StampaPeriodica ,
Ora
di
trionfo
,
questa
,
ora
di
gloria
per
lo
sport
dell
'
Italia
fascista
.
Nel
giro
breve
di
un
'
ottava
,
tra
domenica
e
domenica
,
l
'
urlo
dei
sessantamila
spettatori
dello
stadio
parigino
di
Colombes
,
acclamanti
nei
calciatori
azzurri
i
campioni
del
mondo
,
si
è
ripercosso
sino
alle
verdeggianti
piste
di
Longchamps
;
e
da
eco
si
è
fatto
grido
più
alto
,
come
fiamma
che
accenda
vastità
di
fuoco
maggiore
.
Non
più
sessanta
,
ma
cento
e
cinquantamila
francesi
esaltavano
in
"
Nearco
"
il
cavallo
più
forte
d
'
Europa
;
forse
,
anche
del
mondo
.
E
la
stretta
di
mano
protocollare
del
presidente
Lebrun
sigillava
,
per
la
seconda
volta
,
una
vittoria
assoluta
e
indiscussa
del
Fascismo
.
Due
grandi
,
decisive
affermazioni
,
dunque
,
quelle
del
19
e
del
26
giugno
dell
'
anno
XVI
,
due
magici
risultati
da
segnarsi
sul
libro
d
'
oro
dello
sport
;
ma
anche
e
,
sopratutto
,
due
dimostrazioni
di
forza
del
Regime
,
il
cui
valore
è
accresciuto
dal
tempo
e
dal
luogo
in
cui
si
sono
verificate
.
Undici
atleti
con
la
maglia
segnata
dal
fascio
littorio
,
combattono
(
è
questo
il
giusto
termine
)
in
quella
fossa
di
leoni
che
è
la
Marsiglia
dei
fuorusciti
e
dei
compagni
politici
del
bolscevico
radicale
signor
Herriot
;
combattono
non
contro
undici
cavallereschi
avversari
,
ma
contro
una
città
,
un
pregiudizio
,
un
ingiusta
violenza
.
E
vincono
.
Eliminata
la
Norvegia
,
essi
devono
fare
i
conti
coi
padroni
di
casa
:
i
francesi
.
Li
affrontano
nella
loro
capitale
,
li
dominano
.
Ed
eccoci
al
terzo
atto
:
il
più
bello
per
noi
,
il
più
orribile
per
i
nostri
nemici
.
La
squadra
degli
amici
brasiliani
non
è
che
un
pretesto
al
canagliume
marsigliese
,
risultato
e
avanzo
di
tutte
le
degeneranti
libidini
del
più
sporco
approdo
marittimo
del
Mediterraneo
,
per
prendersi
la
rivincita
contro
i
calciatori
fascisti
già
vincitori
della
Norvegia
.
"
Nous
les
aurons
,
le
maccaroni
"
sembra
di
sentir
gridare
dalle
immonde
bocche
,
con
contorno
di
epiteti
da
trivio
.
I
nostri
giocatori
sono
attesi
al
varco
,
come
in
un
agguato
,
come
in
un
selvaggio
attentato
di
centomila
contro
dieci
.
Ma
la
superiorità
di
giuoco
degli
azzurri
è
tale
che
anche
il
Brasile
è
vinto
,
sicché
la
squadra
può
ritornare
a
Parigi
inseguendo
,
con
sicuro
passo
,
il
volo
della
decisiva
vittoria
,
mentre
la
rabbia
impotente
dell
'
antifascismo
si
accanisce
in
turpitudine
di
parole
dagli
angiporti
della
"
Belle
de
Mai
"
.
Ora
,
ecco
i
cavallereschi
rivali
d
'
Ungheria
di
fronte
ai
campioni
della
giovinezza
fascista
per
l
'
urto
decisivo
:
qui
lo
sport
può
trionfare
;
ed
infatti
trionfa
confermando
di
fronte
ad
un
'
immensa
folla
attonita
l
'
indiscusso
primato
del
calcio
italiano
.
Ma
se
questo
rinnovato
trionfo
dello
sport
fascista
nel
più
popolare
e
diffuso
giuoco
dei
nostri
tempi
(
potrebbe
dirsi
che
il
calcio
è
un
'
espressione
fisionomica
di
vita
di
massa
del
momento
come
il
cinematografo
)
rappresenta
soltanto
un
consolidamento
di
posizioni
già
raggiunte
,
la
vittoria
di
"
Nearco
"
ci
ha
portato
ad
altri
traguardi
,
ci
ha
rivelati
al
mondo
nella
luce
nuova
della
nostra
organizzazione
agricola
e
industriale
.
Perchè
il
creare
una
razza
,
il
produrre
animali
d
'
eccezione
,
l
'
allevarli
,
il
condurli
alle
supreme
conquiste
in
campo
internazionale
non
è
solo
indizio
di
maturità
sportiva
di
un
popolo
,
sibbene
di
attitudine
a
creare
e
a
vincere
in
ogni
settore
di
attività
produttiva
.
Il
popolo
parigino
,
in
special
modo
,
che
dell
'
ippica
fa
,
da
secoli
,
oggetto
del
suo
amore
e
che
d
'
essa
conosce
,
da
competente
,
le
difficoltà
e
il
valore
,
ha
potuto
,
più
di
ogni
altro
,
comprendere
l
'
importanza
della
vittoria
di
"
Nearco
"
.
Noi
italiani
,
fuori
e
dentro
i
confini
,
sportivi
o
no
,
non
abbiamo
valutato
,
non
valutiamo
;
ci
siamo
commossi
,
ed
ancora
tremiamo
di
gioia
vedendo
in
questo
puro
-
sangue
che
sbaraglia
tanti
generosi
rivali
,
come
un
simbolo
dell
'
irresistibile
marcia
degli
italiani
di
Mussolini
.
Ora
ci
attende
il
"
Tour
"
:
le
maglie
dei
calciatori
azzurri
sono
nelle
valigie
dei
campioni
del
pedale
,
come
viatico
ed
amuleto
sicuro
.
Ma
il
segno
più
forte
del
terzo
,
invocato
,
sperato
,
previsto
trionfo
è
nella
volontà
tetragona
con
cui
lottano
e
vincono
,
al
di
là
dei
confini
,
gli
atleti
d
'
Italia
nel
nome
di
Mussolini
.
StampaQuotidiana ,
Ero
pressocché
bambino
quando
lessi
un
articolo
,
«
Re
Piccone
»
,
ove
Domenico
Gnoli
deplorava
gli
sventramenti
che
mutavano
il
volto
delle
città
italiane
;
seguo
ora
i
frequenti
articoli
di
Antonio
Cederna
sulle
devastazioni
ai
danni
dell
'
arte
,
della
storia
,
del
paesaggio
,
che
compie
quotidianamente
la
speculazione
.
Cinquant
'
anni
:
di
continue
,
ininterrotte
sconfitte
di
quanti
oppongono
valori
estetici
o
storici
all
'
interesse
privato
.
Ben
so
come
non
sia
possibile
,
né
in
Italia
né
fuori
,
mantenere
immutato
il
volto
delle
città
;
conosco
i
diritti
della
igiene
e
della
viabilità
,
e
pur
il
diritto
di
ogni
secolo
d
'
imprimere
una
sua
orma
.
Ma
,
appena
si
passa
la
frontiera
,
si
scorge
altrove
una
vigile
cura
nel
distinguere
,
e
considerare
sacre
certe
limitate
zone
,
intoccabili
alcuni
paesaggi
.
Fino
alla
seconda
guerra
mondiale
le
città
tedesche
,
sviluppando
ad
anello
intorno
ai
vecchi
nuclei
nuove
città
commerciali
,
avevano
rispettato
in
ogni
dettaglio
l
'
opera
di
altri
secoli
.
Nel
cuore
di
Londra
si
trovano
ancora
chiese
con
giardini
,
antichi
cimiteri
,
su
cui
nessuno
pensa
erigere
grattacieli
.
Il
centro
di
Parigi
è
immutato
da
ottant
'
anni
.
Da
noi
solo
,
nulla
riesce
a
salvarsi
,
neppure
quelle
poche
cose
che
senza
rettorica
potrebbero
dirsi
patrimonio
della
nostra
civiltà
più
che
dell
'
Italia
.
Dal
teatro
di
Siracusa
la
vista
del
mare
già
è
interrotta
da
una
serie
di
costruzioni
industriali
.
E
stato
fatto
scempio
dell
'
Aventino
,
della
Via
Appia
;
irremissibilmente
guastata
l
'
unica
opera
meritevole
,
in
quest
'
ambito
,
della
terza
Italia
,
la
passeggiata
archeologica
,
cortina
di
verde
che
saldava
ricordi
classici
e
chiese
medievali
;
Venezia
è
in
continuo
pericolo
.
Non
griderei
contro
l
'
ingordigia
degli
speculatori
.
Trovo
umano
che
chi
possiede
un
giardino
nel
cuore
di
Milano
o
di
Venezia
o
una
vecchia
villa
in
Roma
,
proprietà
che
non
rendono
o
sono
passive
,
aspiri
a
ricavarne
le
centinaia
di
milioni
che
danno
,
vendute
come
aree
edificabili
.
Penso
che
il
proprietario
inglese
,
tedesco
o
francese
abbia
identico
desiderio
.
Ma
altrove
funzionano
i
freni
;
da
noi
,
no
.
Se
non
al
primo
,
al
secondo
,
al
terzo
attacco
,
commissioni
edilizie
,
Sovraintendenze
ai
monumenti
,
Consiglio
Superiore
delle
Belle
Arti
,
finiscono
per
cedere
.
Progetti
di
transazione
,
varianti
,
esecuzione
non
conforme
al
progetto
,
che
viene
poi
sanata
:
lo
scempio
è
compiuto
.
Gli
uffici
pubblici
non
sono
secondi
ai
privati
.
Non
c
'
è
direttore
generale
o
ministro
che
sacrifichi
al
rispetto
del
monumento
il
bisogno
degli
uffici
di
allargarsi
,
di
avere
più
respiro
.
Scomparsi
in
Roma
per
questo
bisogno
di
uffici
,
i
due
incantevoli
chiostri
-
giardini
ricchi
di
aranci
a
San
Silvestro
;
fino
al
1946
l
'
antico
chiostro
agostiniano
era
il
più
delizioso
giardino
:
scrosciare
sommesso
di
acque
,
gorgheggi
di
uccelli
,
che
in
certe
ore
avevano
a
sfondo
sonoro
le
campane
di
Sant
'
Agostino
;
ma
quella
è
la
sede
dell
'
Avvocatura
dello
Stato
(
che
difende
in
giudizio
anche
gl
'
interessi
dell
'
arte
e
del
paesaggio
)
e
quel
giardino
non
consentiva
la
sosta
delle
macchine
dei
funzionari
.
Ora
solo
in
due
angoli
alcuni
alberelli
,
ma
sostano
tante
macchine
su
bella
ghiaia
spianata
.
Come
non
fo
colpa
ai
proprietari
che
pensano
ai
loro
interessi
,
ne
fo
una
relativa
ai
colonnelli
che
avendo
caserme
in
antichi
edifici
pensano
anzitutto
alle
esigenze
dei
soldati
,
od
ai
vescovi
che
curano
quelle
dei
seminaristi
o
dell
'
episcopio
(
ma
chi
passi
per
Foligno
,
guardi
un
po
'
cosa
l
'
autorità
vescovile
ha
combinato
nel
vecchio
centro
cittadino
)
;
e
do
le
attenuanti
anche
a
sovraintendenti
e
consiglieri
delle
Belle
Arti
,
perché
,
a
differenza
che
in
altri
Paesi
,
non
hanno
dietro
di
sé
il
deciso
appoggio
della
opinione
pubblica
.
Manca
l
'
indignazione
.
Si
sono
fatti
scioperi
generali
di
anticipata
protesta
contro
la
minacciata
abolizione
di
una
fermata
ferroviaria
,
contro
la
minacciata
soppressione
di
un
ospedale
,
agitazioni
per
il
trasferimento
di
un
insignificante
ufficio
;
nessun
agitatore
riuscirebbe
a
far
divampare
l
'
ira
popolare
contro
alcuno
scempio
di
centri
cittadini
.
Ed
è
altresì
significativo
,
a
mostrare
il
vuoto
di
certa
rettorica
,
che
quei
partiti
e
correnti
che
più
amano
insistere
sulle
grandi
memorie
e
sulle
glorie
degli
avi
,
siano
sempre
stati
oltremodo
distratti
allorché
si
è
trattato
di
cancellare
vestigie
;
la
rovina
della
Mèta
sudante
,
che
aveva
attraversato
i
secoli
,
fu
cancellata
dal
fascismo
per
fare
una
bella
spianata
dinanzi
all
'
arco
di
Costantino
,
ed
il
culto
dei
ricordi
sabaudi
dei
gerarchi
piemontesi
portò
ad
incombere
su
piazza
Castello
la
torre
littoria
.
Sono
gl
'
italiani
più
negati
al
bello
,
al
senso
della
tradizione
,
di
altri
popoli
?
Lo
negherei
recisamente
.
Ma
,
qui
ancora
,
gli
italiani
sentono
l
'
interesse
dell
'
uno
,
non
quello
di
tutti
.
Pare
naturale
che
si
litighi
accanitamente
perché
in
un
cortile
,
in
una
strada
,
il
proprietario
di
fronte
abbia
alzato
la
costruzione
di
qualche
centimetro
più
che
non
gli
fosse
consentito
,
ed
ineccepibile
che
si
faccia
demolire
se
si
era
tolto
un
po
'
di
vista
o
di
sole
a
chi
poteva
invocare
una
disposizione
di
legge
o
di
regolamento
;
ma
quando
è
la
popolazione
,
sono
le
generazioni
avvenire
,
ad
essere
spossessate
,
il
metro
è
diverso
.
Quante
volte
un
sindaco
ordina
l
'
arresto
di
lavori
,
il
proprietario
ricorre
al
Consiglio
di
Stato
e
chiede
la
sospensione
del
provvedimento
;
e
la
causa
si
decide
in
fatto
nell
'
incidente
di
sospensione
;
se
l
'
ordine
del
sindaco
è
sospeso
ed
i
lavori
continuano
,
nulla
più
a
fare
.
Nemmeno
il
più
appassionato
amante
di
paesaggi
romani
o
napoletani
o
di
ricordi
fiorentini
o
torinesi
si
sentirebbe
di
reclamare
poi
la
demolizione
dell
'
opera
;
l
'
opinione
pubblica
direbbe
che
"
esagera
"
,
che
non
si
può
rovinare
il
costruttore
in
pro
del
paesaggio
o
della
storia
.
Siamo
sempre
al
"
capo
ha
cosa
fatta
"
,
ai
buoni
propositi
(
in
avvenire
saremo
senza
pietà
,
ma
per
questa
volta
...
)
,
alla
indulgenza
.
Dove
non
c
'
è
in
gioco
l
'
interesse
del
singolo
,
ma
quello
della
collettività
,
la
sanzione
sembra
odiosa
.
C
'
è
una
nota
stazione
montana
che
ho
l
'
impressione
abbia
iniziato
la
sua
decadenza
,
da
quando
costruzioni
di
casamenti
,
col
criterio
di
far
rendere
le
aree
di
maggior
valore
,
hanno
tolto
alle
vie
l
'
incantevole
vista
dei
monti
e
della
valle
.
Da
anni
questo
era
paventato
,
ed
era
sul
tappeto
un
piano
che
limitasse
le
costruzioni
in
quelle
aree
;
ma
come
recar
dispiacere
a
Tizio
,
Caio
,
compaesani
,
a
vantaggio
di
una
collettività
,
sia
pure
di
tre
o
quattromila
persone
?
In
questa
vicenda
-
danno
di
tutti
per
non
osar
contrastare
all
'
interesse
di
pochi
-
è
un
po
'
la
sintesi
della
nostra
vita
nazionale
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Giorgio
,
ti
rispondo
pubblicamente
perché
le
domande
dei
tuoi
amici
sono
un
esemplare
condensato
dello
sciocchezzaio
che
certi
falsi
profeti
hanno
seminato
nelle
teste
dei
giovani
.
1°
)
Gli
uomini
non
sono
affatto
tutti
uguali
,
e
basta
guardarsi
intorno
per
accorgersene
:
c
'
è
l
'
alto
e
il
basso
,
il
diritto
e
lo
storto
,
il
biondo
e
il
bruno
,
e
anche
l
'
intelligente
e
il
cretino
.
Io
non
ho
idee
molto
chiare
sul
buon
Dio
,
ma
escludo
in
maniera
assoluta
che
fosse
socialista
,
perché
di
tanti
miliardi
di
uomini
che
ha
creato
non
ce
n
'
è
uno
uguale
all
'
altro
,
come
il
socialismo
vorrebbe
che
fossero
.
Può
darsi
che
un
giorno
,
sostituendosi
a
Dio
,
la
scienza
riesca
a
creare
questa
uguaglianza
.
Quel
giorno
l
'
umanità
si
ridurrà
a
un
formicaio
,
e
io
sono
contento
di
non
fare
in
tempo
a
vederlo
.
2°
)
Chi
ha
detto
che
il
capace
opprime
il
proletario
?
Già
questa
parola
«
proletario
»
dimostra
quanto
vecchie
siano
le
idee
e
i
concetti
dei
tuoi
amici
.
Oggi
il
proletariato
,
come
classe
,
non
esiste
più
.
Esistono
degli
«
emarginati
»
che
per
qualche
motivo
non
riescono
a
inserirsi
nella
società
,
e
a
cui
naturalmente
bisogna
dare
una
mano
.
Ma
quelli
che
si
continua
a
chiamare
proletari
sono
ormai
come
condizioni
economiche
dei
«
borghesi
»
(
un
operaio
specializzato
guadagna
più
di
un
professore
di
scuole
medie
)
.
E
questo
è
avvenuto
perché
ci
sono
stati
degli
uomini
che
,
più
capaci
degli
altri
,
sono
riusciti
,
grazie
all
'
inventiva
tecnologica
e
all
'
energia
organizzativa
,
a
mettere
anche
i
meno
capaci
in
condizione
di
vivere
bene
,
o
almeno
molto
meglio
di
come
vivevano
un
secolo
e
anche
solo
trent
'
anni
fa
.
Cosa
farebbero
i
cento
e
più
mila
dipendenti
della
Fiat
se
una
settantina
d
'
anni
fa
un
certo
signor
Agnelli
,
piccolo
proprietario
terriero
,
non
avesse
creato
quell
'
azienda
?
Le
condizioni
in
cui
gli
operai
vi
lavorano
avranno
i
loro
disagi
.
Ma
sono
infinitamente
migliori
di
quelle
in
cui
vivevano
i
loro
padri
zappaterra
.
Gramsci
,
il
massimo
teorico
del
comunismo
italiano
,
diceva
:
«
Sia
Benedetto
Agnelli
»
.
3°
)
Non
sempre
il
padrone
,
che
molto
spesso
è
un
ex
-
operaio
,
mangia
meglio
dell
'
operaio
.
Gli
sforzi
,
anche
di
cinghia
,
fatti
per
accumulare
il
primo
piccolo
capitale
che
gli
ha
consentito
di
diventare
padrone
,
gli
hanno
rovinato
lo
stomaco
e
le
coronarie
,
il
che
gl
'
impone
strette
diete
.
Ma
ammettiamo
pure
che
mangi
meglio
.
E
con
ciò
?
Che
cosa
gli
avrebbe
dato
lo
stimolo
a
emergere
,
a
lavorare
e
a
risparmiare
più
degli
altri
,
se
non
anche
il
desiderio
non
dico
di
mangiare
meglio
,
ma
di
stare
meglio
?
Di
'
a
questi
poveri
imbecillotti
amici
di
sinistra
che
anch
'
essi
vogliono
stare
meglio
.
Solo
che
,
invece
che
col
lavoro
,
lo
sforzo
e
il
sacrificio
,
cercano
di
arrivarci
con
la
demagogia
,
cioè
sfruttando
i
malcontenti
altrui
e
facendocisi
sopra
una
«
posizione
»
.
4°
)
Le
società
libere
non
sono
mai
perfette
.
Quella
italiana
lo
è
meno
di
molte
altre
.
Delle
ingiustizie
ci
sono
.
Ci
sono
dei
privilegi
e
dei
parassitismi
,
che
possiamo
e
dobbiamo
ridurre
senza
tuttavia
illuderci
di
poterli
eliminare
completamente
.
Però
questa
società
imperfetta
è
l
'
unica
che
,
grazie
alla
libertà
,
sia
perfettibile
,
o
comunque
migliorabile
.
Quella
dei
Paesi
socialisti
che
hanno
soppresso
la
libertà
,
che
hanno
legalizzato
l
'
ingiustizia
facendo
del
potente
un
onnipotente
e
del
cittadino
un
suddito
senza
neanche
il
diritto
alla
parola
,
non
è
perfettibile
,
e
deve
contentarsi
di
restare
com
'
è
sotto
le
pistole
spianate
della
polizia
.
5°
)
I
tuoi
amici
imbecillotti
fanno
una
grossa
confusione
tra
uguaglianza
e
parità
.
L
'
uguaglianza
è
impossibile
perché
la
stessa
natura
la
esclude
.
La
si
può
imporre
solo
con
la
violenza
,
cioè
tagliando
le
gambe
a
chi
le
ha
più
lunghe
degli
altri
e
livellando
tutti
sull
'
altezza
dei
nani
.
L
'
unica
forma
di
giustizia
realizzabile
tra
gli
uomini
è
,
oltre
alla
parità
dei
diritti
che
ormai
è
raggiunta
da
un
pezzo
(
anche
se
in
pratica
poi
soffre
parecchie
eccezioni
)
,
quella
che
chiamerei
del
regolamento
di
corsa
.
Tutti
i
giovani
,
a
qualsiasi
ceto
appartengano
,
debbono
essere
messi
,
al
palo
di
partenza
,
nelle
stesse
condizioni
:
eppoi
vinca
il
migliore
.
A
questo
dovrebbe
provvedere
la
scuola
.
Purtroppo
la
scuola
non
vi
provvede
più
perché
gl
'
imbecillotti
hanno
detto
che
,
tutti
gli
uomini
essendo
uguali
,
hanno
tutti
diritto
alla
promozione
.
E
così
al
figlio
intelligente
e
volenteroso
dell
'
operaio
è
stato
tolto
il
mezzo
più
valido
per
battere
sul
traguardo
il
figlio
scemo
e
sfaticato
del
padrone
.
Bella
giustizia
!
StampaPeriodica ,
Più
facile
del
previsto
Di
prima
occhiata
al
4
a
2
sull
'
Ungheria
,
si
può
anche
pensarlo
.
E
la
superiorità
azzurra
nella
finalissima
della
Coppa
del
Mondo
nei
confronti
dell
'
undici
magiaro
è
stata
così
evidente
e
convincente
che
almeno
un
goal
,
se
non
due
,
di
più
di
scarto
a
nostro
favore
,
non
avrebbe
sorpreso
nessuno
,
anzi
le
cifre
avrebbero
precisato
meglio
la
differenza
effettiva
delle
forze
in
campo
.
Ma
per
riacciuffare
in
così
brillante
stile
il
massimo
titolo
mondiale
,
per
ribadire
così
vigorosamente
in
un
ultimo
e
magistrale
colpo
di
maglio
sul
terreno
di
Colombes
il
chiodo
della
supremazia
azzurra
piantato
nel
'34
e
ripicchiato
alle
Olimpiadi
nel
1936
,
Si
sono
dovuti
prima
superare
tre
autentici
trabocchetti
.
vere
bocche
di
lupo
-
il
cui
sorpassamento
conteneva
gia
di
per
sé
la
fatale
decisione
della
competizione
.
È
stato
su
questi
passaggi
che
s
'
è
deciso
il
titolo
:
l
'
ultimo
episodio
presentava
già
scritta
la
conclusione
logica
.
L
'
incontro
di
ottavo
di
finale
con
la
Norvegia
a
Marsiglia
:
assalto
ad
una
rocca
improvvisamente
rivelatasi
di
granito
,
su
terreno
spinoso
e
minato
quale
può
essere
uno
stadio
assiepato
di
folla
sistematicamente
e
pervicacemente
ostile
agli
azzurri
.
Fu
qui
che
la
bravura
,
la
tecnica
e
soprattutto
lo
spirito
di
bandiera
ci
salvarono
dalla
sorpresa
e
dal
capitombolo
.
Il
nostro
undici
(
e
per
dir
meglio
tutti
e
venti
i
pupilli
di
Pozzo
)
erano
troppo
freschi
di
allenamento
collegiale
e
troppo
imbevuti
di
impostazioni
tematiche
e
di
sviluppi
ortodossi
di
azione
;
reduci
,
come
erano
,
di
accademia
e
di
incontri
di
collaudo
internazionali
di
facile
disimpegno
;
si
trovarono
di
fronte
una
Norvegia
superbamente
impostata
e
attrezzata
in
linea
atletica
e
in
sostanza
agonistica
.
Allenata
da
un
inglese
,
con
giuoco
di
scuola
,
se
non
proprio
di
esecuzione
,
inglese
,
assolto
in
ogni
modo
da
elementi
tutti
velocissimi
,
potenti
,
aggressivi
sino
all
'
esasperazione
.
Osarono
il
tutto
per
il
tutto
.
Da
tempo
si
erano
specificamente
allenati
per
tentare
il
gran
colpo
.
Per
poco
non
vi
riuscirono
.
Ed
il
nostro
schieramento
era
fatto
proprio
in
modo
da
favorire
il
più
graziosamente
possibile
avversari
del
genere
.
Una
prima
falla
la
presentavamo
nella
terza
linea
.
Si
chiamava
Monzeglio
apparso
in
cattiva
giornata
.
Il
sicuro
terzino
di
posizione
del
Campionato
del
Mondo
1934
non
rivelò
lo
scatto
e
il
recupero
indispensabili
.
Difatti
le
sue
entrate
a
vuoto
,
quando
uomo
e
pallone
erano
già
partiti
,
o
i
suoi
vani
inseguimenti
furono
numerosi
e
paurosi
.
Solo
allora
si
pensò
che
nel
rovente
e
duro
massimo
campionato
di
quest
'
anno
,
la
vecchia
Juventus
era
riuscita
a
riportarsi
al
secondo
posto
d
'
una
graduazione
di
ferro
,
per
precipuo
merito
di
una
coppia
di
terzini
:
Foni
-
Rava
.
E
Foni
era
stato
lasciato
in
tribuna
.
Un
errore
di
tal
genere
costrinse
la
nostra
seconda
linea
a
preoccuparsi
più
del
consueto
della
situazione
alle
proprie
spalle
;
né
il
sostegno
destro
,
Serantoni
,
proprio
dalla
stessa
parte
di
Monzeglio
,
è
stato
mai
un
velocista
.
Toccava
quindi
al
centro
-
sostegno
,
Andreolo
,
ora
ripiegare
,
ora
poggiare
sulla
destra
,
con
conseguente
accartocciamento
e
sbandamento
del
sistema
difensivo
.
Non
basta
:
ai
due
interni
di
attacco
,
Ferrari
e
Meazza
,
toccava
giuocare
ancor
più
arretrato
che
mai
non
fosse
stato
nel
loro
metodo
e
nelle
loro
preferenze
,
con
la
risultante
tattica
di
lasciare
pressoché
isolati
i
tre
uomini
di
punta
,
dei
quali
poi
,
le
due
ali
,
Ferrari
a
sinistra
e
Pasinati
a
destra
,
non
erano
davvero
irresistibili
in
fatto
di
velocità
e
di
scatto
.
Un
uomo
solo
dunque
realmente
efficiente
per
l
'
assalto
:
Piola
.
Colaussi
e
Biavati
erano
stati
anche
essi
lasciati
in
tribuna
.
Non
parliamo
poi
di
Olivieri
in
porta
,
semplicemente
prodigioso
,
ma
costretto
a
parate
che
potevano
mettere
a
repentaglio
la
sua
incolumità
.
In
simili
condizioni
,
le
più
ridotte
che
si
fossero
potute
escogitare
,
ci
trovammo
dinanzi
ad
una
Norvegia
al
massimo
della
potenzialità
e
delle
possibilità
.
Come
vincemmo
?
Dovevamo
vincere
ugualmente
.
Come
riconobbero
i
giornali
francesi
,
vinse
la
squadra
che
aveva
svolto
il
giuoco
più
tecnico
e
di
superiore
qualità
,
che
aveva
avuto
in
campo
un
atleta
di
assoluta
eccezione
:
Piola
,
dimostratosi
il
più
grande
centro
attacco
del
Torneo
.
Del
resto
alla
distanza
,
arricchita
di
.
due
tempi
supplementari
,
il
nostro
undici
,
anche
claudicante
,
aveva
ritrovato
il
suo
ritmo
,
ottenendo
nei
tempi
supplementari
il
goal
della
vittoria
con
Piola
.
Ma
il
pericolo
corso
con
la
Norvegia
servì
a
schiarire
le
idee
di
tutti
,
e
a
far
decidere
Pozzo
ad
affidarsi
con
maggiore
risolutezza
sui
fattori
velocità
e
freschezza
nella
composizione
delle
amalgame
atletico
-
agonistiche
da
schierare
sul
terreno
.
Ed
ecco
in
terza
linea
ricollocare
Foni
al
fianco
del
suo
compagno
naturale
,
Rava
.
Sostituire
le
ali
con
due
velocisti
della
specie
:
Colaussi
a
sinistra
e
Biavati
a
destra
.
Questi
un
giovanissimo
,
l
'
altro
un
anziano
tuttora
con
l
'
argento
vivo
nei
polpacci
.
La
seconda
linea
la
lascia
stare
:
con
le
apportate
maggiorazioni
di
rendimento
e
di
mobilità
,
dovrebbe
reggere
bene
ed
accrescere
intanto
la
fusione
propria
e
quella
con
l
'
intero
complesso
.
Olivieri
,
anche
,
rimane
al
suo
posto
:
il
primo
collaudo
è
stato
più
che
convincente
.
Il
trio
centrale
di
attacco
,
anche
se
Ferrari
è
accusato
di
lentezza
,
dovrà
pur
funzionare
secondo
il
noto
rendimento
.
Ed
eccoci
ai
quarti
di
finale
:
2
giugno
a
Parigi
,
allo
Stadio
di
Colombes
.
Come
avevamo
previsto
,
il
pubblico
parigino
è
stato
di
una
sportività
squisita
.
Ma
il
pericolo
per
noi
era
che
l
'
undici
francese
giocasse
bene
veramente
,
sulla
linea
non
solo
della
tecnica
,
ma
della
velocità
,
anzi
delle
sfuriate
caratteristiche
del
temperamento
e
delle
abitudini
francesi
.
Inoltre
quel
pallone
in
uso
in
Francia
(
una
sfera
più
grossa
e
più
leggera
)
e
adoperato
nel
torneo
,
in
barba
a
precise
regole
sul
peso
e
la
circonferenza
,
anche
ulteriormente
rivedute
e
corrette
dalla
F.I.F.A.
,
dava
maledettamente
ai
nervi
ai
nostri
e
a
qualunque
giuocatore
che
si
rispetti
,
del
resto
abituati
al
«
N
.
5
»
piccolo
,
teso
e
sonante
e
del
peso
specifico
sufficiente
a
non
dare
l
'
impressione
di
calciare
nel
vuoto
.
Pozzo
dovette
curare
allenamenti
speciali
su
quel
benedetto
pallone
francese
.
Inoltre
la
squadra
francese
si
trovava
lanciatissima
.
Aveva
battuto
,
in
ottavo
di
finale
,
il
Belgio
per
3-1
ed
era
questo
un
risultato
molto
probante
.
Né
si
dimenticava
che
qualche
mese
innanzi
la
nazionale
italiana
era
uscita
nei
confronti
della
nazionale
francese
,
dallo
Stadio
di
Colombes
appena
con
un
grigio
0-0
...
Quindi
l
'
undici
della
Senna
,
rimpolpato
di
elementi
negri
di
notevole
classe
,
si
presentava
con
morale
elevatissimo
e
temerario
.
Ma
i
rinforzi
di
velocità
e
di
freschezza
apportati
nella
compagine
azzurra
in
questa
seconda
presentazione
non
mancarono
di
funzionare
a
meraviglia
.
Tre
furono
i
palloni
depositati
nella
rete
di
Di
Lorto
(
due
di
Piola
e
uno
di
Colaussi
)
contro
uno
.
La
cattiva
impressione
della
prima
uscita
azzurra
veniva
cancellata
.
Gli
italiani
avevano
impartito
una
lezione
di
tecnica
,
di
stile
,
di
combattività
elettrizzante
.
Finalmente
dall
'
involuto
bozzolo
era
uscita
la
splendida
farfalla
.
Anzi
era
un
'
aquila
quella
,
dalle
penne
dai
colori
dell
'
iride
!
...
Che
si
trattava
proprio
di
un
'
aquila
lo
si
vide
nei
confronti
di
quel
bisbetico
Brasile
che
aveva
cominciato
col
dare
le
vertigini
con
un
6-5
strambo
sulla
Polonia
(
osso
duro
non
meno
della
Norvegia
)
,
ma
poi
dimostratosi
anche
squadra
assennata
oltre
che
acrobatica
e
scintillante
,
nei
confronti
di
una
Cecoslovacchia
dal
giuoco
magistrale
,
ma
troppo
freddo
e
lento
,
rimasto
ancora
sul
piede
di
due
lustri
indietro
.
Nell
'
altro
settore
si
facevano
luce
,
intanto
,
la
Svezia
,
maramaldeggiando
su
un
Cuba
di
scarsa
efficienza
fisica
,
per
8-0;
l
'
Ungheria
,
che
con
un
2-0
di
elevata
qualità
batteva
la
Svizzera
uscita
vincente
per
4-2
da
un
confronto
con
la
Germania
,
ma
stremata
da
un
paragone
che
era
stato
assai
più
uno
scontro
che
un
incontro
calcistico
.
Ormai
alle
semifinali
le
grandi
linee
della
competizione
erano
fissate
.
Da
un
girone
di
ferro
erano
balzate
in
evidenza
Italia
e
Brasile
;
da
un
girone
di
comoda
preparazione
,
Svezia
e
Ungheria
.
Due
gironi
,
e
per
ciascuno
gli
esponenti
di
un
giuoco
diametralmente
opposto
.
Italia
e
Brasile
,
due
squadre
impostate
nettamente
sui
fattori
velocità
,
virtuosismo
,
estro
;
Svezia
,
a
dire
il
vero
,
su
motivi
soltanto
affioranti
,
latenti
e
comunque
inespressi
;
Ungheria
su
una
tecnica
sicura
,
brillante
,
virtuosa
,
ma
dai
temi
invecchiati
,
ben
noti
,
troppo
spesso
al
rallentatore
,
con
esecuzione
affidata
a
troppi
anziani
,
con
un
solo
atleta
diciamo
così
aggiornato
,
il
giovanissimo
Szengeller
interno
sinistro
.
Era
quanto
sufficiente
,
tuttavia
,
perchè
l
'
undici
magiaro
battesse
la
Svezia
nella
semifinale
per
5-1
.
E
Italia
-
Brasile
?
Ecco
:
il
12
giugno
a
Bordeaux
,
Brasile
-
Cecoslovacchia
si
attaccano
ai
ferri
corti
e
si
pestano
a
più
non
posso
.
Nulla
di
fatto
,
anche
con
i
tempi
supplementari
.
Si
chiude
1-1
.
La
vivacità
,
la
potenza
e
la
giocoleria
satanica
dei
pur
sorprendenti
ispano
-
italo
-
negri
non
l
'
hanno
spuntata
contro
la
classica
solidità
dei
boemi
che
già
tanto
filo
da
torcere
avevano
dato
a
Roma
nel
'34
alla
squadra
azzurra
.
Due
giorni
dopo
si
ripete
.
Caso
nuovo
;
è
proprio
il
Brasile
che
mostra
una
maggiore
resistenza
fisica
;
subisce
un
goal
nel
primo
tempo
;
ma
nel
secondo
sfodera
un
recupero
fantastico
,
strabiliante
;
e
vince
netto
e
inesorabile
per
2-1
.
Il
caso
appare
strano
.
Sudamericani
battere
i
cechi
nei
capitoli
solidità
,
resistenza
,
tenacia
combattiva
non
priva
di
mobilità
,
di
recupero
,
di
produzioni
veloci
?
E
qui
si
scopre
un
altro
trabocchetto
,
e
teso
proprio
ai
nostri
danni
.
Il
Brasile
era
venuto
in
Europa
con
due
squadre
specificamente
designate
.
La
seconda
destinata
a
battersi
nelle
partite
preliminari
e
battere
gli
avversari
secondari
,
tra
i
quali
era
considerata
nientemeno
che
la
squadra
cecoslovacca
.
La
prima
,
destinata
,
fresca
e
lustra
a
battersi
con
l
'
Italia
,
che
quegli
esperti
di
Rio
de
Janeiro
e
di
S
.
Paolo
già
vedevano
per
lo
meno
semifinalista
(
ci
conoscono
bene
,
sono
stati
nostri
eccellenti
fornitori
)
.
Toccava
ai
nostri
vecchi
rivali
boemi
costringere
quei
signori
a
smascherare
le
batterie
.
Mille
grazie
!
È
stato
davvero
un
eccellente
servizio
reso
al
calcio
europeo
.
Nel
2-1
di
Bordeaux
si
vide
quale
realmente
era
il
pericolo
brasiliano
.
S
'
intende
che
Pozzo
corse
subito
ai
ripari
.
Vale
a
dire
lasciò
la
sua
squadra
quale
era
:
quella
che
aveva
vinto
tanto
persuasivamente
sulla
Francia
.
Aveva
pur
un
suo
intrinseco
valore
quel
3-1
!
Per
la
tenzone
col
Brasile
bisognava
tornare
all
'
inospitale
Stadio
di
Marsiglia
.
Tanto
meglio
.
I
nostri
campioni
si
sarebbero
messi
da
se
stessi
alla
frusta
.
Il
Brasile
giuocò
una
partita
decisa
,
dura
,
qualche
volta
violenta
.
Voleva
vincere
ad
ogni
costo
del
resto
la
squadra
era
stata
troppo
montata
e
resa
nervosa
dall
'
ambiente
locale
e
non
seppe
sempre
mantenere
i
nervi
a
posto
.
Si
dimostrò
compagine
di
alto
valore
tecnico
come
trattamento
di
palla
dei
singoli
atleti
,
ma
non
come
giuoco
d
'
assieme
.
Ciascuno
per
conto
suo
e
a
modo
suo
.
Non
si
decidevano
ad
eseguire
un
passaggio
senza
aver
prima
esaurito
un
proprio
repertorio
di
virtuosismi
mirabolanti
quanto
sterili
agli
effetti
del
successo
pratico
.
Credettero
bloccare
le
nostre
azioni
offensive
marcando
fortemente
ed
isolando
Piola
(
e
tra
i
suoi
guardiani
c
'
era
un
Domingos
,
il
terzino
-
fenomeno
dell
'
intero
torneo
)
.
Ma
potevano
manovrare
più
libere
le
nostre
velocissime
ali
;
e
Ferrari
e
Meazza
sapevano
tenere
un
collegamento
così
funzionale
tra
l
'
attacco
e
la
difesa
,
che
la
macchina
azzurra
poté
lavorare
a
pieno
e
costante
regime
.
Una
spettacolosa
cannonata
di
Colaussi
su
un
allungo
di
testa
di
Piola
;
un
impeccabile
calcio
di
rigore
di
Meazza
su
giusta
punizione
arbitrale
a
carico
di
Domingos
reo
di
aver
affibbiato
due
calci
nelle
caviglie
di
Piola
,
permanente
spauracchio
nonostante
tutto
,
e
la
vittoria
era
acquisita
anche
se
i
brasiliani
in
recupero
vorticoso
(
quando
però
l
'
Italia
aveva
allentato
ormai
la
stretta
)
,
riuscivano
a
segnare
un
goal
di
consolazione
.
Aveva
trionfato
l
'
unità
veramente
tale
e
non
soltanto
maestra
di
gioco
,
di
schermaglia
e
di
stoccata
.
Così
siamo
giunti
alla
finale
.
Faremo
come
il
Brasile
:
sfodereremo
per
l
'
occasione
una
squadra
nuova
e
fresca
?
Oppure
Pozzo
cambierà
degli
uomini
?
In
verità
,
l
'
Ungheria
si
presenta
in
condizioni
di
freschezza
e
di
forma
ideali
.
Il
suo
girone
non
è
stato
che
un
seguito
di
galoppi
di
salute
.
E
nel
corso
della
stagione
ha
conseguito
successi
che
gli
azzurri
non
vantano
tali
da
far
gridare
alla
resurrezione
del
calcio
magiaro
.
Pozzo
comincia
col
...
bruciare
i
vascelli
e
rimanda
a
casa
tre
riserve
di
alta
efficienza
che
finora
hanno
seguito
la
squadra
:
Genta
,
Donati
e
Olmi
.
La
formazione
andava
bene
così
com
'
era
stata
fissata
dopo
il
tribolato
esperimento
con
la
Norvegia
;
era
apparsa
sempre
in
crescendo
,
anche
con
le
lentezze
e
i
ricami
statici
di
Ferrari
e
le
fughe
-
razzo
,
ma
fuori
bersaglio
,
di
Biavati
.
«
Per
l
'
ultima
battaglia
saranno
a
punto
tanto
il
giovanissimo
quanto
l
'
anziano
;
questo
per
il
suo
canto
del
cigno
,
quello
per
il
primo
«
do
»
di
petto
della
sua
carriera
.
E
sarà
a
giusto
punto
di
cottura
anche
la
forma
dell
'
intera
squadra
»
.
Questo
il
pensiero
del
C.T.
,
ormai
troppo
buon
conoscitore
di
ambiente
,
di
clima
e
di
atleti
propri
ed
altrui
.
L
'
abbiamo
già
detto
:
il
superamento
stesso
degli
ostacoli
e
delle
bocche
di
lupo
appostate
nella
prima
parte
del
percorso
,
vuoi
di
slancio
,
d
'
abilità
,
di
classe
,
vuoi
di
spirito
di
bandiera
,
conteneva
già
di
per
sé
la
logica
inesorabile
conclusione
.
Ed
il
trionfo
,
con
un
finale
bruciante
ed
una
segnatura
netta
di
4-2
sull
'
Ungheria
non
ammette
neanche
una
discussione
di
semplice
accademia
.
Trionfo
ancora
più
netto
e
indiscutibile
che
non
fosse
stato
quello
del
1934
,
dove
si
vollero
sollevare
dubbi
ed
obiezioni
per
il
fatto
che
il
torneo
si
era
svolto
in
casa
nostra
e
la
finalissima
aveva
avuto
luogo
a
Roma
,
nell
'
antro
del
leone
...
Questa
volta
ci
siamo
battuti
nelle
condizioni
ambientali
più
difficili
.
Solo
gli
«
azzurri
»
in
tutto
il
corso
del
torneo
hanno
conosciuto
pubblico
ostile
,
ferocemente
ostile
,
nelle
due
partite
di
Marsiglia
,
che
potevano
per
noi
segnare
un
tracollo
.
Però
la
vecchia
Francia
dei
Paladini
si
è
riabilitata
,
in
fatto
di
cavalleria
,
a
Parigi
e
ne
traiamo
gli
auspici
per
giorni
molto
più
cordiali
tra
le
due
Nazioni
latine
.
Siamo
ben
lieti
questo
ci
preme
non
meno
del
titolo
mondiale
che
sulle
rive
della
Senna
si
sia
potuto
constatare
de
visu
,
con
quale
schietta
lealtà
e
fiera
bravura
sanno
battersi
gli
esponenti
della
gioventù
del
Littorio
.
Al
saluto
romano
degli
azzurri
,
per
la
seconda
volta
Campioni
del
Mondo
,
Parigi
non
ha
risposto
col
pugno
chiuso
dei
ciechi
faziosi
di
Marsiglia
,
ma
con
l
'
aperto
sorriso
e
l
'
applauso
d
'
un
riconoscimento
sincero
.
StampaQuotidiana ,
Non
più
cappelli
per
le
vie
d
'
Italia
.
È
una
delle
note
visive
che
contribuisce
a
rendere
inconfondibili
i
colpi
d
'
occhio
d
'
oggi
con
le
immagini
della
mia
infanzia
.
Nell
'
orbita
maschile
,
qualche
berrettino
su
teste
di
vecchi
cadenti
,
che
camminano
appoggiandosi
al
bastone
,
evoca
tristi
immagini
d
'
infermità
e
di
ospizio
.
Resistono
,
specie
nel
mezzogiorno
,
i
cappelli
tondi
dei
preti
che
or
è
un
secolo
sostituirono
il
tricorno
:
i
giovani
preti
vanno
senza
cappello
o
portano
il
basco
.
Anche
i
copricapo
di
divise
si
restringono
,
accennano
a
scomparire
:
non
più
gli
imponenti
berretti
,
alti
,
adorni
di
ben
cinque
galloni
,
che
davano
tanta
maestà
al
controllore
ferroviario
,
il
quale
allora
indossava
la
redingote
;
non
più
i
rigidi
berretti
cari
agli
ufficiali
della
prima
guerra
mondiale
;
berretti
appiattiti
,
baschi
,
bustine
:
è
il
declino
,
il
passo
verso
la
scomparsa
.
A
tratti
l
'
uniformità
è
rotta
:
larghissimi
cappelli
di
paglia
ordinaria
,
portati
da
stranieri
,
che
considerano
l
'
Italia
il
Paese
del
sole
:
nessuno
li
guarda
.
Mi
dicono
che
in
Brasile
è
considerato
un
insulto
al
Paese
coprirsi
col
casco
coloniale
.
L
'
italiano
è
superiore
a
queste
suscettibilità
e
lo
straniero
si
sente
intimidito
,
al
secondo
giorno
lascia
in
albergo
il
sombrero
.
In
Alta
Italia
il
copricapo
femminile
l
'
inverno
ancora
oppone
qualche
resistenza
:
da
Roma
in
giù
è
pressoché
scomparso
:
scialli
o
cappucci
.
Mi
duole
veder
mutare
anche
in
questi
dettagli
il
quadro
che
conobbe
la
mia
giovinezza
,
quando
l
'
alternarsi
dei
copricapo
segnava
pure
l
'
ordine
che
l
'
uomo
pretendeva
d
'
imporre
alle
stagioni
.
C
'
era
il
giorno
in
cui
s
'
inaugurava
la
paglietta
,
e
se
pure
il
tempo
fosse
mite
era
di
cattivo
gusto
portarla
dopo
il
primo
di
ottobre
.
Mi
duole
il
declino
di
un
prodotto
che
ha
dato
vita
ad
una
grande
industria
nazionale
,
ad
una
industria
che
si
è
affermata
nel
mondo
,
esportando
ampliamente
.
Non
so
dolermi
della
scomparsa
di
un
segno
tangibile
di
distinzione
delle
classi
.
Perché
tale
era
.
Il
copricapo
della
classe
operaia
era
il
cappello
a
cencio
tondo
,
la
caciottella
;
che
vedete
nelle
fotografie
che
riproducono
scene
dei
primi
scioperi
,
dei
primi
moti
,
intorno
al
1890;
si
mescolavano
berretti
di
pelo
l
'
inverno
,
ed
un
po
'
più
tardi
,
i
berretti
"
da
ciclista
"
,
con
la
visiera
di
panno
.
La
lobbia
segnava
il
passo
dal
popolo
alla
borghesia
:
cominciavano
ad
usarla
,
senza
esporsi
al
dileggio
dei
compagni
o
dei
più
umili
,
il
commesso
di
negozio
,
il
piccolissimo
impiegato
;
fu
un
'
affermazione
dell
'
operaio
specializzato
,
quando
sorse
in
luogo
dell
'
artigiano
.
Il
cappello
duro
significava
la
rivendicazione
di
un
posto
almeno
nella
media
borghesia
:
il
cappello
del
professionista
,
del
cavaliere
.
Il
cilindro
non
l
'
ho
visto
che
come
cappello
da
cerimonia
-
un
funerale
non
aveva
tono
se
non
c
'
era
qualche
dozzina
di
cilindri
-
:
qualche
vecchio
signore
ancora
lo
portava
sedendo
in
carrozza
al
corso
che
non
mancava
in
nessuna
città
,
e
soprattutto
guidando
il
tilbury
.
Scomparso
presto
il
cilindro
come
cappello
della
vita
quotidiana
,
sopravvissero
per
un
buon
decennio
ancora
i
mezzi
-
cilindri
,
cappelli
rigidi
di
feltro
,
mescolanza
di
cappello
duro
e
di
cilindro
.
Credo
che
in
Piemonte
siano
durati
più
che
altrove
:
qualche
mio
insegnante
universitario
ancora
usava
il
mezzo
-
cilindro
.
Dall
'
essere
la
lobbia
ed
il
cappello
duro
cappelli
borghesi
,
derivava
il
loro
rifiuto
da
parte
dei
vecchi
socialisti
,
che
usavano
cappelli
che
non
erano
quelli
dell
'
operaio
,
ma
piuttosto
il
copricapo
dei
mazziniani
risorgimentali
:
molli
,
tondeggianti
,
a
larghe
tese
.
Lo
portava
Enrico
Ferri
,
era
il
contrassegno
socialista
di
Guido
Podrecca
,
che
l
'
amore
della
musica
aveva
spinto
ad
accettare
la
marsina
per
le
sere
dell
'
opera
:
tondo
e
floscio
,
ma
a
piccole
tese
,
il
cappello
di
Turati
,
che
appariva
accanto
al
modestissimo
cappellino
nero
della
inseparabile
Kulisciof
:
ma
Claudio
Treves
che
nella
passeggiatina
nel
primo
pomeriggio
intorno
a
Montecitorio
si
accompagnava
con
loro
,
aveva
una
lobbia
non
scevra
di
eleganza
.
Il
cappello
era
anche
altrimenti
un
simbolo
politico
.
I
monarchici
tradizionalisti
irridevano
ai
repubblicani
,
che
volevano
porre
a
Capo
dello
Stato
,
e
pur
delle
forze
armate
,
un
signore
in
cilindro
:
gli
agnostici
intorno
alla
forma
di
stato
dicevano
che
non
valeva
la
pena
di
una
rivoluzione
per
avere
un
capo
in
cilindro
o
in
cheppì
.
Dubito
che
agli
occhi
di
molti
semplici
un
primo
colpo
il
prestigio
della
monarchia
italiana
lo
subisse
quando
intorno
al
1905
fu
soppresso
l
'
elmo
ed
il
pennacchio
dei
generali
.
Ma
il
distacco
sociale
più
profondo
lo
segnava
il
cappello
femminile
,
c
'
era
un
solco
incolmabile
tra
la
donna
"
in
capelli
"
e
quella
"
che
portava
il
cappello
"
:
strazio
della
famiglia
piccolissimo
-
borghese
,
cui
mancavano
sempre
diciannove
soldi
per
fare
una
lira
,
se
il
figlio
sposava
una
ragazza
-
magari
prole
di
agiati
bottegai
-
che
"
non
portava
il
cappello
"
.
Grido
di
rancore
di
classe
quello
che
risuonava
di
continuo
nei
mercati
romani
quando
la
moglie
del
piccolo
impiegato
voleva
tirare
troppo
,
pretendeva
eccessivi
ribassi
:
la
rivenditrice
sdegnata
gridava
alto
:
"
E
ce
porta
puro
la
ciavattella
"
.
Angoscie
non
troppo
dissimili
da
quelle
di
un
'
abiura
o
almeno
di
un
uso
di
passaporto
falso
,
allorché
l
'
agiata
popolana
,
la
"
minente
"
romana
carica
d
'
ori
come
una
madonna
e
dal
portamento
altezzoso
,
alla
vigilia
di
un
viaggio
era
persuasa
a
mettere
il
primo
cappello
:
perché
,
le
avevano
detto
,
all
'
estero
o
al
nord
,
senza
cappello
non
si
è
rispettate
.
Ricordo
penoso
di
poveri
cappellini
,
spennati
e
rossastri
,
ultima
difesa
di
vedove
,
di
decadute
:
che
si
abbarbicavano
a
quel
simbolo
per
non
confessare
che
non
erano
più
delle
borghesi
.
Visione
così
penosa
,
per
visi
ben
noti
che
nel
ricordo
si
profilano
sotto
quelle
larve
di
cappellini
,
da
annullare
la
gioia
che
mi
darebbe
la
rievocazione
dei
buffi
cappelli
che
vidi
nella
mia
infanzia
-
ceste
con
ogni
sorta
di
fiori
,
di
erbe
,
di
uccelli
,
in
cima
alla
testa
,
mezzi
meloni
con
pennacchio
alla
bersagliera
-
o
l
'
altra
visione
,
che
invece
mi
accarezza
l
'
occhio
,
dei
larghi
ricchi
cappelli
che
ombreggiavano
il
viso
,
degli
svelti
tricorni
,
delle
estive
pamele
in
pizzi
o
tela
e
nastri
,
in
voga
intorno
al
1910
(
gli
anni
di
Gozzano
:
"
La
nera
chioma
ondosa
-
chiusa
nel
casco
enorme
"
)
.
Il
cappello
maschile
con
la
sua
scomparsa
ha
eliminato
un
segno
di
distinzione
di
classi
.
Il
cilindro
da
cerimonia
è
una
divisa
che
ha
sostituito
la
feluca
delle
uniformi
civili
descritte
nei
decreti
della
unificazione
e
,
più
accuratamente
,
in
quelli
dei
primi
anni
del
fascismo
.
Un
direttore
generale
od
un
capo
di
gabinetto
debbono
possedere
un
cilindro
,
ma
un
duca
ne
può
fare
a
meno
.
Nell
'
ambito
femminile
le
cose
sono
sempre
meno
semplici
,
ed
è
sempre
maggiore
la
possibilità
di
ritorni
.
Scomparsi
i
cappelli
da
passeggio
,
restano
quelli
dei
ricevimenti
pomeridiani
,
per
le
cerimonie
mondane
,
in
genere
:
cappelli
neri
piattissimi
e
larghi
tutti
eguali
tra
loro
,
o
semplici
decorazioni
intorno
alla
chioma
:
fiori
,
arabeschi
,
piumaggi
,
minuscole
cuffiette
,
che
paiono
copiate
da
ritratti
di
dame
del
Settecento
.
La
linea
divisoria
segnata
dal
possesso
di
questi
cappelli
non
coincide
con
quella
ch
'
era
marcata
dal
cappello
dell
'
Ottocento
,
corre
più
in
alto
:
non
più
distinzione
tra
popolo
e
borghesia
,
ma
tra
alta
borghesia
e
tutto
il
resto
.
Gli
uomini
politici
possono
trovare
argomento
di
meditazione
,
ed
i
partiti
di
sinistra
di
compiacimento
:
la
media
e
la
piccola
borghesia
sono
saldate
al
proletariato
.
Signore
austere
,
che
tengono
ad
affermarsi
per
quello
che
sono
,
scrittrici
o
giornaliste
o
professoresse
,
le
vedo
,
talora
rifiutarsi
a
questi
cappelli
rappresentare
in
un
ricevimento
la
minoranza
delle
teste
né
coperte
né
addobbate
.
Non
credo
che
neppure
questa
trincea
opposta
alla
mescolanza
delle
classi
sia
destinata
a
durare
:
o
il
cappello
da
ricevimento
scomparirà
o
si
generalizzerà
in
ogni
ceto
.
Più
attendibile
la
seconda
ipotesi
.
Con
altrettanta
facilità
potessero
scomparire
le
reali
trincee
,
che
sono
costituite
non
solo
dalle
differenze
delle
fortune
,
ma
da
quelle
dei
gusti
,
delle
abitudini
,
degli
atteggiamenti
dello
spirito
,
dei
modi
di
ragionare
.
Perché
,
ahimè
,
a
dispetto
di
ogni
logica
formale
a
base
di
sillogismi
,
dipende
dall
'
ambiente
in
cui
ci
si
è
formati
(
oltre
,
va
da
sé
,
che
dallo
spirito
di
sopraffazione
che
più
o
meno
vivo
è
in
ogni
uomo
,
almeno
nella
prima
parte
della
sua
vita
)
che
,
troppo
spesso
,
per
gli
uni
due
più
due
faccia
quattro
,
e
per
gli
altri
invece
cinque
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Terracini
,
era
un
pezzo
che
non
la
sentivo
,
e
cominciavo
a
sentirmi
un
po
'
vedovo
della
sua
linguaccia
.
Ora
la
domanda
che
mi
pone
è
-
come
sempre
-
maligna
,
ma
-
come
sempre
-
pertinente
.
Sì
,
è
vero
:
un
bello
scandalo
di
natura
galante
ci
manca
.
Per
questo
ho
sempre
invidiato
i
francesi
che
nello
spazio
di
pochi
anni
ebbero
due
presidenti
della
Repubblica
uccisi
da
donne
:
uno
a
pistolettate
,
l
'
altro
con
un
'
arma
più
dolce
,
ma
non
meno
micidiale
.
Ma
era
la
Belle
époque
,
che
era
bella
anche
perché
vi
succedevano
di
queste
cose
.
Oggi
non
possono
succedere
per
due
motivi
.
Primo
,
perché
questo
tipo
di
scandalo
non
fa
più
scandalo
in
nessun
ambiente
,
neanche
in
convento
.
Secondo
,
perché
la
nostra
classe
politica
vi
è
assolutamente
refrattaria
:
e
lo
dico
,
badi
bene
,
con
profonda
costernazione
.
Dio
volesse
che
i
nostri
ministri
,
senatori
,
deputati
e
partitanti
fossero
capaci
d
'
innamorarsi
.
Sarebbe
un
segno
di
umanità
,
di
sensibilità
emotiva
,
di
una
certa
capacità
di
slancio
,
di
entusiasmo
,
di
abbandono
.
Ma
io
li
conosco
.
Sono
troppo
occupati
ad
ammazzarsi
tra
loro
per
ammazzare
una
donna
(
che
è
il
modo
più
totale
di
amarla
)
o
per
farsene
ammazzare
.
Non
ne
hanno
nemmeno
il
tempo
,
che
dell
'
amore
è
un
elemento
essenziale
,
e
ce
ne
vuole
tantissimo
per
farlo
bene
.
I
più
galanti
fra
loro
lo
sono
nello
stile
dei
commessi
viaggiatori
:
fugaci
e
furtive
avventure
in
camere
ammobiliate
,
con
donnette
d
'
accatto
o
piccole
Bovary
di
provincia
.
Che
scandalo
potrebbe
derivarne
,
anche
se
lo
si
venisse
a
sapere
?
Da
quanto
ne
ho
sentito
dire
,
e
con
tutto
il
rispetto
che
si
deve
ai
morti
,
l
'
unico
che
rischiò
di
provocarne
fu
Gronchi
.
Che
però
,
anche
lui
,
aveva
più
la
stoffa
del
femminiere
(
la
parola
sarebbe
un
'
altra
,
ma
non
la
dico
per
rispetto
dei
lettori
e
più
ancora
delle
lettrici
)
che
non
dell
'
amatore
.
La
galanteria
-
quella
vera
,
che
può
condurre
al
dramma
-
esige
una
certa
classe
.
Il
grande
seduttore
può
essere
un
grande
mascalzone
,
anzi
quasi
sempre
lo
è
;
così
come
la
grande
seduttrice
può
essere
una
grande
avventuriera
,
anzi
quasi
sempre
lo
è
.
Ma
grandi
,
e
con
stile
.
Ora
,
caro
Terracini
,
è
proprio
lo
stile
che
manca
ai
nostri
uomini
politici
.
In
tutto
.
E
quindi
anche
nella
galanteria
,
per
la
quale
non
sono
attrezzati
nemmeno
fisicamente
.
Li
guardi
,
se
l
'
immagini
in
pigiama
,
e
poi
mi
dica
che
scandali
possono
fare
.
StampaPeriodica ,
La
politica
di
rivalutazione
della
nostra
moneta
,
iniziata
col
discorso
di
Pesaro
,
raggiunge
oggi
effetti
evidenti
:
la
lira
è
aumentata
di
valore
.
Il
maggiore
potere
di
acquisto
della
lira
aumenta
il
valore
reale
dei
salari
e
degli
stipendi
.
Da
ciò
è
derivata
la
necessità
da
parte
dello
Stato
di
diminuire
il
carico
del
bilancio
per
retribuzione
del
proprio
personale
,
mentre
la
squisita
sensibilità
delle
nostre
classi
lavoratrici
ha
potuto
permettere
al
segretario
generale
del
partito
on
.
Turati
di
annunziare
al
Duce
che
i
lavoratori
di
Padova
e
i
contadini
del
bresciano
aderivano
alla
diminuzione
delle
loro
paghe
in
ragione
del
10%
.
Anche
nel
pavese
e
nel
bolognese
i
lavoratori
hanno
accettato
la
medesima
misura
di
diminuzione
delle
paghe
...
StampaQuotidiana ,
Sospetto
di
quanti
non
si
dicono
fautori
della
libertà
,
semplicemente
,
ma
della
«
ben
regolata
libertà
»
o
della
«
libertà
di
fare
il
bene
o
di
asserire
il
vero
»
.
Libertà
è
quella
di
asserire
ciò
che
per
altri
,
fosse
pure
per
la
maggioranza
,
è
il
male
,
è
l
'
errore
.
Detto
questo
,
bisogna
pur
distinguere
tra
libertà
di
far
propaganda
di
idee
,
libertà
di
operare
,
libertà
di
eccitare
impulsi
irrazionali
.
È
la
prima
che
va
difesa
,
contrastando
ad
ogni
limite
che
si
tenti
di
imporle
;
perché
è
quella
veramente
feconda
,
che
tutte
le
tirannie
temono
,
assai
più
che
le
bombe
ed
i
pugnali
.
E
sempre
il
buon
senso
delle
masse
ha
saputo
distinguere
tesi
ardite
e
follie
;
le
stravaganze
,
finché
sono
state
sostenute
come
dottrine
,
non
hanno
mai
trovato
seguaci
.
Una
completa
libertà
di
operare
è
impensabile
;
non
c
'
è
popolo
né
regime
che
non
abbia
un
codice
penale
.
Potrà
essere
liberale
,
considerare
reato
solo
ciò
ch
'
è
nella
coscienza
di
tutta
una
civiltà
,
od
illiberale
,
e
punire
colpe
che
son
tali
solo
per
chi
segue
una
certa
dottrina
politica
od
una
fede
religiosa
;
ma
un
codice
penale
non
può
mancare
.
I
pericoli
maggiori
vengono
non
dalle
idee
,
ma
dagl
'
impulsi
irrazionali
;
un
paese
è
esposto
ad
ogni
pericolo
quando
i
suoi
cittadini
non
operano
più
mossi
da
idee
,
ma
al
suono
di
fanfare
.
Le
ubriacature
delle
masse
che
marciano
scandendo
certi
ritornelli
,
sillabando
certe
parole
,
per
vie
pavesate
di
giorno
,
trasformate
da
bengala
accesi
la
notte
,
le
ricordiamo
.
I
fanatismi
politici
e
religiosi
non
nascono
dalle
dottrine
,
ma
sono
esplosioni
dell
'
irrazionale
.
Non
si
può
sostenere
una
libertà
di
coltivarli
.
Tutto
il
regno
del
sesso
appartiene
all
'
irrazionale
;
la
morale
sessuale
,
i
precetti
religiosi
in
materia
,
sono
tentativi
d
'
imbrigliare
questo
ambito
dell
'
irrazionale
,
insopprimibile
nell
'
uomo
,
elemento
di
conservazione
della
specie
.
Sulla
necessità
di
tale
imbrigliamento
tutti
d
'
accordo
;
è
anzi
il
lato
dove
atteggiamenti
in
ogni
altro
campo
antitetici
coincidono
(
non
è
strano
che
critici
cattolici
abbiano
detto
che
negli
ultimi
festival
del
cinema
i
loro
sguardi
avevano
riposato
sui
film
sovietici
,
castissimi
)
.
Se
sul
finire
del
secolo
scorso
anarchici
e
socialisti
parlavano
di
libero
amore
,
intendevano
con
ciò
combattere
istituti
che
sembravano
loro
supporti
della
società
borghese
,
ma
non
pensavano
davvero
ad
uno
scatenamento
dei
sensi
.
Bacchelli
nel
Diavolo
al
Pontelungo
descrive
la
purezza
della
unione
tra
Bakunin
e
la
sua
Antonia
;
Martin
du
Gard
ne
L
'
été
1914
,
un
socialista
rivoluzionario
,
Meynestrel
,
che
convive
senza
rapporti
con
la
donna
che
ama
.
Esagerazioni
letterarie
,
probabilmente
;
ma
quando
rievochiamo
Turati
e
la
Kulisciof
,
pensiamo
a
Filemone
e
Bauci
.
Ed
è
su
un
terreno
moralistico
che
tutti
i
detrattori
di
un
regime
o
di
una
società
,
li
hanno
imputati
di
libertinaggio
.
L
'
accusa
di
sregolatezza
nella
vita
sessuale
è
consueta
nella
polemica
politica
.
Ma
non
occorre
molta
finezza
per
distinguere
l
'
accusa
,
anche
pesante
e
massiccia
,
e
l
'
erotismo
che
vorrebbe
cercare
una
propria
legittimazione
asserendo
di
castigare
mores
;
per
sapere
qual
è
il
linguaggio
della
sentenza
istruttoria
che
manda
a
giudizio
l
'
imputato
di
certi
reati
,
e
quello
del
cronista
che
vuole
turbare
il
lettore
.
Non
occorre
essere
maestri
della
penna
per
dire
tutto
,
anche
Stato
,
diritto
,
costume
le
cose
più
scabrose
,
senza
suscitare
immagini
impure
;
né
critici
acuti
per
riconoscere
il
narratore
che
veramente
sente
schifo
ed
orrore
per
il
mondo
che
narra
,
che
lo
considera
come
l
'
inferno
in
cui
è
pauroso
essere
immersi
,
e
quegli
che
lo
mostra
come
il
Venusberg
,
sicché
s
'
ignora
ciò
che
di
gioia
può
dare
la
vita
se
non
vi
si
è
almeno
una
volta
penetrati
.
Volere
che
intorno
a
certi
problemi
si
faccia
il
silenzio
,
è
tartufismo
:
non
giova
ad
alcuna
struttura
sociale
.
Ma
chi
li
affronta
,
se
pure
debba
penetrare
in
dati
ambienti
inquinati
,
non
può
lasciarsene
assorbire
.
Non
fariseo
che
passa
turandosi
il
naso
e
sollevando
il
lembo
della
veste
,
farà
sentire
anche
ai
caduti
,
ai
pervertiti
,
che
sempre
li
considera
fratelli
;
ma
non
potrà
adottarne
il
linguaggio
,
confondersi
con
loro
.
Se
il
suo
è
un
apostolato
,
religioso
o
laico
,
deve
muovere
da
un
intento
di
sollevare
,
da
una
distinzione
di
alto
e
di
basso
,
di
caduta
e
di
redenzione
;
sarebbe
contraddizione
assumere
l
'
atteggiamento
qualunquistico
del
"
tutti
eguali
"
,
che
esclude
in
partenza
l
'
idea
di
mutamento
.
E
poi
chi
esce
dall
'
anonimo
per
affrontare
problemi
morali
o
sociali
o
politici
,
ha
il
dovere
di
testimoniare
per
la
sua
causa
.
Se
il
rigorista
è
nella
vita
un
peccatore
,
si
profila
la
figura
di
Tartufo
;
ma
se
è
peccatore
che
combatte
certe
leggi
,
pur
in
sé
discutibili
,
che
pongono
limiti
all
'
uomo
,
ognuno
penserà
ch
'
egli
difenda
non
una
regola
di
bene
universale
,
ma
la
propria
libertà
di
commettere
quello
che
per
i
più
è
peccato
.
Gli
uomini
di
lettere
,
gli
artisti
che
abbiano
mosso
anche
solo
il
primo
passo
sulla
via
della
rinomanza
,
non
sono
più
turba
;
chi
"
vive
in
vetrina
"
ha
obblighi
peculiari
di
nettezza
morale
.
Al
di
sotto
ed
al
di
fuori
dei
comportamenti
immorali
c
'
è
la
scurrilità
del
linguaggio
.
Come
la
bestemmia
è
per
me
anzitutto
una
prova
di
maleducazione
,
così
la
scurrilità
è
una
forma
di
sciatteria
,
di
poca
pulizia
mentale
.
Dimostra
che
si
ha
un
arsenale
scarso
di
parole
,
che
dietro
ci
sono
solo
immagini
poco
pulite
,
che
non
si
dispone
di
altre
cui
attingere
,
volendo
calcare
la
mano
su
un
'
affermazione
,
colorire
una
frase
.
Il
linguaggio
scurrile
spontaneo
è
proprio
solo
degli
strati
inferiori
,
intellettualmente
e
moralmente
.
Ma
c
'
è
la
scurrilità
voluta
od
acquisita
di
certe
cerchie
di
cosiddetti
intellettuali
.
Che
possa
essere
usata
come
pennellata
in
un
quadro
,
non
lo
escluderei
;
la
moralità
di
un
'
opera
,
in
particolare
di
un
film
,
sta
in
definitiva
nell
'
effetto
che
produce
.
Ho
difeso
La
dolce
vita
,
perché
in
ogni
uomo
normale
lascia
la
nausea
per
la
società
dei
gaudenti
,
desta
il
desiderio
della
ordinata
vita
operaia
o
piccolo
borghese
,
della
famiglia
sana
,
del
lavoro
,
della
notte
fatta
pei
dormire
.
Ma
guai
quando
la
scurrilità
diviene
regola
,
quando
l
'
artista
abdica
,
e
si
rivolge
solo
alla
parte
più
incolta
e
più
rozza
del
pubblico
per
far
ridere
col
lazzo
plebeo
:
riso
meccanico
;
ogni
umorismo
è
assente
.
Queste
considerazioni
non
vogliono
essere
un
elogio
della
censura
.
Resto
avverso
ad
ogni
censura
.
Da
quell
'
uomo
privo
di
senso
pratico
,
in
particolare
di
senso
politico
ed
economico
,
che
sono
,
vorrei
per
il
cinema
un
solo
provvedimento
:
gli
aiuti
statali
elargiti
al
termine
di
ciascun
anno
da
una
commissione
di
scrittori
e
critici
(
esclusi
i
funzionari
ed
i
politici
)
che
esaminasse
la
produzione
di
ogni
casa
attribuendo
punti
negativi
ai
film
di
cassetta
,
a
quelli
spettacolari
,
o
privi
di
pensiero
ed
infarciti
di
lazzi
plebei
,
punti
positivi
ai
film
d
'
arte
ed
a
quelli
che
inducono
a
riflettere
sui
problemi
religiosi
,
politici
,
sociali
.
Non
elogio
della
censura
,
ma
eccitamento
nello
scrittore
,
nell
'
artista
,
del
suo
senso
di
responsabilità
;
invito
al
pubblico
a
non
indulgere
all
'
uomo
che
sta
sulla
ribalta
,
come
se
fosse
sciolto
dai
legami
imposti
all
'
uomo
comune
,
ma
ad
esigere
da
lui
maggior
rigore
di
vita
.
StampaPeriodica ,
Molti
anni
addietro
,
quando
poche
erano
le
gare
che
si
svolgevano
durante
l
'
annata
,
quando
ognuna
di
esse
costituiva
un
avvenimento
di
eccezione
,
quando
gli
sport
del
motore
erano
quelli
che
avevano
il
maggior
seguito
di
pubblico
,
quando
le
automobili
e
le
motociclette
erano
ancor
poco
diffuse
,
e
le
modeste
velocità
raggiungibili
dal
normale
utente
facevano
apparire
sbalorditive
,
nel
confronto
,
quelle
che
,
su
strade
spesso
indegne
di
tal
nome
,
riuscivano
ad
attingere
gli
e
assi
e
dell
'
epoca
i
quali
perciò
divenivano
gli
idoli
delle
folle
il
e
Lario
e
,
il
famoso
«
Circuito
del
Lario
»
dalle
strade
strette
e
tortuose
,
dai
dislivelli
repentini
,
dal
fondo
polveroso
o
pantanoso
a
seconda
che
il
sole
o
la
pioggia
lo
presidiavano
,
soleva
richiamare
ad
ogni
estate
,
nelle
sue
embrionali
tribune
e
lungo
i
margini
di
tutto
il
suo
percorso
,
enormi
masse
di
spettatori
che
da
ogni
parte
,
spesso
sobbarcandosi
a
compiere
decine
e
centinaia
di
chilometri
,
venivano
per
assistere
alle
acrobatiche
prodezze
dei
e
centauri
e
che
in
una
prova
del
genere
trovavano
la
loro
definitiva
consacrazione
.
Oggi
assai
più
numerose
sono
le
grandi
gare
motoristiche
che
si
svolgono
in
tutta
Italia
durante
l
'
anno
;
e
molte
altre
competizioni
sportive
,
dal
calcio
all
'
atletica
leggera
,
appassionano
domenicalmente
le
folle
.
Oggi
anche
le
normali
macchine
da
turismo
vanno
come
folgori
,
e
lo
scarto
di
velocità
esistente
tra
esse
e
quelle
da
corsa
,
pur
essendo
spesso
più
alto
di
quello
di
una
volta
,
stupisce
forse
meno
il
gran
pubblico
che
s
'
è
familiarizzato
con
le
rapidissime
andature
in
terra
,
in
mare
e
in
cielo
.
Oggi
i
«
circuiti
stracittadini
»
,
che
permettono
alla
gente
di
godersi
un
paio
d
'
ore
di
movimentatissimo
spettacolo
senza
muoversi
da
casa
,
o
al
massimo
da
una
comoda
tribuna
fornita
di
ogni
conforto
e
situata
a
due
passi
dal
centro
della
città
,
hanno
detronizzato
competizioni
famose
che
,
pur
avendo
un
«
passato
»
glorioso
,
avevano
il
torto
di
imporre
agli
spettatori
spostamenti
macchinosi
e
un
certo
dispendio
di
tempo
.
Essendo
dunque
oggi
i
palati
viziati
,
per
così
dire
,
molte
manifestazioni
hanno
perduto
almeno
in
parte
la
loro
importanza
,
il
loro
seguito
di
pubblico
.
E
infatti
,
quante
grandi
gare
,
automobilistiche
e
motociclistiche
,
sono
scomparse
,
si
sono
trasformate
,
in
questi
ultimi
anni
?
Quanti
circuiti
,
che
pur
avevano
un
loro
fascino
e
una
loro
non
indifferente
importanza
tecnico
-
sportivo
-
turistica
,
sono
stati
sostituiti
con
altri
,
talvolta
di
valore
discutibile
?
In
quest
'
atmosfera
di
evoluzione
,
di
trasformazione
,
di
innovazioni
,
il
«
Lario
»
è
,
se
non
il
solo
,
almeno
tra
i
pochissimi
che
resta
,
vivo
e
vegeto
più
che
mai
,
sulla
breccia
;
il
«
Lario
»
è
uno
dei
pochissimi
che
ha
resistito
,
acquistando
anzi
sempre
maggiore
importanza
e
destando
un
sempre
più
alto
interesse
;
e
pur
aggiornandosi
,
poiché
le
sue
strade
si
sono
oggi
di
gran
lunga
migliorate
,
perché
l
'
organizzazione
è
sempre
più
perfetta
,
perché
ha
tratto
tutto
quanto
di
buono
v
'
era
da
trarre
dai
moderni
criteri
che
informano
lo
sport
motoristico
,
ha
religiosamente
custodito
la
sua
tradizione
,
ha
conservato
integre
tutte
le
sue
caratteristiche
,
anzi
accentuandole
.
E
perché
?
Perché
il
«
Lario
»
ha
una
fama
ormai
mondiale
,
perché
il
«
Lario
»
è
il
banco
di
prova
per
eccellenza
delle
macchine
e
dei
guidatori
,
perché
il
«
Lario
»
ha
il
potere
di
entusiasmare
come
pochi
altri
circuiti
le
folle
;
perché
,
infine
,
il
«
Lario
»
ha
un
suo
fascino
particolare
al
quale
non
si
sfugge
.
Quando
il
«
Lario
»
non
fu
effettuato
,
tutti
gli
sportivi
u
sentirono
»
la
sua
mancanza
.
E
il
suo
successo
continua
a
crescere
di
anno
in
anno
.
Nato
nel
lontano
1921
per
contrapporre
al
classico
«
Tourist
Trophy
»
,
che
gli
inglesi
organizzano
nell
'
Isola
di
Man
,
un
circuito
stradale
severissimo
e
sotto
tutti
gli
aspetti
adatto
a
mettere
a
dura
prova
la
«
classe
»
dei
piloti
e
le
doti
di
ripresa
e
di
resistenza
allo
sforzo
prolungato
di
un
motore
,
di
stabilità
,
di
aderenza
,
di
frenaggio
,
di
robustezza
di
una
macchina
tutti
gli
organi
della
quale
vengono
sollecitati
al
massimo
grado
il
«
Lario
»
si
disputò
ininterrottamente
fino
al
1931
incluso
;
dopo
due
anni
di
sospensione
fu
ripreso
nel
1934
,
fu
disputato
ancora
l
'
anno
successivo
,
e
poi
si
è
avuta
un
'
altra
pausa
biennale
,
dalla
quale
esce
ora
rinforzato
e
aureolato
di
nuove
attrattive
.
Le
pause
sono
state
causate
da
situazioni
contingenti
dello
sport
motociclistico
locale
,
e
non
da
circostanze
relative
alla
gara
stessa
;
la
quale
nelle
tredici
edizioni
fin
qui
svoltesi
ha
messo
in
luce
nuove
giovani
valide
energie
del
motociclismo
italiano
,
ha
confermato
il
valore
di
assi
famosi
,
ed
ha
assolto
superbamente
,
oltre
alla
sua
funzione
tecnico
-
sportiva
,
anche
quella
propagandistica
a
favore
della
diffusione
della
motocicletta
.
Nell
'
albo
d
'
oro
del
«
Lario
»
tutti
i
nostri
migliori
uomini
hanno
apposto
la
propria
firma
:
da
Ruggeri
ad
Arcangeli
,
a
Varzi
,
a
Nuvolari
,
fino
ai
più
recenti
,
a
Bandini
,
a
Fumagalli
,
a
Serafini
,
e
-
per
i
primati
sul
giro
-
da
Biagio
Nazzaro
a
Ghersi
,
a
Vailati
,
agli
stessi
Varzi
,
Nuvolari
e
Bandini
,
a
Pigorini
,
ad
Aldrighetti
.
Quest
'
anno
il
«
Lario
»
-
che
si
svolgerà
il
10
luglio
-
riunirà
accora
una
volta
un
forte
gruppo
di
«
Centauri
»
i
quali
offriranno
alla
folla
immensa
che
assieperà
gli
spalti
del
circuito
,
lungo
tutti
i
36
chilometri
del
suo
sviluppo
,
un
susseguirsi
continuo
di
emozioni
,
di
sensazioni
quali
ben
poche
altre
contese
del
genere
sono
in
grado
di
dare
.
E
la
funzione
tecnica
della
prova
brianzola
sarà
ancor
pii
alta
del
consueto
,
inquantoché
macchine
che
quest
'
anno
sono
rimaste
in
ombra
verranno
a
chiedere
all
'
autorità
del
«
Lario
»
una
rivincita
che
può
essere
posta
sull
'
altro
piatto
della
bilancia
per
equilibrare
le
sconfitte
;
e
macchine
passate
trionfalmente
al
terribile
vaglio
della
«
Milano
-
Taranto
»
,
e
dominatrici
in
altre
gare
su
circuiti
veloci
intendiamo
parlare
della
gloriosa
Gilera
a
4
cilindri
sovralimentata
esigeranno
la
suprema
conferma
delle
proprie
eccezionalissime
multiformi
qualità
.
Ma
si
può
affermare
che
tutte
le
Marche
italiane
e
alcune
estere
,
saranno
degnamente
rappresentate
al
«
Lario
»
,
la
diserzione
significando
già
di
per
sé
stessa
una
dichiarazione
d
'
inferiorità
.
Sicché
,
nel
quadro
di
un
'
organizzazione
senza
precedenti
,
nel
conforto
di
ima
sistemazione
per
il
pubblico
curata
dagli
appassionati
e
competenti
organizzatori
in
ogni
dettaglio
,
la
folla
potrà
assistere
a
una
gara
veramente
completa
sotto
ogni
aspetto
,
unica
nel
suo
genere
,
appassionante
quant
'
altre
mai
.
Le
miglioratissime
condizioni
delle
strade
del
circuito
,
e
i
recenti
progressi
della
tecnica
costruttiva
motociclistica
,
lasciano
agevolmente
prevedere
che
i
primati
della
gara
saranno
tutti
largamente
battuti
.
Insieme
alle
macchine
da
corsa
che
dovranno
compiere
6
giri
del
circuito
-
gareggeranno
quest
'
anno
le
macchine
di
serie
(
però
soltanto
su
due
giri
)
per
contendersi
il
«
Trofeo
della
Valsassina
»
,
la
«
Coppa
A
.
Pigorini
»
e
la
«
Coppa
Isacco
Mariani
»
;
la
partecipazione
di
questa
categoria
di
macchine
,
oltre
a
rendere
più
interessante
la
contesa
,
fornirà
delle
preziose
indicazioni
nei
riguardi
della
nostra
eccellente
produzione
di
serie
.
Il
«
Lario
»
dotato
quest
'
anno
dell
'
«
XI
Premio
dell
'
Industria
»
,
del
«
Trofeo
del
turismo
Lariano
»
e
del
«
VI
Premio
del
C.O.N.I.
»
,
costituisce
la
quarta
prova
del
Campionato
italiano
;
prova
che
potrà
essere
decisiva
agli
effetti
dell
'
assegnazione
dei
titoli
.
Già
da
qualche
settimana
l
'
Ufficio
Stampa
del
«
Lario
»
,
di
cui
è
valoroso
ed
appassionato
capo
il
collega
Renato
Tassinari
,
ha
pubblicato
un
elegante
opuscolo
,
curato
dallo
stesso
eminente
collega
,
contenente
i
pareri
e
le
impressioni
sulla
classica
corsa
italiana
di
tutti
i
più
noti
giornalisti
.
E
perciò
l
'
opuscolo
è
,
nel
suo
complesso
,
un
vero
inno
alla
tradizionale
contesa
,
cara
al
cuore
di
tutti
i
nostri
sportivi
.
StampaQuotidiana ,
Ho
sotto
gli
occhi
la
lunghissima
sentenza
con
cui
la
Corte
di
Firenze
,
riformando
la
sentenza
di
quel
tribunale
,
condanna
il
padre
scolopio
Ernesto
Balducci
ad
otto
mesi
di
reclusione
,
con
la
condizionale
,
per
istigazione
a
delinquere
,
in
relazione
ad
un
articolo
scritto
a
proposito
della
condanna
da
parte
del
tribunale
militare
del
giovane
cattolico
Giuseppe
Gozzini
,
obiettore
di
coscienza
.
Accorda
le
attenuanti
generiche
che
non
si
negano
ad
alcuno
che
sia
incensurato
,
ma
rifiuta
la
diminuente
dei
motivi
di
particolare
valore
morale
e
sociale
.
Non
è
certo
questo
il
luogo
per
discutere
la
sentenza
.
Ma
tra
le
cose
che
in
essa
mi
colpiscono
sono
certe
affermazioni
,
come
quelle
:
"
secondo
il
diritto
positivo
italiano
non
è
ammissibile
la
ribellione
del
cittadino
contro
le
leggi
o
contro
una
dichiarazione
di
guerra
,
nemmeno
in
nome
delle
pretese
leggi
morali
e
della
pretesa
giustizia
naturale
che
ne
fossero
offese
"
;
"
inammissibile
è
il
potere
di
sindacato
sulla
giustizia
della
guerra
"
.
E
quando
leggo
queste
frasi
,
penso
che
dal
processo
di
Socrate
ad
oggi
siamo
sempre
-
e
saremo
probabilmente
domani
,
perché
certe
antitesi
sono
eterne
e
non
eliminabili
-
al
medesimo
punto
:
come
debba
superarsi
il
contrasto
che
si
delinei
tra
la
legge
dello
Stato
e
la
coscienza
dell
'
uomo
,
tra
il
rispetto
agli
dèi
della
patria
e
quello
agli
dèi
universali
,
al
Dio
che
ha
tutti
gli
uomini
per
figli
e
tutti
ama
egualmente
ed
tutti
impone
di
sentirsi
fratelli
.
Eppure
qualche
direttiva
ventiquattro
secoli
di
meditazione
,
il
cristianesimo
,
con
la
sua
distinzione
tra
religione
e
consociazione
civile
,
il
liberalismo
dovrebbero
darla
.
La
parte
di
Cesare
è
l
'
esteriorità
,
tutto
quello
che
è
denaro
,
beni
terreni
,
anche
il
tempo
e
l
'
occupazione
del
cittadino
quando
siano
tali
da
non
destare
problemi
morali
;
la
parte
di
Dio
,
cioè
della
coscienza
,
è
il
pensiero
,
il
giudizio
,
la
libertà
di
parlare
.
Non
sono
due
ambiti
tra
cui
si
possa
tracciare
una
linea
nettissima
,
il
pensiero
e
la
parola
non
sono
senza
effetti
sull
'
azione
;
tuttavia
ciascuno
di
noi
sente
che
non
è
mortificante
obbedire
,
anche
interamente
e
fedelmente
,
il
superiore
,
in
quel
che
comanda
,
ma
avvilente
sarebbe
dovere
fingere
di
ammirarlo
,
dover
subire
la
imposizione
dei
suoi
giudizi
e
dei
suoi
pensieri
.
(
Una
distinzione
chiarissima
sempre
in
me
,
questa
tra
l
'
obbedienza
nell
'
agire
e
la
difesa
del
proprio
giudizio
;
dovevo
avere
cinque
anni
,
ed
ero
un
bambino
obbediente
,
ma
m
'
infuriavo
se
mi
si
voleva
costringere
a
fingere
di
essere
persuaso
di
ciò
di
cui
non
lo
ero
,
se
non
mi
si
lasciava
dire
:
obbedisco
,
ma
so
che
voi
avete
torto
ed
io
ho
ragione
)
.
E
sappiamo
altresì
che
tutte
le
conquiste
sono
state
fatte
biasimando
le
leggi
vigenti
e
chiedendo
il
loro
mutamento
,
ma
altresì
criticando
il
modo
con
cui
i
giudici
le
applicavano
,
ritenendo
errate
od
aberranti
certe
interpretazioni
.
E
bene
fare
questo
nel
modo
più
cortese
,
perché
la
villania
e
l
'
acredine
non
giovano
mai
,
ma
è
doveroso
farlo
.
E
pure
sapendo
che
si
può
compierlo
in
modo
tale
da
non
cadere
sotto
alcuna
sanzione
di
legge
,
tutti
i
reati
di
vilipendio
,
di
apologia
di
reato
,
restano
invisi
,
perché
possono
essere
rèmore
all
'
esercizio
di
questa
libertà
,
essenziale
e
benefica
per
ogni
corpo
sociale
,
sia
la
Chiesa
,
sia
lo
Stato
,
sia
il
partito
,
che
sarebbero
isteriliti
dal
supino
ossequio
.
E
l
'
uomo
che
affronta
una
pena
certa
perché
la
sua
coscienza
gli
dice
di
fare
così
,
perché
agendo
diversamente
infrangerebbe
la
sua
legge
morale
,
non
può
essere
considerato
alla
pari
del
delinquente
,
che
non
afferma
nessuna
legge
universale
,
che
non
s
'
ispira
ad
alcuna
visione
di
un
mondo
migliore
.
I
vecchi
criminalisti
distinguevano
delitti
infamanti
e
non
infamanti
,
con
distinte
pene
;
il
codice
Zanardelli
conosceva
la
reclusione
e
la
detenzione
,
quest
'
ultima
riservata
sostanzialmente
ai
reati
che
nella
coscienza
comune
non
insudiciano
l
'
uomo
.
Fu
il
codice
penale
Rocco
,
sempre
in
vigore
nel
diciottesimo
anno
della
Repubblica
,
che
non
volle
più
questa
distinzione
,
che
proclamò
non
esserci
diversità
tra
il
delitto
politico
e
quello
comune
(
serbando
anzi
per
il
primo
i
massimi
rigori
)
.
E
questa
confusione
mi
sembra
proprio
la
colpa
contro
lo
spirito
,
l
'
offesa
alla
coscienza
.
Giacché
mi
rendo
conto
che
lo
Stato
possa
dover
punire
chi
non
vuole
osservare
la
sua
legge
;
e
so
anche
immaginare
come
austera
,
e
tale
da
non
ingenerare
odio
ma
reciproco
rispetto
,
la
scena
in
cui
il
giudice
dello
Stato
dice
all
'
imputato
:
-
organo
di
una
struttura
nei
cui
principi
io
credo
,
che
voglio
conservata
,
privo
della
libertà
te
,
che
rifiuti
di
sottoporti
alle
sue
leggi
;
penso
che
mi
comprendi
,
perché
tu
pure
veglieresti
alla
conservazione
di
quel
tuo
Stato
ideale
,
dai
principi
opposti
a
quelli
del
mio
,
e
mi
condanneresti
se
io
ne
fossi
il
cittadino
ribelle
-
.
Ma
guai
se
il
giudice
non
abbia
la
distinzione
netta
tra
le
due
colpe
,
se
non
provi
rispetto
per
chi
affronta
la
pena
per
non
venir
meno
a
quel
che
la
coscienza
gli
detta
.
E
se
il
giudice
è
compenetrato
in
una
struttura
liberale
sentirà
che
i
reati
di
vilipendio
,
di
apologia
,
d
'
incitamento
a
comportamenti
politici
,
sono
storture
nella
sua
legislazione
,
ed
in
tali
materie
darà
sempre
l
'
applicazione
più
liberale
alla
legge
.
Temo
che
non
si
rifletta
abbastanza
a
tutto
il
male
che
reca
quella
mancata
netta
distinzione
tra
infrazione
politica
ed
infrazione
alle
norme
che
proteggono
la
integrità
della
persona
,
il
buon
costume
,
la
proprietà
;
tra
le
due
lotte
,
quella
che
ogni
struttura
politica
conduce
contro
chi
vorrebbe
mutarla
(
e
che
ha
in
assonanza
la
lotta
che
sul
terreno
amministrativo
ogni
governo
mena
contro
gli
avversari
,
siano
pure
avversari
che
abbiano
tutti
i
crismi
della
legalità
e
della
costituzionalità
)
e
quella
alla
delinquenza
.
Da
quando
son
nato
sento
parlare
del
rispetto
che
si
ha
in
Inghilterra
ed
in
altri
Paesi
per
la
polizia
,
lamentandosi
che
questa
non
goda
di
un
corrispondente
affetto
in
Italia
.
Ma
le
polizie
che
godono
di
prestigio
sono
quelle
che
non
sono
mai
adoperate
a
scopi
politici
.
Se
si
riuscisse
a
stabilire
una
grande
convenzione
per
cui
restassero
sempre
separati
,
senza
commistioni
mai
,
gli
organi
dello
Stato
che
debbono
asseverare
e
difendere
le
basi
politiche
fissate
in
una
costituzione
,
e
magari
anche
provocare
consensi
al
governo
,
aiutarne
i
sostenitori
(
posto
che
proprio
si
debba
ammettere
che
ci
siano
uffici
statali
aventi
tra
i
loro
compiti
di
orientare
i
voti
degli
elettori
,
politici
ed
amministrativi
)
,
e
gli
altri
organi
che
debbono
combattere
la
delinquenza
,
quante
maggiori
simpatie
e
consensi
fluirebbero
verso
questi
ultimi
.
Il
carattere
comune
delle
dittature
(
e
di
tutte
le
temperie
che
le
anticipano
)
è
di
vedere
nell
'
avversario
il
cattivo
.
In
un
regime
liberale
gli
avversari
saranno
teste
calde
,
teste
matte
,
teste
pericolose
;
ci
potranno
essere
i
processi
a
Mazzini
,
le
detenzioni
di
Garibaldi
;
ed
anche
giudizi
più
energici
,
più
sommari
,
che
troviamo
nelle
corrispondenze
e
nelle
cronache
dei
generali
,
degli
aristocratici
,
anche
degli
uomini
di
destra
;
ma
non
c
'
è
mai
la
confusione
del
repubblicano
,
del
ribelle
con
il
delinquente
.
Potrà
avere
vigore
la
più
rigida
obbedienza
militaresca
,
ma
c
'
è
sempre
la
libertà
del
giudizio
;
cui
si
accompagna
il
disprezzo
per
l
'
uomo
che
è
costantemente
dell
'
avviso
del
superiore
,
chiunque
questi
sia
.
Certo
,
nello
Stato
,
nella
Chiesa
(
persino
nel
partito
)
è
indispensabile
l
'
obbedienza
;
certo
,
non
può
il
cittadino
né
il
credente
disobbedire
ad
ogni
regola
che
non
approvi
;
quando
si
tratta
dell
'
agire
,
del
comportamento
esteriore
,
l
'
obbedienza
è
la
norma
,
che
trova
solo
quel
limite
di
una
legge
morale
in
cui
il
cittadino
crede
(
e
si
ammette
persino
in
dati
casi
un
possibile
contrasto
tra
il
diritto
canonico
e
la
legge
di
Dio
)
.
Ma
quando
si
profila
quel
contrasto
di
leggi
morali
,
e
se
anche
-
come
penso
-
il
giudice
sia
tranquillo
ritenendo
che
l
'
etica
su
cui
poggiano
le
leggi
ch
'
egli
applica
sia
la
vera
,
dovrà
il
rispetto
(
ed
anche
quell
'
ammirazione
che
non
si
nega
mai
all
'
uomo
che
soffre
per
la
sua
fede
)
all
'
imputato
che
condanna
.
E
meglio
sarà
non
tocchi
quei
temi
della
giustizia
naturale
e
delle
leggi
morali
;
ché
fuori
del
diritto
positivo
egli
non
ha
autorità
.
La
scelta
l
'
ha
certo
compiuta
allorché
ha
indossato
la
toga
e
mentre
continua
ad
indossarla
,
ché
quell
'
abito
deve
significare
ch
'
egli
crede
nella
giustizia
delle
leggi
che
applica
;
ma
quella
scelta
che
ha
compiuto
nel
suo
cuore
non
può
imporla
ad
altri
;
questi
li
potrà
condannare
,
ma
come
uomo
si
augurerà
di
avere
la
stessa
forza
il
giorno
in
cui
dovesse
soffrire
per
i
principî
in
cui
crede
.