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Caro Turrini ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Turrini , io conosco poco Jiri Pelikan . Ebbe con noi qualche rapporto , poi dileguò forse temendo che la collaborazione al nostro giornale lo qualificasse come « reazionario » . Conosco però la sua vicenda di socialista cecoslovacco prima perseguitato dai nazisti che gli uccisero la madre , eppoi dalla polizia di Husak dopo la « primavera » di Praga . So che Pelikan , al culmine di una rapida e brillante carriera che lo aveva portato a posti di primissimo piano ( direttore generale della Tv cecoslovacca , deputato e presidente della Commissione affari esteri in Parlamento ecc . ) , buttò tutto alle ortiche per non subire il sopruso dei carri armati sovietici , e preferì venirsene esule in Italia , di cui ora ha preso la cittadinanza . Più che un uomo , egli è dunque un simbolo del socialismo democratico e libertario . Quindi trovo giusto che il Psi lo abbia assunto come tale , presentandolo come suo candidato alle elezioni europee , e mi auguro che gli elettori italiani avallino plebiscitariamente questa scelta piena di significato politico . L ' affermazione di Pelikan sarebbe quella di tutta la dissidenza dei Paesi dell ' Est , con la quale anche i non socialisti hanno il dovere di solidarizzare . Mi permetta però di ricordarle che in Italia vive , completamente nell ' ombra e mai ricordato da nessun partito politico , anche un altro cecoslovacco di rilievo non certo inferiore - era vice - ministro , mi pare , della stampa e propaganda : posto di delicatissima importanza , in quel regime - a quello di Pelikan : Vàclav Pélisek , che stenta oscuramente la vita come impiegato in una azienda di Verona . È un uomo , è vero , che non ha mai fatto nulla per attirare l ' attenzione su di sé . Ma non è una buona ragione per negargliela : anche lui incarna la dissidenza , e anche lui l ' ha duramente pagata . Questo , intendiamoci , non lo dico in contrapposizione a Pelikan , cui spero che gli elettori italiani diano un massiccio segno di solidarietà . Lo dico per uno scrupolo di giustizia verso Pélisek , a cui mi pare che non sé ne renda abbastanza .
StampaPeriodica ,
... Concepisco la Corporazione del - le Arti , che dovrà resultare dal collegamento delle attività artistiche diversamente sindacate , come l ' organo eminentemente adatto a ricostituire l ' ordine in tali importantissime discipline . Prima però di passa - re ad esaminare come ciò potrebbe avvenire , credo opportuno notare che non si tratterà in nessun modo di creare artificiosamente un movimento d ' arte religiosa od aulica , il quale potrà nascere di per sé se le condizioni dello spirito nazionale lo esigeranno . Di carattere religioso e gerarchico esso stesso , ma non teologico o autocratico , il Fascismo non potrà che imporre le proprie direttive alle arti con quel senso realistico e moderno che lo distingue e ne costituisce l ' irresistibile forza . Intendo dire che il Fascismo non potrà per ora se non disciplinare una attività che già esiste , con le forme attraverso le quali si manifesta ; il che non sarà piccola opera , del re - sto , giacché il fatto medesimo d ' iniziare una simile impresa costituirà già il principio di una vasta realizzazione e la premessa augurale di possibilità infinite e grandiose ...
ADOLESCENZA DELL'UMANITÀ ( Abbagnano Nicola , 1967 )
StampaQuotidiana ,
« Inversione di tutti i valori : ecco la formula per il supremo riconoscimento di sé » , diceva Nietzsche . E sembrerebbe che , a distanza di quasi settant ' anni dalla sua morte , la sua formula sia fatta propria da un numero crescente di persone . La polemica di Nietzsche era diretta contro i valori tradizionali del disinteresse , dell ' abnegazione , della rinuncia , del sacrificio , e intendeva difendere i valori vitali , terrestri , corporei che esaltano la vita e , nonostante i dolori e gli orrori di essa , la fanno godere nella sua disordinata espansione . Questi valori vitali sembrano i soli veramente presenti e agenti nella società contemporanea . Nulla c ' è di più estraneo a questa società di tutte le innumerevoli forme dell ' ascetismo , contro le quali Nietzsche scagliava i suoi fulmini . La corsa al benessere , la ricerca incessante di soddisfazioni intense e immediate , l ' insofferenza verso ogni rinuncia o limitazione , il disprezzo o l ' oblio della disciplina imposta dalle regole tradizionali ( a meno che non siano appoggiate dalla forza ) , sono i tratti macroscopici della vita contemporanea , tratti che suscitano l ' indignazione dei moralisti , le lamentele obbligate dei benpensanti . e l ' annuncio di catastrofi imminenti dei profeti pessimisti . La letteratura e l ' arte che , almeno in una certa misura , sono lo specchio di un ' epoca , rappresentano ingranditi questi tratti e consentono di abbracciarli nel loro insieme . Il romanzo , il teatro , il cinema , le arti figurative , i fumetti , suscitano interesse e hanno successo solo nella misura in cui rappresentano nella forma più cruda e brutale eventi o situazioni negative , sconcertanti o anormali . Il naufragio dell ' esistenza umana in tutti i suoi aspetti , il sesso nelle sue forme aberranti o semplicemente sfacciate o sordide , la violenza interessata o gratuita , la volontà di dominio e l ' abiezione , l ' omicidio , il suicidio fisico o morale o , nel campo figurativo , la presentazione di oggetti insignificanti o ripugnanti , costituiscono i terni principali delle espressioni artistiche contemporanee . La critica stessa si adatta ai criteri impliciti in questa selezione di temi . La « favola bella » , il « lieto fine » , il dramma romantico , il trionfo della giustizia e ingredienti simili sono , dalla maggior parte dei critici , considerati clichés convenzionali che tolgono , alle opere in cui ricorrono , interesse e valore artistico . Dall ' altro lato , il marchese di Sade , i poeti e gli scrittori « maledetti » cominciano a godere di una popolarità che non ebbero ai loro tempi e ad essere considerati i capostipiti di una svolta decisiva della storia letteraria ; e la tendenza iconoclastica contro figure sinora ritenute venerande si accentua negli scrittori di tutti i campi . Perfino l ' uso delle droghe è talora apertamente difeso ed esaltato come uno strumento di felicità personale o per vedere il mondo in una luce imprevista o addirittura per accedere all ' esperienza mistica del soprannaturale . Solo i filosofi sembrano vivere in un ' isola separata dal resto del mondo . Tranne qualche eccezione , discettano del bene e del male come se tutti sapessero dove stanno . Ma è proprio questo che gli uomini oggi non sanno o si rifiutano di sapere . t proprio questo il problema per ognuno e per tutti : rendersi conto , con cognizione di causa , di come e dove dev ' essere diretta la vita dell ' uomo . La radice di questa incertezza è la totale sfiducia nelle garanzie di cui i valori tradizionali vantano l ' appoggio . Pochi sono oggi coloro che credono che i valori trovino il loro fondamento nella natura stessa delle cose o del mondo , o nell ' essenza dell ' uomo o in qualche realtà trascendente : che ci credono , intendo , non per un ' astratta professione di fede ma in modo praticamente operante . Si sa che ci sono stati e ci sono sistemi di valori diversi , culture e civiltà eterogenee , modi opposti di considerare il mondo e la vita . Si sa che i valori preferiti da una stessa società possono mutare nel tempo e mutano , anzi , molto rapidamente . Non si ha fiducia che l ' interesse singolo coincida sempre e necessariamente con l ' interesse collettivo , giacché si vede o si avverte che talora i due interessi sono in conflitto . Non si è certi che il progresso collettivo del genere umano verso l ' ordine e la disciplina dell ' organizzazione tecnologica , e gli stessi vantaggi che ne derivano , garantiscano a tutti gli individui il tipo di felicità che desiderano . Questa somma di incertezze non è una novità dei nostri tempi perché , in un modo o nell ' altro , ha accompagnato dovunque il cammino del genere umano . La tragedia greca , per citare un esempio , deve il suo valore umano esemplare proprio all ' aver dibattuto alcune di queste incertezze . Ma la novità consiste nella scala in cui esse sono ora avvertite , cioè nell ' estensione in cui il senso del dubbio è penetrato negli uomini investendo tutti gli aspetti della loro vita quotidiana . Ogni civiltà tende a esaltare le sue conquiste , e noi , uomini dell ' Occidente , siamo particolarmente orgogliosi delle nostre . Siamo portati a dimenticare che la nostra civiltà non ha avuto soltanto Socrate e Cristo , ma anche i Torquemada e gli Hitler che hanno avuto forse , nella nostra storia , una parte maggiore . Siamo portati a scambiare per realtà incrollabili , per cose scontate e radicate nel nostro più lontano passato , ideali nebulosi e norme generiche che vengono dimenticate nella pratica della vita nove volte su dieci . Accade così che si può asservire in nome della libertà , fanatizzare in nome della fede , violentare in nome dell ' amore . Siamo portati a credere che con la sola forza di questi ideali si possono salvare e riscattare tutti gli uomini , anche quelli che non vogliono essere salvati ; mentre il valore di quegli ideali consiste proprio nel mettere in guardia contro questa credenza . La libertà , la fede , l ' amore , come gli altri capisaldi della nostra scala dei valori , non si impongono da sé e non possono essere imposti : perché ciò che esigono è proprio questo : ogni essere umano deve poterli scegliere per se stesso . L ' immoralismo contemporaneo serve in primo luogo a ricordarci che la vita non è quella perfetta adeguazione della realtà all ' ideale , che i coltivatori degli ideali ci hanno voluto far credere ; che non bisogna illudersi d ' aver già realizzato nei nostri modi di vivere il patrimonio ideale di cui disponiamo ; e che occorre in primo luogo guardare con sincerità spietata al modo effettivo in cui viviamo , alle scelte su cui si regge la nostra vita , per renderci conto di ciò che siamo e di ciò che possiamo diventare . Si può ( e si dovrebbe in ogni caso ) avvertire un senso di repulsione o di rivolta contro le realtà che le cronache della vita e dell ' arte ci presentano con cruda evidenza ; e questo è già un effetto benefico di quelle cronache . Ma occorre trarre da esse l ' insegnamento decisivo : quello di cercare nuove vie per la libertà dell ' individuo e l ' ordine della comunità umana . Attraverso i disordini , gli sbandamenti , le proteste , lo scetticismo e l ' apatia verso cose o valori ritenuti essenziali , è in corso un grande esperimento per la ricerca di nuovi modi di convivenza , di nuove regole per orientare la vita degli individui . Gli uomini oggi non sono disposti ad accogliere senza beneficio d ' inventario l ' eredità del passato o il messaggio di nuovi profeti . Vogliono trovare da sé , attraverso errori , delusioni e sconfitte , la via buona ( se ce n ' è una ) da imbroccare . Il loro atteggiamento dominante è quello proprio degli adolescenti e dei giovani ai quali poco giovano gli insegnamenti degli adulti , finché non li abbiano essi stessi messi a prova e convalidati con la loro esperienza vissuta . Nonostante gli enormi e rapidi progressi che ha fatto in certi campi , l ' umanità vive oggi la sua fase di adolescenza : ma di un ' adolescenza non remissiva né docile , ma vigile e aggressiva , che non accetta facilmente lezioni . « L ' uomo » diceva Montaigne « é sempre in tirocinio ed in prova . » Ma oggi al tirocinio e alla prova non partecipano più solamente le élites privilegiate , ma strati sempre più vasti del genere umano ; e questo costituisce il contrassegno e l ' originalità del nostro tempo . Certamente il rischio è grande e conquiste decisive , valori fondamentali possono andare perduti , come possono essere riscoperti e convalidati . Ma non si può evitare il rischio disconoscendo o ignorando semplicemente la situazione che lo provoca . Non si diminuisce il rischio insistendo su valori collaterali , rifiutando di muoversi e di cercare , appellandosi alla natura o all ' autorità o ad altre garanzie estrinseche dei valori che si vogliono difendere . Se l ' umanità vuol sopravvivere , non può dimenticare il rispetto che deve a se stessa e a ognuno dei suoi membri . Questo è l ' unico punto fermo . Ma le vie o i modi per realizzare questo rispetto nelle forme concrete di regole e di atteggiamenti che reggano di giorno in giorno e di ora in ora la vita degli uomini possono essere diversi . Il problema consiste nel rendersi conto delle alternative che quel rispetto consente all ' uomo e di quelle che esclude . Consiste nell ' individuare le scelte che si possono ancora e sempre ripetere dopo ogni prova e che siano partecipabili dalla maggior parte degli uomini . Scelte siffatte si limitano a vicenda e possono , al limite , circoscrivere la sfera d ' azione dell ' individuo nei confronti di quella degli altri . Ma l ' arte delle scelte è difficile e in questo campo l ' uomo non può affidarle a una macchina calcolatrice . Solo quest ' arte , tuttavia , può far uscire l ' uomo dall ' adolescenza e avviarlo alla maturità : sempre con l ' avvertenza che la maturità del genere umano , più di quella dell ' individuo , non sarà mai una conquista definitiva .
StampaPeriodica ,
La diagnosi del fascismo dell ' amico Mazzali svolge elementi in gran parte analoghi a quelli fissati in tre anni di battaglie da Rivoluzione Liberale . Il problema per i Gruppi di Rivoluzione Liberale è quindi di discutere la connessione posta dal Mazzali tra profezia marxistica e liquidazione del fascismo . Altrove abbiamo detto che questa è l ' ora di Marx . Ma s ' intende che noi pensiamo ad un Marx vitale in una situazione caratteristicamente italiana . In questo senso la tattica che propone Rivouzione Liberale contro il fascismo è la seguente : Nessuna illusione di liquidare il fascismo coi giochetti parlamentari , con le combinazioni della maggioranza , con lo Stato Maggiore , con la rivolta dei vari Delcroix e simili aborti morali . Il problema italiano è di liquidare lo spirito e le forme del trasformismo , dell ' accomodantismo , della corruzione oligarchica che fu rappresentato dai vecchi ceti sedicenti democratici e che il fascismo portò alle estreme misure di impudicizia e di trafficantismo . Crediamo al movimento operaio come alla sola forza – che per le riserve di spirito combattivo di cui dispone , per la sua volontà di redenzione potrà opporre alle vecchie cricche , pronte sempre a patteggiare , la sua inesorabile intransigenza . Le esperienze passate ci insegnano che il movimento operaio alla resa dei conti avrà bisogno di una classe dirigente sicura e moderna , dotata di spirito di sacrificio e di maturità storica . Comunque si liquidi la questione del ministero Mussolini ( noi non abbiamo alcuna sollecitudine per le azioni di Salandra , di Giolitti , di Caviglia o di Di Giorgio ! ) la situazione da cui è nato il fascismo si liquiderà soltanto con la ripresa del movimento operaio . Questa è connessa con il miglioramento della nostra classe capitalistica , con le attitudini della nostra economia a vivere nel commercio mondiale non semplicemente da parassita . La recente campagna di Einaudi ha questo senso profondo . Per secondare la ripresa operaia contro il fascismo perciò non bisogna invocare profezie o proporre schemi di nuove società ( se in Italia dovessimo aspettare le tre condizioni di Sorel , la questione sarebbe piuttosto allungata ! ) ma aiutare i partiti seri e moderni a liberarsi dai costumi giolittiani , a migliorare i loro quadri nella lotta senza quartiere e senza lusinghe , a preparare le condizioni in cui le moderne democrazie non saranno più schiave di nessuna oligarchia . La guerra al fascismo è questione di maturità storica , politica , economica della nostra economia , delle nostre classi dirigenti , dei ceti operai e industriali .
IL TEMPO ( Abbagnano Nicola , 1964 )
StampaQuotidiana ,
Delle tre dimensioni del tempo , passato , presente e futuro , i filosofi hanno il più delle volte privilegiato il presente . Non l ' hanno inteso tuttavia come l ' attimo fuggente ma come la costanza di un ritmo che si conserva identico attraverso il mutare degli eventi . La poetica definizione di Platone « il tempo è l ' immagine mobile dell ' eternità » significa appunto che il ritmo in cui il tempo consiste e che è scandito dai suoi periodi ( anni , mesi , giorni , ore ) ha la stessa immutabilità che è propria dell ' essere eterno . Il tempo appartiene alle cose che fluiscono ma in queste cose introduce ciò che è proprio dell ' eternità , un ordine che permane attraverso il divenire . Gli astri ritornano , a intervalli determinati , nella stessa posizione ; le stagioni si ripetono con una successione invariabile e si ripetono , sia pure con minor esattezza , i cicli di tutti gli esseri viventi , ognuno dei quali ha un suo ritmo costante di nascita , di formazione , di sviluppo e di morte . Nell ' interpretazione popolare , il tempo è la forza distruttiva cui nulla resiste , la forza che logora tutte le cose e le conduce , più o meno rapidamente , all ' annullamento o all ' oblio . Nell ' interpretazione dei filosofi , il tempo è ciò che nel logorio o nella distruzione vien conservato e ripetuto ; il ritmo eterno cui il fluire delle cose obbedisce . Questo ritmo perciò non è mai né passato né futuro : è sempre presente perché è sempre lo stesso . E quando alcuni filosofi ( Plotino , Sant ' Agostino , Hegel , Bergson , Husserl ) hanno concepito il tempo come lo stesso fluire o divenire della coscienza , come una corrente di vita interiore che ad ogni istante si rinnova e in cui perciò non ci sono due istanti omogenei , la dimensione del tempo cui han fatto ricorso è ancora quella del presente : perché in questa corrente tutto il passato viene conservato come in un fiume che trasporta tutte le acque che vi confluiscono ed è , dall ' altro lato , presente , almeno in potenza , l ' intero futuro . Questa interpretazione del tempo in termini di presenza totale rende possibile considerarlo come la forma immutabile delle cose che mutano , e consente la misura di esso . La misura non sarebbe infatti possibile se tutto fosse a ogni istante nuovo e tutto a ogni istante cadesse nel nulla : non ci sarebbe , in questo caso , un ' unità di misura omogenea , e inoltre come potrebbe quest ' unità , anche se ci fosse , applicarsi a ciò che non è più ( il passato ) o a ciò che non è ancora ( il futuro ) ? Ma accanto a questo vantaggio , l ' interpretazione del tempo come presente ha lo svantaggio di trascurare quel carattere del tempo che all ' uomo comune appare evidente , la sua azione logorante e distruttiva . Che il tempo non possa solo conservare ma anche distruggere ; che ciò che vive nel tempo sia in una condizione di instabilità radicale in cui le alternative dell ' acquisto e della perdita sono ugualmente importanti ; e che per ciò che riguarda l ' uomo , il tempo sia l ' indeterminazione fondamentale che non gli lascia mai padroneggiare del tutto il suo destino , sono considerazioni banali eppure inconfutabili , sia della saggezza comune che della filosofia . Ma se queste considerazioni hanno una certa verità , l ' interpretazione del tempo come presenza o simultaneità appare unilaterale . E in questo caso la dimensione del futuro comincia ad avere la meglio su quella del presente . Le filosofie contemporanee che s ' imperniano sulla considerazione dell ' uomo e del suo mondo ( soprattutto il pragmatismo e l ' esistenzialismo ) hanno , perciò , insistito su quest ' altra dimensione del tempo . L ' uomo è , secondo queste filosofie , costitutivamente orientato verso il futuro : la sua esistenza o la sua esperienza è un continuo venirgli incontro , dall ' avvenire , di ciò che egli prevede o non prevede , teme o desidera , progetta o cerca di evitare . Certamente il passato è là , a determinare i suoi timori o le sue speranze , a limitare e condizionare le sue attese o le sue progettazioni ; ma se il passato gli fosse tutto presente e lo urgesse alle spalle con la sua forza preponderante come una fiumana o una valanga irresistibile , attese e progettazioni sarebbero inutili . Il passato può anche , in certi casi , inchiodarlo alla sua situazione e rendergli impraticabile ogni via d ' uscita ; ma solo l ' avvenire può dirgli se sarà cosa o no . L ' avvenire è la dimensione della libertà umana che s ' inserisce nelle falle del tempo e cerca di volgerle a suo profitto . Non è detto che l ' avvenire debba necessariamente prospettarsi come mutamento , novità o progresso : l ' uomo può rivolgersi con amore al passato , può farne oggetto di nostalgia o di rimpianto , può volerne il ritorno e la conservazione : ma in tutti questi atteggiamenti non fa che progettarlo o anticiparlo come avvenire . L ' avvenire è il serbatoio delle possibilità che costituiscono l ' esistenza dell ' uomo . Non si tratta , purtroppo , di un serbatoio inesauribile . Alla giovinezza , le possibilità del futuro appaiono ricchissime e promettenti per quanto vaghe e indeterminate e dànno il senso di una libertà illimitata ; la maturità è contrassegnata dal loro limitarsi e determinarsi in un serio impegno di realizzazione ; mentre il loro diradarsi o impoverirsi costituisce la tristezza della vecchiaia . Ma in ogni caso le possibilità autenticamente tali , cioè quelle che si conservano e rinvigoriscono dopo la prova e la riprova cui le sottopone l ' esperienza della vita , sono , per ciascun uomo , in numero limitato . E quando un uomo sa e teme che le possibilità che il futuro gli prospetta sono futili o nulle va incontro a quegli stati di angoscia , di disperazione , di frustrazione , che la filosofia , la psichiatria e la letteratura contemporanea hanno illustrato come le malattie dell ' uomo moderno , ma che forse di moderno non hanno che la chiara diagnosi che ne è stata fatta . Diceva Kierkegaard : « Come quando uno sviene si ricorre ai sali o all ' acqua di colonia , così quando qualcuno si dispera bisogna dire : " Trovate una possibilità , trovategli una possibilità ! " . La possibilità è l ' unico rimedio , perché se l ' uomo rimane senza possibilità è come se gli mancasse l ' aria » . La forza della fede religiosa consiste , come Kierkegaard stesso diceva , nel prospettare all ' uomo la possibilità della salvezza quando ogni altra possibilità gli è negata , in quanto « a Dio tutto è possibile » . La ragione , come guida autonoma dell ' uomo , è la tecnica che consente l ' accertamento delle possibilità autentiche e disciplina le scelte che si possono operare tra esse . Essa , esattamente come la fede , orienta l ' uomo verso il futuro : non è quindi fuori del tempo ma legata a una dimensione temporale determinata . A differenza della fede , tuttavia , ha bisogno di fatti constatabili , di prove , di documenti , di testimonianze . Fa parte integrante dell ' orientamento dell ' uomo verso l ' avvenire , l ' interesse per il passato , l ' esigenza di comprenderlo e ricostruirlo nella sua autenticità quindi di conservarne i documenti e di rispettarne le vestigia . E da questo interesse si origina la ricerca storiografica che investe tutti i campi dell ' attività umana . Ciò che infatti rafforza o autentica le possibilità a venire dell ' uomo è il radicarsi di esse nel passato . Ma l ' uomo può anche vivere nell ' ingenua fiducia che l ' avvenire sia la pura e semplice ripetizione del passato e che il passato si conservi automaticamente nel futuro . Così fanno i popoli primitivi per i quali il tempo , come per certi filosofi , è un eterno presente . Essi non hanno storici perché non hanno storia ; ma di fronte all ' imprevedibile che emerge dal tempo , sono senza difesa .
Caro ragioniere ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro ragioniere , ciò che sta succedendo ha dell ' incredibile . Migliaia di lettori ci scrivono , ci telegrafano , ci telefonano per congratularsi con noi dei risultati elettorali , di cui forse ci attribuiscono un merito esagerato . Repubblicani , socialdemocratici , e perfino socialisti , per i quali riconosciamo di aver fatto ben poco , ci ringraziano per la parte che ci riconoscono di aver avuto nel successo dei partiti laici . La Dc , di cui avevamo invocato ( e abbiamo ottenuto ) « una leggera flessione » , non poteva ovviamente ringraziarci ; però ha taciuto , e Zaccagnini ha parlato di noi , da avversario , ma con rispetto . Gli unici che ci perseguitano con lettere di protesta , e qualche volta d ' insulti , sono i liberali , sebbene abbiamo dato loro tre parlamentari del peso di Bettiza , Zappulli e Sterpa ( voglio vedere le loro facce , caro ragioniere , quando leggeranno l ' accusa che lei mi muove di non averli aiutati ) . Solo Zanone e Malagodi ci hanno espresso la loro gratitudine . Gli altri , eccoli qui , a bersagliarci di cicchetti caporaleschi , e qualcuno addirittura di perentori inviti , dall ' alto in basso , a cambiare registro altrimenti ... Altrimenti che , signori liberali ? Alzi la mano quello tra voi che può vantare un credito nei nostri confronti . L ' ho già detto e lo ripeto : noi non siamo il foglio d ' ordini di nessun partito , nemmeno di quello liberale . E chi vuol ridurci a tanto , farà meglio a cambiar giornale : noi non rimpiangeremo di perdere dei lettori che con la loro intolleranza contraddicono in pieno , e disonorano , la qualifica di liberali . Ha capito , ragionier Bonacina ?
BILANCIO ( P.G. , 1924 )
StampaPeriodica ,
Rivoluzione Liberale si è astenuta dal discutere la condotta del1'Aventino per ragioni ovvie . Le questioni di tattica non si trattano in sede di critica ideale . Nell ' impostazione aventiniana noi abbiamo le nostre responsabilità . Non potevamo rinnegarle anche se di volta in volta sentivamo qualche dissenso pratico . In sostanza Rivoluzione Liberale proclamò l ' Aventino ( non collaborare con la critica ) nel novembre 1922 . Nel momento in cui anche le opposizioni parlamentari accettavano il nostro criterio e si portavano sulla nostra linea di battaglia , noi non dovevamo chiedere loro onestamente se non l ' intransigenza . L ' Aventino avrà tutti i torti di scarsa azione pratica e di scarsa omogeneità che gli si rimproverano , ma , volenti o no gli stessi noi componenti singoli , ha ubbidito a questa linea di intransigenza . Nel novembre 1922 c ' eravamo soltanto noi a dichiarare che non avremmo patteggiato , che non avremmo collaborato con la critica ; tutti gli altri proponevano delle condizioni ( scioglimento della milizia , normalizzazione , ecc . ) , non rifiutavano di discutere . Nel giugno 1924 invece anche i parlamentari accettavano la nostra impostazione integrale . L ' Aventino ha avuto almeno per questo una grande ripercussione morale . È una vittoria del carattere degli italiani . Impostare così la battaglia voleva dire rinunciar a realizzare per dieci anni : noi lo dichiarammo francamente e continuamente dal novembre 1922 ad oggi . Il 3 gennaio non ci ha sorpreso . Noi sappiamo che Mussolini è il più forte , che la maggioranza degli italiani è con lui . Se l ' Aventino nutrì qualche illusione , questo fu il suo torto ; è possibile che oggi le illusioni siano cadute . Il gran risultato dell ' Aventino è stato di chiarire le posizioni . Sono scomparse per sempre le situazioni centriste . Oggi le opposizioni dell ' aula , le opposizioni dei fascisti onorari , come Bonomi , fanno ridere . Costoro incominciano a pensare sul serio a collaborare , altrimenti che con la critica , senonché Mussolini li avrà sul mercato per poco prezzo : non sono più necessari neanche a lui . Mussolini può tranquillamente far a meno di proporre la nomina di Bonomi a senatore . I ceti dominanti ( plutocrazia , agrari , corte , esercito , burocrazia ) hanno trovato in Mussolini e nei suoi compagni gli uomini in cui riporre piena fiducia . Potevano nel passato pensare agli uomini delle opposizioni costituzionali e dell ' aula come a una riserva : oggi non più . Le vecchie classi politiche giolittiane e salandrine sono definitivamente liquidate : gli uomini dell ’ ante guerra sono tutti finiti . Di questo risultato , che il fascismo avrebbe potuto raggiungere più presto senza le sue manovre trasformiste , ma che tuttavia ha ormai raggiunto , noi non siamo meno lieti dei fascisti . L ' Aventino ha anche contato sulle classi medie . Ma queste per la loro natura equivoca sono sempre col vincitore , anche se ostentavano mesi or sono di leggere il Becco giallo . Sono rimasti alle opposizioni non le classi medie , non gli avvocati , non i professori , ma alcuni individui di queste categorie che per la loro educazione e la loro dignità sentono esigenze di critica e di idee . È confortante che questi individui siano in certo modo numerosi , per esempio , più numerosi di quel che non fossero nel Risorgimento . In questo momento soffrono di un pericoloso disorientamento : hanno bisogno di studi seri , di raccoglimento ; ma sono una sicura riserva di carattere e di indipendenza per l ' Italia di domani . Quei partiti aventiniani che si annunciavano come rappresentanti delle classi medie , come futuri partiti di governo , i partiti di democrazia e in parte i popolari e gli unitari perderanno terreno nel prossimo futuro . Così lo perderanno , l ' hanno già perduto , liberali e combattenti : essi mobilitavano dei malcontenti : ma Mussolini è un tattico molto abile nello spostare e convertire malcontenti : oppositori oggi , domani soddisfatti , non si può fare su costoro nessun calcolo politico serio . Le prossime elezioni , che Mussolini saprà preparare con la consueta abilità giolittiana , mostreranno che tutte queste posizioni sono indebolite : anche l ' Aventino tornerà decimato alla Camera e ne trarranno vantaggi massimalisti e comunisti . Comunque bisogna essere sicuri sin d ' ora che , con o senza violenze , la prossima Camera sarà – a collegio uninominale – più fida al Duce che la presente . In compenso le opposizioni avranno guadagnato in qualità , disporranno di pattuglie scelte , scaltrite alla difficile lotta , pronte a tutto . L ' Aventino ha tutto l ' interesse di tornare da una campagna elettorale con un minor numero di deputati : perderà l ' attuale pesantezza , potrà combattere con agilità e rapidità . Messe così le cose , deve essere acquisito che la sola riserva solida di ogni nuova politica futura è il movimento operaio . Se intorno all ' Aventino si è venuta formando un ' élite di giovani che capiscono la situazione , che non si fanno illusioni , essi hanno il dovere di smetterla con le inconcludenti polemiche contro i comunisti che minacciano di diventare un inutile diversivo , di non occuparsi di teoria delle classi medie , di non escogitare astuzie di colpi di mano , ma di lavorare con lealtà per il fronte unico operaio , anche se questo lavoro , per le attuali condizioni di depressione delle masse , non è per dare frutti immediati .
IL SIGNIFICATO DELLA STORIA ( Abbagnano Nicola , 1966 )
StampaQuotidiana ,
Circa 35.000 anni fa l ' homo sapiens sapiens , cioè il prodotto di una lunga e discontinua evoluzione che era cominciata più di mezzo milione di anni prima , ha invaso l ' Europa proveniente da qualche regione sconosciuta dell ' Asia o dell ' Africa . È cominciata allora la storia dell ' uomo su questa terra ? O è cominciata prima , con l ' apparizione dell ' homo sapiens e dei primi ominidi ? O è cominciata dopo , con la formazione delle grandi civiltà delle quali ci rimangono monumenti e notizie ? Comunque si risponda a questa domanda , la storia dell ' uomo è stata assai lunga e complessa . Una somma enorme di trasformazioni e differenziazioni biologiche , di tentativi diretti nei sensi più disparati , di ingegnosità , d ' invenzioni , di lotte , di sacrifici e di morti costituisce il materiale grezzo di questa storia della quale abbiamo solo conoscenze scarse , frammentarie o parziali . A prima vista , questo materiale è un caos , una mescolanza disordinata degli eventi più disparati . Ma è , questa apparenza , la vera sostanza della storia ? Difficilmente l ' uomo si adatta a questo pensiero . E non ci si adatta perché , a quanto sembra , esso lo lascerebbe privo di ogni fede nel futuro . Se la storia è un caos di eventi , questi eventi continueranno a sommarsi o a elidersi come è accaduto nel passato . L ' uomo non può contare di dirigerli , di imprimere ad essi una direzione favorevole al proprio progresso ; non può presumere che essi gli consentiranno di salvare i valori che gli stanno a cuore e in primo luogo lui stesso , l ' uomo : questo essere unico ( per quel che ne sappiamo finora ) che è riuscito a sopravvivere nelle circostanze più disgraziate e a creare , contro l ' ostilità dello stesso ambiente che lo ospita , un mondo nuovo di idee , di valori , di civiltà al di sopra del mondo muto e cieco della natura inorganica ed organica . Il problema del significato della storia nasce su questi fondamenti . La storia non ha il minimo significato se il destino dell ' uomo su questa terra è del tutto simile a quello degli innumerevoli esseri che la natura vi ha disseminato , se gli eventi che la compongono non hanno un ordine o uno scopo e se l ' uomo può sparire dalla faccia della terra senza lasciar traccia , com ' è accaduto di altre innumerevoli specie animali . La storia ha un significato se , nonostante l ' indipendenza e l ' eterogeneità apparenti degli episodi che entrano in essa talvolta a distanze enormi di tempo e di spazio , essa costituisce un ' unica totalità ; se questa totalità ha un ordine o un disegno complessivo che subordina a sé tutti gli episodi ; se quest ' ordine o disegno complessivo ha un unico scopo , un termine ultimo immanente o trascendente ; e se infine l ' uomo può , sia pure approssimativamente o genericamente , comprendere questo scopo . Gli antichi , che concepirono la storia come un ciclo che eternamente si ripete , non dettero una risposta esauriente al problema del suo significato perché non riconobbero alla storia uno scopo , un termine o una direzione verso cui essa muove . Gli Stoici credevano che in ogni ciclo le faccende umane si ripetono identicamente : c ' è di nuovo Socrate , di nuovo Platone , di nuovo ciascuno degli uomini con gli stessi amici e concittadini , con le stesse credenze e gli stessi errori . A giusto titolo questa concezione appariva terrificante a Nietzsche che tuttavia la credeva vera ma tale da poter essere accettata soltanto dai superuomini . Ma quando Origene disse che attraverso i cicli successivi l ' umanità espia le sue colpe e si avvia a riconquistare la perfezione originaria da cui è decaduta ; o quando Sant ' Agostino concepì la storia come la lotta tra la città terrena e la città celeste , che si concluderà con la vittoria di quest ' ultima ; o quando in qualsiasi modo si riconosce nella storia una totalità ordinata che cammina verso un certo scopo ( la spiritualità , la giustizia , l ' uguaglianza e via dicendo ) si ha una di quelle filosofie della storia , teologiche o laiche , che riescono ad attribuire alla storia un significato totale , trascendente o immanente che sia . Ma purtroppo , di fronte a questa prospettiva edificante , si ergono difficoltà insormontabili . L ' uomo non ha strumenti né informazioni sufficienti per comprendere , o anche solo pensare , la totalità assoluta del mondo storico . Lo stesso concetto di mondo come « totalità assoluta » è illusorio perché , come dimostrò Kant , è al di là di ogni esperienza possibile . Ciò che effettivamente sappiamo della storia è quanto ne dicono gli storici , il cui lavoro trova limiti precisi nella stessa disciplina della loro scienza : che ha bisogno di fonti d ' informazione e deve attenersi a metodi esatti nell ' utilizzazione di tali fonti . E per gli storici non esiste un ' unica storia totale ; esistono solo storie diverse e particolari che concernono particolari popoli , nazioni , culture , personalità , istituzioni o particolari settori dell ' attività umana ( la politica , l ' economia , il diritto , la scienza , ecc . ) . Certamente , tra queste storie particolari e settoriali si possono ( e si debbono ) , per quanto è possibile , cercare e trovare rapporti , interdipendenze , connessioni ; ma saranno , anche questi , particolari e settoriali c non consentiranno di parlare di una totalità unica e integrata . Se poi , oltre le enormi lacune della nostra conoscenza del passato , si considera anche la nostra ignoranza totale del futuro , il quale fa parte della storia come totalità , si vede subito che una storia siffatta può essere solo l ' oggetto di un intelletto divino che abbracci nella sua eternità tutto il tempo , non dell ' intelletto umano che vive nel tempo . Queste difficoltà sono decisive , per il problema del significato della storia . Parlare di questo significato nel senso che si è detto , significa parlare da romanzieri fantastici o da profeti soprannaturalmente ispirati ; oppure significa agitare un ' ideologia , presentare come realtà presente o inevitabilmente futura un pio desiderio . Tutto ciò che a questo proposito può dire il filosofo che voglia attenersi alle regole del suo lavoro si riduce a una constatazione : l ' uomo cerca di dare un senso alla storia . Questa constatazione è confermabile e trova conferma ogni volta che abbiamo informazioni sufficienti su una cultura o una civiltà qualsiasi ; giacché ogni cultura o civiltà , per quanto primitiva , può essere interpretata come il tentativo di dare alla storia , cioè alla vita dell ' uomo sulla terra , un significato determinato . Ma da questo punto di vista non si può parlare di un significato unico e totale come non si può parlare di un unico « mondo storico » . I significati che gli uomini cercano di attribuire alla loro storia sono molteplici , talora disparati , spesso in conflitto . Ogni significato è iscritto nella struttura d ' una società determinata e ne costituisce nello stesso tempo la condizione di vita e lo scopo dominante . Per quanto creduto destinato al successo , il significato non è che il limite ideale dei tentativi che si fanno per realizzarlo ; e questi tentativi non sempre riescono , com ' è dimostrato dalla decadenza e dalla morte delle civiltà . Quando il problema del significato della storia venga sottratto al tradizionale orizzonte teologico e metafisico e ricondotto nei limiti e nella misura dell ' uomo , esso assume questa forma : qual è il significato che intendiamo dare alla nostra storia ? E quali possibilità abbiamo di realizzarlo ? Per rispondere a queste domande , dobbiamo certo rivolgerci all ' indagine storica e rintracciare , nell ' ambito della civiltà cui apparteniamo , linee di tendenza , direzioni di marcia che prevalgono in questo o quell ' aspetto di essa . Ma non abbiamo alcun diritto di considerare inevitabili le prospettive aperte da queste direzioni o tendenze , che possono essere rafforzate o indebolite dalle nostre scelte o da nuove circostanze . Accade spesso che le scelte umane si orientino in senso nettamente contrario alle tendenze meglio riconoscibili nella storia : così accade ad esempio nei confronti della tendenza pressoché universale dei regimi politici a trasformarsi in assolutismi . L ' indagine storica ci offre certamente utili insegnamenti , ma si tratta spesso di insegnamenti negativi : stimolano gli uomini a combattere e a modificare radicalmente modi di vivere o di pensare che sono sostenuti da una lunga tradizione . I biologi insegnano che la specie umana è , tra le specie animali , quella che comprende la maggiore varietà . Gli antropologi e i sociologi insistono sulla disparità delle strutture culturali che disciplinano la vita associata dell ' uomo . Gli storici mettono in luce l ' individualità irriducibile delle istituzioni umane . Non è detto , in queste circostanze , che tutti gli uomini debbano dare alla storia lo stesso significato . La scoperta di significati nuovi ed imprevisti può arricchire la loro vita ; ed anche i conflitti , che la diversità dei significati può far nascere , non hanno nulla di tragico se essi sanno affrontarli nel rispetto reciproco e nella libertà .
Caro Pastore ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Pastore , se mi parli a titolo personale , va bene . Ma se mi parli come redattore di Tg2 , non so chi ti dia il coraggio di appellarti all ' onestà e alla pulizia , perché se c ' è un telegiornale di regime , e quindi disonesto e fazioso come lo sono tutti gli organi di regime , è proprio il vostro , e per verdetto di voce pubblica . Per dimostrare che il Giornale è presente nelle vostre trasmissioni , tu citi Bartoli . Ma Bartoli non viene mai presentato come voce del Giornale , ed è giusto così perché Bartoli , prezioso e autorevolissimo collaboratore , non fa parte dello staff del Giornale : se ne facesse parte data la sua statura , non potrebbe occuparvi altro posto che quello di direttore . La prova del vostro settarismo la si ebbe alla chiusura delle elezioni nazionali quando , girovagando con le vostre macchine da presa di tipografia in tipografia , faceste il ventaglio di tutti i giornali , dimenticando il solo che aveva azzeccato in pieno i risultati e dato ad essi il maggior contributo : il nostro . E un ' altra prova la si era avuta poco prima quando , in un dossier sulle nuove tecnologie per la stampa , mostraste quelle delle testate che le hanno adottate soltanto a mezzo , dimenticando - al solito - la nostra , che è stata la prima a adottarle interamente , ed è considerata la più moderna e avanzata . E questo in una trasmissione che voi , con grande sussiego , gabellate come un modello di rigore scientifico . Te lo dico senza rabbia perché a questo tentativo d ' ignorarci e di ghettizzarci , da parte delle forze politiche di cui voi non siete che i trombettieri , siamo abituati fin da quando nascemmo . Non ci siete riusciti . E ora facciamo i conti . Sappiamo benissimo che avete in mano uno strumento infinitamente più potente del nostro . Ma sappiamo altrettanto bene ch ' è uno strumento discreditato dagli abusi che ne avete fatto e che continuate a farne . Non vi temiamo . I nostri lettori credono a noi , non a voi .
StampaPeriodica ,
Il movimento operaio più vecchio e potente del mondo sta attraversando una crisi che solo parzialmente è da porsi in relazione colla depressione economica che colpisce l ' Inghilterra . Da quattro anni un quinto della classe lavoratrice è disoccupata o occupata con orari ridotti ; i quadri delle Unioni sono discesi da più di otto a poco più di cinque milioni ; le casse sono esauste dopo i troppo prolungati sussidi . Si aggiunga la lotta che ancora permane tra il vecchio unionismo corporativista specie degli operai specializzati e il nuovo unionismo dei non specializzati ; gli attriti e le dispute continue per la « demarcazione » , particolarmente gravi in un periodo di trasformazione delle organizzazioni di « mestiere » in organizzazioni di « industria » ; le difficoltà per la fusione ( amalgamation ) di Trade - Unions similari che si impone anche per fronteggiare l ' analogo processo che si svolge nel campo padronale . Questi però sono tutti fattori transeunti . Fate che la pressione della crisi si allenti e la molla scatterà col vigore antico . Invece la più intima crisi che rode il colosso sindacale britannico , e che dai più non è avvertita , è la crisi d ' una enorme forza in potenza cui mancano gli strumenti di realizzazione , l ' innesto per una azione durevole ed efficace specie sul terreno economico . Sta nei limiti ferrei che il movimento di resistenza incontra in regime capitalistico . Superati i quali , sia pur poco , intervengono quasi automaticamente forze naturali ( evasione di capitali , emigrazione d ' industrie , introduzione di macchine , disoccupazione , concorrenza ... ) e artificiali ( cioè non propriamente economiche il fascismo in parte ne costituisce un esempio ) a ristabilire il turbato equilibrio . La possibilità di miglioramento nelle condizioni materiali della classe salariata organizzata , che in un primo periodo si dimostrano veramente imponenti dietro lo stimolo della lega , vanno gradatamente riducendosi col perfezionarsi del meccanismo unionistico . La lega conserva , sì , la importantissima funzione di perpetuamente adeguare i salari agli aumentati profitti e costo della vita e soprattutto all ' aumentato dividendo nazionale ; ma appare invece quasi del tutto impotente a mutare stabilmente la quota relativa a remunerazione del lavoro nei confronti della quota relativa a remunerazione dei possessori di capitale . In una parola : il movimento sindacale difficilmente può incidere in maniera permanente il profitto capitalistico . La lega appare più uno strumento negativo che colle sue stesse mani pone il problema del suo superamento ; è una forza sempre più immane cui sembra mancare , rebus sic stantibus , l ' alimento per una vita rigogliosa . È una sorta di circolo chiuso quello nel quale va cacciandosi in tutti i paesi il moto sindacale , anche perché , coll ' estendersi del movimento di organizzazione , i miglioramenti ottenuti vengono talora in buona parte sopportati dalla stessa classe salariata per il noto fenomeno della traslazione . Se il moto sindacale non trova un via d ' uscita , non elimina o non supera l ' ostacolo che si erge sul suo cammino , finirà per farsi assorbire e sopraffare da quello stesso ordinamento capitalistico contro il quale scese in lotta aperta . A questo punto sorge manifestamente il problema politico . Il movimento di resistenza si allea così coi partiti e crea esso stesso ( in Inghilterra col Labour Party ) il suo organo politico mentre nel campo economico cerca di sfociare verso lidi vasti , sia attraverso statizzazioni e municipalizzazioni , sia particolarmente attraverso la cooperazione nelle sue varie forme . In Inghilterra assistiamo attualmente al tentativo di innestare il moto sindacale sul cooperativo . In Inghilterra la cooperazione di consumo si è andata sviluppando in modo prodigioso , accompagnata da una tale somma di esperienze in ogni campo giuridico compreso da meritare ampissimo studio . Notevolissimo quello dei coniugi Webb , la notissima coppia intellettuale che metodicamente venne illustrando in più che trent ' anni di lavoro la storia , i postulati , le tendenze del mondo del lavoro britannico . I Webb , socialisti fabiani , evoluzionisti spenceriani , ferreamente legati alla realtà passata ed attuale e quindi ribelli ad ogni schema avveniristico che di questa realtà e delle sue lezioni non tenga tutto il conto dovuto , ritengono che il socialismo si avrà solo e necessariamente coll ' estendersi al massimo della cooperazione di consumo , in uno collo svilupparsi dell ' azione dello Stato e delle municipalità . Il ragionamento dei Webb è presto riassunto . L ' unica , la vera , l ' autentica democrazia è la democrazia dei consumatori . Col movimento cooperativo di consumo si provvede un metodo per il quale la produzione , a differenza che in regime capitalistico , non si svolge coll ' incentivo del profitto . La eliminazione del profitto o la sua redistribuzione avviene secondo un criterio schiettamente democratico perché si proporziona non alla quota di capitale posseduto , ma all ' ammontare delle compere . La cooperativa di consumo non ha quindi interesse ad aumentare i profitti al di là dello stretto necessario per fronteggiare le contingenze del mercato ; per ragioni fisiologiche ha da essere aperta a tutti , tendere anzi perpetuamente ad espandersi lottando contro i trust capitalistici ; è interessata grandemente a che i metodi di produzione , i processi tecnici si perfezionino continuamente . Quel che veramente caratterizza la democrazia dei consumatori è la sua forma volontaria . Il socialismo dei Webb vuol essere di marca liberista . Le cooperative entrano in concorrenza colle imprese private , colle municipalità , talora anche tra di loro . E in genere nella lotta vincono e ancor più vinceranno perché non avendo alcuna inferiorità in sede economica sono immensamente superiori in sede politica e morale . Ciascuna cooperativa o gruppo di cooperative organizzerà anche le sue fonti di rifornimento , avrà i suoi centri di produzione attraverso un fenomeno di integrazione non sconosciuto in economia . Si partirebbe dal consumo , tesi cara al Gide , per giungere alla produzione capovolgendo l ' attuale processo economico . E già oggi non poche cooperative posseggono aziende agrarie , latterie , manifatture , e quelle all ' ingrosso esercitano molti rami di produzione e lo stesso commercio internazionale . Non vi è nulla di utopistico , secondo i Webb , nel prevedere il graduale cooperativizzarsi del mondo , almeno britannico . In nessun ramo si è palesata una reale inferiorità . Questione di tempo e di uomini . Il salariato però non scomparirebbe in un regime a cooperazione universalizzata . Così il problema grave delle relazioni tra consumatori e produttori . Esso si risolverebbe , dicono i Webb , non risolvendosi . Tutti gli appartenenti alla classe salariata ( dal direttore all ' ultimo avventizio ) sono o dovrebbero essere simultaneamente membri delle società cooperative come consumatori e delle loro Trade - Unions come produttori . I contrasti certo non si eliminerebbero ; già oggi tra le organizzazioni degli impiegati in aziende cooperative e i dirigenti si hanno lotte clamorose , scioperi replicati ; le relazioni tra unionisti e cooperatori , malgrado gli organi cuscinetto , non sono delle più facili . Ma , osservano i Webb , è anche vero che le cooperative fanno ai loro impiegati (200.000) le migliori condizioni di impiego del mercato garantendo in molti casi un minimum di salario . Col miglioramento delle condizioni generali molte questioni spinose si risolveranno automaticamente . Per quasi un secolo , incalzano i nostri autori rivolgendosi ai loro asprissimi critici , i gildisti , il nostro movimento è stato combattuto , sabotato , quando non del tutto ignorato , perché violerebbe i principi fondamentali in una organizzazione socialista e cioè controllo operaio e in genere autogoverno nell ' industria . Ma , per quanto magnifici siano cotesti postulati , novanta anni di esperienze e letteralmente migliaia di tentativi in una mezza dozzina di paesi , in quasi tutte le industrie , hanno dimostrato in modo inequivocabile , qualunque sia la ragione , che la conduzione di una impresa da parte dei produttori , comunque organizzati , è una forma impraticabile di organizzazione industriale , voi chiedete che siano gli stessi dipendenti ad eleggere i loro superiori , parlate nelle unioni e nelle cooperative , questo sistema ha fatto buona prova . È una questione di psicologia . Non si sceglie colui al quale si dovrà obbedire . Nella cooperativa di produzione si lavora per il profitto , per il massimo profitto ; è un egoismo a basi più larghe dell ' attuale che si organizza . La cooperativa di produzione è misoneistica , avversa ai mutamenti , ai perfezionamenti tecnici . In essa si riaffermano lo sfruttamento e la oppressione dei deboli da parte dei lavoratori più abili e specializzati . Tende a chiudersi , ad assumere salariati , a peggiorare le condizioni di lavoro , a non rispettare il minimum di esistenza . L ' esperienza ha dimostrato il fiasco della cooperazione di produzione come mezzo di realizzazione di un massimo di utilità e di giustizia sociale . E la spiegazione è ancora una volta semplice e d ' indole psicologica : nessuno è buon giudice nel suo caso particolare . Il piccolo gruppo produttore finisce inevitabilmente per vedere l ' interesse generale attraverso il suo proprio e particolare . Si accusa il movimento della cooperazione di consumo di non realizzare i postulati democratici . Ma che cosa è più rispondente al principio democratico ? Che a guidarlo siano , in concreto , i quattro milioni e più di cooperatori o i duecentomila impiegati ? Non esaltiamo poi troppo , dicono i Webb , la figura e l ' opera del « produttore » . La produzione dei beni e dei servigi , ben lungi dal costituire la base fondamentale della vita sociale , viene e verrà assumendo una importanza ognora decrescente . La democrazia nel campo della produzione è mezzo , non fine . Si lavora per vivere , non si vive per lavorare . Si deve tendere ad assicurare ad ogni cittadino non tanto la libertà nella produzione , quanto la più larga libertà e possibilità nella sua vita che per tre quarti si svolge fuori della fabbrica . Abbiamo troppo disprezzato la funzione sociale del consumo . Anch ' essa ha un aspetto creativo e positivo . Tutta la organizzazione della comunità dovrebbe essere indirizzata non tanto a produrre i beni quanto a goderli e a farli godere nel modo migliore e più giusto . Con questo roseo epicureismo il sogno cooperativo è compiuto . Lo sforzo di emancipazione operaia è spacciato . La servitù nel mondo economico non scompare , ma si trasforma ; servi dell ' umanità , non più del privato sfruttatore . E la questione sociale è risolta , la pace assicurata , il socialismo realizzato ... Il dissidio tra cooperatori di consumo e di produzione , che sembrava oramai risolto col fallimento del cooperativismo di produzione , si è riacceso in questi ultimi anni fortissimo in sede pratica e teorica per opera di un gruppo di giovani , specie intellettuali ( Penty , Orage , Hobson , Cole , ecc . ) . La scuola gildista , sorta per opera del Penty nel 1907 e contrassegnata da tendenze socialiste utopistiche e piccoli borghesi , s ' è venuta profondamente modificando specie per l ' influsso del socialismo continentale e del mondo operaio . Concorrono in essa svariate e contraddittorie influenze dall ' Owen al Ruskin e al Morris , dal Marx al Sorel , diversamente combinate nei singoli scrittori . Ad un estremo ad esempio : il Penty , col suo disprezzo pel macchinismo , per la divisione del lavoro , per l ' odierna economia a prezzi fluttuanti e a produzione su grande scala , e in sintesi per l ' attuale civiltà quantitativa . Vecchi motivi utopistici , vecchi spunti ruskiniani che si volatilizzano al contatto colla realtà . In altri scrittori prevalgono invece motivi morali e religiosi . Cervello realista , spirito freddo , equilibrato , dalla educazione marxistica veramente eccezionale in terra inglese , è G . D . H . Cole , di gran lunga il più originale fra i gildisti . La sua critica contro il collettivismo accentratore e la rosea ed anonima democrazia dei consumatori è spietata . Egli ha sentito come pochi altri , potentemente influenzato dal sindacalismo rivoluzionario , che il succo della rivoluzione socialista non sta tanto in un mutamento delle condizioni e dei metodi di distribuzione , quanto nel mutamento dei metodi di produzione e conduzione delle imprese . Attraverso una propaganda decennale è riuscito ad imporre al movimento sindacale , dando una forma concreta alle vaghe per quanto sempre più incalzanti esigenze e aspirazioni delle masse , i due motivi fondamentali di lotta : controllo operaio e autogoverno nell ' industria . L ' operaio cosa , numero , materia grigia estranea alla vita della fabbrica moderna deve riacquistare in seno alla fabbrica , e non fuori come vogliono i Webb , tutta la personalità . Il problema operaio è problema di coscienza , di dignità , di libertà . Gli operai stessi non si accontentano più del semplice « miglioramento » economico ; il fine che intendono raggiungere colla Trade - Union si allarga , si sposta ; vogliono divenire attivi compartecipi della vita della azienda . La simpatia per le gilde medievali non vuol significare il desiderio di copiare la struttura del mondo corporativo . Ma lo spirito animatore delle gilde medievali dove l ' ente e i lavoratori associati in uno coll ' opera da compiere erano una cosa sola viva e vibrante , dove il principio dell ' autogoverno era normalmente praticato , dove non si disprezzavano le esigenze artistiche e qualitative , ecco ciò che il mondo moderno può , deve imparare volgendo lo sguardo al passato . La democrazia dei consumatori è un bubbola , una truffa volgare . Nessuna vera democrazia può basarsi su un elemento indifferenziato e negativo quale è il consumo . Si potrebbero ripetere le caustiche parole del Pareto : Se un legame solidale può instaurarsi tra gli uomini perché consumano , allora un eguale legame solidale può instaurarsi tra gli uomini perché portano vesti , camminano , respirano ... La solidarietà , questo mistero psicologico , che di fatto necessita per affermarsi d ' essere diretta contro qualcuno o qualche cosa , è tanto più forte quanto più ristretto , anche numericamente , è l ' ambito nel quale si palesa e più vivaci , possenti , positivi sono gli interessi dai quali scaturisce . Non sappiamo che farcene , dicono i gildisti riprendendo e realizzando il concetto soreliano di produttore , di una pseudo democrazia basata sulla massa grigia ed assenteista dei consumatori dove , per il solo fatto del consumo , l ' imperatore di tutte le Indie può teoricamente esser socio nella medesima cooperativa coll ' ultimo disgraziato di East End . Non sappiamo che farcene di un mutamento sociale che elimini il padrone singolo , l ' imprenditore privato , per regalarci il padrone collettivo , sia esso Stato , comune , cooperativa . La guerra colla onnipotenza della burocrazia statale ce lo ha dimostrato a sufficienza . Il problema delle ineguaglianze nella distribuzione è certo importantissimo ; ma se per risolvere quello occorre riaffermare in eterno la schiavitù del produttore , è preferibile , almeno in un primo tempo , un sistema per cui la direzione e il controllo dell ' industria vengano esercitate cumulativamente da operai e imprenditori . Potere e responsabilità nel campo della produzione hanno da essere dei produttori . La forma attuale di democrazia poggiata sul suffragio universale , pur avendo una indubbia funzione , non provvede agli affari della comunità in base al positivo volere dei suoi membri . Il suffragio universale , come diceva tra noi il Salvemini , è più una forza negativa . Il potere economico precede il politico . Finché nella organizzazione economica domina l ' autocrazia , la casta , la divisione in classi , non si può parlare di vera democrazia . Lo Stato ( altro motivo sindacalista - marxista ) va distrutto o grandemente mutilato . Esso è oggi il comitato di affari della classe dominante . Col cadere del privilegio economico e col libero riorganizzarsi della produzione per opera di gruppi autonomi federali di produttori , avremo non più uno , ma due , ma più Stati . Ogni associazione sostanzialmente è Stato . La trasformazione dovrà poggiare sul sindacato . Oggi il moto sindacale è estraneo alla conduzione delle industrie , può imporre solo proibizioni . Dovrebbe interessarsi del lato positivo , reclamare il diritto di regolare l ' assunzione e il licenziamento della manodopera , partecipare almeno in parte alla direzione e al controllo delle imprese , imporre il diritto di elezione o comunque di scelta dei sorveglianti da parte degli interessati . Per ogni funzione che richiede una cooperazione di volontà come tipicamente segue nel mondo industriale moderno , occorre che il dirigente immediato sia imposto dal basso . Certo l ' evoluzione in questo campo sarà lentissima , perché gli operai furono purtroppo abituati a considerare coloro che detengono l ' autorità nella industria capitalistica come i loro naturali nemici , e non possono , di un tratto , mutare i loro costumi ... I gildisti si rendono perfettamente conto della lentezza del processo di realizzazione specie per quanto ha riguardo al lato morale . Mentre il socialismo di Stato , come ben dice il Bauer , è sempre possibile a qualunque grado di sviluppo sia arrivata la massa dei lavoratori , un socialismo invece che debba avere per base il « self governing workshop » , cioè l ' autodirezione delle aziende , è possibile solo quando la classe lavoratrice , con la progressiva estensione dei suoi controlli sull ' industria , abbia già acquistata la capacità intellettuale e morale , che è premessa necessaria alla direzione industriale indipendente . Sarebbe quindi erroneo voler affrettatamente concludere sulla base delle recenti esperienze , per ora non troppo felici . L ' unità economica elementare è la gilda . È sì una cooperativa di produzione , ma a base nazionale federata con tutte le altre gilde ed emanazione della rispettiva organizzazione sindacale . Non deve tendere al conseguimento dei profitti , ma produrre sulla base del costo avendo speciale riguardo alla qualità dei prodotti : realizzando la più stretta intimità fra lavoratori manuali e tecnici ed organizzandosi nel modo più democratico . Il salario ha da essere commisurato ai bisogni dell ' esistenza , s ' intende entro certi limiti , e soprattutto avere carattere di continuità . La gilda deve garantire sempre , in ogni eventualità ( malattia , disoccupazione ) i mezzi di sussistenza . Nell ' amministrazione interna la gilda sarebbe libera dalla ingerenza di altri organi , Stato compreso . Ma allorquando entra in rapporti con altri enti , allorquando si tratta di indirizzare la produzione e di stabilire i prezzi delle merci , la decisione spetterebbe ad un comitato misto dove , oltre ai rappresentanti della gilda , siederebbero i rappresentanti degli interessi generali ( Stato , municipalità , cooperativa di consumo ) . Lo Stato , in un regime gildista , sarebbe solo nominalmente il proprietario di tutti i beni delle gilde . Grandi differenze quindi dalle nostre cooperative di produzione non appaiono , salvo per quanto ha riguardo alla maggiore vastità dell ' organismo concepito , e come vedremo , alla struttura interna della gilda . Le prime esperienze che si sono avute in Inghilterra tra il '21 e il '23 non furono sempre fortunate , e seguirono in uno degli ambienti più conservatori dell ' unionismo inglese ed economicamente arretrato , cioè nella industria edilizia dove le necessità di capitale sono minori e più facile era ottenere lavoro specie dagli enti pubblici e cooperativi per la crisi degli alloggi . Ciascuna gilda è retta da un comitato di gilda composto dai rappresentanti delle organizzazioni degli operai e tecnici della industria edile della regione . È una sorta di consiglio di amministrazione cui spettano la nomina dei dirigenti e la direzione dell ' impresa . Può suddividersi in sottocomitati per le varie questioni ed in questi una metà dei posti è riservata ai delegati dei lavoratori impiegati nella gilda . Abbiamo inoltre il comitato di fabbrica o consiglio di azienda eletto dagli operai di ogni gilda con funzioni tecnico - disciplinari e al quale spetta la nomina dei sorveglianti . In pratica nei primi tempi questo dualismo nella direzione fu assai dannoso e si palesò fonte di discussioni e di crisi . Si volle assurdamente rinunciare dapprima ad ogni capitale di esercizio ritenendo che fosse sufficiente ottenere anticipi settimanali dai clienti . Col risultato di far sorgere le gilde come funghi , senza conveniente preparazione . Solo più tardi , nel '22 , fu sottoscritto dal sindacato degli edili un prestito di 150.000 sterline . Nel frattempo si costituirono organismi federali . La « National Building Guild » cui facevano capo circa 140 gilde edilizie e un « Consiglio nazionale » . La depressione economica fu la causa più che altro occasionale della crisi che nel dicembre 1922 condusse al fallimento molte gilde , compresa la National Building Guild . Mancò in molti casi una sufficiente preparazione morale , difettarono per errore teorico i capitali , ci si volle tenere troppo aderenti allo schema ideale . Talora anche dal lato disciplinare e direzione tecnica i risultati non furono brillanti . Il dualismo tra il comitato di gilda ed il comitato di fabbrica fu assai dannoso ; il secondo voleva intervenire in ogni questione anche tecnica . Salvo casi rarissimi sul mercato libero fu impossibile sostenere la concorrenza . Non è detto davvero che il semifiasco sia definitivo . Molti errori si eviteranno per l ' avvenire . Le gilde ancora in piedi hanno mutato i sistemi di conduzione . Intanto i postulati gildisti e soprattutto lo spirito con cui i gildisti guardano al problema operaio hanno profondamente permeato il mondo unionistico britannico . Ad esempio la federazione minatori che prima della guerra chiedeva la nazionalizzazione e l ' amministrazione statale , dopo le esperienze belliche , presentò nel '19 alla Coal Industry Commission uno schema di nazionalizzazione schiettamente gildista . L ' idea del controllo e della condirezione nella industria che specie nel periodo bellico si diffuse grandemente indubbiamente tornerà sulle scene appena superata la crisi attuale . Altra proposta gildista che ha avuto sinora parziali applicazioni è la stipulazione di contratti collettivi tra Trade - Unions e imprenditore per la fornitura della manodopera necessaria già inquadrata , sorveglianti compresi ; così che l ' imprenditore remunererebbe non più il singolo operaio ma il sindacato che penserebbe poi alla redistribuzione . Queste due opposte concezioni del divenire socialistico che si sono venute drammaticamente scontrando in Inghilterra meritano più ampio studio e col presente ho inteso quasi esclusivamente limitarmi alla parte informativa . L ' esperienza inglese non ha favorito per ora i primi accenni ad un movimento di cooperazione nel campo della produzione che , partendo dal sindacato professionale , evitasse gli errori e gli egoismi di molte cooperative di produzione . In Germania i risultati delle gilde edili sono assai più confortanti . Sta poi di fatto che il movimento cooperativo di consumo , anche universalizzandosi come predicono i Webb , non può risolvere quello che si avvia ad essere nei paesi più evoluti il problema fondamentale , il problema della emancipazione operaia . La cooperazione di consumo non elimina il salariato , né gli scioperi , né gli urti di categoria . In questo contrasto tra una aspirazione di libertà e di autogoverno rispondente alle esigenze di masse sempre più vaste di lavoratori e una realtà che non ne permette almeno per ora in Inghilterra una rapida concretazione , sta la vera crisi del mondo del lavoro britannico e la sorgente delle lotte future . Il circolo vizioso non si spezza colla cooperazione di consumo , né sembra per ora superabile coi metodi gildisti . Né si supera con una spallata rivoluzionaria che non può mutare l ' ambiente economico . Solo l ' esperienza , liberamente attuata , coi suoi risultati magari dapprima dolorosi e negativi , potrà indicarci la via nuova negli anni a venire .