
primissimo
piano
(
direttore
generale
della
Tv
cecoslovacca
,
deputato
e
presidente
della
Commissione
affari
esteri
in
Parlamento
ecc
.
)
,
buttò
tutto
alle
ortiche
per
non
subire
il
sopruso
dei
carri
armati
sovietici
,
e
preferì
venirsene
esule
in
Italia
,
di
cui
ora
ha
preso
la
cittadinanza
.
Più
che
un
uomo
,
egli
è
dunque
un
simbolo
del
socialismo
democratico
e
libertario
.
Quindi
trovo
giusto
che
il
Psi
lo
abbia
assunto
come
tale
,
presentandolo
come
suo
candidato
alle
elezioni
europee
,
e
mi
auguro
che
gli
elettori
italiani
avallino
plebiscitariamente
questa
scelta
piena
di
significato
politico
.
L
'
affermazione
di
Pelikan
sarebbe
quella
di
tutta
la
dissidenza
dei
Paesi
dell
'
Est
,
con
la
quale
anche
i
non
socialisti
hanno
il
dovere
di
solidarizzare
.
Mi
permetta
però
di
ricordarle
che
in
Italia
vive
,
completamente
nell
'
ombra
e
mai
ricordato
da
nessun
partito
politico
,
anche
un
altro
cecoslovacco
di
rilievo
non
certo
inferiore
-
era
vice
-
ministro
,
mi
pare
,
della
stampa
e
propaganda
:
posto
di
delicatissima
importanza
,
in
quel
regime
-
a
quello
di
Pelikan
:
Vàclav
Pélisek
,
che
stenta
oscuramente
la
vita
come
impiegato
in
una
azienda
di
Verona
.
È
un
uomo
,
è
vero
,
che
non
ha
mai
fatto
nulla
per
attirare
l
'
attenzione
su
di
sé
.
Ma
non
è
una
buona
ragione
per
negargliela
:
anche
lui
incarna
la
dissidenza
,
e
anche
lui
l
'
ha
duramente
pagata
.
Questo
,
intendiamoci
,
non
lo
dico
in
contrapposizione
a
Pelikan
,
cui
spero
che
gli
elettori
italiani
diano
un
massiccio
segno
di
solidarietà
.
Lo
dico
per
uno
scrupolo
di
giustizia
verso
Pélisek
,
a
cui
mi
pare
che
non
sé
ne
renda
abbastanza
.
StampaPeriodica ,
...
Concepisco
la
Corporazione
del
-
le
Arti
,
che
dovrà
resultare
dal
collegamento
delle
attività
artistiche
diversamente
sindacate
,
come
l
'
organo
eminentemente
adatto
a
ricostituire
l
'
ordine
in
tali
importantissime
discipline
.
Prima
però
di
passa
-
re
ad
esaminare
come
ciò
potrebbe
avvenire
,
credo
opportuno
notare
che
non
si
tratterà
in
nessun
modo
di
creare
artificiosamente
un
movimento
d
'
arte
religiosa
od
aulica
,
il
quale
potrà
nascere
di
per
sé
se
le
condizioni
dello
spirito
nazionale
lo
esigeranno
.
Di
carattere
religioso
e
gerarchico
esso
stesso
,
ma
non
teologico
o
autocratico
,
il
Fascismo
non
potrà
che
imporre
le
proprie
direttive
alle
arti
con
quel
senso
realistico
e
moderno
che
lo
distingue
e
ne
costituisce
l
'
irresistibile
forza
.
Intendo
dire
che
il
Fascismo
non
potrà
per
ora
se
non
disciplinare
una
attività
che
già
esiste
,
con
le
forme
attraverso
le
quali
si
manifesta
;
il
che
non
sarà
piccola
opera
,
del
re
-
sto
,
giacché
il
fatto
medesimo
d
'
iniziare
una
simile
impresa
costituirà
già
il
principio
di
una
vasta
realizzazione
e
la
premessa
augurale
di
possibilità
infinite
e
grandiose
...
StampaQuotidiana ,
«
Inversione
di
tutti
i
valori
:
ecco
la
formula
per
il
supremo
riconoscimento
di
sé
»
,
diceva
Nietzsche
.
E
sembrerebbe
che
,
a
distanza
di
quasi
settant
'
anni
dalla
sua
morte
,
la
sua
formula
sia
fatta
propria
da
un
numero
crescente
di
persone
.
La
polemica
di
Nietzsche
era
diretta
contro
i
valori
tradizionali
del
disinteresse
,
dell
'
abnegazione
,
della
rinuncia
,
del
sacrificio
,
e
intendeva
difendere
i
valori
vitali
,
terrestri
,
corporei
che
esaltano
la
vita
e
,
nonostante
i
dolori
e
gli
orrori
di
essa
,
la
fanno
godere
nella
sua
disordinata
espansione
.
Questi
valori
vitali
sembrano
i
soli
veramente
presenti
e
agenti
nella
società
contemporanea
.
Nulla
c
'
è
di
più
estraneo
a
questa
società
di
tutte
le
innumerevoli
forme
dell
'
ascetismo
,
contro
le
quali
Nietzsche
scagliava
i
suoi
fulmini
.
La
corsa
al
benessere
,
la
ricerca
incessante
di
soddisfazioni
intense
e
immediate
,
l
'
insofferenza
verso
ogni
rinuncia
o
limitazione
,
il
disprezzo
o
l
'
oblio
della
disciplina
imposta
dalle
regole
tradizionali
(
a
meno
che
non
siano
appoggiate
dalla
forza
)
,
sono
i
tratti
macroscopici
della
vita
contemporanea
,
tratti
che
suscitano
l
'
indignazione
dei
moralisti
,
le
lamentele
obbligate
dei
benpensanti
.
e
l
'
annuncio
di
catastrofi
imminenti
dei
profeti
pessimisti
.
La
letteratura
e
l
'
arte
che
,
almeno
in
una
certa
misura
,
sono
lo
specchio
di
un
'
epoca
,
rappresentano
ingranditi
questi
tratti
e
consentono
di
abbracciarli
nel
loro
insieme
.
Il
romanzo
,
il
teatro
,
il
cinema
,
le
arti
figurative
,
i
fumetti
,
suscitano
interesse
e
hanno
successo
solo
nella
misura
in
cui
rappresentano
nella
forma
più
cruda
e
brutale
eventi
o
situazioni
negative
,
sconcertanti
o
anormali
.
Il
naufragio
dell
'
esistenza
umana
in
tutti
i
suoi
aspetti
,
il
sesso
nelle
sue
forme
aberranti
o
semplicemente
sfacciate
o
sordide
,
la
violenza
interessata
o
gratuita
,
la
volontà
di
dominio
e
l
'
abiezione
,
l
'
omicidio
,
il
suicidio
fisico
o
morale
o
,
nel
campo
figurativo
,
la
presentazione
di
oggetti
insignificanti
o
ripugnanti
,
costituiscono
i
terni
principali
delle
espressioni
artistiche
contemporanee
.
La
critica
stessa
si
adatta
ai
criteri
impliciti
in
questa
selezione
di
temi
.
La
«
favola
bella
»
,
il
«
lieto
fine
»
,
il
dramma
romantico
,
il
trionfo
della
giustizia
e
ingredienti
simili
sono
,
dalla
maggior
parte
dei
critici
,
considerati
clichés
convenzionali
che
tolgono
,
alle
opere
in
cui
ricorrono
,
interesse
e
valore
artistico
.
Dall
'
altro
lato
,
il
marchese
di
Sade
,
i
poeti
e
gli
scrittori
«
maledetti
»
cominciano
a
godere
di
una
popolarità
che
non
ebbero
ai
loro
tempi
e
ad
essere
considerati
i
capostipiti
di
una
svolta
decisiva
della
storia
letteraria
;
e
la
tendenza
iconoclastica
contro
figure
sinora
ritenute
venerande
si
accentua
negli
scrittori
di
tutti
i
campi
.
Perfino
l
'
uso
delle
droghe
è
talora
apertamente
difeso
ed
esaltato
come
uno
strumento
di
felicità
personale
o
per
vedere
il
mondo
in
una
luce
imprevista
o
addirittura
per
accedere
all
'
esperienza
mistica
del
soprannaturale
.
Solo
i
filosofi
sembrano
vivere
in
un
'
isola
separata
dal
resto
del
mondo
.
Tranne
qualche
eccezione
,
discettano
del
bene
e
del
male
come
se
tutti
sapessero
dove
stanno
.
Ma
è
proprio
questo
che
gli
uomini
oggi
non
sanno
o
si
rifiutano
di
sapere
.
t
proprio
questo
il
problema
per
ognuno
e
per
tutti
:
rendersi
conto
,
con
cognizione
di
causa
,
di
come
e
dove
dev
'
essere
diretta
la
vita
dell
'
uomo
.
La
radice
di
questa
incertezza
è
la
totale
sfiducia
nelle
garanzie
di
cui
i
valori
tradizionali
vantano
l
'
appoggio
.
Pochi
sono
oggi
coloro
che
credono
che
i
valori
trovino
il
loro
fondamento
nella
natura
stessa
delle
cose
o
del
mondo
,
o
nell
'
essenza
dell
'
uomo
o
in
qualche
realtà
trascendente
:
che
ci
credono
,
intendo
,
non
per
un
'
astratta
professione
di
fede
ma
in
modo
praticamente
operante
.
Si
sa
che
ci
sono
stati
e
ci
sono
sistemi
di
valori
diversi
,
culture
e
civiltà
eterogenee
,
modi
opposti
di
considerare
il
mondo
e
la
vita
.
Si
sa
che
i
valori
preferiti
da
una
stessa
società
possono
mutare
nel
tempo
e
mutano
,
anzi
,
molto
rapidamente
.
Non
si
ha
fiducia
che
l
'
interesse
singolo
coincida
sempre
e
necessariamente
con
l
'
interesse
collettivo
,
giacché
si
vede
o
si
avverte
che
talora
i
due
interessi
sono
in
conflitto
.
Non
si
è
certi
che
il
progresso
collettivo
del
genere
umano
verso
l
'
ordine
e
la
disciplina
dell
'
organizzazione
tecnologica
,
e
gli
stessi
vantaggi
che
ne
derivano
,
garantiscano
a
tutti
gli
individui
il
tipo
di
felicità
che
desiderano
.
Questa
somma
di
incertezze
non
è
una
novità
dei
nostri
tempi
perché
,
in
un
modo
o
nell
'
altro
,
ha
accompagnato
dovunque
il
cammino
del
genere
umano
.
La
tragedia
greca
,
per
citare
un
esempio
,
deve
il
suo
valore
umano
esemplare
proprio
all
'
aver
dibattuto
alcune
di
queste
incertezze
.
Ma
la
novità
consiste
nella
scala
in
cui
esse
sono
ora
avvertite
,
cioè
nell
'
estensione
in
cui
il
senso
del
dubbio
è
penetrato
negli
uomini
investendo
tutti
gli
aspetti
della
loro
vita
quotidiana
.
Ogni
civiltà
tende
a
esaltare
le
sue
conquiste
,
e
noi
,
uomini
dell
'
Occidente
,
siamo
particolarmente
orgogliosi
delle
nostre
.
Siamo
portati
a
dimenticare
che
la
nostra
civiltà
non
ha
avuto
soltanto
Socrate
e
Cristo
,
ma
anche
i
Torquemada
e
gli
Hitler
che
hanno
avuto
forse
,
nella
nostra
storia
,
una
parte
maggiore
.
Siamo
portati
a
scambiare
per
realtà
incrollabili
,
per
cose
scontate
e
radicate
nel
nostro
più
lontano
passato
,
ideali
nebulosi
e
norme
generiche
che
vengono
dimenticate
nella
pratica
della
vita
nove
volte
su
dieci
.
Accade
così
che
si
può
asservire
in
nome
della
libertà
,
fanatizzare
in
nome
della
fede
,
violentare
in
nome
dell
'
amore
.
Siamo
portati
a
credere
che
con
la
sola
forza
di
questi
ideali
si
possono
salvare
e
riscattare
tutti
gli
uomini
,
anche
quelli
che
non
vogliono
essere
salvati
;
mentre
il
valore
di
quegli
ideali
consiste
proprio
nel
mettere
in
guardia
contro
questa
credenza
.
La
libertà
,
la
fede
,
l
'
amore
,
come
gli
altri
capisaldi
della
nostra
scala
dei
valori
,
non
si
impongono
da
sé
e
non
possono
essere
imposti
:
perché
ciò
che
esigono
è
proprio
questo
:
ogni
essere
umano
deve
poterli
scegliere
per
se
stesso
.
L
'
immoralismo
contemporaneo
serve
in
primo
luogo
a
ricordarci
che
la
vita
non
è
quella
perfetta
adeguazione
della
realtà
all
'
ideale
,
che
i
coltivatori
degli
ideali
ci
hanno
voluto
far
credere
;
che
non
bisogna
illudersi
d
'
aver
già
realizzato
nei
nostri
modi
di
vivere
il
patrimonio
ideale
di
cui
disponiamo
;
e
che
occorre
in
primo
luogo
guardare
con
sincerità
spietata
al
modo
effettivo
in
cui
viviamo
,
alle
scelte
su
cui
si
regge
la
nostra
vita
,
per
renderci
conto
di
ciò
che
siamo
e
di
ciò
che
possiamo
diventare
.
Si
può
(
e
si
dovrebbe
in
ogni
caso
)
avvertire
un
senso
di
repulsione
o
di
rivolta
contro
le
realtà
che
le
cronache
della
vita
e
dell
'
arte
ci
presentano
con
cruda
evidenza
;
e
questo
è
già
un
effetto
benefico
di
quelle
cronache
.
Ma
occorre
trarre
da
esse
l
'
insegnamento
decisivo
:
quello
di
cercare
nuove
vie
per
la
libertà
dell
'
individuo
e
l
'
ordine
della
comunità
umana
.
Attraverso
i
disordini
,
gli
sbandamenti
,
le
proteste
,
lo
scetticismo
e
l
'
apatia
verso
cose
o
valori
ritenuti
essenziali
,
è
in
corso
un
grande
esperimento
per
la
ricerca
di
nuovi
modi
di
convivenza
,
di
nuove
regole
per
orientare
la
vita
degli
individui
.
Gli
uomini
oggi
non
sono
disposti
ad
accogliere
senza
beneficio
d
'
inventario
l
'
eredità
del
passato
o
il
messaggio
di
nuovi
profeti
.
Vogliono
trovare
da
sé
,
attraverso
errori
,
delusioni
e
sconfitte
,
la
via
buona
(
se
ce
n
'
è
una
)
da
imbroccare
.
Il
loro
atteggiamento
dominante
è
quello
proprio
degli
adolescenti
e
dei
giovani
ai
quali
poco
giovano
gli
insegnamenti
degli
adulti
,
finché
non
li
abbiano
essi
stessi
messi
a
prova
e
convalidati
con
la
loro
esperienza
vissuta
.
Nonostante
gli
enormi
e
rapidi
progressi
che
ha
fatto
in
certi
campi
,
l
'
umanità
vive
oggi
la
sua
fase
di
adolescenza
:
ma
di
un
'
adolescenza
non
remissiva
né
docile
,
ma
vigile
e
aggressiva
,
che
non
accetta
facilmente
lezioni
.
«
L
'
uomo
»
diceva
Montaigne
«
é
sempre
in
tirocinio
ed
in
prova
.
»
Ma
oggi
al
tirocinio
e
alla
prova
non
partecipano
più
solamente
le
élites
privilegiate
,
ma
strati
sempre
più
vasti
del
genere
umano
;
e
questo
costituisce
il
contrassegno
e
l
'
originalità
del
nostro
tempo
.
Certamente
il
rischio
è
grande
e
conquiste
decisive
,
valori
fondamentali
possono
andare
perduti
,
come
possono
essere
riscoperti
e
convalidati
.
Ma
non
si
può
evitare
il
rischio
disconoscendo
o
ignorando
semplicemente
la
situazione
che
lo
provoca
.
Non
si
diminuisce
il
rischio
insistendo
su
valori
collaterali
,
rifiutando
di
muoversi
e
di
cercare
,
appellandosi
alla
natura
o
all
'
autorità
o
ad
altre
garanzie
estrinseche
dei
valori
che
si
vogliono
difendere
.
Se
l
'
umanità
vuol
sopravvivere
,
non
può
dimenticare
il
rispetto
che
deve
a
se
stessa
e
a
ognuno
dei
suoi
membri
.
Questo
è
l
'
unico
punto
fermo
.
Ma
le
vie
o
i
modi
per
realizzare
questo
rispetto
nelle
forme
concrete
di
regole
e
di
atteggiamenti
che
reggano
di
giorno
in
giorno
e
di
ora
in
ora
la
vita
degli
uomini
possono
essere
diversi
.
Il
problema
consiste
nel
rendersi
conto
delle
alternative
che
quel
rispetto
consente
all
'
uomo
e
di
quelle
che
esclude
.
Consiste
nell
'
individuare
le
scelte
che
si
possono
ancora
e
sempre
ripetere
dopo
ogni
prova
e
che
siano
partecipabili
dalla
maggior
parte
degli
uomini
.
Scelte
siffatte
si
limitano
a
vicenda
e
possono
,
al
limite
,
circoscrivere
la
sfera
d
'
azione
dell
'
individuo
nei
confronti
di
quella
degli
altri
.
Ma
l
'
arte
delle
scelte
è
difficile
e
in
questo
campo
l
'
uomo
non
può
affidarle
a
una
macchina
calcolatrice
.
Solo
quest
'
arte
,
tuttavia
,
può
far
uscire
l
'
uomo
dall
'
adolescenza
e
avviarlo
alla
maturità
:
sempre
con
l
'
avvertenza
che
la
maturità
del
genere
umano
,
più
di
quella
dell
'
individuo
,
non
sarà
mai
una
conquista
definitiva
.
StampaPeriodica ,
La
diagnosi
del
fascismo
dell
'
amico
Mazzali
svolge
elementi
in
gran
parte
analoghi
a
quelli
fissati
in
tre
anni
di
battaglie
da
Rivoluzione
Liberale
.
Il
problema
per
i
Gruppi
di
Rivoluzione
Liberale
è
quindi
di
discutere
la
connessione
posta
dal
Mazzali
tra
profezia
marxistica
e
liquidazione
del
fascismo
.
Altrove
abbiamo
detto
che
questa
è
l
'
ora
di
Marx
.
Ma
s
'
intende
che
noi
pensiamo
ad
un
Marx
vitale
in
una
situazione
caratteristicamente
italiana
.
In
questo
senso
la
tattica
che
propone
Rivouzione
Liberale
contro
il
fascismo
è
la
seguente
:
Nessuna
illusione
di
liquidare
il
fascismo
coi
giochetti
parlamentari
,
con
le
combinazioni
della
maggioranza
,
con
lo
Stato
Maggiore
,
con
la
rivolta
dei
vari
Delcroix
e
simili
aborti
morali
.
Il
problema
italiano
è
di
liquidare
lo
spirito
e
le
forme
del
trasformismo
,
dell
'
accomodantismo
,
della
corruzione
oligarchica
che
fu
rappresentato
dai
vecchi
ceti
sedicenti
democratici
e
che
il
fascismo
portò
alle
estreme
misure
di
impudicizia
e
di
trafficantismo
.
Crediamo
al
movimento
operaio
come
alla
sola
forza
che
per
le
riserve
di
spirito
combattivo
di
cui
dispone
,
per
la
sua
volontà
di
redenzione
potrà
opporre
alle
vecchie
cricche
,
pronte
sempre
a
patteggiare
,
la
sua
inesorabile
intransigenza
.
Le
esperienze
passate
ci
insegnano
che
il
movimento
operaio
alla
resa
dei
conti
avrà
bisogno
di
una
classe
dirigente
sicura
e
moderna
,
dotata
di
spirito
di
sacrificio
e
di
maturità
storica
.
Comunque
si
liquidi
la
questione
del
ministero
Mussolini
(
noi
non
abbiamo
alcuna
sollecitudine
per
le
azioni
di
Salandra
,
di
Giolitti
,
di
Caviglia
o
di
Di
Giorgio
!
)
la
situazione
da
cui
è
nato
il
fascismo
si
liquiderà
soltanto
con
la
ripresa
del
movimento
operaio
.
Questa
è
connessa
con
il
miglioramento
della
nostra
classe
capitalistica
,
con
le
attitudini
della
nostra
economia
a
vivere
nel
commercio
mondiale
non
semplicemente
da
parassita
.
La
recente
campagna
di
Einaudi
ha
questo
senso
profondo
.
Per
secondare
la
ripresa
operaia
contro
il
fascismo
perciò
non
bisogna
invocare
profezie
o
proporre
schemi
di
nuove
società
(
se
in
Italia
dovessimo
aspettare
le
tre
condizioni
di
Sorel
,
la
questione
sarebbe
piuttosto
allungata
!
)
ma
aiutare
i
partiti
seri
e
moderni
a
liberarsi
dai
costumi
giolittiani
,
a
migliorare
i
loro
quadri
nella
lotta
senza
quartiere
e
senza
lusinghe
,
a
preparare
le
condizioni
in
cui
le
moderne
democrazie
non
saranno
più
schiave
di
nessuna
oligarchia
.
La
guerra
al
fascismo
è
questione
di
maturità
storica
,
politica
,
economica
della
nostra
economia
,
delle
nostre
classi
dirigenti
,
dei
ceti
operai
e
industriali
.
StampaQuotidiana ,
Delle
tre
dimensioni
del
tempo
,
passato
,
presente
e
futuro
,
i
filosofi
hanno
il
più
delle
volte
privilegiato
il
presente
.
Non
l
'
hanno
inteso
tuttavia
come
l
'
attimo
fuggente
ma
come
la
costanza
di
un
ritmo
che
si
conserva
identico
attraverso
il
mutare
degli
eventi
.
La
poetica
definizione
di
Platone
«
il
tempo
è
l
'
immagine
mobile
dell
'
eternità
»
significa
appunto
che
il
ritmo
in
cui
il
tempo
consiste
e
che
è
scandito
dai
suoi
periodi
(
anni
,
mesi
,
giorni
,
ore
)
ha
la
stessa
immutabilità
che
è
propria
dell
'
essere
eterno
.
Il
tempo
appartiene
alle
cose
che
fluiscono
ma
in
queste
cose
introduce
ciò
che
è
proprio
dell
'
eternità
,
un
ordine
che
permane
attraverso
il
divenire
.
Gli
astri
ritornano
,
a
intervalli
determinati
,
nella
stessa
posizione
;
le
stagioni
si
ripetono
con
una
successione
invariabile
e
si
ripetono
,
sia
pure
con
minor
esattezza
,
i
cicli
di
tutti
gli
esseri
viventi
,
ognuno
dei
quali
ha
un
suo
ritmo
costante
di
nascita
,
di
formazione
,
di
sviluppo
e
di
morte
.
Nell
'
interpretazione
popolare
,
il
tempo
è
la
forza
distruttiva
cui
nulla
resiste
,
la
forza
che
logora
tutte
le
cose
e
le
conduce
,
più
o
meno
rapidamente
,
all
'
annullamento
o
all
'
oblio
.
Nell
'
interpretazione
dei
filosofi
,
il
tempo
è
ciò
che
nel
logorio
o
nella
distruzione
vien
conservato
e
ripetuto
;
il
ritmo
eterno
cui
il
fluire
delle
cose
obbedisce
.
Questo
ritmo
perciò
non
è
mai
né
passato
né
futuro
:
è
sempre
presente
perché
è
sempre
lo
stesso
.
E
quando
alcuni
filosofi
(
Plotino
,
Sant
'
Agostino
,
Hegel
,
Bergson
,
Husserl
)
hanno
concepito
il
tempo
come
lo
stesso
fluire
o
divenire
della
coscienza
,
come
una
corrente
di
vita
interiore
che
ad
ogni
istante
si
rinnova
e
in
cui
perciò
non
ci
sono
due
istanti
omogenei
,
la
dimensione
del
tempo
cui
han
fatto
ricorso
è
ancora
quella
del
presente
:
perché
in
questa
corrente
tutto
il
passato
viene
conservato
come
in
un
fiume
che
trasporta
tutte
le
acque
che
vi
confluiscono
ed
è
,
dall
'
altro
lato
,
presente
,
almeno
in
potenza
,
l
'
intero
futuro
.
Questa
interpretazione
del
tempo
in
termini
di
presenza
totale
rende
possibile
considerarlo
come
la
forma
immutabile
delle
cose
che
mutano
,
e
consente
la
misura
di
esso
.
La
misura
non
sarebbe
infatti
possibile
se
tutto
fosse
a
ogni
istante
nuovo
e
tutto
a
ogni
istante
cadesse
nel
nulla
:
non
ci
sarebbe
,
in
questo
caso
,
un
'
unità
di
misura
omogenea
,
e
inoltre
come
potrebbe
quest
'
unità
,
anche
se
ci
fosse
,
applicarsi
a
ciò
che
non
è
più
(
il
passato
)
o
a
ciò
che
non
è
ancora
(
il
futuro
)
?
Ma
accanto
a
questo
vantaggio
,
l
'
interpretazione
del
tempo
come
presente
ha
lo
svantaggio
di
trascurare
quel
carattere
del
tempo
che
all
'
uomo
comune
appare
evidente
,
la
sua
azione
logorante
e
distruttiva
.
Che
il
tempo
non
possa
solo
conservare
ma
anche
distruggere
;
che
ciò
che
vive
nel
tempo
sia
in
una
condizione
di
instabilità
radicale
in
cui
le
alternative
dell
'
acquisto
e
della
perdita
sono
ugualmente
importanti
;
e
che
per
ciò
che
riguarda
l
'
uomo
,
il
tempo
sia
l
'
indeterminazione
fondamentale
che
non
gli
lascia
mai
padroneggiare
del
tutto
il
suo
destino
,
sono
considerazioni
banali
eppure
inconfutabili
,
sia
della
saggezza
comune
che
della
filosofia
.
Ma
se
queste
considerazioni
hanno
una
certa
verità
,
l
'
interpretazione
del
tempo
come
presenza
o
simultaneità
appare
unilaterale
.
E
in
questo
caso
la
dimensione
del
futuro
comincia
ad
avere
la
meglio
su
quella
del
presente
.
Le
filosofie
contemporanee
che
s
'
imperniano
sulla
considerazione
dell
'
uomo
e
del
suo
mondo
(
soprattutto
il
pragmatismo
e
l
'
esistenzialismo
)
hanno
,
perciò
,
insistito
su
quest
'
altra
dimensione
del
tempo
.
L
'
uomo
è
,
secondo
queste
filosofie
,
costitutivamente
orientato
verso
il
futuro
:
la
sua
esistenza
o
la
sua
esperienza
è
un
continuo
venirgli
incontro
,
dall
'
avvenire
,
di
ciò
che
egli
prevede
o
non
prevede
,
teme
o
desidera
,
progetta
o
cerca
di
evitare
.
Certamente
il
passato
è
là
,
a
determinare
i
suoi
timori
o
le
sue
speranze
,
a
limitare
e
condizionare
le
sue
attese
o
le
sue
progettazioni
;
ma
se
il
passato
gli
fosse
tutto
presente
e
lo
urgesse
alle
spalle
con
la
sua
forza
preponderante
come
una
fiumana
o
una
valanga
irresistibile
,
attese
e
progettazioni
sarebbero
inutili
.
Il
passato
può
anche
,
in
certi
casi
,
inchiodarlo
alla
sua
situazione
e
rendergli
impraticabile
ogni
via
d
'
uscita
;
ma
solo
l
'
avvenire
può
dirgli
se
sarà
cosa
o
no
.
L
'
avvenire
è
la
dimensione
della
libertà
umana
che
s
'
inserisce
nelle
falle
del
tempo
e
cerca
di
volgerle
a
suo
profitto
.
Non
è
detto
che
l
'
avvenire
debba
necessariamente
prospettarsi
come
mutamento
,
novità
o
progresso
:
l
'
uomo
può
rivolgersi
con
amore
al
passato
,
può
farne
oggetto
di
nostalgia
o
di
rimpianto
,
può
volerne
il
ritorno
e
la
conservazione
:
ma
in
tutti
questi
atteggiamenti
non
fa
che
progettarlo
o
anticiparlo
come
avvenire
.
L
'
avvenire
è
il
serbatoio
delle
possibilità
che
costituiscono
l
'
esistenza
dell
'
uomo
.
Non
si
tratta
,
purtroppo
,
di
un
serbatoio
inesauribile
.
Alla
giovinezza
,
le
possibilità
del
futuro
appaiono
ricchissime
e
promettenti
per
quanto
vaghe
e
indeterminate
e
dànno
il
senso
di
una
libertà
illimitata
;
la
maturità
è
contrassegnata
dal
loro
limitarsi
e
determinarsi
in
un
serio
impegno
di
realizzazione
;
mentre
il
loro
diradarsi
o
impoverirsi
costituisce
la
tristezza
della
vecchiaia
.
Ma
in
ogni
caso
le
possibilità
autenticamente
tali
,
cioè
quelle
che
si
conservano
e
rinvigoriscono
dopo
la
prova
e
la
riprova
cui
le
sottopone
l
'
esperienza
della
vita
,
sono
,
per
ciascun
uomo
,
in
numero
limitato
.
E
quando
un
uomo
sa
e
teme
che
le
possibilità
che
il
futuro
gli
prospetta
sono
futili
o
nulle
va
incontro
a
quegli
stati
di
angoscia
,
di
disperazione
,
di
frustrazione
,
che
la
filosofia
,
la
psichiatria
e
la
letteratura
contemporanea
hanno
illustrato
come
le
malattie
dell
'
uomo
moderno
,
ma
che
forse
di
moderno
non
hanno
che
la
chiara
diagnosi
che
ne
è
stata
fatta
.
Diceva
Kierkegaard
:
«
Come
quando
uno
sviene
si
ricorre
ai
sali
o
all
'
acqua
di
colonia
,
così
quando
qualcuno
si
dispera
bisogna
dire
:
"
Trovate
una
possibilità
,
trovategli
una
possibilità
!
"
.
La
possibilità
è
l
'
unico
rimedio
,
perché
se
l
'
uomo
rimane
senza
possibilità
è
come
se
gli
mancasse
l
'
aria
»
.
La
forza
della
fede
religiosa
consiste
,
come
Kierkegaard
stesso
diceva
,
nel
prospettare
all
'
uomo
la
possibilità
della
salvezza
quando
ogni
altra
possibilità
gli
è
negata
,
in
quanto
«
a
Dio
tutto
è
possibile
»
.
La
ragione
,
come
guida
autonoma
dell
'
uomo
,
è
la
tecnica
che
consente
l
'
accertamento
delle
possibilità
autentiche
e
disciplina
le
scelte
che
si
possono
operare
tra
esse
.
Essa
,
esattamente
come
la
fede
,
orienta
l
'
uomo
verso
il
futuro
:
non
è
quindi
fuori
del
tempo
ma
legata
a
una
dimensione
temporale
determinata
.
A
differenza
della
fede
,
tuttavia
,
ha
bisogno
di
fatti
constatabili
,
di
prove
,
di
documenti
,
di
testimonianze
.
Fa
parte
integrante
dell
'
orientamento
dell
'
uomo
verso
l
'
avvenire
,
l
'
interesse
per
il
passato
,
l
'
esigenza
di
comprenderlo
e
ricostruirlo
nella
sua
autenticità
quindi
di
conservarne
i
documenti
e
di
rispettarne
le
vestigia
.
E
da
questo
interesse
si
origina
la
ricerca
storiografica
che
investe
tutti
i
campi
dell
'
attività
umana
.
Ciò
che
infatti
rafforza
o
autentica
le
possibilità
a
venire
dell
'
uomo
è
il
radicarsi
di
esse
nel
passato
.
Ma
l
'
uomo
può
anche
vivere
nell
'
ingenua
fiducia
che
l
'
avvenire
sia
la
pura
e
semplice
ripetizione
del
passato
e
che
il
passato
si
conservi
automaticamente
nel
futuro
.
Così
fanno
i
popoli
primitivi
per
i
quali
il
tempo
,
come
per
certi
filosofi
,
è
un
eterno
presente
.
Essi
non
hanno
storici
perché
non
hanno
storia
;
ma
di
fronte
all
'
imprevedibile
che
emerge
dal
tempo
,
sono
senza
difesa
.
StampaQuotidiana ,
Caro
ragioniere
,
ciò
che
sta
succedendo
ha
dell
'
incredibile
.
Migliaia
di
lettori
ci
scrivono
,
ci
telegrafano
,
ci
telefonano
per
congratularsi
con
noi
dei
risultati
elettorali
,
di
cui
forse
ci
attribuiscono
un
merito
esagerato
.
Repubblicani
,
socialdemocratici
,
e
perfino
socialisti
,
per
i
quali
riconosciamo
di
aver
fatto
ben
poco
,
ci
ringraziano
per
la
parte
che
ci
riconoscono
di
aver
avuto
nel
successo
dei
partiti
laici
.
La
Dc
,
di
cui
avevamo
invocato
(
e
abbiamo
ottenuto
)
«
una
leggera
flessione
»
,
non
poteva
ovviamente
ringraziarci
;
però
ha
taciuto
,
e
Zaccagnini
ha
parlato
di
noi
,
da
avversario
,
ma
con
rispetto
.
Gli
unici
che
ci
perseguitano
con
lettere
di
protesta
,
e
qualche
volta
d
'
insulti
,
sono
i
liberali
,
sebbene
abbiamo
dato
loro
tre
parlamentari
del
peso
di
Bettiza
,
Zappulli
e
Sterpa
(
voglio
vedere
le
loro
facce
,
caro
ragioniere
,
quando
leggeranno
l
'
accusa
che
lei
mi
muove
di
non
averli
aiutati
)
.
Solo
Zanone
e
Malagodi
ci
hanno
espresso
la
loro
gratitudine
.
Gli
altri
,
eccoli
qui
,
a
bersagliarci
di
cicchetti
caporaleschi
,
e
qualcuno
addirittura
di
perentori
inviti
,
dall
'
alto
in
basso
,
a
cambiare
registro
altrimenti
...
Altrimenti
che
,
signori
liberali
?
Alzi
la
mano
quello
tra
voi
che
può
vantare
un
credito
nei
nostri
confronti
.
L
'
ho
già
detto
e
lo
ripeto
:
noi
non
siamo
il
foglio
d
'
ordini
di
nessun
partito
,
nemmeno
di
quello
liberale
.
E
chi
vuol
ridurci
a
tanto
,
farà
meglio
a
cambiar
giornale
:
noi
non
rimpiangeremo
di
perdere
dei
lettori
che
con
la
loro
intolleranza
contraddicono
in
pieno
,
e
disonorano
,
la
qualifica
di
liberali
.
Ha
capito
,
ragionier
Bonacina
?
StampaPeriodica ,
Rivoluzione
Liberale
si
è
astenuta
dal
discutere
la
condotta
del1'Aventino
per
ragioni
ovvie
.
Le
questioni
di
tattica
non
si
trattano
in
sede
di
critica
ideale
.
Nell
'
impostazione
aventiniana
noi
abbiamo
le
nostre
responsabilità
.
Non
potevamo
rinnegarle
anche
se
di
volta
in
volta
sentivamo
qualche
dissenso
pratico
.
In
sostanza
Rivoluzione
Liberale
proclamò
l
'
Aventino
(
non
collaborare
con
la
critica
)
nel
novembre
1922
.
Nel
momento
in
cui
anche
le
opposizioni
parlamentari
accettavano
il
nostro
criterio
e
si
portavano
sulla
nostra
linea
di
battaglia
,
noi
non
dovevamo
chiedere
loro
onestamente
se
non
l
'
intransigenza
.
L
'
Aventino
avrà
tutti
i
torti
di
scarsa
azione
pratica
e
di
scarsa
omogeneità
che
gli
si
rimproverano
,
ma
,
volenti
o
no
gli
stessi
noi
componenti
singoli
,
ha
ubbidito
a
questa
linea
di
intransigenza
.
Nel
novembre
1922
c
'
eravamo
soltanto
noi
a
dichiarare
che
non
avremmo
patteggiato
,
che
non
avremmo
collaborato
con
la
critica
;
tutti
gli
altri
proponevano
delle
condizioni
(
scioglimento
della
milizia
,
normalizzazione
,
ecc
.
)
,
non
rifiutavano
di
discutere
.
Nel
giugno
1924
invece
anche
i
parlamentari
accettavano
la
nostra
impostazione
integrale
.
L
'
Aventino
ha
avuto
almeno
per
questo
una
grande
ripercussione
morale
.
È
una
vittoria
del
carattere
degli
italiani
.
Impostare
così
la
battaglia
voleva
dire
rinunciar
a
realizzare
per
dieci
anni
:
noi
lo
dichiarammo
francamente
e
continuamente
dal
novembre
1922
ad
oggi
.
Il
3
gennaio
non
ci
ha
sorpreso
.
Noi
sappiamo
che
Mussolini
è
il
più
forte
,
che
la
maggioranza
degli
italiani
è
con
lui
.
Se
l
'
Aventino
nutrì
qualche
illusione
,
questo
fu
il
suo
torto
;
è
possibile
che
oggi
le
illusioni
siano
cadute
.
Il
gran
risultato
dell
'
Aventino
è
stato
di
chiarire
le
posizioni
.
Sono
scomparse
per
sempre
le
situazioni
centriste
.
Oggi
le
opposizioni
dell
'
aula
,
le
opposizioni
dei
fascisti
onorari
,
come
Bonomi
,
fanno
ridere
.
Costoro
incominciano
a
pensare
sul
serio
a
collaborare
,
altrimenti
che
con
la
critica
,
senonché
Mussolini
li
avrà
sul
mercato
per
poco
prezzo
:
non
sono
più
necessari
neanche
a
lui
.
Mussolini
può
tranquillamente
far
a
meno
di
proporre
la
nomina
di
Bonomi
a
senatore
.
I
ceti
dominanti
(
plutocrazia
,
agrari
,
corte
,
esercito
,
burocrazia
)
hanno
trovato
in
Mussolini
e
nei
suoi
compagni
gli
uomini
in
cui
riporre
piena
fiducia
.
Potevano
nel
passato
pensare
agli
uomini
delle
opposizioni
costituzionali
e
dell
'
aula
come
a
una
riserva
:
oggi
non
più
.
Le
vecchie
classi
politiche
giolittiane
e
salandrine
sono
definitivamente
liquidate
:
gli
uomini
dell
ante
guerra
sono
tutti
finiti
.
Di
questo
risultato
,
che
il
fascismo
avrebbe
potuto
raggiungere
più
presto
senza
le
sue
manovre
trasformiste
,
ma
che
tuttavia
ha
ormai
raggiunto
,
noi
non
siamo
meno
lieti
dei
fascisti
.
L
'
Aventino
ha
anche
contato
sulle
classi
medie
.
Ma
queste
per
la
loro
natura
equivoca
sono
sempre
col
vincitore
,
anche
se
ostentavano
mesi
or
sono
di
leggere
il
Becco
giallo
.
Sono
rimasti
alle
opposizioni
non
le
classi
medie
,
non
gli
avvocati
,
non
i
professori
,
ma
alcuni
individui
di
queste
categorie
che
per
la
loro
educazione
e
la
loro
dignità
sentono
esigenze
di
critica
e
di
idee
.
È
confortante
che
questi
individui
siano
in
certo
modo
numerosi
,
per
esempio
,
più
numerosi
di
quel
che
non
fossero
nel
Risorgimento
.
In
questo
momento
soffrono
di
un
pericoloso
disorientamento
:
hanno
bisogno
di
studi
seri
,
di
raccoglimento
;
ma
sono
una
sicura
riserva
di
carattere
e
di
indipendenza
per
l
'
Italia
di
domani
.
Quei
partiti
aventiniani
che
si
annunciavano
come
rappresentanti
delle
classi
medie
,
come
futuri
partiti
di
governo
,
i
partiti
di
democrazia
e
in
parte
i
popolari
e
gli
unitari
perderanno
terreno
nel
prossimo
futuro
.
Così
lo
perderanno
,
l
'
hanno
già
perduto
,
liberali
e
combattenti
:
essi
mobilitavano
dei
malcontenti
:
ma
Mussolini
è
un
tattico
molto
abile
nello
spostare
e
convertire
malcontenti
:
oppositori
oggi
,
domani
soddisfatti
,
non
si
può
fare
su
costoro
nessun
calcolo
politico
serio
.
Le
prossime
elezioni
,
che
Mussolini
saprà
preparare
con
la
consueta
abilità
giolittiana
,
mostreranno
che
tutte
queste
posizioni
sono
indebolite
:
anche
l
'
Aventino
tornerà
decimato
alla
Camera
e
ne
trarranno
vantaggi
massimalisti
e
comunisti
.
Comunque
bisogna
essere
sicuri
sin
d
'
ora
che
,
con
o
senza
violenze
,
la
prossima
Camera
sarà
a
collegio
uninominale
più
fida
al
Duce
che
la
presente
.
In
compenso
le
opposizioni
avranno
guadagnato
in
qualità
,
disporranno
di
pattuglie
scelte
,
scaltrite
alla
difficile
lotta
,
pronte
a
tutto
.
L
'
Aventino
ha
tutto
l
'
interesse
di
tornare
da
una
campagna
elettorale
con
un
minor
numero
di
deputati
:
perderà
l
'
attuale
pesantezza
,
potrà
combattere
con
agilità
e
rapidità
.
Messe
così
le
cose
,
deve
essere
acquisito
che
la
sola
riserva
solida
di
ogni
nuova
politica
futura
è
il
movimento
operaio
.
Se
intorno
all
'
Aventino
si
è
venuta
formando
un
'
élite
di
giovani
che
capiscono
la
situazione
,
che
non
si
fanno
illusioni
,
essi
hanno
il
dovere
di
smetterla
con
le
inconcludenti
polemiche
contro
i
comunisti
che
minacciano
di
diventare
un
inutile
diversivo
,
di
non
occuparsi
di
teoria
delle
classi
medie
,
di
non
escogitare
astuzie
di
colpi
di
mano
,
ma
di
lavorare
con
lealtà
per
il
fronte
unico
operaio
,
anche
se
questo
lavoro
,
per
le
attuali
condizioni
di
depressione
delle
masse
,
non
è
per
dare
frutti
immediati
.
StampaQuotidiana ,
Circa
35.000
anni
fa
l
'
homo
sapiens
sapiens
,
cioè
il
prodotto
di
una
lunga
e
discontinua
evoluzione
che
era
cominciata
più
di
mezzo
milione
di
anni
prima
,
ha
invaso
l
'
Europa
proveniente
da
qualche
regione
sconosciuta
dell
'
Asia
o
dell
'
Africa
.
È
cominciata
allora
la
storia
dell
'
uomo
su
questa
terra
?
O
è
cominciata
prima
,
con
l
'
apparizione
dell
'
homo
sapiens
e
dei
primi
ominidi
?
O
è
cominciata
dopo
,
con
la
formazione
delle
grandi
civiltà
delle
quali
ci
rimangono
monumenti
e
notizie
?
Comunque
si
risponda
a
questa
domanda
,
la
storia
dell
'
uomo
è
stata
assai
lunga
e
complessa
.
Una
somma
enorme
di
trasformazioni
e
differenziazioni
biologiche
,
di
tentativi
diretti
nei
sensi
più
disparati
,
di
ingegnosità
,
d
'
invenzioni
,
di
lotte
,
di
sacrifici
e
di
morti
costituisce
il
materiale
grezzo
di
questa
storia
della
quale
abbiamo
solo
conoscenze
scarse
,
frammentarie
o
parziali
.
A
prima
vista
,
questo
materiale
è
un
caos
,
una
mescolanza
disordinata
degli
eventi
più
disparati
.
Ma
è
,
questa
apparenza
,
la
vera
sostanza
della
storia
?
Difficilmente
l
'
uomo
si
adatta
a
questo
pensiero
.
E
non
ci
si
adatta
perché
,
a
quanto
sembra
,
esso
lo
lascerebbe
privo
di
ogni
fede
nel
futuro
.
Se
la
storia
è
un
caos
di
eventi
,
questi
eventi
continueranno
a
sommarsi
o
a
elidersi
come
è
accaduto
nel
passato
.
L
'
uomo
non
può
contare
di
dirigerli
,
di
imprimere
ad
essi
una
direzione
favorevole
al
proprio
progresso
;
non
può
presumere
che
essi
gli
consentiranno
di
salvare
i
valori
che
gli
stanno
a
cuore
e
in
primo
luogo
lui
stesso
,
l
'
uomo
:
questo
essere
unico
(
per
quel
che
ne
sappiamo
finora
)
che
è
riuscito
a
sopravvivere
nelle
circostanze
più
disgraziate
e
a
creare
,
contro
l
'
ostilità
dello
stesso
ambiente
che
lo
ospita
,
un
mondo
nuovo
di
idee
,
di
valori
,
di
civiltà
al
di
sopra
del
mondo
muto
e
cieco
della
natura
inorganica
ed
organica
.
Il
problema
del
significato
della
storia
nasce
su
questi
fondamenti
.
La
storia
non
ha
il
minimo
significato
se
il
destino
dell
'
uomo
su
questa
terra
è
del
tutto
simile
a
quello
degli
innumerevoli
esseri
che
la
natura
vi
ha
disseminato
,
se
gli
eventi
che
la
compongono
non
hanno
un
ordine
o
uno
scopo
e
se
l
'
uomo
può
sparire
dalla
faccia
della
terra
senza
lasciar
traccia
,
com
'
è
accaduto
di
altre
innumerevoli
specie
animali
.
La
storia
ha
un
significato
se
,
nonostante
l
'
indipendenza
e
l
'
eterogeneità
apparenti
degli
episodi
che
entrano
in
essa
talvolta
a
distanze
enormi
di
tempo
e
di
spazio
,
essa
costituisce
un
'
unica
totalità
;
se
questa
totalità
ha
un
ordine
o
un
disegno
complessivo
che
subordina
a
sé
tutti
gli
episodi
;
se
quest
'
ordine
o
disegno
complessivo
ha
un
unico
scopo
,
un
termine
ultimo
immanente
o
trascendente
;
e
se
infine
l
'
uomo
può
,
sia
pure
approssimativamente
o
genericamente
,
comprendere
questo
scopo
.
Gli
antichi
,
che
concepirono
la
storia
come
un
ciclo
che
eternamente
si
ripete
,
non
dettero
una
risposta
esauriente
al
problema
del
suo
significato
perché
non
riconobbero
alla
storia
uno
scopo
,
un
termine
o
una
direzione
verso
cui
essa
muove
.
Gli
Stoici
credevano
che
in
ogni
ciclo
le
faccende
umane
si
ripetono
identicamente
:
c
'
è
di
nuovo
Socrate
,
di
nuovo
Platone
,
di
nuovo
ciascuno
degli
uomini
con
gli
stessi
amici
e
concittadini
,
con
le
stesse
credenze
e
gli
stessi
errori
.
A
giusto
titolo
questa
concezione
appariva
terrificante
a
Nietzsche
che
tuttavia
la
credeva
vera
ma
tale
da
poter
essere
accettata
soltanto
dai
superuomini
.
Ma
quando
Origene
disse
che
attraverso
i
cicli
successivi
l
'
umanità
espia
le
sue
colpe
e
si
avvia
a
riconquistare
la
perfezione
originaria
da
cui
è
decaduta
;
o
quando
Sant
'
Agostino
concepì
la
storia
come
la
lotta
tra
la
città
terrena
e
la
città
celeste
,
che
si
concluderà
con
la
vittoria
di
quest
'
ultima
;
o
quando
in
qualsiasi
modo
si
riconosce
nella
storia
una
totalità
ordinata
che
cammina
verso
un
certo
scopo
(
la
spiritualità
,
la
giustizia
,
l
'
uguaglianza
e
via
dicendo
)
si
ha
una
di
quelle
filosofie
della
storia
,
teologiche
o
laiche
,
che
riescono
ad
attribuire
alla
storia
un
significato
totale
,
trascendente
o
immanente
che
sia
.
Ma
purtroppo
,
di
fronte
a
questa
prospettiva
edificante
,
si
ergono
difficoltà
insormontabili
.
L
'
uomo
non
ha
strumenti
né
informazioni
sufficienti
per
comprendere
,
o
anche
solo
pensare
,
la
totalità
assoluta
del
mondo
storico
.
Lo
stesso
concetto
di
mondo
come
«
totalità
assoluta
»
è
illusorio
perché
,
come
dimostrò
Kant
,
è
al
di
là
di
ogni
esperienza
possibile
.
Ciò
che
effettivamente
sappiamo
della
storia
è
quanto
ne
dicono
gli
storici
,
il
cui
lavoro
trova
limiti
precisi
nella
stessa
disciplina
della
loro
scienza
:
che
ha
bisogno
di
fonti
d
'
informazione
e
deve
attenersi
a
metodi
esatti
nell
'
utilizzazione
di
tali
fonti
.
E
per
gli
storici
non
esiste
un
'
unica
storia
totale
;
esistono
solo
storie
diverse
e
particolari
che
concernono
particolari
popoli
,
nazioni
,
culture
,
personalità
,
istituzioni
o
particolari
settori
dell
'
attività
umana
(
la
politica
,
l
'
economia
,
il
diritto
,
la
scienza
,
ecc
.
)
.
Certamente
,
tra
queste
storie
particolari
e
settoriali
si
possono
(
e
si
debbono
)
,
per
quanto
è
possibile
,
cercare
e
trovare
rapporti
,
interdipendenze
,
connessioni
;
ma
saranno
,
anche
questi
,
particolari
e
settoriali
c
non
consentiranno
di
parlare
di
una
totalità
unica
e
integrata
.
Se
poi
,
oltre
le
enormi
lacune
della
nostra
conoscenza
del
passato
,
si
considera
anche
la
nostra
ignoranza
totale
del
futuro
,
il
quale
fa
parte
della
storia
come
totalità
,
si
vede
subito
che
una
storia
siffatta
può
essere
solo
l
'
oggetto
di
un
intelletto
divino
che
abbracci
nella
sua
eternità
tutto
il
tempo
,
non
dell
'
intelletto
umano
che
vive
nel
tempo
.
Queste
difficoltà
sono
decisive
,
per
il
problema
del
significato
della
storia
.
Parlare
di
questo
significato
nel
senso
che
si
è
detto
,
significa
parlare
da
romanzieri
fantastici
o
da
profeti
soprannaturalmente
ispirati
;
oppure
significa
agitare
un
'
ideologia
,
presentare
come
realtà
presente
o
inevitabilmente
futura
un
pio
desiderio
.
Tutto
ciò
che
a
questo
proposito
può
dire
il
filosofo
che
voglia
attenersi
alle
regole
del
suo
lavoro
si
riduce
a
una
constatazione
:
l
'
uomo
cerca
di
dare
un
senso
alla
storia
.
Questa
constatazione
è
confermabile
e
trova
conferma
ogni
volta
che
abbiamo
informazioni
sufficienti
su
una
cultura
o
una
civiltà
qualsiasi
;
giacché
ogni
cultura
o
civiltà
,
per
quanto
primitiva
,
può
essere
interpretata
come
il
tentativo
di
dare
alla
storia
,
cioè
alla
vita
dell
'
uomo
sulla
terra
,
un
significato
determinato
.
Ma
da
questo
punto
di
vista
non
si
può
parlare
di
un
significato
unico
e
totale
come
non
si
può
parlare
di
un
unico
«
mondo
storico
»
.
I
significati
che
gli
uomini
cercano
di
attribuire
alla
loro
storia
sono
molteplici
,
talora
disparati
,
spesso
in
conflitto
.
Ogni
significato
è
iscritto
nella
struttura
d
'
una
società
determinata
e
ne
costituisce
nello
stesso
tempo
la
condizione
di
vita
e
lo
scopo
dominante
.
Per
quanto
creduto
destinato
al
successo
,
il
significato
non
è
che
il
limite
ideale
dei
tentativi
che
si
fanno
per
realizzarlo
;
e
questi
tentativi
non
sempre
riescono
,
com
'
è
dimostrato
dalla
decadenza
e
dalla
morte
delle
civiltà
.
Quando
il
problema
del
significato
della
storia
venga
sottratto
al
tradizionale
orizzonte
teologico
e
metafisico
e
ricondotto
nei
limiti
e
nella
misura
dell
'
uomo
,
esso
assume
questa
forma
:
qual
è
il
significato
che
intendiamo
dare
alla
nostra
storia
?
E
quali
possibilità
abbiamo
di
realizzarlo
?
Per
rispondere
a
queste
domande
,
dobbiamo
certo
rivolgerci
all
'
indagine
storica
e
rintracciare
,
nell
'
ambito
della
civiltà
cui
apparteniamo
,
linee
di
tendenza
,
direzioni
di
marcia
che
prevalgono
in
questo
o
quell
'
aspetto
di
essa
.
Ma
non
abbiamo
alcun
diritto
di
considerare
inevitabili
le
prospettive
aperte
da
queste
direzioni
o
tendenze
,
che
possono
essere
rafforzate
o
indebolite
dalle
nostre
scelte
o
da
nuove
circostanze
.
Accade
spesso
che
le
scelte
umane
si
orientino
in
senso
nettamente
contrario
alle
tendenze
meglio
riconoscibili
nella
storia
:
così
accade
ad
esempio
nei
confronti
della
tendenza
pressoché
universale
dei
regimi
politici
a
trasformarsi
in
assolutismi
.
L
'
indagine
storica
ci
offre
certamente
utili
insegnamenti
,
ma
si
tratta
spesso
di
insegnamenti
negativi
:
stimolano
gli
uomini
a
combattere
e
a
modificare
radicalmente
modi
di
vivere
o
di
pensare
che
sono
sostenuti
da
una
lunga
tradizione
.
I
biologi
insegnano
che
la
specie
umana
è
,
tra
le
specie
animali
,
quella
che
comprende
la
maggiore
varietà
.
Gli
antropologi
e
i
sociologi
insistono
sulla
disparità
delle
strutture
culturali
che
disciplinano
la
vita
associata
dell
'
uomo
.
Gli
storici
mettono
in
luce
l
'
individualità
irriducibile
delle
istituzioni
umane
.
Non
è
detto
,
in
queste
circostanze
,
che
tutti
gli
uomini
debbano
dare
alla
storia
lo
stesso
significato
.
La
scoperta
di
significati
nuovi
ed
imprevisti
può
arricchire
la
loro
vita
;
ed
anche
i
conflitti
,
che
la
diversità
dei
significati
può
far
nascere
,
non
hanno
nulla
di
tragico
se
essi
sanno
affrontarli
nel
rispetto
reciproco
e
nella
libertà
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Pastore
,
se
mi
parli
a
titolo
personale
,
va
bene
.
Ma
se
mi
parli
come
redattore
di
Tg2
,
non
so
chi
ti
dia
il
coraggio
di
appellarti
all
'
onestà
e
alla
pulizia
,
perché
se
c
'
è
un
telegiornale
di
regime
,
e
quindi
disonesto
e
fazioso
come
lo
sono
tutti
gli
organi
di
regime
,
è
proprio
il
vostro
,
e
per
verdetto
di
voce
pubblica
.
Per
dimostrare
che
il
Giornale
è
presente
nelle
vostre
trasmissioni
,
tu
citi
Bartoli
.
Ma
Bartoli
non
viene
mai
presentato
come
voce
del
Giornale
,
ed
è
giusto
così
perché
Bartoli
,
prezioso
e
autorevolissimo
collaboratore
,
non
fa
parte
dello
staff
del
Giornale
:
se
ne
facesse
parte
data
la
sua
statura
,
non
potrebbe
occuparvi
altro
posto
che
quello
di
direttore
.
La
prova
del
vostro
settarismo
la
si
ebbe
alla
chiusura
delle
elezioni
nazionali
quando
,
girovagando
con
le
vostre
macchine
da
presa
di
tipografia
in
tipografia
,
faceste
il
ventaglio
di
tutti
i
giornali
,
dimenticando
il
solo
che
aveva
azzeccato
in
pieno
i
risultati
e
dato
ad
essi
il
maggior
contributo
:
il
nostro
.
E
un
'
altra
prova
la
si
era
avuta
poco
prima
quando
,
in
un
dossier
sulle
nuove
tecnologie
per
la
stampa
,
mostraste
quelle
delle
testate
che
le
hanno
adottate
soltanto
a
mezzo
,
dimenticando
-
al
solito
-
la
nostra
,
che
è
stata
la
prima
a
adottarle
interamente
,
ed
è
considerata
la
più
moderna
e
avanzata
.
E
questo
in
una
trasmissione
che
voi
,
con
grande
sussiego
,
gabellate
come
un
modello
di
rigore
scientifico
.
Te
lo
dico
senza
rabbia
perché
a
questo
tentativo
d
'
ignorarci
e
di
ghettizzarci
,
da
parte
delle
forze
politiche
di
cui
voi
non
siete
che
i
trombettieri
,
siamo
abituati
fin
da
quando
nascemmo
.
Non
ci
siete
riusciti
.
E
ora
facciamo
i
conti
.
Sappiamo
benissimo
che
avete
in
mano
uno
strumento
infinitamente
più
potente
del
nostro
.
Ma
sappiamo
altrettanto
bene
ch
'
è
uno
strumento
discreditato
dagli
abusi
che
ne
avete
fatto
e
che
continuate
a
farne
.
Non
vi
temiamo
.
I
nostri
lettori
credono
a
noi
,
non
a
voi
.
StampaPeriodica ,
Il
movimento
operaio
più
vecchio
e
potente
del
mondo
sta
attraversando
una
crisi
che
solo
parzialmente
è
da
porsi
in
relazione
colla
depressione
economica
che
colpisce
l
'
Inghilterra
.
Da
quattro
anni
un
quinto
della
classe
lavoratrice
è
disoccupata
o
occupata
con
orari
ridotti
;
i
quadri
delle
Unioni
sono
discesi
da
più
di
otto
a
poco
più
di
cinque
milioni
;
le
casse
sono
esauste
dopo
i
troppo
prolungati
sussidi
.
Si
aggiunga
la
lotta
che
ancora
permane
tra
il
vecchio
unionismo
corporativista
specie
degli
operai
specializzati
e
il
nuovo
unionismo
dei
non
specializzati
;
gli
attriti
e
le
dispute
continue
per
la
«
demarcazione
»
,
particolarmente
gravi
in
un
periodo
di
trasformazione
delle
organizzazioni
di
«
mestiere
»
in
organizzazioni
di
«
industria
»
;
le
difficoltà
per
la
fusione
(
amalgamation
)
di
Trade
-
Unions
similari
che
si
impone
anche
per
fronteggiare
l
'
analogo
processo
che
si
svolge
nel
campo
padronale
.
Questi
però
sono
tutti
fattori
transeunti
.
Fate
che
la
pressione
della
crisi
si
allenti
e
la
molla
scatterà
col
vigore
antico
.
Invece
la
più
intima
crisi
che
rode
il
colosso
sindacale
britannico
,
e
che
dai
più
non
è
avvertita
,
è
la
crisi
d
'
una
enorme
forza
in
potenza
cui
mancano
gli
strumenti
di
realizzazione
,
l
'
innesto
per
una
azione
durevole
ed
efficace
specie
sul
terreno
economico
.
Sta
nei
limiti
ferrei
che
il
movimento
di
resistenza
incontra
in
regime
capitalistico
.
Superati
i
quali
,
sia
pur
poco
,
intervengono
quasi
automaticamente
forze
naturali
(
evasione
di
capitali
,
emigrazione
d
'
industrie
,
introduzione
di
macchine
,
disoccupazione
,
concorrenza
...
)
e
artificiali
(
cioè
non
propriamente
economiche
il
fascismo
in
parte
ne
costituisce
un
esempio
)
a
ristabilire
il
turbato
equilibrio
.
La
possibilità
di
miglioramento
nelle
condizioni
materiali
della
classe
salariata
organizzata
,
che
in
un
primo
periodo
si
dimostrano
veramente
imponenti
dietro
lo
stimolo
della
lega
,
vanno
gradatamente
riducendosi
col
perfezionarsi
del
meccanismo
unionistico
.
La
lega
conserva
,
sì
,
la
importantissima
funzione
di
perpetuamente
adeguare
i
salari
agli
aumentati
profitti
e
costo
della
vita
e
soprattutto
all
'
aumentato
dividendo
nazionale
;
ma
appare
invece
quasi
del
tutto
impotente
a
mutare
stabilmente
la
quota
relativa
a
remunerazione
del
lavoro
nei
confronti
della
quota
relativa
a
remunerazione
dei
possessori
di
capitale
.
In
una
parola
:
il
movimento
sindacale
difficilmente
può
incidere
in
maniera
permanente
il
profitto
capitalistico
.
La
lega
appare
più
uno
strumento
negativo
che
colle
sue
stesse
mani
pone
il
problema
del
suo
superamento
;
è
una
forza
sempre
più
immane
cui
sembra
mancare
,
rebus
sic
stantibus
,
l
'
alimento
per
una
vita
rigogliosa
.
È
una
sorta
di
circolo
chiuso
quello
nel
quale
va
cacciandosi
in
tutti
i
paesi
il
moto
sindacale
,
anche
perché
,
coll
'
estendersi
del
movimento
di
organizzazione
,
i
miglioramenti
ottenuti
vengono
talora
in
buona
parte
sopportati
dalla
stessa
classe
salariata
per
il
noto
fenomeno
della
traslazione
.
Se
il
moto
sindacale
non
trova
un
via
d
'
uscita
,
non
elimina
o
non
supera
l
'
ostacolo
che
si
erge
sul
suo
cammino
,
finirà
per
farsi
assorbire
e
sopraffare
da
quello
stesso
ordinamento
capitalistico
contro
il
quale
scese
in
lotta
aperta
.
A
questo
punto
sorge
manifestamente
il
problema
politico
.
Il
movimento
di
resistenza
si
allea
così
coi
partiti
e
crea
esso
stesso
(
in
Inghilterra
col
Labour
Party
)
il
suo
organo
politico
mentre
nel
campo
economico
cerca
di
sfociare
verso
lidi
vasti
,
sia
attraverso
statizzazioni
e
municipalizzazioni
,
sia
particolarmente
attraverso
la
cooperazione
nelle
sue
varie
forme
.
In
Inghilterra
assistiamo
attualmente
al
tentativo
di
innestare
il
moto
sindacale
sul
cooperativo
.
In
Inghilterra
la
cooperazione
di
consumo
si
è
andata
sviluppando
in
modo
prodigioso
,
accompagnata
da
una
tale
somma
di
esperienze
in
ogni
campo
giuridico
compreso
da
meritare
ampissimo
studio
.
Notevolissimo
quello
dei
coniugi
Webb
,
la
notissima
coppia
intellettuale
che
metodicamente
venne
illustrando
in
più
che
trent
'
anni
di
lavoro
la
storia
,
i
postulati
,
le
tendenze
del
mondo
del
lavoro
britannico
.
I
Webb
,
socialisti
fabiani
,
evoluzionisti
spenceriani
,
ferreamente
legati
alla
realtà
passata
ed
attuale
e
quindi
ribelli
ad
ogni
schema
avveniristico
che
di
questa
realtà
e
delle
sue
lezioni
non
tenga
tutto
il
conto
dovuto
,
ritengono
che
il
socialismo
si
avrà
solo
e
necessariamente
coll
'
estendersi
al
massimo
della
cooperazione
di
consumo
,
in
uno
collo
svilupparsi
dell
'
azione
dello
Stato
e
delle
municipalità
.
Il
ragionamento
dei
Webb
è
presto
riassunto
.
L
'
unica
,
la
vera
,
l
'
autentica
democrazia
è
la
democrazia
dei
consumatori
.
Col
movimento
cooperativo
di
consumo
si
provvede
un
metodo
per
il
quale
la
produzione
,
a
differenza
che
in
regime
capitalistico
,
non
si
svolge
coll
'
incentivo
del
profitto
.
La
eliminazione
del
profitto
o
la
sua
redistribuzione
avviene
secondo
un
criterio
schiettamente
democratico
perché
si
proporziona
non
alla
quota
di
capitale
posseduto
,
ma
all
'
ammontare
delle
compere
.
La
cooperativa
di
consumo
non
ha
quindi
interesse
ad
aumentare
i
profitti
al
di
là
dello
stretto
necessario
per
fronteggiare
le
contingenze
del
mercato
;
per
ragioni
fisiologiche
ha
da
essere
aperta
a
tutti
,
tendere
anzi
perpetuamente
ad
espandersi
lottando
contro
i
trust
capitalistici
;
è
interessata
grandemente
a
che
i
metodi
di
produzione
,
i
processi
tecnici
si
perfezionino
continuamente
.
Quel
che
veramente
caratterizza
la
democrazia
dei
consumatori
è
la
sua
forma
volontaria
.
Il
socialismo
dei
Webb
vuol
essere
di
marca
liberista
.
Le
cooperative
entrano
in
concorrenza
colle
imprese
private
,
colle
municipalità
,
talora
anche
tra
di
loro
.
E
in
genere
nella
lotta
vincono
e
ancor
più
vinceranno
perché
non
avendo
alcuna
inferiorità
in
sede
economica
sono
immensamente
superiori
in
sede
politica
e
morale
.
Ciascuna
cooperativa
o
gruppo
di
cooperative
organizzerà
anche
le
sue
fonti
di
rifornimento
,
avrà
i
suoi
centri
di
produzione
attraverso
un
fenomeno
di
integrazione
non
sconosciuto
in
economia
.
Si
partirebbe
dal
consumo
,
tesi
cara
al
Gide
,
per
giungere
alla
produzione
capovolgendo
l
'
attuale
processo
economico
.
E
già
oggi
non
poche
cooperative
posseggono
aziende
agrarie
,
latterie
,
manifatture
,
e
quelle
all
'
ingrosso
esercitano
molti
rami
di
produzione
e
lo
stesso
commercio
internazionale
.
Non
vi
è
nulla
di
utopistico
,
secondo
i
Webb
,
nel
prevedere
il
graduale
cooperativizzarsi
del
mondo
,
almeno
britannico
.
In
nessun
ramo
si
è
palesata
una
reale
inferiorità
.
Questione
di
tempo
e
di
uomini
.
Il
salariato
però
non
scomparirebbe
in
un
regime
a
cooperazione
universalizzata
.
Così
il
problema
grave
delle
relazioni
tra
consumatori
e
produttori
.
Esso
si
risolverebbe
,
dicono
i
Webb
,
non
risolvendosi
.
Tutti
gli
appartenenti
alla
classe
salariata
(
dal
direttore
all
'
ultimo
avventizio
)
sono
o
dovrebbero
essere
simultaneamente
membri
delle
società
cooperative
come
consumatori
e
delle
loro
Trade
-
Unions
come
produttori
.
I
contrasti
certo
non
si
eliminerebbero
;
già
oggi
tra
le
organizzazioni
degli
impiegati
in
aziende
cooperative
e
i
dirigenti
si
hanno
lotte
clamorose
,
scioperi
replicati
;
le
relazioni
tra
unionisti
e
cooperatori
,
malgrado
gli
organi
cuscinetto
,
non
sono
delle
più
facili
.
Ma
,
osservano
i
Webb
,
è
anche
vero
che
le
cooperative
fanno
ai
loro
impiegati
(200.000)
le
migliori
condizioni
di
impiego
del
mercato
garantendo
in
molti
casi
un
minimum
di
salario
.
Col
miglioramento
delle
condizioni
generali
molte
questioni
spinose
si
risolveranno
automaticamente
.
Per
quasi
un
secolo
,
incalzano
i
nostri
autori
rivolgendosi
ai
loro
asprissimi
critici
,
i
gildisti
,
il
nostro
movimento
è
stato
combattuto
,
sabotato
,
quando
non
del
tutto
ignorato
,
perché
violerebbe
i
principi
fondamentali
in
una
organizzazione
socialista
e
cioè
controllo
operaio
e
in
genere
autogoverno
nell
'
industria
.
Ma
,
per
quanto
magnifici
siano
cotesti
postulati
,
novanta
anni
di
esperienze
e
letteralmente
migliaia
di
tentativi
in
una
mezza
dozzina
di
paesi
,
in
quasi
tutte
le
industrie
,
hanno
dimostrato
in
modo
inequivocabile
,
qualunque
sia
la
ragione
,
che
la
conduzione
di
una
impresa
da
parte
dei
produttori
,
comunque
organizzati
,
è
una
forma
impraticabile
di
organizzazione
industriale
,
voi
chiedete
che
siano
gli
stessi
dipendenti
ad
eleggere
i
loro
superiori
,
parlate
nelle
unioni
e
nelle
cooperative
,
questo
sistema
ha
fatto
buona
prova
.
È
una
questione
di
psicologia
.
Non
si
sceglie
colui
al
quale
si
dovrà
obbedire
.
Nella
cooperativa
di
produzione
si
lavora
per
il
profitto
,
per
il
massimo
profitto
;
è
un
egoismo
a
basi
più
larghe
dell
'
attuale
che
si
organizza
.
La
cooperativa
di
produzione
è
misoneistica
,
avversa
ai
mutamenti
,
ai
perfezionamenti
tecnici
.
In
essa
si
riaffermano
lo
sfruttamento
e
la
oppressione
dei
deboli
da
parte
dei
lavoratori
più
abili
e
specializzati
.
Tende
a
chiudersi
,
ad
assumere
salariati
,
a
peggiorare
le
condizioni
di
lavoro
,
a
non
rispettare
il
minimum
di
esistenza
.
L
'
esperienza
ha
dimostrato
il
fiasco
della
cooperazione
di
produzione
come
mezzo
di
realizzazione
di
un
massimo
di
utilità
e
di
giustizia
sociale
.
E
la
spiegazione
è
ancora
una
volta
semplice
e
d
'
indole
psicologica
:
nessuno
è
buon
giudice
nel
suo
caso
particolare
.
Il
piccolo
gruppo
produttore
finisce
inevitabilmente
per
vedere
l
'
interesse
generale
attraverso
il
suo
proprio
e
particolare
.
Si
accusa
il
movimento
della
cooperazione
di
consumo
di
non
realizzare
i
postulati
democratici
.
Ma
che
cosa
è
più
rispondente
al
principio
democratico
?
Che
a
guidarlo
siano
,
in
concreto
,
i
quattro
milioni
e
più
di
cooperatori
o
i
duecentomila
impiegati
?
Non
esaltiamo
poi
troppo
,
dicono
i
Webb
,
la
figura
e
l
'
opera
del
«
produttore
»
.
La
produzione
dei
beni
e
dei
servigi
,
ben
lungi
dal
costituire
la
base
fondamentale
della
vita
sociale
,
viene
e
verrà
assumendo
una
importanza
ognora
decrescente
.
La
democrazia
nel
campo
della
produzione
è
mezzo
,
non
fine
.
Si
lavora
per
vivere
,
non
si
vive
per
lavorare
.
Si
deve
tendere
ad
assicurare
ad
ogni
cittadino
non
tanto
la
libertà
nella
produzione
,
quanto
la
più
larga
libertà
e
possibilità
nella
sua
vita
che
per
tre
quarti
si
svolge
fuori
della
fabbrica
.
Abbiamo
troppo
disprezzato
la
funzione
sociale
del
consumo
.
Anch
'
essa
ha
un
aspetto
creativo
e
positivo
.
Tutta
la
organizzazione
della
comunità
dovrebbe
essere
indirizzata
non
tanto
a
produrre
i
beni
quanto
a
goderli
e
a
farli
godere
nel
modo
migliore
e
più
giusto
.
Con
questo
roseo
epicureismo
il
sogno
cooperativo
è
compiuto
.
Lo
sforzo
di
emancipazione
operaia
è
spacciato
.
La
servitù
nel
mondo
economico
non
scompare
,
ma
si
trasforma
;
servi
dell
'
umanità
,
non
più
del
privato
sfruttatore
.
E
la
questione
sociale
è
risolta
,
la
pace
assicurata
,
il
socialismo
realizzato
...
Il
dissidio
tra
cooperatori
di
consumo
e
di
produzione
,
che
sembrava
oramai
risolto
col
fallimento
del
cooperativismo
di
produzione
,
si
è
riacceso
in
questi
ultimi
anni
fortissimo
in
sede
pratica
e
teorica
per
opera
di
un
gruppo
di
giovani
,
specie
intellettuali
(
Penty
,
Orage
,
Hobson
,
Cole
,
ecc
.
)
.
La
scuola
gildista
,
sorta
per
opera
del
Penty
nel
1907
e
contrassegnata
da
tendenze
socialiste
utopistiche
e
piccoli
borghesi
,
s
'
è
venuta
profondamente
modificando
specie
per
l
'
influsso
del
socialismo
continentale
e
del
mondo
operaio
.
Concorrono
in
essa
svariate
e
contraddittorie
influenze
dall
'
Owen
al
Ruskin
e
al
Morris
,
dal
Marx
al
Sorel
,
diversamente
combinate
nei
singoli
scrittori
.
Ad
un
estremo
ad
esempio
:
il
Penty
,
col
suo
disprezzo
pel
macchinismo
,
per
la
divisione
del
lavoro
,
per
l
'
odierna
economia
a
prezzi
fluttuanti
e
a
produzione
su
grande
scala
,
e
in
sintesi
per
l
'
attuale
civiltà
quantitativa
.
Vecchi
motivi
utopistici
,
vecchi
spunti
ruskiniani
che
si
volatilizzano
al
contatto
colla
realtà
.
In
altri
scrittori
prevalgono
invece
motivi
morali
e
religiosi
.
Cervello
realista
,
spirito
freddo
,
equilibrato
,
dalla
educazione
marxistica
veramente
eccezionale
in
terra
inglese
,
è
G
.
D
.
H
.
Cole
,
di
gran
lunga
il
più
originale
fra
i
gildisti
.
La
sua
critica
contro
il
collettivismo
accentratore
e
la
rosea
ed
anonima
democrazia
dei
consumatori
è
spietata
.
Egli
ha
sentito
come
pochi
altri
,
potentemente
influenzato
dal
sindacalismo
rivoluzionario
,
che
il
succo
della
rivoluzione
socialista
non
sta
tanto
in
un
mutamento
delle
condizioni
e
dei
metodi
di
distribuzione
,
quanto
nel
mutamento
dei
metodi
di
produzione
e
conduzione
delle
imprese
.
Attraverso
una
propaganda
decennale
è
riuscito
ad
imporre
al
movimento
sindacale
,
dando
una
forma
concreta
alle
vaghe
per
quanto
sempre
più
incalzanti
esigenze
e
aspirazioni
delle
masse
,
i
due
motivi
fondamentali
di
lotta
:
controllo
operaio
e
autogoverno
nell
'
industria
.
L
'
operaio
cosa
,
numero
,
materia
grigia
estranea
alla
vita
della
fabbrica
moderna
deve
riacquistare
in
seno
alla
fabbrica
,
e
non
fuori
come
vogliono
i
Webb
,
tutta
la
personalità
.
Il
problema
operaio
è
problema
di
coscienza
,
di
dignità
,
di
libertà
.
Gli
operai
stessi
non
si
accontentano
più
del
semplice
«
miglioramento
»
economico
;
il
fine
che
intendono
raggiungere
colla
Trade
-
Union
si
allarga
,
si
sposta
;
vogliono
divenire
attivi
compartecipi
della
vita
della
azienda
.
La
simpatia
per
le
gilde
medievali
non
vuol
significare
il
desiderio
di
copiare
la
struttura
del
mondo
corporativo
.
Ma
lo
spirito
animatore
delle
gilde
medievali
dove
l
'
ente
e
i
lavoratori
associati
in
uno
coll
'
opera
da
compiere
erano
una
cosa
sola
viva
e
vibrante
,
dove
il
principio
dell
'
autogoverno
era
normalmente
praticato
,
dove
non
si
disprezzavano
le
esigenze
artistiche
e
qualitative
,
ecco
ciò
che
il
mondo
moderno
può
,
deve
imparare
volgendo
lo
sguardo
al
passato
.
La
democrazia
dei
consumatori
è
un
bubbola
,
una
truffa
volgare
.
Nessuna
vera
democrazia
può
basarsi
su
un
elemento
indifferenziato
e
negativo
quale
è
il
consumo
.
Si
potrebbero
ripetere
le
caustiche
parole
del
Pareto
:
Se
un
legame
solidale
può
instaurarsi
tra
gli
uomini
perché
consumano
,
allora
un
eguale
legame
solidale
può
instaurarsi
tra
gli
uomini
perché
portano
vesti
,
camminano
,
respirano
...
La
solidarietà
,
questo
mistero
psicologico
,
che
di
fatto
necessita
per
affermarsi
d
'
essere
diretta
contro
qualcuno
o
qualche
cosa
,
è
tanto
più
forte
quanto
più
ristretto
,
anche
numericamente
,
è
l
'
ambito
nel
quale
si
palesa
e
più
vivaci
,
possenti
,
positivi
sono
gli
interessi
dai
quali
scaturisce
.
Non
sappiamo
che
farcene
,
dicono
i
gildisti
riprendendo
e
realizzando
il
concetto
soreliano
di
produttore
,
di
una
pseudo
democrazia
basata
sulla
massa
grigia
ed
assenteista
dei
consumatori
dove
,
per
il
solo
fatto
del
consumo
,
l
'
imperatore
di
tutte
le
Indie
può
teoricamente
esser
socio
nella
medesima
cooperativa
coll
'
ultimo
disgraziato
di
East
End
.
Non
sappiamo
che
farcene
di
un
mutamento
sociale
che
elimini
il
padrone
singolo
,
l
'
imprenditore
privato
,
per
regalarci
il
padrone
collettivo
,
sia
esso
Stato
,
comune
,
cooperativa
.
La
guerra
colla
onnipotenza
della
burocrazia
statale
ce
lo
ha
dimostrato
a
sufficienza
.
Il
problema
delle
ineguaglianze
nella
distribuzione
è
certo
importantissimo
;
ma
se
per
risolvere
quello
occorre
riaffermare
in
eterno
la
schiavitù
del
produttore
,
è
preferibile
,
almeno
in
un
primo
tempo
,
un
sistema
per
cui
la
direzione
e
il
controllo
dell
'
industria
vengano
esercitate
cumulativamente
da
operai
e
imprenditori
.
Potere
e
responsabilità
nel
campo
della
produzione
hanno
da
essere
dei
produttori
.
La
forma
attuale
di
democrazia
poggiata
sul
suffragio
universale
,
pur
avendo
una
indubbia
funzione
,
non
provvede
agli
affari
della
comunità
in
base
al
positivo
volere
dei
suoi
membri
.
Il
suffragio
universale
,
come
diceva
tra
noi
il
Salvemini
,
è
più
una
forza
negativa
.
Il
potere
economico
precede
il
politico
.
Finché
nella
organizzazione
economica
domina
l
'
autocrazia
,
la
casta
,
la
divisione
in
classi
,
non
si
può
parlare
di
vera
democrazia
.
Lo
Stato
(
altro
motivo
sindacalista
-
marxista
)
va
distrutto
o
grandemente
mutilato
.
Esso
è
oggi
il
comitato
di
affari
della
classe
dominante
.
Col
cadere
del
privilegio
economico
e
col
libero
riorganizzarsi
della
produzione
per
opera
di
gruppi
autonomi
federali
di
produttori
,
avremo
non
più
uno
,
ma
due
,
ma
più
Stati
.
Ogni
associazione
sostanzialmente
è
Stato
.
La
trasformazione
dovrà
poggiare
sul
sindacato
.
Oggi
il
moto
sindacale
è
estraneo
alla
conduzione
delle
industrie
,
può
imporre
solo
proibizioni
.
Dovrebbe
interessarsi
del
lato
positivo
,
reclamare
il
diritto
di
regolare
l
'
assunzione
e
il
licenziamento
della
manodopera
,
partecipare
almeno
in
parte
alla
direzione
e
al
controllo
delle
imprese
,
imporre
il
diritto
di
elezione
o
comunque
di
scelta
dei
sorveglianti
da
parte
degli
interessati
.
Per
ogni
funzione
che
richiede
una
cooperazione
di
volontà
come
tipicamente
segue
nel
mondo
industriale
moderno
,
occorre
che
il
dirigente
immediato
sia
imposto
dal
basso
.
Certo
l
'
evoluzione
in
questo
campo
sarà
lentissima
,
perché
gli
operai
furono
purtroppo
abituati
a
considerare
coloro
che
detengono
l
'
autorità
nella
industria
capitalistica
come
i
loro
naturali
nemici
,
e
non
possono
,
di
un
tratto
,
mutare
i
loro
costumi
...
I
gildisti
si
rendono
perfettamente
conto
della
lentezza
del
processo
di
realizzazione
specie
per
quanto
ha
riguardo
al
lato
morale
.
Mentre
il
socialismo
di
Stato
,
come
ben
dice
il
Bauer
,
è
sempre
possibile
a
qualunque
grado
di
sviluppo
sia
arrivata
la
massa
dei
lavoratori
,
un
socialismo
invece
che
debba
avere
per
base
il
«
self
governing
workshop
»
,
cioè
l
'
autodirezione
delle
aziende
,
è
possibile
solo
quando
la
classe
lavoratrice
,
con
la
progressiva
estensione
dei
suoi
controlli
sull
'
industria
,
abbia
già
acquistata
la
capacità
intellettuale
e
morale
,
che
è
premessa
necessaria
alla
direzione
industriale
indipendente
.
Sarebbe
quindi
erroneo
voler
affrettatamente
concludere
sulla
base
delle
recenti
esperienze
,
per
ora
non
troppo
felici
.
L
'
unità
economica
elementare
è
la
gilda
.
È
sì
una
cooperativa
di
produzione
,
ma
a
base
nazionale
federata
con
tutte
le
altre
gilde
ed
emanazione
della
rispettiva
organizzazione
sindacale
.
Non
deve
tendere
al
conseguimento
dei
profitti
,
ma
produrre
sulla
base
del
costo
avendo
speciale
riguardo
alla
qualità
dei
prodotti
:
realizzando
la
più
stretta
intimità
fra
lavoratori
manuali
e
tecnici
ed
organizzandosi
nel
modo
più
democratico
.
Il
salario
ha
da
essere
commisurato
ai
bisogni
dell
'
esistenza
,
s
'
intende
entro
certi
limiti
,
e
soprattutto
avere
carattere
di
continuità
.
La
gilda
deve
garantire
sempre
,
in
ogni
eventualità
(
malattia
,
disoccupazione
)
i
mezzi
di
sussistenza
.
Nell
'
amministrazione
interna
la
gilda
sarebbe
libera
dalla
ingerenza
di
altri
organi
,
Stato
compreso
.
Ma
allorquando
entra
in
rapporti
con
altri
enti
,
allorquando
si
tratta
di
indirizzare
la
produzione
e
di
stabilire
i
prezzi
delle
merci
,
la
decisione
spetterebbe
ad
un
comitato
misto
dove
,
oltre
ai
rappresentanti
della
gilda
,
siederebbero
i
rappresentanti
degli
interessi
generali
(
Stato
,
municipalità
,
cooperativa
di
consumo
)
.
Lo
Stato
,
in
un
regime
gildista
,
sarebbe
solo
nominalmente
il
proprietario
di
tutti
i
beni
delle
gilde
.
Grandi
differenze
quindi
dalle
nostre
cooperative
di
produzione
non
appaiono
,
salvo
per
quanto
ha
riguardo
alla
maggiore
vastità
dell
'
organismo
concepito
,
e
come
vedremo
,
alla
struttura
interna
della
gilda
.
Le
prime
esperienze
che
si
sono
avute
in
Inghilterra
tra
il
'21
e
il
'23
non
furono
sempre
fortunate
,
e
seguirono
in
uno
degli
ambienti
più
conservatori
dell
'
unionismo
inglese
ed
economicamente
arretrato
,
cioè
nella
industria
edilizia
dove
le
necessità
di
capitale
sono
minori
e
più
facile
era
ottenere
lavoro
specie
dagli
enti
pubblici
e
cooperativi
per
la
crisi
degli
alloggi
.
Ciascuna
gilda
è
retta
da
un
comitato
di
gilda
composto
dai
rappresentanti
delle
organizzazioni
degli
operai
e
tecnici
della
industria
edile
della
regione
.
È
una
sorta
di
consiglio
di
amministrazione
cui
spettano
la
nomina
dei
dirigenti
e
la
direzione
dell
'
impresa
.
Può
suddividersi
in
sottocomitati
per
le
varie
questioni
ed
in
questi
una
metà
dei
posti
è
riservata
ai
delegati
dei
lavoratori
impiegati
nella
gilda
.
Abbiamo
inoltre
il
comitato
di
fabbrica
o
consiglio
di
azienda
eletto
dagli
operai
di
ogni
gilda
con
funzioni
tecnico
-
disciplinari
e
al
quale
spetta
la
nomina
dei
sorveglianti
.
In
pratica
nei
primi
tempi
questo
dualismo
nella
direzione
fu
assai
dannoso
e
si
palesò
fonte
di
discussioni
e
di
crisi
.
Si
volle
assurdamente
rinunciare
dapprima
ad
ogni
capitale
di
esercizio
ritenendo
che
fosse
sufficiente
ottenere
anticipi
settimanali
dai
clienti
.
Col
risultato
di
far
sorgere
le
gilde
come
funghi
,
senza
conveniente
preparazione
.
Solo
più
tardi
,
nel
'22
,
fu
sottoscritto
dal
sindacato
degli
edili
un
prestito
di
150.000
sterline
.
Nel
frattempo
si
costituirono
organismi
federali
.
La
«
National
Building
Guild
»
cui
facevano
capo
circa
140
gilde
edilizie
e
un
«
Consiglio
nazionale
»
.
La
depressione
economica
fu
la
causa
più
che
altro
occasionale
della
crisi
che
nel
dicembre
1922
condusse
al
fallimento
molte
gilde
,
compresa
la
National
Building
Guild
.
Mancò
in
molti
casi
una
sufficiente
preparazione
morale
,
difettarono
per
errore
teorico
i
capitali
,
ci
si
volle
tenere
troppo
aderenti
allo
schema
ideale
.
Talora
anche
dal
lato
disciplinare
e
direzione
tecnica
i
risultati
non
furono
brillanti
.
Il
dualismo
tra
il
comitato
di
gilda
ed
il
comitato
di
fabbrica
fu
assai
dannoso
;
il
secondo
voleva
intervenire
in
ogni
questione
anche
tecnica
.
Salvo
casi
rarissimi
sul
mercato
libero
fu
impossibile
sostenere
la
concorrenza
.
Non
è
detto
davvero
che
il
semifiasco
sia
definitivo
.
Molti
errori
si
eviteranno
per
l
'
avvenire
.
Le
gilde
ancora
in
piedi
hanno
mutato
i
sistemi
di
conduzione
.
Intanto
i
postulati
gildisti
e
soprattutto
lo
spirito
con
cui
i
gildisti
guardano
al
problema
operaio
hanno
profondamente
permeato
il
mondo
unionistico
britannico
.
Ad
esempio
la
federazione
minatori
che
prima
della
guerra
chiedeva
la
nazionalizzazione
e
l
'
amministrazione
statale
,
dopo
le
esperienze
belliche
,
presentò
nel
'19
alla
Coal
Industry
Commission
uno
schema
di
nazionalizzazione
schiettamente
gildista
.
L
'
idea
del
controllo
e
della
condirezione
nella
industria
che
specie
nel
periodo
bellico
si
diffuse
grandemente
indubbiamente
tornerà
sulle
scene
appena
superata
la
crisi
attuale
.
Altra
proposta
gildista
che
ha
avuto
sinora
parziali
applicazioni
è
la
stipulazione
di
contratti
collettivi
tra
Trade
-
Unions
e
imprenditore
per
la
fornitura
della
manodopera
necessaria
già
inquadrata
,
sorveglianti
compresi
;
così
che
l
'
imprenditore
remunererebbe
non
più
il
singolo
operaio
ma
il
sindacato
che
penserebbe
poi
alla
redistribuzione
.
Queste
due
opposte
concezioni
del
divenire
socialistico
che
si
sono
venute
drammaticamente
scontrando
in
Inghilterra
meritano
più
ampio
studio
e
col
presente
ho
inteso
quasi
esclusivamente
limitarmi
alla
parte
informativa
.
L
'
esperienza
inglese
non
ha
favorito
per
ora
i
primi
accenni
ad
un
movimento
di
cooperazione
nel
campo
della
produzione
che
,
partendo
dal
sindacato
professionale
,
evitasse
gli
errori
e
gli
egoismi
di
molte
cooperative
di
produzione
.
In
Germania
i
risultati
delle
gilde
edili
sono
assai
più
confortanti
.
Sta
poi
di
fatto
che
il
movimento
cooperativo
di
consumo
,
anche
universalizzandosi
come
predicono
i
Webb
,
non
può
risolvere
quello
che
si
avvia
ad
essere
nei
paesi
più
evoluti
il
problema
fondamentale
,
il
problema
della
emancipazione
operaia
.
La
cooperazione
di
consumo
non
elimina
il
salariato
,
né
gli
scioperi
,
né
gli
urti
di
categoria
.
In
questo
contrasto
tra
una
aspirazione
di
libertà
e
di
autogoverno
rispondente
alle
esigenze
di
masse
sempre
più
vaste
di
lavoratori
e
una
realtà
che
non
ne
permette
almeno
per
ora
in
Inghilterra
una
rapida
concretazione
,
sta
la
vera
crisi
del
mondo
del
lavoro
britannico
e
la
sorgente
delle
lotte
future
.
Il
circolo
vizioso
non
si
spezza
colla
cooperazione
di
consumo
,
né
sembra
per
ora
superabile
coi
metodi
gildisti
.
Né
si
supera
con
una
spallata
rivoluzionaria
che
non
può
mutare
l
'
ambiente
economico
.
Solo
l
'
esperienza
,
liberamente
attuata
,
coi
suoi
risultati
magari
dapprima
dolorosi
e
negativi
,
potrà
indicarci
la
via
nuova
negli
anni
a
venire
.