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Vita collettiva ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Se devo dire la verità , il mio tempo non mi ispira che odio e noia . Se è perché sono diventata vecchia e retrograda , annoiata e ipocondriaca , o se invece quello che provo è un giusto odio , non lo so . Penso che molti della mia generazione si pongano questa mia stessa domanda . Ho l ' impressione che l ' odio e la noia siano cominciati in me in un momento determinato . Non so precisare un simile momento nel tempo : so però che tutto è successo di colpo , e non a poco a poco . E stato alcuni anni fa : forse cinque o sei anni fa . Prima , tutto quello che i miei contemporanei inseguivano e amavano non mi era mai né odioso , né estraneo ; tutto quello che incuriosiva , seduceva e trascinava le persone intorno a me , incuriosiva , seduceva e trascinava me pure . Invece a un tratto ho sentito che non era più così ; che io continuavo a perseguire in me stessa cose di cui la gente intorno a me s ' infischiava : e il contrario . E quello che deliziava i miei simili , a me non ispirava che repulsione . Se dovessi tradurre quello che mi è accaduto in un ' immagine , direi che ho la sensazione che il mondo a un tratto si sia coperto di funghi e a me non interessano questi funghi . Vorrei capire però se è un fatto che devo spiegare con la mia vecchiaia , personale e privata , o se invece di colpo abbia preso coscienza in me un giusto odio . Un simile atteggiamento di indifferenza o di repulsione per le curiosità , le inclinazioni e i costumi che ruotano intorno a noi nel presente , mi sembra in se stesso quanto mai melenso e riprovevole . Il rifiutarsi al presente , l ' isolarsi nel rimpianto d ' un passato defunto , vuol dire rifiutarsi di pensare . Mi sembra però ancora più melenso , e ancora più colpevole , l ' atteggiamento inverso : cioè il costringere noi stessi ad amare e inseguire tutto quanto di nuovo compare intorno a noi . Questa è ancor più un ' offesa contro il vero . Vuoi dire aver paura di mostrarci come siamo , cioè stanchi , amari , ormai immobili e vecchi . Vuoi dire aver terrore d ' essere lasciati in disparte ; aver terrore di trovarci respinti , con i nostri inutili rimpianti , nei nostri regni in rovina . Che i nostri rimpianti per un mondo defunto siano inutili , è indubitato . Difatti quel mondo , così com ' era , non potrà risorgere mai . è inoltre assai dubbio se fosse davvero da rimpiangere . Nel fatto che noi siamo portati a rimpiangerlo , essendo stato il mondo che ospitava la nostra giovinezza , non va osservata che un ' inclinazione sentimentale , una debolezza del nostro spirito . Detto questo però va anche detto che è totalmente impossibile all ' uomo stabilire cosa gli sia utile e cosa gli sia inutile . L ' uomo non lo sa . Penso che essenzialmente quello che detesto nel mio tempo , è proprio una falsa concezione dell ' utile e dell ' inutile . Utile viene oggi decretata la scienza , la tecnica , la sociologia , la psicanalisi , la liberazione dai tabù del sesso . Tutto questo è reputato utile , e circondato di venerazione . Il resto è disprezzato come inutile . Nel resto però c ' è un mondo di cose . Esse vanno evidentemente chiamate inutili , non portando con sé per i destini dell ' umanità nessun vantaggio sensibile . Enumerarle sarebbe difficile , essendo esse infinite . Fra esse c ' è il giudizio morale individuale , la responsabilità individuale , il comportamento morale individuale . Fra esse c ' è l ' attesa della morte . Tutto quello che costituisce la vita dell ' individuo . Fra esse c ' è il pensiero solitario , la fantasia e la memoria , i rimpianti per le età perdute , la malinconia . Tutto quello che forma la vita della poesia . Una simile parola , negletta , schernita e umiliata , appare oggi così antica e intrisa di vecchie lagrime e polvere , quasi fosse lo spettro stesso dell ' inutilità , che uno si vergogna perfino di pronunciarla . Essendo dunque negletto e mortificato tutto quello che forma la vita dell ' individuo , essendo venerati e santificati gli dei dell ' esistenza collettiva , avviene che non è più tenuto in nessun conto il solitario pensiero . E stato decretato che non serve a nulla , che non ha potere alcuno , che non incide in nulla sulla vita dell ' universo . Sembrando l ' umanità ammalata , utili sono chiamate soltanto quelle che si stimano essere medicine per curarla . Il pensiero solitario non appare se non come un malinconico e sterile frutto di solitudine e di fatica ; e due cose sono oggi con prepotenza odiate e ripudiate , la fatica e la solitudine . Si cerca di combatterle e di annientarle ovunque se ne scorga una pallida impronta . Ci si raduna in gruppo , per difendersi dall ' oscurità e dal silenzio , dalla presenza faticosa e stremante del proprio essere singolo ; ci si raduna in gruppo per viaggiare , per esistere , per suonare e cantare , per creare opere . Ci si raduna in gruppo anche per fare l ' amore : sembrando faticoso e stremante , e troppo imparentato con la solitudine , il famoso antichissimo rapporto di una sola donna con un solo uomo . Il desiderio di difendersi con ogni mezzo dalla solitudine e dalla fatica , appare chiaro soprattutto in due espressioni della vita attuale : nelle opere creative , e nei rapporti fra donne e uomini . Fra le età dell ' uomo , quella che oggi è preferita e amata è l ' adolescenza : essendo insieme l ' età in cui ci si sveglia ai piaceri della vita adulta , e in cui la fatica degli adulti ci è risparmiata . Essa è anche l ' età in cui le colpe ci vengono perdonate . Così , il mondo di oggi appare come il regno degli adolescenti ; donne e uomini si travestono da adolescenti , qualunque sia l ' età che hanno toccata . In questo sogno d ' adolescenza , uomini e donne si rassomigliano e si identificano , sembrando voler apparire la medesima cosa : il medesimo essere ambiguo , languido , randagio e soave , indifeso e tenero , con panni colorati e laceri e chiome fluenti ; immerso in un eterno abbandono , perduto in un eterno pellegrinaggio , senza propositi e senza tempo . Qualcosa fra una vergine , un profugo , un monaco , una principessa . Volendo apparire insieme uomo e donna , questo essere vuole anche apparire insieme ricchissimo e poverissimo , e mescolare su di sé e condividere molteplici destini : né per lui esistono stagioni , mescolandosi nelle sue vesti l ' estate e l ' inverno . Nell ' unirsi in gruppo per far l ' amore , nel rifiutare il segreto del rapporto a due , c ' è ancora un sogno d ' adolescenza . Possiamo leggervi il desiderio che il rapporto più drammatico fra quelli esistenti , il rapporto fra uomo e donna , perda la sua drammaticità e si trasformi in qualcosa di innocente , che assomigli il più possibile a un gioco di ragazzi , senza propositi , senza durata e senza fatica , leggero , transitorio e incruento . Quanto alle opere creative , esse esprimono ugualmente un desiderio di non - fatica , non - travaglio , non - dolore , non - spargimento di sangue ; i romanzi e i versi aridi e confusi che oggi vengono scritti , dicono chiaro come non sia stata spesa per scriverli un ' ombra di fatica reale , e chi li ha scritti si è limitato a specchiarsi nella sua aridità e confusione ; le opere d ' arte che si vedono nelle gallerie e nei musei , composte di veri manici di scopa e di veri secchi di plastica , i quadri fatti di un semplice strato di colore , non hanno richiesto nulla di più d ' una veloce ricerca in cucina o d ' una rapida pennellata simile a quella di chi vernicia una stanza . Portando così di peso nell ' arte la realtà più transitoria e più vile , l ' uomo di oggi intende esprimere il vuoto e la sfiducia che lo circonda , vuoto da cui non trae che una scopa , una palla di vetro o una macchia di vernice ; ma esprime anche la sua volontà di risparmiare a se stesso il sangue , il travaglio , lo strazio e la solitudine della creazione . In verità , fatica e solitudine appaiono come i più temibili nemici del vivere , perché l ' umanità intiera è oppressa da fatica e solitudine . L ' uomo di ieri non lo sapeva ; poteva vivere ignorando le sventure della sua specie . L ' uomo di oggi non ignora più nulla di quanto accade ai suoi simili sotto il sole ; così non può più sopportare la convivenza con se stesso , odia la propria immagine , e sente sulle sue membra pesare una consapevolezza universale e intollerabile . La sua liberazione è sopprimere dal suo spirito ogni inclinazione al dolore e alla fatica ; e con essi ogni senso di colpa , ogni solitario terrore . La sua liberazione è rifugiarsi in uno stato di adolescenza eterna , di estrema irresponsabilità e libertà ; far buio sui propri complessi , sulle proprie inibizioni , sulle proprie nevrosi ; avendoli a lungo esplorati , sbarazzarsene , come di ombre o di incubi ; definirli inutili , e definire inutile con loro tutto il mondo dello spirito . L ' essersi così sbarazzato di complessi e inibizioni , non lo rende fiero né lo rallegra , perché l ' uomo di oggi non ha dentro di sé un luogo dove rallegrarsi o andar fiero . Inoltre sa che il mondo delle angosce e degli incubi non si è dissolto , ma è stato semplicemente chiuso fuori e si affolla sulla sua soglia . Gli strumenti per difendersi da queste presenze nascoste gli sono stati insegnati , ed egli li adopera . Essi sono la droga , la collettività , il rumore , il sesso . Sono le espressioni molteplici della sua libertà . Non fiera e non allegra , e nemmeno disperata perché non ha memoria d ' aver mai sperato nulla , priva di passato e di futuro perché non ha né propositi né ricordi , questa libertà dell ' uomo di oggi cerca nel presente non una fragile felicità , che non saprebbe come usare non possedendo né fantasia né memoria , ma invece una fulminea sensazione di sopravvivenza e di scelta . Bandito lo spirito , l ' uomo di oggi non ha a sua disposizione nulla se non questa scelta imperiosa , occasionale e fulminea . Quello che essa coglie nel presente è come il manico di scopa o le bacinelle delle attuali opere d ' arte : un oggetto , in verità assai banale e volgare , ma comunque un oggetto , scelto e acchiappato a volo nel vuoto ; un segno che una scelta è ancora possibile , che un oggetto può ancora essere chiamato unico , essendo stato scelto non si sa perché fra i milioni di oggetti identici che ruotano nei vortici dello spazio .
GERMANIA ( FORGES DAVANZATI R. , 1925 )
StampaQuotidiana ,
I commenti demoliberali e antifascisti sulla elezione di Hindenburg sono pietosi . Basta constatarli , come ieri abbiamo constatato il valore profetico ( ! ) dell ' anticipato commento del nobiluomo Sforza . Non occorre confutarli . Lasciamo che si invochi l ' unione di tutte le democrazie etcetera etcetera . Intanto , a scanso di equivoci , per eliminare le solite balorde « filie » che hanno sempre ottenebrato un chiaro giudizio , necessario in politica estera , e per fissare alcune coincidenze fondamentali germaniche , anche nella lotta dei partiti , ricordiamo che il cartello delle sinistre , messo di faccia alla semplificazione delle candidature alla Presidenza , per combattere la destra , si era fatto destro , aveva scelto un candidato di minoranza nel cartello delle sinistre , e che Marx , contrapposto ad Hindenburg , si è lasciato andare ad affermazioni pangermaniste , per confermare ancora che la Repubblica può aver eliminato la dinastia degli Hohenzollern , può aver aperto la via ad un esperimento parlamentaristico , ma che il regime , il Reich , ha sempre uno spirito saldamente nazionale e imperiale . Se la democrazia nostrana ha versato fiumi di elegiaco inchiostro sulla povera Germania e ha invocato tutti i favori per il nuovo regime , presentato come contrito e rassegnato , noi non abbiamo mai partecipato a questa esibizione di tradizionale imbecillità . La candidatura Marx del cartello socialdemocratico era già dunque una candidatura di destra socialdemocratica . Il significato della vittoria di Hindenburg è però accresciuto da questa premessa . Ed ecco perché la sorpresa , segnalata da Parigi e anche da Londra , è una sorpresa puerile . E più puerile ancora è il tentativo dei laburisti e liberali inglesi di attribuire la vittoria del Maresciallo alla mancata disoccupazione di Colonia . Se mai , da questo gioco polemico dei sinistri inglesi , poco soddisfacente per i sinistri francesi , che sono oggi inchiodati al governo , appare chiaro come la Germania possa riuscire facilmente a guadagnare per la propria politica , giocando ora col berretto frigio ora con l ' elmo a chiodo , perché trova sempre ben disposta una imbecille democrazia europea o a darle ragione o a dar torto ad un altro paese , accusato di irritarla . La verità è che la vittoria di Hindenburg rappresenta per ora una tipica espressione dello spirito germanico , dello spirito della guerra , e significa che in nessun paese , anche in un paese vinto , è lecito fondare le proprie fortune politiche su una mostruosa rinnegazione del sacrifizio in guerra e delle virtù militari di un popolo . Presto o tardi , queste tristi fortune politiche debbono tramontare , e , se non tramontassero , vuoi dire che il popolo che le sopporta è un popolo corrotto e colpito a morte . La vittoria di Hindenburg è la liquidazione automatica , ma oramai tombale , di tutto il ridicolo armamentario dell ' infatuazione vilsoniana nelle democrazie europee , che voleva i processi a Guglielmo e ai responsabili della guerra , tra i quali , se mal non riteniamo questi ricordi cretinissimi , era lo stesso Hindenburg ; che voleva gli Hohenzollern in perpetuo esilio ; che pretendeva imporre un regime antimonarchico e parlamentaristico ; e che credeva , con tutto ciò , di dare un crisma morale alla vittoria e di guarire in perpetuo la Germania , considerata minorenne , dalla rosolia dell ' imperialismo , invenzione letteraria di quattro mentecatti , portandola riconciliata sotto la tutela delle grandi democrazie dell ' era nuova ! Tutte queste pretese goffe non hanno potuto avere , sebbene sanzionate in articoli di Trattato , alcuna realizzazione . Sono crollate . Ma oggi la vittoria di Hindenburg significa che la Germania non ammette più alcuna subordinazione del proprio regime allo straniero , e poiché , all ' infuori di chiacchiere sconclusionate di giornali , nessuna azione diplomatica seria potrebbe esserci da parte dell ' Intesa , può dirsi che questa affermazione oramai c ' è , e incontrovertibile . Si può infatti affermare che uno degli elementi più favorevoli all ' elezione di Hindenburg sia stato appunto quella parte della propaganda avversaria , che metteva avanti la minaccia di rappresaglie straniere , offesa intollerabile dello spirito nazionale . Se la vittoria del Maresciallo non diventa strumento di quelle grossolane infatuazioni , che sono tipiche della politica germanica , perché tipiche dello spirito germanico , è probabile che , assicurato questo caposaldo , non si compiranno atti i quali possano invalidare , per ora , l ' esecuzione già accettata del piano Dawes : modificare la proposta del patto di sicurezza e la partecipazione alla Lega delle Nazioni . La Germania mira in realtà a ristabilire una situazione di parità europea , e a lavorare con tenacia in questa riconquistata posizione . Ma quali possano essere le ripercussioni diplomatiche della elezione di Hindenburg , noi sappiamo che la Germania vuol riprendere in pieno la sua azione di potenza , di potenza che può esprimere audacie imperiali , anche in un periodo di costrizioni militari , di un imperialismo economico e produttivo , che non tarderà a farsi sentire . Mussolini non aveva atteso l ' elezione di Hindenburg per richiamare , mesi fa , nel discorso di Milano , l ' Italia ad una sempre più profonda comprensione delle nostre difficoltà esterne , per il ritorno della Germania alla sua libertà commerciale . Non occorreva infatti la morte di Ebert e questo primo saggio di elezione presidenziale per sentire la presenza germanica , dopo la vittoria interna sull ' annullamento del marco , e l ' accettazione del piano Dawes , cominciata con un prestito rinsanguatore di ottocento milioni di marchi oro . Soltanto i ciechi e i sordi potevano ignorare i veri propositi germanici , espressione dello spirito della razza . E l ' Italia ha avuto e ha modo di accorgersi dei propositi germanici nei negoziati durissimi , sui quali spesso abbiamo richiamato l ' attenzione dei lettori . Questa è la Germania che guarda al Brennero e anche oltre Brennero . L ' Italia vittoriosa non deve temerla , e non deve osteggiarla pregiudizialmente . Ma l ' Italia fascista , che sa intendere lo spirito della vittoria di Hindenburg , per questo appunto rifiuta il metodo socialdemocratico , che , innanzi alla dura realtà , si rifugia ciecamente nelle ideologie internazionalistiche , e ad ogni brusco risveglio , impreca stupidamente sulla nequizie umana e contro la storia , che si ostina a non inquadrarsi negli schemi dell ' idiozia demoliberale . L ' Italia fascista sa che per rispondere ai propri compiti , in questa crisi europea , secondo lo spirito della vittoria , ci vuole una formidabile disciplina interna , difesa con tutti i mezzi contro quelli che non ancora la vogliono , perché occorre esser forti , per non correr il rischio di sedurre le minaccie altrui con la propria debolezza . In Europa c ' è una Germania , che richiama lo spirito della razza . Ecco la verità , verità storica , che le giraffe vanitose e stupide della socialdemocrazia non vedevano e non vedono con la testa fra le nuvole delle loro ideologie . Per vivere amichevolmente con questa Germania , bisogna che stia ben ferma al confine austriaco . Ecco una prima cosa da dire , fascisticamente , dopo la vittoria di Hindenburg .
Niente da fare ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Roma , 6 maggio . San Silvestro , poste centrali , ore 11.30 . Reparto vaglia telegrafici . Folla . Davanti a uno degli sportelli dove s ' incassa , un grosso signore strabuzza gli occhi e si asciuga il sudore . L ' impiegato , sottile , occhialuto , in grembiule nero , il cranio calvo velato da pochi capelli incollati di traverso , scruta attentamente due vaglia . Li gira e rigira . Manca solo che li guardi di taglio . Poi scuote appena la testa e dice : « Tutto regolare . Se la somma fosse minore , forse la carta di identità basterebbe . Ma per 370 mila lire , bisogna che qualcuno da noi ben conosciuto la conosca . Mi dispiace » . Il signore apre la bocca per dire qualcosa . La richiude e rotea gli occhi come un basilisco in amore . Inghiotte . Ritira attraverso lo sportello i suoi vaglia , li agita come per farsi fresco , li sbircia . Finalmente , con accento spiccatamente veneto , dice : « Ma chi volete , anime del paradiso , che io conosca , qui a Roma , e per di più che voi ben conosciate ? ? ? Ho qualche conoscenza : ma come faccio a sapere , santa pace , se quelli che conosco io conoscono anche voi , e bene per di più ! E poi , perché , pace del cuore benedetto , la carta d ' identità non basta ? ? ? Perché allora , vita cara , si chiama carta d ' identità , se non serve a identificare quando bisogna ? Su , da bravi : datemi questa moneta , che devo versarla per un affare urgente » , « Dolente » , fa l ' impiegato , allargando le mani bianche come gesso , « ma proprio non si può . Se fossero cinquanta , anche centomila lire , si potrebbe vedere . Ma qui , caro signore , si tratta di quasi mezzo milione ! Mica si scherza . Chi se la prende la responsabilità ! Il regolamento parla chiaro . In ogni caso , ci orrebbe la tessera di riconoscimento postale , o perlomeno il passaporto debitamente rinnovato . Ne è in possesso ? » Il signore , con voce fievole , confessa di non possedere né l ' una né l ' altro . Poi , illuminandosi , dice : « Ora che mi ricordo ! Uno che mi conosce , qui alle poste , ce l ' avrei . Il ragionier Bortoli Enrico , mio compaesano , che dev ' essere ai pacchi . Si potrebbe chiamare ? » L ' impiegato si stringe nelle spalle : « Bortoli ? Quello friulano ? È morto l ' anno scorso , poveraccio . Un malaccio cattivo ... »
Due comunisti ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Nei giorni intorno allo scorso Natale mi telefonò una persona . Mi disse che aveva da propormi un lavoro . Venne . Era uno che non avevo mai visto prima ; lo trovai molto simpatico . Parlammo a lungo e di varie cose . Di lui non so e non potrei dire nulla , se non che è molto simpatico e che lavora alla televisione . Mi chiese se volevo fare , per la televisione , un ' inchiesta sulla donna in Italia . Risposi che non sapevo fare le inchieste e che non mi piaceva per niente pensare « alla donna » , cioè pensare ai problemi delle donne isolati da quelli degli uomini . Gli dissi inoltre che non mi piaceva viaggiare . Non avrei avuto nessuna voglia di viaggiare per l ' Italia con dei fotografi . Gli dissi che l ' unica cosa che amavo al mondo era scrivere , sul divano di casa mia , tutto quello che mi passava per la testa . Mi disse che non avrei dovuto viaggiare perché altri avrebbero viaggiato per me . Io potevo restare a casa mia . Mi disse che in questo lavoro non sarei stata sola , perché un sociologo avrebbe lavorato con me . L ' idea di lavorare con un sociologo mi spaventò moltissimo e rifiutai . Non saprei parlare con un sociologo ; la sociologia è troppo lontana da me . Mi disse allora il nome del sociologo a cui avevano pensato e a cui si proponevano di scrivere per sapere se acconsentiva . Era Ardigò . Ardigò io lo conosco poco ; lo conosco però da molti anni . Ne ho stima . Mi ispira simpatia . Ho in comune con lui la memoria d ' un amico . Questo amico è Felice Balbo , morto nel '64 . Mi venne a un tratto il desiderio di vedere Ardigò che non vedo mai . Felice Balbo aveva molti amici , persone diverse fra loro e che non avevano fra loro niente in comune , se non l ' abitudine di discutere con lui fino a tarda notte . Si discuteva con lui di solito in piedi , perché lui usava stare in piedi , e la discussione diventava particolarmente appassionata sul pianerottolo al momento di salutarsi . Pensai che Balbo sarebbe forse stato contento se io e Ardigò , due suoi amici , avessimo lavorato insieme a un ' inchiesta sulla donna in Italia . Quella persona simpatica , nell ' andarsene , mi disse che m ' avrebbe fatto sapere se Ardigò accettava . Quando se ne fu andato mi accorsi che non avevo mai saputo , fino a quel momento , che Ardigò era un sociologo . In verità non mi ero mai chiesta cosa fosse Ardigò . Per me era un amico di Balbo e basta . Non tutti i suoi amici mi piacevano . Ardigò mi piaceva . La mia simpatia per lui si basava su impressioni fuggevoli , ma precise . Enumerai le cose che sapevo su Ardigò . Era simpatico . Viveva a Bologna . Aveva una sorella bionda che avevo conosciuto in montagna . Pensai che le mie nozioni sulle persone erano spesso assai rozze , limitate e confuse . E pensai che da questa mia limitazione , da questa mia miseria di nozioni , mi veniva un senso di malinconia , di miseria e di confusione . Mi veniva come una sensazione di muovermi nel vuoto . Pensai che ero l ' ultima persona al mondo che poteva fare un ' inchiesta in compagnia d ' un sociologo . Muovendomi io così spesso nel vuoto e nella nebbia , non potevo scambiar parola né con dei politici né con dei sociologi , persone che certo avevano sulla realtà uno sguardo sempre lucido , esatto , completo e puntuale . Pensai che Ardigò mi avrebbe subito disprezzato . Oppure poteva succedere anche di peggio , che cioè lui cadesse in un equivoco e mi supponesse dotata di qualità di cultura e di penetrazione sociale che io in verità non possiedo affatto . Pensai che è molto difficile essere capiti . Essere capiti vuol dire essere presi e accettati per quello che siamo . Il pericolo più triste che noi corriamo con le persone , non è tanto che non vedano o non amino le nostre qualità , ma che invece suppongano che le nostre qualità reali abbiano proliferato in noi numerose altre qualità che sono in noi assolutamente inesistenti . E pensai che la cosa più bella che aveva Felice Balbo , nel suo stare con le persone , era non travisarle mai e non guarnirle di doni che esse non possedevano , ma cercare invece nel prossimo che aveva davanti a sé il suo nucleo più vitale e profondo , scegliere e liberare il meglio che l ' altro aveva dentro di sé e quello solo , senza mai un ' ombra di sorpresa , di disprezzo o di scherno , dinanzi alle limitazioni e alle povertà dell ' altro . Egli infatti viveva con il suo prossimo nell ' unico luogo dove l ' intelligenza del suo prossimo poteva seguirlo senza limitazioni . Non usava mai cercare nel prossimo la propria immagine , essendo , quando stava con gli altri , totalmente immemore di sé . Era la persona meno narcisista che ho mai conosciuto . Indifferente a se stesso , non si sceglieva mai degli amici perché gli rassomigliavano , o perché erano il suo contrario , o perché potevano arricchirlo di nozioni o penetrazioni che lui non aveva . Semplicemente stava con persone con cui gli era possibile una qualche sorta di colloquio . Quando stava con una persona , non era mai in posizione di superiorità , né in posizione di inferiorità , era con l ' altro sempre un eguale . Conservai davanti a me nel futuro , d ' altronde assai vaga , la prospettiva di quell ' inchiesta , prospettiva in cui mi rallegrava , e insieme mi preoccupava , il nome di Ardigò , e in cui mi rallegrava il ricordo della persona molto simpatica che era venuta a casa mia quel giorno . Passò del tempo e non seppi più nulla di quel lavoro . Pensai che era sfumato come sfumano tante proposte . Però l ' altro giorno è uscita sull ' « Unità » una fotocopia d ' un foglio dattiloscritto della televisione , con una serie di proposte fra cui quella dell ' inchiesta sulla donna . C ' era il mio nome e il nome di Ardigò . Accanto , era scritta a penna un ' osservazione che esprimeva perplessità . Era scritto a penna : « Due comunisti » . La cosa mi precipitò in uno stupore profondo . Ero anche molto contenta . Perché fossi così contenta , non lo so . Dal commento dell ' « Unità » appresi che Ardigò è consigliere nazionale della Dc . A dire il vero non sapevo di lui neanche questo . Mi sono chiesta allora cosa sapevo con precisione su di me . Per quanto riguarda la politica , devo dire che non so su di me niente di preciso . L ' unica cosa che so con assoluta certezza , è che di politica io non ne capisco niente . Nella mia vita , sono stata iscritta a partiti per due volte . Una volta era il partito d ' azione . Un ' altra volta era il partito comunista . L ' una e l ' altra volta , era un errore . Siccome non capisco niente di politica , era stupido che fingessi di capirne qualcosa , che andassi alle riunioni , che avessi in mano la tessera d ' un partito . E ' bene che , finché vivo , io non appartenga mai a nessun partito . Se mi chiedessero come vorrei che fosse governato un paese , in coscienza non saprei rispondere . I miei pensieri politici sono quanto mai rozzi , imbrogliati , elementari , confusi . Per questo fatto , mi sento spesso disprezzata da persone che amo . Esse pensano che la mia povertà di pensiero , nei confronti della politica , è frivolezza , mancanza di serietà , assenteismo colpevole . Lo pensano in silenzio . Ma il peso del loro disprezzo è per me oppressivo . Se cercassi di giustificarmi in presenza di quel severo silenzio , non troverei che parole di una grottesca goffaggine e futilità . Eppure son sicura che ci deve essere un posto al mondo anche per quelli che , come me , non capiscono la politica , che se parlassero di politica direbbero solo banalità e imbecillità , perciò la cosa migliore che possono fare è non esprimere quasi mai nessuna opinione . Quasi mai . A volte , dire di sì o di no è indispensabile . Vorrei però limitarmi a dire o di sì o di no , E poiché ho parlato di Felice Balbo , dirò che gli sono grata per non avermi mai disprezzato , per non essersi mai stupito né sdegnato della mia ignoranza politica , gli sono immensamente grata per avermi sempre accettato per quello che ero e capito . Lo seguii prima nel partito comunista , poi fuori , feci tutto quello che lui faceva pensando che lui capiva la politica e io no . Pure non ebbi mai , con lui , la sensazione di sottostare a una sua superiorità , di subire una personalità più forte . Fra noi era inteso che lui capiva e sapeva un gran numero di cose , io no . Ma non aveva importanza , eravamo eguali . Nei ricordi degli anni che ho passato nel partito comunista , nei ricordi di riunioni e comizi , la sua figura è sempre presente . Forse per questo , se mi dicono comunista , sono contenta . Perché mi ricordo degli anni che io e Balbo eravamo là . Per quanto riguarda i due partiti a cui ho appartenuto , uno dei quali da tempo ha cessato di esistere , mi sembra di avere conservato con essi dei legami viscerali , oscuri e sotterranei , che non saprei chiarire con parole , che non trovano alcun fondamento nella ragione , che non hanno nessun rapporto con le scelte della ragione ma sgorgano dal profondo come gli affetti . Vorrei ancora dire che se un giorno ci fosse una rivoluzione e io dovessi fare una scelta politica , preferirei molto essere ammazzata piuttosto che ammazzare qualcuno . E questo è uno dei pochissimi pensieri politici che la mia mente possa mai formulare .
StampaQuotidiana ,
Il numero della Rivista militare ungherese ( Magyar Katonai Szemle ) uscito nello scorso mese di ottobre a Budapest pubblica un interessantissimo studio del generale ungherese Nagy Wilmos sul Comando Supremo Serbo nel 1914 . Risulta da questo studio e in maniera irrefutabile poiché basato sulle testimonianze stesse della Serbia che gran parte della apologetica letteratura franco - serba deve essere portata al macero . Sta di fatto che il Comando Supremo Serbo si fece ripetutamente battere nell ' estate e nell ' autunno del 1914 e che la felice contro - offensiva del dicembre diede la vittoria ai serbi , perché si trovarono di fronte truppe austro - ungariche rarefatte ed esauste . Nell ' ottobre del 1914 le truppe serbe della III e I Armata non resistevano agli attacchi austro - ungarici . È quello il momento nel quale il Comando Supremo Serbo descrive « la situazione come preoccupante , esprime timori circa la capacità di resistenza delle truppe , chiede che siano ottenuti con ogni urgenza grandi quantitativi di munizioni dalla Francia , dall ' Inghilterra , dalla Russia , poiché altrimenti avrebbe declinato ogni responsabilità » . È quello il momento 8 novembre 1914 in cui « visto che le truppe non riescono a resistere in nessun punto » il generale serbo Putnik ordina la ritirata generale della I , II , III Armata per sfuggire all ' accerchiamento . L ' autore dell ' articolo dimostra che gli ordini di ritirata dell'11 novembre furono così confusi che , senza l ' iniziativa dei comandanti minori , ne sarebbe venuta una catastrofe . Una vera e propria diciamolo pure Caporetto serba ! In quali condizioni precarie si trovasse il quel momento l ' esercito serbo , ci viene detto dalla stessa relazione ufficiale serba che così si esprime : « I precedenti continui insuccessi , l ' esaurimento , il cattivo tempo , la mancanza di riposo , la perdita della speranza nella vittoria , provocarono nelle truppe grande abbattimento e segni di dissolvimento . Militari isolati e interi reparti abbandonarono il combattimento arrendendosi a reparti nemici inferiori di forze . Buttar via le armi , rifiuti di obbedienza , abbandono volontario nel combattimento , autolesioni erano all ' ordine del giorno , specie presso la 11 Divisione Danubio . Nelle retrovie delle Armate su tutte le strade si potevano vedere soldati che fuggivano assieme a profughi e non sapevano dire donde venivano , né dove andavano » .. Così parla dell ' esercito serbo nel 1914 una relazione ufficiale serba , della quale bisogna riconoscere l ' obiettivo coraggioso della verità . Siamo ben lungi dal trarne conclusioni generalizzatrici e siamo anche pronti a riconoscere il valore dei soldati serbi , aggiungendo però che essi sono uomini come tutti gli altri e quindi non sono sempre leoni , come si vorrebbe dare ad intendere . I fatti parlano .
Il regista sanguinario ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Roma , 8 maggio . Non esiste immaginazione turbinosa , fantasia sfrenata e bizzarra che possa , non dico eguagliare , ma vagamente avvicinarsi alla realtà dell ' ambiente cinematografico romano . Il dottor E.C. , che da molti anni ha nel cinema tutte le sue delizie e tutte le sue croci , mi racconta il caso seguente . Un giovane produttore accettò , anni or sono , una sceneggiatura di cappa e spada . Chiamò a dirigere il film , previsto a colori , un regista di media importanza e si assicurò , al centro del « cast » , l ' allora popolarissima Silvana Pampanini . Un giovane attore , dagli abbondanti riccioli , fu ingaggiato per impersonare il generoso cavaliere protagonista della storia . La lavorazione cominciò senza indugi , e il produttore , per un paio di settimane , non ebbe nemmeno una di quelle grane che caratterizzano l ' ambiente . Gli attori erano puntuali e remissivi , i tecnici laconici ed alacri , il regista e i suoi assistenti insolitamente tranquilli . Il produttore , alle sue prime esperienze , stava per ricredersi circa le difficoltà da superare , allorché , improvvisamente , capitò un fatto incredibile . Una mattina si stava girando il ferimento del protagonista , il quale , dopo un fatto d ' armi , doveva abbattersi fra le braccia della Pampanini , inondata di sangue . Per ottenere l ' effetto , si ricorse alla solita vernice rossa e vischiosa sparsa sulla camicia . Tutto era pronto , si stava per girare , allorché il regista ordinò l ' alt e , con espressione incupita , si rivolse al direttore di produzione . Quella vernice , adatta al bianco e nero , secondo lui non funzionava nel colore . Poteva risultarne una nota falsa e grottesca , tale da compromettere il film e il suo buon nome . Il direttore propose di cercare un ' altra vernice , o di ricorrere alla salsa di pomodoro . Nulla da fare . Tutto fermo , con notevole perdita di quattrini . Il regista fu irremovibile : sangue umano o nulla . Ogni supplica restò vana . Il direttore di produzione tornò , dopo due ore , con due donatori di sangue cinematografico reclutati in un baraccamento periferico .
Villaggi ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Sono andata a vedere , a Palazzo Braschi , la mostra dei grandi naifs jugoslavi . I naifs jugoslavi sono pittori contadini . Dipingono su vetro . Fanno parte d ' una scuola che si chiama « Zemlja » , cioè terra . Il caposcuola , che si chiama Generalovic , non ha mandato i suoi quadri alla mostra perché uno dei pittori invitati , cioè Lackovic , non gli andava . Così dicevano nelle sale della galleria e non so se sia vero o se sia una chiacchiera . Non ho mai visto i quadri di Generalovic . Fino a poco prima di visitare la mostra , non sapevo nulla né della scuola « Zemlja » , né di Lackovic , né di Generalovic . Questo per mia ignoranza , perché a quanto ho saputo i naifs jugoslavi sono famosissimi . Se ho voluto visitare questa mostra non è stato per amore della pittura , ma perché avendo io saputo che erano pittori - contadini , pensavo che avrei visto dei villaggi . Tutta la vita ho sempre sentito grande curiosità di vedere villaggi , ovunque , nella realtà e nei quadri . Quando sono in treno , guardo e scelgo nella campagna villaggi dove forse vorrei vivere . Nello stesso tempo , mentre penso la mia vita perduta in mezzo a prati o rocce o abbarbicata sull ' alto d ' una collina , mi prende una sensazione pungente di vertigine e malinconia . Perché unito al desiderio di abitare in campagna , vive in me non meno forte e profondo il sospetto che vivendo in campagna mi struggerei di noia e solitudine . Ma nelle pieghe di quella noia si nasconde per me un incanto segreto . Questi sono i miei pensieri abituali mentre vado in treno , pensieri totalmente oziosi perché non mi propongo e forse nemmeno desidero veramente di lasciare la città in cui vivo da molti anni . In un ' epoca ormai lontana della mia vita , abitai in campagna per alcuni anni . Quel villaggio io non l ' avevo scelto ma altri l ' avevano scelto per me . Difatti era un confino di polizia . Pure avendo preso a poco a poco ad amarlo , non dimenticai mai , nel tempo che dovetti soggiornarvi , che non l ' avevo scelto e non smisi mai di sognare altri e più remoti villaggi . Quel villaggio non era per nulla sperduto nella campagna ma invece stava schierato su una strada larga , polverosa e piena di biciclette e carretti . La casa dove abitavo era sopra la farmacia . Avendo io allora bambini piccoli trovavo la presenza di quella farmacia assai comoda e rassicurante . Tuttavia essa distruggeva in me ogni sensazione di stare in campagna . Le nostre finestre non guardavano sulla campagna ma su tetti e vicoli . Sulla porta della farmacia sedeva la farmacista . Di lei dicevano che « parlava col diavolo » . Perché e quando mai parlasse col diavolo quella grassa e gentile farmacista in vestaglia e ciabatte , non lo so . Ma l ' idea che le aleggiasse intorno questo sospetto mi rallegrava facendomi sembrare il paese strano e primitivo . Perché in verità quel paese era assai poco strano e in fondo anche assai poco primitivo benché sporco e povero . Alzando gli occhi vedevo le colline . Sulle colline erano villaggi e casali dove avrei amato vivere . Ma soprattutto c ' era , non molto lontana dal paese , una frazione chiamata Cavallari , cinque o sei case sparse in mezzo a un acquitrino , e io usavo figurarmi la mia vita là . Certo era un gioco ozioso della mia frivola immaginazione . Camminando nei prati per arrivare a Cavallari si affondava nel fango fino al ginocchio e nei vicoli fra quelle case nere e diroccate si affondava nel letame . Cavallari , dagli abitanti del paese dove io stavo , era chiamato « Piccolo Parigi » per dileggio . Credo che se mi fosse accaduto di vivere per più di un giorno nel Piccolo Parigi sarei impazzita . Vi andavo a volte per qualche ora e conobbi là alcuni contadini . Essi erano tutt ' altro che lieti di vivere in quel fango e li soccorreva soltanto una secolare abitudine . Non avevano né acqua né luce e per comprare una candela o una cartina d ' aghi dovevano fare chilometri . Avendo io le idee quanto mai confuse progettavo di battermi nei miei anni futuri per strappare quei contadini a quel miserevole luogo ma nello stesso tempo accarezzavo il sogno di passare la mia vita futura in una di quelle nere cucine soffocate nel fumo e nel letame e affacciarmi la sera a guardare il tramonto su quel desolato acquitrino . Se avevo all ' origine un ' immagine di villaggi idilliaca e pastorale , con ruscelli bisbiglianti e tenera erba , essa certo andò distrutta per sempre nel fango del Piccolo Parigi e nei vicoli del paese in cui vissi . Non che non vi fossero là tenera erba e pecore , ma il fango , il fumo e la noia regnavano incontrastati in quei luoghi e ne formavano la realtà essenziale . Conobbi varie frazioni e sobborghi in quella vallata e cercai di pensarvi la mia vita con acuta curiosità , con desolazione e desiderio . Del paese in cui stavo conoscevo ormai le minime pieghe , i minimi buchi e i vicoli , e la mia noia d ' averlo davanti agli occhi era sterminata . Andavo a vedere altre frazioni e sobborghi come uno si gira e si rigira in un letto per cercare punti più freschi . Mi avrei dato non so cosa per aprire gli occhi un mattino sui balconi di una città . Eppure vissi felice in quei luoghi . Perché non è vero che la noia escluda la felicità . Esse possono sussistere insieme e unirsi in un viluppo inestricabile . Ricordando la noia di quegli anni conservo in me la persuasione assoluta che la vita in un paese in campagna sarebbe quella che io sceglierei se l ' uomo potesse scegliere il suo destino . Per tornare alla mostra di Palazzo Braschi , ci sono andata dunque per vedere dei villaggi . Ne sono uscita con una nostalgia di villaggi profonda e pungente . Desideravo essere una persona precisa , e cioè desideravo essere il pittore contadino Ivan Vecenaj . I grandi naifs jugoslavi che hanno esposto quadri in questa mostra sono essenzialmente quattro : Vecenaj , Rabuzin , Lackovic e Kovacic . Dirò subito che non mi piace Rabuzin . Dal catalogo ho saputo che non è un contadino ma un imbianchino . Questo spiega di lui molte cose . Evidentemente imbiancando muri avrà addensato dentro di sé molto bianco . Nei suoi quadri c ' è una costante luce bianca . Per i cieli rosa e celeste viaggiano nuvole che sembrano palle di neve , al suolo giacciono immensi palloni verdi come immensi meloni o limoni e sono foglie . Cerchi lontani di piccole case non testimoniano vita umana essendo i suoi villaggi , orti e campi sigillati in una geometria immota . I paesaggi di Rabuzin sembrano paradisi luminosi e gelidi , non destinati agli uomini ma alle nuvole , ai meloni e ai limoni , e chiusi per sempre in una vitrea e nivea primavera . Essi mi hanno affascinato ma li ho trovati agghiaccianti . Lackovic mi ispira maggiore simpatia . Lackovic fa degli uomini piccolissimi seguiti da cani piccolissimi che sembrano volpi . Fa delle pianure invernali e delle lune rosse e rotonde , dei villaggi armoniosamente composti in un delicato intrico di arbusti . Dipinge come un bambino vivace , spiritoso e ciarliero . Tuttavia i suoi orizzonti non sono infiniti , né sono mai sterminate le sue distese di campi . Ogni suo paesaggio è raccolto nella vivacità e nella grazia . In questa mostra i due pittori che amo sono Kovacic e Vecenaj . Kovacic ha paludi d ' un verde grigiastro , autunni fiammeggianti e villaggi invernali dipinti con attenzione intensa e intensa tristezza . Perché l ' orizzonte nei quadri di Lackovic non sia infinito , e sia invece infinito nei paesaggi di Kovacic e di Vecenaj , non lo so , ma penso che tutto il segreto della pittura stia in questo punto . I quadri di Ivan Vecenaj sono nella prima stanza . Dopo aver visto gli altri sono ritornata da lui e penso che lo preferisco a tutti . I suoi paesaggi sono dipinti con estrema minuzia nei minimi e più lontani particolari e l ' orizzonte sopra di essi è fosco e solenne . Nel mezzo del paesaggio campeggia a volte un evento drammatico : brucia una casa ; san Giovanni è seduto con la sua aquila ; un vaso di fiori azzurri è stato posato su una distesa di neve ; una donna insegue le sue oche ; hanno crocifisso Gesù . I colori di Vecenaj sono crudeli e violenti . Le sue figure umane sono tozze e stupefatte . Hanno larghi volti legnosi , larghe mani ossute e nodose , stanchissime e forti . I suoi animali sono irsuti e aspri , pieni di penne e di peli . Ogni quadro dice l ' aspra fatica del vivere e la desolata solitudine dell ' uomo nella campagna . Ogni quadro dice come sia sterminata e senza risposta la natura intorno alle opere degli uomini , intorno ai villaggi . Dal catalogo ho appreso che Vecenaj vive sempre nel suo villaggio e fa il contadino . Questo mi ha dato gran gioia , perché avrei trovato tristissimo doverlo pensare in un anonimo appartamento d ' una qualche città , col telefono e l ' ascensore . Quando sono uscita dalla mostra era il crepuscolo . C ' era folla , traffico e rumore . Gli occhi non riuscivano a fermarsi su niente , non c ' era che disordine , le strade non erano più strade ma solo gente e automobili , i suoni laceravano le orecchie . Mi consolava il pensiero che tutto questo fosse risparmiato a Vecenaj . Era , in quel grigio crepuscolo , l ' unico pensiero che mi consolava . Per me stessa , desideravo due cose , ed erano tutt ' e due impossibili : desideravo essere Vecenaj , e desideravo di stare per sempre in uno dei villaggi che lui ha dipinto . Stare là come la guardiana di oche , o come l ' aquila , o san Giovanni , o Gesù . Avere ai miei piedi quella campagna . Avere sulla mia testa quel cielo .
StampaQuotidiana ,
Al Congresso pangermanista di Dortmund , che già si sapeva avrebbe assunto un particolare significato a favore dell ' annessione dell ' Austria alla Germania , avrebbe parlato , a quanto si assicura , il Presidente del Reichstag , confutando irosamente e sconvenientemente le dichiarazioni del Presidente Mussolini . Poiché il signor Loebe ha responsabilità precise come Presidente del Reichstag sarebbe opportuno che fosse ben chiarito questo suo linguaggio , col quale ha voluto contestare al Presidente Mussolini e per esso all ' Italia qualsiasi diritto di occuparsi dell ' Austria e del suo destino . Avrebbe aggiunto , a quanto pare , anche una tesi assurda e che cioè l ' annessione dell ' Austria alla Germania non sia in contrasto , come invece è , col trattato di Versailles e con quello di San Germano . Il signor Loebe è fuori strada . Come persona la sua esaltazione pangermanista può essere un dato più o meno interessante ; ma come Presidente del Reichstag egli ha l ' obbligo di conoscere i trattati e di sapere anche quali sono i termini nei quali si discutono le dichiarazioni di un Capo di Governo . Subito dopo le elezioni di Hindenburg noi dicemmo non essere improbabile che il grossolano spirito germanico avrebbe potuto facilmente , nella esaltazione , commettere i tradizionali errori della politica germanica , che il Principe di Bülow denunziò prima della guerra , e che alla Germania hanno fatto perdere la guerra . Questa grossolanissima infatuazione pangermanista che unisce la propaganda per l ' annessione dell ' Austria con la propaganda per le rivendicazioni dell ' Alto Adige , è appunto un segno della solita incomprensione . C ' è un errore che la Germania potrebbe , anche più presto di quanto non si creda , vedere al suo passivo . Comunque noi constatiamo questo non per allarme , ma soltanto per indicare quale sia lo spirito germanico e come sia indispensabile per l ' Italia una politica decisa , concreta , d ' oltre Brennero .
Le orecchie di una volta ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Roma , 9 maggio . Siamo al caffè . Entra un signore alto , solenne , col vestito a righe sottili . Orecchie carnose , collo sanguigno , basette brizzolate . Ordina un espresso molto lungo . Qualcuno , al nostro tavolo , lo riconosce . Fingendosi mediatore d ' immobili , fu per molti anni spia dell ' OVRA . Attualmente non si sa con precisione che faccia . Pare che fornisca informazioni di carattere finanziario a un ' agenzia giornalistica . Il discorso scivola , così , sulle spie del regime . Spie zelanti e bonarie , politicamente convinte e scettiche , criminali e patetiche , trasparenti al punto da essere ben presto individuate , evitate o pubblicamente svergognate . Vincenzo Tallarico rievoca il famoso grafologo che girava le trattorie di Roma e ad un certo punto , aggrottando le sopracciglia , diceva al cliente : « Voi odiate una persona che sta molto in alto . Lo si legge chiaramente nella forma serpentina delle esse » . E tanto insisteva , procedendo per esclusione , finché il malcapitato ammetteva di avercela col duce . Dopo di che , denuncia . Riaffiora , dal passato , il « falso pensatore » di Aragno ; un disgraziato che tendeva le orecchie ai discorsi degli intellettuali , fingendo di leggere le opere di Benedetto Croce per stornare le diffidenze . Ed ecco il sessantenne attore sfiatato che un prefetto , compagno di scuola , arruolò nell ' OVRA , con la rispettabile paga di 3000 lire al mese , e che dopo cinque anni di pacchia , minacciato di licenziamento se non avesse finalmente denunciato qualcuno , fece arrestare in quattro e quattr ' otto il futuro suocero di suo figlio . Ma il caso più classico accadde a Genova : dove , nel 1937 , un tal Perasso , fintosi antifascista per ottenerne le confidenze , denunciò un certo Boccalatte . Venne poi a sapere che anche il Boccalatte apparteneva all ' OVRA , e di essere stato a sua volta denunciato . Vecchie , squallide spie del regime : come questo solenne signore che sorseggia il suo espresso lungo , controllando i propri gesti nello specchio . Se è vero che il lupo perde il pelo ma non il vizio , può darsi che in qualche modo , chissà come e per chi , lavorino ancora .
Il bambino che ha visto gli orsi ( Ginzburg Natalia , 1970 )
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Tre anni fa sono andata in America per la prima volta nella mia vita . Un mio figlio vi soggiornava da un anno ed era nato là un mio nipote . Mio figlio , sua moglie e il bambino dovevano rimanere là un anno ancora . Quel bambino aveva ormai qualche mese e io non l ' avevo visto che in fotografia . Così conobbi insieme l ' America e mio nipote Simone . Non posso dire d ' aver capito e visto molto dell ' America essendo io tarda nei riflessi e poco dotata per capire velocemente luoghi ignoti . Del viaggio ho questo ricordo : per moltissime ore era pomeriggio , l ' aereo ronzava in apparenza immobile in un cielo d ' un azzurro intenso e su candide groppe di nuvole dove il sole non si sognava di tramontare ; poi di colpo fu pioggia e notte . L ' istante in cui quel pomeriggio immobile e glorioso si trasformò in una bufera notturna , dovette essere rapidissimo perché non ne ho memoria . Quando scendemmo infuriava il vento e nel campo dell ' aeroporto erano state installate passerelle con tettoie di zinco su cui la pioggia scrosciava . Le mie prime immagini furono vie battute dal temporale e lunghi sottopassaggi illuminati a giorno e rombanti . La città era Boston . Avevo letto nella mia vita moltissimi libri che parlavano di Boston ma non so perché il solo che mi venne in mente allora fu un romanzo chiamato Il lampionaio che avevo letto e amato all ' età di nove anni . Si svolgeva a Boston e c ' era una bambina di nome Gertrude , assai povera , maltrattata e selvaggia , che veniva raccolta e adottata da un buonissimo vecchio , lampionaio di professione . Mi rallegrai a un tratto con me stessa di trovarmi nella città di Gertrude . Non c ' era però intorno a me traccia di lampioni e mi era difficile riconoscere in quei rombanti sottopassaggi le calme e vuote immagini che avevo costruito intorno al nome di Boston nella mia remota infanzia . Tuttavia la memoria del Lampionaio rimase in me per tutto il tempo che fui a Boston e in fondo dopo un attento esame scopersi che quella città non era molto dissimile da quella che era sorta dissepolta fra le ceneri della mia immaginazione infantile . Di Gertrude , ricordavo che quando era così povera usava nutrirsi di spazzatura . Così osservavo con attenzione per le strade di Boston i grandi bidoni di spazzatura che si trovavano davanti alle case . Per la spazzatura mio figlio mi spiegò al mattino che c ' erano due bidoni , uno destinato all ' organico e l ' altro all ' inorganico . Perciò ogni volta che dovevo buttar via qualcosa mi fermavo a pensare se andava nel bidone dell ' organico o nel bidone dell ' inorganico . Più tardi tornata in Italia riflettevo ancora sull ' organico e sull ' inorganico pur gettando poi tutto in un unico secchio come usiamo fare qui . Tornando alla sera del mio arrivo , mio figlio e sua moglie parlarono subito del lungo viaggio che si preparavano a fare in automobile , col bambino , nelle « Rocky Mountains » . Sapevo di questo loro progetto da tempo ma in quella bufera di vento e pioggia l ' idea mi parve insensata e dissi che il bambino avrebbe patito il freddo . Mi fecero osservare che eravamo nel mese di maggio , il viaggio sarebbe avvenuto d ' estate e quindi se mai il rischio era la calura estiva . Dissero che però erano andati dal pediatra con la carta geografica , gli avevano mostrato l ' itinerario del loro viaggio e il pediatra aveva approvato . Questo pediatra usava farsi chiamare « Jerry » dai suoi clienti . Quando accordava una visita , lasciava nella cassetta della posta un cartoncino con scritto : « Jerry sarà felice di incontrarsi con Simone martedì alle tre » . Tuttavia se Simone avesse avuto la febbre a quaranta , Jerry non si sarebbe spostato di un millimetro perché non faceva visite a casa . Era questa la regola e non vi contravveniva in America nessun pediatra . Sul conto di Jerry appresi ancora che trovava Simone in buona salute , ma un po ' troppo grasso . Jerry voleva che i bambini fossero magri . Trovai che infatti l ' America era un paese di bambini magri . I bambini inoltre mi sembravano poco vestiti e con mani paonazze dal freddo perché non portavano guanti . Quando lo vidi per la prima volta , la sera del mio arrivo , Simone era nel suo letto , sveglio , vestito d ' una tuta bianca di cotone , e giocava con un gatto piatto di tela cerata rossa . Aveva una testa completamente nuda di capelli e occhi neri ironici , acutissimi e penetranti . Guardando con molta attenzione , si poteva scorgere su quella sua testa nuda una finissima peluria bionda . Gli occhi erano stretti e allungati verso le tempie . Trovai che assomigliava a Gengis - Kan . Dopo alcuni giorni di bufera , esplose a un tratto un ' estate torrida . Dissi allora che un viaggio con quel caldo era pericoloso . Avrei dato non so cosa per portare il bambino con Te in Italia , in campagna , all ' ombra di frondosi alberi . Ma i suoi genitori erano irremovibili . Pensavano che nelle « Rocky Mountains » si sarebbe divertito di più . Io replicavo che un bambino di pochi mesi non avrebbe visto differenze fra le « Rocky Mountains » e una conigliera . Prediche , querimonie e contumelie furono nel mio soggiorno in America le mie manifestazioni essenziali . Soprattutto non mi davo pace che per tre mesi quel tenero e ignaro bambino non avrebbe avuto una casa . Infatti mio figlio e sua moglie avevano subaffittato la loro casa fino al mese di ottobre . Simone avrebbe dormito in automobile , o nei motel , o sotto la tenda , tenda che era già stata comperata e che mio figlio montava per esercizio nel prato d ' un amico . Fino ai primi di ottobre , Simone non avrebbe avuto sulla sua testa il soffitto di casa sua . Avrebbe però avuto sempre mi dissero il suo letto . Quel letto era infatti smontabile e poteva essere rimpicciolito e sistemato dentro l ' automobile . Anche di questo furono fatte molteplici prove . Non so se fosse imperizia di mio figlio ma l ' operazione della sistemazione del letto nell ' automobile era lentissima e laboriosa non meno dell ' installazione della tenda sul prato . Assistetti a quei preparativi di viaggio con crescente paura . Mio figlio e sua moglie tornavano ogni giorno a casa con oggetti destinati al viaggio , bottiglioni di plastica per l ' acqua e polveri contro i morsi degli scorpioni . Comprarono anche una enorme sacca di plastica e vi cacciarono dentro tutti i giocattoli del bambino . Osservai che era un ingombro inutile , ma loro avevano letto nel libro del dottor Spock che un bambino deve viaggiare in compagnia di tutti i suoi giocattoli . Infatti non potendo sempre interrogare Jerry , essi spesso cercavano risposte e conforto nel libro del dottor Spock . Ignaro di essere minacciato dalle « Rocky Mountains » il bambino viveva nella casa come se fosse stata sua fino alla fine dei secoli . Stava in carrozzina nella loggia di legno davanti a casa , agitava il suo gatto rosso e squadrava il mondo con i suoi occhi da Gengis - Kan . Era un bel bambino grasso e forte , troppo grasso anzi per i gusti di Jerry , e mandava giù con gioia bottiglie di latte ma si batteva ferocemente contro ogni altra specie di cibo . Avanzai la proposta di fargli il famoso brodo vegetale , In Italia si svezzano i bambini con il brodo vegetale . Ma mio figlio e sua moglie ebbero contro il brodo vegetale espressioni di forte disprezzo . D ' altronde capivo anch ' io che era inutile abituare il bambino al brodo vegetale , che doveva bollire ore e non era possibile preparare nel corso d ' un viaggio in automobile . Tornata in Italia fui per tutta l ' estate inquieta nonostante arrivassero cartoline dalle « Rocky Mountains » e rassicuranti fotografie del bambino nudo e abbronzato sulle spalle dei genitori . Alla fine dell ' estate e quando loro erano ormai tornati a casa ricevetti una lettera di mio figlio dove mi raccontava del viaggio e diceva fra l ' altro che una notte si erano trovati in un campeggio dove erano arrivati degli orsi probabilmente attratti dall ' odore di una bottiglia di sciroppo che si era rotta sul tetto della loro automobile . Acquattati nella tenda col bambino in collo avevano spiato gli orsi che armeggiavano intorno all ' automobile e infuriavano contro una ghiacciaia . Non si trattava affatto di graziosi orsacchiotti , ma di brutti animali alti e grossi , e per scacciarli avevano dovuto sbattere dei coperchi di pentole . All ' alba erano andati all ' azienda - turismo e avevano chiesto che gli venisse indicato un campeggio dove gli orsi non mettessero mai piede . Quelle notizie paurose benché superate da tempo mi sconvolsero e scrissi lettere di prediche e contumelie . Tornarono in Italia dopo un altro inverno e un ' altra estate nella quale fecero ancora un viaggio , questa volta nel « deeper South » , luogo che sapevo caldo e pericoloso . Accolsi il bambino con la sensazione che fosse scampato da viaggi pericolosi . Il bambino ora camminava e parlava . Sulla sua testa lunga e delicata erano cresciuti fini e tenerissimi capelli biondi . Aveva alcune manie . Non voleva saperne di frutta fresca ed esigeva sughi di pera in bottiglia . Non voleva saperne di golf di lana perché « avevano il pelo » . L ' unico indumento che accettava di indossare col freddo , era una sua vecchia giacca a vento scolorita . Pensai che nella sua ripugnanza « per il pelo » c ' era magari una ripugnanza o paura per quegli orsi che aveva visto . Ma forse è una mia deduzione insensata , essendo e l allora troppo piccolo per spaventarsi . A poco a poco , lo persuademmo che « il pelo » dai golf poteva sparire strofinandone con forza una manica . Tuttavia la giacca a vento è rimasta il suo indumento preferito . Un pomeriggio , doveva venire a casa mia . Lo aspettavo alla finestra . Lo vidi attraversare la strada con suo padre . Camminava serio , per mano a suo padre e tuttavia assorto in se stesso e come in solitudine , portando una borsa di nylon in cui aveva cacciato la sua giacca a vento . In quei giorni gli era nata una sorella , cosa che forse lo rendeva serio . Il suo passo , la sua lunga testa fiera e delicata , il suo sguardo buio e profondo , mi fecero a un tratto scorgere in lui qualcosa di ebraico che non avevo mai visto . Mi parve anche un piccolo emigrante . Quando sedeva sulla loggia a Boston , sembrava regnare da sovrano nel mondo che aveva intorno . Sembrava Gengis - Kan . Ora non era più Gengis - Kan , il mondo gli si era rivelato mutevole e instabile , nella sua persona era sorta forse una precoce consapevolezza che le cose erano minacciose e sfuggenti e che un essere umano deve bastare a se stesso . Pareva sapere che nulla gli apparteneva , salvo quella scolorita borsa di nylon contenente quattro figurine , due matite mangiate e una scolorita giacca a vento . Piccolo ebreo senza terra , con la sua borsa attraversava la strada .