StampaQuotidiana ,
Utopia
,
l
'
isola
sconosciuta
della
quale
Tommaso
Moro
descrisse
in
un
famoso
libro
(
1516
)
il
perfetto
governo
e
i
perfetti
costumi
,
ha
dato
e
dà
il
nome
a
ogni
progetto
ideale
di
governo
e
di
costituzione
,
a
ogni
tentativo
di
delineare
la
forma
che
la
società
dovrebbe
assumere
per
garantire
a
tutti
i
suoi
membri
la
più
completa
felicità
.
Quando
Platone
si
fu
convinto
che
il
regime
politico
di
Atene
,
che
aveva
condannato
a
morte
Socrate
,
«
l
'
uomo
più
saggio
e
più
giusto
di
tutti
»
,
non
offriva
speranze
di
miglioramento
,
si
dette
a
costruire
l
'
immagine
di
una
città
ideale
che
fosse
governata
da
filosofi
,
cioè
da
uomini
educati
sull
'
esempio
di
Socrate
;
e
scrisse
la
Repubblica
che
è
la
prima
e
più
famosa
utopia
,
su
cui
tutte
le
altre
si
sono
modellate
.
Ogni
utopia
presenta
l
'
immagine
di
un
mondo
nuovo
,
radicalmente
diverso
da
quello
in
cui
si
è
vissuto
o
si
vive
.
Ma
il
mondo
nuovo
è
anche
la
correzione
o
il
completamento
del
mondo
reale
:
garantisce
l
'
eliminazione
delle
ingiustizie
e
degli
errori
che
questo
presenta
,
la
conciliazione
dei
suoi
conflitti
,
l
'
appagamento
delle
sue
aspirazioni
.
Tommaso
Moro
,
vedendo
i
contadini
inglesi
scacciati
dalle
campagne
(
che
venivano
trasformate
in
pascoli
di
montoni
per
la
produzione
della
lana
)
e
ridotti
all
'
accattonaggio
o
alla
ruberia
,
vagheggiava
l
'
abolizione
della
proprietà
privata
;
come
vagheggiava
la
più
completa
libertà
religiosa
in
opposizione
all
'
intolleranza
che
affliggeva
la
società
del
suo
tempo
.
I
socialisti
utopisti
della
prima
metà
dell
'
'800
(
Saint
-
Simon
,
Fourier
,
Proudhon
)
,
che
avevano
l
'
occhio
alla
rivoluzione
industriale
che
si
profilava
nella
società
del
tempo
,
vagheggiavano
un
'
organizzazione
sociale
che
portasse
a
compimento
quella
rivoluzione
e
insieme
ne
evitasse
i
malanni
.
E
lo
stesso
Marx
,
che
criticava
il
socialismo
utopistico
e
vedeva
nello
sviluppo
della
struttura
economica
la
sola
forza
determinante
delle
trasformazioni
sociali
,
additava
come
termine
ultimo
di
queste
trasformazioni
una
«
società
senza
classi
»
che
eliminasse
la
lotta
e
l
'
alienazione
della
società
industriale
.
Esistono
utopie
rivoluzionarie
e
utopie
conservatrici
,
utopie
che
vogliono
cambiare
il
mondo
dalle
fondamenta
e
utopie
che
vogliono
ripristinarlo
in
qualche
vecchia
forma
o
conservarlo
nella
sua
struttura
attuale
,
ritenuta
perfetta
o
imperfezionabile
.
Le
une
pretendono
indirizzare
verso
un
termine
fisso
i
mutamenti
sociali
,
le
altre
pretendono
fermare
questi
mutamenti
o
indirizzarli
all
'
indietro
.
Ma
in
tutti
i
casi
l
'
utopia
mira
a
correggere
la
situazione
attuale
,
a
presentare
un
modello
unico
e
semplice
cui
la
società
dovrebbe
adeguarsi
per
raggiungere
la
sua
forma
perfetta
.
Non
è
un
'
obiezione
sufficiente
contro
l
'
utopia
la
sua
irrealizzabilità
.
Un
sociologo
tedesco
(
Karl
Mannheim
)
ha
definito
anzi
«
utopia
»
ogni
idea
che
tende
a
trasformare
l
'
ordine
esistente
e
in
qualche
misura
ci
riesce
;
e
l
'
ha
distinta
dall
'
ideologia
che
non
riesce
mai
ad
attuare
i
suoi
progetti
.
Da
questo
punto
di
vista
,
l
'
utopia
appare
irrealizzabile
solo
ai
gruppi
sociali
che
si
oppongono
ad
essa
:
un
'
utopia
rivoluzionaria
sembra
irrealizzabile
ai
gruppi
conservatori
,
un
'
utopia
conservatrice
sembra
irrealizzabile
agli
innovatori
.
Certamente
,
l
'
utopia
assume
,
il
più
delle
volte
,
la
forma
di
un
sogno
favoloso
,
di
un
paradiso
perduto
o
da
conquistare
,
di
un
'
evasione
dalle
strettoie
del
presente
verso
il
passato
o
l
'
avvenire
.
Ma
è
anche
vero
che
l
'
utopia
esercita
o
può
esercitare
una
funzione
direttiva
e
orientativa
delle
trasformazioni
sociali
;
che
ciò
che
appare
come
«
utopistico
»
in
un
'
epoca
diventa
talvolta
realtà
in
epoca
diversa
;
e
che
ciò
che
è
«
realizzabile
»
o
«
non
realizzabile
»
,
non
è
determinabile
una
volta
per
tutte
e
in
base
a
un
criterio
assoluto
.
Dall
'
altro
lato
,
la
perfezione
attribuita
all
'
utopia
è
spesso
solo
apparente
.
Difficilmente
l
'
utopia
riesce
a
tener
presente
l
'
intera
situazione
dell
'
uomo
nel
mondo
:
spesso
s
'
impegna
a
prospettare
una
modifica
della
società
che
dovrebbe
salvare
la
società
stessa
dai
mali
che
all
'
utopista
appaiono
più
gravi
e
diffusi
.
Perciò
accade
che
,
in
ogni
disegno
utopistico
,
alcuni
valori
umani
siano
trascurati
o
ignorati
a
vantaggio
di
altri
,
riconosciuti
come
i
soli
importanti
.
Certe
utopie
esaltano
la
libertà
a
scapito
della
giustizia
,
altre
esaltano
la
giustizia
a
scapito
della
libertà
.
Alcune
mettono
sopra
ogni
cosa
il
benessere
,
altre
i
valori
morali
;
alcune
vogliono
la
supremazia
della
tecnica
,
altre
quella
della
religione
.
Ma
in
generale
ogni
utopia
dà
per
scontato
tre
cose
:
l
'
uniformità
delle
aspirazioni
umane
,
l
'
immutabilità
delle
istituzioni
e
la
saggezza
infallibile
dei
governanti
.
Queste
tre
cose
non
esistono
sulla
terra
.
Le
aspirazioni
umane
sono
irriducibilmente
diverse
e
spesso
in
conflitto
tra
loro
;
le
istituzioni
sono
sempre
sottoposte
al
logorio
e
alla
trasformazione
e
anche
lo
sforzo
di
conservarle
finisce
per
modificarle
.
E
i
governanti
sono
raramente
saggi
,
mai
infallibili
.
Ma
il
carattere
che
soprattutto
distingue
l
'
utopia
dal
pensiero
politico
positivo
,
è
la
sua
pretesa
totalitaria
.
Lo
schema
,
in
cui
essa
consiste
,
dovrebbe
inquadrare
e
reggere
la
vita
di
tutto
il
genere
umano
per
tutti
i
tempi
.
Essa
ignora
o
trascura
il
fatto
fondamentale
che
i
problemi
che
concernono
la
vita
umana
nel
mondo
sono
suscettibili
di
soluzioni
diverse
,
e
che
la
scelta
tra
queste
soluzioni
è
e
deve
rimanere
aperta
.
L
'
utopia
si
ispira
costantemente
alla
vecchia
idea
millenaristica
di
una
soluzione
definitiva
,
dopo
la
quale
non
vi
saranno
problemi
.
Essa
intende
far
leva
sulla
storia
e
sulle
sue
incessanti
trasformazioni
per
immobilizzare
la
storia
stessa
in
istituzioni
definitive
,
non
più
trasformabili
.
È
portata
perciò
a
prevedere
un
complesso
di
accorgimenti
che
garantiscano
l
'
immutabilità
dell
'
ordine
finale
e
a
sopravvalutare
la
forza
delle
leggi
o
della
costrizione
politica
per
la
garanzia
di
quell
'
ordine
.
Ogni
utopia
prospetta
una
forma
di
assolutismo
politico
e
ha
la
pretesa
di
rendere
gli
uomini
liberi
e
felici
anche
loro
malgrado
.
Questa
pretesa
costituisce
l
'
aspetto
più
pericoloso
e
urtante
della
mentalità
utopistica
.
Noi
sappiamo
oggi
che
essa
è
completamente
infondata
.
Le
leggi
,
l
'
educazione
,
le
forze
conformistiche
o
costrittrici
di
qualsiasi
genere
possono
determinare
in
larga
misura
il
comportamento
degli
uomini
,
ma
non
possono
infondere
alla
creta
umana
uno
spirito
nuovo
che
duri
nei
secoli
.
L
'
azione
di
quelle
forze
,
costrette
ad
affrontare
sempre
nuove
difficoltà
,
deve
,
per
essere
efficace
,
prendere
nuove
iniziative
,
trovare
nuove
vie
,
inventare
nuovi
procedimenti
;
e
questo
si
può
ottenere
solo
facendo
appello
a
quella
stessa
irriducibile
diversità
e
ricchezza
dei
talenti
,
delle
aspirazioni
e
delle
capacità
umane
,
che
esse
dovrebbero
reprimere
.
Si
dice
che
le
giovani
generazioni
sono
completamente
aliene
da
ogni
sogno
utopistico
e
che
la
loro
mentalità
è
fredda
e
realistica
.
Se
è
così
(
come
parrebbe
da
certi
indizi
)
,
si
tratta
di
una
vera
fortuna
.
L
'
utopia
non
è
oggi
un
aiuto
,
ma
un
ostacolo
alla
ricerca
di
soluzioni
felici
e
durature
dei
nostri
problemi
sociali
e
politici
.
Queste
soluzioni
vanno
oggi
cercate
sulla
base
dei
dati
messi
a
nostra
disposizione
dalle
discipline
scientifiche
e
in
vista
dello
scopo
di
offrire
a
ciascun
membro
del
corpo
sociale
maggiori
opportunità
di
scelte
.
Non
l
'
eliminazione
delle
scelte
o
il
loro
appiattimento
uniforme
in
uno
schema
di
perfezione
fittizia
,
ma
l
'
estensione
delle
scelte
al
massimo
numero
possibile
di
persone
e
la
loro
ricchezza
e
varietà
,
può
essere
oggi
la
direttiva
generale
di
un
pensiero
politico
e
sociale
efficace
.
L
'
utopia
può
incoraggiare
il
fanatismo
o
l
'
entusiasmo
fittizio
,
non
ispirare
la
ricerca
paziente
delle
soluzioni
,
la
loro
messa
a
prova
e
la
loro
correzione
eventuale
.
E
soprattutto
può
far
dimenticare
che
tutti
i
vantaggi
che
la
società
umana
può
conseguire
nel
suo
complesso
hanno
un
loro
prezzo
di
rinunce
e
di
limitazioni
;
e
che
gli
uomini
non
debbono
attenderseli
,
come
un
dono
,
dall
'
avvento
di
un
'
utopia
qualsiasi
,
ma
soltanto
dalla
loro
intelligenza
e
dal
loro
lavoro
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Doldi
,
non
so
se
mi
sono
spiegato
male
io
,
o
se
mi
ha
capito
male
lei
.
Io
non
ho
sminuito
affatto
,
né
intendevo
sminuire
,
la
tradizione
della
Chiesa
.
Solo
un
cretino
o
un
analfabeta
potrebbe
farlo
.
E
'
una
tradizione
immensa
.
Ma
non
venga
a
dirmi
che
è
una
tradizione
«
nazionale
»
:
la
Chiesa
sarebbe
la
prima
a
offendersene
,
perché
se
c
'
è
un
'
istituzione
di
carattere
universale
e
quindi
allergica
a
identificarsi
con
una
«
nazione
»
è
proprio
la
Chiesa
.
E
contro
di
essa
,
quando
il
protestantesimo
ne
ruppe
l
'
unità
,
che
si
formarono
le
nazioni
.
Non
lo
dico
io
,
lo
dice
la
Storia
,
e
anzi
questo
è
uno
dei
pochi
punti
su
cui
tutti
gli
storici
sono
d
'
accordo
.
Si
dividono
sul
giudizio
da
dare
di
questo
processo
,
che
secondo
qualcuno
fu
un
gran
bene
,
secondo
qualche
altro
un
gran
male
.
Ma
il
processo
nessuno
lo
contesta
.
Altra
sua
affermazione
che
non
posso
accettare
è
che
la
vera
tradizione
italiana
è
quella
cristiana
.
A
parte
il
fatto
che
c
'
è
anche
quella
classica
pre
-
cristiana
e
pagana
di
Roma
,
la
sua
è
una
definizione
che
non
definisce
nulla
perché
cristiano
è
tutto
il
mondo
civile
.
Mi
scusi
,
ma
ho
l
'
impressione
che
lei
faccia
una
grossa
confusione
di
concetti
.
Cattolici
,
in
Italia
,
siamo
tutti
,
o
quasi
tutti
.
Lo
erano
anche
-
e
alcuni
strettamente
osservanti
e
praticanti
-
i
pochi
animosi
che
fecero
l
'
Italia
(
il
generale
Cadorna
,
dopo
aver
ordinato
ai
suoi
cannoni
il
fuoco
su
Porta
Pia
,
andò
in
chiesa
a
chiedere
perdono
a
Dio
)
.
Ma
non
c
'
è
dubbio
ch
'
essi
s
'
ispiravano
a
una
concezione
«
laica
»
dello
Stato
unitario
nazionale
,
nel
senso
che
lo
volevano
sovrano
,
e
non
tributario
della
Chiesa
,
come
già
lo
era
in
tutti
gli
altri
Paesi
cattolici
dell
'
Occidente
.
Contro
questi
animosi
stavano
non
i
cattolici
,
ma
i
«
clericali
»
che
volevano
mantenere
l
'
Italia
divisa
per
salvare
lo
Stato
temporale
della
Chiesa
.
E
non
c
'
è
oggi
storico
serio
,
anche
se
di
assoluta
ortodossia
cattolica
,
il
quale
non
riconosca
che
l
'
ostinazione
della
Chiesa
a
difendere
i
suoi
Stati
fu
un
grave
errore
.
Comunque
,
che
gli
artefici
del
Risorgimento
-
sia
quelli
che
militarono
sotto
le
bandiere
dei
Savoia
,
sia
sotto
quelle
di
Mazzini
e
Garibaldi
-
volessero
uno
Stato
di
modello
occidentale
laico
,
anche
quelli
che
andavano
regolarmente
a
messa
e
si
confessavano
,
nessuno
può
metterlo
in
dubbio
.
E
vilipendere
questi
uomini
,
che
ebbero
certamente
i
loro
difetti
e
miserie
,
ma
che
popolarono
le
galere
e
le
forche
per
fare
dell
'
Italia
una
nazione
,
non
è
da
cattolico
,
ma
da
clericale
.
La
tradizione
«
nazionale
»
è
roba
loro
e
dei
due
partiti
che
ne
hanno
raccolto
l
'
eredità
:
il
liberale
e
il
repubblicano
.
Il
resto
o
è
merce
di
Chiesa
,
che
è
grandissima
merce
,
ma
di
carattere
universale
,
non
nazionale
;
o
merce
d
'
importazione
,
come
il
socialismo
e
i
suoi
derivati
che
discendono
da
Marx
e
da
ideologie
internazionaliste
.
Noi
siamo
in
pochi
,
e
per
di
più
divisi
e
litigiosi
.
Ma
erano
in
pochi
anche
quelli
,
dai
quali
ci
vantiamo
di
discendere
,
che
fecero
il
Risorgimento
senza
e
qualche
volta
contro
tutti
gli
altri
italiani
;
e
che
poi
amministrarono
lo
Stato
un
pochino
meglio
di
come
lo
si
amministra
oggi
.
Se
lei
non
è
convinto
,
si
ripassi
la
Storia
.
E
vedrà
che
,
da
chiunque
scritta
,
conferma
quello
che
dico
io
.
StampaPeriodica ,
Nei
sei
anni
che
tennero
dietro
a
Versailles
l
'
Europa
ha
cercato
un
equilibrio
di
pace
seguendo
successivamente
due
vie
opposte
.
L
'
immediato
dopo
guerra
fu
dominato
da
preoccupazioni
e
suscettibilità
nazionaliste
.
Non
era
un
nazionalismo
pericoloso
perché
non
si
esprimeva
in
vere
e
proprie
ambizioni
ma
in
una
piccola
politica
scontrosa
,
di
corte
vedute
.
Ispiratori
Poincaré
,
Theunis
,
Bonar
Law
,
ecc
.
;
risultato
:
l
'
avventura
delle
riparazioni
.
Con
lo
scacco
di
Ludendorf
in
Baviera
,
il
venir
meno
delle
inquietudini
rivoluzionarie
in
Sassonia
,
Ungheria
,
Italia
,
furono
tolti
anche
i
pretesti
di
questa
mentalità
.
Così
la
liquidazione
della
crisi
economica
mondiale
portò
all
'
esperimento
di
sinistra
:
Mac
Donald
,
Herriot
,
Marx
.
Questo
esperimento
fallì
prima
di
cominciare
,
benché
l
'
indirizzo
di
politica
estera
inaugurato
durante
la
parentesi
democratica
sia
anche
oggi
in
rigore
.
Il
fallimento
delle
sinistre
è
dovuto
alla
situazione
interna
di
tutti
i
paesi
d
'
Europa
.
Le
classi
operaie
non
sono
in
grado
di
conquistare
il
potere
politico
e
dal
1914
in
poi
le
classi
medie
,
col
loro
stupido
chauvinisme
si
sono
alleate
alla
causa
delle
classi
dominanti
e
dei
poteri
costituiti
.
Lo
Stato
democratico
non
è
riuscito
a
diventare
Stato
autonomista
;
i
poteri
locali
sono
sempre
alla
mercé
del
centro
;
la
strapotenza
del
potere
centrale
riduce
le
classi
medie
a
funzioni
parassitarie
,
le
rende
burocratiche
e
schiave
.
La
guerra
ha
spogliato
economicamente
le
classi
medie
,
togliendo
loro
con
l
'
indipendenza
economica
la
dignità
e
l
'
iniziativa
politica
:
per
vivere
esse
hanno
dovuto
ricorrere
allo
Stato
;
accettandone
un
impiego
sono
diventate
complici
dei
poteri
costituiti
.
A
questo
si
riduce
la
crisi
delle
democrazie
in
Europa
.
In
Inghilterra
,
in
Francia
,
in
Belgio
,
in
Germania
si
ha
dunque
una
situazione
conservatrice
.
Il
mondo
non
va
né
a
destra
né
a
sinistra
.
Nei
quattro
tipici
Stati
centro
-
occidentali
le
democrazie
sono
vinte
ma
non
sgominate
.
In
tutti
e
quattro
però
la
reazione
sembra
definitivamente
allontanata
:
un
colpo
di
forza
o
una
avventura
militare
sono
diventati
difficili
e
improbabili
.
Sono
dunque
in
errore
in
Italia
tanto
i
fascisti
i
quali
parlano
di
internazionale
fascista
e
vantano
i
consensi
che
vengono
a
Mussolini
dall
'
estero
quanto
le
opposizioni
che
vedono
nella
situazione
internazionale
un
elemento
di
instabilità
del
governo
presente
in
Italia
.
Se
si
vuol
discutere
intorno
al
prestigio
dell
'
Italia
all
'
estero
bisogna
portare
altri
argomenti
e
partire
da
un
altro
punto
di
vista
.
L
'
importanza
dell
'
Italia
nella
politica
europea
dipendeva
direttamente
e
oggettivamente
dall
'
esistenza
di
una
forte
Austria
e
di
una
Turchia
pericolosa
.
In
queste
condizioni
un
ruolo
decisivo
era
sempre
assicurato
all
'
Italia
nel
dissidio
tra
Europa
centrale
e
occidentale
.
D
'
altra
parte
l
'
Inghilterra
era
necessariamente
interessata
all
'
esistenza
di
uno
Stato
libero
e
liberale
nel
Mediterraneo
contro
ogni
pericolo
che
venisse
da
Oriente
.
Mancando
questa
felice
situazione
(
che
fu
sfruttata
a
suo
tempo
da
Venezia
e
nel
secolo
scorso
da
Cavour
)
la
funzione
europea
dell
'
Italia
diminuisce
nel
momento
stesso
in
cui
essa
abbatte
l
'
Impero
d
'
Asburgo
.
Il
centro
della
politica
è
definitivamente
sul
Reno
;
il
Mediterraneo
si
avvia
a
una
seconda
decadenza
;
le
tre
penisole
meridionali
restano
abbandonate
al
loro
isolamento
,
tutte
e
tre
dominate
all
'
interno
da
difficilissime
situazioni
agrarie
.
L
'
Italia
è
più
povera
delle
altre
due
penisole
;
ma
nonostante
la
retorica
e
la
vanità
nazionalista
che
la
travaglia
,
ha
lavorato
più
fermamente
da
due
secoli
in
qua
per
salvarsi
dal
tramonto
delle
razze
meridionali
.
L
'
industrialismo
del
triangolo
Genova
-
Torino
-
Milano
,
la
questione
meridionale
,
l
'
immaturità
della
lotta
politica
,
lo
spirito
medioevale
delle
classi
agrarie
,
la
crisi
del
cattolicesimo
rimangono
tuttavia
come
le
tragiche
incognite
del
nostro
avvenire
.
Il
fascismo
è
un
episodio
di
questi
problemi
e
di
queste
incertezze
.
Niente
possono
capire
gli
stranieri
di
tali
crisi
.
Un
antifascista
all
'
estero
si
trova
a
parlare
un
gergo
assurdo
.
Quei
ventimila
intellettuali
o
politici
,
non
ispirati
dall
'
Agenzia
Havas
o
dagli
eredi
di
Northeliffe
,
onesti
e
colti
,
che
in
tutti
i
paesi
civili
rappresentano
la
parte
più
intelligente
dei
ceti
medi
,
non
vedono
di
buon
occhio
il
fascismo
ma
vi
disarmano
con
la
loro
ingenuità
a
base
di
Risorgimento
e
di
liberalismo
.
La
loro
protesta
è
indice
di
nobili
cuori
,
ripugnanti
alla
violenza
e
alla
demagogia
,
ma
sopravaluta
gli
italiani
credendo
che
essi
soffrano
per
la
libertà
perduta
.
Un
esempio
caratteristico
di
questa
candida
fiducia
dei
liberali
inglesi
nella
maturità
dell
'
Italia
si
ha
nella
nota
lettera
di
Steed
.
Naturalmente
questi
antifascisti
europei
sono
una
minoranza
.
Le
plebi
a
cui
si
dirigono
il
Daily
Mail
e
il
Petit
Parisien
amano
invece
la
demagogia
sovversiva
della
reazione
.
Mussolini
gode
di
una
popolarità
indiscussa
tra
i
piccoli
borghesi
di
tutto
il
mondo
.
Il
suo
prestigio
deriva
dal
mito
antibolscevico
.
Tutti
sanno
che
il
movimento
operaio
in
Italia
è
stato
stroncato
dalle
sue
debolezze
interne
nella
primavera
del
1920
ben
prima
che
si
formassero
le
squadre
d
'
azione
.
Ma
queste
sottigliezze
sfuggono
a
osservatori
superficiali
privi
di
qualunque
preparazione
a
comprendere
le
cose
italiane
.
Si
ebbero
forti
diffidenze
verso
Mussolini
all
'
estero
nel
principio
del
suo
esperimento
.
Si
temeva
l
'
eredità
di
Napoleone
III
,
il
turbamento
della
pace
europea
.
Dopo
Corfù
questi
timori
sono
svaniti
.
Ora
Mussolini
è
inquadrato
nei
piani
conservatori
delle
Potenze
occidentali
.
Dal
Foreign
Office
e
dal
Quai
d
'
Orsay
si
vede
con
simpatia
un
Governo
antibolscevico
nel
Mediterraneo
come
in
Polonia
,
in
Bulgaria
,
in
Cecoslovacchia
.
Le
classi
dominanti
inglesi
rappresentate
dal
Morning
Post
,
il
radicalismo
plutocratico
caillauttista
,
il
nazionalismo
belga
valutano
l
'
Italia
con
machiavellica
noncuranza
dal
punto
di
vista
della
sua
efficienza
esterna
:
non
nutrono
preoccupazioni
sulla
proclamata
capacità
rivoluzionaria
della
marcia
su
Roma
,
paghi
che
a
Roma
le
iniziative
di
politica
estera
non
creino
imbarazzi
alla
politica
di
accerchiamento
della
Russia
.
La
politica
europea
va
riducendosi
al
duello
tra
Russia
e
Inghilterra
preveduto
da
Marx
,
se
pure
in
forma
opposta
;
e
l
'
Inghilterra
conservatrice
gioca
sulla
paura
del
bolscevismo
per
non
lasciare
agli
altri
popoli
iniziative
politiche
.
StampaQuotidiana ,
Nei
miti
degli
antichi
poeti
e
filosofi
,
lo
stato
perfetto
di
pace
è
situato
al
principio
della
storia
umana
nel
mondo
.
Esiodo
lo
considerava
proprio
dell
'
età
dell
'
oro
in
cui
gli
uomini
vivevano
come
divinità
beate
,
liberi
da
inquietudini
e
da
malanni
,
nel
godimento
di
beni
sovrabbondanti
:
e
considerava
le
età
successive
come
un
graduale
decadimento
da
quello
stato
di
perfezione
.
Platone
narra
nel
Critia
il
preludio
della
prima
grande
guerra
mondiale
:
quella
fra
l
'
Atlantide
e
il
resto
del
mondo
capeggiato
dalla
Grecia
;
guerra
divenuta
inevitabile
quando
,
trascorsa
l
'
età
degli
dèi
,
nella
quale
questi
governavano
sugli
uomini
come
pastori
eccellenti
,
e
l
'
età
degli
eroi
,
autori
di
imprese
leggendarie
,
una
stirpe
di
uomini
avidi
e
brutali
rese
la
pace
impossibile
.
In
questi
miti
,
l
'
aspirazione
costante
degli
uomini
ad
una
vita
felice
,
non
funestata
da
violenze
e
da
guerre
,
assumeva
la
forma
del
rimpianto
di
un
paradiso
perduto
,
della
nostalgia
per
un
'
età
passata
e
conclusa
,
che
non
può
ritornare
.
Nei
moderni
,
la
stessa
aspirazione
assume
la
forma
dell
'
attesa
o
della
speranza
di
un
avvenire
più
o
meno
lontano
.
Il
mito
è
capovolto
nel
tempo
.
La
pace
non
è
più
in
un
lontano
passato
ma
in
un
avvenire
di
cui
esistono
già
i
segni
o
l
'
annunzio
.
Le
speranze
millenarie
dei
cristiani
,
le
forme
diverse
della
sempre
risorgente
utopia
,
le
ideologie
politiche
e
i
progetti
dei
filosofi
hanno
sempre
prospettato
la
pace
come
l
'
esito
finale
della
storia
,
la
fase
ultima
nella
quale
la
vicenda
di
orrori
,
di
violenze
e
di
guerre
avrà
termine
per
sempre
e
sarà
sostituita
da
una
specie
di
regno
di
Dio
sulla
terra
.
La
prima
guerra
mondiale
apparve
a
buona
parte
dell
'
opinione
pubblica
come
«
la
guerra
che
porrà
fine
a
tutte
le
guerre
»
.
E
le
dure
smentite
dei
fatti
non
sempre
indeboliscono
questa
speranza
.
Gettato
in
un
mondo
in
cui
la
sua
sorte
è
messa
continuamente
in
pericolo
,
l
'
uomo
proietta
nell
'
immagine
di
un
passato
lontano
o
di
un
avvenire
più
o
meno
prossimo
il
primo
bisogno
della
sua
natura
:
quello
di
una
pace
senza
minacce
.
Lo
stato
di
pace
può
essere
posto
al
principio
della
storia
o
al
termine
di
essa
,
può
essere
oggetto
di
rimpianto
nostalgico
o
di
attesa
messianica
;
ma
i
suoi
caratteri
sono
gli
stessi
.
È
un
idillio
perpetuo
nel
quale
le
ambizioni
smodate
e
la
volontà
di
potenza
di
persone
e
di
gruppi
sono
state
superate
per
sempre
;
in
cui
non
c
'
è
più
l
'
antagonismo
,
la
competizione
,
la
lotta
,
l
'
urto
degli
interessi
,
il
contrasto
delle
passioni
.
È
uno
stato
di
perfezione
in
cui
tacciono
per
sempre
i
conflitti
di
cui
pare
sia
intessuta
la
vita
quotidiana
degli
uomini
.
La
pace
,
ha
scritto
Whitehead
,
è
«
l
'
armonia
delle
armonie
che
placa
la
turbolenza
distruttiva
e
completa
la
civiltà
»
.
Spesso
i
filosofi
hanno
sollevato
obbiezioni
contro
una
pace
così
intesa
.
Eraclito
,
il
più
pessimista
dei
filosofi
dell
'
antica
Grecia
,
ad
Omero
che
aveva
detto
«
Possa
la
discordia
sparire
fra
gli
De
'
i
e
fra
gli
uomini
»
,
rispondeva
:
«
Omero
non
s
'
accorge
che
prega
per
la
distruzione
dell
'
universo
:
se
la
sua
preghiera
fosse
esaudita
,
tutte
le
cose
perirebbero
»
.
Hegel
diceva
:
«
Come
il
movimento
dei
venti
preserva
il
mare
dalla
putrefazione
nella
quale
lo
ridurrebbe
una
quiete
durevole
,
così
ridurrebbe
i
popoli
alla
putrefazione
una
pace
durevole
o
anzi
perpetua
»
.
Ed
è
certo
che
il
raggiungimento
di
una
pace
resa
definitiva
e
totale
per
l
'
assoluta
esclusione
di
ogni
elemento
di
conflitto
e
di
latta
,
supporrebbe
una
trasformazione
completa
degli
esseri
umani
,
un
capovolgimento
altrettanto
totale
della
loro
natura
.
Questa
trasformazione
è
certo
improbabile
perché
nessun
elemento
positivo
,
nessun
fatto
può
esserne
interpretato
come
il
preannuncio
.
Ciò
che
sappiamo
dell
'
uomo
,
ciò
che
ci
dicono
di
lui
le
discipline
antropologiche
,
storiche
e
sociali
e
la
stessa
filosofia
non
ci
autorizza
a
credere
che
l
'
uomo
sia
sulla
via
di
una
trasfigurazione
totale
che
da
essere
limitato
e
imperfetto
lo
trasformi
in
un
semidio
o
in
un
'
anima
disincarnata
.
La
pace
assoluta
e
definitiva
appare
oggi
alla
fredda
e
lucida
mentalità
dell
'
uomo
moderno
come
un
semplice
sogno
.
Certo
,
è
un
nobile
sogno
;
e
,
come
diceva
Calderón
,
sia
nel
sogno
che
nella
veglia
certe
cose
sono
preferibili
ad
altre
.
Ma
la
questione
cruciale
non
è
quella
circa
la
nobiltà
o
la
bellezza
del
sogno
;
è
quella
circa
la
sua
funzione
.
Può
il
sogno
della
pace
perpetua
contribuire
alla
pace
?
Coloro
che
attribuiscono
al
mito
una
funzione
direttiva
nella
storia
degli
uomini
risponderebbero
certo
di
sì
.
Ma
la
credenza
nel
mito
è
fragile
perché
cede
al
primo
urto
della
realtà
e
dopo
di
sé
lascia
il
vuoto
.
Nella
civiltà
contemporanea
,
fondata
com
'
è
,
in
tutti
i
livelli
,
sull
'
esercizio
dell
'
intelligenza
,
il
mito
è
ancora
più
fragile
.
Inoltre
-
ed
è
la
considerazione
fondamentale
-
il
mito
della
pace
assoluta
incoraggia
il
fanatismo
.
La
pace
totale
può
venire
solo
dopo
l
'
ultima
guerra
totale
:
dopo
la
distruzione
di
tutti
i
«
nemici
»
,
dopo
l
'
eliminazione
dell
'
ultimo
dissidente
,
quando
un
unico
sistema
di
credenze
,
un
unico
modo
di
vivere
si
sarà
stabilito
fra
gli
uomini
,
e
verrà
tolto
di
mezzo
ogni
contrasto
,
ogni
dissenso
e
ogni
competizione
.
Quale
giustificazione
migliore
per
una
guerra
di
sterminio
della
prospettiva
che
essa
condurrà
finalmente
alla
pace
definitiva
?
L
'
insegna
di
ogni
fanatismo
è
proprio
questa
:
sterminate
i
vostri
nemici
senza
pietà
;
dopo
,
vivrete
tranquilli
.
Fuori
del
mito
e
del
fanatismo
,
per
un
'
intelligenza
che
voglia
onestamente
comprendere
la
realtà
delle
cose
umane
,
la
guerra
e
la
pace
possono
essere
considerate
tra
loro
nello
stesso
rapporto
in
cui
stanno
la
salute
e
la
malattia
.
Lo
stato
di
salute
,
la
sanità
dell
'
uomo
normale
,
non
è
una
situazione
originaria
o
finale
,
permanente
o
definitiva
,
ma
la
capacità
dell
'
organismo
di
controllare
,
regolare
e
vincere
gli
assalti
della
malattia
.
«
La
minaccia
della
malattia
»
ha
scritto
un
medico
famoso
«
è
uno
dei
costituenti
della
salute
.
»
Ciò
vuol
dire
che
la
salute
è
un
equilibrio
instabile
,
mantenuto
o
raggiunto
contro
la
minaccia
di
rotture
eventuali
.
Questo
vale
sia
per
la
salute
fisica
che
per
quella
mentale
:
la
quale
consiste
anch
'
essa
in
un
equilibrio
difficile
,
continuamente
minacciato
e
continuamente
ristabilito
contro
innumerevoli
occasioni
di
disturbo
.
I
rimedi
che
la
medicina
appresta
non
sono
magici
esorcismi
che
mettono
le
malattie
completamente
fuori
questione
;
sono
aiuti
offerti
all
'
organismo
per
rafforzare
quei
poteri
di
correzione
e
regolazione
che
lo
mettono
in
grado
di
resistere
agli
assalti
del
male
.
Ma
questi
assalti
continuano
.
Allo
stesso
modo
,
lo
stato
di
pace
cui
l
'
umanità
può
aspirare
non
è
la
cessazione
definitiva
delle
minacce
di
guerra
,
ma
la
disponibilità
di
mezzi
adatti
a
fronteggiare
queste
minacce
.
La
coesistenza
di
civiltà
e
di
modi
di
vita
diversi
,
le
differenze
di
religione
e
di
costume
,
le
competizioni
tra
individui
e
gruppi
,
i
contrasti
di
interessi
,
non
sono
condizioni
di
cui
si
possa
prevedere
l
'
annullamento
;
e
d
'
altronde
senza
quelle
condizioni
l
'
umanità
si
ridurrebbe
a
una
massa
piatta
ed
amorfa
senza
possibilità
creative
,
senza
alternative
di
vita
,
perciò
destinata
a
una
lenta
agonia
.
Ma
da
quella
molteplicità
,
da
quei
contrasti
e
competizioni
nascono
continuamente
problemi
che
,
se
non
sono
affrontati
per
tempo
,
si
incancreniscono
e
possono
condurre
a
esplosioni
violente
.
La
pratica
effettiva
della
tolleranza
,
le
libertà
civili
,
la
sostituibilità
delle
gerarchie
politiche
,
il
compromesso
degli
interessi
contrastanti
,
lo
scambio
di
uomini
e
di
idee
tra
paesi
diversi
,
sono
alcuni
degli
strumenti
di
cui
l
'
umanità
dispone
per
superare
le
minacce
di
guerra
.
Le
istituzioni
internazionali
o
soprannazionali
si
fondano
appunto
su
quegli
strumenti
.
Ma
si
tratta
ancora
cli
strumenti
imperfetti
,
la
cui
messa
a
punto
implica
da
parte
di
ogni
uomo
o
gruppo
umano
,
limitazioni
,
rinunzie
e
sacrifici
.
È
più
facile
,
certo
,
vivere
nella
cieca
attesa
di
un
domani
totalmente
pacifico
anziché
contribuire
giorno
per
giorno
a
rafforzare
atteggiamenti
,
convinzioni
,
istituzioni
,
che
possono
risparmiare
agli
uomini
rischi
di
guerre
.
La
magia
promette
sempre
assai
più
della
scienza
.
Ma
solo
la
ricerca
paziente
arriva
,
da
ultimo
,
a
dare
alla
umanità
qualche
beneficio
permanente
.
È
verità
antica
che
nessun
uomo
può
essere
salvato
contro
la
propria
volontà
.
La
razionalizzazione
dei
rapporti
umani
,
dalla
quale
dipende
la
vittoria
della
pace
sulla
guerra
,
è
un
compito
che
non
può
essere
limitato
a
una
parte
sola
dell
'
umanità
,
mentre
l
'
altra
sta
ad
aspettarne
i
benefici
.
Finché
l
'
umanità
avrà
zone
di
ombra
in
cui
quella
razionalizzazione
non
riesce
a
penetrare
-
come
accade
ora
un
po
'
dappertutto
-
l
'
umanità
non
avrà
raggiunto
la
sua
sanità
morale
,
non
sarà
in
grado
di
respingere
ogni
minaccia
di
guerra
.
Questo
non
è
un
elemento
di
sfiducia
ma
di
speranza
;
giacché
l
'
esatta
nozione
di
un
pericolo
è
il
primo
avvio
per
superarlo
.
Non
sono
le
esortazioni
e
le
prediche
moralistiche
,
i
richiami
a
ideali
anche
nobilissimi
,
che
possono
contribuire
sostanzialmente
a
garantire
la
pace
.
C
'
è
un
«
fanatismo
della
pace
»
che
può
essere
altrettanto
pericoloso
del
fanatismo
di
guerra
.
Soltanto
i
mezzi
concreti
che
diffondono
fra
tutti
gli
uomini
il
senso
della
misura
,
del
calcolo
e
dell
'
organizzazione
razionale
dei
loro
interessi
renderanno
capace
l
'
umanità
di
raggiungere
quello
stato
di
sanità
morale
che
le
consentirà
di
superare
le
insorgenti
minacce
di
guerra
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Maccarini
,
ciò
che
lei
dice
è
giusto
.
Ma
a
Burgess
non
si
possono
chiedere
delle
«
analisi
»
,
di
cui
gli
manca
oltre
tutto
la
logica
.
Da
vero
autentico
artista
,
egli
non
procede
per
argomenti
,
ma
per
«
umori
»
,
e
quello
dominante
è
la
collera
.
Burgess
è
contro
gl
'
inglesi
perché
è
mezzo
irlandese
.
E
'
contro
gl
'
irlandesi
perché
è
mezzo
inglese
.
E
'
contro
gli
americani
perché
è
europeo
fino
alla
cima
dei
capelli
.
Ma
è
anche
contro
gli
europei
perché
si
lasciano
americanizzare
.
E
'
contro
i
protestanti
perché
è
cattolico
.
Ma
protesta
contro
i
cattolici
perché
non
lo
sono
a
modo
suo
.
Protesta
anche
,
credo
,
contro
Gesù
Cristo
perché
non
è
abbastanza
Burgess
come
lui
lo
vorrebbe
e
descrive
(
vedi
L
'
Uomo
di
Nazareth
,
che
io
considero
un
capolavoro
)
.
E
quindi
non
gli
si
può
chiedere
l
'
oggettività
(
falsa
)
del
sociologo
o
del
politologo
,
due
categorie
di
persone
alle
quali
egli
farebbe
volentieri
fare
la
fine
delle
streghe
di
Harlem
.
Ma
sotto
i
suoi
sghignazzanti
impeti
di
furore
ci
sono
,
guizzanti
e
accecanti
come
folgori
,
delle
intuizioni
che
non
mancano
mai
il
bersaglio
e
lo
illuminano
in
poche
frasi
meglio
di
quanto
potrebbe
fare
un
intero
trattato
.
Ce
n
'
erano
anche
in
quella
sua
ruggente
presa
di
posizione
contro
l
'
Europa
,
che
noi
non
condividiamo
.
Ma
il
bello
è
che
non
la
condivide
nemmeno
Burgess
.
Il
quale
constata
che
gli
europei
non
sono
capaci
di
fare
l
'
Europa
,
ma
lo
constata
con
rabbia
perché
vorrebbe
che
lo
fossero
.
E
uno
di
quegli
scrittori
-
di
getto
,
gagliardi
,
tutto
muscoli
-
che
quando
crede
di
dare
un
bacio
dà
un
morso
.
E
proprio
per
questo
mi
va
tanto
a
sangue
.
Domani
potrebbe
scrivere
un
articolo
sferzante
contro
il
Giornale
e
contro
me
.
E
io
glielo
pubblicherei
.
StampaPeriodica ,
I
Fin
dal
III
Congresso
del
partito
(
Lione
)
,
ed
anzi
già
durante
le
discussioni
preparatorie
del
congresso
che
si
tennero
nel
1925
,
nell
'
Ufficio
politico
e
nel
Comitato
centrale
,
si
affacciò
la
necessità
di
dare
un
programma
al
partito
.
Superata
la
crisi
interna
e
conquistata
una
superiore
maturità
ideologica
e
politica
il
partito
cominciò
a
vedere
i
problemi
della
rivoluzione
italiana
e
i
propri
compiti
con
occhi
nuovi
.
Fino
al
1923-1924
noi
ci
sentivamo
il
partito
di
una
frazione
del
proletariato
,
di
una
frazione
che
voleva
diventare
maggioranza
attraverso
la
«
conquista
molecolare
»
dei
proletari
e
limitandosi
ad
operare
entro
gli
organismi
tradizionali
del
proletariato
italiano
.
Questa
ristrettezza
del
nostro
campo
politico
limitò
la
nostra
azione
e
impedì
al
partito
di
presentarsi
di
fronte
alle
grandi
masse
come
il
partito
del
proletariato
italiano
e
la
guida
di
tutta
la
popolazione
lavoratrice
.
Basta
rievocare
la
posizione
assunta
dal
partito
in
numerose
occasioni
,
dal
1921
alla
fine
del
1923
,
per
convincersene
.
È
verso
la
seconda
metà
del
1924
(
crisi
Matteotti
)
che
noi
incominciamo
ad
avere
un
respiro
politico
più
ampio
,
ed
a
manovrare
nel
giuoco
delle
forze
politiche
per
presentarci
come
un
«
partito
di
governo
»
di
fronte
alle
masse
lavoratrici
.
Dal
periodo
che
si
potrebbe
chiamare
«
di
organizzazione
»
passiamo
al
periodo
della
vera
e
propria
azione
politica
.
Non
vorrei
che
i
compagni
fossero
tratti
a
credere
che
io
pensi
che
i
due
periodi
si
caratterizzano
nettamente
e
che
essi
diano
,
come
i
momenti
di
un
processo
logico
,
la
spiegazione
dello
sviluppo
del
nostro
partito
.
Infatti
non
è
vero
che
dal
1921
al
1924
noi
ci
siamo
occupati
di
organizzazione
e
non
di
politica
;
né
è
possibile
pensare
che
dopo
il
1924
noi
abbiamo
trascurato
o
sottovalutato
i
problemi
di
organizzazione
.
Il
periodo
1921-1924
è
prevalentemente
«
interno
»
e
di
propaganda
;
nel
secondo
quello
nel
quale
siamo
tuttora
noi
affrontiamo
tutti
i
problemi
interni
ed
esterni
:
il
partito
vede
meglio
,
anzi
,
i
problemi
interni
e
li
risolve
nella
misura
e
nel
modo
in
cui
è
capace
di
vedere
e
di
affrontare
i
propri
compiti
politici
.
Il
momento
tipico
del
passaggio
dall
'
uno
all
'
altro
periodo
è
stato
quello
della
trasformazione
organica
del
partito
sulla
base
delle
cellule
.
Dal
1924-1925
in
poi
non
ci
sentiamo
più
il
partito
di
una
frazione
del
proletariato
,
ma
il
partito
politico
rivoluzionario
del
proletariato
,
di
tutto
il
proletariato
italiano
.
A
questo
risultato
siamo
giunti
liberandoci
dagli
ultimi
residui
della
ideologia
massimalista
(
dei
quali
si
nutriscono
oggi
avidamente
i
gruppi
di
opposizione
che
sono
fuori
del
nostro
partito
)
ed
affrontando
risolutamente
i
problemi
della
strategia
e
della
tattica
seguendo
gli
insegnamenti
del
marxismo
-
leninismo
,
sulla
base
della
analisi
della
struttura
della
società
italiana
,
dello
sviluppo
del
capitalismo
italiano
e
delle
contraddizioni
che
esso
genera
,
della
formazione
e
del
movimento
delle
classi
;
cioè
impossessandoci
del
metodo
di
analisi
marxista
.
II
Il
bisogno
di
darci
il
programma
è
coinciso
con
l
'
allargarsi
della
visione
dei
nostri
compiti
storici
e
politici
.
Non
tutti
i
compagni
,
è
vero
,
vedono
ancora
tutti
questi
compiti
e
sanno
adeguare
ad
essi
la
propria
azione
.
Non
tutti
i
compagni
riescono
ancora
a
concepire
il
carattere
«
popolare
»
e
«
nazionale
»
della
rivoluzione
proletaria
,
che
il
partito
rivoluzionario
del
proletariato
deve
trascinare
e
dirigere
tutta
la
popolazione
lavoratrice
,
che
esso
deve
avere
,
perciò
,
un
programma
di
azione
applicando
il
quale
esso
riesce
a
portare
alla
insurrezione
ed
alla
lotta
per
il
potere
le
masse
decisive
del
proletariato
urbano
e
dei
lavoratori
della
campagna
,
e
deve
avere
un
programma
di
governo
«
nazionale
»
dei
lavoratori
che
risponda
ai
bisogni
e
agli
interessi
della
totalità
della
popolazione
lavoratrice
,
cioè
della
stragrande
maggioranza
della
popolazione
.
La
debolezza
ideologica
e
politica
che
è
restata
in
alcuni
strati
del
nostro
partito
,
e
che
dovrà
essere
e
sarà
necessariamente
superata
nel
corso
del
nostro
lavoro
,
trova
una
spiegazione
nelle
condizioni
estremamente
difficili
che
ci
sono
state
fatte
dalla
situazione
italiana
,
durante
gli
otto
anni
della
nostra
esistenza
.
Nelle
nostre
file
,
tuttora
,
il
rivoluzionarismo
della
frase
sostituisce
qua
e
là
il
rivoluzionarismo
marxista
.
La
coscienza
del
«
governo
»
,
del
«
potere
»
,
dello
«
Stato
»
che
si
forma
e
si
sviluppa
nel
partito
,
il
quale
è
«
governo
»
,
è
«
potere
»
,
è
«
Stato
»
in
sviluppo
non
è
ben
radicata
tra
noi
.
È
pur
vero
che
questa
«
coscienza
»
si
sviluppa
con
lo
sviluppo
stesso
del
processo
rivoluzionario
e
si
allarga
fino
a
diventare
coscienza
di
tutto
il
proletariato
;
ma
essa
è
anche
un
eccitatore
del
processo
e
ne
determina
la
orientazione
.
Date
,
quindi
,
al
partito
il
programma
vuol
dire
rafforzare
in
esso
la
coscienza
del
potere
,
elevarlo
politicamente
nella
comprensione
dei
gravissimi
compiti
che
esso
deve
assolvere
.
Ma
dare
il
programma
al
partito
vuol
dire
anche
dare
il
programma
al
proletariato
,
vuol
dire
porre
il
partito
comunista
di
fronte
a
tutto
il
proletariato
come
il
proprio
e
solo
partito
,
accelerare
il
dislocamento
degli
operai
e
dei
salariati
agricoli
verso
il
loro
partito
;
e
quindi
porre
il
proletariato
,
dinanzi
alle
grandi
masse
popolari
,
come
l
'
erede
e
il
solo
erede
della
borghesia
e
del
capitalismo
al
potere
.
III
La
necessità
per
il
nostro
partito
di
avere
il
programma
non
è
contestabile
,
e
credo
che
non
sarà
contestata
.
Piuttosto
da
molte
parti
ci
si
domanderà
:
«
Ma
il
PCI
non
aveva
già
un
programma
?
E
se
non
lo
aveva
come
è
potuto
andare
avanti
per
otto
anni
?
È
possibile
che
il
partito
si
dia
il
programma
solo
dopo
otto
o
nove
anni
di
esistenza
?
»
.
A
domande
simili
noi
già
rispondemmo
trattando
della
questione
del
programma
della
Internazionale
comunista
.
Noi
siamo
arrivati
al
programma
della
Internazionale
comunista
attraverso
ad
una
esperienza
complessa
.
Ma
ciò
non
vuoi
dire
che
dal
1919
(
e
io
direi
meglio
dal
1917
)
la
Internazionale
comunista
marciasse
alla
giornata
.
Tutti
i
documenti
fondamentali
,
dal
I
Congresso
della
Internazionale
in
poi
,
sono
stati
dei
documenti
programmatici
o
hanno
fissato
problemi
di
tattica
generale
.
Il
programma
della
Internazionale
comunista
coordina
tutta
la
imponente
esperienza
ideologica
e
politica
della
Internazionale
nel
corso
dei
suoi
primi
nove
anni
di
vita
e
presenta
,
per
la
prima
volta
dopo
il
1847
,
un
documento
che
fissa
gli
obiettivi
della
lotta
rivoluzionaria
del
partito
comunista
mondiale
.
Anche
noi
abbiamo
dovuto
seguire
la
strada
delle
esperienze
ideologiche
e
politiche
del
nostro
partito
per
giungere
alla
formulazione
del
programma
.
Ma
ciò
non
vuol
dire
che
il
nostro
partito
,
dal
1921
,
abbia
marciato
alla
giornata
.
Al
Congresso
di
Livorno
(
San
Marco
,
1921
)
noi
non
abbiamo
approvato
un
programma
,
bensì
una
mozione
programmatica
della
forma
di
quelle
che
erano
adottate
dai
partiti
della
seconda
Internazionale
Questa
mozione
è
una
dichiarazione
di
principio
del
comunismo
marxista
la
quale
può
e
deve
essere
accettata
da
chiunque
si
richiami
al
marxismo
rivoluzionario
.
Essa
non
è
però
né
un
programma
della
Internazionale
comunista
(
perché
vi
mancano
l
'
analisi
della
situazione
mondiale
del
capitalismo
,
la
descrizione
del
processo
che
porta
alla
morte
inevitabile
del
capitalismo
,
l
'
analisi
delle
forze
motrici
rivoluzionarie
mondiali
,
le
direttive
della
lotta
per
la
dittatura
proletaria
,
la
indicazione
di
che
cosa
farà
il
proletariato
quando
avrà
preso
il
potere
,
ecc
.
)
né
è
un
programma
del
PCI
(
perché
vi
mancano
l
'
analisi
della
struttura
del
capitalismo
italiano
,
della
formazione
e
dei
rapporti
fra
le
classi
della
società
italiana
,
della
stabilizzazione
italiana
,
la
indicazione
dei
compiti
che
si
pongono
al
PCI
per
realizzare
il
blocco
operaio
-
contadino
,
ecc
.
ecc
.
)
La
mozione
programmatica
di
Livorno
non
fu
essa
a
distinguerci
dai
cosiddetti
comunisti
unitari
(
massimalisti
)
e
dagli
opportunisti
.
I
massimalisti
,
infatti
,
non
potevano
allora
non
aderire
ai
principi
espressi
nella
nostra
mozione
,
e
la
loro
grande
maggioranza
non
sarebbe
aliena
dall
'
approvarli
,
a
parole
,
anche
oggi
.
I
punti
di
differenziazione
tra
noi
e
i
massimalisti
,
nel
1921
,
furono
precisamente
i
rapporti
internazionali
ed
i
problemi
concreti
della
rivoluzione
italiana
;
il
che
è
quanto
dire
che
il
dissenso
che
portò
alla
scissione
fu
determinato
non
già
da
una
divergenza
sui
principi
generali
,
divergenza
che
gli
opportunisti
negano
sempre
,
ma
da
una
divergenza
decisiva
sul
terreno
della
applicazione
dei
principi
generali
ai
problemi
concreti
della
rivoluzione
italiana
.
È
in
questo
momento
che
l
'
opportunismo
centrista
si
svela
,
sempre
.
La
discussione
con
i
centristi
e
la
divisione
da
essi
nel
Congresso
socialista
di
Livorno
,
avvennero
:
a
)
sui
ventuno
punti
posti
dalla
Internazionale
comunista
come
condizione
per
la
entrata
dei
partiti
socialisti
nella
organizzazione
comunista
mondiale
,
e
quindi
sulla
esclusione
dei
riformisti
e
degli
opportunisti
del
PSI
,
sulla
centralizzazione
rivoluzionaria
dei
partiti
e
della
Internazionale
comunista
,
sul
compito
delle
frazioni
comuniste
,
sui
rapporti
tra
partiti
e
sindacati
,
ecc
.
;
b
)
sulla
contemporaneità
internazionale
della
rivoluzione
,
teoria
evocata
dai
riformisti
e
dagli
opportunisti
per
mascherare
la
loro
profonda
essenza
controrivoluzionaria
,
e
contro
la
quale
i
comunisti
allora
si
batterono
(
questa
teoria
è
oggi
passata
nel
patrimonio
ideologico
della
opposizione
sedicente
di
«
sinistra
»
la
quale
,
al
contrario
,
è
una
opposizione
di
destra
mascherata
)
;
c
)
sui
problemi
agrario
,
nazionale
e
coloniale
.
Il
dissenso
fu
perciò
programmatico
;
ma
il
nostro
programma
non
era
stato
elaborato
,
precisato
,
era
generico
,
si
riallacciava
a
taluni
elementi
generali
(
in
specie
ai
documenti
fondamentali
del
II
Congresso
della
Internazionale
)
.
Se
noi
avessimo
potuto
(
ma
ciò
non
era
possibile
)
presentarci
a
Livorno
con
un
programma
organico
,
il
dissenso
con
i
centristi
e
con
gli
opportunisti
sarebbe
stato
ancora
,
immediatamente
,
più
profondo
e
appariscente
.
IV
Ma
potevamo
noi
andare
a
Livorno
con
il
programma
?
E
,
prima
di
tutto
,
che
cosa
significa
avere
un
programma
?
Avere
un
programma
significa
realizzare
il
massimo
di
unità
ideologica
nell
'
interno
del
partito
.
Avevamo
noi
questa
unità
ideologica
interna
nel
gennaio
1921
?
No
:
noi
non
l
'
avevamo
.
Il
nostro
partito
si
era
formato
attraverso
alla
fusione
di
tre
aggruppamenti
:
la
frazione
astensionista
del
PSI
(
Bordiga
)
;
il
gruppo
dell
'
Ordine
nuovo
(
Gramsci
)
,
la
sinistra
socialista
rivoluzionaria
(
Gennari
-
Bombacci
-
Marabini
,
ecc
.
)
.
Questi
tre
aggruppamenti
muovevano
da
posizioni
ideologiche
differenti
,
più
o
meno
sviluppate
,
ed
erano
fusi
nella
convinzione
della
necessità
di
dare
al
proletariato
italiano
il
suo
partito
rivoluzionario
.
Basta
rileggere
,
oggi
,
a
distanza
di
otto
anni
il
resoconto
del
Congresso
di
Livorno
e
gli
interventi
degli
oratori
comunisti
per
convincersi
che
una
unità
ideologica
nel
gennaio
1921
non
esisteva
fra
i
comunisti
.
Ciò
,
del
resto
,
era
risaputo
da
noi
,
e
anche
fuori
del
nostro
partito
.
Al
Congresso
di
Livorno
alcuni
oratori
riformisti
e
centristi
dissero
ad
alta
voce
che
i
comunisti
non
erano
d
'
accordo
su
tutte
le
questioni
,
quasi
a
denunziare
una
nostra
debolezza
costituzionale
.
Ben
rispose
Terracini
che
questo
era
un
problema
nostro
,
del
futuro
PCI
,
e
che
avremmo
successivamente
affrontato
e
risolto
.
Mancando
una
unità
ideologica
,
ci
mancava
anche
una
esperienza
autonoma
,
di
partito
.
Senza
l
'
una
e
l
'
altra
un
programma
comunista
,
che
non
sia
uno
schema
artificiale
,
non
è
possibile
formularlo
.
V
La
nostra
revisione
ideologica
,
che
accompagna
lo
sforzo
verso
la
unità
ideologica
,
è
divenuta
profonda
dopo
l
'
avvento
del
fascismo
al
potere
,
durante
il
1925
,
sebbene
verso
di
essa
come
abbiamo
detto
il
partito
si
fosse
già
mosso
nella
seconda
metà
del
1924
e
nella
preparazione
del
III
Congresso
.
Le
tesi
del
III
Congresso
del
partito
,
che
hanno
un
filo
unico
che
le
lega
,
pur
avendo
alcune
manchevolezze
che
solo
oggi
siamo
in
grado
di
vedere
e
di
completare
,
rappresentano
un
grande
balzo
in
avanti
per
il
partito
.
Le
esigenze
programmatiche
vi
si
risentono
in
modo
evidente
.
Tutta
la
prima
parte
delle
tesi
politiche
ha
contenuto
programmatico
.
Per
la
prima
volta
i
problemi
essenziali
della
rivoluzione
proletaria
italiana
sono
visti
dai
comunisti
,
e
sono
visti
con
occhio
marxista
.
Il
II
Congresso
(
Roma
1922
)
non
ci
aveva
dato
nulla
di
tutto
questo
:
le
tesi
di
Roma
barcamenavano
una
teoria
della
tattica
generale
,
ma
non
affrontavano
i
problemi
della
rivoluzione
italiana
.
Né
il
programma
di
azione
presentato
dal
Comitato
esecutivo
e
dalla
delegazione
del
PCI
al
IV
Congresso
mondiale
(
1922
)
colmava
la
lacuna
.
Il
III
Congresso
del
partito
segna
,
perciò
,
un
punto
fermo
nella
maturazione
ideologica
del
partito
,
ed
è
una
vittoria
politica
per
il
proletariato
italiano
.
La
lotta
contro
il
«
sinistrismo
»
si
è
iniziata
come
una
lotta
sulle
questioni
della
tattica
e
della
organizzazione
.
Successivamente
si
è
visto
che
il
sinistrismo
»
rappresentava
anche
una
deviazione
nella
«
strategia
»
.
Il
dissenso
con
i
«
sinistri
»
era
perciò
programmatico
.
Le
posizioni
ideologiche
che
noi
abbiamo
conquistato
lottando
contro
il
sinistrismo
sono
state
delle
posizioni
programmatiche
.
Dai
dissensi
sulla
strategia
,
sulla
tattica
e
sulla
organizzazione
siamo
giunti
a
precisare
:
a
)
che
il
sinistrismo
non
ha
nessuna
dimestichezza
con
il
metodo
dialettico
di
Marx
,
non
è
capace
di
compiere
delle
analisi
;
b
)
che
esso
non
ha
mai
fatto
una
analisi
della
società
italiana
,
delle
classi
e
dei
loro
rapporti
,
e
del
processo
di
formazione
del
blocco
operaio
-
contadino
;
c
)
che
esso
ha
una
concezione
errata
della
natura
e
del
ruolo
dei
partito
comunista
,
e
dei
rapporti
tra
il
proletariato
e
le
altre
classi
che
si
muovono
o
che
sono
portate
a
muoversi
contro
il
regime
del
capitalismo
;
d
)
che
esso
nega
o
restringe
il
compito
del
partito
di
intervenire
con
la
sua
azione
politica
,
al
fine
di
dislocare
strati
di
masse
influenzati
da
altri
partiti
e
portarli
sotto
la
influenza
dei
comunisti
;
e
)
che
esso
svaluta
l
'
attività
di
fronte
unico
e
la
sua
organizzazione
,
ecc
.
Queste
deviazioni
di
tipo
«
sinistroide
»
,
ma
caratteristiche
del
massimalismo
,
sono
state
battute
decisamente
dal
partito
senza
possibilità
di
resurrezione
in
grande
stile
.
Il
nostro
partito
ha
pure
combattuto
le
deviazioni
di
destra
,
le
quali
si
presentarono
però
sempre
in
esso
come
scarsamente
vivaci
.
Esse
non
ebbero
una
seria
base
proletaria
nel
partito
,
e
furono
piuttosto
la
espressione
della
mentalità
di
gruppi
di
vecchi
leaders
che
non
erano
riusciti
a
digerire
la
teoria
e
la
pratica
della
Internazionale
comunista
da
essi
accettate
quando
ancora
non
le
conoscevano
.
VI
Dal
III
Congresso
in
poi
il
partito
ha
sviluppato
le
sue
capacità
politiche
e
la
sua
preparazione
ideologica
.
I
documenti
del
settembre
1926
(
risoluzione
politica
,
risoluzione
sul
lavoro
nel
Mezzogiorno
)
sono
già
degli
sviluppi
delle
tesi
di
Lione
.
Il
lavoro
politico
del
partito
compiuto
nel
1925-1926-1927
sulla
base
delle
direttive
derivate
da
una
giusta
analisi
della
situazione
,
lo
ha
imposto
decisamente
all
'
attenzione
delle
masse
lavoratrici
italiane
.
Il
lavoro
politico
e
di
organizzazione
,
negli
ultimi
anni
,
malgrado
le
gravi
difficoltà
del
nostro
lavoro
,
non
solo
non
ha
indebolito
il
lavoro
ideologico
,
ma
lo
ha
migliorato
ed
esteso
a
uno
strato
più
vasto
di
compagni
.
Lo
Stato
operaio
ha
portato
innanzi
lo
studio
di
alcuni
problemi
che
non
erano
stati
ancora
approfonditi
,
in
particolare
lo
studio
della
situazione
economica
e
quello
del
fascismo
.
Noi
abbiamo
,
quindi
,
oggi
una
maturità
sufficiente
per
passare
alla
formulazione
del
programma
.
D
'
altra
parte
,
dopo
l
'
approvazione
del
programma
della
Internazionale
comunista
,
che
è
il
programma
del
nostro
partito
mondiale
,
tutte
le
sezioni
della
Internazionale
debbono
passare
a
darsi
i
propri
programmi
nazionali
,
dei
quali
il
programma
mondiale
è
la
premessa
essenziale
.
Il
Comitato
centrale
del
nostro
partito
,
già
da
alcuni
mesi
,
ha
nominato
una
commissione
del
programma
,
la
quale
,
però
,
non
ha
potuto
ancora
iniziare
il
lavoro
.
Io
mi
limiterò
,
qui
,
ad
esprimere
alcune
opinioni
personali
di
carattere
generale
sul
programma
da
dare
al
nostro
partito
,
le
quali
potranno
essere
utilizzate
o
rigettate
dalla
commissione
.
Quale
deve
essere
il
tipo
di
programma
da
dare
al
nostro
partito
?
Da
quanto
ho
sopra
detto
escludo
che
il
programma
possa
essere
una
semplice
dichiarazione
di
principi
,
quali
erano
,
ad
esempio
,
quelli
del
1892
(
Genova
)
e
del
1919
(
Bologna
)
del
PSI
,
e
quale
fu
quello
approvato
al
nostro
I
Congresso
(
1921
)
.
D
'
altronde
noi
non
abbiamo
più
bisogno
,
oggi
,
di
incastrare
nei
nostri
programmi
nazionali
una
dichiarazione
di
principi
,
giacché
il
programma
della
Internazionale
comunista
che
è
la
premessa
di
ogni
programma
nazionale
,
è
una
sufficientissima
elaborazione
dei
principi
della
Internazionale
comunista
.
I
programmi
nazionali
della
seconda
Internazionale
(
la
seconda
Internazionale
non
ha
mai
avuto
un
programma
mondiale
perché
non
ha
mai
avuto
una
politica
ed
una
organizzazione
dirette
e
centralizzate
internazionalmente
)
erano
fatti
sul
tipo
di
mozioni
,
comprendenti
due
parti
:
una
affermazione
di
principi
,
breve
e
talora
brevissima
,
ed
una
esposizione
delle
rivendicazioni
parziali
(
programma
massimo
e
programma
minimo
)
.
Noi
sappiamo
che
nella
seconda
Internazionale
si
andarono
dimenticando
a
poco
a
poco
i
principi
,
e
il
programma
delle
rivendicazioni
parziali
(
delle
riforme
,
diciamo
meglio
)
divenne
il
vero
programma
dei
partiti
della
vecchia
socialdemocrazia
.
Il
programma
della
Internazionale
comunista
è
tornato
al
tipo
del
manifesto
,
nel
quale
i
principi
e
le
rivendicazioni
parziali
sono
tra
loro
legati
in
modo
armonico
,
per
cui
l
'
obiettivo
della
lotta
per
la
dittatura
proletaria
non
è
mai
perduto
di
vista
,
anzi
tutto
il
processo
di
lotte
parziali
è
visto
come
un
mezzo
per
la
conquista
e
la
direzione
delle
masse
sulla
via
della
rivoluzione
e
della
dittatura
proletaria
.
Io
penso
che
il
programma
del
PCI
debba
mantenere
il
tipo
del
programma
della
Internazionale
che
risponde
alla
migliore
tradizione
del
marxismo
militante
.
Ho
sotto
gli
occhi
i
progetti
di
programmi
presentati
dai
partiti
comunisti
della
Germania
,
del
Giappone
e
della
Bulgaria
alla
commissione
del
programma
del
IV
Congresso
.
Sono
certo
che
i
compagni
di
questi
partiti
,
nel
redigere
i
programmi
dei
loro
partiti
,
ricominceranno
il
loro
ex
novo
.
Infatti
il
vecchio
progetto
del
partito
comunista
tedesco
non
era
se
non
una
lunga
esposizione
,
e
abbastanza
pesante
nella
forma
,
della
analisi
del
capitalismo
mondiale
del
dopoguerra
,
e
dei
principi
sui
quali
si
è
costituita
la
Internazionale
comunista
.
Cito
i
titoli
dei
capitoli
:
1
.
L
'
epoca
dell
'
imperialismo
;
2
.
La
guerra
mondiale
;
3
.
I
trattati
di
pace
imperialisti
;
4
.
La
crisi
del
capitalismo
;
5
.
La
presa
del
potere
politico
:
a
)
il
proletariato
come
potenza
motrice
e
classe
dirigente
della
trasformazione
socialista
;
6
)
il
ruolo
del
partito
comunista
ecc
.
;
c
)
il
ruolo
della
violenza
;
d
)
la
democrazia
borghese
;
e
)
misure
transitorie
che
preludono
alla
conquista
del
potere
politico
;
6
.
Trasformazione
del
regime
capitalista
in
regime
socialista
,
ecc
.
Non
si
tratta
di
un
progetto
di
programma
del
Partito
comunista
tedesco
,
ma
piuttosto
di
un
contributo
alla
elaborazione
di
un
programma
della
Internazionale
comunista
.
Infatti
i
problemi
della
rivoluzione
tedesca
non
vi
sono
visti
in
modo
particolare
.
Questo
progetto
di
programma
,
indipendentemente
dal
suo
valore
intrinseco
(
esso
fu
scritto
nel
1922
)
,
non
potrebbe
servire
ai
compagni
e
al
proletariato
tedesco
.
Il
progetto
di
programma
del
Partito
comunista
giapponese
si
avvicina
al
tipo
di
un
programma
nazionale
:
esso
,
infatti
,
è
preceduto
da
una
nota
nella
quale
è
detto
che
il
progetto
vuol
essere
un
capitolo
nel
quale
si
pongano
i
problemi
della
rivoluzione
e
della
lotta
rivoluzionaria
nel
Giappone
.
Ma
anche
come
capitolo
complementare
esso
è
insufficiente
,
non
dà
una
idea
della
struttura
economica
e
sociale
del
Giappone
,
non
indica
la
soluzione
comunista
dei
problemi
particolari
che
si
presentano
alle
masse
lavoratrici
del
Giappone
.
Il
progetto
del
Partito
comunista
bulgaro
è
più
vicino
a
quello
che
mi
sembra
debba
essere
adottato
dai
partiti
e
dal
nostro
,
toltane
la
prima
parte
che
è
già
,
e
meglio
elaborata
,
nel
programma
della
Internazionale
comunista
.
Però
nel
vecchio
progetto
del
Partito
comunista
bulgaro
mancano
i
problemi
della
strategia
e
della
tattica
.
Il
nostro
programma
,
a
parer
mio
,
deve
essere
un
programma
di
azione
ed
un
programma
di
governo
.
Dobbiamo
nel
nostro
programma
analizzare
il
sistema
mondiale
del
capitalismo
,
il
suo
sviluppo
e
il
suo
declino
?
O
la
crisi
generale
del
capitalismo
e
l
'
aprirsi
dell
'
èra
delle
rivoluzioni
proletarie
?
O
riaffermare
i
principi
del
comunismo
?
No
,
tutto
ciò
non
è
necessario
.
Tutto
ciò
è
nel
programma
della
Internazionale
comunista
,
del
quale
il
nostro
è
una
parte
complementare
.
D
'
altronde
noi
non
possiamo
limitarci
ad
un
programma
di
azione
,
cioè
ad
indicare
quali
sono
le
forze
che
il
proletariato
deve
abbattere
,
con
quali
mezzi
e
con
quali
azioni
esso
deve
riuscire
a
conquistare
,
a
trascinare
e
a
dirigere
le
masse
contro
lo
Stato
borghese
,
e
quali
sono
i
compiti
che
al
partito
si
pongono
,
per
vincere
,
nella
lotta
del
proletariato
per
il
potere
.
Il
nostro
programma
deve
rispondere
anche
ad
un
'
altra
esigenza
,
e
a
delle
domande
che
le
grandi
masse
ci
pongono
:
«
Che
cosa
voi
farete
quando
avrete
il
potere
nelle
mani
?
»
.
Gli
italiani
vogliono
conoscere
quale
sarà
il
carattere
e
l
'
ampiezza
del
loro
potere
.
I
contadini
poveri
avranno
o
no
la
terra
?
E
cosa
darà
il
governo
ai
mezzadri
,
ai
fittavoli
,
ai
piccoli
proprietari
coltivatori
?
E
come
sarà
regolato
il
problema
del
debito
pubblico
?
E
quello
del
debito
estero
?
E
il
problema
meridionale
?
E
il
problema
delle
minoranze
nazionali
?
E
il
problema
coloniale
?
E
quello
della
istruzione
,
dell
'
igiene
,
dell
'
assistenza
sociale
,
della
Chiesa
e
della
religione
,
dell
'
esercito
,
ecc
.
ecc
.
?
Si
tratta
,
quindi
,
né
più
ne
meno
che
di
fissare
il
programma
di
governo
dei
comunisti
italiani
.
Se
noi
non
rispondiamo
a
queste
esigenze
il
nostro
programma
non
avrà
un
valore
verso
l
'
esterno
,
verso
le
masse
,
un
valore
di
propaganda
e
di
agitazione
,
ma
sarà
un
documento
interno
,
che
interesserà
solo
i
compagni
.
E
certo
che
non
è
possibile
,
oggi
,
fare
un
programma
di
governo
dettagliato
;
non
è
possibile
senza
cadere
nell
'
artifizio
;
giacché
non
è
possibile
prevedere
tutte
le
modificazioni
che
il
processo
rivoluzionario
italiano
porterà
nelle
numerose
branche
della
vita
del
paese
;
ma
vi
sono
dei
problemi
essenziali
,
fondamentali
la
cui
gravità
è
causa
ed
effetto
dello
sviluppo
delle
contraddizioni
del
capitalismo
:
di
essi
e
di
altri
problemi
secondari
,
sì
,
ma
ai
quali
il
capitalismo
non
può
dare
una
soluzione
noi
possiamo
e
dobbiamo
indicare
fin
da
oggi
la
soluzione
comunista
,
la
soluzione
che
noi
daremo
quando
il
proletariato
avrà
preso
il
potere
.
VII
La
forma
del
programma
deve
essere
la
più
semplice
possibile
.
Su
questa
questione
noi
dobbiamo
insistere
.
Dato
che
il
programma
non
potrà
essere
breve
,
esso
dovrà
essere
semplice
,
di
lettura
facile
e
gradevole
.
Dobbiamo
cercar
di
uscire
,
una
volta
tanto
,
dalla
forma
irta
,
arida
dei
nostri
documenti
.
Bisognerà
abbandonare
il
frasario
e
la
terminologia
scientifici
,
e
quelli
che
sono
divenuti
abituali
nel
nostro
linguaggio
.
Noi
adoperiamo
accenti
del
linguaggio
e
della
cultura
dell
'
avvenire
,
perché
noi
esprimiamo
nuovi
e
superiori
bisogni
dell
'
umanità
ed
una
civiltà
nuova
.
Ma
le
masse
a
cui
dobbiamo
parlare
sono
ancora
immerse
nella
società
capitalistica
:
esse
non
ci
comprendono
se
non
parliamo
il
loro
linguaggio
.
Noi
dobbiamo
preparare
un
documento
che
possa
essere
compreso
da
tutti
gli
operai
italiani
,
pur
non
potendosi
esigere
che
esso
possa
essere
adattato
alla
capacità
dell
'
ultimo
cafone
del
mio
paese
.
Documento
che
serva
alla
propaganda
diretta
:
voglio
dire
che
non
abbia
bisogno
di
troppe
interpretazioni
orali
sussidiarie
.
Il
carattere
semplice
del
documento
non
può
contraddire
alla
serietà
della
esposizione
ed
alla
precisione
dei
concetti
.
VIII
Il
programma
dovrebbe
essere
composto
di
quattro
parti
:
Analisi
della
struttura
economica
e
della
società
italiana
.
(
Bisognerà
tradurre
queste
formulazioni
in
linguaggio
più
comprensibile
per
le
masse
.
)
Questa
analisi
è
indispensabile
:
senza
di
essa
ci
manca
la
spiegazione
del
senso
del
processo
di
sviluppo
del
capitalismo
italiano
.
Non
mi
soffermo
qui
a
indicare
tutti
i
punti
che
questa
prima
parte
dovrà
toccare
.
Dall
'
analisi
della
struttura
economica
si
dovrà
passare
a
vedere
come
si
sono
formate
le
classi
,
e
quali
sono
stati
i
loro
rapporti
reciproci
e
le
modificazioni
di
questi
rapporti
sino
al
1914
.
Io
chiuderei
questa
prima
parte
al
1914
.
Il
periodo
che
si
apre
con
la
guerra
ha
delle
caratteristiche
particolari
:
è
il
periodo
della
fase
rivoluzionaria
.
Nella
prima
parte
credo
che
dovrebbe
anche
essere
fatta
una
descrizione
della
funzione
avuta
dai
partiti
borghesi
(
partiti
tradizionali
,
giolittismo
,
ecc
.
)
e
dai
partiti
e
movimenti
proletari
:
anarchismo
,
socialismo
(
riformismo
,
integralismo
,
intransigentismo
)
,
sindacalismo
oltreché
del
carattere
del
repubblicanesimo
,
del
clericalismo
e
dell
'
autonomismo
meridionale
.
La
guerra
del
1914
,
inizio
della
rivoluzione
proletaria
.
Bisognerà
dire
qualche
cosa
sulle
forze
che
hanno
spinto
il
capitale
italiano
a
spezzare
la
neutralità
e
ad
entrare
nel
conflitto
.
E
,
quindi
,
i
caratteri
nuovi
della
crisi
del
capitalismo
italiano
aggravata
dai
trattati
di
pace
.
Il
movimento
rivoluzionario
in
Italia
e
la
sconfitta
del
1920
.
La
stabilizzazione
e
i
suoi
caratteri
tipici
:
il
fascismo
.
Le
modificazioni
di
struttura
che
si
manifestano
con
lo
sviluppo
relativo
della
tecnica
,
e
con
la
riorganizzazione
della
produzione
.
Impossibilità
storica
per
il
capitalismo
italiano
di
ritornare
alle
forme
democratiche
.
Prospettive
.
Qui
bisognerà
dire
quali
spostamenti
di
classe
hanno
operato
la
crisi
del
dopoguerra
e
il
fascismo
,
e
come
si
sono
orientate
politicamente
le
classi
lavoratrici
(
operai
e
contadini
)
fino
al
1921
e
successivamente
,
precisando
la
funzione
del
partito
comunista
nel
processo
di
riorganizzazione
delle
masse
.
Quindi
una
critica
delle
posizioni
della
opposizione
costituzionale
e
della
«
concentrazione
»
,
e
la
dimostrazione
che
l
'
abbattimento
del
fascismo
non
è
possibile
senza
l
'
abbattimento
del
capitalismo
,
e
che
la
direzione
della
lotta
vittoriosa
delle
masse
lavoratrici
contro
il
fascismo
non
può
spettare
che
alla
classe
proletaria
italiana
,
diretta
dal
partito
comunista
,
il
quale
deve
organizzare
e
dirigere
la
insurrezione
armata
delle
masse
rivolta
alla
conquista
del
potere
.
La
terza
parte
deve
comprendere
il
programma
di
governo
dei
comunisti
,
cioè
deve
dire
che
cosa
si
propongono
i
comunisti
di
fare
dopo
avere
abbattuto
il
potere
del
fascismo
e
del
capitalismo
,
nel
periodo
di
transizione
dal
capitalismo
al
socialismo
(
dittatura
del
proletariato
)
.
Bisognerà
dire
quali
misure
prenderà
il
governo
operaio
immediatamente
dopo
essersi
costituito
allo
scopo
di
affrontare
i
conati
della
controrivoluzione
e
di
togliere
il
potere
economico
al
capitalismo
;
in
che
modo
lo
Stato
operaio
si
organizzerà
,
organizzerà
l
'
industria
,
l
'
agricoltura
,
il
consumo
,
la
finanza
,
ecc
.
;
come
affronterà
la
questione
della
terra
,
del
Mezzogiorno
,
delle
minoranze
nazionali
,
delle
colonie
,
del
debito
pubblico
,
del
debito
estero
,
delle
imposte
,
ecc
.
Ritengo
che
questa
parte
debba
essere
sufficientemente
sviluppata
,
e
debba
dare
una
risposta
alle
più
importanti
questioni
che
non
solo
gli
operai
,
ma
pure
e
specialmente
i
contadini
,
i
piccoli
esercenti
,
gli
intellettuali
e
i
tecnici
pongono
ogni
qualvolta
essi
si
sforzano
di
immaginarsi
come
i
comunisti
potrebbero
dirigere
lo
Stato
,
e
di
raffigurarsi
concretamente
che
cosa
sia
la
dittatura
del
proletariato
.
d
)
La
quarta
parte
dovrebbe
contenere
i
problemi
della
strategia
,
della
tattica
e
della
organizzazione
del
partito
e
della
lotta
rivoluzionaria
,
cioè
il
programma
di
azione
.
Il
nostro
programma
di
azione
approvato
dal
Comitato
centrale
nel
mese
di
ottobre
1927
e
pubblicato
nel
n
.
10
di
Lo
Stato
operaio
(
anno
II
)
ci
dà
una
traccia
che
noi
possiamo
ricalcare
.
Bisogna
però
tener
presente
che
il
programma
non
è
solo
destinato
ai
compagni
ma
anche
alle
masse
per
cui
in
questa
quarta
parte
occorre
evitare
una
forma
troppo
didascalica
,
che
può
avere
ed
ha
il
suo
valore
quando
un
documento
è
indirizzato
all
'
interno
,
ai
membri
del
partito
,
ma
genera
confusione
se
il
documento
è
fatto
per
tutti
i
lavoratori
.
Richiamandosi
alle
parti
a
)
e
b
)
la
parte
d
)
indicherà
quali
sono
le
forze
motrici
rivoluzionarie
fondamentali
della
rivoluzione
proletaria
,
a
che
punto
oggi
è
il
processo
di
formazione
del
blocco
operaio
-
contadino
,
cosa
occorre
fare
per
accelerarlo
.
Quindi
tutta
la
serie
dei
compiti
che
spettano
al
partito
,
di
natura
interna
(
organizzativi
,
ideologici
)
ed
esterna
(
di
propaganda
,
di
agitazione
,
di
organizzazione
delle
masse
)
,
nella
direzione
operaia
e
contadina
,
sul
terreno
del
lavoro
coloniale
e
delle
minoranze
nazionali
,
ecc
.
Né
dimenticare
che
il
nostro
è
il
partito
della
insurrezione
,
e
perciò
i
problemi
della
insurrezione
(
lavoro
militare
,
lavoro
nell
'
armata
,
ecc
.
)
debbono
avere
un
posto
importante
nel
programma
.
IX
Lo
studio
e
la
preparazione
del
programma
non
deve
essere
un
compito
affidato
esclusivamente
alla
commissione
del
programma
.
D
'
abitudine
le
commissioni
lavorano
in
modo
chiuso
,
e
poi
presentano
alla
discussione
degli
organismi
che
le
hanno
nominate
un
progetto
di
documento
.
Io
credo
che
alla
preparazione
del
programma
debbono
partecipare
tutti
gli
elementi
attivi
del
partito
,
tanto
quelli
che
lavorano
in
Italia
quanto
quelli
che
sono
sparsi
nei
cinque
continenti
.
In
che
modo
questa
larga
collaborazione
si
può
ottenere
?
La
commissione
stabilirà
il
tipo
di
programma
che
ritiene
utile
adottare
,
la
sua
struttura
e
le
sue
parti
generali
e
particolari
.
Questo
primo
risultato
del
suo
lavoro
sarà
reso
pubblico
a
mezzo
di
Lo
Stato
operaio
.
Da
questo
momento
il
lavoro
di
studio
e
di
preparazione
del
programma
seguirà
due
direzioni
:
una
verso
l
'
interno
della
commissione
,
ed
una
verso
l
'
esterno
,
verso
i
compagni
e
perché
no
?
verso
la
massa
dei
simpatizzanti
.
La
commissione
affiderà
a
ciascuno
dei
suoi
membri
lo
studio
di
una
parte
del
programma
.
I
risultati
di
questi
studi
verranno
pubblicati
in
uno
o
più
articoli
sulla
rivista
del
partito
.
Su
questi
articoli
la
discussione
pubblica
dovrebbe
essere
aperta
non
solo
ai
membri
della
commissione
ma
ai
compagni
tutti
.
D
'
altra
parte
i
compagni
non
solo
possono
trattare
sulla
rivista
le
questioni
poste
dalla
commissione
,
ma
anche
altre
che
non
siano
state
poste
.
La
discussione
pubblica
sul
programma
potrà
offrire
una
buona
occasione
per
una
chiarificazione
delle
posizioni
ideologiche
e
delle
direttive
del
partito
.
Sebbene
noi
vogliamo
avere
presto
il
programma
,
non
possiamo
pretendere
di
averlo
prima
di
alcuni
mesi
.
Abbiamo
,
perciò
,
il
tempo
necessario
per
studiarlo
e
per
prepararlo
.
Tutto
il
materiale
della
discussione
pubblica
verrà
raccolto
ed
esaminato
dalla
commissione
,
e
ridiscusso
nella
commissione
la
quale
elaborerà
il
progetto
di
programma
che
sarà
portato
all
'
esame
ed
all
'
approvazione
del
Comitato
centrale
del
partito
.
Approvato
dal
Comitato
centrale
del
partito
il
progetto
di
programma
resterà
allo
stato
di
progetto
fino
a
quando
non
potrà
essere
convocato
il
IV
Congresso
del
partito
,
giacché
il
programma
non
può
essere
approvato
definitivamente
se
non
da
un
congresso
.
Poniamoci
,
intanto
,
allo
studio
della
questione
del
programma
.
Esso
contribuirà
ad
elevare
il
livello
ideologico
dei
compagni
;
ed
alla
fine
noi
riesciremo
a
dimostrare
che
il
nostro
partito
non
solo
sa
stare
degnamente
al
proprio
posto
di
lotta
ma
è
in
grado
di
dare
una
soluzione
a
tutti
i
problemi
della
popolazione
lavoratrice
italiana
,
dinanzi
alla
direzione
della
lotta
rivoluzionaria
contro
il
fascismo
ed
alla
successione
al
regime
del
fascismo
e
del
capitalismo
.
StampaQuotidiana ,
Esistono
razze
umane
superiori
destinate
ad
avere
nella
storia
un
ruolo
preponderante
?
Anche
dopo
le
tragiche
esperienze
della
seconda
guerra
mondiale
,
che
hanno
mostrato
il
carattere
micidiale
del
razzismo
,
la
credenza
nella
superiorità
di
una
razza
sull
'
altra
persiste
in
vasti
strati
dell
'
umanità
e
rischia
di
insorgere
,
come
mezzo
di
difesa
o
di
offesa
,
anche
in
gruppi
etnici
che
di
quella
credenza
sono
stati
finora
le
vittime
.
Quando
Gobineau
scriveva
,
verso
la
metà
dell
'
'800
,
il
suo
Saggio
sull
'
ineguaglianza
delle
razze
umane
,
insisteva
sulla
differenza
delle
attitudini
proprie
delle
tre
razze
umane
(
la
nera
,
la
gialla
,
la
bianca
)
,
sulla
superiorità
delle
attitudini
della
razza
bianca
e
sul
pericolo
,
cui
questa
andava
incontro
,
di
perdere
tale
superiorità
con
il
suo
mescolarsi
con
le
altre
razze
.
Su
tali
capisaldi
si
fonda
in
un
modo
o
nell
'
altro
ogni
dottrina
razzista
.
Essi
costituiscono
un
rigoroso
determinismo
razziale
.
Ogni
razza
possiede
una
certa
costituzione
anatomica
o
fisiologica
;
questa
costituzione
determina
le
attitudini
di
cui
la
razza
è
provvista
;
e
queste
attitudini
determinano
ciò
che
la
razza
è
capace
di
fare
e
di
creare
in
tutti
i
campi
della
sua
attività
.
Solo
la
razza
bianca
ha
attitudini
per
la
scienza
,
per
l
'
arte
,
per
l
'
ordine
giuridico
e
politico
:
pertanto
la
sua
mescolanza
con
le
altre
razze
non
può
che
diminuire
tali
attitudini
e
produrre
inevitabilmente
la
decadenza
della
civiltà
che
su
di
esse
si
fonda
.
Sappiamo
oggi
che
questo
edificio
è
fondato
su
basi
d
'
argilla
.
La
biologia
e
l
'
antropologia
lo
smentiscono
.
Il
concetto
di
razza
è
soltanto
un
espediente
classificatorio
per
distinguere
i
vari
gruppi
umani
sulla
base
di
caratteristiche
fisiche
che
possono
essere
trasmesse
per
eredità
,
come
il
colore
della
pelle
,
la
statura
,
la
forma
della
testa
,
della
faccia
e
del
naso
e
via
dicendo
.
Non
esistono
attitudini
che
siano
necessariamente
appannaggio
di
una
razza
determinata
,
perciò
non
esiste
una
superiorità
razziale
.
La
prevalenza
di
certe
capacità
negli
individui
di
un
gruppo
umano
determinato
è
un
fatto
statistico
,
favorito
da
circostanze
geografiche
,
storiche
e
sociologiche
.
Queste
circostanze
,
insieme
alle
risposte
che
gli
individui
di
un
dato
gruppo
danno
alle
sfide
che
esse
propongono
,
costituiscono
la
civiltà
o
(
come
meglio
si
dice
)
la
cultura
del
gruppo
.
É
la
cultura
che
condiziona
prevalentemente
gli
individui
umani
imprimendo
ad
essi
,
sin
dall
'
infanzia
,
il
suggello
delle
sue
tecniche
,
dei
suoi
modi
di
vita
e
delle
sue
credenze
.
Al
posto
del
concetto
di
razza
,
la
scienza
moderna
privilegia
quello
di
cultura
.
Ma
la
cultura
non
è
un
destino
impresso
nell
'
uomo
dalla
sua
struttura
biologica
;
è
una
creazione
alla
quale
tutti
gli
uomini
più
o
meno
partecipano
.
Esistono
culture
superiori
destinate
ad
avere
nella
storia
un
ruolo
preponderante
?
La
stessa
domanda
che
ha
perduto
il
suo
senso
per
ciò
che
riguarda
la
razza
,
lo
riacquista
se
riferita
alla
cultura
.
Le
culture
umane
sono
numerose
(
si
contano
a
migliaia
)
,
e
ognuna
di
esse
consiste
in
un
modo
particolare
di
risolvere
i
problemi
dell
'
uomo
;
è
un
insieme
più
o
meno
organizzato
di
modi
di
vivere
e
di
lavorare
,
di
credenze
e
di
istituzioni
.
Ognuna
di
esse
consente
a
un
gruppo
umano
di
sopravvivere
,
almeno
finché
persistono
le
condizioni
alle
quali
è
adeguata
:
ma
alcune
appaiono
più
attrezzate
ad
affrontare
l
'
imprevedibilità
delle
circostanze
.
Tale
è
appunto
la
nostra
cultura
occidentale
.
Non
è
dunque
,
essa
sola
,
destinata
a
prevalere
sulle
altre
e
a
diventare
la
cultura
di
tutto
il
mondo
?
Molti
dei
nostri
lettori
conoscono
,
dagli
articoli
di
Remo
Cantoni
,
che
cosa
è
l
'
etnocentrismo
.
Cantoni
ha
ora
ripubblicato
quegli
articoli
adattandoli
al
contesto
di
un
'
opera
organica
nel
libro
Illusione
e
pregiudizio
che
reca
come
sottotitolo
«
L
'
uomo
etnocentrico
»
.
E
sullo
stesso
argomento
Claude
Lévy
-
Strauss
aveva
pubblicato
per
l
'
Unesco
,
alcuni
anni
fa
,
un
lucido
saggio
,
Razza
e
storia
,
che
ora
dà
il
titolo
a
una
raccolta
di
studi
pubblicati
in
traduzione
italiana
.
Contro
l
'
etnocentrismo
,
cioè
contro
la
credenza
che
al
di
fuori
della
propria
cultura
non
ci
sia
che
la
«
barbarie
»
,
che
il
proprio
modo
di
vivere
sia
il
solo
umano
e
che
l
'
umanità
finisca
dove
termina
il
gruppo
cui
si
appartiene
,
Lévy
-
Strauss
adduce
l
'
argomento
principe
:
questo
è
proprio
il
punto
di
vista
dei
barbari
.
Nella
misura
in
cui
pretendiamo
stabilire
una
discriminazione
tra
le
culture
,
osserva
Lévy
-
Strauss
,
ci
identifichiamo
nel
modo
più
completo
con
quelle
che
cerchiamo
di
negare
.
Il
barbaro
è
,
anzitutto
,
l
'
uomo
che
crede
nella
barbarie
.
Non
è
possibile
dunque
stabilire
nessuna
distinzione
di
valore
,
nessuna
gerarchia
tra
le
culture
?
Sotto
un
certo
rispetto
,
questa
è
la
tesi
di
Lévy
-
Strauss
.
Le
culture
non
costituiscono
nel
loro
complesso
un
'
unica
linea
evolutiva
,
di
cui
ognuna
sia
una
tappa
,
e
che
culmini
nella
cultura
occidentale
come
l
'
evoluzione
zoologica
culmina
nell
'
uomo
.
Le
culture
primitive
non
sono
tappe
arretrate
della
stessa
nostra
cultura
.
Esse
hanno
quasi
sempre
la
stessa
età
della
nostra
:
hanno
soltanto
usato
diversamente
il
tempo
avuto
a
disposizione
.
Il
progresso
cumulativo
delle
culture
non
è
necessario
né
continuo
:
procede
a
balzi
,
per
mutazioni
improvvise
.
É
simile
,
non
a
una
persona
che
sale
una
scala
,
ma
al
giocatore
che
suddivide
la
sua
posta
su
parecchi
dadi
e
spesso
guadagna
sull
'
uno
ciò
che
perde
sull
'
altro
.
Ogni
cultura
porta
al
progresso
cosa
inteso
un
suo
contributo
originale
.
Lo
sforzo
creativo
,
l
'
intelligenza
,
l
'
immaginazione
,
non
sono
privilegi
di
una
sola
cultura
ma
sono
propri
di
tutte
.
Anzi
,
le
società
più
lontane
ed
arcaiche
(
i
cosiddetti
«
selvaggi
»
)
hanno
compiuto
i
progressi
più
decisivi
:
hanno
inventato
l
'
agricoltura
,
l
'
allevamento
,
la
ceramica
,
la
tessitura
e
quelle
arti
civili
che
da
otto
o
diecimila
anni
hanno
subito
solo
perfezionamenti
.
Lévy
-
Strauss
tende
a
ridurre
a
una
semplice
differenza
di
grado
o
di
punto
di
vista
anche
il
contrasto
tra
il
carattere
immobile
e
stazionario
delle
culture
primitive
e
il
carattere
mobile
e
progressivo
della
cultura
occidentale
.
In
realtà
,
le
culture
diverse
dalla
nostra
ci
appaiono
immobili
perché
non
siamo
interessati
al
loro
movimento
,
perché
i
loro
progressi
non
hanno
significato
per
noi
;
o
perché
realizzano
più
lentamente
e
per
vie
traverse
i
nostri
stessi
progressi
.
Da
questo
punto
di
vista
la
civiltà
mondiale
non
può
essere
determinata
e
dominata
da
un
solo
tipo
di
cultura
.
La
civiltà
occidentale
riesce
certo
,
meglio
delle
altre
,
ad
accrescere
la
quantità
di
energia
disponibile
pro
capite
,
cioè
a
proteggere
e
a
prolungare
la
vita
umana
.
Ma
la
civiltà
mondiale
deve
consistere
nel
mettere
insieme
e
capitalizzare
le
possibilità
che
ogni
cultura
ha
sviluppato
nel
suo
corso
;
suppone
dunque
la
coesistenza
e
la
collaborazione
tra
le
varie
culture
e
la
salvezza
dei
loro
caratteri
originali
.
«
Cultura
mondiale
»
è
un
concetto
limite
,
una
norma
da
seguire
per
realizzare
,
nella
tolleranza
e
nella
comprensione
reciproca
,
la
collaborazione
tra
le
culture
più
diverse
.
Lévy
-
Strauss
non
si
nasconde
il
pericolo
che
,
via
via
che
le
culture
escono
dal
loro
isolamento
relativo
e
collaborano
insieme
,
la
diversità
iniziale
tenda
ad
attenuarsi
per
dar
luogo
a
un
'
uniformità
crescente
di
atteggiamenti
,
di
tecniche
,
di
modi
di
vita
.
Ma
ritiene
che
,
in
ogni
caso
,
il
dovere
dell
'
umanità
è
da
un
lato
quello
di
non
adagiarsi
in
un
unico
modo
di
vita
che
la
renderebbe
una
massa
amorfa
,
e
,
dall
'
altro
,
di
far
coesistere
i
modi
di
vita
diversi
.
Ancora
una
volta
,
da
queste
pagine
di
Lévy
-
Strauss
,
emerge
la
caratteristica
dominante
del
pensiero
e
del
mondo
contemporaneo
:
il
ripudio
dell
'
unità
,
dell
'
uniformità
,
del
sistema
unico
e
dell
'
armonia
definitiva
.
Ancora
una
volta
ci
viene
additato
,
come
sola
via
praticabile
e
non
rovinosa
,
il
pluralismo
dei
modi
di
vivere
e
di
pensare
,
dei
valori
,
degli
atteggiamenti
che
si
possono
assumere
di
fronte
al
mondo
.
Ancora
una
volta
si
fa
appello
alle
possibilità
reali
che
sono
a
nostra
disposizione
e
si
abbandona
la
pretesa
di
possedere
il
sistema
infallibile
che
,
risolve
tutti
i
problemi
.
Certamente
,
si
tratta
di
una
via
lunga
e
difficile
che
è
stata
appena
intrapresa
.
Pochi
ancora
sono
gli
uomini
che
si
rendono
conto
che
l
'
unica
tara
fatale
,
per
le
culture
come
per
gli
individui
,
è
l
'
isolamento
.
Intolleranza
,
fanatismo
,
assolutismo
,
sono
le
manifestazioni
più
vistose
delle
volontà
di
essere
soli
,
di
contare
da
soli
,
di
poter
tutto
fare
da
soli
.
Gli
individui
,
come
le
culture
in
cui
si
raggruppano
,
sono
ancora
troppo
spesso
vittime
,
come
molte
delle
loro
istituzioni
,
della
volontà
d
'
isolamento
.
Vincere
questa
volontà
,
a
tutti
i
livelli
e
in
tutti
i
campi
della
vita
,
è
il
compito
più
urgente
cui
siamo
chiamati
.
StampaQuotidiana ,
Volentieri
,
caro
Robotti
,
purché
non
mi
consideriate
infallibile
.
Intanto
,
noi
non
abbiamo
fatto
oroscopi
.
Abbiamo
semplicemente
espresso
questi
desideri
:
una
toccatina
alla
Dc
che
,
senza
comprometterne
il
primato
,
la
mettesse
in
guardia
dai
pericoli
.
dell
'
accordo
coi
comunisti
;
una
toccatona
al
Pci
che
ne
rintuzzasse
la
baldanza
;
e
un
rafforzamento
dei
partiti
laici
.
Inoltre
abbiamo
,
come
lei
sa
,
proposto
alle
preferenze
degli
elettori
un
centinaio
di
candidati
democristiani
più
o
meno
noti
-
e
alcuni
ignoti
-
di
buona
affidabilità
liberal
-
democratica
e
moderata
.
Questo
non
era
un
oroscopo
.
Era
un
invito
,
al
quale
gli
elettori
hanno
risposto
come
meglio
non
si
poteva
sperare
.
Ma
perché
vi
hanno
risposto
?
Solo
perché
glielo
chiedevamo
noi
?
Questa
è
la
tesi
degli
sconfitti
per
mettere
in
imbarazzo
i
vincitori
.
L
'
on.
Galloni
,
che
per
primo
ha
dovuto
pagare
un
pedaggio
agli
uomini
nuovi
della
Dc
,
i
quali
lo
hanno
rovesciato
dalla
sua
carica
di
capogruppo
,
dice
che
costoro
sono
il
«
partito
del
Giornale
»
.
Ma
lo
dice
solo
per
coalizzare
contro
di
essi
,
facendo
appello
al
«
patriottismo
»
di
partito
-
l
'
unico
patriottismo
ch
'
esse
sentono
-
,
tutte
le
mafie
della
Dc
,
regolarmente
pronte
a
scannarsi
fra
loro
,
ma
su
un
punto
sempre
solidali
,
e
cioè
che
dentro
il
partito
devono
comandare
solo
gli
uomini
di
partito
,
chi
ascolta
altre
voci
è
un
traditore
che
va
messo
al
bando
.
Ma
la
verità
è
un
'
altra
.
Gli
uomini
nuovi
della
Dc
non
sono
affatto
uomini
del
Giornale
.
I
loro
nomi
noi
li
abbiamo
trovati
nelle
liste
compilate
dalla
stessa
Dc
,
che
forse
si
proponeva
di
avviarli
alla
trombatura
.
Noi
li
abbiamo
indicati
alla
preferenza
per
le
garanzie
ch
'
essi
davano
,
non
al
Giornale
,
ma
alla
linea
politica
che
il
Giornale
,
ha
sempre
auspicato
.
Da
quel
momento
il
boccino
è
passato
nella
mano
degli
elettori
.
Sono
loro
che
hanno
fatto
il
gioco
.
Ma
questa
è
una
cosa
che
non
potrà
mai
entrare
nella
testa
di
un
Galloni
.
Non
per
mancanza
d
'
intelligenza
,
perché
Galloni
ne
ha
da
vendere
.
Ma
perché
per
un
uomo
di
mafia
come
lui
,
tipico
frutto
dell
'
«
apparato
»
del
partito
,
è
semplicemente
inconcepibile
che
gli
elettori
possano
decidere
di
loro
testa
,
con
le
preferenze
,
la
linea
politica
del
partito
a
cui
danno
il
voto
.
Secondo
Galloni
,
che
lo
ha
anche
candidamente
detto
ad
una
intervista
ad
un
giornale
romano
,
gli
elettori
hanno
diritto
solo
al
voto
.
Sul
modo
di
amministrarlo
può
decidere
solo
il
partito
.
Ebbene
,
tutto
questo
,
piaccia
o
non
piaccia
all
'
on.
Galloni
,
è
finito
.
Gli
elettori
,
dopo
un
trentennio
di
passività
,
si
sono
resi
conto
che
la
linea
politica
del
partito
sta
ai
dirigenti
attuarla
,
ma
agli
elettori
indicarla
.
Ed
è
a
questo
loro
risveglio
che
noi
abbiamo
dato
contributo
.
Noi
non
ci
illudiamo
affatto
di
avere
«
determinato
»
i
risultati
del
3
e
del
10
giugno
,
però
non
ci
contentiamo
di
averli
solo
predetti
o
previsti
.
Da
cinque
anni
,
cioè
da
quando
siamo
nati
,
noi
lavoriamo
ad
una
ripresa
di
quei
valori
liberal
-
democratici
che
la
classe
politica
sembrava
voler
mandare
definitivamente
in
protesto
,
ma
che
noi
sapevamo
ben
ancorati
nella
coscienza
dei
nostri
lettori
.
E
'
stata
una
battaglia
dura
e
difficile
.
Ma
che
il
mese
scorso
ha
avuto
il
suo
premio
.
Non
abbiamo
«
determinato
»
nulla
.
Ma
crediamo
di
aver
molto
contribuito
a
una
certa
inversione
di
tendenza
:
ed
è
stata
questa
che
ha
portato
ai
risultati
di
giugno
.
A
vincere
non
è
stato
il
Giornale
,
ma
la
linea
politica
per
la
quale
il
Giornale
si
batte
,
quasi
solo
,
da
cinque
anni
.
Se
ora
a
Galloni
fa
comodo
dire
che
dentro
alla
Dc
c
'
è
un
partito
del
Giornale
sottintendendo
che
esso
è
costituito
da
«
traditori
»
della
Dc
,
lo
dica
pure
:
noi
possiamo
anche
ringraziarlo
per
la
pubblicità
che
ci
fa
.
Ma
è
una
solenne
balla
.
A
questo
punto
lei
mi
chiederà
:
«
Ma
allora
la
scommessa
chi
l
'
ha
vinta
?
»
.
Be
'
questo
non
lo
so
.
Ma
se
la
posta
è
,
come
immagino
,
una
cena
,
mettetevi
a
tavola
e
mandatemi
il
conto
:
ve
lo
pago
io
.
StampaQuotidiana ,
L
'
Agenzia
Stefani
ci
comunica
il
seguente
dolorosissimo
dispaccio
:
«
Roma
9
-
Un
'
immensa
sciagura
ha
colpito
l
'
Italia
!
S.M.
Vittorio
Emanuele
II
cessò
di
vivere
alle
2,30
p
.
m
.
dopo
ricevuti
i
conforti
della
religione
.
S.M.
Umberto
,
suo
augusto
figlio
è
salito
al
trono
ed
ha
confermato
ne
l
'
ufficio
gli
attuali
ministri
»
.
StampaPeriodica ,
I
nostri
critici
di
tutte
le
risme
,
e
che
vanno
dai
fascisti
ai
trotskisti
,
trovano
una
contraddizione
tra
il
nostro
programma
socialista
e
il
nostro
piano
d
'
azione
contadina
.
Molti
fra
di
essi
(
e
il
signor
Modigliani
lo
ha
ripetuto
recentemente
)
osano
affermare
che
noi
non
siamo
così
«
ferocemente
(
?
)
marxisti
»
o
socializzatori
nella
campagna
,
come
si
crede
;
altri
pensano
che
noi
ordiamo
un
trucco
per
i
contadini
allo
scopo
di
averli
dalla
nostra
parte
nella
lotta
per
la
dittatura
;
ma
che
poi
,
a
vittoria
ottenuta
e
consolidata
,
mostreremo
loro
la
nostra
«
ferocia
(
?
)
socializzatrice
»
.
Saragat
nel
suo
pietoso
opuscolo
sul
Piano
quinquennale
,
ha
detto
della
politica
di
zig
-
zag
seguita
da
Lenin
e
dal
Partito
comunista
dell
'
unione
dei
soviet
dopo
Ottobre
,
Salvemini
ha
affermato
alla
«
Amendola
»
che
i
comunisti
russi
,
nella
questione
della
politica
agraria
,
«
vanno
a
tentoni
»
.
I
critici
nostri
più
sereni
non
capiscono
niente
,
o
molto
poco
,
della
nostra
politica
agraria
e
contadina
.
In
realtà
i
nostri
critici
o
sono
confessatamente
antimarxisti
,
o
abusano
vergognosamente
del
nome
di
marxisti
,
fino
al
punto
di
fare
di
un
Marx
un
portatore
di
verità
rivelate
.
Marx
e
Engels
hanno
già
luminosamente
dimostrato
come
una
delle
condizioni
di
sviluppo
del
capitalismo
è
la
ineguaglianza
di
sviluppo
tra
la
città
(
industria
)
e
la
campagna
(
agricoltura
)
.
Questa
legge
è
valida
in
ogni
caso
:
ma
essa
riceve
una
conferma
schiacciante
laddove
esistono
residui
di
forme
economiche
precapitalistiche
,
dove
la
rivoluzione
democratica
borghese
,
non
è
giunta
alle
sue
estreme
conseguenze
,
mentre
si
è
formato
e
si
è
sviluppato
il
capitalismo
finanziario
.
Un
fenomeno
della
stessa
natura
lo
si
ha
,
su
scala
più
vasta
,
su
scala
internazionale
,
tra
le
metropoli
capitalistiche
e
la
periferia
coloniale
o
semicoloniale
.
Quale
ne
è
la
conseguenza
dal
punto
di
vinta
dello
sviluppo
rivoluzionario
?
I
non
marxisti
,
incapaci
di
vedere
i
fenomeni
che
avvengono
nella
campagna
prodotti
dallo
sviluppo
del
capitalismo
,
brancolano
davvero
nel
buio
e
allestiscono
numerosi
progetti
per
difendere
la
piccola
proprietà
,
per
allargarla
,
ecc
...
;
cantando
le
lodi
della
vita
agreste
,
facendo
l
'
apologia
dell
'
«
idiotismo
campagnolo
»
e
disputando
sul
valore
della
grande
e
della
piccola
azienda
.
I
cosiddetti
aggiornatori
di
Marx
pretenderebbero
che
il
processo
di
proletarizzazione
nella
campagna
avvenisse
al
cento
per
cento
,
per
avere
la
prova
della
giustezza
della
profezia
(
?
)
marxista
.
Siccome
ciò
non
è
avvenuto
(
e
non
avverrà
)
,
quindi
Marx
si
è
sbagliato
,
e
quindi
non
bisogna
violentare
le
leggi
naturali
:
è
verso
la
piccola
proprietà
agricola
che
bisogna
orientarsi
,
armonizzandola
con
un
po
'
di
socialismo
industriale
.
I
marxisti
del
tipo
massimalista
(
perdonate
la
contraddizione
!
)
e
che
sono
né
più
né
meno
che
dei
marxisti
volgari
,
si
preoccupano
meno
di
ciò
che
è
la
realtà
che
di
inseguire
le
loro
fantasie
,
e
pensano
che
il
socialismo
in
agricoltura
sarà
opera
di
poco
conto
,
quando
il
proletariato
avrà
nelle
mani
il
potere
(
ma
il
potere
bisognerà
pur
prenderlo
,
egregi
amici
,
e
questo
non
è
cosa
da
poco
conto
...
)
.
Serrati
pensava
che
l
'
Armata
rossa
avrebbe
imposto
il
socialismo
in
agricoltura
.
Non
si
era
egli
neppur
domandato
chi
avrebbe
formato
l
'
Armata
rossa
!
Noi
abbiamo
già
mostrato
(
coi
dati
a
nostra
disposizione
)
la
tendenza
del
processo
di
differenziazione
di
classe
nella
campagna
per
quanto
riguarda
l
'
Italia
,
tendenza
che
lo
sviluppo
del
capitale
finanziario
eccitato
dal
fascismo
accelera
,
e
che
è
accelerata
altresì
dalla
spinta
della
crisi
generale
economica
,
e
dalla
crisi
agraria
che
ne
è
un
aspetto
particolare
,
e
particolarmente
grave
.
La
stessa
tendenza
si
osserva
in
tutti
i
paesi
.
Noi
abbiamo
parlato
,
per
l
'
Italia
,
di
centralizzazione
della
proprietà
(
diminuzione
del
numero
dei
proprietari
in
generale
,
aumento
della
quantità
di
terra
posseduta
da
una
piccola
parte
di
essi
)
.
Siamo
stati
assai
prudenti
nel
giungere
a
delle
conclusioni
sulla
concentrazione
della
proprietà
(
raggruppamento
fisico
delle
diverse
proprietà
dello
stesso
proprietario
)
,
la
quale
,
del
resto
,
non
si
accompagna
sempre
alla
centralizzazione
;
e
gli
studiosi
di
questioni
agrarie
sanno
che
quello
della
concentrazione
della
proprietà
è
problema
di
difficilissima
soluzione
.
Soprattutto
abbiamo
dimostrato
che
nell
'
epoca
del
capitale
finanziario
il
processo
di
concentrazione
della
proprietà
agraria
non
avviene
principalmente
per
la
via
della
centralizzazione
della
terra
;
ma
per
numerose
altre
vie
le
quali
danno
più
spesso
l
'
illusione
della
piccola
e
media
proprietà
;
ma
fanno
in
realtà
dei
piccoli
e
medi
coltivatori
una
dipendenza
del
grande
capitalismo
.
Noi
studiamo
le
tendenze
dei
fenomeni
:
essi
si
accompagnano
a
delle
trasformazioni
dei
rapporti
sociali
,
esse
danno
la
linea
del
movimento
di
tali
rapporti
e
sono
la
vera
indicazione
scientifica
alla
quale
è
possibile
far
corrispondere
una
politica
.
La
deduzione
che
occorre
tirare
da
questi
fatti
è
che
le
economie
piccole
e
medie
vanno
in
rovina
(
non
parliamo
solo
dei
piccoli
e
medi
proprietari
,
ma
di
tutte
le
categorie
dei
piccoli
e
medi
coltivatori
)
.
Molte
economie
forti
(
contadini
ricchi
)
sono
gravemente
scosse
.
Il
numero
dei
salariati
e
dei
braccianti
(
e
quindi
dei
salariati
senza
lavoro
)
aumenta
paurosamente
.
Il
fenomeno
è
senza
dubbio
aggravato
dalla
crisi
attuale
;
ma
esso
è
un
prodotto
della
crisi
generale
del
capitalismo
,
essenzialmente
.
Dato
il
carattere
della
crisi
generale
del
capitalismo
,
la
crisi
agraria
è
sempre
più
chiaramente
una
crisi
contadina
,
la
cui
soluzione
è
impossibile
fuori
della
via
rivoluzionaria
.
Gli
obiettivi
della
rivoluzione
contadina
sono
quelli
della
liberazione
della
terra
dal
giogo
del
grande
capitalismo
,
del
capitale
finanziario
.
I
contadini
,
anche
quelli
che
sanno
leggere
e
scrivere
,
non
sanno
qual
è
,
in
fondo
,
il
loro
nemico
:
essi
lo
vedono
nel
proprietario
che
dà
a
colonia
o
a
mezzadria
la
terra
,
lo
vedono
nelle
banche
,
nelle
società
che
forniscono
loro
concimi
e
macchine
,
nelle
società
di
assicurazioni
,
nell
'
esattore
,
ecc
...
Ma
noi
,
che
sappiamo
leggere
e
scrivere
,
conosciamo
il
congegno
di
questa
formidabile
macchina
.
I
contadini
cacciati
dalla
terra
vogliono
ritornarvi
.
Molti
braccianti
vogliono
la
terra
.
In
conclusione
i
contadini
non
sono
spinti
verso
il
socialismo
,
ma
verso
il
possesso
individuale
della
terra
,
dalla
quale
il
capitalismo
li
caccia
.
Essi
vogliono
essere
liberi
sulla
terra
che
lavorano
.
Il
movimento
dei
contadini
è
dunque
in
una
direzione
democratico
-
borghese
;
ma
è
contro
il
grande
capitalismo
.
Questa
contraddizione
è
il
risultato
della
differenza
di
sviluppo
fra
città
e
campagna
.
Ma
solo
gli
utopisti
piccolo
-
borghesi
di
Giustizia
e
Libertà
possono
credere
di
dare
una
risposta
alla
esigenza
dei
lavoratori
della
terra
salvando
capra
e
cavoli
.
O
si
viene
incontro
alla
spinta
rivoluzionaria
dei
contadini
,
e
allora
bisogna
abbattere
il
dominio
economico
e
politico
del
capitalismo
;
o
si
vuole
salvare
il
regime
capitalistico
e
allora
è
solo
con
l
'
inganno
e
con
la
frode
che
occorrerà
trattare
i
contadini
,
dando
loro
a
credere
che
una
ridistribuzione
,
dietro
acquisto
,
della
proprietà
terriera
possa
risolvere
i
loro
problemi
.
Perciò
noi
diciamo
che
la
salvezza
dei
contadini
lavoratori
,
in
Italia
,
è
in
una
via
di
sviluppo
non
capitalistica
della
economia
agraria
.
Questa
via
suppone
l
'
abbattimento
del
potere
politico
del
capitalismo
,
la
rivoluzione
proletaria
,
la
dittatura
del
proletariato
,
la
socializzazione
della
grande
industria
,
delle
miniere
,
delle
banche
,
dei
trasporti
,
del
commercio
estero
e
del
commercio
interno
all
'
ingrosso
,
l
'
espropriazione
dei
grandi
proprietari
senza
nessunissima
indennità
ecc
...
La
rivoluzione
proletaria
dà
la
terra
ai
contadini
nello
stesso
momento
in
cui
distrugge
i
centri
essenziali
del
capitalismo
.
Dà
la
terra
ai
contadini
mentre
inizia
lo
sviluppo
dell
'
industria
socialista
.
Difende
il
contadino
contro
il
riprodursi
dei
fenomeni
di
differenziazione
di
classe
sopprimendo
la
compravendita
della
terra
.
Nello
stesso
tempo
in
cui
compie
la
rivoluzione
democratico
-
borghese
,
la
rivoluzione
proletaria
pone
le
condizioni
che
ne
limitano
,
ne
ostacolano
lo
sviluppo
naturale
,
il
quale
sviluppo
naturale
sarebbe
quello
capitalistico
borghese
.
La
via
di
sviluppo
non
capitalistica
della
economia
contadina
comprende
le
forme
e
le
condizioni
del
passaggio
verso
il
socialismo
in
agricoltura
.
Questa
via
può
essere
più
o
meno
lunga
,
più
o
meno
accidentata
.
Essa
continua
la
lotta
di
classe
,
in
altre
forme
.
Ma
nelle
condizioni
del
potere
assicurato
alla
classe
operaia
,
in
stretta
unione
con
i
contadini
poveri
,
garantendosi
l
'
alleanza
degli
operai
e
dei
contadini
poveri
coi
contadini
medi
,
sviluppandosi
l
'
industria
socialista
,
la
cooperazione
di
scambio
tra
città
e
campagna
,
e
le
aziende
agricole
socialiste
modello
,
e
la
cultura
tra
le
masse
,
il
passaggio
potrà
essere
più
rapido
.
Non
vi
è
dunque
una
contraddizione
tra
il
nostro
programma
agrario
e
le
rivendicazioni
transitorie
della
rivoluzione
proletaria
,
corrispondenti
alla
soluzione
dei
problemi
non
risolti
dalla
rivoluzione
democratico
-
borghese
.
Queste
rivendicazioni
noi
non
possiamo
eluderle
;
ma
non
eludendole
noi
restiamo
pur
sempre
sulla
linea
dello
sviluppo
conseguente
della
rivoluzione
socialista
;
anzi
,
restiamo
sulla
via
giusta
,
senza
saltare
al
di
sopra
delle
masse
e
senza
fermarci
a
mezza
via
il
che
equivarrebbe
ad
una
sconfitta
della
rivoluzione
proletaria
.
I
nostri
critici
volgari
modulano
numerose
variazioni
sul
tema
della
«
terra
ai
contadini
»
.
Il
Salvemini
(
ci
occupiamo
di
lui
perché
è
fra
i
tecnici
più
accreditati
di
Giustizia
e
Libertà
ed
è
il
padre
del
progetto
di
riforma
agraria
di
questa
organizzazione
)
,
il
Salvemini
ha
fatto
molto
spirito
nel
suo
recente
rapporto
alla
«
Amendola
»
di
Parigi
intorno
al
motivo
della
divisione
della
terra
.
Egli
ha
sottolineata
la
stupidità
di
una
nostra
frase
«
sui
quattro
milioni
di
salariati
da
lanciare
contro
la
grande
proprietà
»
.
Perché
tanto
spirito
?
Perché
il
Salvemini
e
tutti
i
nostri
critici
volgari
ritengono
che
l
'
essenziale
della
nostra
formula
«
la
terra
ai
contadini
»
sia
la
divisione
della
terra
ai
contadini
che
non
ne
hanno
.
Avendo
ridotta
ad
una
banalità
questa
nostra
formula
strategica
e
cadendo
nel
tecnicismo
piccolo
-
borghese
,
è
facile
fare
dello
scherzo
.
È
necessario
,
perciò
,
ripetere
che
«
la
terra
ai
contadini
»
vuol
dire
,
per
noi
,
prima
di
tutto
ed
essenzialmente
,
la
lotta
dei
salariati
agricoli
e
dei
contadini
lavoratori
contro
la
grande
proprietà
fondiaria
e
contro
il
grande
capitalismo
agrario
,
per
il
loro
abbattimento
.
In
tal
senso
,
l
'
immagine
figurata
dei
quattro
milioni
di
salariati
da
scagliare
contro
la
grande
proprietà
è
del
tutto
esatta
.
Ed
è
esatta
anche
come
numero
,
perché
per
noi
le
donne
dei
salariati
e
i
figli
(
non
quelli
di
un
anno
,
purtroppo
!
)
sono
da
scagliare
nella
lotta
.
Potrà
la
rivoluzione
dare
a
tutti
i
braccianti
che
la
vogliono
,
la
terra
?
Posto
così
il
problema
,
esso
sembra
imbarazzante
,
ma
solo
a
quelli
che
usano
confettare
gli
stronzoli
della
saggezza
.
La
rivoluzione
dovrà
dare
la
terra
a
tutti
i
salariati
che
la
vogliono
,
e
dovrà
fare
il
possibile
di
darne
ancora
un
supplemento
a
quelli
che
ne
hanno
poca
.
E
dove
si
andrà
a
prendere
questa
terra
?
Il
fatto
che
in
Italia
non
c
'
è
tanta
terra
da
darne
a
tutti
i
senza
terra
,
anche
dopo
che
fosse
stata
spezzata
l
'
azienda
agricola
industrializzata
,
significa
che
in
Italia
si
porrà
in
modo
più
urgente
il
problema
del
socialismo
in
agricoltura
.
Noi
abbiamo
in
Italia
condizioni
più
favorevoli
assai
di
quanto
non
esistessero
in
Russia
nel
1917
,
per
marciare
verso
il
socialismo
nella
campagna
.
Noi
abbiamo
aziende
capitalistiche
moderne
,
attrezzate
;
noi
abbiamo
un
'
educazione
tecnica
che
mancava
assolutamente
ai
contadini
russi
ed
una
condizione
politica
ed
associativa
tra
i
salariati
agricoli
,
ed
una
esperienza
di
lotta
di
classe
che
non
ci
sembra
trovino
riscontro
in
nessun
altro
paese
del
mondo
.
Questi
elementi
sono
a
favore
di
un
processo
accelerato
verso
la
economia
socialista
.
Ciò
che
occorre
è
che
i
salariati
agricoli
si
convincano
che
l
'
economia
socialista
è
per
essi
vantaggiosa
.
Se
essi
,
specie
nelle
zone
fondamentali
di
bracciantato
,
si
convinceranno
(
e
noi
non
abbiamo
dubbi
)
,
le
attuali
aziende
agrarie
capitalistiche
saranno
facilmente
trasformate
in
aziende
agricole
di
Stato
.
Laddove
i
salariati
non
si
convinceranno
subito
noi
spezzeremo
anche
l
'
azienda
industrializzata
,
noi
compiremo
un
tal
misfatto
contro
la
produzione
,
giacché
l
'
interesse
primo
della
rivoluzione
è
di
assicurarsi
una
vittoria
durevole
(
Lenin
)
.
Ma
queste
misure
antieconomiche
non
saranno
generali
,
e
saranno
di
non
lunga
durata
.
Giacché
lo
sviluppo
del
socialismo
in
agricoltura
,
nello
Stato
proletario
che
ne
è
la
condizione
,
sarà
l
'
unica
via
per
risolvere
la
«
questione
demografica
»
,
la
quale
è
una
«
questione
»
solo
in
regime
capitalistico
e
di
sfruttamento
dell
'
uomo
sull
'
uomo
;
ma
non
esisterà
più
in
regime
socialista
.
Tutti
i
piccoli
borghesi
riformatori
italiani
,
in
polemica
con
noi
trovano
irreale
il
nostro
programma
perché
l
'
Italia
non
ha
materie
prime
ed
ha
una
popolazione
numerosa
.
Ogni
operaio
che
abbia
fatto
le
nostre
scuole
di
partito
sa
che
oltre
al
resto
,
sono
proprio
queste
ragioni
che
pongono
dinanzi
al
proletariato
italiano
ed
ai
contadini
lavoratori
la
inevitabilità
del
socialismo
.
I
piccoli
borghesi
riformatori
non
comprendono
che
il
problema
delle
materie
prime
non
si
pone
,
come
problema
della
produzione
,
che
dopo
la
vittoria
del
proletariato
;
e
che
allora
esso
acquista
un
carattere
diverso
da
quello
che
ha
oggi
.
In
via
astratta
è
facile
dimostrare
che
un
paese
che
non
sia
la
Russia
,
che
non
possegga
cioè
tutto
ciò
che
possiede
la
Russia
in
ricchezze
naturali
,
può
iniziare
egualmente
la
costruzione
di
una
economia
socialista
,
forzando
gli
inesauribili
campi
della
scienza
e
della
tecnica
.
Ma
perché
fare
delle
dimostrazioni
in
astratto
,
quando
vi
è
una
Russia
socialista
in
sviluppo
,
e
quando
facilmente
è
comprensibile
che
una
rivoluzione
proletaria
vittoriosa
in
Italia
sconvolgerebbe
gli
attuali
rapporti
europei
?
Credete
voi
che
la
Russia
abbia
utilizzato
meno
le
contraddizioni
interimperialistiche
e
l
'
appoggio
del
proletariato
mondiale
che
le
sue
ricchezze
naturali
,
per
vincere
e
per
svilupparsi
?
I
capitalisti
si
sono
appropriati
delle
fonti
di
materie
prime
con
le
guerre
coloniali
;
il
proletariato
le
troverà
nella
rivoluzione
stessa
:
queste
sono
le
due
vie
per
risolvere
il
problema
delle
materie
prime
.
Infatti
Giustizia
e
Libertà
sceglie
la
prima
via
,
poiché
non
può
scegliere
la
seconda
:
ma
non
ne
trova
una
terza
.
La
teoria
dell
'
espansione
democratica
italiana
sostenuta
dal
Salvemini
è
,
in
fondo
,
la
teoria
nazional
-
sindacalista
della
«
nazione
proletaria
»
con
il
correttivo
della
limitazione
delle
nascite
.
La
questione
demografica
,
per
Salvemini
,
si
risolve
così
:
dare
la
terra
ai
contadini
e
far
emigrare
i
braccianti
.
Dove
emigreranno
i
braccianti
?
Si
porrà
subito
un
problema
della
emigrazione
,
e
quindi
della
difesa
dell
'
emigrazione
,
e
quindi
espansione
.
Tutti
i
motivi
della
«
nazione
proletaria
»
coi
quali
Corradini
e
Labriola
,
Orano
ed
altri
sostennero
la
impresa
libica
e
le
altre
imprese
di
guerra
;
tutti
i
motivi
sui
quali
poggia
la
propaganda
imperialistica
attuale
(
«
espanderci
o
esplodere
»
,
ecc
...
)
sono
fatti
propri
dal
Salvemini
e
dalla
compagnia
di
Giustizia
e
Libertà
.
Sono
i
motivi
dell
'
imperialismo
aggressivo
italiano
,
del
fascismo
,
della
prossima
guerra
fascista
.
Invece
per
noi
la
questione
delle
materie
prime
e
quella
della
sovrapopolazione
si
risolvono
nel
socialismo
.
Nel
socialismo
ogni
donna
può
fare
o
no
dei
figli
,
può
interrompere
quante
volte
vuole
la
gravidanza
;
è
questa
una
libertà
individuale
che
essa
si
sarà
conquistata
con
la
rivoluzione
;
ma
non
è
una
direttiva
sociale
,
ché
,
in
tal
caso
,
significherebbe
il
fallimento
del
socialismo
.
Lo
sviluppo
senza
limiti
della
tecnica
,
che
solo
il
socialismo
può
promuovere
,
non
si
risolve
nella
inutilizzazione
di
una
massa
crescente
di
forza
di
lavoro
,
bensì
in
una
diminuzione
dello
sforzo
sociale
per
produrre
i
beni
necessari
all
'
esistenza
.
Lo
sviluppo
della
tecnica
,
in
regime
capitalista
,
ha
come
conseguenza
la
formazione
di
un
esercito
di
disoccupati
,
il
regime
socialista
ha
bisogno
di
tutti
,
i
quali
invece
di
8
ore
,
lavoreranno
7
ore
,
e
poi
6
,
e
poi
5
dando
il
resto
del
tempo
allo
sviluppo
culturale
,
fino
a
distruggere
la
differenza
esistente
fra
lavoro
fisico
e
lavoro
intellettuale
.
Noi
comunisti
,
ed
il
proletariato
rivoluzionario
,
non
vediamo
come
una
disgrazia
l
'
accrescimento
della
popolazione
,
della
natalità
:
la
dottrina
della
limitazione
delle
nascite
,
come
dottrina
sociale
,
è
una
dottrina
borghese
;
e
il
fatto
che
il
fascismo
le
abbia
mosso
contro
una
tanto
accanita
guerra
si
spiega
con
la
debolezza
dell
'
imperialismo
italiano
che
,
in
mancanza
di
popolazioni
di
colore
da
sfruttare
,
in
mancanza
di
un
apparato
tecnico
sviluppato
,
ha
bisogno
di
una
massa
di
schiavi
italiani
e
proletari
che
gli
assicurino
il
profitto
.
Salvemini
proclama
che
il
dogma
della
socializzazione
della
terra
deve
essere
abbandonato
.
I
riformisti
italiani
,
che
avevano
scritto
nello
statuto
della
Federterra
che
non
poteva
essere
membro
della
organizzazione
chi
non
volesse
lottare
per
il
fine
della
socializzazione
della
terra
,
hanno
fatto
proprio
l
'
invito
salveminiano
.
Si
sono
essi
pentiti
degli
errori
commessi
?
A
noi
sembra
che
oggi
come
ieri
essi
vogliano
impedire
la
rivoluzione
contadina
,
e
ritornare
quatti
quatti
alla
comoda
politica
delle
cooperative
che
faceva
imbestiare
,
a
suo
tempo
,
il
professor
Salvemini
.
I
capi
di
Giustizia
e
Libertà
,
che
non
possono
fare
a
meno
di
occuparsi
di
noi
(
e
ciò
fa
loro
onore
,
perché
mostra
che
sono
presenti
nella
situazione
)
hanno
però
la
disgrazia
di
non
studiarci
,
per
lo
meno
con
altrettanta
cura
di
quanto
non
ne
mettiamo
noi
nell
'
occuparci
delle
loro
cose
.
E
perciò
è
nata
in
essi
una
sorta
di
convinzione
che
noi
siamo
,
noi
comunisti
italiani
,
molto
transigenti
in
fatto
di
socializzazione
dell
'
agricoltura
.
«
In
Italia
»
,
essi
dicono
,
«
i
comunisti
sono
assai
transigenti
,
ecc
.
»
I
nostri
critici
apprenderanno
con
piacere
(
?
)
che
i
comunisti
francesi
sono
più
transigenti
di
quelli
italiani
,
mentre
i
comunisti
cubani
sono
meno
transigenti
dei
comunisti
russi
.
Che
cosa
è
questa
storia
della
transigenza
di
cui
parlano
i
capi
di
Giustizia
e
Libertà
?
Non
è
altro
che
il
modo
nel
quale
noi
rispondiamo
alla
questione
agraria
nelle
diverse
situazioni
.
Polemizzando
con
Bakunin
,
Marx
disse
già
:
«
...
dove
il
contadino
esiste
in
grandi
masse
come
proprietario
privato
di
terra
,
dove
esso
costituisce
persino
una
maggioranza
più
o
meno
considerevole
,
come
in
tutti
gli
Stati
dell
'
Europa
occidentale
,
dove
non
è
scomparso
e
sostituito
dal
bracciante
,
come
in
Inghilterra
,
avviene
quanto
segue
:
o
il
contadino
ostacola
,
fa
fallire
qualsiasi
rivoluzione
operaia
,
come
ha
fatto
sinora
in
Francia
,
oppure
il
proletariato
(
poiché
il
contadino
proprietario
non
appartiene
al
proletariato
e
anche
quando
,
per
la
sua
situazione
,
vi
appartiene
,
non
crede
di
appartenervi
)
deve
,
come
governo
,
prendere
delle
misure
in
seguito
alle
quali
il
contadino
migliora
immediatamente
la
sua
situazione
ed
è
così
conquistato
alla
rivoluzione
;
misure
che
,
tuttavia
,
in
embrione
,
facilitano
il
passaggio
dalla
proprietà
privata
della
terra
alla
proprietà
collettiva
;
in
modo
che
il
contadino
vi
pervenga
economicamente
da
sé
...
»
.
Questa
direttiva
del
modo
di
portare
il
contadino
al
socialismo
è
giusta
sempre
,
ma
varia
,
dunque
,
a
seconda
che
la
tradizione
della
proprietà
privata
della
terra
sia
più
o
meno
forte
,
più
o
meno
diffusa
(
rapporti
tra
i
proprietari
e
le
altre
categorie
contadine
,
e
il
proletariato
agricolo
)
,
sia
sparita
(
come
nelle
piantagioni
dell
'
America
centrale
e
meridionale
)
.
In
altri
termini
,
è
più
facile
nazionalizzare
e
socializzare
le
piantagioni
di
caucciú
o
di
caffè
del
Brasile
che
la
terra
del
contadino
francese
.
Noi
siamo
,
quindi
,
«
transigenti
»
,
perché
sappiamo
partire
dallo
stadio
attuale
di
sviluppo
della
economia
agricola
italiana
e
dall
'
orientamento
delle
spinte
che
mettono
in
movimento
i
contadini
,
per
facilitare
la
vittoria
del
proletariato
e
per
porre
le
condizioni
dell
'
avviamento
al
socialismo
.
In
altre
parole
,
noi
siamo
i
soli
veri
socialisti
,
i
socialisti
che
socializzeranno
tutta
l
'
economia
.
È
questa
la
via
seguita
dai
comunisti
russi
,
la
via
scientifica
.
Non
ve
ne
è
un
'
altra
.
Dunque
,
noi
non
abbiamo
abbandonato
«
il
dogma
»
della
socializzazione
:
chi
lo
ha
abbandonato
sono
coloro
che
non
erano
socialisti
quando
lo
sbandieravano
a
destra
e
a
manca
,
allontanando
dal
proletariato
industriale
i
contadini
,
e
sabotando
la
rivoluzione
.
La
nostra
«
transigenza
»
significa
la
consapevolezza
della
realtà
,
il
rigetto
di
ogni
utopismo
o
menzogna
,
la
utilizzazione
delle
forze
reali
delle
masse
povere
o
impoverite
della
campagna
italiana
(
italiana
)
e
dell
'
obiettivo
verso
cui
esse
si
muovono
o
si
muoveranno
.
I
nostri
avversari
piccolo
-
borghesi
capiscono
certo
istintivamente
il
senso
di
questa
strategia
,
tanto
che
nessuno
di
essi
è
sul
nostro
fronte
contadino
:
la
nostra
«
transigenza
»
li
impaurisce
.
E
allora
ci
confutano
su
terreno
tecnico
.
Oibò
!
Vogliono
dimostrarci
che
l
'
industria
agraria
è
diversa
dalle
altre
industrie
(
bontà
loro
)
,
che
i
mutamenti
di
clima
e
di
altitudine
richiedono
metodi
di
coltura
differenti
(
quanta
scienza
sprecata
,
egregio
Lussu
:
non
ti
pare
?
)
:
e
ci
dicono
che
per
certe
colture
la
piccola
azienda
non
è
sostituibile
con
la
grande
,
ed
altre
cose
eccellenti
.
Qui
ci
piacerebbe
fare
una
scorribanda
sulle
possibilità
tecniche
nell
'
agricoltura
in
regime
socialista
,
e
far
raccapricciare
i
«
tecnici
»
di
Giustizia
e
Libertà
.
L
'
applicazione
della
chimica
e
della
elettricità
all
'
agricoltura
e
la
regolamentazione
dei
venti
e
delle
precipitazioni
che
oggi
sono
ancora
nello
stadio
infantile
,
e
che
con
il
socialismo
avranno
un
impulso
gigantesco
,
scardineranno
tutte
le
meschine
e
limitate
opinioni
dei
nostri
tecnici
.
La
Russia
comincia
a
darne
esempi
(
sono
i
primi
esempi
)
che
aprono
orizzonti
nuovi
e
non
intravvisti
prima
.
Ma
anche
restando
al
livello
attuale
della
tecnica
,
chi
ha
mai
detto
che
la
piccola
azienda
debba
essere
per
forza
legata
alla
proprietà
privata
?
I1
Salvemini
ha
imparato
alla
scuola
elementare
che
il
piccolo
contadino
pianta
l
'
albero
perché
è
sicuro
che
suo
figlio
ne
godrà
i
frutti
.
Roba
da
mettersi
a
piangere
di
commozione
.
(
E
dire
che
nessuno
si
commuove
quando
il
contadino
che
ha
piantato
l
albero
deve
vendere
tutto
e
piantare
baracca
e
burattini
!
)
Ma
,
il
socialismo
,
oltreché
cambiare
la
natura
cambia
l
'
uomo
?
Salvemini
non
potrà
crederci
.
Se
ne
accerti
.
Il
socialismo
cambia
l
'
uomo
e
i
suoi
sentimenti
.
Perché
il
senso
della
proprietà
privata
è
così
forte
e
radicato
?
Nel
mondo
la
proprietà
privata
non
è
sempre
esistita
,
non
è
una
legge
di
natura
.
Il
modo
di
produzione
è
la
base
d
'
ogni
civiltà
e
d
'
ogni
cultura
.
Perciò
noi
ridiamo
delle
obiezioni
«
tecniche
»
al
socialismo
in
agricoltura
.
Il
proletariato
è
portatore
di
uno
sviluppo
tecnico
infinite
volte
superiore
all
'
attuale
,
illimitato
.
Abbiamo
il
diritto
di
domandarci
:
sono
davvero
dei
«
tecnici
»
i
nostri
contraddittori
?
O
non
sono
solo
dei
furbi
propagandisti
dell
'
avversario
?
Giacché
il
tecnico
che
abbia
il
possesso
delle
immense
possibilità
scientifiche
non
può
aver
paura
della
rivoluzione
proletaria
.
Direi
quasi
che
esso
dovrebbe
desiderarla
per
poter
espandere
le
sue
facoltà
e
contribuire
con
tutte
le
forze
intellettuali
all
'
elevamento
prodigioso
dell
'
umanità
.
È
ciò
che
dicono
i
tecnici
d
'
America
,
di
Germania
e
di
altri
paesi
che
lavorano
nella
Russia
del
piano
.
Sono
dei
tecnici
i
nostri
contraddittori
?
Sono
soprattutto
dei
funzionari
del
capitalismo
,
senza
dignità
scientifica
,
senza
ambizione
di
ricerca
.
La
loro
confutazione
tecnica
non
scalfisce
il
nostro
programma
socialista
,
né
il
nostro
programma
di
azione
contadina
.
L
'
uno
e
l
'
altro
sono
sulla
stessa
linea
di
sviluppo
,
che
è
quella
della
rivoluzione
proletaria
.
Per
fortuna
nostra
e
della
rivoluzione
nel
mondo
oggi
abbiamo
una
grande
esperienza
che
sino
a
quindici
anni
fa
ci
mancava
.
Essa
è
tale
da
distruggere
una
ad
una
tutte
le
critiche
avversarie
.
Questa
esperienza
deve
essere
conosciuta
dalle
larghe
masse
dei
contadini
italiani
.
I
quali
faranno
come
in
Russia
,
costringendo
gli
attuali
sedicenti
benefattori
di
Giustizia
e
Libertà
e
della
«
concentrazione
»
a
morire
di
disperazione
.