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UNO, DUE... (E TRE?) ( FERRETTI LANDO , 1938 )
StampaPeriodica ,
Ora di trionfo , questa , ora di gloria per lo sport dell ' Italia fascista . Nel giro breve di un ' ottava , tra domenica e domenica , l ' urlo dei sessantamila spettatori dello stadio parigino di Colombes , acclamanti nei calciatori azzurri i campioni del mondo , si è ripercosso sino alle verdeggianti piste di Longchamps ; e da eco si è fatto grido più alto , come fiamma che accenda vastità di fuoco maggiore . Non più sessanta , ma cento e cinquantamila francesi esaltavano in " Nearco " il cavallo più forte d ' Europa ; forse , anche del mondo . E la stretta di mano protocollare del presidente Lebrun sigillava , per la seconda volta , una vittoria assoluta e indiscussa del Fascismo . Due grandi , decisive affermazioni , dunque , quelle del 19 e del 26 giugno dell ' anno XVI , due magici risultati da segnarsi sul libro d ' oro dello sport ; ma anche e , sopratutto , due dimostrazioni di forza del Regime , il cui valore è accresciuto dal tempo e dal luogo in cui si sono verificate . Undici atleti con la maglia segnata dal fascio littorio , combattono ( è questo il giusto termine ) in quella fossa di leoni che è la Marsiglia dei fuorusciti e dei compagni politici del bolscevico radicale signor Herriot ; combattono non contro undici cavallereschi avversari , ma contro una città , un pregiudizio , un ’ ingiusta violenza . E vincono . Eliminata la Norvegia , essi devono fare i conti coi padroni di casa : i francesi . Li affrontano nella loro capitale , li dominano . Ed eccoci al terzo atto : il più bello per noi , il più orribile per i nostri nemici . La squadra degli amici brasiliani non è che un pretesto al canagliume marsigliese , risultato e avanzo di tutte le degeneranti libidini del più sporco approdo marittimo del Mediterraneo , per prendersi la rivincita contro i calciatori fascisti già vincitori della Norvegia . " Nous les aurons , le maccaroni " sembra di sentir gridare dalle immonde bocche , con contorno di epiteti da trivio . I nostri giocatori sono attesi al varco , come in un agguato , come in un selvaggio attentato di centomila contro dieci . Ma la superiorità di giuoco degli azzurri è tale che anche il Brasile è vinto , sicché la squadra può ritornare a Parigi inseguendo , con sicuro passo , il volo della decisiva vittoria , mentre la rabbia impotente dell ' antifascismo si accanisce in turpitudine di parole dagli angiporti della " Belle de Mai " . Ora , ecco i cavallereschi rivali d ' Ungheria di fronte ai campioni della giovinezza fascista per l ' urto decisivo : qui lo sport può trionfare ; ed infatti trionfa confermando di fronte ad un ' immensa folla attonita l ' indiscusso primato del calcio italiano . Ma se questo rinnovato trionfo dello sport fascista nel più popolare e diffuso giuoco dei nostri tempi ( potrebbe dirsi che il calcio è un ' espressione fisionomica di vita di massa del momento come il cinematografo ) rappresenta soltanto un consolidamento di posizioni già raggiunte , la vittoria di " Nearco " ci ha portato ad altri traguardi , ci ha rivelati al mondo nella luce nuova della nostra organizzazione agricola e industriale . Perchè il creare una razza , il produrre animali d ' eccezione , l ' allevarli , il condurli alle supreme conquiste in campo internazionale non è solo indizio di maturità sportiva di un popolo , sibbene di attitudine a creare e a vincere in ogni settore di attività produttiva . Il popolo parigino , in special modo , che dell ' ippica fa , da secoli , oggetto del suo amore e che d ' essa conosce , da competente , le difficoltà e il valore , ha potuto , più di ogni altro , comprendere l ' importanza della vittoria di " Nearco " . Noi italiani , fuori e dentro i confini , sportivi o no , non abbiamo valutato , non valutiamo ; ci siamo commossi , ed ancora tremiamo di gioia vedendo in questo puro - sangue che sbaraglia tanti generosi rivali , come un simbolo dell ' irresistibile marcia degli italiani di Mussolini . Ora ci attende il " Tour " : le maglie dei calciatori azzurri sono nelle valigie dei campioni del pedale , come viatico ed amuleto sicuro . Ma il segno più forte del terzo , invocato , sperato , previsto trionfo è nella volontà tetragona con cui lottano e vincono , al di là dei confini , gli atleti d ' Italia nel nome di Mussolini .
Il bello e il comodo ( Jemolo Arturo Carlo , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Ero pressocché bambino quando lessi un articolo , « Re Piccone » , ove Domenico Gnoli deplorava gli sventramenti che mutavano il volto delle città italiane ; seguo ora i frequenti articoli di Antonio Cederna sulle devastazioni ai danni dell ' arte , della storia , del paesaggio , che compie quotidianamente la speculazione . Cinquant ' anni : di continue , ininterrotte sconfitte di quanti oppongono valori estetici o storici all ' interesse privato . Ben so come non sia possibile , né in Italia né fuori , mantenere immutato il volto delle città ; conosco i diritti della igiene e della viabilità , e pur il diritto di ogni secolo d ' imprimere una sua orma . Ma , appena si passa la frontiera , si scorge altrove una vigile cura nel distinguere , e considerare sacre certe limitate zone , intoccabili alcuni paesaggi . Fino alla seconda guerra mondiale le città tedesche , sviluppando ad anello intorno ai vecchi nuclei nuove città commerciali , avevano rispettato in ogni dettaglio l ' opera di altri secoli . Nel cuore di Londra si trovano ancora chiese con giardini , antichi cimiteri , su cui nessuno pensa erigere grattacieli . Il centro di Parigi è immutato da ottant ' anni . Da noi solo , nulla riesce a salvarsi , neppure quelle poche cose che senza rettorica potrebbero dirsi patrimonio della nostra civiltà più che dell ' Italia . Dal teatro di Siracusa la vista del mare già è interrotta da una serie di costruzioni industriali . E stato fatto scempio dell ' Aventino , della Via Appia ; irremissibilmente guastata l ' unica opera meritevole , in quest ' ambito , della terza Italia , la passeggiata archeologica , cortina di verde che saldava ricordi classici e chiese medievali ; Venezia è in continuo pericolo . Non griderei contro l ' ingordigia degli speculatori . Trovo umano che chi possiede un giardino nel cuore di Milano o di Venezia o una vecchia villa in Roma , proprietà che non rendono o sono passive , aspiri a ricavarne le centinaia di milioni che danno , vendute come aree edificabili . Penso che il proprietario inglese , tedesco o francese abbia identico desiderio . Ma altrove funzionano i freni ; da noi , no . Se non al primo , al secondo , al terzo attacco , commissioni edilizie , Sovraintendenze ai monumenti , Consiglio Superiore delle Belle Arti , finiscono per cedere . Progetti di transazione , varianti , esecuzione non conforme al progetto , che viene poi sanata : lo scempio è compiuto . Gli uffici pubblici non sono secondi ai privati . Non c ' è direttore generale o ministro che sacrifichi al rispetto del monumento il bisogno degli uffici di allargarsi , di avere più respiro . Scomparsi in Roma per questo bisogno di uffici , i due incantevoli chiostri - giardini ricchi di aranci a San Silvestro ; fino al 1946 l ' antico chiostro agostiniano era il più delizioso giardino : scrosciare sommesso di acque , gorgheggi di uccelli , che in certe ore avevano a sfondo sonoro le campane di Sant ' Agostino ; ma quella è la sede dell ' Avvocatura dello Stato ( che difende in giudizio anche gl ' interessi dell ' arte e del paesaggio ) e quel giardino non consentiva la sosta delle macchine dei funzionari . Ora solo in due angoli alcuni alberelli , ma sostano tante macchine su bella ghiaia spianata . Come non fo colpa ai proprietari che pensano ai loro interessi , ne fo una relativa ai colonnelli che avendo caserme in antichi edifici pensano anzitutto alle esigenze dei soldati , od ai vescovi che curano quelle dei seminaristi o dell ' episcopio ( ma chi passi per Foligno , guardi un po ' cosa l ' autorità vescovile ha combinato nel vecchio centro cittadino ) ; e do le attenuanti anche a sovraintendenti e consiglieri delle Belle Arti , perché , a differenza che in altri Paesi , non hanno dietro di sé il deciso appoggio della opinione pubblica . Manca l ' indignazione . Si sono fatti scioperi generali di anticipata protesta contro la minacciata abolizione di una fermata ferroviaria , contro la minacciata soppressione di un ospedale , agitazioni per il trasferimento di un insignificante ufficio ; nessun agitatore riuscirebbe a far divampare l ' ira popolare contro alcuno scempio di centri cittadini . Ed è altresì significativo , a mostrare il vuoto di certa rettorica , che quei partiti e correnti che più amano insistere sulle grandi memorie e sulle glorie degli avi , siano sempre stati oltremodo distratti allorché si è trattato di cancellare vestigie ; la rovina della Mèta sudante , che aveva attraversato i secoli , fu cancellata dal fascismo per fare una bella spianata dinanzi all ' arco di Costantino , ed il culto dei ricordi sabaudi dei gerarchi piemontesi portò ad incombere su piazza Castello la torre littoria . Sono gl ' italiani più negati al bello , al senso della tradizione , di altri popoli ? Lo negherei recisamente . Ma , qui ancora , gli italiani sentono l ' interesse dell ' uno , non quello di tutti . Pare naturale che si litighi accanitamente perché in un cortile , in una strada , il proprietario di fronte abbia alzato la costruzione di qualche centimetro più che non gli fosse consentito , ed ineccepibile che si faccia demolire se si era tolto un po ' di vista o di sole a chi poteva invocare una disposizione di legge o di regolamento ; ma quando è la popolazione , sono le generazioni avvenire , ad essere spossessate , il metro è diverso . Quante volte un sindaco ordina l ' arresto di lavori , il proprietario ricorre al Consiglio di Stato e chiede la sospensione del provvedimento ; e la causa si decide in fatto nell ' incidente di sospensione ; se l ' ordine del sindaco è sospeso ed i lavori continuano , nulla più a fare . Nemmeno il più appassionato amante di paesaggi romani o napoletani o di ricordi fiorentini o torinesi si sentirebbe di reclamare poi la demolizione dell ' opera ; l ' opinione pubblica direbbe che " esagera " , che non si può rovinare il costruttore in pro del paesaggio o della storia . Siamo sempre al " capo ha cosa fatta " , ai buoni propositi ( in avvenire saremo senza pietà , ma per questa volta ... ) , alla indulgenza . Dove non c ' è in gioco l ' interesse del singolo , ma quello della collettività , la sanzione sembra odiosa . C ' è una nota stazione montana che ho l ' impressione abbia iniziato la sua decadenza , da quando costruzioni di casamenti , col criterio di far rendere le aree di maggior valore , hanno tolto alle vie l ' incantevole vista dei monti e della valle . Da anni questo era paventato , ed era sul tappeto un piano che limitasse le costruzioni in quelle aree ; ma come recar dispiacere a Tizio , Caio , compaesani , a vantaggio di una collettività , sia pure di tre o quattromila persone ? In questa vicenda - danno di tutti per non osar contrastare all ' interesse di pochi - è un po ' la sintesi della nostra vita nazionale .
Caro Giorgio ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Giorgio , ti rispondo pubblicamente perché le domande dei tuoi amici sono un esemplare condensato dello sciocchezzaio che certi falsi profeti hanno seminato nelle teste dei giovani . 1° ) Gli uomini non sono affatto tutti uguali , e basta guardarsi intorno per accorgersene : c ' è l ' alto e il basso , il diritto e lo storto , il biondo e il bruno , e anche l ' intelligente e il cretino . Io non ho idee molto chiare sul buon Dio , ma escludo in maniera assoluta che fosse socialista , perché di tanti miliardi di uomini che ha creato non ce n ' è uno uguale all ' altro , come il socialismo vorrebbe che fossero . Può darsi che un giorno , sostituendosi a Dio , la scienza riesca a creare questa uguaglianza . Quel giorno l ' umanità si ridurrà a un formicaio , e io sono contento di non fare in tempo a vederlo . 2° ) Chi ha detto che il capace opprime il proletario ? Già questa parola « proletario » dimostra quanto vecchie siano le idee e i concetti dei tuoi amici . Oggi il proletariato , come classe , non esiste più . Esistono degli « emarginati » che per qualche motivo non riescono a inserirsi nella società , e a cui naturalmente bisogna dare una mano . Ma quelli che si continua a chiamare proletari sono ormai come condizioni economiche dei « borghesi » ( un operaio specializzato guadagna più di un professore di scuole medie ) . E questo è avvenuto perché ci sono stati degli uomini che , più capaci degli altri , sono riusciti , grazie all ' inventiva tecnologica e all ' energia organizzativa , a mettere anche i meno capaci in condizione di vivere bene , o almeno molto meglio di come vivevano un secolo e anche solo trent ' anni fa . Cosa farebbero i cento e più mila dipendenti della Fiat se una settantina d ' anni fa un certo signor Agnelli , piccolo proprietario terriero , non avesse creato quell ' azienda ? Le condizioni in cui gli operai vi lavorano avranno i loro disagi . Ma sono infinitamente migliori di quelle in cui vivevano i loro padri zappaterra . Gramsci , il massimo teorico del comunismo italiano , diceva : « Sia Benedetto Agnelli » . 3° ) Non sempre il padrone , che molto spesso è un ex - operaio , mangia meglio dell ' operaio . Gli sforzi , anche di cinghia , fatti per accumulare il primo piccolo capitale che gli ha consentito di diventare padrone , gli hanno rovinato lo stomaco e le coronarie , il che gl ' impone strette diete . Ma ammettiamo pure che mangi meglio . E con ciò ? Che cosa gli avrebbe dato lo stimolo a emergere , a lavorare e a risparmiare più degli altri , se non anche il desiderio non dico di mangiare meglio , ma di stare meglio ? Di ' a questi poveri imbecillotti amici di sinistra che anch ' essi vogliono stare meglio . Solo che , invece che col lavoro , lo sforzo e il sacrificio , cercano di arrivarci con la demagogia , cioè sfruttando i malcontenti altrui e facendocisi sopra una « posizione » . 4° ) Le società libere non sono mai perfette . Quella italiana lo è meno di molte altre . Delle ingiustizie ci sono . Ci sono dei privilegi e dei parassitismi , che possiamo e dobbiamo ridurre senza tuttavia illuderci di poterli eliminare completamente . Però questa società imperfetta è l ' unica che , grazie alla libertà , sia perfettibile , o comunque migliorabile . Quella dei Paesi socialisti che hanno soppresso la libertà , che hanno legalizzato l ' ingiustizia facendo del potente un onnipotente e del cittadino un suddito senza neanche il diritto alla parola , non è perfettibile , e deve contentarsi di restare com ' è sotto le pistole spianate della polizia . 5° ) I tuoi amici imbecillotti fanno una grossa confusione tra uguaglianza e parità . L ' uguaglianza è impossibile perché la stessa natura la esclude . La si può imporre solo con la violenza , cioè tagliando le gambe a chi le ha più lunghe degli altri e livellando tutti sull ' altezza dei nani . L ' unica forma di giustizia realizzabile tra gli uomini è , oltre alla parità dei diritti che ormai è raggiunta da un pezzo ( anche se in pratica poi soffre parecchie eccezioni ) , quella che chiamerei del regolamento di corsa . Tutti i giovani , a qualsiasi ceto appartengano , debbono essere messi , al palo di partenza , nelle stesse condizioni : eppoi vinca il migliore . A questo dovrebbe provvedere la scuola . Purtroppo la scuola non vi provvede più perché gl ' imbecillotti hanno detto che , tutti gli uomini essendo uguali , hanno tutti diritto alla promozione . E così al figlio intelligente e volenteroso dell ' operaio è stato tolto il mezzo più valido per battere sul traguardo il figlio scemo e sfaticato del padrone . Bella giustizia !
StampaPeriodica ,
Più facile del previsto Di prima occhiata al 4 a 2 sull ' Ungheria , si può anche pensarlo . E la superiorità azzurra nella finalissima della Coppa del Mondo nei confronti dell ' undici magiaro è stata così evidente e convincente che almeno un goal , se non due , di più di scarto a nostro favore , non avrebbe sorpreso nessuno , anzi le cifre avrebbero precisato meglio la differenza effettiva delle forze in campo . Ma per riacciuffare in così brillante stile il massimo titolo mondiale , per ribadire così vigorosamente in un ultimo e magistrale colpo di maglio sul terreno di Colombes il chiodo della supremazia azzurra piantato nel '34 e ripicchiato alle Olimpiadi nel 1936 , Si sono dovuti prima superare tre autentici trabocchetti . vere bocche di lupo - il cui sorpassamento conteneva gia di per sé la fatale decisione della competizione . È stato su questi passaggi che s ' è deciso il titolo : l ' ultimo episodio presentava già scritta la conclusione logica . L ' incontro di ottavo di finale con la Norvegia a Marsiglia : assalto ad una rocca improvvisamente rivelatasi di granito , su terreno spinoso e minato quale può essere uno stadio assiepato di folla sistematicamente e pervicacemente ostile agli “ azzurri ” . Fu qui che la bravura , la tecnica e soprattutto lo spirito di bandiera ci salvarono dalla sorpresa e dal capitombolo . Il nostro “ undici ” ( e per dir meglio tutti e venti i pupilli di Pozzo ) erano troppo freschi di allenamento collegiale e troppo imbevuti di impostazioni tematiche e di sviluppi ortodossi di azione ; reduci , come erano , di accademia e di incontri di collaudo internazionali di facile disimpegno ; si trovarono di fronte una Norvegia superbamente impostata e attrezzata in linea atletica e in sostanza agonistica . Allenata da un inglese , con giuoco di scuola , se non proprio di esecuzione , inglese , assolto in ogni modo da elementi tutti velocissimi , potenti , aggressivi sino all ' esasperazione . Osarono il tutto per il tutto . Da tempo si erano specificamente allenati per tentare il gran colpo . Per poco non vi riuscirono . Ed il nostro schieramento era fatto proprio in modo da favorire il più graziosamente possibile avversari del genere . Una prima falla la presentavamo nella terza linea . Si chiamava Monzeglio apparso in cattiva giornata . Il sicuro terzino di posizione del Campionato del Mondo 1934 non rivelò lo scatto e il recupero indispensabili . Difatti le sue entrate a vuoto , quando uomo e pallone erano già partiti , o i suoi vani inseguimenti furono numerosi e paurosi . Solo allora si pensò che nel rovente e duro massimo campionato di quest ' anno , la vecchia Juventus era riuscita a riportarsi al secondo posto d ' una graduazione di ferro , per precipuo merito di una coppia di terzini : Foni - Rava . E Foni era stato lasciato in tribuna . Un errore di tal genere costrinse la nostra seconda linea a preoccuparsi più del consueto della situazione alle proprie spalle ; né il sostegno destro , Serantoni , proprio dalla stessa parte di Monzeglio , è stato mai un velocista . Toccava quindi al centro - sostegno , Andreolo , ora ripiegare , ora poggiare sulla destra , con conseguente accartocciamento e sbandamento del sistema difensivo . Non basta : ai due interni di attacco , Ferrari e Meazza , toccava giuocare ancor più arretrato che mai non fosse stato nel loro metodo e nelle loro preferenze , con la risultante tattica di lasciare pressoché isolati i tre uomini di punta , dei quali poi , le due ali , Ferrari a sinistra e Pasinati a destra , non erano davvero irresistibili in fatto di velocità e di scatto . Un uomo solo dunque realmente efficiente per l ' assalto : Piola . Colaussi e Biavati erano stati anche essi lasciati in tribuna . Non parliamo poi di Olivieri in porta , semplicemente prodigioso , ma costretto a parate che potevano mettere a repentaglio la sua incolumità . In simili condizioni , le più ridotte che si fossero potute escogitare , ci trovammo dinanzi ad una Norvegia al massimo della potenzialità e delle possibilità . Come vincemmo ? Dovevamo vincere ugualmente . Come riconobbero i giornali francesi , vinse la squadra che aveva svolto il giuoco più tecnico e di superiore qualità , che aveva avuto in campo un atleta di assoluta eccezione : Piola , dimostratosi il più grande centro attacco del Torneo . Del resto alla distanza , arricchita di . due tempi supplementari , il nostro undici , anche claudicante , aveva ritrovato il suo ritmo , ottenendo nei tempi supplementari il goal della vittoria con Piola . Ma il pericolo corso con la Norvegia servì a schiarire le idee di tutti , e a far decidere Pozzo ad affidarsi con maggiore risolutezza sui fattori velocità e freschezza nella composizione delle amalgame atletico - agonistiche da schierare sul terreno . Ed ecco in terza linea ricollocare Foni al fianco del suo compagno naturale , Rava . Sostituire le ali con due velocisti della specie : Colaussi a sinistra e Biavati a destra . Questi un giovanissimo , l ' altro un anziano tuttora con l ' argento vivo nei polpacci . La seconda linea la lascia stare : con le apportate maggiorazioni di rendimento e di mobilità , dovrebbe reggere bene ed accrescere intanto la fusione propria e quella con l ' intero complesso . Olivieri , anche , rimane al suo posto : il primo collaudo è stato più che convincente . Il trio centrale di attacco , anche se Ferrari è accusato di lentezza , dovrà pur funzionare secondo il noto rendimento . Ed eccoci ai quarti di finale : 2 giugno a Parigi , allo Stadio di Colombes . Come avevamo previsto , il pubblico parigino è stato di una sportività squisita . Ma il pericolo per noi era che l ' undici francese giocasse bene veramente , sulla linea non solo della tecnica , ma della velocità , anzi delle sfuriate caratteristiche del temperamento e delle abitudini francesi . Inoltre quel pallone in uso in Francia ( una sfera più grossa e più leggera ) e adoperato nel torneo , in barba a precise regole sul peso e la circonferenza , anche ulteriormente rivedute e corrette dalla F.I.F.A. , dava maledettamente ai nervi ai nostri e a qualunque giuocatore che si rispetti , del resto abituati al « N . 5 » piccolo , teso e sonante e del peso specifico sufficiente a non dare l ' impressione di calciare nel vuoto . Pozzo dovette curare allenamenti speciali su quel benedetto pallone francese . Inoltre la squadra francese si trovava lanciatissima . Aveva battuto , in ottavo di finale , il Belgio per 3-1 ed era questo un risultato molto probante . Né si dimenticava che qualche mese innanzi la nazionale italiana era uscita nei confronti della nazionale francese , dallo Stadio di Colombes appena con un grigio 0-0 ... Quindi l ' undici della Senna , rimpolpato di elementi negri di notevole classe , si presentava con morale elevatissimo e temerario . Ma i rinforzi di velocità e di freschezza apportati nella compagine azzurra in questa seconda presentazione non mancarono di funzionare a meraviglia . Tre furono i palloni depositati nella rete di Di Lorto ( due di Piola e uno di Colaussi ) contro uno . La cattiva impressione della prima uscita azzurra veniva cancellata . Gli italiani avevano impartito una lezione di tecnica , di stile , di combattività elettrizzante . Finalmente dall ' involuto bozzolo era uscita la splendida farfalla . Anzi era un ' aquila quella , dalle penne dai colori dell ' iride ! ... Che si trattava proprio di un ' aquila lo si vide nei confronti di quel bisbetico Brasile che aveva cominciato col dare le vertigini con un 6-5 strambo sulla Polonia ( osso duro non meno della Norvegia ) , ma poi dimostratosi anche squadra assennata oltre che acrobatica e scintillante , nei confronti di una Cecoslovacchia dal giuoco magistrale , ma troppo freddo e lento , rimasto ancora sul piede di due lustri indietro . Nell ' altro settore si facevano luce , intanto , la Svezia , maramaldeggiando su un Cuba di scarsa efficienza fisica , per 8-0; l ' Ungheria , che con un 2-0 di elevata qualità batteva la Svizzera uscita vincente per 4-2 da un confronto con la Germania , ma stremata da un paragone che era stato assai più uno scontro che un incontro calcistico . Ormai alle semifinali le grandi linee della competizione erano fissate . Da un girone di ferro erano balzate in evidenza Italia e Brasile ; da un girone di comoda preparazione , Svezia e Ungheria . Due gironi , e per ciascuno gli esponenti di un giuoco diametralmente opposto . Italia e Brasile , due squadre impostate nettamente sui fattori velocità , virtuosismo , estro ; Svezia , a dire il vero , su motivi soltanto affioranti , latenti e comunque inespressi ; Ungheria su una tecnica sicura , brillante , virtuosa , ma dai temi invecchiati , ben noti , troppo spesso al rallentatore , con esecuzione affidata a troppi anziani , con un solo atleta diciamo così aggiornato , il giovanissimo Szengeller interno sinistro . Era quanto sufficiente , tuttavia , perchè l ' undici magiaro battesse la Svezia nella semifinale per 5-1 . E Italia - Brasile ? Ecco : il 12 giugno a Bordeaux , Brasile - Cecoslovacchia si attaccano ai ferri corti e si pestano a più non posso . Nulla di fatto , anche con i tempi supplementari . Si chiude 1-1 . La vivacità , la potenza e la giocoleria satanica dei pur sorprendenti ispano - italo - negri non l ' hanno spuntata contro la classica solidità dei boemi che già tanto filo da torcere avevano dato a Roma nel '34 alla squadra azzurra . Due giorni dopo si ripete . Caso nuovo ; è proprio il Brasile che mostra una maggiore resistenza fisica ; subisce un goal nel primo tempo ; ma nel secondo sfodera un recupero fantastico , strabiliante ; e vince netto e inesorabile per 2-1 . Il caso appare strano . Sudamericani battere i cechi nei capitoli solidità , resistenza , tenacia combattiva non priva di mobilità , di recupero , di produzioni veloci ? E qui si scopre un altro trabocchetto , e teso proprio ai nostri danni . Il Brasile era venuto in Europa con due squadre specificamente designate . La seconda destinata a battersi nelle partite preliminari e battere gli avversari secondari , tra i quali era considerata nientemeno che la squadra cecoslovacca . La prima , destinata , fresca e lustra a battersi con l ' Italia , che quegli esperti di Rio de Janeiro e di S . Paolo già vedevano per lo meno semifinalista ( ci conoscono bene , sono stati nostri eccellenti fornitori ) . Toccava ai nostri vecchi rivali boemi costringere quei signori a smascherare le batterie . Mille grazie ! È stato davvero un eccellente servizio reso al calcio europeo . Nel 2-1 di Bordeaux si vide quale realmente era il pericolo brasiliano . S ' intende che Pozzo corse subito ai ripari . Vale a dire lasciò la sua squadra quale era : quella che aveva vinto tanto persuasivamente sulla Francia . Aveva pur un suo intrinseco valore quel 3-1 ! Per la tenzone col Brasile bisognava tornare all ' inospitale Stadio di Marsiglia . Tanto meglio . I nostri campioni si sarebbero messi da se stessi alla frusta . Il Brasile giuocò una partita decisa , dura , qualche volta violenta . Voleva vincere ad ogni costo del resto la squadra era stata troppo montata e resa nervosa dall ' ambiente locale e non seppe sempre mantenere i nervi a posto . Si dimostrò compagine di alto valore tecnico come trattamento di palla dei singoli atleti , ma non come giuoco d ' assieme . Ciascuno per conto suo e a modo suo . Non si decidevano ad eseguire un passaggio senza aver prima esaurito un proprio repertorio di virtuosismi mirabolanti quanto sterili agli effetti del successo pratico . Credettero bloccare le nostre azioni offensive marcando fortemente ed isolando Piola ( e tra i suoi guardiani c ' era un Domingos , il terzino - fenomeno dell ' intero torneo ) . Ma potevano manovrare più libere le nostre velocissime ali ; e Ferrari e Meazza sapevano tenere un collegamento così funzionale tra l ' attacco e la difesa , che la macchina azzurra poté lavorare a pieno e costante regime . Una spettacolosa cannonata di Colaussi su un allungo di testa di Piola ; un impeccabile calcio di rigore di Meazza su giusta punizione arbitrale a carico di Domingos reo di aver affibbiato due calci nelle caviglie di Piola , permanente spauracchio nonostante tutto , e la vittoria era acquisita anche se i brasiliani in recupero vorticoso ( quando però l ' Italia aveva allentato ormai la stretta ) , riuscivano a segnare un goal di consolazione . Aveva trionfato l ' unità veramente tale e non soltanto maestra di gioco , di schermaglia e di stoccata . Così siamo giunti alla finale . Faremo come il Brasile : sfodereremo per l ' occasione una squadra nuova e fresca ? Oppure Pozzo cambierà degli uomini ? In verità , l ' Ungheria si presenta in condizioni di freschezza e di forma ideali . Il suo girone non è stato che un seguito di galoppi di salute . E nel corso della stagione ha conseguito successi che gli azzurri non vantano tali da far gridare alla resurrezione del calcio magiaro . Pozzo comincia col ... bruciare i vascelli e rimanda a casa tre riserve di alta efficienza che finora hanno seguito la squadra : Genta , Donati e Olmi . La formazione andava bene così com ' era stata fissata dopo il tribolato esperimento con la Norvegia ; era apparsa sempre in crescendo , anche con le lentezze e i ricami statici di Ferrari e le fughe - razzo , ma fuori bersaglio , di Biavati . « Per l ' ultima battaglia saranno a punto tanto il giovanissimo quanto l ' anziano ; questo per il suo canto del cigno , quello per il primo « do » di petto della sua carriera . E sarà a giusto punto di cottura anche la forma dell ' intera squadra » . Questo il pensiero del C.T. , ormai troppo buon conoscitore di ambiente , di clima e di atleti propri ed altrui . L ' abbiamo già detto : il superamento stesso degli ostacoli e delle bocche di lupo appostate nella prima parte del percorso , vuoi di slancio , d ' abilità , di classe , vuoi di spirito di bandiera , conteneva già di per sé la logica inesorabile conclusione . Ed il trionfo , con un finale bruciante ed una segnatura netta di 4-2 sull ' Ungheria non ammette neanche una discussione di semplice accademia . Trionfo ancora più netto e indiscutibile che non fosse stato quello del 1934 , dove si vollero sollevare dubbi ed obiezioni per il fatto che il torneo si era svolto in casa nostra e la finalissima aveva avuto luogo a Roma , nell ' antro del leone ... Questa volta ci siamo battuti nelle condizioni ambientali più difficili . Solo gli « azzurri » in tutto il corso del torneo hanno conosciuto pubblico ostile , ferocemente ostile , nelle due partite di Marsiglia , che potevano per noi segnare un tracollo . Però la vecchia Francia dei Paladini si è riabilitata , in fatto di cavalleria , a Parigi e ne traiamo gli auspici per giorni molto più cordiali tra le due Nazioni latine . Siamo ben lieti questo ci preme non meno del titolo mondiale che sulle rive della Senna si sia potuto constatare de visu , con quale schietta lealtà e fiera bravura sanno battersi gli esponenti della gioventù del Littorio . Al saluto romano degli azzurri , per la seconda volta Campioni del Mondo , Parigi non ha risposto col pugno chiuso dei ciechi faziosi di Marsiglia , ma con l ' aperto sorriso e l ' applauso d ' un riconoscimento sincero .
Non più cappelli per le vie d'Italia ( Jemolo Arturo Carlo , 1957 )
StampaQuotidiana ,
Non più cappelli per le vie d ' Italia . È una delle note visive che contribuisce a rendere inconfondibili i colpi d ' occhio d ' oggi con le immagini della mia infanzia . Nell ' orbita maschile , qualche berrettino su teste di vecchi cadenti , che camminano appoggiandosi al bastone , evoca tristi immagini d ' infermità e di ospizio . Resistono , specie nel mezzogiorno , i cappelli tondi dei preti che or è un secolo sostituirono il tricorno : i giovani preti vanno senza cappello o portano il basco . Anche i copricapo di divise si restringono , accennano a scomparire : non più gli imponenti berretti , alti , adorni di ben cinque galloni , che davano tanta maestà al controllore ferroviario , il quale allora indossava la redingote ; non più i rigidi berretti cari agli ufficiali della prima guerra mondiale ; berretti appiattiti , baschi , bustine : è il declino , il passo verso la scomparsa . A tratti l ' uniformità è rotta : larghissimi cappelli di paglia ordinaria , portati da stranieri , che considerano l ' Italia il Paese del sole : nessuno li guarda . Mi dicono che in Brasile è considerato un insulto al Paese coprirsi col casco coloniale . L ' italiano è superiore a queste suscettibilità e lo straniero si sente intimidito , al secondo giorno lascia in albergo il sombrero . In Alta Italia il copricapo femminile l ' inverno ancora oppone qualche resistenza : da Roma in giù è pressoché scomparso : scialli o cappucci . Mi duole veder mutare anche in questi dettagli il quadro che conobbe la mia giovinezza , quando l ' alternarsi dei copricapo segnava pure l ' ordine che l ' uomo pretendeva d ' imporre alle stagioni . C ' era il giorno in cui s ' inaugurava la paglietta , e se pure il tempo fosse mite era di cattivo gusto portarla dopo il primo di ottobre . Mi duole il declino di un prodotto che ha dato vita ad una grande industria nazionale , ad una industria che si è affermata nel mondo , esportando ampliamente . Non so dolermi della scomparsa di un segno tangibile di distinzione delle classi . Perché tale era . Il copricapo della classe operaia era il cappello a cencio tondo , la caciottella ; che vedete nelle fotografie che riproducono scene dei primi scioperi , dei primi moti , intorno al 1890; si mescolavano berretti di pelo l ' inverno , ed un po ' più tardi , i berretti " da ciclista " , con la visiera di panno . La lobbia segnava il passo dal popolo alla borghesia : cominciavano ad usarla , senza esporsi al dileggio dei compagni o dei più umili , il commesso di negozio , il piccolissimo impiegato ; fu un ' affermazione dell ' operaio specializzato , quando sorse in luogo dell ' artigiano . Il cappello duro significava la rivendicazione di un posto almeno nella media borghesia : il cappello del professionista , del cavaliere . Il cilindro non l ' ho visto che come cappello da cerimonia - un funerale non aveva tono se non c ' era qualche dozzina di cilindri - : qualche vecchio signore ancora lo portava sedendo in carrozza al corso che non mancava in nessuna città , e soprattutto guidando il tilbury . Scomparso presto il cilindro come cappello della vita quotidiana , sopravvissero per un buon decennio ancora i mezzi - cilindri , cappelli rigidi di feltro , mescolanza di cappello duro e di cilindro . Credo che in Piemonte siano durati più che altrove : qualche mio insegnante universitario ancora usava il mezzo - cilindro . Dall ' essere la lobbia ed il cappello duro cappelli borghesi , derivava il loro rifiuto da parte dei vecchi socialisti , che usavano cappelli che non erano quelli dell ' operaio , ma piuttosto il copricapo dei mazziniani risorgimentali : molli , tondeggianti , a larghe tese . Lo portava Enrico Ferri , era il contrassegno socialista di Guido Podrecca , che l ' amore della musica aveva spinto ad accettare la marsina per le sere dell ' opera : tondo e floscio , ma a piccole tese , il cappello di Turati , che appariva accanto al modestissimo cappellino nero della inseparabile Kulisciof : ma Claudio Treves che nella passeggiatina nel primo pomeriggio intorno a Montecitorio si accompagnava con loro , aveva una lobbia non scevra di eleganza . Il cappello era anche altrimenti un simbolo politico . I monarchici tradizionalisti irridevano ai repubblicani , che volevano porre a Capo dello Stato , e pur delle forze armate , un signore in cilindro : gli agnostici intorno alla forma di stato dicevano che non valeva la pena di una rivoluzione per avere un capo in cilindro o in cheppì . Dubito che agli occhi di molti semplici un primo colpo il prestigio della monarchia italiana lo subisse quando intorno al 1905 fu soppresso l ' elmo ed il pennacchio dei generali . Ma il distacco sociale più profondo lo segnava il cappello femminile , c ' era un solco incolmabile tra la donna " in capelli " e quella " che portava il cappello " : strazio della famiglia piccolissimo - borghese , cui mancavano sempre diciannove soldi per fare una lira , se il figlio sposava una ragazza - magari prole di agiati bottegai - che " non portava il cappello " . Grido di rancore di classe quello che risuonava di continuo nei mercati romani quando la moglie del piccolo impiegato voleva tirare troppo , pretendeva eccessivi ribassi : la rivenditrice sdegnata gridava alto : " E ce porta puro la ciavattella " . Angoscie non troppo dissimili da quelle di un ' abiura o almeno di un uso di passaporto falso , allorché l ' agiata popolana , la " minente " romana carica d ' ori come una madonna e dal portamento altezzoso , alla vigilia di un viaggio era persuasa a mettere il primo cappello : perché , le avevano detto , all ' estero o al nord , senza cappello non si è rispettate . Ricordo penoso di poveri cappellini , spennati e rossastri , ultima difesa di vedove , di decadute : che si abbarbicavano a quel simbolo per non confessare che non erano più delle borghesi . Visione così penosa , per visi ben noti che nel ricordo si profilano sotto quelle larve di cappellini , da annullare la gioia che mi darebbe la rievocazione dei buffi cappelli che vidi nella mia infanzia - ceste con ogni sorta di fiori , di erbe , di uccelli , in cima alla testa , mezzi meloni con pennacchio alla bersagliera - o l ' altra visione , che invece mi accarezza l ' occhio , dei larghi ricchi cappelli che ombreggiavano il viso , degli svelti tricorni , delle estive pamele in pizzi o tela e nastri , in voga intorno al 1910 ( gli anni di Gozzano : " La nera chioma ondosa - chiusa nel casco enorme " ) . Il cappello maschile con la sua scomparsa ha eliminato un segno di distinzione di classi . Il cilindro da cerimonia è una divisa che ha sostituito la feluca delle uniformi civili descritte nei decreti della unificazione e , più accuratamente , in quelli dei primi anni del fascismo . Un direttore generale od un capo di gabinetto debbono possedere un cilindro , ma un duca ne può fare a meno . Nell ' ambito femminile le cose sono sempre meno semplici , ed è sempre maggiore la possibilità di ritorni . Scomparsi i cappelli da passeggio , restano quelli dei ricevimenti pomeridiani , per le cerimonie mondane , in genere : cappelli neri piattissimi e larghi tutti eguali tra loro , o semplici decorazioni intorno alla chioma : fiori , arabeschi , piumaggi , minuscole cuffiette , che paiono copiate da ritratti di dame del Settecento . La linea divisoria segnata dal possesso di questi cappelli non coincide con quella ch ' era marcata dal cappello dell ' Ottocento , corre più in alto : non più distinzione tra popolo e borghesia , ma tra alta borghesia e tutto il resto . Gli uomini politici possono trovare argomento di meditazione , ed i partiti di sinistra di compiacimento : la media e la piccola borghesia sono saldate al proletariato . Signore austere , che tengono ad affermarsi per quello che sono , scrittrici o giornaliste o professoresse , le vedo , talora rifiutarsi a questi cappelli rappresentare in un ricevimento la minoranza delle teste né coperte né addobbate . Non credo che neppure questa trincea opposta alla mescolanza delle classi sia destinata a durare : o il cappello da ricevimento scomparirà o si generalizzerà in ogni ceto . Più attendibile la seconda ipotesi . Con altrettanta facilità potessero scomparire le reali trincee , che sono costituite non solo dalle differenze delle fortune , ma da quelle dei gusti , delle abitudini , degli atteggiamenti dello spirito , dei modi di ragionare . Perché , ahimè , a dispetto di ogni logica formale a base di sillogismi , dipende dall ' ambiente in cui ci si è formati ( oltre , va da sé , che dallo spirito di sopraffazione che più o meno vivo è in ogni uomo , almeno nella prima parte della sua vita ) che , troppo spesso , per gli uni due più due faccia quattro , e per gli altri invece cinque .
Caro Terracini ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Terracini , era un pezzo che non la sentivo , e cominciavo a sentirmi un po ' vedovo della sua linguaccia . Ora la domanda che mi pone è - come sempre - maligna , ma - come sempre - pertinente . Sì , è vero : un bello scandalo di natura galante ci manca . Per questo ho sempre invidiato i francesi che nello spazio di pochi anni ebbero due presidenti della Repubblica uccisi da donne : uno a pistolettate , l ' altro con un ' arma più dolce , ma non meno micidiale . Ma era la Belle époque , che era bella anche perché vi succedevano di queste cose . Oggi non possono succedere per due motivi . Primo , perché questo tipo di scandalo non fa più scandalo in nessun ambiente , neanche in convento . Secondo , perché la nostra classe politica vi è assolutamente refrattaria : e lo dico , badi bene , con profonda costernazione . Dio volesse che i nostri ministri , senatori , deputati e partitanti fossero capaci d ' innamorarsi . Sarebbe un segno di umanità , di sensibilità emotiva , di una certa capacità di slancio , di entusiasmo , di abbandono . Ma io li conosco . Sono troppo occupati ad ammazzarsi tra loro per ammazzare una donna ( che è il modo più totale di amarla ) o per farsene ammazzare . Non ne hanno nemmeno il tempo , che dell ' amore è un elemento essenziale , e ce ne vuole tantissimo per farlo bene . I più galanti fra loro lo sono nello stile dei commessi viaggiatori : fugaci e furtive avventure in camere ammobiliate , con donnette d ' accatto o piccole Bovary di provincia . Che scandalo potrebbe derivarne , anche se lo si venisse a sapere ? Da quanto ne ho sentito dire , e con tutto il rispetto che si deve ai morti , l ' unico che rischiò di provocarne fu Gronchi . Che però , anche lui , aveva più la stoffa del femminiere ( la parola sarebbe un ' altra , ma non la dico per rispetto dei lettori e più ancora delle lettrici ) che non dell ' amatore . La galanteria - quella vera , che può condurre al dramma - esige una certa classe . Il grande seduttore può essere un grande mascalzone , anzi quasi sempre lo è ; così come la grande seduttrice può essere una grande avventuriera , anzi quasi sempre lo è . Ma grandi , e con stile . Ora , caro Terracini , è proprio lo stile che manca ai nostri uomini politici . In tutto . E quindi anche nella galanteria , per la quale non sono attrezzati nemmeno fisicamente . Li guardi , se l ' immagini in pigiama , e poi mi dica che scandali possono fare .
SALARI, STIPENDI E CAROVIVERI ( MICELI GIUSEPPE , 1927 )
StampaPeriodica ,
La politica di rivalutazione della nostra moneta , iniziata col discorso di Pesaro , raggiunge oggi effetti evidenti : la lira è aumentata di valore . Il maggiore potere di acquisto della lira aumenta il valore reale dei salari e degli stipendi . Da ciò è derivata la necessità da parte dello Stato di diminuire il carico del bilancio per retribuzione del proprio personale , mentre la squisita sensibilità delle nostre classi lavoratrici ha potuto permettere al segretario generale del partito on . Turati di annunziare al Duce che i lavoratori di Padova e i contadini del bresciano aderivano alla diminuzione delle loro paghe in ragione del 10% . Anche nel pavese e nel bolognese i lavoratori hanno accettato la medesima misura di diminuzione delle paghe ...
Libertà e morale ( Jemolo Arturo Carlo , 1960 )
StampaQuotidiana ,
Sospetto di quanti non si dicono fautori della libertà , semplicemente , ma della « ben regolata libertà » o della « libertà di fare il bene o di asserire il vero » . Libertà è quella di asserire ciò che per altri , fosse pure per la maggioranza , è il male , è l ' errore . Detto questo , bisogna pur distinguere tra libertà di far propaganda di idee , libertà di operare , libertà di eccitare impulsi irrazionali . È la prima che va difesa , contrastando ad ogni limite che si tenti di imporle ; perché è quella veramente feconda , che tutte le tirannie temono , assai più che le bombe ed i pugnali . E sempre il buon senso delle masse ha saputo distinguere tesi ardite e follie ; le stravaganze , finché sono state sostenute come dottrine , non hanno mai trovato seguaci . Una completa libertà di operare è impensabile ; non c ' è popolo né regime che non abbia un codice penale . Potrà essere liberale , considerare reato solo ciò ch ' è nella coscienza di tutta una civiltà , od illiberale , e punire colpe che son tali solo per chi segue una certa dottrina politica od una fede religiosa ; ma un codice penale non può mancare . I pericoli maggiori vengono non dalle idee , ma dagl ' impulsi irrazionali ; un paese è esposto ad ogni pericolo quando i suoi cittadini non operano più mossi da idee , ma al suono di fanfare . Le ubriacature delle masse che marciano scandendo certi ritornelli , sillabando certe parole , per vie pavesate di giorno , trasformate da bengala accesi la notte , le ricordiamo . I fanatismi politici e religiosi non nascono dalle dottrine , ma sono esplosioni dell ' irrazionale . Non si può sostenere una libertà di coltivarli . Tutto il regno del sesso appartiene all ' irrazionale ; la morale sessuale , i precetti religiosi in materia , sono tentativi d ' imbrigliare questo ambito dell ' irrazionale , insopprimibile nell ' uomo , elemento di conservazione della specie . Sulla necessità di tale imbrigliamento tutti d ' accordo ; è anzi il lato dove atteggiamenti in ogni altro campo antitetici coincidono ( non è strano che critici cattolici abbiano detto che negli ultimi festival del cinema i loro sguardi avevano riposato sui film sovietici , castissimi ) . Se sul finire del secolo scorso anarchici e socialisti parlavano di libero amore , intendevano con ciò combattere istituti che sembravano loro supporti della società borghese , ma non pensavano davvero ad uno scatenamento dei sensi . Bacchelli nel Diavolo al Pontelungo descrive la purezza della unione tra Bakunin e la sua Antonia ; Martin du Gard ne L ' été 1914 , un socialista rivoluzionario , Meynestrel , che convive senza rapporti con la donna che ama . Esagerazioni letterarie , probabilmente ; ma quando rievochiamo Turati e la Kulisciof , pensiamo a Filemone e Bauci . Ed è su un terreno moralistico che tutti i detrattori di un regime o di una società , li hanno imputati di libertinaggio . L ' accusa di sregolatezza nella vita sessuale è consueta nella polemica politica . Ma non occorre molta finezza per distinguere l ' accusa , anche pesante e massiccia , e l ' erotismo che vorrebbe cercare una propria legittimazione asserendo di castigare mores ; per sapere qual è il linguaggio della sentenza istruttoria che manda a giudizio l ' imputato di certi reati , e quello del cronista che vuole turbare il lettore . Non occorre essere maestri della penna per dire tutto , anche Stato , diritto , costume le cose più scabrose , senza suscitare immagini impure ; né critici acuti per riconoscere il narratore che veramente sente schifo ed orrore per il mondo che narra , che lo considera come l ' inferno in cui è pauroso essere immersi , e quegli che lo mostra come il Venusberg , sicché s ' ignora ciò che di gioia può dare la vita se non vi si è almeno una volta penetrati . Volere che intorno a certi problemi si faccia il silenzio , è tartufismo : non giova ad alcuna struttura sociale . Ma chi li affronta , se pure debba penetrare in dati ambienti inquinati , non può lasciarsene assorbire . Non fariseo che passa turandosi il naso e sollevando il lembo della veste , farà sentire anche ai caduti , ai pervertiti , che sempre li considera fratelli ; ma non potrà adottarne il linguaggio , confondersi con loro . Se il suo è un apostolato , religioso o laico , deve muovere da un intento di sollevare , da una distinzione di alto e di basso , di caduta e di redenzione ; sarebbe contraddizione assumere l ' atteggiamento qualunquistico del " tutti eguali " , che esclude in partenza l ' idea di mutamento . E poi chi esce dall ' anonimo per affrontare problemi morali o sociali o politici , ha il dovere di testimoniare per la sua causa . Se il rigorista è nella vita un peccatore , si profila la figura di Tartufo ; ma se è peccatore che combatte certe leggi , pur in sé discutibili , che pongono limiti all ' uomo , ognuno penserà ch ' egli difenda non una regola di bene universale , ma la propria libertà di commettere quello che per i più è peccato . Gli uomini di lettere , gli artisti che abbiano mosso anche solo il primo passo sulla via della rinomanza , non sono più turba ; chi " vive in vetrina " ha obblighi peculiari di nettezza morale . Al di sotto ed al di fuori dei comportamenti immorali c ' è la scurrilità del linguaggio . Come la bestemmia è per me anzitutto una prova di maleducazione , così la scurrilità è una forma di sciatteria , di poca pulizia mentale . Dimostra che si ha un arsenale scarso di parole , che dietro ci sono solo immagini poco pulite , che non si dispone di altre cui attingere , volendo calcare la mano su un ' affermazione , colorire una frase . Il linguaggio scurrile spontaneo è proprio solo degli strati inferiori , intellettualmente e moralmente . Ma c ' è la scurrilità voluta od acquisita di certe cerchie di cosiddetti intellettuali . Che possa essere usata come pennellata in un quadro , non lo escluderei ; la moralità di un ' opera , in particolare di un film , sta in definitiva nell ' effetto che produce . Ho difeso La dolce vita , perché in ogni uomo normale lascia la nausea per la società dei gaudenti , desta il desiderio della ordinata vita operaia o piccolo borghese , della famiglia sana , del lavoro , della notte fatta pei dormire . Ma guai quando la scurrilità diviene regola , quando l ' artista abdica , e si rivolge solo alla parte più incolta e più rozza del pubblico per far ridere col lazzo plebeo : riso meccanico ; ogni umorismo è assente . Queste considerazioni non vogliono essere un elogio della censura . Resto avverso ad ogni censura . Da quell ' uomo privo di senso pratico , in particolare di senso politico ed economico , che sono , vorrei per il cinema un solo provvedimento : gli aiuti statali elargiti al termine di ciascun anno da una commissione di scrittori e critici ( esclusi i funzionari ed i politici ) che esaminasse la produzione di ogni casa attribuendo punti negativi ai film di cassetta , a quelli spettacolari , o privi di pensiero ed infarciti di lazzi plebei , punti positivi ai film d ' arte ed a quelli che inducono a riflettere sui problemi religiosi , politici , sociali . Non elogio della censura , ma eccitamento nello scrittore , nell ' artista , del suo senso di responsabilità ; invito al pubblico a non indulgere all ' uomo che sta sulla ribalta , come se fosse sciolto dai legami imposti all ' uomo comune , ma ad esigere da lui maggior rigore di vita .
StampaPeriodica ,
Molti anni addietro , quando poche erano le gare che si svolgevano durante l ' annata , quando ognuna di esse costituiva un avvenimento di eccezione , quando gli sport del motore erano quelli che avevano il maggior seguito di pubblico , quando le automobili e le motociclette erano ancor poco diffuse , e le modeste velocità raggiungibili dal normale utente facevano apparire sbalorditive , nel confronto , quelle che , su strade spesso indegne di tal nome , riuscivano ad attingere gli e assi e dell ' epoca i quali perciò divenivano gli idoli delle folle il e Lario e , il famoso « Circuito del Lario » dalle strade strette e tortuose , dai dislivelli repentini , dal fondo polveroso o pantanoso a seconda che il sole o la pioggia lo presidiavano , soleva richiamare ad ogni estate , nelle sue embrionali tribune e lungo i margini di tutto il suo percorso , enormi masse di spettatori che da ogni parte , spesso sobbarcandosi a compiere decine e centinaia di chilometri , venivano per assistere alle acrobatiche prodezze dei e centauri e che in una prova del genere trovavano la loro definitiva consacrazione . Oggi assai più numerose sono le grandi gare motoristiche che si svolgono in tutta Italia durante l ' anno ; e molte altre competizioni sportive , dal calcio all ' atletica leggera , appassionano domenicalmente le folle . Oggi anche le normali macchine da turismo vanno come folgori , e lo scarto di velocità esistente tra esse e quelle da corsa , pur essendo spesso più alto di quello di una volta , stupisce forse meno il gran pubblico che s ' è familiarizzato con le rapidissime andature in terra , in mare e in cielo . Oggi i « circuiti stracittadini » , che permettono alla gente di godersi un paio d ' ore di movimentatissimo spettacolo senza muoversi da casa , o al massimo da una comoda tribuna fornita di ogni conforto e situata a due passi dal centro della città , hanno detronizzato competizioni famose che , pur avendo un « passato » glorioso , avevano il torto di imporre agli spettatori spostamenti macchinosi e un certo dispendio di tempo . Essendo dunque oggi i palati viziati , per così dire , molte manifestazioni hanno perduto almeno in parte la loro importanza , il loro seguito di pubblico . E infatti , quante grandi gare , automobilistiche e motociclistiche , sono scomparse , si sono trasformate , in questi ultimi anni ? Quanti circuiti , che pur avevano un loro fascino e una loro non indifferente importanza tecnico - sportivo - turistica , sono stati sostituiti con altri , talvolta di valore discutibile ? In quest ' atmosfera di evoluzione , di trasformazione , di innovazioni , il « Lario » è , se non il solo , almeno tra i pochissimi che resta , vivo e vegeto più che mai , sulla breccia ; il « Lario » è uno dei pochissimi che ha resistito , acquistando anzi sempre maggiore importanza e destando un sempre più alto interesse ; e pur aggiornandosi , poiché le sue strade si sono oggi di gran lunga migliorate , perché l ' organizzazione è sempre più perfetta , perché ha tratto tutto quanto di buono v ' era da trarre dai moderni criteri che informano lo sport motoristico , ha religiosamente custodito la sua tradizione , ha conservato integre tutte le sue caratteristiche , anzi accentuandole . E perché ? Perché il « Lario » ha una fama ormai mondiale , perché il « Lario » è il banco di prova per eccellenza delle macchine e dei guidatori , perché il « Lario » ha il potere di entusiasmare come pochi altri circuiti le folle ; perché , infine , il « Lario » ha un suo fascino particolare al quale non si sfugge . Quando il « Lario » non fu effettuato , tutti gli sportivi u sentirono » la sua mancanza . E il suo successo continua a crescere di anno in anno . Nato nel lontano 1921 per contrapporre al classico « Tourist Trophy » , che gli inglesi organizzano nell ' Isola di Man , un circuito stradale severissimo e sotto tutti gli aspetti adatto a mettere a dura prova la « classe » dei piloti e le doti di ripresa e di resistenza allo sforzo prolungato di un motore , di stabilità , di aderenza , di frenaggio , di robustezza di una macchina tutti gli organi della quale vengono sollecitati al massimo grado il « Lario » si disputò ininterrottamente fino al 1931 incluso ; dopo due anni di sospensione fu ripreso nel 1934 , fu disputato ancora l ' anno successivo , e poi si è avuta un ' altra pausa biennale , dalla quale esce ora rinforzato e aureolato di nuove attrattive . Le pause sono state causate da situazioni contingenti dello sport motociclistico locale , e non da circostanze relative alla gara stessa ; la quale nelle tredici edizioni fin qui svoltesi ha messo in luce nuove giovani valide energie del motociclismo italiano , ha confermato il valore di assi famosi , ed ha assolto superbamente , oltre alla sua funzione tecnico - sportiva , anche quella propagandistica a favore della diffusione della motocicletta . Nell ' albo d ' oro del « Lario » tutti i nostri migliori uomini hanno apposto la propria firma : da Ruggeri ad Arcangeli , a Varzi , a Nuvolari , fino ai più recenti , a Bandini , a Fumagalli , a Serafini , e - per i primati sul giro - da Biagio Nazzaro a Ghersi , a Vailati , agli stessi Varzi , Nuvolari e Bandini , a Pigorini , ad Aldrighetti . Quest ' anno il « Lario » - che si svolgerà il 10 luglio - riunirà accora una volta un forte gruppo di « Centauri » i quali offriranno alla folla immensa che assieperà gli spalti del circuito , lungo tutti i 36 chilometri del suo sviluppo , un susseguirsi continuo di emozioni , di sensazioni quali ben poche altre contese del genere sono in grado di dare . E la funzione tecnica della prova brianzola sarà ancor pii alta del consueto , inquantoché macchine che quest ' anno sono rimaste in ombra verranno a chiedere all ' autorità del « Lario » una rivincita che può essere posta sull ' altro piatto della bilancia per equilibrare le sconfitte ; e macchine passate trionfalmente al terribile vaglio della « Milano - Taranto » , e dominatrici in altre gare su circuiti veloci intendiamo parlare della gloriosa Gilera a 4 cilindri sovralimentata esigeranno la suprema conferma delle proprie eccezionalissime multiformi qualità . Ma si può affermare che tutte le Marche italiane e alcune estere , saranno degnamente rappresentate al « Lario » , la diserzione significando già di per sé stessa una dichiarazione d ' inferiorità . Sicché , nel quadro di un ' organizzazione senza precedenti , nel conforto di ima sistemazione per il pubblico curata dagli appassionati e competenti organizzatori in ogni dettaglio , la folla potrà assistere a una gara veramente completa sotto ogni aspetto , unica nel suo genere , appassionante quant ' altre mai . Le miglioratissime condizioni delle strade del circuito , e i recenti progressi della tecnica costruttiva motociclistica , lasciano agevolmente prevedere che i primati della gara saranno tutti largamente battuti . Insieme alle macchine da corsa che dovranno compiere 6 giri del circuito - gareggeranno quest ' anno le macchine di serie ( però soltanto su due giri ) per contendersi il « Trofeo della Valsassina » , la « Coppa A . Pigorini » e la « Coppa Isacco Mariani » ; la partecipazione di questa categoria di macchine , oltre a rendere più interessante la contesa , fornirà delle preziose indicazioni nei riguardi della nostra eccellente produzione di serie . Il « Lario » dotato quest ' anno dell ' « XI Premio dell ' Industria » , del « Trofeo del turismo Lariano » e del « VI Premio del C.O.N.I. » , costituisce la quarta prova del Campionato italiano ; prova che potrà essere decisiva agli effetti dell ' assegnazione dei titoli . Già da qualche settimana l ' Ufficio Stampa del « Lario » , di cui è valoroso ed appassionato capo il collega Renato Tassinari , ha pubblicato un elegante opuscolo , curato dallo stesso eminente collega , contenente i pareri e le impressioni sulla classica corsa italiana di tutti i più noti giornalisti . E perciò l ' opuscolo è , nel suo complesso , un vero inno alla tradizionale contesa , cara al cuore di tutti i nostri sportivi .
Disobbedire allo Stato? ( Jemolo Arturo Carlo , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Ho sotto gli occhi la lunghissima sentenza con cui la Corte di Firenze , riformando la sentenza di quel tribunale , condanna il padre scolopio Ernesto Balducci ad otto mesi di reclusione , con la condizionale , per istigazione a delinquere , in relazione ad un articolo scritto a proposito della condanna da parte del tribunale militare del giovane cattolico Giuseppe Gozzini , obiettore di coscienza . Accorda le attenuanti generiche che non si negano ad alcuno che sia incensurato , ma rifiuta la diminuente dei motivi di particolare valore morale e sociale . Non è certo questo il luogo per discutere la sentenza . Ma tra le cose che in essa mi colpiscono sono certe affermazioni , come quelle : " secondo il diritto positivo italiano non è ammissibile la ribellione del cittadino contro le leggi o contro una dichiarazione di guerra , nemmeno in nome delle pretese leggi morali e della pretesa giustizia naturale che ne fossero offese " ; " inammissibile è il potere di sindacato sulla giustizia della guerra " . E quando leggo queste frasi , penso che dal processo di Socrate ad oggi siamo sempre - e saremo probabilmente domani , perché certe antitesi sono eterne e non eliminabili - al medesimo punto : come debba superarsi il contrasto che si delinei tra la legge dello Stato e la coscienza dell ' uomo , tra il rispetto agli dèi della patria e quello agli dèi universali , al Dio che ha tutti gli uomini per figli e tutti ama egualmente ed tutti impone di sentirsi fratelli . Eppure qualche direttiva ventiquattro secoli di meditazione , il cristianesimo , con la sua distinzione tra religione e consociazione civile , il liberalismo dovrebbero darla . La parte di Cesare è l ' esteriorità , tutto quello che è denaro , beni terreni , anche il tempo e l ' occupazione del cittadino quando siano tali da non destare problemi morali ; la parte di Dio , cioè della coscienza , è il pensiero , il giudizio , la libertà di parlare . Non sono due ambiti tra cui si possa tracciare una linea nettissima , il pensiero e la parola non sono senza effetti sull ' azione ; tuttavia ciascuno di noi sente che non è mortificante obbedire , anche interamente e fedelmente , il superiore , in quel che comanda , ma avvilente sarebbe dovere fingere di ammirarlo , dover subire la imposizione dei suoi giudizi e dei suoi pensieri . ( Una distinzione chiarissima sempre in me , questa tra l ' obbedienza nell ' agire e la difesa del proprio giudizio ; dovevo avere cinque anni , ed ero un bambino obbediente , ma m ' infuriavo se mi si voleva costringere a fingere di essere persuaso di ciò di cui non lo ero , se non mi si lasciava dire : obbedisco , ma so che voi avete torto ed io ho ragione ) . E sappiamo altresì che tutte le conquiste sono state fatte biasimando le leggi vigenti e chiedendo il loro mutamento , ma altresì criticando il modo con cui i giudici le applicavano , ritenendo errate od aberranti certe interpretazioni . E bene fare questo nel modo più cortese , perché la villania e l ' acredine non giovano mai , ma è doveroso farlo . E pure sapendo che si può compierlo in modo tale da non cadere sotto alcuna sanzione di legge , tutti i reati di vilipendio , di apologia di reato , restano invisi , perché possono essere rèmore all ' esercizio di questa libertà , essenziale e benefica per ogni corpo sociale , sia la Chiesa , sia lo Stato , sia il partito , che sarebbero isteriliti dal supino ossequio . E l ' uomo che affronta una pena certa perché la sua coscienza gli dice di fare così , perché agendo diversamente infrangerebbe la sua legge morale , non può essere considerato alla pari del delinquente , che non afferma nessuna legge universale , che non s ' ispira ad alcuna visione di un mondo migliore . I vecchi criminalisti distinguevano delitti infamanti e non infamanti , con distinte pene ; il codice Zanardelli conosceva la reclusione e la detenzione , quest ' ultima riservata sostanzialmente ai reati che nella coscienza comune non insudiciano l ' uomo . Fu il codice penale Rocco , sempre in vigore nel diciottesimo anno della Repubblica , che non volle più questa distinzione , che proclamò non esserci diversità tra il delitto politico e quello comune ( serbando anzi per il primo i massimi rigori ) . E questa confusione mi sembra proprio la colpa contro lo spirito , l ' offesa alla coscienza . Giacché mi rendo conto che lo Stato possa dover punire chi non vuole osservare la sua legge ; e so anche immaginare come austera , e tale da non ingenerare odio ma reciproco rispetto , la scena in cui il giudice dello Stato dice all ' imputato : - organo di una struttura nei cui principi io credo , che voglio conservata , privo della libertà te , che rifiuti di sottoporti alle sue leggi ; penso che mi comprendi , perché tu pure veglieresti alla conservazione di quel tuo Stato ideale , dai principi opposti a quelli del mio , e mi condanneresti se io ne fossi il cittadino ribelle - . Ma guai se il giudice non abbia la distinzione netta tra le due colpe , se non provi rispetto per chi affronta la pena per non venir meno a quel che la coscienza gli detta . E se il giudice è compenetrato in una struttura liberale sentirà che i reati di vilipendio , di apologia , d ' incitamento a comportamenti politici , sono storture nella sua legislazione , ed in tali materie darà sempre l ' applicazione più liberale alla legge . Temo che non si rifletta abbastanza a tutto il male che reca quella mancata netta distinzione tra infrazione politica ed infrazione alle norme che proteggono la integrità della persona , il buon costume , la proprietà ; tra le due lotte , quella che ogni struttura politica conduce contro chi vorrebbe mutarla ( e che ha in assonanza la lotta che sul terreno amministrativo ogni governo mena contro gli avversari , siano pure avversari che abbiano tutti i crismi della legalità e della costituzionalità ) e quella alla delinquenza . Da quando son nato sento parlare del rispetto che si ha in Inghilterra ed in altri Paesi per la polizia , lamentandosi che questa non goda di un corrispondente affetto in Italia . Ma le polizie che godono di prestigio sono quelle che non sono mai adoperate a scopi politici . Se si riuscisse a stabilire una grande convenzione per cui restassero sempre separati , senza commistioni mai , gli organi dello Stato che debbono asseverare e difendere le basi politiche fissate in una costituzione , e magari anche provocare consensi al governo , aiutarne i sostenitori ( posto che proprio si debba ammettere che ci siano uffici statali aventi tra i loro compiti di orientare i voti degli elettori , politici ed amministrativi ) , e gli altri organi che debbono combattere la delinquenza , quante maggiori simpatie e consensi fluirebbero verso questi ultimi . Il carattere comune delle dittature ( e di tutte le temperie che le anticipano ) è di vedere nell ' avversario il cattivo . In un regime liberale gli avversari saranno teste calde , teste matte , teste pericolose ; ci potranno essere i processi a Mazzini , le detenzioni di Garibaldi ; ed anche giudizi più energici , più sommari , che troviamo nelle corrispondenze e nelle cronache dei generali , degli aristocratici , anche degli uomini di destra ; ma non c ' è mai la confusione del repubblicano , del ribelle con il delinquente . Potrà avere vigore la più rigida obbedienza militaresca , ma c ' è sempre la libertà del giudizio ; cui si accompagna il disprezzo per l ' uomo che è costantemente dell ' avviso del superiore , chiunque questi sia . Certo , nello Stato , nella Chiesa ( persino nel partito ) è indispensabile l ' obbedienza ; certo , non può il cittadino né il credente disobbedire ad ogni regola che non approvi ; quando si tratta dell ' agire , del comportamento esteriore , l ' obbedienza è la norma , che trova solo quel limite di una legge morale in cui il cittadino crede ( e si ammette persino in dati casi un possibile contrasto tra il diritto canonico e la legge di Dio ) . Ma quando si profila quel contrasto di leggi morali , e se anche - come penso - il giudice sia tranquillo ritenendo che l ' etica su cui poggiano le leggi ch ' egli applica sia la vera , dovrà il rispetto ( ed anche quell ' ammirazione che non si nega mai all ' uomo che soffre per la sua fede ) all ' imputato che condanna . E meglio sarà non tocchi quei temi della giustizia naturale e delle leggi morali ; ché fuori del diritto positivo egli non ha autorità . La scelta l ' ha certo compiuta allorché ha indossato la toga e mentre continua ad indossarla , ché quell ' abito deve significare ch ' egli crede nella giustizia delle leggi che applica ; ma quella scelta che ha compiuto nel suo cuore non può imporla ad altri ; questi li potrà condannare , ma come uomo si augurerà di avere la stessa forza il giorno in cui dovesse soffrire per i principî in cui crede .